Cognitività, riabilitazione e reintegrazione sociale: contributo degli antipsicotici di nuova generazione

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1 Studi sperimentali Cognitività, riabilitazione e reintegrazione sociale: contributo degli antipsicotici di nuova generazione Cognitive functions, rehabilitation and psychosocial reintegration: the role of second generation antipsychotics CLAUDIO MENCACCI*, FEDERICO DURBANO**, ROBERTA ANNIVERNO** *Dipartimento di Salute Mentale, Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli Oftalmico, Milano **Dipartimento di Salute Mentale UO Psichiatria 34, Azienda Ospedaliera di Melegnano (MI) RIASSUNTO. Le alterazioni cognitive sono una caratteristica della schizofrenia cronica. Negli ultimi anni i dati biomorfologici, neuropsicologici e neurofarmacologici hanno contribuito a chiarire in modo sostanziale questi deficit e le loro ricadute funzionali, soprattutto nell ambito del funzionamento psicosociale. Alcuni deficit sono responsivi agli antipsicotici. Dopo una revisione della letteratura più recente, gli Autori descrivono due studi preliminari relativamente all olanzapina. Materiali e metodi: due gruppi di soggetti schizofrenici sono stati valutati prima e dopo il trattamento con olanzapina relativamente ad alcune aree del funzionamento neurocognitivo e sociale. Risultati: i pazienti hanno mostrato un significativo miglioramento in alcune aree di funzionamento neurocognitivo e di funzionamento sociale. Conclusioni: l olanzapina ha mostrato una significativa efficacia nel migliorare le disfunzioni cognitive e sociali dei soggetti trattati. PAROLE CHIAVE: schizofrenia, neuropsicologia, trattamento, riabilitazione psicosociale SUMMARY. Cognitive impairments are a key characteristic of chronic schizophrenia. In recent years functional brain imaging, neuropsychopharmacological studies and neuropsychological assessment gave significative contribution in clarifying these impairments and their prognostic implications, especially in the domain of psychosocial functioning. Some cognitive deficits are responsive to antipsychotics. After a review of the recent contribution of experimental and clinical research on the matter, the Authors describe two preliminary studies on olanzapine. Materials and methods: two samples of schizophrenic patients were evaluated in two preliminary reports to assess the degree and responsiveness to olanzapine of neuropsychological and social functioning. Results: patients showed a significant improvement in some neuropsychological areas and in social functioning. Conclusion: olanzapine showed a significant efficacy in amelioration of neurocognitive and social disfunctions in treated subjects. KEY WORDS: schizophrenia, neuropsychology, treatment, psychiatric rehabilitation. INTRODUZIONE Numerosi studi, negli ultimi decenni, hanno dimostrato come i soggetti affetti da schizofrenia presentino deficit neuropsicologici che impediscono una normale messa in atto di corrette abilità comunicative. La schizofrenia si caratterizza infatti non solo per la sintomatologia positiva e negativa, ma anche per la presenza di rilevanti deficit cognitivi (1-3). I disturbi cognitivi della schizofrenia sono stati descritti fin dai tempi di Kraepelin e rappresentano il nucleo diagnostico della Dementia Praecox. Lo sviluppo di concetti orientati in senso psicodinamico, e successivamente fenomenologico, hanno spostato le funzioni cognitive da un ruolo di preminenza ad un ruolo quanto meno secondario. Nella Tabella 1 vengono riassunti i più importanti risultati raccolti nella letteratura degli ultimi 15 anni, con una ricerca MedLine. emencacci@iol.it 28

2 Cognitività, riabilitazione e reintegrazione sociale Tabella 1. - Alterazioni cognitive nella schizofrenia prevalenza Non più del 15% dei pazienti clinicamente stabili può essere considerato neuropsicologicamente normale. Questo implica un tasso di disabilità dell 85%. All opposto, solo il 30% dei pazienti presenta persistenza dei sintomi positivi in corso di trattamento. 2/3 dei pazienti schizofrenici geriatrici presentano in codiagnosi demenza. decorso Le alterazioni cognitive sono rilevate precocemente nei bambini preschizofrenici. I figli di schizofrenici con alterazioni cognitive sono a più alto rischio di malattie dello spettro schizofrenico. I pazienti all esordio presentano un profilo e una gravità delle alterazioni simili a quelli con lunga storia di malattia. I pazienti in remissione presentano deficit cognitivi persistenti. Studi sui gemelli mostrano un declino cognitivo correlato alla durata di malattia. correlati I pazienti con esiti funzionali globali peggiori presentano deficit cognitivi più gravi. I deficit cognitivi sono correlati con la gravità dei sintomi negativi ma non di quelli positivi. I pazienti non trattati farmacologicamente presentano comunque deficit cognitivi: non sono quindi esiti iatrogeni. Basi biologiche dei deficit cognitivi della schizofrenia Negli ultimi decenni, clinici e ricercatori hanno indirizzato la loro attenzione in modo crescente allo studio dei disturbi cognitivi in corso di schizofrenia. Non esiste, peraltro, un accordo in letteratura rispetto alla interpretazione della presenza dei deficit cognitivi dei soggetti affetti: tali deficit, secondo alcuni Autori, potrebbero essere manifestazioni primarie della patologia schizofrenica, mentre secondo altri almeno in parte potrebbero essere favoriti dalla terapia con neurolettici o ancora secondari alla istituzionalizzazione (4, 5). È peraltro noto che molti dei deficit cognitivi si manifestano, anche in modo subclinico, molto tempo prima dell esordio conclamato del disturbo e che persistono anche dopo la remissione della sintomatologia psicotica (6, 7). Inoltre, alcuni Autori hanno evidenziato che anche i familiari di primo grado non affetti da schizofrenia presentano i medesimi disturbi cognitivi seppure in modo meno grave. Tale riscontro è suggestivo del fatto che i deficit cognitivi possano riflettere una vulnerabilità o predisposizione al disturbo schizofrenico e costituire in particolare un marker fenotipico del disturbo. A questo riguardo una significativa percentuale di soggetti schizofrenici presenta alterazioni strutturali del Sistema Nervoso Centrale. Le ipotesi più recenti indicano in un alterato schema del neurosviluppo la base prima di questa vulnerabilità, che in fasi critiche della vita (adolescenza, passaggio all età adulta, richieste ambientali stressanti) può determinare un cedimento delle funzioni psichiche complesse secondario alla alterazione dei circuiti neurali deputati alla percezione ed elaborazione delle informazioni (3-5, 8, 9). I dati morfologici ed anatomici hanno evidenziato alterazioni quali l allargamento dei ventricoli cerebrali, l aumento del volume dei gangli della base, la riduzione del volume del lobo frontale, del lobo temporale, dell ippocampo, dell amigdala e del giro temporale superiore. Sono inoltre presenti alterazioni morfologiche e funzionali a livello dei sistemi di connessione intra ed interemisferici. L alterato neurosviluppo può essere alla base di alcune anomalie neuromotorie e psicosociali presenti nell infanzia e che potrebbero rappresentare le manifestazioni precoci di quelli che più tardi verrebbero descritti come sintomi negativi o disfunzioni cognitive, ma che per manifestare la sintomatologia positiva hanno bisogno della maturazione di altri sistemi. Questo ritardo nella manifestazione della psicopatologia produttiva può riflettere un processo morboso attivo associato al peggiorare dei sintomi negativi e cognitivi ma che può essere migliorato dall uso di un efficace intervento con farmaci antipsicotici (10). Le strutture cerebrali prima citate sono coinvolte in numerosi processi di elaborazione della informazione: i più recenti lavori integrano i dati morfofunzionali con quelli di performance alle indagini neuropsicologiche, evidenziando una stretta relazione tra le alterazioni anatomofunzionali citate e gli specifici deficit cognitivi (riduzione della capacità di discriminazione degli stimoli rilevanti da quelli irrilevanti, perseverazione, difficoltà a mantenere e dirigere selettivamente l attenzione, incapacità di utilizzare informazioni precedentemente acquisite, deficit delle capacità di astrazione). 29

3 Mencacci C, et al I deficit neurocognitivi: ricadute sul piano riabilitativo Negli ultimi anni, numerosi studi ed osservazioni cliniche hanno messo in luce e sempre più sottolineato l importanza delle funzioni cognitive soprattutto come tratto di vulnerabilità o predisposizione (attenzione, memoria, funzioni esecutive) oppure come un segno di evoluzione difettuale della sindrome schizofrenica. Tra i vari Autori che si sono occupati dell argomento, Finkelstein et al. (11) hanno evidenziato deficit significativi dell attenzione, della memoria e delle funzioni esecutive. Secondo Green (12, 13) e Carpenter et al. (1) le funzioni cognitive non sono correlate direttamente ai sintomi psicotici e quindi sono da considerare un asse indipendente nella psicopatologia della schizofrenia. I deficit cognitivi sembrano essere una dimensione relativamente indipendente della sintomatologia della schizofrenia, e possono essere evidenti in forma subclinica già nella prima infanzia, spesso precedendo l esordio dei sintomi psicotici e non essendo influenzati dal decorso di questi (14). Inoltre, i deficit cognitivi sono l elemento più significativamente coinvolto negli esiti negativi sia sul piano clinico che sociale; e sono stati identificati come i più stabili elementi di tratto di vulnerabilità negli studi di familiarità per la schizofrenia (11). Una review di 15 studi sul decorso longitudinale delle disfunzioni cognitive della schizofrenia evidenzia come i deficit siano stabili nel tempo dopo l esordio della malattia, rinforzando l idea che la schizofrenia non sia un processo degenerativo quanto una forma di encefalopatia (15, 16). La complessità delle disfunzioni cognitive e la ricaduta sul piano socioriabilitativo è stata ben messa in luce da Green et al. (13), che propongono anche un mediatore generale (potenziale di apprendimento). I disturbi della memoria verbale possono inoltre spiegare fino al 20% delle disfunzioni lavorative in un programma di riabilitazione, così come degli stili personali e della qualità del lavoro (17). Le funzioni esecutive, invece, comportano la messa in atto di strategie di pianificazione, esecuzione e monitoraggio di un comportamento espresso, e possono essere alterate da difetti delle capacità di categorizzazione, perseverazioni e perdita di flessibilità cognitiva (8, 13, 18-20). La frequenza di questi disturbi è elevata, variando dal 12 al 77% dei pazienti a seconda dei contesti analizzati (20). Nella Tabella 2 sono riassunti i principali risultati. Nell ultimo decennio Brenner ha proposto il modello della IPT che integra i dati sulle funzioni cognitive e le tecniche di riabilitazione psicosociale (12, 13, 21, 22): questo approccio sta fornendo sempre maggiori e interessanti risultati sulla validazione del modello e della sua efficacia clinica. Numerosi lavori hanno poi messo in luce la relazione stretta che intercorre tra le alterazioni delle funzioni cognitive, le ricadute sul piano sociolavorativo e le possibilità di recupero funzionale (15, 23-26). Un ambito di ricerca di particolare interesse per la riabilitazione riguarda le funzioni cognitive e la cosiddetta cognitività sociale. Frith (18) ha descritto la cognitività sociale nella sua Teoria della Mente, la cui ipotesi di fondo è il deficit delle capacità di metarappresentazione che, al livello della competenza sociale, possono interferire con le capacità di gestire interazioni interpersonali complesse. Green (27) ha descritto le interazioni tra funzionamento cognitivo, abilità sociali e social problem solving, e Bachevalier e Hagger (28) hanno sottolineato come la competenza sociale e le funzioni cognitive condividano un substrato neurologico comune (29, 30). Le più recenti acquisizioni delle teorie cognitive del funzionamento mentale nella schizofrenia fanno particolare riferimento alle capacità sociali e relazionali. I deficit delle funzioni cognitive hanno infatti una ricaduta negativa sulle capacità sociali: per esempio noi possiamo ipotizzare una correlazione negativa tra funzioni esecutive e abilità lavorative, tra attenzione e apprendimento delle abilità sociali, tra memoria e comportamento sociale (13, 15, 25, 26, 31). I deficit della percezione sociale sembrano essere una caratteristica centrale dei disturbi schizofrenici, e sono associati a deficit della memoria verbale ma non della vigi- Tabella 2. Deficit cognitivi della schizofrenia (5, 12, 13, 18-20). Linguaggio lesione corteccia temporale errori di performance, afasia fluente Funzioni prassiche lesione corteccia frontale apatia, s. amotivazionale, perseverazione, rigidità schemi cognitivi Memoria lesione corteccia temporale ed ippocampo deficit di richiamo lesione corteccia frontale deficit memoria di lavoro Attenzione disregolazione corteccia prefrontale deficit elaborazione informazioni elementari 30

4 Cognitività, riabilitazione e reintegrazione sociale lanza visiva. Interventi di riabilitazione mnesica hanno portato ad un significativo miglioramento di questi deficit (31). Una non più recente review di Bellack (32) sul ruolo della riabilitazione cognitiva ha messo in luce i seguenti punti: il malfunzionamento cognitivo è centrale nella disabilità sociale e nel funzionamento quotidiano dei soggetti schizofrenici; questo malfunzionamento deve essere corretto se si vuole ottenere una corretta riabilitazione; la prognosi della riabilitazione cognitiva è positiva, con qualunque metodo questa sia condotta. Dati questi assunti di base, gli studi condotti hanno però evidenziato dei limiti ben precisi: la competenza sociale è misurata in situazioni simulate e non in vivo. L associazione potrebbe, quindi, essere più debole di quella ipotizzata. Le misure delle abilità sociali e l assessment degli addestramenti fanno carico su memoria ed attenzione (effetto della varianza condivisa ). Quali target della processazione dell informazione sono primari per l intervento? I dati sono ancora poco consistenti. Non ci sono dati che supportino il secondo punto: la correzione del malfunzionamento cognitivo sembra essere sì utile ma non essenziale. Viene anche segnalata la necessità di uscire dall approccio reintegrativo per utilizzare un approccio compensativo al deficit: non deve essere eliminata la menomazione ma ridotta la disabilità. Usare strategie che comportino un minore uso della vigilanza e della memoria verbale, piuttosto che tentare di riparare queste potrebbe essere una strada. Bellack conclude ponendosi una domanda cruciale: la visione era ottimistica, ma nella sostanza è stata suffragata dai fatti? È da risolvere il problema della generalizzazione dell apprendimento e delle istruzioni vicarianti. I dati di followup sono pochi ed incerti, vi è il rischio di incorrere in errori statistici di II tipo, la performance può essere migliorata con la pratica, un diverso formato di istruzioni, incentivi: la menomazione rilevata al baseline può dipendere da altri fattori e non essere un adeguato indicatore della competenza potenziale del soggetto. La valutazione delle funzioni cognitive permette di sviluppare nuove applicazioni nelle strategie di riabilitazione psicosociale: i dati di laboratorio possono essere utilizzati per programmare il piano terapeutico, il counseling familiare ed individuale, il lavoro di equipe, così come avviene già nelle unità di riabilitazione neurologica. Il riconoscimento della natura dei deficit cognitivi permette di disegnare una più corretta strategia di addestramento alle abilità sociali. Infine, le funzioni cognitive stanno diventando sempre più uno degli obiettivi delle terapie farmacologiche (33). La Figura 1 mostra le interazioni tra le variabili cognitive, la struttura psicopatologica e gli esiti funzionali nella schizofrenia. Farmacoterapia e funzioni cognitive Da quanto sopra riassunto, risulta evidente come un intervento farmacologico in grado di influire positivamente su questi aspetti possa rappresentare un significativo passo in avanti nel trattamento globale del paziente schizofrenico. Negli ultimi anni, la ricerca psicofarmacologica, soprattutto con lo sviluppo e la diffusione delle nuove molecole antipsicotiche, ha focalizzato sempre più il suo interesse su questi aspetti. Le recenti review di Meltzer (34) e Keefe et al (35) hanno evidenziato i dati di seguito sintetizzati. Il trattamento con neurolettici di prima generazione non sembra portare a significativi miglioramenti nelle aree cognitive indagate, verosimilmente anzi peggiorando le capacità prassiche e la memoria (soprattutto se vengono usati in concomitanza farmaci anticolinergici) (Tabella 3). Gli antipsicotici di nuova generazione, invece, data la loro relativamente breve storia e la loro eterogeneità di struttura e di effetti neurofisiologici (ancora non pienamente compresi), rappresentano ancora una incognita soprattutto relativamente agli effetti sull asse cognitivo. I vantaggi derivanti dall uso degli atipici possono essere così riassunti: ridotti EPS; migliore efficacia in alcune misure di esito; migliorata compliance; ridotto rischio di discinesia tardiva; ritorno ad attività produttive; minori disfunzioni sessuali; migliori relazioni interpersonali; migliore qualità della vita. Relazione tra neurocognitività, interventi, mediatori ed esiti Figura 1. 31

5 Mencacci C, et al Tabella 3. - Effetti dei NL tipici sulle funzioni cognitive (34, 35) Nessun miglioramento significativo nelle differenti aree cognitive anche in pazienti all esordio con buona risposta ai neurolettici L uso degli anticolinergici può alterare la memoria verbale e spaziale; gli EPS non trattati possono alterare le abilità motorie Nessuna azione significativa su funzioni esecutive, fluenza o attenzione I sintomi negativi secondari possono avere effetti sulle funzioni cognitive I vantaggi sono controbilanciati da alcuni svantaggi: costo superiore; rischio di ricadute nella fase di passaggio; effetti collaterali quali incremento ponderale e sonnolenza; in alcuni casi necessaria una riospedalizzazione per iniziare la terapia. Il più antico atipico, la clozapina, ha al suo attivo 12 studi pubblicati relativamente all impatto sulle funzioni cognitive, di cui 5 caso-controllo in cieco, per un totale di 263 soggetti trattati. Gli studi di outcome evidenziano un miglioramento significativo per le funzioni esecutive, la memoria di lavoro, la fluenza verbale, l apprendimento e la memoria verbale e visiva. Sui dati di performance (tempi di reazione, attenzione sostenuta, processamento percettivo-motorio) i dati sono contrastanti. Successivo alla clozapina, il risperidone può annoverare 3 studi di confronto al baseline, più numerosi case report e studi in aperto. Anche in questo caso i dati di performance mostrano risultati contrastanti, mentre le funzioni esecutive, di memoria e di apprendimento mostrano significativi miglioramenti. Infine l olanzapina, a fronte di una breve storia commerciale, non annovera nel suo curriculum studi controllati. I dati disponibili evidenziano un miglioramento delle funzioni verbali (fluenza e memoria) e motorie. Come evidenziato da Green (12, 13) la memoria e l apprendimento verbale sono fondamentali per il funzionamento sociale e lavorativo, e tutti e tre gli antipsicotici hanno mostrato una efficacia in questo ambito, efficacia di ampiezza sufficiente a garantire un accettabile livello di funzionamento. Gli studi condotti hanno però mostrato limiti che nuovi lavori dovranno superare, ma soprattutto interessanti obiettivi sui quali focalizzare la ricerca: caratterizzare il profilo cognitivo del paziente per potere impostare una terapia mirata, utilizzare una combinazione di antipsicotici per sfruttare le potenzialmente utili interazioni a livello cognitivo, la ricerca di fattori predittivi di risposta al trattamento. Le basi neurofarmacologiche degli effetti cognitivi degli antipsicotici sono riassunte da Keefe et al. (35) ed evidenziate nella Tabella 4. Un gruppo di pazienti trattati con olanzapina ha mostrato significativi miglioramenti nell ambito del case management e della riabilitazione psicosociale dopo solo 6 mesi di trattamento (35, 36). Per valutare l impatto che i nuovi antipsicotici hanno sul funzionamento cognitivo, e le relative conseguenze a livello della reintegrazione psicosociale, il nostro gruppo si è mosso con due studi pilota per valutare l impatto del trattamento con olanzapina su pazienti affetti da schizofrenia cronica in trattamento stabilizzato con aloperidolo, in fase di parziale remissione clinica. PRIMO STUDIO Materiali e metodo Lo studio era in aperto, tipo caso-controllo, della durata di un anno. Sono stati reclutati 12 soggetti affetti da schizofrenia paranoide o disorganizzata secondo il DSM-IV, in trattamento presso il nostro servizio con aloperidolo (2-10 mg/die) a dosi stabili da almeno 1 anno, e senza Tabella 4. - Basi farmacologiche degli effetti cognitivi degli antipsicotici atipici (34, 35) Aumento dell attività dopaminergica a livello della corteccia dorsolaterale prefrontale (DLPFC) Aumento dell attività colinergica a livello della DLPFC (indipendente dall attività antimuscarinica) Antagonismo 5HT1a, 5HT2a, 5HT6, 5HT7 Altri effetti neurotrasmettitoriali: blocco alfa adrenergico, antagonismo D1, D2, D3, D4 32

6 Cognitività, riabilitazione e reintegrazione sociale recidive di gravità tale da richiedere l ospedalizzazione nell ultimo anno. L età media era di 36.6 ± 12.6 anni, con una durata media di malattia di 8.9 ± 3.8 anni; 7 soggetti erano di sesso maschile. Tutti i pazienti hanno accettato il passaggio da aloperidolo ad olanzapina dopo adeguata informazione sugli effetti clinici e collaterali del nuovo trattamento. Di questi soggetti, 9 sono stati rivalutati dopo trattamento con olanzapina (10-20 mg/die) e confrontati con il livello di funzionamento cognitivo al baseline (neurolettici tipici). Gli altri 3 soggetti sono serviti da gruppo di controllo, ed hanno proseguito il trattamento con aloperidolo per un anno. Tutti i soggetti frequentavano il nostro Centro Diurno con un programma di attività non strutturate. Prima del passaggio ad olanzapina e dopo circa un anno (12 ± 1,5 mesi) i pazienti sono stati valutati tramite una batteria testale neurocognitiva, di seguito descritta. L attenzione è stata studiata utilizzando una versione modificata del test di Claridge (PASAT): in questo test i soggetti devono segnalare quando appaiono consecutivamente 2, e solo 2, numeri dispari in una serie di 90 numeri semplici (che vanno da 1 a 9). Vengono conteggiate le risposte corrette, le omissioni ed i falsi allarmi. Per valutare le capacità di pianificazione spaziale è stato utilizzato il test del labirinto di Elithorn: in questo test i soggetti devono congiungere un numero progressivo di punti nel tempo più breve possibile. Per la valutazione delle capacità percettive, dell attenzione e della memoria visiva a breve termine è stata utilizzata la figura complessa di Rey. La valutazione delle capacità logiche con stimolo visuo-spaziale è stata condotta con le matrici progressive colorate di Raven. La memoria a breve termine è stata valutata con la scala di Wechsler nella forma I. La ripetizione cifre ed i punteggi della riproduzione visiva sono stati utilizzati come indicatori della memoria di lavoro (circuito articolatorio e taccuino visuospaziale). Il Wisconsin Card Sorting Test è stato utilizzato per valutare le capacità astrattive e di ragionamento logico inferenziale. La torre di Londra è stata utilizzata per la valutazione delle capacità di soluzione dei problemi spaziali. Nella Tabella 5 sono riassunti i test utilizzati ed il loro obiettivo. Età, sesso e durata di malattia non risultano correlati alle variabili neuropsicologiche considerate. Risultati Nelle Figure 2, 3 e 4 sono riassunti i risultati. Il campione al baseline non mostra differenze significative tra i due gruppi in trattamento, indicando un livello di partenza analogo tra i soggetti valutati (Figura 2). Dopo un anno di trattamento i soggetti di controllo non hanno mostrato significative modifiche Figura 2. Tabella 5. Aree neuropsicologiche testate Test Pasat Matrici progressive colorate Wechsler Memory Scale Wisconsin Card Sorting Test Elithorn Perceptual Maze Torre d Londra Figura complessa di Rey Funzione Capacità attentiva Ragionamento logico Capacità mnesiche Ragionamento astratto Capacità di pianificazione Pianificazione visuomotoria Struttura percettiva, attenzione, capacità visuomotoria, memoria breve termine 33

7 Mencacci C, et al rispetto ai valori del baseline. I soggetti trattati con olanzapina rispetto ai soggetti trattati con aloperidolo hanno mostrato un miglioramento significativo nel test della figura di Rey e miglioramenti rilevanti, anche se non significativi dal punto di vista statistico, sul Wisconsin Sorting Card Test, la Torre di Londra ed i labirinti (Figura 3). All interno del gruppo dei soggetti trattati con olanzapina, invece, i miglioramenti rispetto al baseline hanno riguardato il test della Torre di Londra, della figura di Rey e la memoria verbale (Figura 4), raggiungendo la significatività statistica. Abbiamo poi valutato due indicatori della memoria di lavoro: i subitem memoria cifre e memoria visiva della Wechsler. In entrambe le scale i soggetti trattati con olanzapina hanno mostrato un miglioramento rispetto ai soggetti trattati con aloperidolo dopo un anno (Figura 5). Conclusioni Da questi dati possiamo trarre le seguenti conclusioni provvisorie. Il trattamento con olanzapina dopo un anno si dimostra efficace nel modificare in senso positivo alcune funzioni cognitive. In particolare: risultano significativamente migliorate le funzioni cognitive associate alla memoria ed alle capacità di pianificazione. Il gruppo trattato con neurolettici tipici non mostra invece alcuna differenza dopo un anno di trattamento rispetto ai valori basali. I limiti del lavoro sono sostanzialmente quelli già individuati da Keefe et al. (35): ridotta numerosità, mancanza di un campione di controllo esterno (anche se la cronicità della terapia precedente può valere da controllo interno), studio in aperto. Lo studio però ha un periodo di osservazione adeguatamente lungo. I confronti con i sintomi clinici hanno evidenziato indipendenza delle misure cognitive dallo stato clinico (che tuttavia, data la difficoltà di esecuzione dei compiti, doveva essere stabilizzato). In sostanza vengono confermati i rilievi di altri studi citati in precedenza. SECONDO STUDIO Materiale e metodo Figura 3. Nell ambito dello stesso progetto è stato iniziato un braccio di studio osservazionale sugli esiti sociolavorativi. Figura 4. Figura 5. 34

8 Cognitività, riabilitazione e reintegrazione sociale È stato selezionato un campione (che in parte comprendeva anche i soggetti del campione precedente), seguiti per tre anni. Non tutti hanno raggiunto il periodo di 3 anni (T3) in quanto alcuni soggetti hanno abbandonato lo studio nel corso del secondo anno, ed altri sono entrati nello studio successivamente e non hanno ancora completato il periodo di osservazione. Nel braccio valutazioni sociolavorative, della durata di 3 anni, sono stati inseriti complessivamente 32 soggetti. Hanno completato il primo anno tutti i soggetti, 25 hanno completato il secondo anno e 6 hanno completato il terzo anno di osservazione. L età media del campione era di 35.6 ± 5.8 anni, la durata di malattia di 12.8 ± 6.9 anni. Al momento del reclutamento (baseline, T0) erano tutti in terapia stabilizzata da almeno 1 anno con aloperidolo (3-8 mg/die). Tutti i soggetti sono stati successivamente trattati con olanzapina a dosaggi di mg/die. Figura 6. Variabili di funzionamento sociolavorativo Sono state impiegate due scale ordinali globali, di rapida somministrazione: una era rappresentata dalla scala VGF (DSM IV) relativa all anno precedente la valutazione; l altra è stata sviluppata da noi, con una taratura sui livelli intermedi di funzionamento, per dare maggiore enfasi ai piccoli spostamenti da un livello molto basso ad uno più alto. Si tratta del Ceiling and floor effect. Questo può essere un limite ma è stato voluto. La Scala di inserimento sociolavorativo, di tipo Lickert a 5 livelli, relativa all anno precedente alla valutazione, è così strutturata: 0 = nessuna attività sociale eccetto visite ambulatoriali; 1 = nessuna attività sociale formalizzata, solo frequenza dei servizi sociali; 2 = frequenza di un progetto strutturato di riabilitazione psicosociale semiresidenziale; 3 = frequenza di un programma residenziale riabilitativo; 4 = inserimento in attività lavorativa protetta; 5 = completa autonomia sociale e lavorativa (o di studio). Risultati I risultati sono mostrati nelle Figure 6 e 7. Rispetto al T0 si evidenzia un significativo miglioramento del livello sociolavorativo (l effetto è meno marcato al T3 per la ridotta numerosità di quel campione) (Figura 6). Analoghe osservazioni possono essere fatte per quanto concerne il VGF (Figura 7). Conclusioni Dai risultati mostrati possono essere pertanto tratte le seguenti conclusioni. I pazienti trattati con olanzapina mostrano un significativo miglioramento delle variabili misurate. Tale miglioramento è progressivo nel corso almeno dei primi due anni di trattamento, non essendo conclusivi i dati del terzo anno. Unico fattore limitante del miglioramento sociolavorativo in certi casi è stato la limitazione delle offerte del territorio. CONCLUSIONI VGF al baseline e dopo 3 anni di trattamento Figura 7. Gli antipsicotici atipici si sono rivelati più efficaci rispetto ai neurolettici sul miglioramento delle funzioni 35

9 Mencacci C, et al cognitive e del livello del funzionamento sociolavorativo. Il miglioramento del livello di funzionamento cognitivo (funzioni esecutive, fluenza verbale, memoria verbale), come evidenziato nella revisione della letteratura, è predittivo di un miglioramento del funzionamento lavorativo, essendo i due livelli strettamente connessi. I dati della letteratura, inoltre, mostrano che gli interventi riabilitativi di tipo psicosociale, come i training sulle abilità sociali, le attività rivolte alla famiglia e il case management, consentono di trasferire i benefici derivanti dall uso degli atipici sul funzionamento e quindi sull esito (34). La mancata risposta al trattamento con neurolettici classici, la durata della malattia, il livello di funzionamento cognitivo e le condizioni psicopatologiche influiscono sul livello di funzionamento lavorativo. Il trattamento con antipsicotici atipici sembra invertire questo trend, migliorando la disorganizzazione ed i sintomi negativi, che hanno un valore predittivo superiore ai sintomi positivi sul funzionamento lavorativo (34). BIBLIOGRAFIA 1. Carpenter WT, Heinrichs DW, Wagman AMI: Deficit and nondeficit forms of schizophrenia: the concept. American Journal Psychiatry, 1988, 145, Liddle PF, Barnes TRE: Syndromes of chronic schizophrenia. British Journal Psychiatry, 1990, 157, Liddle PF, Morris DL: Schizophrenic syndromes and frontal lobe performances. British Journal Psychiatry, 1991, 158, Gold JM, Weinberger DR: Cognitive deficits and the neurobiology of schizophrenia, Current Opinion Neurobiology, 1995, 5, Weinberger DR: From neuropathology to neurodevelopment, Lancet, 1995, 346, Carpenter WT, Heinrichs DW: Early intervention, time-limited, targeted pharmaotherapy of schizophrenia. Schizophrenia Bulletin, 1983, 9, Strauss JS, Carpenter WT: Schizophrenia. 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