Il Mediterraneo sia un arca di pace

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1 Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n Copia 1,00 Copia arretrata 2,00 L OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLVIII n. 91 ( ) Città del Vaticano sabato 21 aprile Sui luoghi di don Tonino Bello il Papa ricorda che per prevenire la guerra bisogna prendersi cura dei poveri Il Mediterraneo sia un arca di pace La preghiera sulla tomba ad Alessano e la messa nel porto di Molfetta y(7ha3j1*qsskkm( +:!z!&!?!#! «Il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un arca di pace accogliente»: ha utilizzato un immagine cara a don Tonino Bello il Papa per lanciare dalla Puglia il suo appello perché il mezzogiorno d Italia mantenga viva la propria vocazione a essere terra che spalanca le porte alla speranza per «i tanti sud del mondo, dove i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi». Nel giorno del venticinquesimo anniversario della morte del vescovo salentino, venerdì mattina, 20 aprile, il Pontefice si è recato in visita ad Alessano, il piccolo paese in cui don Tonino nacque nel 1935 e ha voluto essere sepolto, e a Molfetta, dove ha esercitato il ministero episcopale per quasi undici anni. Nel cimitero di Alessano, Francesco ha pregato sulla tomba del presule e nel discorso pronunciato successivamente davanti a ventimila fedeli ha elogiato «questa meravigliosa terra di frontiera f i n i s - t e r ra e che don Tonino chiamava terra-finestra», chiamata a rimanere aperta per «osservare tutte le povertà che incombono sulla storia». Un legame, quello tra il vescovo e la sua regione, simboleggiato dalla stessa tomba che ne accoglie le spoglie: «È tutta piantata nella terra: don Tonino, seminato nella sua terra» ha osservato il Papa. E «come un seme seminato ha aggiunto sembra volerci dire quanto ha amato questo territorio» e naturalmente i poveri. Capire questi ultimi, ha proseguito il Pontefice, «era per lui vera ricchezza», perché «i poveri sono ricchezza della Chiesa». Da qui l invocazione: «ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Don Bello, ha insistito Francesco, «ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l incertezza del lavoro», ha affermato richiamando un «problema oggi ancora tanto attuale». Egli, infatti, «non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità». Perciò «non stava con le mani in mano: agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che per prevenire la violenza e ogni genere» di conflitti bisogna «prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia». Consapevole che «se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra». Quanto alla vocazione sacerdotale di don Bello, ha spiegato il Papa, Membri della minoranza kachin in Myanmar (Ap) anch essa è legata alla sua terra, dove «Antonio nacque Tonino e divenne don Tonino, nome, semplice e familiare», che «ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori» e «il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere». Tutto questo, ha puntualizzato Francesco, «non lo faceva per DA M A S C O, 20. Sono ripresi questa mattina i bombardamenti sul campo profughi palestinese di Yarmuk e sugli altri quartieri a sud di Damasco controllati dal sedicente stato islamico (Is), tra cui Tadamon e Al Hajar Al Aswad. È così naufragato l accordo tra governo e jihadisti che prevedeva l evacuazione di circa un migliaio di miliziani da queste aree. Attivisti palestinesi nel campo profughi fanno sapere che la trattativa è fallita poiché il governo voleva evacuare i miliziani nel sud della Siria e senza armi, mentre questi ultimi volevano andare al nord o a est, portando con sé le loro armi. I convenienza o per ricerca di consensi. Gli piaceva dire che noi cristiani dobbiamo essere dei contempl-attivi», ovvero «gente che non separa mai preghiera e azione». Ecco allora l attualità della sua lezione che fa «provare vergogna per i nostri immobilismi» e sprona «a essere sempre più una Chiesa contemplattiva». Raid sul campo profughi di Yarmuk Salta l intesa tra governo siriano e miliziani dell Is ancora presenti nell area di Damasco media ufficiali siriani non smentiscono né confermano la versione. Il quotidiano «Al Watan», vicino al governo, parla di un «ultimatum di 48 ore» che le forze siriane hanno dato ai combattenti jihadisti ancora presenti nell a re a. Stando a fonti locali, l Is avrebbe risposto ai nuovi bombardamenti colpendo il quartiere di Al Zahira, vicino a Yarmuk. Nell attacco sarebbero morti alcuni civili. Il portavoce dell Unrwa (l agenzia Onu che assiste i palestinesi), Sami Mshasha, ha definito «preoccupanti» gli sviluppi cui si sta assistendo all interno e nei dintorni di Per i combattimenti tra esercito del Myanmar e guerriglieri kachin Duemila civili intrappolati nella giungla NAY P Y I D AW, 20. Circa duemila civili sono intrappolati da giorni nella giungla nel nord del Myanmar, dove si sono rifugiati per sfuggire agli scontri a fuoco tra l esercito e i guerriglieri dell Esercito di indipendenza del Kachin, che rappresenta la minoranza kachin di religione cristiana. Lo hanno denunciato alcuni leader della comunità locale, precisando che i combattimenti hanno luogo nell area di Tanai dello stato di Kachin (al confine con la Cina), una zona molto ricca di risorse naturali come ambra e oro. Il gruppo che comprende cinque donne incinte e due che hanno appena partorito, oltre a 93 anziani ha «disperato bisogno di cure mediche e di cibo», hanno dichiarato all agenzia Associated Press fonti locali, aggiungendo che alcuni dei profughi sono stati feriti dai colpi di Successivamente, nel porto di Molfetta, il Papa ha celebrato l Eucaristia davanti a più di quarantamila fedeli. All omelia ha evidenziato Yarmuk e ha chiesto «a tutte le parti di consentire ai civili che desiderano lasciare le aree di combattimento di farlo». Da più di due settimane le forze governative siriane e russe inviavano rinforzi militari nei dintorni del campo profughi di Yarmuk e sferravano raid aerei contro le aree controllate dall Is allo scopo di fare pressioni sui jihadisti e costringerli alla resa. L Is ha occupato il campo nell aprile 2015, cacciando le altre fazioni dell opposizione e prendendo il controllo di gran parte dell area; altre zone sono invece controllate dai ribelli di Haya mortaio lanciati dalle forze armate del Myanmar. Un o rg a n i z z a z i o n e non governativa, il Kachin State Women Network, ha fatto richiesta di potere portare aiuti al gruppo di profughi, ma non è stata ancora autorizzata dalle autorità. La guerra nel Kachin si è riaccesa tre anni fa dopo una lunga tregua, provocando numerose vittime, soprattutto civili, e oltre sfollati. Il conflitto tra l Esercito di indipendenza del Kachin e le truppe governative dura dal Nel 2010 è stato negoziato un cessate il fuoco, poi violato nel La guerra ha costretto i kachin (tra i sette principali gruppi etnici del Myanmar), a fuggire e trovare riparo nei campi profughi. Le organizzazioni umanitarie denunciano crescenti restrizioni statali alle attività di assistenza dei rifugiati. come don Bello abbia vissuto in mezzo alla gente della diocesi affidata al suo ministero: «È stato un vescovo-servo, un pastore fattosi popolo, che davanti al tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente. Sognava una Chiesa affamata di Gesù e intollerante a ogni mondanità». Per questo ha auspicato Francesco, «sarebbe bello che in questa diocesi» di Molfetta-Giovinazzo-Ruvo Terlizzi «ci fosse questo avviso, alla porta delle chiese, perché sia letto da tutti: Dopo la messa non si vive Tahrir Al Sham, più vicini ad Al Qaeda. Il campo di Yarmuk fu fondato dalle autorità siriane nel 1957 come campo non ufficiale per ospitare i palestinesi che erano stati costretti ad abbandonare le loro case in seguito alla creazione dello stato di Israele nel In pochi anni divenne uno dei campi più grandi del Medio oriente e uno dei distretti Bombe sul campo profughi di Yarmuk (Afp) più per sé stessi, ma per gli altri». Un monito, ha concluso, per quanti non hanno «il coraggio di cambiare: gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro. I calcolatori guardinghi fino allo spasimo». più popolosi e importanti della capitale siriana. Prima dell inizio del conflitto in Siria, nel marzo del 2011, ospitava persone, tra cui molti siriani. Attualmente nell area risiedono circa civili, la maggior parte dei quali palestinesi, distribuiti soprattutto nelle località di Yalda, Babila e Beit Sahm, assediate dal Intanto, permane lo stallo sull ingresso degli ispettori dell Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) a Duma, il sobborgo di Damasco teatro il 7 aprile scorso di un grave attacco durante il quale sarebbero state impiegate armi chimiche al quale hanno fatto seguito raid statunitensi, francesi e britannici. La visita degli esperti avrebbe dovuto tenersi ieri. In seguito a una lunga riunione tra i rappresentanti dell Onu e membri del governo siriano è stato poi deciso di rinviare la missione. Al momento, non è stata fissata una nuova data. Il Cremlino ha sempre negato qualsiasi responsabilità sua e di Damasco su quanto accaduto a Duma, puntando il dito invece contro i ribelli siriani che a giudizio dei russi avrebbe inscenato l attacco per impedire il ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria. L imp overimento dell italiano GIACOMO SCANZI A PA G I N A 4 Il sacerdote e la diaconia Servo di tutti PAGINE 7 E 8 ANGELO BECCIU A PA G I N A 6

2 pagina 2 L OSSERVATORE ROMANO sabato 21 aprile 2018 Lo sgombero della sede universitaria (Epa) PARIGI, 20. La polizia francese è intervenuta stamattina per togliere il blocco nella sede universitaria di Tolbiac, l ateneo divenuto simbolo della mobilitazione degli studenti contro la riforma dell accesso agli studi universitari. Almeno un centinaio di poliziotti sono entrati nella torre di 22 piani a sud di Parigi, occupata dal 26 marzo. Gli studenti hanno risposto con lanci di bottiglie di vetro e altri oggetti. Anche i dintorni dell ateneo sono stati successivamente chiusi alla circolazione. Il ministro degli interni Gérard Collomb ha espresso la sua soddisfazione in un comunicato, sottolineando «il successo di questa operazione condotta in un contesto delicato». Era stato proprio il presidente dell università Panthéon-Sorbonne Georges Haddad, a richiedere il 9 aprile l intervento della polizia, preoccupato dal ritrovamento di bombe molotov sul sito. Da molte settimane tre università francesi su 70 sono totalmente bloccate e una decina di centri su 400 sono occupati da studenti che si oppongono alla riforma, che introdurrebbe a loro avviso una «selezione camuffata». Domenica il presidente della Repubblica Emmanuel Macron aveva ribadito che gli studenti contrari alla riforma erano «prevalentemente minoritari» e denunciato atti di violenza «inammissibili» da parte di «professionisti dei disordini». Ieri, in diverse località francesi, migliaia di manifestanti hanno organizzato cortei con alcuni scontri con le forze dell ordine a Parigi nell intento di creare un fronte comune contro le riforme del capo dello stato, allo scadere del suo primo anno di presidenza. Una mobilitazione tuttavia meno seguita del previsto, secondo i dati della polizia e dei sindacati. Con lo slogan «Convergenza delle lotte!», le organizzazioni sindacali Cgt, maggioritaria in Francia, e Solidaire, non sono riuscite a riunire il numero di partecipanti previsto, nonostante i 133 cortei organizzati su tutto il territorio per denunciare quella che chiamano «l onda neoliberale» del presidente. Alberti Casellati riferisce a Mattarella ROMA, 20. Non ha avuto alcun esito positivo il mandato esplorativo affidato dal presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, al presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, per la formazione di un nuovo esecutivo sulla base dei risultati del voto dello scorso 4 marzo. Dopo due giorni di colloqui con le principali forze politiche del paese, Alberti Casellati è salita questa mattina al Quirinale per informare M a t t a re l l a. «Per prima cosa ho ringraziato Mattarella per la fiducia accordatami e per il supporto che non mi ha mai fatto mancare in questi giorni» ha spiegato la seconda carica dello stato, incontrando i giornalisti al termine del colloquio con il presidente della Repubblica. «Ho svolto l incarico con dedizione cercando di favorire un confronto costruttivo». La discussione «pur nella diversità di opinioni, ha consentito di evidenziare spunti di riflessione politica; sono certa che il presidente Mattarella saprà individuare il percorso migliore da intraprendere» ha sottolineato. Dunque, a 47 giorni dal voto, la palla passa ancora una volta nelle mani del capo dello stato. L ipotesi più probabile dicono i media è che ora Mattarella affidi il mandato esplorativo a Roberto Fico, presidente della Camera. Università sgomberata a Parigi Ma la rivolta studentesca continua in altre città francesi Da inizio aprile il trasporto ferroviario è estremamente discontinuo, con lo sciopero di due giorni lavorativi su cinque della Sncf. La riforma, che il ministro dei trasporti Elisabeth Borne definisce «necessaria», sarà condotta a buon fine nonostante l ulteriore inasprimento della protesta. I sindacati hanno infatti sospeso la loro partecipazione agli incontri con il ministro e chiedono di avere come unico interlocutore il primo ministro Edouard Philippe. Altre interruzioni di lavoro riguardano asili e scuole, ma anche il settore e n e rg e t i c o. A loro volta i funzionari, che si oppongono alla soppressione di posti di lavoro su un totale di 5,4 milioni, organizzeranno una terza giornata di scioperi il 22 maggio. Mezzo milione di persone hanno ottenuto nel 2017 il diritto alla protezione internazionale L Unione europea resta ancora terra d asilo LU S S E M B U R G O, 20. Nel 2017 l Unione europea ha concesso protezione e asilo a richiedenti, in calo di quasi il 25 per cento rispetto al Lo comunica Eurostat. I primi beneficiari sono stati i siriani ( , un terzo del totale), seguiti dagli afghani e dagli iracheni. Da notare che oltre il 70 per cento dei siriani accolti hanno ricevuto lo status di rifugiati in Germania. In totale, più del 60 per cento delle protezioni sono state concesse da un solo paese, la Germania, che ha accolto persone. Seguono Francia (40.600), Italia (34.000) e Svezia (31.200). In rapporto alla popolazione, la Germania resta prima, con 3945 rifugiati accolti per milione di abitanti; seguono l Austria e la Svezia. Il paese dell Ue che ha accolto meno rifugiati in assoluto è la Slovacchia: solo 60, cioè un rapporto di 10 persone per milione di abitanti. di CARLO TRIARICO Dal canto suo il presidente Macron afferma di non credere che «i motivi di scontentezza si possano amalgamare» perché «hanno ben poco in comune». «Vi chiedo di accettare il cambiamento», ha detto a un gruppo di ferrovieri che lo avevano accolto con fischi e proteste in una visita all est del paese, per poi criticare «la Francia abituata alle lamentele». Un ufficio per le migrazioni in Germania Per lo scandalo legato a casi di molestie sessuali Si dimette il presidente di Save the children LONDRA, 20. Si è dimesso il presidente di Save the children international, Alan Parker, il cui mandato alla guida dell organizzazione umanitaria era previsto in scadenza per dicembre. L annuncio è stato dato ieri dalla stessa ong. Da alcuni mesi Save The Children è coinvolta nello scandalo sui casi di molestie sessuali di alcuni operatori, di comportamenti impropri e di parziali insabbiamenti di rapporti su questi episodi. A febbraio, Justin Forsyth, vicedirettore esecutivo dell Unicef, si era dimesso dall incarico di fronte alle polemiche su suoi presunti comportamenti «inappropriati» di alcuni anni fa, quando era a capo di Save The Children. In seguito l ong e Parker avevano riconosciuto di aver «fallito» in questa vicenda, chiusasi inizialmente con le semplici dimissioni nel 2015, ma senza alcuna contestazione a Forsyth. Importanti scelte bioagricole Approvato il nuovo regolamento Ue che garantisce coltivazioni libere da ogm e sfruttamento dei suoli La produzione biologica e biodinamica ha un nuovo regolamento europeo, che dal 2021 manderà in pensione il precedente approvato nel In dieci anni il settore è talmente cresciuto da avere bisogno di nuove norme e maggiori sostegni. Il regolamento approvato di recente continua a garantire un agricoltura libera da sostanze di sintesi, da materiale ogm o clonato, dallo sfruttamento dei suoli e degli animali, dalla concentrazione in poche mani di mezzi tecnici, semi e concimi. Sui semi favorisce l agribiodiversità e l uso di varietà adatte alla bioagricoltura. Sono tutte ragioni per cui cresce il successo del bio sui mercati, ma non è stato semplice per il legislatore difendere questi principi, dal momento che la costruzione del nuovo regolamento in Europa ha visto un tentativo di indebolirne alcuni capisaldi, con l intro duzione di elementi contraddittori, più utili allo sviluppo di grandi interessi dell a g ro a l i m e n t a re, che non agli agricoltori e ai consumatori europ ei. Si sa che le scelte sul biologico da parte del vecchio continente indirizzano le politiche mondiali del settore. Anche per questo la costruzione delle nuove norme ha richiesto anni e il cedimento ad alcuni compromessi. Certamente tanta parte delle rappresentanze politiche ha cercato di limitare i danni, ma non sempre con successo. Per esempio il regolamento permette di condurre la stessa azienda in parte in modo bio e in parte usando concimi e insetticidi di sintesi. Viene anche permessa la vendita di prodotto biologico contaminato involontariamente da sostanze non ammesse. Questa pratica commerciale, che continua a essere invece vietata in alcuni paesi, come l Italia, potrebbe ingenerare sfiducia nei cittadini e condizioni di disparità per i produttori di quei paesi che garantiscono sempre un prodotto senza residui. Ciò è rilevante anche considerando che le condizioni per le importazioni bio da paesi extra Ue dovranno sottostare alle stesse dell Ue, aprendo così la possibilità all imp ortazione di prodotti parimenti contaminati. In una lettera indirizzata al board, Parker riconosce che «un cambiamento è necessario» per affrontare le sfide ancora aperte nel settore delle attività umanitarie internazionali. Dimissioni anche da parte di un membro dell Accademia svedese che assegna il premio Nobel per la letteratura: la scrittrice svedese Lotta Lotas. Sale quindi a sei il numero totale di membri che hanno lasciato l istituzione nelle scorse settimane. Una serie di addii che arrivano sull onda di uno scandalo incentrato sulle accuse di abusi sessuali nei confronti del marito di una dei membri dell Accademia, Katarina Frostenson. Quest ultima, insieme alla segretaria permanente del consiglio, Sara Danius, si sono dimesse la scorsa settimana. Il marito di Frostenson, Jean-Claude Arnault, è accusato da 18 donne, ma ha sempre negato ogni addebito. A due settimane dallo scioglimento definitivo L Eta chiede perdono MADRID, 20. A due settimane dall annunciato scioglimento definitivo, il gruppo terroristico basco dell Eta chiede perdono alle sue vittime e riconosce il danno causato in mezzo secolo di violenze terroristiche. «Siamo consapevoli che durante questo lungo periodo di lotta armata abbiamo creato molto dolore, inclusi molti danni per i quali non esiste una soluzione. Vogliamo dimostrare rispetto per i morti, i feriti e le vittime causate dalle azioni dell Eta» si legge nel comunicato pubblicato da «Gara», quotidiano basco. «Siamo veramente dispiaciuti. Guardando avanti, la riconciliazione è uno degli obiettivi che vanno conseguiti nei Paesi baschi, cosa che sta già accadendo tra i cittadini: è un esercizio necessario per riconoscere la verità in modo costruttivo e per costruire delle garanzie per fare in modo che questa sofferenza non si verifichi di nuovo». Il prossimo 5 maggio l Eta (Euskadi Ta Askatasuna, letteralmente paese basco e libertà ) ha in programma l annuncio in Francia del suo scioglimento definitivo. Il gruppo ha dichiarato un cessate il fuoco nel 2011 e ha consegnato i depositi di armi un anno fa, nell aprile L organizzazione, fondata nel 1958, ha causato la morte di 822 vittime: 481 tra agenti di polizia o militari e 341 civili. Il primo attentato risale al 7 giugno del 1968, quando venne uccisa la guardia civile José Pardines. L ultimo al 5 dicembre 2008, con l assassinio di Ignacio Uría Mendizábal, imprenditore di 71 anni che con la sua impresa Altuna y Uría stava realizzando un rete ferroviaria ad alta velocità. Tra le altre azioni, da menzionare quella, non del tutto chiarita, che il 20 dicembre 1973 uccise il successore di Franco, l ammiraglio Luis Carrero Blanco. Peggio ancora se si considera che i trattati esistenti, con cui viene importato prodotto bio senza specifiche garanzie, potranno restare in vigore fino al La speranza di una parziale correzione è affidata ai successivi atti applicativi, cui spetta di dare i confini precisi per la produzione, la trasformazione e il commercio. Questi potranno essere più rigorosi e l organizzazione europea di Ifoam (l internazionale del bio) sta lavorando a nuove proposte. L agricoltura biologica e biodinamica vede sempre al centro gli agricoltori. Il regolamento ha introdotto la possibilità di una certificazione di gruppo, per rendere sopportabili i costi di controllo alla moltitudine dei piccoli agricoltori, che sfama il mondo. Bisogna però vigilare affinché essi restino sempre al cuore del settore, rispetto ad altri interessi che, è evidente da questo nuovo regolamento, tendono a diventare egemonici. Come accettare allora l autorizzazione per i prossimi 10 anni a coltivare, in alcuni paesi del Nord Europa, i prodotti biologici su substrati, senza usare il terreno? È una rappresentazione quasi simbolica di un agricoltura artefatta, che si libera della terra e mette al margine i contadini, che dalla terra stanno cambiando il modello agricolo mondiale. Diversi paesi e organizzazioni del biologico si stanno organizzando per applicare il nuovo regolamento in modo più restrittivo e tenere alta la bandiera della qualità. L agricoltura biodinamica, riconosciuta dal regolamento Ue, ha introdotto tutte le restrizioni necessarie per garantirne il rigore e divenire un caso esemplare di agroecologia contadina. Ma il presidio più efficace sarà assicurato da una formazione degli agricoltori alla coltivazione esente da sostanze dannose e da una ricerca che li fornisca di propri mezzi di produzione e di semi liberi. A questo dovrà essere unita un imp ortante campagna d informazione rivolta alle comunità di cittadini, una sorta di università popolare per la conquista della sovranità alimentare e per l emancipazione degli ultimi di tutto il mondo dalla dipendenza da regimi alimentari insani e ingiusti. L OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Città del Vaticano o r n e o s s ro m.v a w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o.v a POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt GI O VA N N I MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino v i c e d i re t t o re Piero Di Domenicantonio cap oredattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio vaticano: vaticano@ossrom.va Servizio internazionale: internazionale@ossrom.va Servizio culturale: cultura@ossrom.va Servizio religioso: religione@ossrom.va Servizio fotografico: telefono , fax photo@ossrom.va w w w. p h o t o.v a Segreteria di redazione telefono , fax s e g re t e r i o s s ro m.v a Tipografia Vaticana Editrice L Osservatore Romano Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale 99; annuale 198 Europa: 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: 450; $ 665 America Nord, Oceania: 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono , fax , , info@ossrom.va d i f f u s i o n o s s ro m.v a Necrologie: telefono , fax Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A. 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3 sabato 21 aprile 2018 L OSSERVATORE ROMANO pagina 3 Bambina palestinese nei pressi del confine con Israele (Afp) Il presidente vuole però un incontro proficuo altrimenti abbandonerà il tavolo Trump pronto al dialogo con Kim WASHINGTON, 20. Procedono spediti i preparativi dello storico summit tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il leader nordcoreano, Kim Jong-un. I segnali che arrivano da Pyongyang vengono giudicati sempre più positivamente alla Casa Bianca, e questo potrebbe accelerare i tempi per l atteso faccia a faccia, che dovrebbe tenersi tra la fine di maggio e l inizio di giugno, in una sede ancora da stabilire. Il presidente ha però avvertito che la pressione sul regime nordcoreano proseguirà fino alla completa denuclearizzazione della penisola. E ha aggiunto: «Se l incontro con Kim non sarà proficuo, me ne andrò» dal tavolo dei colloqui. Ulteriori rassicurazioni sulle buone intenzioni di Pyongyang sono comunque arrivate dai negoziati sotto traccia tenuti finora con gli emissari sudcoreani e statunitensi. In particolare, indicano gli analisti politici, la Corea del Nord sarebbe pronta a rinunciare a quella che da sempre è una delle sue rivendicazioni principali: il ritiro delle truppe statunitensi dalla Corea del Sud come condizione per procedere al piano di denuclearizzazione. Una posizione forse raggiunta proprio nell incontro segreto tra Kim e il capo della Cia nonché segretario di stato designato, Mike Pompeo, nel weekend di Pasqua. E se questa decisiva inversione di rotta, svelata due giorni fa dal presidente sudcoreano Moon Jae-in, venisse ufficializzata, si tratterebbe di una svolta che potrebbe aprire la strada all auspicato trattato di pace per porre formalmente fine alla guerra di Corea, sostituendo l armistizio siglato nel Un trattato su cui dovranno comparire non solo le firme delle due Coree ma anche quelle di Stati Uniti e Cina. Dunque, la maggioranza degli osservatori è concorde nel dire che nei due summit che Kim terrà col presidente sudcoreano prima (il 27 aprile) e con quello statunitense poi, non ci dovrebbero essere particolari difficoltà nel trovare un accordo generale. La posizione di Pyongyang dovrebbe essere a questo punto molto chiara: sì alla denuclearizzazione della penisola in cambio della normalizzazione dei rapporti con la Corea del Sud e con gli Stati Uniti, di aiuti internazionali per sostenere un economia nordcoreana allo stremo e, appunto, l auspicato trattato di pace. Mentre Israele celebra il settantesimo di indipendenza Un altro venerdì di protesta dei palestinesi TEL AV I V, 20. Tensione altissima, oggi, al confine tra Israele e la striscia di Gaza. Hamas, il movimento che controlla il territorio palestinese dal giugno 2006, ha annunciato nuove manifestazioni di protesta. Israele, che festeggia i settant anni di indipendenza, ha chiuso tutti i valichi di passaggio e disposto straordinarie misure di s i c u re z z a. Al momento, non sono segnalati scontri. All alba aerei israeliani hanno lanciato su Gaza volantini in arabo chiedendo alla popolazione di evitare di avvicinarsi alla barriera lungo il confine. «Vi consigliamo caldamente si legge nei volantini diffusi di non partecipare ad atti di violenza contro le forze israeliane e di tenervi lontano dai terroristi. Hamas vi usa come strumento per i suoi interessi. I nostri soldati faranno tutto il necessario per bloccare attacchi o assalti». Per oggi, al termine delle preghiere del venerdì, sono stati predisposti diversi autobus per trasportare i fedeli dalle moschee fino al confine, in cinque punti prestabiliti. Le proteste rientrano in quella che Hamas ha chiamato la marcia del ritorno, e che si concluderà il prossimo 15 maggio. Nello stato indiano di Chhattisgarh Bambina violentata e uccisa NEW DELHI, 20. Ancora violenze sui minori in India. Una bambina di undici anni è stata violentata e uccisa ieri nello stato di Chhattisgarh. La polizia ha arrestato l autore del crimine, un giovane di 25 anni. Lo riferisce l agenzia di stampa indiana Pti. Si tratta dell ennesimo episodio di violenza su minori che ha sconvolto l India, suscitando un ondata di indignazione in tutto il mondo e una vera e propria rivolta sociale su scala nazionale. Il sovrintendente di polizia, Lal Umed Singh, ha precisato che il grave crimine è avvenuto nel distretto di Kabirdham, dove si stava celebrando un matrimonio. Il cadavere della piccola è stato rinvenuto vicino a un canale. Secondo la ricostruzione delle forze dell o rd i n e, la persona arrestata, un parente dello sposo, ha prelevato con la forza la bambina dalla festa, che si svolgeva in un villaggio, portandola in aperta campagna. Dopo averla stuprata, ha ucciso la piccola con una pietra. Poi, come se nulla fosse accaduto, è tornata a festeggiare gli sposi. Solo cinque giorni fa, un analogo caso era stato registrato nello stato di Gujarat. Il cadavere di una bambina di undici anni sequestrata per ore, torturata, violentata e poi uccisa è stato ritrovato vicino a un campo di cricket di Surat. Presentava almeno 86 ferite da colpi di arma da taglio. Nell isola sud-occidentale giapponese di Kyushu Fuga dal vulcano Primo discorso del presidente cubano eletto dopo sessant anni di governo della famiglia Castro Díaz-Canel si presenta come garante della continuità L AVA N A, 20. Dopo sessant anni di presidenza ininterrotta della famiglia Castro, a Cuba si apre l era di Miguel Díaz-Canel, eletto ieri presidente dal parlamento dell Avana, davanti al quale si è presentato come il garante della «continuità». «Il mandato che abbiamo ricevuto è quello di dare continuità alla rivoluzione», ha annunciato Díaz-Canel nel suo primo discorso da presidente, sottolineando che «non c è spazio» per «una restaurazione capitalista nell isola». «Solo il partito comunista può garantire la sicurezza e il benessere del popolo cubano» ha detto il successore dei Castro, secondo il quale la popolazione, in risposta alle «preoccupazioni e aspettative», sa di poter contare «sull esperienza e la leadership» del Pcc, sull eredità del pensiero di Fidel Castro e sull esempio di suo fratello Raúl, succedutogli nella leadership. «Quando scadrà il mio mandato, Díaz-Canel potrà assumere anche il ruolo di primo segretario del partito», ha affermato il predecessore, che rimarrà in carica come segretario fino al prossimo congresso che si terrà nel 2021, intervenendo durante la sessione plenaria dell Assemblea Nacional. L ottantaseienne Raúl Castro ha affermato che il suo successore non è un politico «improvvisato» e che la sua «ascesa non è stata il frutto di un caso o della fretta». «A differenza di quello che è successo in passato con altri casi di giovani dirigenti, non abbiamo fatto l errore di accelerare il processo» di ricambio generazionale, ha aggiunto. Riguardo allo sviluppo del paese Raúl Castro ha denunciato ritardi ed errori nel programma di riforme da lui stesso lanciato nel Díaz- Canel ha sottolineato da parte sua che, per quanto concerne «l attualizzazione del modello economico e sociale» di Cuba, è necessario «perfezionarne l applicazione e correggerne gli errori, che spesso irritano la popolazione e seminano cinismo e inso ddisfazione». In materia di politica estera, il nuovo presidente ha ribadito che «Cuba non farà concessioni». «Mai cederemo i nostri principi in base a pressioni o minacce», ha aggiunto, sottolineando di essere disposto «a dialogare con tutti, ma sulla base del rispetto reciproco». Il presidente Miguel Díaz-Canel applaude il suo predecessore Raúl Castro (Afp) Venezuela e Spagna ripristinano le relazioni diplomatiche CARACAS, 20. I governi di Spagna e Venezuela hanno annunciato il ripristino delle relazioni diplomatiche e il ritorno dei rispettivi ambasciatori, dopo la rottura avvenuta lo scorso gennaio a seguito delle sanzioni concordate dall Ue nei confronti di sette alti funzionari venezuelani. In un comunicato congiunto, i ministeri degli esteri dei due paesi hanno annunciato la decisione di «iniziare un processo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche a beneficio dei cittadini, che sono uniti da stretti vincoli che devono essere preservati». Per questo motivo, Caracas e Madrid hanno convenuto sul «ritorno dei loro ambasciatori nei prossimi giorni, al fine di ripristinare i canali di dialogo diplomatico tra i due governi, nel quadro del rispetto reciproco e del diritto internazionale». Intanto l Unione europea (Ue) si «rammarica profondamente» per il fatto che le elezioni convocate per il prossimo 20 maggio in Venezuela siano state fissate «senza un ampio accordo sul calendario elettorale, né con le condizioni per avere un procedimento elettorale credibile e inclusivo» ha detto l alto rappresentante dell Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. Fumi di lava si levano dal monte Ioyama (Ap) TO KY O, 20. Una violenta eruzione vulcanica è in corso sul monte Ioyama, in Giappone, una delle vette presenti lungo le prefetture di Miyazaki e Kagoshima, nell isola sud-occidentale di Kyushu. Lo ha reso noto l Agenzia meteorologica giapponese, avvertendo che il fenomeno è iniziato con un fitto lancio di lapilli e rocce vulcaniche intorno al cratere. Era da 250 anni che il vulcano non eruttava. Le autorità hanno alzato a 3 il livello di allarme, avvertendo i residenti di una possibile propagazione di rocce e cenere vulcanica fino a un raggio di due chilometri dalla montagna. Centinaia di persone hanno abbandonato la zona. Non ci sono state segnalazioni immediate di feriti o danni. L agenzia meteorologica ricorda che sono dieci i vulcani che fanno parte di questo complesso estremamente attivo. Al via le trivellazioni in Alaska WASHINGTON, 20. L amministrazione guidata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di accelerare le procedure per varare un nuovo piano di trivellazioni petrolifere in Alaska. In particolare il progetto riguarderà l Arctic National Wildlife Refuge (Anwr), un area naturale protetta che si trova nella zona nordorientale dello stato. Il parco, istituito nel 1960 ha una dimensione di circa chilometri quadrati. Dopo il via libera inserito nella riforma fiscale approvata nei mesi scorsi, in questi giorni sul registro federale competente è stato pubblicato l annuncio che dà il via a un periodo di valutazione delle proposte di trivellazione, che durerà sessanta giorni, per la vendita di licenze. Per l aumento della temperatura dell acqua A rischio la grande barriera corallina in Australia CANBERRA, 20. La grande barriera corallina in Australia, parte del patrimonio mondiale Unesco, sta morendo. L allarme giunge da uno studio della rivista scientifica «Nature», secondo il quale l intensa ondata di calore degli ultimi due anni ha causato una vera e propria strage di coralli, minacciando la diversità della vita marina più di quanto sia stato stimato finora. Più di 1000 chilometri di coralli nella parte più settentrionale della barriera, che si estende per 2300 chilometri al largo della costa nordest dell Australia, sono morti a causa delle acque più calde registrate tra marzo e novembre Secondo lo studio, il corallo, che ospita altre creature marine, è stato duramente colpito dall aumento della temperatura dovuta al riscaldamento globale. «Sono morti direttamente per lo stress da calore», ha spiegato Terry Hughes, uno degli autori dello studio e direttore del centro specializzato sulla grande barriera corallina alla James Cook University di Townsville, in Australia. Le temperature dell acqua lungo la barriera sono aumentate di un grado celsius a causa di una combinazione di cambiamenti climatici e del ciclo meteorologico di El Niño. Se i coralli si schiariscono per un ondata di caldo possono sopravvivere e riguadagnare il loro colore lentamente quando la temperatura torna a scendere oppure possono m o r i re. Mediamente in tutta la grande barriera corallina, «abbiamo perso il 30 per cento dei coralli in nove mesi, tra marzo e novembre 2016», ha detto Hughes. Questa perdita ha causato «radicali cambiamenti nel mix di specie di coralli su centinaia di singole barriere», ha aggiunto l altro autore dello studio Andrew B a i rd.

4 pagina 4 L OSSERVATORE ROMANO sabato 21 aprile 2018 Il murale dedicato a Romero nell università centroamericana José Simeón Cañas di San Salvador L imp overimento dell italiano Una lingua non va difesa come fosse un panda Va semplicemente curata arricchita e animata perché il linguaggio è innanzitutto strumento di amore e di verità di GIACOMO SCANZI ualche tempo fa, in Francia, chiesi la cortesia alla signora che mi accoglieva all entrata dell albergo di ricaricare il Q mio computer. Alla mia domanda mi guardò strano. E capii subito che il problema, nella mia frase in francese comprensibile, era proprio la parola computer. Diamine, come potevo aver scordato che in Francia non si può d i re computer? Non perché sia vietato, ma perché la parola è in massima parte inutilizzata, e dunque intimamente sconosciuta. Occorre dire ordinateur. Da noi sarebbe risibile ostinarsi a dire c a l c o l a t o re, anche perché quella macchinetta ormai non fa più solo calcoli. E tuttavia un che di patetico continuo a vederlo in quelli che mi invitano a un lunch o chiedono una pausa per il coffee break o mi convocano per un brain storming o mi dicono che quella cosa è f r i e n d l y. Di solito mi capita di rispondere annunciando i miei p ro l e g o m e n i, scusandomi per i paralip omeni, e via discorrendo. Sì, lo so, sono cose da bastian contrario. E invece la questione è seria. Non perché sia intervenuta nientemeno che l accademia della Crusca a bacchettare il ministro italiano dell istruzione e dell università per l uso eccessivo e qualche volta a vanvera di termini inglesi nei documenti ufficiali, ma perché alla base della q u e re l l e chiedo scusa, ma a me il francese piace sta la solidità culturale e, dunque, linguistica di un intero paese e, direi, di un intero popolo, a cominciare dai giovani. Basta frequentare con qualche assiduità le aule di un università per accorgersi immediatamente della povertà lessicale degli studenti, della loro incapacità di comprendere testi complessi, della confusione semantica che regna nelle loro teste, per cui usano, nell esprimere concetti, parole inappropriate, cui affidano significati a caso, inventati lì per lì. Però sanno che cos è un teaser (annuncio pubblicitario stuzzicante ) e parlano di slide senza conoscerne il corrispettivo italiano, e cioè diap ositiva. Come sempre, in Italia le questioni radicali si trasformano in polemica, creano le tifoserie e lanciano il pendolo dei pro e dei contro agli estremi. Difendiamo la lingua nazionale o dobbiamo tutti sapere l inglese (e con insegnanti madrelingua). Mah, tutto vero e tutto giusto. Ma anche tutto astratto e terribilmente finto, come finto rischia di essere il mondo culturale che andiamo proponendo ai nostri giovani. Perché la questione a mio avviso è innanzitutto quella della costruzione di un mondo e di un immaginario linguistici, di una pertinenza lessicale con la realtà che permetta ai giovani di consolidare l alfabeto dei significati, dei giudizi, delle decisioni, delle scelte e perfino delle divagazioni. Pare invece di vedere nelle scelte di politica scolastica degli ultimi anni una sorta di cultura del post-it (dal marchio del diffusissimo foglietto colorato d appunti), in cui tradizione e innovazione si giocano una battaglia a chi appiccica meglio e di più. La lingua serve a comprendere e descrivere il mondo, a possederlo nell universo culturale che è proprio di ciascuno. Non è lo strumento, così piccolo-borghese, per selezionare porzioni di società, esattamente come si fece decenni or sono con i dialetti. Una lingua non va difesa, come fosse un panda, magari con uno sguardo di altezzosa commiserazione: ma come può un ministro affermare che l italiano va consolidato e promosso? Una lingua va curata, sviluppata, arricchita, animata perché lingua e linguaggio sono innanzitutto strumenti di amore e di verità. In un mondo giovanile che ormai molto spesso è ridotto al grugnito, che si autodefinisce in linguaggi suoi propri, veloci, sintetici, simbolici, il rischio non è che non si sappia l inglese e nemmeno che si dimentichi l italiano; il rischio è che non si sappia più definirsi nel mondo e trovare in esso il proprio posto. Non sappiamo più leggere un libro, e se lo leggiamo non ne comprendiamo il significato. A questo è arrivato il nostro popolo, e in gran parte il popolo dei nostri giovani, anche di quelli che accedono a quella sorta di finzione che si chiama università. Mi pare di rivedere la povera Maria Antonietta, che, senza rendersi conto che di lì a poco avrebbe perso la testa, rispondeva a chi le faceva presente che il popolo chiedeva pane e che di pane non ce n era, di dare loro le brioches. di U RO WA N WILLIAMS na storia vera. Due abitanti della campagna gallese sedevano in un pub e commentavano la morte recente di un loro vicino. «Quanto ha lasciato?», domandò uno dei due. L altro alzò un sopracciglio e replicò: «Tutto!». Quarant anni fa, il 25 settembre 1977, l arcivescovo Óscar Romero durante l omelia settimanale presentò una sua versione più lunga e più teologica di questo aneddoto. L omelia era una riflessione Agente della bellezza Pubblichiamo una parte dell articolo «Romero e la Chiesa agente della bellezza» uscito su «Vita e pensiero» e tratto dal sermone del vespro per il centenario di Óscar Romero, tenuto all abbazia di Westminster il 23 settembre 2017 dal teologo britannico che è stato arcivescovo di Canterbury dal 2003 al Poeta e traduttore, ha insegnato sia a Oxford sia a Cambridge; i suoi saggi sono pubblicati in Italia soprattutto dalla casa editrice Qiqajon. Il testo, tradotto da Simona Plessi, è un ricordo dell arcivescovo di San Salvador assassinato nel 1980 e che fu non soltanto difensore dei poveri, ma anche avversario delle bruttezze che sfigurano la comunità cristiana, in una sequela esemplare del Vangelo che arrivò fino al dono della vita. suguaglianza. Offriamo l E u c a re - stia in Cristo come mezzo per il mantenimento della pace. La offriamo riconoscendo il debito che abbiamo non solo verso Dio, ma gli uni verso gli altri. E l E u c a re - stia è davvero efficace e integra quando la comunità, liberata, si mostra capace di condividere la libertà, l uno rendendo libero l alt ro. In un passaggio particolarmente commovente, l arcivescovo Romero dice come tale approccio all Eucarestia sia un modo per restaurare ciò che egli chiama la bellezza della Chiesa. Egli racsulla nozione biblica di proprietà. Disse: la proprietà nelle Scritture ebraica e cristiana è qualcosa che viene dato in prestito all utilizzatore. Mai regalato. Sempre da usare, prestato da Dio. Così, diceva, la verità è che il ricco affitta dal povero il terreno che è stato dato loro per un certo periodo. In un mondo giusto, è così che dovremmo intendere la proprietà: ci è dato qualcosa tramite cui siamo lasciati liberi di estinguere il nostro debito verso il povero; perché se Dio è con il povero, quando serviamo il povero noi serviamo Dio. Quando ci rendiamo conto di essere indebitati con il povero, paghiamo a Dio l affitto per la terra che utilizziamo. E in tale prospettiva, prosegue Romero, siamo tutti assieme mendicanti. Nessuno possiede e basta, a danno di un altro. Tutti sono coinvolti in questo scambio. I ricchi come li intende il mondo sono quelli a cui è stato concesso il privilegio di utilizzare i beni del mondo per la prosperità del loro prossimo. Mendicanti assieme per diventare ricchi assieme. E siamo liberati dalla falsità limitante di supporre che il mondo sia qualcosa che possiamo possedere, come individui, come società o anche come razza umana. Ciò che è dato è dato per essere dato. Quanto ha lasciato? Tutto. Nulla può essere messo in serbo in vista del computo finale. E ora dovremmo accogliere la chiamata Una terra in prestito La testimonianza di Óscar Romero di Dio a servire per ripagare il nostro debito ai bisognosi. È questa un eco insolita di una delle grandi intuizioni del padre della Riforma inglese, William Tyndale, il quale in una riflessione sui Vangeli parlò del debito che i facoltosi contraggono nei confronti dei miserabili. Viviamo in un mondo in cui sembra che ai miserabili venga continuamente ricordato il loro debito verso coloro che sono già ricchi. Ma, come dice Gesù nel Vangelo parlando dell uso del potere e delle ricchezze: non sia così tra di voi. Il Vangelo, inoltre, promette la liberazione dal mito della proprietà e del controllo, dal modello apparentemente imprescindibile che fa accumulare le risorse e non condividerle. Ed è il motivo per cui, più tardi in quello stesso anno, predicando sull a rg o m e n t o della schiavitù e della libertà, l arcivescovo Romero descrive la libertà di coloro che hanno ascoltato il Vangelo nei precisi termini di una libertà dalla schiavitù della ricerca di possesso. Noi siamo posseduti, resi schiavi dal mito di poter possedere il mondo solo per noi stessi. E la nostra vera liberazione si realizza quando comprendiamo che essa si manifesta nell aprire le mani per condividere ciò che abbiamo. Cristo non vuole degli schiavi, dice Romero. Egli vuole che tutti noi, ricchi e poveri, ci amiamo gli uni gli altri come fratelli e sorelle; vuole che la liberazione si allarghi ovunque, cosicché nel mondo non esista più schiavitù, per nessuno. Nessuna persona dovrebbe essere schiava di un altra, né schiava della miseria o di altro. Questo è il contenuto della rivelazione, questa è la dottrina, questa è l evangelizzazione. È facile vedere perché Romero credeva che la nostra liberazione ci proiettasse immediatamente dentro un livello più profondo di comunità: perché una volta scomparsa questa mitologia del possedere ed essere posseduti, saremo liberi gli uni per gli altri in un modo del tutto nuovo; e ciò che si realizza, allora, è la comunità, una comunità in cui andiamo creando libertà gli uni per gli altri, giorno dopo giorno, in cui, liberati dal mito e dalla schiavitù, dalla finzione, dall oppressione e dall ingiustizia, saremo liberi di sfamare e nutrire a sazietà la nostra e l altrui umanità. E la responsabilità di ogni battezzato, continua a ribadire l a rc i v e s c o v o Romero, è la responsabilità di creare libertà. Noi non siamo solo i beneficiari di tale liberazione, bensì gli agenti. Tutti: non solo coloro che si lasciano sfamare, per grazia di Dio e del loro prossimo, ma anche quelli che hanno il potere e l autorità di sfamare, nutrire, liberare. In vita e in morte, il beato Óscar Romero ha pagato il suo debito verso i poveri. In ogni sua parola, in ogni incontro, egli vedeva la propria responsabilità di agente della liberazione di Dio: sfidando, giorno dopo giorno e settimana dopo settimana, in lettere, omelie, discorsi, la finzione portatrice di morte che teneva in schiavitù l intera sua società; affrontando l enorme ingiustizia e le disuguaglianze del sistema di proprietà terriera del suo Paese; combattendo la violenza barbarica che tale sistema sosteneva e che, alla fine, reclamò la sua stessa vita. Sarebbe addolorato, ma non sorpreso, di sapere che ancora oggi la disuguaglianza e la violenza barbarica sono caratteristiche di tanti Paesi dell America centrale e me un agente di verità in un contesto di miti e bugie. Tu t t a v i a, dovremmo sempre rammentare l accento che egli pose sull idea che i poveri devono assumere su di sé il proprio agire, la propria responsabilità. Anziché parlare semplicemente di una Chiesa per i poveri, l arcivescovo Romero fu tra coloro che compresero veramente che la Chiesa doveva essere una Chiesa dei poveri. Una Chiesa in cui i diseredati e i miserabili trovano la loro dignità e la loro possibilità di agire, la loro capacità di fare la differenza. La liberazione non è qualcosa che riceviamo soltanto, ma qualcosa di cui diventiamo agenti. Noi, battezzati in Cristo, diventiamo agenti di quel dono, che è simile a Cristo, conformato a Cristo, del portare la liberazione. Per questo, meridionale. E oggi dobbiamo pregare per coloro che portano avanti la sua opera, testimoniando a caro prezzo, nell a n n u n c i a re la verità. Egli stesso ha sempre descritto la Chiesa soprattutto co- Murale a Managua (Nicaragua) in un altra omelia, sempre del 1977, l arcivescovo Romero può parlare con la grande chiarezza che lo distingueva dell E u c a re - stia, della Messa, come di un luogo in cui avvengono la riparazione, la restaurazione, la guarigione delle fratture, la vittoria sulla diconta come la bellezza essenziale dell amore divino incondizionato si faccia carne ripetutamente nel corpo eucaristico, nella comunità riunita a messa. Bellezza, talvolta, è una parola insolita se usata per la Chiesa; ed è insolita anche quando richiamata alla mente di chi ha veduto le fotografie del corpo dell a rc i v e - scovo Romero crivellato di proiettili e grondante sangue. Ma riconoscere la sua vita e la sua morte come qualcosa che è stato al servizio della bellezza eucaristica della Chiesa è riconoscere che senza quell impegno per la liberazione, quell atto che libera dalla schiavitù del mito e della finzione, la Chiesa è brutta, è sfigurata, è incapace di mostrarsi quale in realtà è. Per grazia di Dio, nel sacramento dell Eucarestia noi intravediamo fugacemente che cosa può significare per la Chiesa irradiare la bellezza di Dio nella giustizia, nella riconciliazione e nella riparazione. Lottando per realizzare tutto ciò nel nostro discepolato, ci impegniamo per quella visione di bellezza della Chiesa.

5 sabato 21 aprile 2018 L OSSERVATORE ROMANO pagina 5 Nel racconto «Lo sconosciuto» di Irène Némirovsky Vedere nel nemico il fratello di ROBERTO RIGHETTO Se dovessi suggerire un libretto da offrire in lettura ai ragazzi dell ultimo anno delle superiori segnalerei senz altro il racconto Lo sconosciuto di Irène Némirovsky, appena ripubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. In una trentina di pagine la meravigliosa scrittrice francese riesce a rappresentare il mondo della prima e della seconda Irène Némirovsky guerra mondiale e a descrivere la ferocia e l inutilità della guerra. Protagonisti sono due fratelli che, nel maggio 1940, mentre le truppe tedesche hanno cominciato a invadere il Benelux, si ritrovano in una stazione nel nord della Francia pronti per andare al fronte. Qui trovano riparo per la notte tantissimi profughi (uno scenario simile a quello raccontato in Suite francese), ma la svolta della narrazione avviene nel dialogo che si sviluppa fra i due soldati. Il più anziano dei fratelli, Claude, rivela al più giovane, François, di essersi già scontrato con i tedeschi lungo la linea Maginot nell inverno precedente e, durante un perlustramento notturno, di aver ucciso un giovane militare nazista. Frugando nel suo portafoglio, aveva trovato una fotografia del padre e della madre e ne era rimasto choccato. Non aveva avuto difficoltà a riconoscere nell uomo proprio suo padre, dato per disperso durante il primo conflitto mondiale. Entrambi, e con loro la madre, dopo averlo atteso per lungo tempo si erano rassegnati e avevano pensato fosse morto. Ora invece la rivelazione: egli era sopravvissuto e aveva scelto di restare in Germania, dove si era fatto un altra famiglia. Il soldato che Claude ha ucciso con le proprie mani non era altro che un terzo fratello! «Non ci si pensa mai disse François a bassa voce ma con i quattro anni dell altra guerra, l invasione, poi le nostre truppe sul Reno, dei fratelli hanno dovuto già trovarsi gli uni contro gli altri in campi nemici». Il nemico che uno si trova davanti non è altro che un fratello: è questo quel che ci vuol dire la Némirovsky. Commenta nella sua lucida nota di lettura al libretto il biblista Jean-Louis Ska: «Se tutti avessero sentito la voce di cui parla il filosofo Emmanuel Lévinas nel suo libro Totalità e infinito, la voce dell Altro che sempre si rivela con l ordine: Non ucciderai, la guerra sarebbe finita lì». Per chi ama la filologia, Lo sconosciuto era già apparso nel volume Sortilegio uscito da Passigli nel 2013, una raccolta di nove racconti fra i più celebri di Irène, e la pubblicazione originale era avvenuta sul settimanale G r i n g o i re l 8 agosto E ora è contenuto anche nel libro Tutti i racconti, opp ortunamente editi da Theoria in due volumi, una raccolta che ben rappresenta l itinerario della scrittrice. Nel libro, che contiene saggi di Roberto Deidier, Antonia Dedda e Andrea Caterini, figurano diversi racconti che hanno sullo sfondo l incubo della guerra e i cui temi ritornano in Suite francese, l opera che ha fatto conoscere l autrice di origine ebraica in tutto il mondo. Dedicata allo sbandamento della popolazione francese all arrivo dei nazisti, non sarebbe mai stata completata: dopo l arresto di Irène nel 1942, il marito Michel Epstein ne affidò il manoscritto in una valigia alle due piccole figlie prima di essere anch egli rinchiuso e trovare la morte nel lager. Come noto, solo nel 2004 il romanzo è venuto alla luce, così come la sua storia e quella delle figlie, salvatesi grazie a una maestra, poi a un amica dei genitori impegnata nella Resistenza, infine alle suore di un convento di Bordeaux. Liberata la Francia e sconfitto il nazismo, Denise ed Elisabeth torneranno a Parigi bussando invano alla casa della nonna che rifiuterà di accoglierle e recandosi ogni giorno alla Gare de l Est, dove arrivavano i sopravvissuti ai lager, con un cartello che portava scritto i nomi dei genitori. Solo più tardi avrebbero saputo manzo, Il malinteso, nelle sue prime opere Irène Némirovsky rappresenta da una parte l universo della borghesia ebraica parigina, che analizza e critica severamente per il suo muoversi nel mondo degli affari senza scrupoli (si veda David Golser, per il quale si attirò le critiche del mondo ebraico e fu accusata addirittura di antisemitismo); dall altra la frivolezza del suo ambiente familiare e in particolare della madre. Ma mi pare rilevante segnalare soprattutto i romanzi I doni della vita e I falò dell autunno, che assieme a Suite francese tutti in Italia tradotti da Adelphi r a p p re s e n t a - no, per le vicende che raccontano James Tissot, «Abele conduce Caino alla morte» (1896) che entrambi erano morti ad Auschwitz poco dopo la deportazione. Già acclamata in Francia a partire dal 1926, quando pubblicò il suo primo ro- (la prima e la seconda guerra mondiale ma anche il ventennio che le separa con le sue illusioni) e per l altissimo valore letterario, una trilogia unica e a mio avviso imperdibile per il lettore che in un colpo solo vuole rendersi conto della tragedia del secolo b re v e. Non mi sento perciò di condividere affatto il giudizio di Andrea Caterini che definisce la Némirovsky una «minore del suo tempo». Il critico pone Suite francese a confronto con La montagna incantata di Thomas Mann, L uomo senza qualità di Musil e Viaggio al termine della notte di Céline sostenendo che di fronte a questi capolavori l op era dell autrice francese si pone a un livello assai più basso e insinua che la sua fama sia legata innanzitutto alla sua tragica fine. Ritengo questi paragoni azzardati se non insensati e che, se la storia di Irène Némirovsky ha senza dubbio In poche pagine la scrittrice francese riesce a rappresentare la ferocia e l inutilità della guerra colpito i lettori per il suo esito drammatico, ciò non incrina affatto il suo valore di scrittrice che ci ha lasciato una testimonianza unica. Dove, certamente, letteratura e vita sono intrecciate: ma questo non accade anche con Se questo è un uomo di Primo Levi o Vita e destino di Vasilij Grossman? Forse che questi non sono capolavori? Un piccolo libro sul rimpatrio delle opere rubate da Napoleone a Firenze e a Roma Il ritorno di Venere di I ANTONIO PAOLUCCI l 27 dicembre del 1815 i tesori d arte delle gallerie fiorentine confiscati e nazionalizzati da Napoleone, tornavano in patria, stipati in 110 casse. Tornavano i capolavori di Raffaello (il Leone X, la Madonna della seggiola), la Madonna del collo lungo di Parmigianino, il Rubens dei Disastri della g u e r ra, il Cardinale Bentivoglio di Van Dyck. Tornava soprattutto lei, la b ella più contesa d Europa, quella che l imperatore amava e voleva più di ogni altra. Mi riferisco alla Ve n e re detta dei Medici, la scultura tardoellenistica che sta al centro della Tribuna degli Uffizi e che era, per tutti, il simbolo stesso del collezionismo mediceo. A questa pagina di storia la municipalità fiorentina, la regione Toscana e l Accademia delle arti e del disegno hanno dedicato un libro piccolo e prezioso, Firenze Il ritorno di Venere, a cura di Giulia Coco, Carlo Francini, Enrico Sartoni (Firenze, Edifir, 2018, pagine 175, euro 18), un libro che parla dei giorni tumultuosi e fatali nei quali si giocò fra Vienna, Londra e Parigi, il destino della parte più celebre, più ammirata del patrimonio culturale italiano. Nell estate del 1815 la restituzione delle opere d arte nazionalizzate da Napoleone agli Stati italiani e alle città belghe e olandesi, era tutt a l t ro che scontata. Vi si opponeva la Francia di Luigi XVIII e del suo potente ministro degli esteri, quel Talleyrand che aveva servito il suo paese con l Antico Regime, con la rivoluzione, con l impero e ora con la Restaurazione. Quanto alle posizioni politiche delle grandi potenze vincitrici di Napoleone, l Inghilterra e la Russia, esse erano, sull a rg o m e n t o, alquanto differenziate. Lo zar Alessandro avrebbe lasciato volentieri a Parigi le opere d arte requisite da Napoleone. Ci teneva a costruirsi, per il futuro, una sponda di amicizia in Francia in funzione antiprussiana e antinglese. Per ragioni diverse e tuttavia perfettamente simmetriche a quelle russe, l Inghilterra era favorevole alle restituzioni: non solo perché in quella direzione premeva la sua opinione pubblica, ma perché intendeva tessere una rete di simpatia e di gratitudine da parte dei minori stati italiani (la Toscana, il Papa, il Regno di Napoli) e delle città belghe e olandesi. Ciò al fine di Copertina del libro raffigurante simbolicamente il furto della Venere dei Medici da Napoleone consolidare, nel continente, il suo ruolo diplomatico, politico ed anche e soprattutto commerciale e come garanzia in vista di un futuro, per ora improbabile ma sempre possibile, revanchismo francese. I commissari fiorentini mandati a Parigi per negoziare e organizzare le restituzioni il direttore degli Uffizi e presidente dell Accademia di Belle Arti Giovanni degli Alessandri e il pittore, celebre in quei giorni, Pietro Benvenuti passarono a Parigi giorni di patemi d animo, di entusiasmi alternati a delusioni cocenti, in attesa che il grande gioco si concludesse. Decisivo fu, in quell estate del 1815, il ruolo svolto da Antonio Canova mandato a Parigi da papa Pio VII Chiaramonti per recuperare le opere d arte sequestrate alla Santa Sede dopo il Trattato di Tolentino del Canova era l artista più celebre, più ammirato d Europa. Aveva servito tutti i grandi della terra, da Bonaparte al Papa di Roma, dallo zar Alessandro al principe Clemente di Metternich, ai lord inglesi, ai granduchi russi. Il suo internazionale prestigio messo sul piatto delle restituzioni, portò un contributo non secondario all esito fausto delle trattative. Finalmente, superati gli ultimi ostacoli, ottenute le ultime autorizzazioni, il 24 ottobre 1815 il grande convoglio italiano lasciava Parigi, scortato da reparti di cavalleria. Il segmento toscano arrivò a Firenze il 27 dicembre, il grosso del convoglio proseguì per Roma dove i tesori vaticani futuro sballati e consegnati nei primi giorni del mese successivo. Ritrovavano così l aria di casa il Laocoonte, l Apollo del Belvedere, la statua colossale del Nilo, la Tra s f i g u ra z i o n e e la Madonna di Foligno di Raffaello, la Deposizione nel sepolcro di Caravaggio, per dire solo di alcune delle opere più famose. Molte sculture e dipinti, sia fiorentini che romani, rimasero a Parigi o perché giudicati intrasportabili (la statua colossale del Tevere, pendant del Nilo) o perché distribuiti e dispersi nelle sedi di provincia. Del resto, i commissari sapevano che bisognava far presto perché il popolo parigino era tutt altro che contento vedendosi portar via tesori che ormai considerava suoi e minacciava tumulti. Bisognava fare presto e garantire imballaggi adeguati per opere così preziose e per un viaggio così lungo e difficile. Le risorse finanziarie erano scarse: per fortuna intervenne la delegazione inglese a coprire, almeno in parte, le sp ese. E, a proposito di soldi, c è un piccolo episodio che merita memoria. Quando i commissari Benvenuti e degli Alessandri arrivano a Firenze al termine del viaggio, la prima cosa che fanno è di recarsi alla tesoreria granducale, per restituire ciò che era loro avanzato dell accredito di missione. Avevano speso meno di quello che avrebbero potuto. Esempio quasi proverbiale di scrupolo amministrativo e di parsimonia toscana. Mille anni a San Miniato Haec est porta coeli ( questa è la porta del cielo ) è scritto da mille anni sulla soglia della Porta santa di San Miniato al Monte a Firenze; una frase, ripresa dalla Genesi (28, 17) che rivela cosa significa l abbazia per la città che si distende sotto di sé. La porta corrisponde, nell impianto romanico, al luogo di sepoltura del protomartire armeno Miniato e dei suoi compagni (uccisi durante le persecuzioni di Decio a metà del III secolo) ed è stata restaurata, insieme alle altre due porte lignee e al ciborio della basilica in occasione del millenario di San Miniato. Il restauro viene presentato nel tardo pomeriggio del 20 aprile in un evento che inaugura un programma ricco e vario, lungo un anno: dalla musica alla poesia, dalle feste per le famiglie ai convegni internazionali. Il 27 aprile saranno infatti mille anni esatti dalla firma del vescovo Ildebrando sull autorevole charta o rd i n a t i o n i s con la quale si inaugurava una nuova pagina di bellezza e spiritualità nella storia della città.

6 pagina 6 L OSSERVATORE ROMANO sabato 21 aprile 2018 Ghislaine Howard «Lavanda dei piedi» (2004) di ANGELO BECCIU Certamente all origine della chiamata di Filippo, Stefano e degli altri ellenisti, c è la necessità del ministero del servizio delle mense, della diaconia. Non si tratta di un termine puramente funzionale, bensì di un titolo che Gesù ha riservato a se stesso, usando proprio il verbo diakonèin: è venuto per servire (diakonèsai) e non per essere servito (cfr. Ma t t e o 20, 20.28; Marco 10, 45). Anche dai suoi discepoli esige lo stesso servizio, lo stesso diaconato : «Se uno vuol essere il primo, sia l ultimo di tutti e il servo (diákonos) di tutti» (Matteo 9, 35). Noi sacerdoti rimaniamo diaconi. Quando pensiamo all istituzione del sacerdozio subito ci tornano in cuore le parole rivolte da Gesù agli apostoli nella frazione del pane e nel dono del calice: «Fate questo in memoria di me». Il ministero dell eucaristia identifica immediatamente il sacramento dell ordine. Come ricorda il concilio, è il presbitero, in quanto investito del sacerdozio ministeriale, che «compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo» (Lumen gentium 10). Il sacerdote, in virtù del sacramento dell ordine, agisce proprio in persona di Cristo cap o. A volte questa parola, capo, può giocare però un brutto scherzo, può Al seminario regionale sardo Il sostituto della Segreteria di Stato si è recato il 19 aprile al Pontificio seminario regionale sardo di Cagliari per presiedere la giornata degli ex allievi, alla quale hanno partecipato quasi tutti i presuli dell isola. Con loro, al termine della mattinata di lavori, l arcivescovo ha concelebrato la messa, pronunciando l omelia della quale pubblichiamo ampi stralci. essere intesa nel senso troppo umano della parola, proprio in quel significato che Gesù ha esplicitamente escluso. Nell ultima cena quando, assieme al sacramento dell eucaristia istituì quello dell ordine, tra i discepoli si levò la disputa su chi fosse il più grande, e ancora una volta Gesù dovette ricordare che nella sua comunità non dev essere come nel mondo, dove si ambiscono i primi posti: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più PILAR, 20. «Nel cammino della comunione missionaria siamo chiamati al discernimento esaminando attentamente i segni di questo tempo, rilevando quelli di vita, accompagnando l azione dello Spirito nella storia, scoraggiando e smascherando quelli di morte». È l invito del vescovo di San Isidro, Óscar Vicente Ojea, presidente della Conferenza episcopale Norlan Santana, «Multiformas» (particolare, 2016) mando: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto io» (Giovanni 13, 14-15). In queste parole è indicata la modalità dell esercizio del sacerdozio, considerato come un servizio. «Questo ufficio che il Signore ha affidato ai pastori del suo popolo è un vero servizio», ricorda la costituzione dogmatica Lumen gentium (n. 21). La lavanda dei piedi il giovedì santo è un rito liturgico che conserva un forte valore di segno e che forse meglio di tutti esprime la nostra vocazione. Papa Francesco gli ha ridato inaspettato vigore andando nelle carceri, luoghi p eriferici, lontano dalle basiliche, inginocchiandosi davanti a uomini e donne, cristiani e non, per incarnare davvero l ideale di una Chiesa al servizio. La prima volta era il 28 marzo 2013 all istituto penale per minori di Casal del Marmo a Roma, parlò con Servo di tutti Il sacerdote e il ministero della diaconia piccolo, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve», ho diakonòn (Luca 22, 25-27). Ancora una volta Gesù si definisce diacono. Sempre quella sera, mentre chiedeva di fare l eucaristia in sua memoria, Gesù chiedeva anche di perpetuare la sua memoria con la lavanda dei piedi. Il suo gesto non è soltanto un esempio, è anche un couna semplicità disarmante: «Questo è commovente. Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli. (...) Lavare i piedi è: io sono al tuo servizio. (...) Aiutarci l un l altro: questo Gesù ci insegna e questo è quello che io faccio, e lo faccio di cuore, perché è mio dovere. Come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio. Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo perché il Signore così mi ha insegnato. (...) questo segno è una carezza di Gesù, che fa Gesù, perché Gesù è venuto proprio per questo: per servire, per aiutarci». Il Papa riporta il segno della lavanda al grande realismo del servizio, che è come una carezza di Gesù. Che bello sarebbe se ogni nostro gesto di servizio potesse trasmettere una carezza di Gesù alle p ersone! Come Filippo esercita la sua diaconia? Non soltanto nella distribuzione del cibo, ma soprattutto nell ufficio della parola, dell evangelizzazione e del sacramento. Innanzitutto egli, come gli altri, è scelto con un criterio singolare: deve essere pieno di spirito. Ciò vale per Stefano, «uomo pieno di fede e di Spirito Santo» (Atti degli apostoli 6, 5) e anche per Filippo, che è afferrato dallo Spirito. Lo Spirito Santo gli parla, lo guida, lo porta sulla strada che da Gerusalemme scende a Gaza, poi ad Azoto e a Cesarea; insomma non lo lascia in pace, lo mette sempre in nuove situazioni, lo rende suo strumento. E Filippo acconsente, perché è uomo dello Spirito, a sua completa disposizione, pronto a lasciarsi condurre dove mai avrebbe pensato di andare, per far cose che mai avrebbe pensato di fare. Nella recente esortazione apostolica Gaudete et exsultate il Papa ci ha parlato con forza di questa disponibilità all azione dello Spirito: «Abbiamo bisogno della spinta dello Spirito per non essere paralizzati dalla paura e dal calcolo, per non Alla plenaria dell episcopato argentino Riconoscere i segni della vita argentina, il quale, nell omelia della messa di apertura dell assemblea plenaria, ha esortato a essere «uomini autentici dello Spirito, disposti a discernere nella preghiera questi atteggiamenti nelle nostre comunità. Cristiani con parresìa, che si lasciano interpellare dalla storia con uno sguardo sempre nuovo della fede anche in mezzo all incertezza di una cultura di rapidi cambiamenti». Monsignor Ojea si è soffermato su uno dei temi all ordine del giorno dell assemblea ovvero «La realtà culturale dell Argentina nella postmodernità». La gente, «come quella moltitudine che cerca Gesù, a volte si sintonizza profondamente con il suo messaggio; altre volte, respirando un atmosfera culturale tipica di questa società consumistica iperindividualista, non lo capisce o lo capisce poco o lo fraintende. Dobbiamo guardare attentamente a tali processi per comprenderli, al fine di dialogare in modo più chiaro, semplice e cordiale come insegnava il beato Paolo VI nella Ecclesiam suam con la cultura dell uomo e della donna di oggi, dei giovani di oggi, e darci del tempo per questo apprendimento». Il presule ha incoraggiato a «discernere con chiarezza in questi processi una cultura della vita che lotta con una cultura della morte, come insegna san Giovanni Paolo II», perché la vita «è il nostro dono fondamentale e dobbiamo proteggerlo sempre e in tutte le sue diverse manifestazioni». Il presidente dell episcopato ha poi rilevato che «ha cominciato a insediarsi fra gli argentini una forte violenza verbale che si concentra principalmente nei social network e in alcuni mezzi di comunicazione. Regna uno spirito di sospetto gli uni verso gli altri e si ricorre continuamente allo screditamento. Papa Francesco ha ricordato Ojea insiste molto sulla gravità della diffamazione e della calunnia. Calunniare una persona è un modo per ucciderla, uccidendo il suo onore. In questo modo viene uccisa la fiducia che un altra persona può avere in lui o in lei. Si uccide la carità, che è il legame fra i cristiani, e si uccidono la pace e la gioia, creando nella società un clima di discordia e violenza». La plenaria, che si svolge a Pilar, nella provincia di Buenos Aires, fino a oggi, si è soffermata su abituarci a camminare soltanto entro confini sicuri» (133). «Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. Ci conduce là dove si trova l umanità più ferita e dove gli esseri umani, al di sotto dell apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita. Dio non ha paura! Non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie. Egli stesso si è fatto periferia (cfr Filippesi 2, 6-8; Giovanni 1, 14). Per questo, se oseremo andare nelle periferie, là lo troveremo: Lui sarà già lì» (135), come, aggiungo io, era già sulla strada da Gerusalemme a Gaza, era già nel cuore del funzionario di Candace. «L abitudine continua Francesco ci seduce e ci dice che non ha senso cercare di cambiare le cose, che non possiamo far nulla di fronte a questa situazione, che è sempre stato così e che tuttavia siamo andati avanti. (...) Lasciamo che il Signore venga a risvegliarci!, a dare uno scossone al nostro torpore, a liberarci dall inerzia!» (137). «Chiediamo al Signore la grazia di non esitare quando lo Spirito esige da noi che facciamo un passo avanti» (139). Non è questo il presbitero? L uomo che si consegna allo Spirito perché ne faccia lo strumento della sua parola. L uomo della p a r re s ì a, del coraggio evangelico, che non si lascia intimidire né dai propri limiti, né dalla società ostile, né dall indifferenza generalizzata che sembra oggi intorpidirci. L uomo che fiducioso si lascia avvolgere dall a m o re del Signore, con la certezza che nulla «potrà mai separarci dall amore di Dio» (Romani 8, 39). L uomo che, sospinto da questo amore (cfr. 2 Corinzi 5, 14), ripete con Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Corinzi 9, 16). fatti di stringente attualità: «In questi momenti drammatici vissuti ancora una volta dai nostri fratelli in Medio oriente, preghiamo per la pace e per un profondo cambiamento nel cuore di coloro che prendono decisioni che portano alla guerra», ha detto il vescovo. Conclusa la visita del cardinale Tauran in Arabia Saudita Si è conclusa con la messa celebrata nella sede dell ambasciata di Francia a Riad la visita senza precedenti che il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, ha compiuto in Arabia saudita dal 16 al 20 aprile. Nella sera di giovedì 19 numerosi rappresentanti diplomatici hanno partecipato alla celebrazione e al successivo incontro di commiato, perché interessati a conoscere i risultati dell inedito avvenimento. Giornate intense, fitte di appuntamenti, che hanno avuto come filo conduttore i temi del dialogo tra le religioni e le culture, il ruolo dei credenti nel ripudiare la violenza, gli estremismi e il terrorismo e nel raggiungimento della sicurezza e della stabilità nel mondo, in particolare in Medio oriente, secondo quanto riferito anche dal sito governativo della Saudi press agency (Spa). Insomma una pietra miliare nel dialogo tra musulmani e cattolici, sia per l importanza del luogo che ospita i siti più sacri dell islam come le moschee delle città sante Medina e La Mecca sia per il livello delle personalità coinvolte. Basti pensare al momento centrale della visita, ovvero l udienza concessa dal sovrano Salman Bin Abd Al-Aziz nel Palazzo reale, mercoledì 18, alla delegazione vaticana di cui hanno fatto parte anche il vescovo segretario del dicastero e il capo ufficio per l islam. Gli stessi ecclesiastici del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso hanno partecipato, nel pomeriggio di giovedì 19, a un incontro di preghiera con i cristiani residenti nella capitale saudita, per testimoniare vicinanza a una tra le più numerose comunità in tutta la regione del Golfo persico. Nella mattina di venerdì 20 il rientro a Roma. Monsignor Abraham Viruthakulangara, arcivescovo di Nagpur, è morto in India nelle prime ore di giovedì 19 aprile. Il compianto presule era nato in Kallara, arcieparchia di Kottayam dei siro-malabaresi, il 5 giugno 1943, ed era stato ordinato sacerdote il 28 ottobre Eletto alla sede residenziale di Khandwa il 4 marzo 1977, aveva ricevuto l o rd i n a - zione episcopale il successivo 13 luglio. Promosso a Nagpur il 17 gennaio 1998, guidava l arcidiocesi da vent anni. Le esequie saranno celebrate lunedì prossimo, 23 aprile, alle locali, nella cattedrale di N a g p u r. Monsignor David Edward Foley, vescovo emerito di Birmingham, in La stretta di mano tra il porporato e il sovrano Lutti nell episcopato Alabama, è morto negli Stati Uniti d America martedì 17 aprile, all età di 88 anni. Il compianto presule era infatti nato in Worcester il 3 febbraio 1930 ed era stato ordinato sacerdote il 26 maggio Eletto alla Chiesa titolare di Ottaba e nel contempo nominato ausiliare di Richmond, il 3 maggio 1986, aveva ricevuto l o rd i n a z i o n e episcopale il 27 giugno Trasferito a Birmingham il 22 marzo 1994, aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi il 10 maggio Le esequie saranno celebrate nella mattina di lunedì prossimo, 23 aprile, alle 11, nella cattedrale di Birmingham, dove avverrà la sepoltura. La Segreteria di Stato comunica che è deceduto il Signor FRANCESCO GANGEMI padre di S.E. Mons. Santo Gangemi, Nunzio Apostolico in Guinea e Mali Nell esprimere a S.E. Mons. Gangemi commossa partecipazione al suo dolore per la scomparsa del genitore, i Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato assicurano la loro preghiera di suffragio e invocano dal Signore conforto per i familiari del caro defunto.

7 sabato 21 aprile 2018 L OSSERVATORE ROMANO pagina 7 Il Mediterraneo sia un arca di pace In preghiera sulla tomba di don Tonino Bello ad Alessano È iniziata venerdì 20 aprile ad Alessano, il paese natale di don Tonino Bello, la visita di Papa Francesco in Puglia. Dopo aver pregato sulla tomba del sacerdote, il Pontefice ha raggiunto il piazzale antistante il cimitero per incontrare i fedeli, ai quali ha rivolto il seguente d i s c o rs o. Cari fratelli e sorelle, sono giunto pellegrino in questa terra che ha dato i natali al Servo di Dio Tonino Bello. Ho appena pregato sulla sua tomba, che non si innalza monumentale verso l alto, ma è tutta piantata nella terra: Don Tonino, seminato nella sua terra lui, come un seme seminato, sembra volerci dire quanto Alla finestra della speranza «Le parole di Francesco come quelle di don Tonino ci aiutano a non farci rubare la speranza». Ringraziando il Papa per la «sosta orante» ad Alessano, monsignor Vito Angiuli, vescovo di Ugento - Santa Maria di Leuca, gli ha confidato che «nei suoi gesti ci pare di intravedere gli esempi di vita che don Tonino ci ha lasciato. Troppo evidente ci sembra la somiglianza. Ogni volta che lei appare alla finestra del palazzo apostolico, a noi viene in mente il titolo di un libro di don Tonino: Al l a finestra la speranza». La preghiera presso la tomba di don Tonino, ha affermato il presule, «è espressione di sincera ammirazione per l esempio di vita evangelica che egli ha offerto, ma è anche un invito, rivolto a tutti noi, a seguire i suoi insegnamenti e a diventare, come lui, veri discepoli del Signore» per «incamminarci sulla via della santità». La stessa che il Papa «ci ha invitato a percorrere con la recente esortazione apostolica Gaudete et exsultate». Il vescovo ha quindi ricordato alcune significative testimonianze su don Tonino, compresa quella del cardinale Martini. E ne ha riaffermato concretezza e attualità, espresse dalla «comunione delle diversità», dall attenzione ai poveri e alla pace. In conclusione il presule ha rilanciato la speranza testimoniata da monsignor Bello, quella «speranza che ha riconosciuto ci sostiene nell affrontare il flagello della xylella che ha devastato la bellezza dei nostri alberi d ulivo; il ricorrente tentativo di deturpare il nostro mare; la precarietà e la mancanza di lavoro; la ripresa delle migrazioni di molti giovani e di interi nuclei familiari; il grido di dolore di tanti poveri umiliati nella loro dignità umana». ha amato questo territorio. Su questo vorrei riflettere, evocando anzitutto alcune sue parole di gratitudine: «Grazie, terra mia, piccola e povera, che mi hai fatto nascere povero come te ma che, proprio per questo, mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli» 1. Capire i poveri era per lui vera ricchezza, era anche capire la sua mamma, capire i poveri era la sua ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda. Il Vangelo eri solito ricordarlo a Natale e a Pasqua chiama a una vita spesso scomoda, perché chi segue Gesù ama i poveri e gli umili. Così ha fatto il Maestro, così ha proclamato sua Madre, lodando Dio perché «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1, 52). Una Chiesa che ha a cuore i poveri rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all essenziale per professare con coerenza che il Signore è l unico vero bene. Don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero (cfr 2 Cor 8, 9). Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l i n d i f f e re n z a. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l incer- Tra le bianche pietre a forma di gradinate che circondano la lapide di don Tonino Bello, nel cimitero salentino di Alessano, Papa Francesco ha pregato in silenzio venerdì mattina, 20 aprile, nella prima tappa della visita ai luoghi del vescovo pugliese morto in questo stesso giorno di venticinque anni fa a soli cinquantotto anni. Una sosta in privato ricca di significato quella del Pontefice nel piccolo camposanto baciato dal sole e sferzato dal vento. Qui, in questo paesino, quasi all estrema punta della Puglia, don Tonino nacque l 8 dicembre E qui volle essere sepolto nel 1993, proprio accanto a sua madre Maria, che il Papa ha ricordato citandola nel suo discorso e visitandone la tomba. Ma è soprattutto su quella del presule amico dei poveri che il Pontefice ha pregato a lungo, deponendo un mazzo di fiori bianchi e gialli sulla lastra di marmo che reca la semplice scritta: «Don Tonino Bello, terziario francescano, vescovo di Molfetta-Ruvo- Giovinazzo-Terlizzi». Dove l appartenenza all ordine di san Francesco viene prima ancora della dignità episcopale, tezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità. Non stava con le mani in mano: agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra 2. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione. Diceva, speranzoso, don Tonino: «Dall officina, come un giorno dalla bottega di Nazareth, uscirà il verbo di pace che instraderà l umanità, assetata di giustizia, per nuovi destini» 3. Cari fratelli e sorelle, questa vocazione di pace appartiene alla vostra terra, a questa meravigliosa terra di frontiera f i n i s - t e r ra e che Don Tonino chiamava terrafinestra, perché dal Sud dell Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove «i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno» 4. Siete una «finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia» 5, ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un arca di pace accogliente 6. Don Tonino è uomo della sua terra, perché in questa terra è maturato il suo sacerdozio. Qui è sbocciata la sua vocazione, che amava chiamare evocazione: evocazione di quanto follemente Dio predilige, ad una ad una, le nostre fragili vite; eco della sua voce d amore che ci parla ogni giorno; chiamata ad andare sempre avanti, a sognare con audacia, a decentrare la propria esistenza per metterla al servizio; invito a fidarsi sempre di Dio, l unico capace di trasformare la vita in una festa. Ecco, questa è la vocazione secondo don Tonino: una chiamata a diventare non solo fedeli devoti, ma veri e propri innamorati del Signore, con l ardore del sogno, lo slancio del dono, l audacia di non fermarsi alle mezze misure. Perché quando il Signore incendia il cuore, non si può spegnere la speranza. Quando il Signore chiede un sì, non si può rispondere con un forse. Farà bene, non solo ai giovani, ma a tutti noi, a tutti quelli che cercano Un ala di riserva il senso della vita, ascoltare e riascoltare le parole di Don Tonino. In questa terra, Antonio nacque Tonino e divenne don Tonino. Questo nome, semplice e familiare, che leggiamo sulla sua tomba, ci parla ancora. Racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa. Invita all ap ertura semplice e genuina del Vangelo. Don Tonino l ha tanto raccomandata, lasciandola in eredità ai suoi sacerdoti. Diceva: «Amiamo il mondo. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia. Non opponiamogli sempre di fronte i rigori della legge se non li abbiamo temperati prima con dosi di tenerezza» 7. Sono parole che rivelano il desiderio di una Chiesa per il mondo: non mondana, ma per il mondo. Che il Signore ci dia questa grazia: una Chiesa non mondana, al servizio del mondo. Una Chiesa monda di autoreferenzialità ed «estroversa, protesa, non avviluppata dentro di sé» 8 ; non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso; mai assopita nelle nostalgie del passato, ma accesa d amore per l oggi, sull esempio di Dio, che «ha tanto amato il mondo» (Gv 3, 16). Il nome di don Tonino ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere p er dare spazio al potere dei segni 9. Don Tonino non lo faceva certo per convenienza o per ricerca di consensi, ma mosso dall esempio del Signore. Nell amore per Lui troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere «Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Va n g e l o» 10. Da questa sua amata terra che cosa don Tonino ci potrebbe ancora dire? Questo credente con i piedi per terra e gli occhi al Cielo, e soprattutto con un cuore che collegava Cielo e terra, ha coniato, tra le tante, una parola originale, che tramanda a ciascuno di noi una grande missione. Gli piaceva dire che noi cristiani «dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell azione» 11, della gente che non separa mai preghiera e azione. Caro don Tonino, ci hai messo in guardia dall immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno 12. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se, come Maria, Donna del cammino, ci alziamo per raggiungere e servire l uomo, ogni uomo. Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni. Ridestaci allora alla nostra alta vocazione; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contemplattiva, innamorata di Dio e appassionata dell uomo! Cari fratelli e sorelle, in ogni epoca il Signore mette sul cammino della Chiesa dei testimoni che incarnano il buon annuncio di Pasqua, profeti di speranza per l avvenire di tutti. Dalla vostra terra Dio ne ha fatto sorgere uno, come dono e profezia per i nostri tempi. E Dio desidera che il suo dono sia accolto, che la sua profezia sia attuata. Non accontentiamoci di annotare bei ricordi, non lasciamoci imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro. Imitiamo don Tonino, lasciamoci quasi a voler sottolineare la scelta della povertà a regola di vita. Il Papa si è fermato qualche minuto davanti alla tomba circondata da un piccolo prato di vivida erba verde. Accanto a lui monsignor Vito Angiuli, vescovo di Ugento - Santa Maria di Leuca, sul cui territorio si trova questo piccolo paese del Salento, e il sindaco Francesca Torsello, che avevano accolto il Pontefice al suo arrivo in elicottero nel parcheggio del camposanto. Il velivolo era decollato poco prima da Galatina di Lecce, dove l aereo papale era giunto, proveniente dallo scalo romano di Ciampino. Ed è stata festa grande per questo paese in cui ogni anno centinaia di persone vengono a pregare su quella tomba. Vengono a trovare un pastore che ha fatto della non violenza, del no alla guerra e della radicalità del Vangelo il proprio stile episcopale. In questa occasione storica, hanno fatto la fila fin dalla notte per poter vedere e salutare il Papa. Tra quanti hanno potuto incontrarlo da vicino alcuni familiari di don Tonino: fra loro i due fratelli viventi Trifone e Marcello, e il nipote Stefano. Quest ultimo aveva vent anni quando suo zio, il 20 aprile 1993, è morto. Ha ancora impresse nella memoria le ultime parole che gli disse prima di morire: «Conduci una vita onesta e aiuta sempre i poveri, perché ciò ti riempirà il cuore di gioia». Stefano ha cercato di vivere questa raccomandazione: ci racconta che lo zio lo consolava quando era triste e lo invitava a giocare a calcio, dato che era l unico nipote maschio. Si sentiva una sorta di privilegiato per questo. Ancora oggi, quando visita la sua tomba, piange un grande maestro che non rimproverava né dava imposizioni, nemmeno nell ambito della fede, perché credeva nella libertà dell uomo. Il padre di Stefano è stato quello a cui don Tonino, ormai ammalato gravemente di cancro, chiese di collocare nella sua camera, all episcopio di Molfetta, sette quadri con l immagine della Madonna. Diceva, negli ultimi tempi consumato dal cancro, che in qualunque punto dal letto fissasse lo sguardo, voleva vedere la Vergine Maria, in modo che la morte non lo cogliesse lontano da lei. trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti. È un invito forte rivolto a ciascuno di noi e a noi come Chiesa. Davvero ci aiuterà a spandere oggi la fragrante gioia del Va n g e l o. Adesso, tutti insieme, preghiamo la Madonna e dopo vi darò la benedizione, d a c c o rd o? [Ave Maria e benedizione] 1. «Grazie, Chiesa di Alessano», La terra dei miei sogni. Bagliori di luce dagli scritti ugentini, 2014, Cfr S. GI O VA N N I PAOLO II, «Se cerchi la pace, va incontro ai poveri», Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 1 gennaio La terra dei miei sogni, «Il pentalogo della speranza», Scritti vari, interviste aggiunte, 2007, «La speranza a caro prezzo», Scritti di pace, 1997, Cfr «La profezia oltre la mafia», ivi, «Torchio e spirito. Omelia per la Messa crismale 1993», Omelie e scritti quaresimali, 2015, «Sacerdoti per il mondo», C i re - nei della gioia, 2004, «Dai poveri verso tutti», ivi, 122 ss. 10. «Configurati a Cristo capo e sacerdote», ivi, Ivi, Cfr «Contempl-attivi nella ferialità quotidiana», Non c è fedeltà senza rischio, 2000, 124; «Soffrire le cose di Dio e soffrire le cose dell uomo», Cirenei della gioia, A salutare il Papa, oltre ai familiari di don Tonino, c era anche il parroco del Santissimo Salvatore, la parrocchia di Alessano, don Luigi Ciardo. Il sacerdote, che ha avuto don Tonino come educatore, vicerettore e docente quando era in seminario e al quale è sempre stato vicino fino agli ultimi istanti, ci confida una raccomandazione che gli faceva sempre: non bisogna mettere mai i poveri a disagio ma, al contrario, cercare di prestare loro la massima attenzione e delicatezza. Diceva che il segno evidente che il povero non è a suo agio è quando si strofina il cappello. Ecco, quello è il momento in cui non si deve mai arrivare. Il parroco ricorda anche che nel presbiterio della parrocchia ci sono due angeli con un ala sola che simbolicamente possono volare solo abbracciati. Don Bello rimase colpito da questa immagine e vi dedicò una preghiera che si concludeva con l invocazione a Dio, perché gli concedesse un ala di riserva. Sul piazzale antistante il cimitero, dopo aver ricevuto il benvenuto dal vescovo Angiuli, il Pontefice ha pronunciato il primo discorso di questa visita in terra pugliese. Francesco accompagnato dagli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, da monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa pontificia, e dagli aiutanti di camera Sandro Mariotti e Pier Giorgio Zanetti ha poi salutato una rappresentanza di presenti, tra sventolii di bandierine, e applausi: i bambini, soprattutto, ma anche don Luigi Ciotti, fondatore dell Associazione Libera, Giancarlo Piccinni, presidente della fondazione don Tonino Bello, una famiglia proveniente dalla Siria padre, madre e tre figli e due giovani immigrati, dei quali un cattolico e un musulmano. Il presidente della fondazione ha donato al Pontefice una ferula in legno di olivo, creata da Fernando Campanile, lo stesso che eseguì il pastorale di don Tonino. Il sindaco, a nome del comune, ha regalato un bassorilievo in argento riproducente i due angeli con un ala sola abbracciati. Verso le 10.15, con circa tre quarti d ora di ritardo sul programma, il Papa è decollato in elicottero alla volta di Molfetta. (nicola gori)

8 pagina 8 L OSSERVATORE ROMANO sabato 21 aprile 2018 Da Alessano il Pontefice ha raggiunto in elicottero Molfetta, dove ha celebrato la messa nel porto cittadino. Di seguito il testo della sua omelia. Le Letture che abbiamo ascoltato presentano due elementi centrali per la vita cristiana: il Pane e la Pa ro l a. Il Pane. Il pane è il cibo essenziale per vivere e Gesù nel Vangelo si offre a noi come Pane di vita, come a dirci: di me non potete fare a meno. E usa espressioni forti: mangiate la mia carne e bevete il mio sangue (cfr. Gv 6, 53). Che cosa significa? Che per la nostra vita è essenziale entrare in una relazione vitale, personale con Lui. Carne e sangue. L Eucaristia è questo: non un bel rito, ma la comunione più intima, più concreta, più sorprendente che si possa immaginare con Dio: una comunione d amore tanto reale che prende la forma del mangiare. La vita cristiana riparte ogni volta da qui, da questa mensa, dove Dio ci sazia d amore. Senza di Lui, Pane di vita, ogni sforzo nella Chiesa è vano, come ricordava don Tonino Bello: «Non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca l amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l Eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose» 1. Gesù nel Vangelo aggiunge: «Colui che mangia me vivrà per me» (v. 57). Come a dire: chi si Durante la messa a Molfetta il Papa esorta i cristiani a essere portatori di sp eranza Non per se stessi ma per gli altri nutre dell Eucaristia assimila la stessa mentalità del Signore. Egli è Pane spezzato per noi e chi lo riceve diventa a sua volta pane spezzato, che non lievita d o rg o g l i o, ma si dona agli altri: smette di vivere per sé, per il proprio successo, per avere qualcosa o per diventare qualcuno, ma vive per Gesù e come Gesù, cioè per gli altri. V i v e re per è il contrassegno di chi mangia questo Pane, il marchio di fabbrica del cristiano. Vivere per. Si potrebbe esporre come avviso fuori da ogni chiesa: Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri. Sarebbe bello che in questa diocesi di don Tonino Bello ci fosse questo avviso, alla porta delle chiese, perché sia letto da tutti: Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri. Don Tonino ha vissuto così: tra voi è stato un Vescovo-servo, un Pastore fattosi popolo, che davanti al Tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente. Sognava una Chiesa affamata di Gesù e intollerante ad ogni mondanità, una Chiesa che «sa scorgere il corpo di Cristo nei tabernacoli scomodi della miseria, della sofferenza, della solitudine» 2. Perché, diceva, «l Eucaristia non sopporta la sedentarietà» e senza alzarsi da tavola resta «un sacramento incompiuto» 3. Possiamo chiederci: in me, questo Sacramento si realizza? Più concretamente: mi piace solo essere servito a tavola dal Signore o mi alzo per servire come il Signore? Dono nella vita quello che ricevo a Messa? E come Chiesa potremmo domandarci: dopo tante Comunioni, siamo diventati gente di comunione? Il Pane di vita, il Pane spezzato è infatti anche Pane di pace. Don Tonino sosteneva che «la pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. [...] La pace è qualche cosa di più: è convivialità». È «mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi, mettersi a tavola tra persone diverse», dove «l altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare» 4. Perché i conflitti e tutte le guerre «trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti» 5. E noi, che condividiamo questo Pane di unità e di pace, siamo chiamati ad amare ogni volto, a ricucire ogni strappo; ad essere, sempre e dovunque, costruttori di pace. Insieme col Pane, la Parola. Il Vangelo riporta aspre discussioni attorno alle parole di Gesù: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» (v. 52). C è un aria di disfattismo in queste parole. Tante nostre parole assomigliano a queste: come può il Vangelo risolvere i problemi del mondo? A che serve fare del bene in mezzo a tanto male? E così cadiamo nell e r ro re di quella gente, paralizzata dal discutere sulle parole di Gesù, anziché pronta ad accogliere il cambiamento di vita chiesto da Lui. Non capivano che la Parola di Gesù è per camminare nella vita, non per sedersi a parlare di ciò che va o non va. Don Tonino, proprio nel tempo di Pasqua, augurava di accogliere questa novità di vita, passando finalmente dalle parole ai fatti. Perciò esortava accoratamente chi non aveva il coraggio di cambiare: «gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro. I calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi» 6. A Gesù non si risponde secondo i calcoli e le convenienze del momento; gli si risponde col sì di tutta la vita. Egli non cerca le nostre riflessioni, ma la nostra conversione. Punta al c u o re. È la stessa Parola di Dio a suggerirlo. Nella prima Lettura, Gesù risorto si rivolge a Saulo e non gli propone sottili ragionamenti, ma gli chiede di mettere in gioco la vita. Gli dice: «Alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare» (At 9, 6). Anzitutto: «Alzati». La prima cosa da evitare è rimanere a terra, subire la vita, restare attanagliati dalla paura. Quante volte don Tonino ripeteva: In piedi!, perché «davanti al Risorto non è lecito stare se non in piedi» 7. Rialzarsi sempre, guardare in alto, perché l apostolo di Gesù non può vivacchiare di piccole so ddisfazioni. Il Signore poi dice a Saulo: «Entra in città». Anche a ciascuno di noi dice: Va, non rimanere chiuso nei tuoi spazi rassicuranti, rischia!. Rischia!. La vita cristiana va investita per Gesù e spesa per gli altri. Dopo aver incontrato il Risorto non si può attendere, non si può rimandare; bisogna andare, uscire, nonostante tutti i problemi e le incertezze. Vediamo ad esempio Saulo che, dopo aver parlato con Gesù, sebbene cieco, si alza e va in città. Vediamo Anania che, sebbene pauroso e titubante, dice: «Eccomi, Signore!» (v. 10) e subito va da Saulo. Siamo chiamati tutti, in qualsiasi situazione ci troviamo, a essere portatori di speranza pasquale, cirenei della gioia, come diceva don Tonino; servitori del mondo, ma da risorti, non da impiegati. Senza mai contristarci, senza mai rassegnarci. È bello essere corrieri di speranza, distributori semplici e gioiosi dell alleluia pasquale. Infine Gesù dice a Saulo: «Ti sarà detto ciò che devi fare». Saulo, uomo deciso e affermato, tace e va, docile alla Parola di Gesù. Accetta di obbedire, diventa paziente, capisce che la sua vita non dipende più da lui. Impara l umiltà. Perché umile non vuol dire timido o dimesso, ma docile a Dio e vuoto di sé. Allora anche le umiliazioni, come quella provata da Saulo per terra sulla via di Damasco, diventano provvidenziali, perché spogliano della presunzione e permettono a Dio di rialzarci. E la Parola di Dio fa così: libera, rialza, fa andare avanti, umili e coraggiosi al tempo stesso. Non fa di noi dei protagonisti affermati e campioni della propria bravura, no, ma dei testimoni genuini di Gesù, morto e risorto, nel mondo. Pane e Parola. Cari fratelli e sorelle, ad ogni Messa ci nutriamo del Pane di vita e della Parola che salva: viviamo ciò che celebriamo! Così, come don Tonino, saremo sorgenti di speranza, di gioia e di pace. 1. «Configurati a Cristo capo e sacerdote», Cirenei della gioia, 2004, «Sono credibili le nostre Eucaristie?», Articoli, corrispondenze, lettere, 2003, «Servi nella Chiesa per il mondo», ivi, «La non violenza in una società violenta», Scritti di pace, 1997, «La pace come ricerca del volto», Omelie e scritti quaresimali, 1994, «Lievito vecchio e pasta nuova», Vegliare nella notte, 1995, Ultimo saluto al termine della Messa Crismale, 8 aprile dal nostro inviato NICOLA GORI Quante volte ha abbracciato la sua gente, i lavoratori, i pescatori con il volto solcato dalla fatica e dalle intemperie del mare. Quante volte ha attraversato in fretta questi vicoli per andare a trovare un malato o portare conforto ai bisognosi in questo specchio di città che si riflette sull azzurro dell Adriatico. Tante volte don Tonino Bello ha percorso queste banchine del porto di Molfetta. L ultima venticinque anni fa, quando si svolse il suo funerale, al quale partecipò una fiumana di popolo che già lo considerava un uomo di Dio. Sono le stesse banchine che, venerdì mattina, 20 aprile, Papa Francesco ha attraversato in auto tra ali di folla festante. Il Pontefice ha voluto recarsi nella città in occasione dell anniversario della nascita al cielo del vescovo, il cui ricordo è sempre vivo nel cuore dei fedeli. Il giubilo della gente era doppiamente grande, perché è stata la prima volta che un Papa visitava la diocesi nella sua storia bimillenaria. Per la seconda tappa del viaggio pugliese, il Pontefice è giunto da Alessano in elicottero. Il velivolo è atterrato sul piazzale di Cala Sant Andrea accanto al duomo, per il primo incontro con quel gregge che per undici anni, dal 1982 al 1993, è stato affidato alle cure pastorali di don Bello. Quella Chiesa che voleva estranea al potere e interamente dedita al servizio degli ultimi si è raccolta per salutare con affetto Francesco. Lo hanno accolto il vescovo di Molfetta- Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Domenico Cornacchia, e Tommaso Minervini, sindaco della città. E quando in automobile si è diretto verso il porto, ha potuto vedere balconi e finestre che esponevano palloncini e fiori bianchi e gialli e striscioni di benvenuto a «Francesco, con don Tonino nel cuore». «Le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono» diceva il vescovo Bello e alcune realtà sono veramente cambiate a Molfetta e non solo. Il Papa ha trovato una società consapevole del ruolo della cultura, del bisogno di dialogo e di accoglienza, della necessità del rifiuto della guerra e del rispetto del creato. Come il seme gettato nel campo a maturare, così le opere e il pensiero di don Tonino hanno lasciato una traccia indelebile nei cuori di quanti sono stati da lui beneficiati o sono rimasti colpiti dal suo magistero. Molti gli sono debitori: gente povera che ha ottenuto un pasto caldo o un vestito nuovo, disoccupati che hanno trovato solidarietà e appoggio, obiettori di coscienza che sono stati in- Con il pastorale e la croce di legno coraggiati e sostenuti, anziani e abbandonati che hanno trovato un amico fedele. Ma anche gente disperata che ha incontrato la speranza. Tutte queste realtà sono state presenti alla celebrazione eucaristica presieduta dal Papa sul palco allestito sulla banchina seminario del porto, nello spazio adiacente la cattedrale. Il Pontefice ha usato lo stesso pastorale di don Bello. Sulla sommità vi sono scolpiti un ramoscello d ulivo e lo stemma episcopale con la croce alata e il versetto del salmo 34 scelto come motto: «Ascoltino gli umili e si rallegrino». Del resto, i segni esteriori erano importanti per don Bello, come la scelta di usare una croce pettorale di legno. Anche per la celebrazione papale si è optato per la semplicità. Come sede per il Pontefice è stata scelta la cattedra in legno che si trova nella concattedrale di Ruvo. Il palco era di forma circolare e aveva sullo sfondo una grande croce in acciaio che la croce pettorale di don Tonino. L altare e l amb one sono stati approntati da due giovani di Molfetta: Pasquale Magarelli e Antonio Giovine. L altare, a forma di trapezio capovolto, riporta sulla parte frontale il calco in gesso del bassorilievo del Cristo in t ro n o dell undicesimo secolo, l attuale altare dell antico duomo di Molfetta. Accanto all ambone, il cero pasquale, e sull altro lato, la statua lignea della Madonna dei martiri, opera di Francesco Verzella. Questa icona bizantina, che la tradizione vuole sia stata portata dai crociati nel 1188, è molto cara agli abitanti di Molfetta, perché compatrona della città e della diocesi. Al termine della celebrazione eucaristica, dopo il Regina caeli, il Papa, accompagnato dal vescovo, ha collocato tra le mani della Madonna una rosa d oro, realizzata dai frati minori che officiano il santuario mariano fondendo alcuni ex voto. Tanti fiori hanno abbellito il palco: anemoni, viburni, ranuncoli e gerbere di vari colori. Queste erano abbinate insieme in modo da formare sei codici a barre sotto cui erano apposte altrettante date significative della vita di don Tonino: la nascita, la morte, l o rd i n a - zione sacerdotale, quella episcopale, l apertura della causa di beatificazione e la visita papale. C era anche un albero di olivo con una particolarità naturale: alla base si e formato un sorta di ponte con le radici che rimanda all invito di don Bello a costruire p onti di pace e non armi da guerra. Significativa la partecipazione di una trentina di presuli tra i quali l arcivescovo Cacucci, i vescovi Cornacchia, Angiuli e Di Molfetta, originario della città e del clero diocesano, oltre agli alunni del Pontificio seminario regionale e ai rappresentanti delle istituzioni. Ha partecipato anche il cardinale De Giorgi, nativo della provincia di Lecce. Il servizio liturgico è stato prestato dai seminaristi della diocesi e da due rappresentanti di quella di Ugento - Santa Maria di Leuca. Al momento dell offertorio i doni sono stati presentati, oltre che dai rappresentanti dei giovani e delle religiose, anche da alcune famiglie, due delle quali segnate dall esperienza del lutto e della malattia. Hanno accompagnato la liturgia i canti eseguiti dalla schola formata da novantadue cantori del coro diocesano, della corale dei giovani e delle parrocchie. Erano diretti da Lucia de Bari, come l orchestra, composta da ventidue professori provenienti dalle quattro città della diocesi. Durante la processione finale, è stato rivissuto un momento dei funerali di don Tonino: quel giorno due ragazzi, Elvira Zaccagnino e Felice Spaccavento, cantarono la sua preghiera L ala di riserva: e oggi da adulti sono tornati a eseguirla sulle note della musica composta dallo stesso Spaccavento. Al termine della concelebrazione, sono state offerte al Pontefice due opere di artisti pugliesi, selezionate attraverso un concorso: Chiesa del grembiule di Giovanni Morgese e L i m p ro n t a di Angelo Mazzone. Riconoscimento fuori concorso per gli alunni di una classe della scuola Giulio Cozzoli dell Istituto commerciale Manzoni-Poli di Molfetta per l elaborato intitolato «Educare allo stupore». Tra le altre iniziative artistiche legate alla visita di Papa Francesco, anche la mostra d arte contemporanea «Tessere di pace», inaugurata presso la Sala dei templari. Per l occasione sono state inoltre collocate lungo la città venticinque pietre d'inciampo, dove, con una semplice scansione con lo smartphone sul codice QR, è possibile apprendere cosa è avvenuto in quel luogo negli anni di don Tonino. Al termine della celebrazione della messa, dopo i saluti a una rappresentanza della diocesi, amministratori locali e autorità, tra cui il presidente della regione, il Pontefice ha compiuto il giro per le strade nei dintorni del porto con la papamobile, acclamato da oltre quarantamila persone. Poi, alle 13.40, è partito in elicottero per rientrare in Vaticano. Sul passo degli ultimi Il popolo di Molfetta si è presentato a Papa Francesco con le sue speranze e le sue preoccupazioni: a dar voce a questa storia cristiana, profondamente radicata nella terra di Puglia, è stato monsignor Domenico Cornacchia, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovanizzo- Terlizzi, al termine della messa. Questa comunità, ha detto al Pontefice, è stata «guidata, per poco più di un decennio, da don Tonino Bello, il vescovo che profumava di popolo, che in piena sintonia con lei ha coltivato il sogno di una Chiesa povera e per i poveri». In realtà, ha affermato monsignor Cornacchia, «don Tonino non ci mai lasciati: per tutti il santo della porta accanto, è più vivo che mai nel cuore della nostra gente: in ogni casa, nelle parrocchie, negli ospedali, nei bar e nei luoghi di lavoro e perfino nelle strade delle città». E «come se il tempo non fosse passato ha fatto presente continuiamo a sentire la forza delle sue parole, l empito dei suoi messaggi, la profezia della sua testimonianza e percepiamo l intercessione dal cielo per questa Chiesa per cui ha voluto offrire la propria vita». Questa terra, ha detto il vescovo, «vanta da circa un secolo la presenza del Pontificio seminario regionale e ancora oggi, nonostante la crisi vocazionale, sono davvero numerosi i sacerdoti che possono esibire con fierezza quel made in Molfetta sulle sorgenti della loro vocazione». Ma questa, ha aggiunto, «è anche la terra delle sofferenze di marittimi e pescatori», di tanti lavoratori «e di quanti il lavoro lo hanno perso o non ancora ritrovato». Il vescovo ha voluto ricordare poi gli emigranti e quanti approdano sull coste pugliesi «in fuga da condizioni disumane», cercando un futuro migliore. E, ancora, ha dato voce a tutti coloro che «hanno bisogno della fede e del pane», alle attese dei giovani, degli anziani e dei malato, assicurando al Papa di voler vivere, sulle orme di don Tonino, «la sequela di Cristo sul passo degli ultimi».

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