6) Art. 36 ord.st.civ. Caso di specie

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1 NOMI 1) Cognome del figlio italiano di padre italiano o straniero Si richiama, intanto, la circolare del Ministero dell interno (MIACEL) n.9/2001, dell 11 luglio 2001, paragrafo nomi e cognomi : E stato posto un quesito concernente la procedura da seguire nel caso di ricezione dall estero, ai fini della trascrizione, di un atto di nascita relativo a cittadino italiano cui é stato attribuito il cognome in base alla legislazione vigente nel Paese in cui é avvenuta la nascita. "Al riguardo si ritiene che l ufficiale dello stato civile debba provvedere a trascrivere l atto così come pervenuto e, successivamente, nei casi tassativamente previsti dall art.98, comma 2, del regolamento, debba procedere direttamente alla correzione dello stesso, annotando su di esso il cognome che compete all interessato secondo la legge italiana. In casi diversi da quelli previsti dall art.98, comma 2, del regolamento si deve seguire la procedura di rettificazione. Riguardo al cognome che spetta a ciascuna persona, l'art.24 della legge 31 maggio 1995, n.218 (legge sul diritto internazionale privato), dispone che alla materia dei diritti della persona (fra i quali si deve indubbiamente comprendere il diritto al nome) si applica la normativa del Paese di cui detta persona é cittadino. Tale principio, riguardo al regime del cognome, vale per i figli di coniugi di diversa cittadinanza, dovendosi anche qui applicare la normativa dello Stato di cui i figli medesimi sono cittadini. Se possiedono più cittadinanze, fra le quali quella italiana, in Italia essi debbono portare il cognome del padre, indipendentemente dalla disciplina vigente negli altri Stati di appartenenza. Nella ipotesi di persona divenuta (anche) cittadino italiano, é da ritenere, secondo principi costantemente affermati e, peraltro, conformi alle norme sul diritto internazionale privato e alla Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980 (legge 19 novembre 1984, n.1950), in vigore dal 1 gennaio 1990, che la persona che acquista o riacquista la cittadinanza italiana debba conformarsi, in Italia, riguardo al regime del nome, alla legge di questo Stato, anche se possegga altresì la cittadinanza di altri Paesi. La Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980, relativa alla legge applicabile ai cognomi e ai prenomi, ha accolto principi generali già vigenti nell'ordinamento italiano. In particolare, le norme sul diritto internazionale privato stabiliscono che lo stato e la capacità delle persone sono regolati dalla legge dello Stato di appartenenza. Pertanto, al cittadino italiano, già da prima della entrata in vigore della Convenzione di Monaco, si applicava lo statuto del nome vigente nell'ordinamento italiano. Il figlio italiano di padre straniero porta il cognome del padre, comunque questo, secondo la legislazione del suo Paese, sia formato e indipendentemente dal fatto che la cittadinanza italiana sia derivata al figlio dalla madre. Va ritenuto che, ove si tratti di persona con pluralità di cittadinanze, il regime del nome segue, ove non vi siano con l Italia Convenzioni internazionali bilaterali o plurilaterali di diverso contenuto, le regole stabilite al riguardo da ciascuno dei Paesi di cui detta persona é cittadina: nel caso in cui questa sia anche cittadina italiana, per il nostro ordinamento essa porta soltanto il cognome del padre legittimo, mentre per l'ordinamento straniero le disposizioni possono essere difformi. Gli inconvenienti determinati da questo regime certamente sussistono, ma allo stato della legislazione non appaiono eliminabili; di più, le procedure di rettificazione e di correzione, previste dall ordinamento sono volte a stabilire, fra l altro, che una persona, pluricittadina, anche italiana, chiamata in un atto straniero trascritto nei registri dello stato civile italiano con un certo cognome, secondo il nostro ordinamento deve essere chiamata con un cognome diverso. In sintesi: un atto di nascita formato all estero dall autorità locale, relativo ad un bambino cittadino italiano, cui é stato attribuito, secondo la legge di quel Paese, un cognome diverso da quello che gli spetterebbe secondo la legge italiana, deve essere trascritto, per riassunto, senza mutare alcunché del suo contenuto. Nelle ipotesi tassativamente previste dall art. 98, comma 2, del regolamento, l ufficiale dello stato civile, dopo la trascrizione, provvederà alla correzione dell atto, nei modi indicati dall art. 98, comma 1. In altre ipotesi, diverse da quelle di cui all art. 98, comma 2, darà notizia della trascrizione alla competente procura della Repubblica perché dia inizio, ove lo ritenga, alla procedura di rettificazione. Quindi, se il padre del nato porta un cognome formato da due o più elementi, secondo la legge italiana tutti questi gli debbono essere attribuiti, perché il figlio legittimo porta il cognome del padre, comunque questo sia formato. Non pare che sia applicabile la norma dell art. 95, comma 3, del regolamento, salvo che l interessato sia persona adulta, che ha portato un certo cognome per lungo tempo e questo costituisce ormai autonomo segno distintivo della sua identità personale. Se il nato ha più cittadinanze, egli avrà più passaporti, su ciascuno dei quali egli porterà il cognome di spettanza secondo i relativi Stati di appartenenza. L unico rimedio utile per superare gli inconvenienti lamentati, é quello del cambiamento del cognome, richiesto a norma degli artt. 84 e sgg. del Regolamento. 2) In tema di attribuzione o di correzione del cognome. Lascia perplessi l'affermazione che nel decreto (ministeriale, o anche presidenziale?) di concessione della cittadinanza allo straniero sia indicato il cognome che gli spetta secondo l'ordinamento italiano, di talché l'ufficiale dello

2 stato civile, trascrivendo il decreto medesimo, saprà già, fuor d'ogni dubbio, quale cognome dovrà annotare nell'atto di nascita del neo cittadino. Non esiste alcuna norma che stabilisca, nella materia dello stato civile, una competenza diversa da quella dell'ufficiale nell'attribuzione del cognome spettante al cittadino, secondo la legge italiana, e, addirittura, quella del Ministro dell'interno o del Presidente della Repubblica. Se mai, nella ipotesi di contestazione, sarà il giudice ordinario a provvedere con sentenza, o, nel caso di errore, quello ordinario in sede di rettificazione. Riguardo al problema circa i figli minori conviventi di chi ha mutato cognome in conseguenza dell'acquisto o del riacquisto della cittadinanza italiana, i quali, a loro volta, ai sensi dell'art. 14 della legge 5 febbraio 1992, n.91, divengono cittadini, si ritiene che il principio generale relativo, in questi casi, al mutamento del cognome, sia reperibile nell'art. 33, comma 2, e nell'art. 49, lett."p", ord.st.civ. Non si vede altra via che quella di cui all'art. 98, comma 2, per pervenire alla "correzione" del cognome dei figli minori da parte dell'ufficiale dello stato civile. Se l'atto di nascita, formato all'estero, non é stato ancora trascritto, occorrerà attendere che lo sia. Non pare che vi sia modo di sovvenire all'inconveniente che fra il mutamento del cognome e la sua documentazione trascorra un lasso di tempo più o meno lungo. La soluzione da alcuni proposta non pare soddisfacente: infatti, non é che l'acquisto o il riacquisto della cittadinanza italiana avvenga in conseguenza di un accertamento o di una attestazione emessi dal sindaco o dall'autorità diplomatica o consolare, che, appunto, sono soltanto atti ricognitivi (accertativi o attestativi) di un acquisto o riacquisto già avvenuti in forza di dichiarazioni o di eventi cui la legge riconnette gli effetti acquisitivi di cui s'é detto; in tali atti, comunque, non potrà mai trovare posto un provvedimento relativo al cognome da attribuire al neo cittadino, non essendo né il sindaco, né l'autorità diplomatica o consolare titolari di una competenza al riguardo. Mentre é chiaro che l'acquisto della cittadinanza determina de jure e, direi, contestualmente ed automaticamente, il mutamento del cognome, la loro annotazione sull'atto di nascita, e cioé la documentazione dell'acquisto e del mutamento, avverrà in momento successivo, dopo l'accertamento o l'attestazione e, comunque, dopo la trascrizione dell'atto di nascita. Sarebbe un fuor d'opera, a questo punto, richiamare il disposto degli artt.84 sgg. ord.st.civ., che attribuiscono al Ministro o al Prefetto la competenza a concedere il cambiamento del cognome o del prenome di un soggetto: si tratta qui dell'esercizio di una potestà amministrativa discrezionale (non certo arbitraria), che nulla ha a che vedere con l'attribuzione, secondo diritto, di un certo cognome a chi ne ha la titolarità. 3) Cognome del neocittadino italiano Il cittadino italiano deve portare il cognome spettante secondo l'ordinamento di questo Stato. In tutti i casi in cui l'acquisto o il riacquisto della cittadinanza sia stato accertato od attestato dal sindaco o dall'autorità diplomatica o consolare, l'ufficiale dello stato civile, una volta trascritta la relativa comunicazione, dovrà provvedere ai sensi dell'art.98, comma 2, ord.st.civ., per la eventuale correzione dell'atto di nascita, anch'esso trascritto. L'attribuzione del cognome corretto ha effetto a far tempo dall'acquisto o dal riacquisto della cittadinanza italiana. 4) Cognome del nato. Mutamento di cittadinanza. Caso di specie. In via generale, i figli legittimi (nati, cioè, da genitori uniti in matrimonio), che siano cittadini italiani per derivazione paterna o materna, devono portare il cognome del padre. Ciò, come é stato detto tante volte, é stabilito in una norma non scritta, desumibile dal costume del nostro Paese e radicata in modo così profondo nella coscienza sociale, da non aver bisogno di una formulazione codicistica. Questo (e la considerazione che se pure vi fosse una norma scritta che non richiedesse uno speciale procedimento) portano a far sì che non occorre il provvedimento di alcuna autorità o pubblico ufficiale perché il cittadino italiano, o dalla nascita o dal momento dell acquisto della cittadinanza, porti il cognome paterno. Di seguito, come nel caso di specie, una volta attestato dal sindaco l acquisto della cittadinanza italiana per derivazione materna, in calce all atto di nascita del minore, trascritto come di dovere, dall ufficiale dello stato civile al quale il sindaco abbia comunicato l attestazione di cittadinanza italiana (a sua volta trascritta nei registri di cittadinanza), dovrà essere annotato il fatto dell acquisto della cittadinanza e, congiuntamente, il fatto del mutamento del cognome da quello originario a quello paterno. Non si deve fare ricorso né ad una procedura di mutamento del cognome, né ad una di rettificazione, né, tanto meno, ad una di correzione dell atto: in verità, si ripete, non occorre alcuno specifico provvedimento, in quanto il mutamento discende ex lege dalla norma non scritta di cui s é detto e dal fatto stesso dell acquisto della cittadinanza italiana (attestato dal provvedimento del sindaco), di per sé produttivo dell effetto obiettivo del mutamento del cognome. 5) Art. 36 ord.st.civ. Va ricordato che l'"uso fattone", di cui parla l'art.36, deve risultare documentalmente, come dice la circolare del Ministero dell'interno del 26 marzo 2001 in fine al paragrafo "nomi e cognomi". Una semplice dichiarazione (seppure sostitutiva di un atto di notorietà) non può essere sufficiente: nella ipotesi in cui si chiede il mutamento di cognome per l'uso fattone in modo continuativo ed ininterrotto, una documentazione al riguardo il più delle volte consiste nell'alligazione di corrispondenza indirizzata a persona portante il cognome invocato, o di documenti pubblici, come pagelle scolastiche o atti amministrativi, a lei intestati. 6) Art. 36 ord.st.civ. Caso di specie

3 Il riferimento all art.36 ord.st.civ. mi fa pensare che il figlio sia nato prima della data di entrata in vigore dell ordinamento medesimo; a lui, furono attribuiti i prenomi di Gianluca, Enrico, Maria, o, indifferentemente, Gianluca Enrico Maria, anticipando il criterio di massima poi utilizzato dall art.35 (attribuzione di non più di tre elementi onomastici). Non mi riesce d intendere, a questo punto, quali difficoltà si frappongano a che il figlio mantenga i tre prenomi e che questi siano tutti compresi nel rilascio di estratti e certificati e nella compilazione del codice fiscale. Se, invece, l intendimento fosse quello di modificare, per validi motivi, l insieme di prenomi attribuiti al momento della nascita, sopprimendo quelli di Enrico e Maria o quello di Enrico o Maria, altra via non vi sarebbe che quella di ricorrere alla procedura di cui agli artt.89 e segg. Non si potrebbe, a mio avviso, utilizzare il rimedio dell art.36, perché questo, nonostante il silenzio della legge, ma per ragioni di manifesta logica giuridica, sarebbe applicabile solo nel caso in cui al nato fossero stati attribuiti a suo tempo elementi onomastici in numero superiore a tre. Questo si dice per mantenere un minimo di coerenza sistematica fra le due norme degli artt.35 e 36. Vedi, in proposito, la Circolare del Ministero dell interno: MIACEL, 26 marzo 2001, n.2/ ) Ripristino di cognomi. Riguardo all'applicazione dell'art. 3 della legge 28 marzo1991 n. 114 e dell'art. 11 della legge 11 dicembre 1999 n. 482, il dettato della due norme é assolutamente inequivoco: nessuna estensione automatica é possibile se si tratti di persone maggiorenni e se manchi il loro esplicito consenso. Più restrittiva, perché legata ad un'ipotesi diversa, ma ispirata allo stesso principio di carattere generale, é la norma di cui al terzo comma dell'art.95 o.s.c. 8) Cognome del figlio naturale riconosciuto. Al bambino, trattandosi di cittadino italiano, deve essere applicata la normativa di cui all art.262 cod.civ. L ufficiale dello stato civile che ha ricevuto l atto di nascita formato all'estero e lo ha trascritto, deve darne informazione al procuratore della Repubblica del competente tribunale per i minorenni, perché, ove lo ritenga opportuno, dia inizio alla procedura di cui al terzo comma di detta norma, in contraddittorio con i genitori del bambino. La sua competenza deriva dal fatto che trattasi di norme di diritto pubblico. Si badi bene che al caso non sarebbe applicabile la procedura della correzione dell'atto, perché si sarebbe fuori delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 98 ord.st.civ., in particolare di quelle contenute nel primo comma dell'art.262 cod.civ. 9) Art. 262 cod.civ. Cognome assunto dal figlio riconosciuto. Il decreto del tribunale per i minorenni ex art. 262, u.co., cod.civ., con il quale si decide sull assunzione del cognome del padre, da parte del minore riconosciuto, aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, é effettivamente un provvedimento di mutamento del cognome: come tale, anche se si é fuori dalla procedura ex artt. 84 sgg. ord.st.civ, esso deve essere, oltreché annotato, trascritto. 10) Filiazione naturale; cognome del figlio riconosciuto. Il problema si pone soltanto nel caso in cui il primo genitore naturale a riconoscere il figlio fu la madre: egli continuerà a portare il cognome di costei sino a che sia stato dichiarato o riconosciuto anche figlio del padre naturale; se il figlio sia minore di età il tribunale per i minorenni deciderà se egli debba continuare a portare il solo cognome materno o se debba aggiungere o anteporre a questo quello del padre o sostituire l uno con l altro. Poiché il bambino porta già il cognome della madre, la sola persona interessata a proporre il ricorso per il cambiamento é il padre, in contraddittorio con la madre e con la partecipazione al giudizio, come pare, di un curatore speciale del minore. E anche ammissibile che il ricorso sia presentato congiuntamente dal padre e dalla madre, d accordo fra loro. Non sarebbe invece sufficiente, per la precisa dizione dell art. 262 cod.civ., una dichiarazione congiunta dei genitori resa all ufficiale dello stato civile nel senso di determinare il cognome del minore. L ufficiale dello stato civile non é sicuramente legittimato ad inviare istanze in proposito; neanche é tenuto ad informare il pubblico ministero, che non avrebbe, neppure lui, per le ragioni già dette, veste per proporre richieste di mutamento. 11) Cognome del nato riconosciuto quand'era ancora nascituro. Il secondo comma dell'art.1 cod.civ. parla dei diritti che la legge riconosce a favore del concepito: fra questi non vi é il diritto al cognome, che, come noto, viene riconosciuto al nato al momento della dichiarazione di nascita, tenuto conto dello status di lui, in relazione alla cittadinanza ed alla filiazione. Se, dunque, in tale momento il nato risulta essere cittadino italiano figlio naturale di genitori che lo hanno entrambi riconosciuto prima della nascita, ne deriva che, a norma dell'art.262, primo comma, cod.civ., egli deve portare il cognome del padre, come se fosse stato riconosciuto contestualmente, in quel momento, dai genitori. 12) False generalità. Sequenza logica per una sanatoria.

4 1) attestazione del sindaco del comune di nascita della cittadinanza italiana dell'emigrato, ora deceduto: l'attestazione può riferirsi anche a persone defunte quando a richiederla sia chi, fra i discendenti, abbia interesse a far valere la propria cittadinanza italiana derivata jure sanguinis dall'avo; 2) riconoscimento in Italia della sentenza straniera con la quale si é accertato e dichiarato che la persona indicata al n.1) ha mutato (illegittimamente) le proprie generalità, figurando con altre appartenenti a persona (allora) pure esistente e vivente; 3) trascrizione di detta pronuncia nei registri del comune di nascita dell'emigrato; 4) rettificazione degli atti di stato civile di costui con la indicazione dei dati originari veritieri; 5) rettificazione degli atti dello stato civile del discendente con i dati che gli spettano; 6) sostituzione di tali dati con quelli a suo tempo acquisiti, sulla base del principio sancito dall'ultimo comma dell'art.95 ord.st.civ., conformemente al dettato della Corte costituzionale. Al fine di evitare all'interessato il calvario della sequenza suddetta, si può opinare che, nell'ambito della discrezionalità amministrativa del Ministro, attribuitagli dalla legge, si possa, valutate nella motivazione tutte le circostanze esposte sopra, accogliere una istanza dell'interessato, ai sensi degli artt.84 sgg. ord.st.civ., nel senso che gli siano ora riconosciute le generalità effettivamente a lui attribuite e da lui portate 13) Provvedimento giudiziario emesso all'estero per il mutamento di nome o di cognome. Il provvedimento emesso all'estero da un'autorità giudiziaria, relativo al cambiamento di cognome o di nome di un cittadino italiano, potrà essere riconosciuto efficace in Italia, qualora risultino soddisfatte le condizioni dell'art. 66 della legge 31 maggio 1995, n. 218: l'ufficiale di stato civile procederà, pertanto, alla sua trascrizione nei registri dello stato civile. Diversamente, qualora si tratti di un provvedimento avente carattere amministrativo, non potrà essere riconosciuto efficace in Italia e dovrà essere presentata una nuova istanza alla competente autorità (Ministro dell'interno o Prefetto) ai sensi degli artt. 84 e seguenti del D.P.R. 3 novembre 2000, n ) Provvedimenti amministrativi stranieri per il cambiamento del prenome o del cognome. Il provvedimento amministrativo straniero di cambiamento di prenome o di cognome non può essere riconosciuto direttamente in Italia, ma può essere portato a motivazione per la richiesta di cambiamento ai sensi degli artt. 84 sgg. ord.st.civ. Gli artt. 64 sgg. della legge 31 maggio 1995, n.218, infatti, trattano esclusivamente di riconoscimento di sentenze e di provvedimenti giurisdizionali. Peraltro, per i cambiamenti di cognome sono dettate in Italia disposizioni specifiche in merito alle forme di pubblicità e alle modalità di attribuzione del nome e del cognome, difficilmente adottate negli altri Paesi, e che comunque l'ufficiale di stato civile non é in grado di verificare. 15) Nome, soprannome, pseudonimo. Vi sono persone che portano, oltre al prenome ed al cognome, un soprannome, relativo all'uno o all'altro: negli atti dello stato civile per distinguere il soprannome dal prenome o dal cognome, si fa seguire all'uno o all'altro la parola "detto" o "alias" e poi il soprannome. Il soprannome relativo al cognome può essere acquisito dal nato sin dal momento della formazione dell'atto di nascita, senza bisogno di particolari formule, o per derivazione paterna o dell'altro genitore (nei vari casi di filiazione legittima o naturale). Il soprannome relativo al prenome sarà attribuito da colui al quale nella formazione dell'atto di nascita compete questo adempimento. Negli altri atti dello stato civile il soprannome (relativo al prenome od al cognome) sarà indicato seguendo quanto risulta dall'atto di nascita. L'attribuzione può anche avvenire a seguito di sentenza, nei casi previsti dagli artt. 9 e 7 cod.civ. e 95, terzo comma, e 49, lett."q", ord.st.civ. In tutti i casi sopra menzionati la parola "detto" o "alias" viene necessariamente a far parte del nome, non potendosene fare a meno per tenere uniti in un unico contesto il prenome o il cognome ed il suo soprannome. Senza la presenza di quella parola, risulterebbe dall'atto di stato civile che la persona porta due prenomi o due cognomi. Per dismettere la parola "detto" o "alias" non vi é altra via che quella propria dei cambiamenti del prenome o del cognome: artt. 84 sgg., ord.st.civ., o, in alternativa e purché ne sussistano i requisiti, la via di cui all'art. 95. La soppressione della parola condurrebbe inevitabilmente, come s'é detto, a far sì che la persona interessata porti due prenomi o due cognomi. Al Prefetto od al Ministro dell'interno occorre nella richiesta esporre le ragioni per le quali si chiede la modifica, ragioni che potrebbero consistere, fra le altre, nella difficoltà di ottenere dalle Amministrazioni competenti una documentazione corretta (patente, carta d'identità, passaporto, codice fiscale, ecc.), secondo le loro normative. Tali procedure possono essere di lunga durata e costose, ma non si vedono altre vie. E'ovviamente da escludere la possibilità di ricorrere al rimedio di cui all'art. 98. Si può anche utilizzare la procedura di cui agli artt. 84 sgg. quando si intenda inserire nell'atto dello stato civile la parola "detto" o "alias" subito dopo il prenome od il cognome, ad evitare che l'altro prenome o cognome sia inteso come un secondo prenome o cognome e non, come si vuole che sia, un soprannome. L'iniziativa dei cambiamenti é sicuramente rimessa alla parte privata e l'ufficiale dello stato civile non può farsene carico. 16) Matrimonio di cittadino italiano. Nome della moglie.

5 Per quanto riguarda il matrimonio della donna il suo cognome da sposata cambia (diciamo meglio: si modifica) con l'aggiunta di quello del marito, che viene a far parte integrante del suo cognome originario; ciò non a scelta della moglie o del marito, ma obbligatoriamente, secondo una prescrizione normativa (art.143-bis cod.civ.). In caso di separazione personale, provvede l'art.156-bis c.c., e, in caso di divorzio, l'art.5, commi 2, 3 e 4, della legge 1 dicembre 1970, n.898, che, per effetto dell'art.9 della legge 6 marzo 1987, n.74, hanno modificato e sostituito l'originario comma 2. 17) Cognomi di origine iberica o lusitana. Il cittadino italiano figlio di padre spagnolo o portoghese deve, secondo la legge (non scritta) italiana, portare il cognome del padre: possiamo dire che questi porta due cognomi, o un doppio cognome, o un cognome formato da due elementi o da due cognomi: tant'é: il cognome del padre (perché non si può dubitare che, anche se i cognomi sono due o più, essi formano, nel loro insieme, una unità inscindibile) si trasmette al figlio così com'é formato e sarebbe erroneo e contra legem correggerlo ai sensi dell'art.98 ord.st.civ. mutilandolo di una delle sue componenti. 18) Attribuzione del prenome. A proposito del quarto comma dell art.34 ord.st.civ., é da ritenere che la scelta da parte del dichiarante, alla quale l ufficiale dello stato civile é vincolato, possa essere una scelta contra legem quando in contrasto con il disposto dei commi 1 e 2 e, in caso di scelta di un prenome osceno o blasfemo, in contrasto con i principi dell ordine pubblico; scelta, peraltro, destinata a durare per un tempo limitato e, nella più parte dei casi, per un tempo breve, perché le procedure di rettificazione, in mancanza di una istruttoria da espletare, sono di rapida conclusione. Se poi si affermasse che l imposizione di un nome osceno o blasfemo, perché in contrasto con l ordine pubblico, dovrebbe essere rifiutata dall ufficiale dello stato civile, non si saprebbe che prenome attribuire al neonato nell atto di nascita (che, comunque, deve essere formato), non consentendo l attuale art.34, diversamente dal previgente art.72, che sia lo stesso ufficiale a provvedere al riguardo. Così, l infante, in applicazione della norma, sia pure per il tempo strettamente necessario ad instaurare e concludere la procedura di rettificazione, é costretto a portare un prenome non conforme a legge. A proposito del cambiamento del prenome, non é che la scelta del nuovo prenome sia rimessa ad libitum dell interessato: occorre che la domanda sia suffragata da validi motivi di opportunità o di convenienza, così come per quanto concerne il mutamento di cognome. 19) Cambiamento del prenome. Il cambiamento del prenome, ai sensi degli artt. 89 e segg. ord.st.civ., é affidato in qualche misura alla discrezionalità dell'autorità amministrativa (il prefetto). E'vero che l'art.89 non prescrive, a differenza dell'art.84, che l'istante indichi le "ragioni della domanda", ma, poi, l'art.90 stabilisce che il prefetto deve assumere informazioni sulla domanda e può autorizzare la sua pubblicazione solo "se la ritiene meritevole di essere presa in considerazione". La motivazione potrebbe essere integrata con il sostenere che é stato fatto del nuovo prenome un uso costante da molto tempo ed esibire, per esempio, varia corrispondenza indirizzata al nome richiesto 20) Unificazione di procedure. Si possono unificare le due procedure di cambiamento del prenome e del cognome, che sarebbero di competenza rispettivamente, del prefetto e del Ministero dell'interno, presso quest'ultimo, applicando, ovviamente, ad entrambe le stesse norme procedurali. Ciò sia in forza di palesi ragioni di opportunità, sia anche perché ubi major minor cessat. Resta salvo il caso in cui, ai sensi dell'art. 89 ord.st.civ., la competenza per il cambiamento del prenome e del cognome sia già attribuita dalla legge al prefetto, il quale provvederà agli adempimenti prescritti. 21) Inerzia dell'interessato al cambiamento. Si pone il caso di chi, ottenuto il decreto di autorizzazione al cambiamento del cognome o del prenome dal Ministero dell'interno o dal prefetto, non richieda all'ufficiale dello stato civile competente le annotazioni prescritte (art. 94, comma 1, ord.st.civ.), rendendo così inefficace il provvedimento amministrativo (comma 2). La domanda é se il diritto al cambiamento, costituito in capo all'interessato dall'autorizzazione contenuta nel decreto del Ministro o del prefetto, si prescriva decorsi dieci anni dalla emissione del provvedimento o se permanga sino alla morte del titolare. La mia risposta é che tale diritto, attenendo al nome di una persona, e facendo parte così della rosa di quelli che si dicono "diritti della personalità", le appartiene senza poter essere assoggettato a termini di prescrizione o di decadenza. Diversamente, nel caso in cui siano state autorizzate le affissioni di cui agli artt. 86 e 90, non essendovi stata costituzione di alcun diritto in capo alla persona istante, decorso un congruo periodo di tempo senza che le affissioni suddette siano state eseguite e, forse é da dire, senza che sia stata data risposta all'interpello rivolto dall'amministrazione all'interessato, questa, nell'esercizio della sua potestà ordinamentale, potrà chiudere la procedura in corso, archiviandola. Neppure qui, però, io parlerei di prescrizione o di decadenza. 22) Annotazione del provvedimento di cambiamento del nome.

6 Come é noto, gli effetti dei decreti del Ministro dell'interno o del Prefetto, in materia di cambiamento o modificazione di nomi o cognomi, restano sospesi sino a che non sia stata fatta annotazione di essi negli atti di nascita e di matrimonio dell'interessato "e negli atti di nascita di coloro che ne hanno derivato il cognome". Trattasi di condizione sospensiva positiva, il cui verificarsi é rimesso esclusivamente alla discrezionale volontà degli interessati (art.94, primo e secondo comma, ord.st.civ.). Riprendendo il terzo comma dell'art.163 del previgente regolamento, si é inteso così ribadire che, in questa materia, relativa al diritto personalissimo del soggetto al proprio nome (prenome e cognome: art.6 cod.civ.), é riservata a quest'ultimo, in via assoluta, la valutazione circa la opportunità dell'esercizio di quel diritto e di ogni facoltà da esso derivante. Debbo qui aprire una breve parentesi: il primo comma del citato art.163 faceva obbligo di trascrivere e di annotare, su richiesta dell'interessato, i decreti di concessione, restando sospesi (terzo comma) gli effetti di questi fino all'adempimento delle formalità suddette (trascrizione e annotazione). Il nuovo regolamento, invece, mentre ha mantenuto fermo l'obbligo della trascrizione dei decreti (art.28, comma 2, lett."f"), su richiesta di chiunque vi abbia interesse o della pubblica autorità, nella specie il Ministero dell'interno o la Prefettura (art.12, comma 11), subordina il verificarsi degli effetti di quei decreti alla loro sola annotazione, ignorando la trascrizione. Ritengo che la modificazione della disciplina non sia casuale o dovuta ad una disattenzione del legislatore, ma sia voluta e dovuta alla volontà di rendere pubblica comunque, anche su richiesta della pubblica autorità, l'autorizzazione al cambiamento del nome o del cognome. Resta fermo il punto che gli effetti dei decreti restano sospesi sino a quando l'interessato richieda anche la loro annotazione nell'atto di nascita, come più pertinente ai diritti della persona. Al riguardo, la legge non pone alcun termine di decadenza: se, dunque, ottenuto il decreto ministeriale o prefettizio che autorizza (non: "dispone") il cambiamento o la modificazione del nome o del cognome, l'intestatario di esso non si fa parte attiva per richiederne all'ufficiale dello stato civile l'annotazione, la condizione di cui dicevo rimarrà sospesa per un tempo indeterminato, senza alcuna possibilità di scadenza. Non é assolutamente pensabile, a mio avviso, che il Ministro o il Prefetto possa revocare il decreto di autorizzazione a causa dell'inattività della parte; e sarebbe del tutto illegittimo che l'autorità emittente ponesse essa stessa un termine finale alla parte per l'esercizio del diritto di richiedere l'annotazione, traendo dall'inattività di questa la presunzione iuris et de iure di una sua rinuncia al beneficio: entrambe le preclusioni nascono dalla anzidetta espressa volontà della legge di riservare in via esclusiva al soggetto intestatario del decreto la facoltà di farlo annotare e di far scaturire o meno da tale adempimento gli effetti ad esso relativi. La procedura ministeriale o prefettizia si conclude con la emanazione del decreto e la richiesta di trascrizione, restando del tutto indifferente, per dette autorità, se l'annotazione sia o no richiesta ed effettuata. Ritengo che la procedura possa a quel punto essere archiviata e messa agli atti, senza dover attendere che decorra un certo periodo di tempo, in attesa che il soggetto interessato decida se richiedere o no l'annotazione. Tale attesa sarebbe del tutto inutile e superflua, non derivando all'amministrazione alcuna conseguenza (positiva o negativa) dall'essere o dal non essere stata chiesta ed eseguita l'annotazione. Se detto soggetto manifestasse esplicitamente la sua volontà di rinunciare al beneficio concesso dall'autorità con il decreto di autorizzazione (ad esempio, con una dichiarazione resa direttamente al Ministero o al Prefetto, o per il tramite dell'ufficiale dello stato civile) ritengo che l'autorità concedente dovrebbe revocare il provvedimento emanato e disporre per la trascrizione della revoca (art.28, comma 2, lett."f"). La revoca o l'annullamento del decreto potrebbero anche essere ipotizzati, non con riferimento al comportamento del suo beneficiario, ma quando la Pubblica Amministrazione, nell'esercizio del suo potere-dovere di autotutela, rilevasse di avere emanato un atto illegittimo e, quindi, viziato in radice per nullità o invalidità. Non anche nel caso in cui ritenga di avere fatto cattivo uso della sua potestà discrezionale, come nella ipotesi di una valutazione successivamente ritenuta errata circa la opportunità di concedere l'autorizzazione al cambiamento o alla modificazione di un prenome o di un cognome. 23) Doppia cittadinanza. Trattandosi di cittadini che possiedono due cittadinanze (quella svizzera e quella italiana), il provvedimento amministrativo (non giurisdizionale: di qui la inapplicabilità della legge 31 maggio 1995, n.218) dell'autorità svizzera per il cambiamento del loro nome ha sicuramente efficacia con riguardo a quell'ordinamento, ma non con riguardo all'ordinamento italiano del tutto estraneo al provvedimento emesso. La conseguenza sarà che in Svizzera tali cittadini, con passaporti diversi, porteranno il nome colà loro attribuito, ed in Italia quello spettante secondo la legge qui vigente. Nulla vieta, peraltro, che sia richiesto in Italia un mutamento del nome, conformemente a quello ottenuto in Svizzera, ai sensi degli artt. 84 sgg. ord.st.civ. 24) Trattini, virgole e altri segni d'interpunzione. Come si ricava dal testo dell'art.36 ord.st.civ., il principio della assoluta irrilevanza della presenza di trattini, virgole o altri segni d'interpunzione fra un elemento e l'altro del prenome composito attribuito alla nascita ad un soggetto, si deve applicare anche alle situazioni pregresse, createsi, cioé, in momento anteriore alla entrata in vigore del D.P.R. 3 novembre 2000, n.396

7 Tale principio é stato introdotto nell'ordinamento in via generale proprio per ovviare alle innumerevoli querimonie suscitate dalla circolare del Ministero di grazia e giustizia in data 25 marzo 1988, che, se pure ineccepibile sotto un profilo teorico, aveva creato, sul piano pratico, insuperabili incertezze e dubbi, anche nei rapporti con le altre Amministrazioni. E'ovvio che il rilascio di estratti degli atti di nascita dovrà tener conto della presenza di quei segni, non potendo questi essere cancellati se non per il tramite di una procedura di rettificazione, ma, ripeto, tale presenza non assume più alcun significato, né per il passato, né per il futuro. Poiché, d'altronde, nessuna norma fa esplicito divieto di utilizzare quei segni nella formazione dell'atto di nascita, si può ammettere che, su richiesta del dichiarante o d'iniziativa dell'ufficiale rogante, un prenome composito contenga, fra un elemento e l'altro trattini, virgole ecc.; ma proprio per l'assenza di una norma che vieti od ammetta quei segni, di essi si dovrà non tenere alcun conto nella lettura e nella interpretazione dell'atto. 25) Competenza ad attribuire il cognome che spetta al neocittadino secondo la legge italiana. Io ho sempre sostenuto in tutti i miei scritti che, non esistendo una specifica norma al riguardo, né il Ministero dell'interno, né il Presidente della Repubblica, nell'emanare il decreto di concessione della cittadinanza italiana hanno competenza ad attribuire il cognome che gli spetta secondo il nostro diritto, al neocittadino. Se mai, possono solo indicare, suggerire tale cognome, fatta sempre salva, però, la competenza che al riguardo spetta, secondo la legge, all'ufficiale dello stato civile o, in caso di contrasto, all'autorità giudiziaria (in sede ordinaria o di volontaria giurisdizione). L'ufficiale dello stato civile, ricevuto il decreto, ne dovrà curare la trascrizione nei registri di cittadinanza (art.24, lett.'a', ord.st.civ.) e l'annotazione sull'atto di nascita del neocittadino (art.49, lett.'i'); curerà, altresì, la trascrizione di quanto indicato nell'art. 24, lett.'b'. L'annotazione dell'avvenuta correzione dovrà essere effettuata anche su altri atti che eventualmente si riferiscano alla persona interessata (ad es.: sull'atto di matrimonio) A questo punto, a mio avviso, salvo un diverso orientamento dell'autorità competente, i criteri cui dovrà attenersi il detto ufficiale sono gli stessi di sempre: al neocittadino va attribuito il cognome del padre, comunque esso sia formato e, così, anche se composto da due elementi, secondo il costume ispano-lusitano, e anche se la cittadinanza italiana del neocittadino sia di derivazione materna. La correzione sarà effettuata sull'atto di nascita del soggetto interessato, secondo quanto stabilito dall'art. 98, comma 2. Se il decreto che concede la cittadinanza indichi il cognome del neocittadino in modo difforme da quello che gli spetta secondo la legge italiana, l'ufficiale dello stato civile, cui solo compete, ripeto, tale incombenza, effettuati i necessari riscontri, anche epistolari, con il Ministero dell'interno o la Presidenza della Repubblica, trascriverà ed annoterà il decreto perché vi é obbligato, ma eseguirà la correzione sull'atto di nascita a norma di legge. Contro tale adempimento, se del caso, soccorrerà il rimedio di cui al terzo comma dell'art ) Disposizione finale XIV della Costituzione; competenza all'applicazione. Concordo sulla insussistenza di una competenza del Ministero dell'interno riguardo all'applicazione della disposizione finale XIV della Costituzione. Aggiungo soltanto che trattasi qui di una vera e propria azione di stato, in cui taluno richiede, dinanzi all'autorità giudiziaria nel pieno esercizio della sua funzione giurisdizionale, il riconoscimento di un proprio diritto soggettivo (art. 6 cod.civ.), fuori da ogni possibilità di una valutazione discrezionale dell'autorità amministrativa. 27) Sul quesito relativo alla possibilità che l'istanza di cambiamento di nome sia presentata da colui che detiene l'affidamento del minore, mi limito ad esprimere il parere che l'affidatario -sia nel caso in cui l'affidamento sia stato disposto ai sensi degli artt. 2 sgg. legge 4 maggio 1983, n.184, come mod. dalla legge 28 marzo 2001, n.149, sia in quello in cui si tratti di affidamento preadottivo (artt. 22 sgg. della stessa legge)- ove eserciti la potestà sul minore, ha la facoltà di chiedere il cambiamento del nome (prenome o cognome o entrambi), se sussistano apprezzabili ragioni di opportunità, da valutarsi, con ampia discrezionalità, dall'autorità amministrativa cui é demandato il compito di provvedere al riguardo. Nel caso di specie, chi propone l'istanza sono i tutori del minore che, ovviamente, esercitano su di lui la potestà. In ordine alla opportunità che l'istanza sia accolta, mi pare che essa sussista al di là di ogni ragionevole dubbio. 28) Art. 34 ord.st.civ. Competenza ad attribuire il prenome al nato. Occorre dare un'indicazione all'ufficiale dello stato civile di come deve comportarsi quando il tribunale, pur accogliendo l'istanza di rettificazione proposta dal pubblico ministero, ai sensi del quarto comma dell'art. 34 ord.st.civ., non dica nel suo provvedimento quale altro prenome debba essere imposto al nato. Ritengo che l'ufficiale, in questo caso, debba convocare il dichiarante ed invitarlo ad attribuire al nato un prenome diverso da quello originariamente dato. Ove il dichiarante ometta di presentarsi o si rifiuti di dare il nuovo prenome od insista nel pretendere di dare il prenome ritenuto illegittimo, sarà lo stesso ufficiale dello stato civile a provvedere ad imporre il prenome, in analogia a quanto disposto dall'art. 29, commi 4 e 5, ord.st.civ. 29) Padre straniero privo di cognome.

8 Non vedo altra soluzione al quesito che quella di una interpretazione estensiva dell'art. 29, quinto comma, ord.st.civ.: il cognome del nato, figlio legittimo, dovrebbe essere quello del padre, che nella specie, secondo la legge del suo Paese, ne é privo. Poiché il nato sarà cittadino italiano, egli dovrà portare un prenome ed un cognome; questo dovrà essere attribuito dal dichiarante; in difetto, dall'ufficiale dello stato civile. 30) Sospensione di un adempimento. Non é possibile sospendere un adempimento dovuto dall'ufficiale dello stato civile, che deve essere eseguito senza indugio con osservanza delle norme in vigore, trattandosi di una materia che attiene allo status attuale delle persone, come quella dell'attribuzione del nome (art. 6 cod.civ.). 31) Collaboratori di giustizia. Mutamento del cognome. L'affissione della domanda di mutamento o modificazione del cognome o del prenome é obbligatoria ed il relativo precetto é inderogabile. Non vi é infatti alcuna norma che autorizzi l'omissione, neppure nel caso di sussistenza di motivi particolari, come quello della sicurezza personale dell'istante. L'affissione é richiesta proprio per dare pubblicità alla domanda e per consentire a chi ne abbia interesse di proporre l'opposizione prevista dalla legge, con il conseguente rigetto della istanza se l'opposizione abbia fondamento. Più in generale, non si può dimenticare che la procedura di cui agli artt. 84 sgg., ord.st.civ., rientra nell'ambito del sistema dello stato civile, una delle funzioni del quale é quella di rendere pubblici gli atti contenuti nei registri (art. 450 cod.civ.), quando sussistano certe condizioni. Tanto ciò é vero che gli atti relativi al cambiamento o alla modificazione dei cognomi e dei prenomi debbono essere trascritti (art. 28, comma 2, lett. "f", ord.st.civ.) ed annotati secondo quanto stabilito dall'art. 49, comma 1, lett. "p". Sono adempimenti, questi, che non possono essere omessi dall'ufficiale dello stato civile, a pena di sanzioni, e che inevitabilmente vanificano gli intenti di segretezza cui le istanze di mutamento sono preposte. Esclusa, secondo me, la possibilità di ricorrere alla procedura di cui agli artt. 84 sgg., perché i cosiddetti collaboratori di giustizia siano tutelati anche dopo che sia cessato il programma a suo tempo predisposto, sussistendo tuttora pericolo per la incolumità loro e dei loro congiunti, non v'é che da cercare fra le pieghe della normativa all'uopo emanata una via idonea da seguire, d'intesa con la competente Autorità di P.S. 32) Cognome del minore straniero adottato da cittadini italiani con adozione legittimante. Concordo pienamente con la procedura seguita dall'ufficiale dello stato civile di... Si tratta del caso in cui l'adozione é stata pronunciata dall'autorità competente del Paese di appartenenza del minore e il tribunale italiano sia chiamato, ai sensi dell'art. 35 della legge 4 maggio 1983, n.184, come mod. dalla legge 28 marzo 2001, n.149, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti stabiliti dalla legge medesima, a dichiarare la efficacia per l'ordinamento italiano di tale pronuncia e ad ordinarne la trascrizione nei registri dello stato civile. All'atto di questo adempimento (art. 34, comma 3) il minore acquisterà la cittadinanza italiana; il suo atto di nascita dovrà pure essere trascritto e se il cognome in esso indicato non corrisponde a quello spettante al neocittadino secondo la normativa italiana, si dovrà operarne la correzione ai sensi dell'art. 98, comma 2, ord.st.civ., annotandola in calce o a margine dell'atto medesimo. 33) Attribuzione del cognome a persona straniera nata in Italia. La minore di cui trattasi é nata in Italia da genitori stranieri, di nazionalità diverse. Come più volte ho avuto occasione di osservare, l'ufficiale dello stato civile non é fra coloro chiamati a sceverare quale diritto sia applicabile in base alla normativa italiana sul diritto internazionale privato (fatte salve le eccezioni previste dalla legge 31 maggio 1995, n.218). Egli, pertanto, nel caso di persona nata in Italia, dovrà formare l'atto di nascita secondo le indicazioni date dal dichiarante (che fanno fede fino a prova contraria -art. 451, comma 2, cod.civ.-). Egli non é in grado di conoscere se a detta persona, riguardo alla cittadinanza o all'attribuzione del nome, debba applicarsi il diritto italiano, o straniero: sa soltanto, a proposito delle circostanze della nascita, della qualità dei genitori e della cittadinanza del nato, quanto gli viene riferito dal dichiarante. Quindi, l'accertamento dello status del nato, se é figlio legittimo o naturale o naturale riconosciuto da uno o da entrambi i genitori, se é cittadino italiano o di altra nazionalità, compete all'autorità giudiziaria, se adìta da chi vi abbia interesse. In questa situazione, il nome (prenome e cognome) attribuito al nato al momento della formazione dell'atto di nascita sarà quello dato dal dichiarante o, in mancanza e per analogia, dall'ufficiale dello stato civile, seguendo le norme (di carattere procedurale) di cui all'art. 29, commi 4 e 5 ord.st.civ. Nel caso di specie, l'istanza presentata dalla madre del nato, non più "convivente" con il padre (non si sa se a seguito di divorzio o di separazione personale o di semplice scioglimento di una convivenza di fatto), non può essere rivolta all'ufficiale dello stato civile, che non ha competenza al riguardo, ma all'autorità giudiziaria, che dovrà stabilire, ai sensi della legge sopra richiamata, quale sia il diritto applicabile. 34) Aggiunta del cognome del marito sulla carta d'identità L'art. 143-bis cod.civ. stabilisce che la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito: tale disposizione costituisce un obbligo e non una facoltà, a cui la moglie e il marito sono soggetti, (salve le eccezioni di cui all'art. 156-bis, in caso di separazione personale dei coniugi). Conseguentemente la carta d'identità della moglie deve contenere la modifica del cognome di costei, stabilita per legge a seguito del matrimonio. Se, vedova, passasse a seconde nozze, la donna dovrà munirsi di una nuova carta d'identità recante la modifica del cognome. Se divorziata, la

9 donna perderà il cognome aggiunto dell'ex-marito (salve le eccezioni di cui all'art. 5, commi 3 e 4, della legge 1 dicembre 1970, n.898, e succ.mod.); aggiungerà, anche qui, quello del nuovo marito ove passasse a seconde nozze. Con queste modificazioni, nelle varie eventualità, dovranno essere rilasciate alla donna le nuove carte d'identità.

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