SPUNTI CRITICI DAL MONDO ACCADEMICO

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1 RAPPORTO DI LAVORO TRANSNAZIONALE E OBBLIGO DI SICUREZZA SPUNTI CRITICI DAL MONDO ACCADEMICO di Massimo Lanotte Risorse Umane >> Igiene e sicurezza

2 LAVORO ITALIANO ALL ESTERO E TRANSNAZIONALITA DEL RAPPORTO I processi di globlizzazione e la dimensione sovranazionale dei mercati in cui le imprese si trovano ad operare hanno determinato, specie in tempi recenti, una profonda modificazione dei sistemi di organizzazione e di articolazione territoriale della produzione, in una prospettiva di migliore qualità e competitività. L interesse imprenditoriale ad operare al di fuori dei confini nazionali, mediante la creazione o l acquisizione di strutture, può rispondere a molteplici esigenze, in tendenziale espansione nelle attuali dinamiche produttive e commerciali. Indubbiamente occorre considerare quei settori produttivi dove l esecuzione di un attività d impresa al di fuori del territorio nazionale è strettamente connessa alla particolare natura delle risorse su cui si opera ovvero dei beni o servizi erogati. Si pensi, ad esempio, alle imprese del settore energetico o a quelle ad elevata capacità tecnologica specializzate nella realizzazione di grandi infrastrutture. Consolidata e diffusa in ogni settore produttivo è poi la presenza delle grandi società multinazionali, che presentano una complessa articolazione funzionale e strutturale, sia attraverso unità produttive, sia attraverso gruppi di imprese tra loro compartecipate. Infine, non possono ignorarsi i recenti sviluppi della delocalizzazione produttiva, nell ambito sia della grande sia della piccola impresa, che si sostanzia in un trasferimento all estero di singole fasi, ma a volte anche dell intero ciclo produttivo, al fine di eludere le rigidità e gli elevati costi del lavoro caratterizzanti il nostro sistema legale e della contrattazione collettiva. Al di là delle molteplici e variegate esigenze che possono essere sottese alla strutturazione transnazionale dell attività imprenditoriale, in tutti casi in cui un datore di lavoro italiano impiega lavoratori all estero si prospetta un conflitto di leggi nello spazio, con il conseguente problema di individuare la normativa applicabile al rapporto di lavoro 1. Anche tale questione, astrattamente riconducibile ad unitarietà, prospetta, in realtà, significative sfaccettature ed articolazioni, in ragione delle differenti situazioni in cui può emergere il profilo transnazionale del rapporto. In generale, può affermarsi che la transnazionalità si caratterizza per un dato negativo: la non appartenenza di uno degli elementi qualificanti la fattispecie contrattuale - in senso sia oggettivo che soggettivo - ad un sistema giuridico ordinamentale unitario. Così, la transnazionalità può riguardare l appartenenza di uno dei soggetti coinvolti nel rapporto ad un Paese diverso da quello della controparte. Ma può conseguire anche a vicende soggettivamente plurilaterali, nelle quali alle parti del rapporto di lavoro si aggiungono figure terze, beneficiarie delle prestazioni rese da lavoratori distaccati nell ambito di una prestazione di servizi. Sotto il profilo oggettivo emerge una transnazionalità connessa, prioritariamente, al luogo di esecuzione della prestazione. Si tratta di ipotesi che appaiono destinate a diventare largamente comuni, in un mercato sempre più aperto e globalizzato. Rispetto a queste, l aspetto centrale riguarda l inquadramento delle molteplici ipotesi che la realtà dei rapporti economici può generare: si pensi al lavoro svolto solo parzialmente all estero, oppure al lavoro svolto in modo itinerante, addirittura in più Paesi diversi. Proprio su tali ultimi profili di transnazionalità del rapporto di lavoro - correlati alle sedes laboris - ci si intende soffermare ai fini dell individuazione della legge applicabile, con particolare riferimento alla normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro. Ai fini dell indagine, pare opportuno distinguere: rapporti di lavoro a transnazionalità originaria; rapporti di lavoro a transnazionalità acquisita. I primi si caratterizzano per la presenza di un elemento di estraneità sin dall origine del rapporto: si pensi, ad esempio, alla c.d. assunzione per l estero, dove le parti stabiliscono, già nella fase costitutiva, che l esecuzione della prestazione lavorativa dovrà avvenire stabilmente in un luogo posto al di fuori dei confini nazionali. 1 Ulteriore questione, connessa alla prima, è poi quella di stabilire l eventuale efficacia extraterritoriale della contrattazione collettiva. In argomento, v. P. Magno, Il lavoro all estero, Padova, 1990, 333 Pagina 2 di 8

3 I secondi, invece, sono privi geneticamente del carattere transnazionale, ma sono destinati ad acquisirlo successivamente, per vicende che intervengono durante lo svolgimento del rapporto: è il caso della trasferta, del trasferimento o del distacco del lavoratore all estero. RAPPORTI DI LAVORO A TRANSNAZIONALITA Per i rapporti di lavoro a transnazionalità originaria occorre fare riferimento alle norme che disciplinano le obbligazioni contrattuali nelle situazioni implicanti un conflitto di leggi. La materia è attualmente disciplinata dalla legge n. 218/1995 di riforma del diritto internazionale privato italiano, che ha proceduto ad assumere espressamente la Convenzione di Roma del resa esecutiva con la legge n. 975/1984 ed ora oggetto di rinvio recettizio ad opera dell art. 57 della citata legge n. 218/ come provvedimento base sul tema. In linea generale, l attuale disciplina appare improntata ad una logica di valorizzazione della volontà delle parti, alle quali è rimessa la scelta della legge applicabile al rapporto contrattuale. Solo in mancanza di scelta si prevede l intervento di regole suppletive. Va tuttavia rilevato che tale principio generale incontra una limitazione sia per i contratti conclusi dai consumatori (art. 5 Conv.), sia per i contratti di lavoro (art. 6 Conv.), al fine di scongiurare forme di sfruttamento della posizione di debolezza propria di una delle parti contrattuali. Così, la scelta della legge applicabile compiuta pattiziamente non vale a privare il «contraente debole» dalla protezione assicurata attraverso l applicazione di un regime legale che la stessa Convenzione determina secondo criteri imperativi, limitando conseguentemente l autonomia negoziale individuale. In particolare, l art. 6 prevede che la scelta della legge applicabile ad opera delle parti non possa privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative previste dalla legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta. E quest ultima è individuata nella legge del Paese in cui il lavoratore stesso compie abitualmente il suo lavoro, anche se inviato temporaneamente in un altro Paese. Con una previsione tanto opportuna nei fondamenti teorici quanto problematica nella sua applicazione, si introduce poi un ulteriore correttivo imponendo che, nell applicazione della legge di un Paese determinato, potrà essere data efficacia alle norme imperative di un altro Paese con il quale la situazione presenti uno stretto legame, se e nella misura in cui, secondo il diritto di quest ultimo Paese, le norme stesse siano applicabili quale che sia le legge regolatrice del contratto (art. 7, par. 1, Conv.). Al fine di decidere se debba essere data efficacia a queste norme imperative, si terrà conto della loro natura e del loro oggetto nonché delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o non applicazione. In ogni caso, non può comunque essere impedita l applicazione di norme in vigore nel Paese del giudice, le quali disciplinino imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto (art. 7, par 2, Conv.). Inoltre, le norme applicabili non possono essere in contrasto con l ordine pubblico del foro (art. 16 Conv.). Ne emerge una triplicazione dei piani di regolazione normativa, dovendo dare prevalenza, in un rapporto di subordinazione decrescente: 1) alla legge scelta dalle parti; 2) alle norme imperative del Paese di svolgimento del lavoro, nei limiti in cui la protezione dalle stesse predisposta sia pregiudicata dalla legge scelta dalle parti; 3) alle norme imperative - rectius, di ordine pubblico - del Paese con il quale il rapporto presenti il più stretto legame o del Paese della lex fori. Si riproduce in questo modo, anche nella regolazione dei rapporti di lavoro transnazionale, il peculiare rapporto tra autonomia ed eteronomia tipico del sistema interno. Il primo livello rappresenta la tipica sede elettiva della regolazione pattizia, la quale incontra i ben noti limiti posti dalle norme unilateralmente inderogabili tipiche del sistema giuslavoristico. Il secondo livello non priva di efficacia la scelta delle parti in ordine al regime applicabile, ma ne paralizza gli effetti nel momento in cui questi non garantiscano un livello di protezione parametrato sulla legislazione del locus laboris. Il terzo livello rappresenta le norme di applicazione necessaria; quelle, in altri termini, assolutamente inderogabili in quanto espressive di interessi ultronei rispetto a quelli delle parti contrattuali. Pagina 3 di 8

4 LA SICUREZZA DEL LAVORO TRA AUTONOMIA CONTRATTUALE E NORME DI APPLICAZIONE NECESSARIA Per quanto riguarda, in particolare, la materia della sicurezza del lavoro, l applicazione di tali principi di diritto internazionale privato deve essere letta nell ambito del complessivo assetto normativo in cui si colloca l esecuzione della prestazione lavorativa. Le ipotesi correlate all esecuzione delle prestazione lavorativa all estero, sulle quali ci si intende soffermare, possono essere ricondotte alla seguente casistica: impresa italiana che assume lavoratori italiani che svolgano la propria prestazione all estero; impresa italiana che assume lavoratori stranieri da impiegare nel Paese di provenienza di questi ultimi; impresa italiana che assume lavoratori stranieri da impiegare in un Paese terzo. Esulano, invece, dalla presente indagine le ipotesi in cui l assunzione sia effettuata da una consociata estera di un impresa italiana, in presenza di una struttura di gruppo che caratterizza le multinazionali. In questi casi l elemento di transnazionalità non è costituito dal locus laboris, posto che la prestazione lavorativa viene eseguita nel Paese in cui ha sede l impresa che ha proceduto all assunzione, anche se facente parte di un gruppo societario. Un elemento di estraneità si potrebbe presentare sotto il profilo soggettivo, in considerazione della nazionalità dei lavoratori. Ma, sotto tale profilo, si deve concludere per l applicazione della legge della sedes laboris, essendo la questione è analoga a quella di un impresa italiana che assume un lavoratore straniero da occupare in Italia. Ritornando alle ipotesi oggetto della presente analisi, va precisato che sia la nazionalità dei lavoratori stranieri, sia il Paese di esecuzione del lavoro possono appartenere all Unione europea, ovvero all area extracomunitaria. Tali variabili complicano inevitabilmente l individuazione della normativa prevenzionistica applicabile al rapporto di lavoro, che deve comunque essere valutata alla luce dei generali principi di diritto internazionale privato. Questi ultimi - superando la precedente impostazione definita dagli artt. 25 e 31 disp. prel. cod. civ., che imponeva, di fatto, l applicazione della legge italiana tutte le volte che fosse risultata più favorevole per il lavoratore - valorizzano, in primo luogo, due criteri: la scelta delle parti e la legislazione del luogo di svolgimento della prestazione. Ad essi occorrerà pertanto fare riferimento, in prima battuta, anche ai fini della normativa antinfortunistica. Più precisamente, nelle tre ipotesi delineate in precedenza di lavoro all estero si pone la seguente alternativa: le parti individuano la legge applicabile al rapporto; in questo caso occorrerà verificare se la legislazione prevenzionistica applicabile non pregiudichi norme imperative del Paese di svolgimento del lavoro o del Paese con cui il rapporto presenti un collegamento più stretto; le parti non operano alcuna scelta; troverà allora applicazione la legge del Paese estero di esecuzione dell attività lavorativa, ovvero del Paese con cui il rapporto presenta il collegamento più stretto. È evidente che tali principi potrebbero determinare l applicazione di standard di sicurezza inferiori a quelli garantiti dalla legislazione italiana, qualora il Paese estero fosse meno avanzato nella definizione del sistema prevenzionistico a tutela dei lavoratori. Sotto tale profilo operano le clausole di salvaguardia di cui agli artt. 7 e 16 della Convenzione di Roma, che impongono comunque di rispettare i principi di ordine pubblico internazionale, mediante l individuazione di una serie di norme di applicazione necessaria. Ed è indubbio che la tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro debba costituire un principio comune a tutte le legislazioni del lavoro, anche alla luce della protezione e della primaria importanza riconosciuta dalle fonti internazionali ai valori fondamentali della persona. Ne deriva, pertanto, che a prescindere della legge applicabile al rapporto di lavoro - sia essa quella scelta dalle parti o sia quella del Paese di esecuzione del rapporto - devono essere garantite le forme di tutela indispensabili affinché la prestazione lavorativa sia resa in condizioni di sicurezza. Pagina 4 di 8

5 Peraltro, rimane aperta la problematica relativa all individuazione degli standard minimi il cui rispetto può far ritenere adempiuto l obbligo di sicurezza nell ambito delle norme di applicazione necessaria, anche se non necessariamente coincidente con i livelli di sicurezza garantiti dall ordinamento italiano. È indubbio che la questione prospetta soluzioni differenziate, in considerazione delle differenti aree estere in cui viene resa la prestazione lavorativa. Lo svolgimento del rapporto in Pesi dell Unione europea In caso di assunzione «per l estero» relativa a un Paese dell Unione europea non può ignorarsi che il legislatore comunitario ha perseguito un disegno di elevazione degli standard di sicurezza attraverso l emanazione di una serie di direttive - tra cui, in primis, la direttiva quadro n. 89/391/CEE - finalizzate ad imporre dei livelli minimi di tutela e ad armonizzare sulla base di principi comuni le singole legislazioni nazionali 2. Ne deriva, in questi casi, che la scelta delle parti di regolare il rapporto di lavoro - e, in particolare, l obbligo di sicurezza - in base alla normativa vigente in un differente stato dell Unione europea, presso il quale viene svolta l attività lavorativa, comporterà, comunque, il riconoscimento e l applicazione di misure prevenzionistiche analoghe, quanto meno con riferimento ai livelli essenziali di tutela, a quelle imposte dalla normativa italiana. Né pare che il libero esplicarsi dell autonomia individuale nella scelta della legge applicabile possa trovare significative limitazioni nei criteri correttivi di fonte legale. Se, infatti, si opta per applicare al rapporto di lavoro svolto in ambito comunitario la legge italiana, ben difficilmente - considerato l intero corpus normativo vigente nel nostro Paese - potrà ritenersi che tale scelta pregiudichi la protezione offerta da norme imperative vigenti nello stato del locus laboris. Se, invece, si propende per applicare la normativa del Paese di destinazione, vi è coincidenza tra la legge scelta e la legge del Paese di svolgimento del lavoro. Anche per quanto riguarda l ulteriore correttivo - che impone di fare salve le norme di ordine pubblico del Paese con cui il rapporto di lavoro presenta il collegamento più stretto o, comunque, delle norme di applicazione necessaria - non pare possano presentarsi significativi spazi applicativi. Si tratta, invero, di nozioni dai contorni indefiniti, rimesse, di fatto, alla prudente valutazione del giudice e caratterizzate da rilevanti margini di incertezza applicativa. In caso di assunzione per l estero di un lavoratore da parte di un impresa italiana, il collegamento più stretto - in base alle circostanze concrete - può individuarsi o con l Italia o con il Paese di svolgimento del rapporto. E, in entrambe le ipotesi, la scelta delle parti, se non coincidente con quella basata sul collegamento più stretto, non pare possa ritenersi pregiudizievole di norme di applicazione necessaria, operando nell ambito di sistemi europei che condividono i principi fondamentali in materia di sicurezza. L esecuzione del rapporto di lavoro in paesi extracomunitari Più problematica si presenta l individuazione della normativa applicabile al rapporto di lavoro nei casi di assunzione per l estero verso Paesi extracomunitari, che spesso presentano legislazioni meno garantistiche rispetto all ordinamento giuslavoristico italiano. Va tuttavia rilevato che, in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro da svolgersi in Paesi extracomunitari, i generali principi di diritto internazionale privato in ordine alla facoltà di scelta della legge applicabile devono essere integrati dalle disposizioni contenute nella legge n. 398/1987. Quest ultima subordina l assunzione - nonché il trasferimento - di lavoratori italiani in Paesi extracomunitari ad un autorizzazione ministeriale, il cui rilascio presuppone la sussistenza di condizioni minime di tutela, non solo di natura economica. In particolare, si richiede che il contratto di lavoro per l estero impegni il datore di lavoro ad apprestare idonee misure in materia di sicurezza e di igiene del lavoro (art. 2, comma 4, legge n. 398/1987), imponendo, in tal modo - indipendentemente dalla legge applicabile - la previsione di un obbligo contrattuale dai contenuti equivalenti a quelli dell art c.c. Di conseguenza, le parti conservano la facoltà di scegliere la legge applicabile al rapporto di lavoro, ma, in ogni caso, il datore di lavoro non può sottrarsi all obbligo di predisporre le necessarie misure di sicurezza e di prevenzione in relazione all attività e all ambiente di lavoro. Del resto, tale conclusione trova conferma anche nei principi della Convenzione di Roma, considerato che l autonomia individuale non può comunque pregiudicare l applicazione delle norme di ordine pubblico, cui possono essere indubbiamente ricondotte le 2 Sull obbligo di sicurezza nella legislazione comunitaria v. M. Biagi, Tutela dell ambiente di lavoro e direttive CEE, Rimini, 1991 Pagina 5 di 8

6 disposizioni in materia di sicurezza in considerazione della loro finalità di protezione dei diritti fondamentali alla vita e alla salute. In conclusione, qualora al rapporto di lavoro svolto in Paesi extracomunitari a basso livello di protezione si applichi la legge del locus laboris - per volontà delle parti o, nel silenzio delle stesse, in applicazione del criteri legali suppletivi - tale normativa dovrà comunque essere integrata con i principi che impongono la garanzia di livelli di tutela idonei a garantire la sicurezza dei dipendenti alla luce di parametri che non possono non coincidere con quelli utilizzati dal diritto interno e dalle fonti internazionali. RAPPORTI DI LAVORO A TRANSNAZIONALITA FUNZIONALE Alle ipotesi di svolgimento del lavoro all estero in via permanente si affiancano i casi di esecuzione della prestazione lavorativa all estero solo in periodi temporalmente delimitati, che possono essere anche ripetuti e di durata più o meno lunga, nell ambito di fenomenologie determinate dalle esigenze di dinamismo e di creatività per imprese grandi e medio-grandi. Gli attuali flussi circolatori interessano prevalentemente lavoratori di qualificazione medio-alta, chiamati a svolgere una esperienza di mobilità in ambito europeo o americano al fine di migliorare il proprio bagaglio professionale, quando non per rispondere a precise strategie dell impresa da cui dipendono. A ciò si aggiunga, poi, il fenomeno della internazionalizzazione dei gruppi dirigenti, divenuta per l impresa una nuova e strategica forma di rinnovamento culturale, al punto da raggiungere una dimensione ragguardevole nei settori vitali della ricerca e dello sviluppo. In tali situazioni, il rapporto di lavoro non presenta alcun elemento di estraneità preesistente rispetto alla sua instaurazione. In questi casi, la transnazionalità non è genetica, ma funzionale, ponendosi in una fase ulteriore, dal punto di vista logico ancor prima che temporale, rispetto al momento della conclusione del contratto. Si tratta, in particolare, delle ipotesi di trasferta, di trasferimento o di distacco del lavoratore all estero 3. Le problematiche ordine alla legge applicabile sorgono, allora, nel momento in cui l elemento di estraneità venga introdotto durante l esecuzione del rapporto senza che ne fosse prevista o regolata la sussistenza. In genere, il quid di transnazionalità è rappresentato dal locus solutionis, cioè dal luogo di svolgimeto de lavoro. Sono questi, del resto, i casi, oltre che maggiormente ricorrenti, anche più sfaccettati ed impegnativi dal punto di vista del loro corretto inquadramento dogmatico. Legge applicabile e obbligo di sicurezza L individuazione della legge applicabile presuppone una distinzione delle fattispecie cui è possibile ricondurre un rapporto di lavoro a transnazionalità funzionale. Per quanto riguarda le trasferte all estero, pare che la normativa applicabile debba continuare ad essere quella operante prima del temporaneo mutamento del luogo di esecuzione della prestazione. In particolare, l art. 6 della Convenzione di Roma afferma che l invio temporaneo del lavoratore in un Paese diverso da quello in cui esegue abitualmente la sua prestazione non incide sulla legge applicabile, in mancanza di scelta delle parti. Così, se in origine il rapporto di lavoro è disciplinato dalla legge italiana, quest ultima continuerà a trovare applicazione anche per il periodo in cui il lavoratore è inviato in trasferta all estero. Principio in parte differente è sancito per i lavoratori che non svolgono abitualmente il loro lavoro in uno stesso Paese. In questi casi, la scelta della legge applicabile ad opera delle parti non può privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge del Paese in cui si trova la sede di assunzione. Per quanto riguarda il trasferimento all estero, inteso come mutamento definitivo del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, si determina l assegnazione permanente del lavoratore ad una sede estera, che diviene il luogo di svolgimento abituale del lavoro. Se ne deduce, in mancanza di scelta delle parti, che il rapporto sarà regolato dalla legge del Paese in cui il lavoratore viene trasferito, con gli eventuali correttivi che si sono già esaminati con riferimento ai rapporti di lavoro a transnazionalità originaria. Va poi specificato, per quanto riguarda la sicurezza del lavoro, che l obbligo di apprestare idonee misure di tutela e prevenzione previsto dalla legge n. 398/1987 opera anche per le ipotesi di trasferimento del lavoratore in Paesi extracomunitari. 3 In riferimento alle fattispecie di mobilità estera cfr. F. Basenghi, Il trasferimento del lavoratore all estero, Padova, 1988, 97; A. Nobili, La mobilità estera (trasferimento, trasferta, distacco, ecc.) nella giurisprudenza, in I contratti di lavoro transnazionali, cit., 197. Pagina 6 di 8

7 In sostanza, si può affermare che il mutamento del luogo di esecuzione della prestazione in corso di rapporto - sia esso temporaneo o definitivo - non pregiudica il livello di sicurezza garantito al lavoratore: o perché si continua ad applicare la legge italiana; o perché la legge del Paese di destinazione, nell ambito dell Unione europea, garantisce condizioni di tutela comparabili; o perché, in caso di invio in Paesi extracomunitari soccorre comunque il principio che impone di integrare il contratto di lavoro che l assunzione di un generale obbligo di sicurezza. Alcune considerazioni specifiche merita il distacco del lavoratore all estero, essendo stato oggetto della direttiva comunitaria n. 96/71/CE, recepita in Italia dal D.Lgs. n. 72/ Ratio dell intervento normativo è stata quella di colmare il vuoto di tutela al quale le regole di diritto internazionale privato avrebbero potuto dare luogo, con evidenti riflessi in termini di dumping sociale e di alterazione delle condizioni di concorrenza tra imprese e tra lavoratori di diversa nazionalità. Invero, la libertà di circolazione delle persone, la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi permettevano alle imprese di trovare nel differente costo del lavoro uno strumento vincente in termini di concorrenza. Era sufficiente acquisire temporaneamente manodopera proveniente da Paesi «a bassa tutela» - mediante il distacco di lavoratori, per i quali, in quanto già assunti, non si sarebbe fatta questione di limiti in ordine alla scelta della legge applicabile - all interno di Paesi con soglie protettive più elevate, al fine di offrire sul mercato servizi a costi sensibilmente inferiori rispetto alla media praticata dalle imprese interne. Il legislatore comunitario ha inteso porre fine a questa possibilità stabilendo l obbligo di applicare ai lavoratori stranieri distaccati lo stesso trattamento previsto da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative esistenti nel luogo di esecuzione del lavoro. Si introduce, per questa via, un principio di garanzia protettiva minima al fine di evitare i già citati fenomeni di distorsione della concorrenza. Ed a questa prima forma di tutela se ne associa una seconda, consistente nell estensione all appaltante delle obbligazioni gravanti sull appaltatore, in solido con quest ultimo, per quanto riguarda il trattamento retributivo e normativo da riconoscere ai dipendenti dell appaltatore medesimo, nei limiti di un trattamento economico e normativo non inferiore a quello erogato dall appaltante ai propri dipendenti. Quel che emerge, all esito di queste note, è quindi una realtà estremamente sfaccettata, problematicamente densa, ricca di suggestioni e questioni ancora aperte. Il processo evolutivo pare indirizzarsi verso l abbandono del principio della necessaria applicazione della legislazione italiana, quale normativa più favorevole, a tutti i rapporti di lavoro transnazionali per dare spazio a un differente criterio basato sulla valorizzazione della volontà delle parti e del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa. Peraltro, l applicazione di tali principi in materia di sicurezza del lavoro non pare possa pregiudicare i diritti fondamentali dei lavoratori e gli standard minimi di tutela riconosciuti dalle fonti internazionali. D altra parte deve ritenersi che le norme di applicazione necessaria in materia di sicurezza si riferiscano al contenuto dell obbligo datoriale e non si estendano anche a ricoprire adempimenti procedurali che caratterizzano le singole legislazioni nazionali. 4 Sulla direttiva comunitaria v. G. Balandi, La direttiva comunitaria sul distacco dei lavoratori: un passo avanti verso il diritto comunitario del lavoro, in I contratti di lavoro internazionali, cit., 124; R. Foglia, Il distacco del lavoratore nell Unione europea: la normativa comunitaria, in Mass. giur. lav., 2001, 806. Sulla normativa italiana di recepimento v. S. Maretti, Il recepimento della direttiva Cee sul distacco dei lavoratori, ivi, 2000, 1148; E. Massi, Il distacco dei lavoratori in ambito europeo, in Dir. prat. lav., 2000, Pagina 7 di 8

8 GLOSSARIO Globalizzazione Fenomeno per cui le economie e i mercati nazionali, grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche, vanno diventando sempre più interdipendenti, fino a diventare parte di un unico sistema mondiale. Transnazionalità Assumere un carattere transnazionale. Trans e Nazionale, aggettivo nel linguaggio politico aziendale, che indica un attività imprenditoriale che va oltre la sfera di interessi di una singola nazione.. Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito Documento pubblicato su licenza di Ipsoa Editore S.r.l. Copyright Ipsoa Editore S.r.l. Fonte: ISL Igiene & Sicurezza del Lavoro, mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico, Ipsoa Editore Pagina 8 di 8

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