QUANTE LINGUE PARLA IL MATTONE IN ITALIA? Alberto
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- Ida Antonietta Torre
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1 QUANTE LINGUE PARLA IL MATTONE IN ITALIA? Alberto Una ricerca condotta da Unioncasa, con la consulenza di operatori del settore e della Borsa Immobiliare di Milano, mette in luce la condizione abitativa degli immigrati nel nostro paese. Problematiche, realtà e prospettive per un mattone multietnico Il fenomeno di lievitazione dei prezzi delle locazioni registrato nel 2000 rispetto ai 12 mesi precedenti (in misura compresa tra il 10 e il 20%) ha reso ancor più preoccupante l'emergenza abitativa per alcune fasce della popolazione, tra le quali l'affitto è la condizione abitativa più diffusa: alcuni dati divulgati recentemente dimostrano che nella città di Milano un immigrato su quattro vive in condizioni di disagio abitativo. A questo si va ad aggiungere un altro problema di rilevanza notevole che richiede interventi mirati e risolutivi: quello dei contratti completamente o parzialmente in nero. ALCUNI DATI: 1. l'affitto regolare perde un 5% rispetto all'anno precedente 2. si registra un 30% degli affitti regolari. In questa difficile realtà si inserisce 3. la politica di edilizia sociale insufficiente, perché dispone solo del 5% del patrimonio abitativo nostrano, caratterizzata da insufficienti interventi rivolti alle fasce più deboli e tantomeno 4. i soggetti extracomunitari, che secondo le ultime stime sarebbero , ovvero il 2,5% della popolazione in Italia, e rappresenterebbero il 60% delle domande idonee per alloggi di edilizia popolare nella sola città di Milano 5. secondo quanto comunicato dall Assessorato alle politiche sociali del Comune di Milano le domande di alloggio presentate da cittadini extracomunitari pervenute nell anno 2001 sarebbero 663, a fronte di 189 alloggi assegnati. I dati forniti dall Aler, l Azienda lombarda edilizia residenziale di Milano, invece, parlano di domande presentate da immigrati nei bandi di concorso per l assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica nel 1999 (ultimo anno di rilevazioni), cioè il 38,7% (nello stesso anno all Assessorato alle politiche sociali dello stesso Comune sono pervenute domande per il 3 Bando integrativo di concorso per l assegnazione di alloggi popolari, di cui solo risultate idonee). Tante le etnie presenti sul territorio (secondo l indagine condotta da Unioncasa) che pur vivendo realtà molto diverse si trovano tutte a dover fare i conti con un'emergenza abitativa che assume dimensioni preoccupanti e che rischia di diventare insostenibile nel prossimo futuro (entro il 2010 il numero degli stranieri in Italia potrebbe raggiungere i 3 milioni, ovvero il 5% della popolazione). Come vivono gli immigrati, regolari e non, nel nostro Paese? LA SITUAZIONE Non si può parlare di una condizione abitativa omogenea. Il problema assume dimensioni più o meno rilevanti a seconda delle etnie e delle aree geografiche: egiziani e cinesi, per esempio, si concentrano nelle città di Milano e Roma, dove si sta assistendo a un fenomeno di territorializzazione. I nuovi immigrati, infatti, per trovare casa e lavoro si appoggiano alle comunità esistenti che si sono integrate stabilmente e hanno messo radici in alcune aree cittadine, dove vivono e svolgono la loro attività lavorativa. Da questa regola generale, però, esulano alcune categorie di soggetti cinesi, per lo più clandestini, che si trovano a dover vivere e lavorare in condizioni di semi-schiavitù. Diversamente, i marocchini, quasi esclusivamente uomini, provengono da differenti realtà di origine, vivono disgregati in diverse aree d Italia e per esigenze abitative si trovano a dover fare i conti con una convivenza forzata e mal vissuta con soggetti di altre origini. Una realtà del tutto differente vivono gli immigrati senegalesi, da sempre itineranti e quindi portati a cercare soluzioni abitative temporanee o addirittura a rivolgersi quotidianamente a strutture dedicate all accoglienza. Ma le etnie che più sentitamente vivono l emergenza abitativa sono quelle albanese e rumena che, secondo stime del Dipartimento di Scienze Demografiche, sarebbero più interessate al problema del sovraffollamento abitativo, peraltro molto diffuso. Il panorama immobiliare italiano mostra che una percentuale compresa tra il 60 e il 65% degli stranieri presenti nella Penisola abita in affitto, mentre per qualcuno (4,7%) si è addirittura avverato il sogno di acquistare un immobile. Per una corretta interpretazione di questi valori, però, bisogna considerare che in queste stime rientrano in buona misura soggetti stabilmente residenti in Italia da oltre 5 anni, commercianti, piccoli industriali, e più in generale soggetti per i quali la questione abitativa non rappresenta decisamente un problema. Secondo le associazioni che rappresentano gli immigrati nel nostro Paese e le agenzie che operano in questo specifico comparto del settore immobiliare, di questo 60% solo un 30% sarebbe riuscito a trovare un alloggio in condizioni normali; un ulteriore 30% vivrebbe in realtà di sovraffollamento (dato, questo, molto controverso perché secondo alcune associazioni si arriverebbe a toccare quota 77%) e il restante 40% sarebbe senza fissa dimora. Il problema dell'accesso al mercato delle locazioni diventa ancora più complicato nei grossi agglomerati urbani e in particolar modo quanto più ci si spinge al Nord, dove si concentra il 40% della domanda di alloggi. Oltre che con canoni inaccessibili e con le problematiche comuni a chiunque cerchi casa, gli immigrati si trovano a dover fare i conti con pregiudizi, discriminazioni e canoni 1
2 "speciali" (lo confermano alcuni operatori del mercato immobiliare specializzati in questo comparto, come SoloAffitti). In particolare, i proprietari per affittare a soggetti extracomunitari chiedono garanzie e pretendono costi aggiuntivi nonché una fideiussione a tutela del canone. I contratti sono per lo più di natura transitoria, e il canone viene generalmente stabilito a persona: una soluzione decisamente più redditizia per il padrone di casa se si considera che generalmente in un appartamento vivono più nuclei familiari, anche in condizioni di sovraffollamento. A rendere ancora più difficile l inserimento di queste fasce deboli nel mercato delle abitazioni, si aggiunge anche una prassi, ormai ben radicata, che è quella di fissare un canone speciale per i soggetti extracomunitari che supera di gran lunga sia il canone concordato (+60%) sia quello libero, seppur in misura più contenuta (+25%). Se consideriamo che un lavoratore extracomunitario mediamente guadagna meno di uno italiano, è facile comprendere perché si parla di "disagio abitativo": per avere un'idea delle dimensioni del problema, basti pensare che la voce "casa" nel budget di una famiglia italiana media incide nella misura del 23%, mentre per una famiglia di immigrati arriva a toccare quota 54%. Per il 34,6% di loro, il canone di affitto deve rientrare tra i 51,65 e i 154,94 euro e per il 36,3% non deve superare i 258,23 euro. Un altro aspetto preoccupante da non sottovalutare è la "qualità abitativa": spesso a fronte di questi canoni gonfiati corrispondono abitazioni decisamente sotto standard, al limite dell'inagibilità e fatiscenti, tanto da essere ormai escluse dal mercato ufficiale, ma che trovano un mercato parallelo tra gli immigrati: il bisogno impellente di una casa unitamente alla disponibilità al sacrificio e alla necessità di nascondere una posizione irregolare (ogni 100 stranieri regolari ce ne sono 35 irregolari), alimentano un traffico illecito, spesso sommerso. Questo ci introduce a un altro aspetto del problema abitativo e ad un altra realtà: secondo la normativa che riguarda la sanatoria per tutti gli immigrati irregolari presenti in Italia prima del marzo '98, per ottenere la regolarizzazione è indispensabile poter dimostrare di avere un alloggio regolarmente dichiarato. Di conseguenza, agli irregolari senza fissa dimora non resta che dichiarare di essere ospiti di altri stranieri regolari o pagare somme che vanno dai 100 ai 500 euro per una cosiddetta "prova di alloggio". Per chi sceglie il canale dell acquisto la situazione non è molto più semplice. Di quel 4,7% che investe nel mattone, costituito per lo più da filippini (per l 80%), egiziani e tunisini, la maggior parte si indirizza verso appartamenti di medie dimensioni, bilocali (38%) o trilocali (23%), per una spesa che si aggira tra i 180 e i 230 milioni delle vecchie lire, situati per lo più in zone periferiche, vecchi quartieri popolari e comunque in zone dove gli italiani non acquistano più. Non è un caso che filippini, cinesi ed egiziani rappresentino la fetta più consistente della domanda di case in acquisto e, di conseguenza, di finanziamenti. I soggetti appartenenti a queste etnie, sempre più spesso lavoratori autonomi e commercianti, chiedono generalmente finanziamenti pari al 50% del valore dell immobile, con garanzie di solvenza maggiori. Le altre etnie, invece, necessitano di mutui all 80% e a volte persino al 100%. Di fronte a questi dati preoccupanti, che cosa fanno le istituzioni preposte? Secondo quanto rilevato dalla Regione Lombardia, il 92% dei Comuni della provincia di Milano non ha attuato politiche e interventi mirati in proposito. La situazione non migliora mano a mano che si scorre la cartina della Penisola, con qualche eccellente eccezione per alcuni centri dell Emilia-Romagna. NB: visto che esiste un PROBLEMA ABITATIVO sia per immigrati che per gli italiani, perché i giornali o l opinione pubblica non ne parla? Immigrati e la sfida della casa! Abitare = Vivere = Regolarità = Libertà Sandra Nell ottica puramente razionalizzatrice dell immigrazione, gli immigrati sono visti come semplice forza lavoro, per mandare avanti l economia e fare i lavori che nessun italiano vuole più fare, senza tenere conto che anche loro hanno problemi e difficoltà quando arrivano su una nuova comunità. Difficoltà nell inserimento del migrante nella società: una cultura diversa (non conoscenza di leggi, lingua, usi e costumi); mancanza di una rete di sostegno (amici, parenti); vuoti e carenze legislative (permessi di soggiorno, accesso al lavoro e alla casa). Tra i bisogni primari della persona, l esigenza casa è quella che in Italia ha le maggiori difficoltà ad essere soddisfatta. Sono gli immigrati che costituiscono nei nostri giorni la parte più consistente dell'esclusione abitativa in Italia, e l inserimento abitativo è fondamentale per l integrazione di un immigrato nella società. La residenza è indispensabile per qualsiasi atto burocratico, chi non ha residenza non può avere diritto all assistenza sanitaria, non può iscriversi alle liste di collocamento e non può firmare un contratto e è una delle condizioni indispensabili per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. In più l aumento della migrazione in Italia e l aumento dei ricongiungimenti familiari ha portato come principale conseguenza un aumento della domanda di alloggio da parte degli immigrati. Ma l assenza di una legge organica in materia e la conseguente rigidità del mercato immobiliare e la mancanza di certezza nei contratti d affitto fa sì che molti si trovino senza casa 2
3 Il mercato, infatti, avrebbe dovuto essere la risposta naturale anche per gli immigrati, ma si è dimostrato da subito chiuso e mal disposto alla locazione. Gli impedimenti all accesso all abitazione sono:?? la precarietà economica di alcuni migranti?? Difficoltà in accedere a un mutuo dovuto alla poca affidabilità lavorativa (contratti di lavoro a tempo determinato) e alla provvisorietà (permesso di soggiorno a scadenza)?? paura di mancati pagamenti del canone?? danni all immobile?? frequente irreperibilità dell inquilino immigrato?? potrebbe portare alla svalutazione dell immobile?? paura del diverso e dello sconosciuto Tanti degli immigrati non poveri sono mal alloggiati e i poveri sono spesso senza casa. Le sistemazioni sono in gran parte peggiori o molto più costose di quelle accessibili a popolazioni locali a parità di reddito. Sistemazioni precarie, spesso con gradi di disagio improbabili per abitanti italiani, riguardano facilmente anche immigrati che hanno lavoro e reddito. Sono tanti che non hanno un contratto di affitto regolare o che pagano un canone superiore a quello previsto dal contratto, che non ottengono le ricevute di pagamento e che non possono quindi provare di aver pagato il canone, che con tanta difficoltà riescono ad avere un mutuo per acquistare una casa. In alcune aree il mercato della casa per gli immigrati ha caratteri speculativi, in situazioni di sovraffollamento e di disagio e a costi che cittadini italiani non sarebbe in grado di sopportare. Tipologia delle discriminazioni subite dagli immigrati TIPO DI DISCRIMINAZIONE M F Truffe e raggiri sulla casa 31,1 24,5 Rifiuto di affitto casa 46,9 36,6 Conflitti e incomprensioni con vicini di casa italiani 17,4 18,5 Controllo senza motivo di documenti da parte delle forze dell ordine 27,2 11,7 Discriminazione dei figli a scuola 7,5 8,4 Truffe e raggiri sul lavoro 29,5 20,1 Offerte di lavoro al nero 54,1 43,0 Discriminazioni sul posto di lavoro 29,2 18,8 Incidenti sul lavoro non denunciati 11,1 5,0 Rifiuto del lavoro perché immigrato/a 23,0 17,1 Rifiuto/difficoltà ad aprire un conto corrente 10,8 6,0 Molestie sessuali sul lavoro 1,0 7,0 Fonte: Caritas, 2001 Le condizioni abitative degli immigrati: Coabitazione (il 69% degli immigrati, spesso forzata cioè tra persone che non si conoscono). Alloggi inadeguati (il 12% non ha servizi in casa, il 33% non ha acqua calda, il 42% non ha impianti di riscaldamento) Alloggi precari (il 26% occupa alloggi che non rispondono a nessuna tipologia strutturata nemmeno per usi diversi dall abitazione) Insoddisfazione (il 98% vorrebbe migliorare le caratteristiche fisiche dell abitazione). La politica abitativa per gli immigrati Italia e Regione Veneto La legge 943/86 La legge n 943 del 1986 è stata la prima legge italiana in cui sono stati previsti obblighi di rispetto all accoglimento di individui e comunità immigrate (materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati) per lo Stato e per le istituzioni. Aveva fissato all articolo 1 il principio generale per cui ai lavoratori immigrati era garantita parità di trattamento e piena uguaglianza dei diritti rispetto ai lavoratori italiani, compreso il diritto alla disponibilità dell abitazione. La legge Martelli Legge 39/90 Questa legge cerca di attribuire agli immigrati regolari gli stessi diritti civili, economici e sociali dei cittadini italiani, senza imporre l acquisizione della cittadinanza. Ha definito interventi in modo a favorire l integrazione sociale e culturale degli immigrati, e messo a disposizione fondi per il diritto all educazione e all abitazione. Delle proposte allora avanzate hanno trovato attuazione solo quelle all insegna dell emergenza, e quelle relative alle strutture di prima accoglienza, le soluzioni provvisorie diventano il modo normale di affrontare la questione. Ha avuto anche la grave responsabilità di aver diffuso la concezione di un abitare inferiorizzato per gli extracomunitari. 3
4 Veneto: la legge regionale 9/90 La Regione aveva previsto tre tipi di soluzione al problema abitativo: - l assegnazione di alloggi erp agli immigrati residenti da almeno due anni nel territorio della nostra Regione (requisiti modificati dalla L.R.10/96); - la realizzazione di accordi fra enti pubblici e privati (tra cui cooperative ed associazioni) per il reperimento di alloggi stabili, anche mediante la creazione di un fondo di garanzia e salvaguardia dei diritti dei locatori; - il finanziamento di progetti (opere di risanamento, ristrutturazione o recupero di alloggi) finalizzati a creare strutture di ospitalità temporanea e per la quale era prevista la concessione di contributi in conto capitale. Il Testo Unico sull immigrazione: il decreto legislativo 286/98 Il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell immigrazione e norme sulla condizione dello straniero supportata dalla logica dell emergenza, con cui si era affrontata la questione; inoltre intende disciplinare organicamente ogni aspetto giuridico della vita dello straniero immigrato extracomunitario presente in Italia. Nella relazione sono tre gli obiettivi: la realizzazione di una più efficace programmazione dei flussi d ingresso per lavoro; l aumento della prevenzione e della repressione dell immigrazione illegale; l incremento delle misure di effettiva integrazione degli stranieri regolarmente soggiornanti. L articolo 40 e le modifiche del decreto Bossi-Fini Questo articolo del Testo Unico prevede multiple possibilità d intervento, a seconda delle dello percorso migratorio, mettendo in evidenzia le Regioni, enti locali e nel settore no-profit. Il decreto di legge Bossi-Fini peggiora la situazione, perché rende precaria e difficile l integrazione degli immigrati nella nostra società. Questo decreto s inserisce in una logica della Fortezza Europa che prova di proteggere l Italia dall invasione dei migranti. Immigrazione nel Veneto La grave contraddizione che emerge è quella di un Veneto che ha un bisogno estremo di stranieri, ma non ne favorisce certo l integrazione: aspettavano braccia, sono arrivate persone. Cosi gli stranieri extracomunitari oggi, molto più che nel passato, sono richiesti, ma non benvenuti (wanted but not welcome). Il Nordest svolge una funzione calamita su chi cerca fortuna e lavoro trasformando il Veneto, da terra d emigranti, in uno dei principali motori economici d Italia. Cosi è diventato una delle prime regioni in Italia ad utilizzare manodopera straniera: si pensi che 1 neoassunto su sette nel Nordest è extracomunitario. Veneto Stranieri soggiornanti al 31/12/2000 Provincie Registrati Stima Dossier 1999 % aumento Belluno ,9 Padova ,4 Rovigo ,2 Treviso ,5 Venezia ,9 Verona ,2 Vicenza ,6 Veneto ,8 Fonte: Caritas, 2001 Nel periodo , è stata la prima regione in Italia per l incremento dei permessi di soggiorno. I lavori tipici dell extracomunitario sono soprattutto nelle attività industriali della piccola media impresa, il tipo di lavoro richiesto è soprattutto di manodopera poco qualificata: gli stranieri vengono impiegati nei lavori rifiutati dagli italiani, e sono fondamentali perché mantengono in vita strutture che altrimenti rischierebbero di scomparire. In Veneto trovare un lavoro è facile, il difficile è trovare un alloggio. Coordinamento Veneto Accoglienza Come nel documento "Un Modello Veneto di Accoglienza Abitativa degli Immigrati", tutte le associazione hanno iniziato il suo percorso quando certe persone, normalmente già impegnate nel volontariato e nel settore sociale, si accorgano della presenza di un problema legato al fenomeno dell immigrazione: la difficoltà di trovare un alloggio, sia per motivi d emergenza e di prima accoglienza, sia per lunga durata. La presa di coscienza di questo bisogno si torva face a una realtà di una risposta insufficiente di alloggio per i lavoratori stranieri. Ci sono quattro possibilità quando parliamo di alloggiamento per immigrati per avere diritto alla casa: 4
5 ?? Centri di accoglienza per alloggio temporaneo;?? Accesso agli alloggi sociali o centri di seconda accoglienza;?? Contributi regionali per opere di risanamento degli alloggi;?? Diritto di accesso agli alloggi di edilizia pubblica e al credito agevolato. I Centri di Prima Accoglienza Con questo termini si identifica la prima soluzione al bisogno abitativo a carattere molto provvisorio e a prezzi simbolici, concesso agli immigrati di recente arrivo in attesa di una sistemazione. La cultura introdotta dalla legge Martelli ha portato alla realizzazione di strutture di questo tipo, generalmente presso edifici scolastici, alberghi o collegi in disuso, e ha in grande modo contribuito a diffondere una concezione dell'abitare inferiorizzato per gli stranieri. La sua concezione è sostenuta dalle organizzazioni di volontariato. I centri di prima accoglienza sono vitali nella risposta ai bisogni abitativi degli immigrati, ma sfortunatamente la scarsità di alternative ha sempre impedito il pieno svolgersi della loro funzione. Questi centri divengono un punto di riferimento per le fasce più problematiche della popolazione immigrata, costituita da esclusi dal mercato del lavoro e portatori di molteplici disagi La prima accoglienza, dovrebbe coprire solo una prima fase di emergenza abitativa, insegnando all immigrato la possibilità di rivolgersi a altri canali come: le strutture pubbliche, il mercato privato o le soluzioni proposte dal privato sociale. Ma la difficoltà di trovare soluzioni abitative alternative e la mancanza di interventi face problema alloggio ha costretto tanti immigrati ad accettare una sistemazione abitativa non appropriata, anche non avendo problematiche di emarginazione e spesso anche in possesso di un impiego stabile. Il Dossier Statistico della Caritas (2001) rileva che in Italia sono presenti 980 strutture di questo e il triangolo composto da Lombardia, Emilia Romagna e Veneto detiene il 60% dei posti letto disponibili a livello nazionale. Seconda accoglienza ed inserimento Questa seconda accoglienza è una situazione di alloggio collettivo offerta agli immigrati economicamente autosufficienti e in grado di pagarsi un affitto. In questa fase non è previsto limiti temporali di accoglienza e si caratterizza per la convivenza di persone, con o senza famiglia, che non hanno ancora definito la meta finale del loro percorso migratorio. L inserimento è la fase che inizia quando cessa la dipendenza diretta dal gruppo etnico o da altra struttura di supporto per quanto riguarda la sistemazione abitativa. Questo avviene quando l immigrato ha deciso di stabilirsi a lungo termine sul territorio, frequentemente succede quando decide fare il ricongiungimento familiare, o quando contrae matrimonio. Edilizia residenziale pubblica (ERP) L edilizia residenziale pubblica in passato era finanziata attraverso prelievi obbligatori sui salari dei lavoratori (fondi Ina-Casa, Gescal), ma oggi pesa totalmente sui bilanci regionali. Con il decreto legislativo n 112 del 1998, sono state trasferite le competenze delle politiche abitative dallo Stato alle Regioni, senza nessuna attribuzione di finanziamenti. Il trasferimento ha eliminato la confusione di ruoli e poteri tra Stato e Regioni, che era una delle cause dei ritardi e di scelte irresponsabili. Le richieste d assegnazione di alloggi ERP fatte da immigrati sono sempre in aumento, ma la risposta rimane sempre bassa. Questa crescita è soprattutto dalla maggior informazione perché nel passato erano pochi gli immigrati che erano a conoscenza della possibilità di poter usufruire di questo tipo di alloggio. Comunque è grave constatare che possono accedere all edilizia residenziale pubblica, al pari degli italiani, solo gli stranieri titolari di carta di soggiorno o aventi un permesso di soggiorno almeno biennale, e che lavorano, rimanendo fuori gli iscritti alle liste di collocamento, chi ha il permesso con una durata inferiore a due anni e anche quelli che hanno richiesto e ottenuto asilo politico. L esperienza di Padova In Comune, ogni anno fino al 30 settembre escono i bandi di concorso per l assegnazione degli alloggi erp. Una volta raccolte tutte le domande si procede all istruttoria delle stesse. Possono concorrere tutti quelli che hanno la cittadinanza italiana o di uno stato aderente alla Comunità Europea, che siano residenti anagraficamente o che prestino attività lavorativa nel Comune cui si riferisce il bando, che non siano proprietari di altre abitazioni e non abbiano già beneficiato di contributi erp. I cittadini stranieri immigrati, per parteciparvi, devono essere titolari di carta di soggiorno o regolarmente soggiornanti per motivi di lavoro. 5
6 Considerando il caso di Padova: vediamo che il Comune riesce a rispondere al 10% della domanda. Nel 2001 delle 1683 richieste, sono state assegnate solo 200 case: e si vigesse la Bossi-Fini, agli immigrati restava una quota di 10 case fronte a una domanda di 525 richieste. Purtroppo i finanziamenti sono molto pochi e tendono sempre a diminuire Domande di alloggi erp totali Domande di alloggi erp presentate da extracomunitari Percentuale 19% 26% 32% Fonte: Comune di Padova, Servizio Politiche Abitative, 2002 Il calcolo del canone è effettuato dagli uffici competenti considerando il reddito della persona, la dimensione e lo stato di manutenzione dell alloggio. In più gli assegnatari sono tenuti a comunicare la composizione del proprio nucleo familiare e del proprio reddito. Il canone medio di un alloggio è di 100 euro (Arav, 2002). Alcuni soluzioni per risolvere il problema del disagio abitativo: Per il governo: cambiare da una la politica di emergenza a una politica assistenziale, creare un organismi di coordinamento nazionale delle politiche abitative, creare agevolazioni fiscali per i proprietari che affittano a stranieri, politiche di agevolazione all acquisto della prima casa, predisporre incentivi agli enti locali per l edilizia di case di popolari. Per le enti pubblici (comuni, province, regioni): collaborazione tra soggetti istituzionali e non istituzionali, promuovere l integrazione per abbassare la soglia di conflitto e la diffidenza, e prevedere la possibilità di una stipula diretta dei contratti di locazione assumendosene il rischio Per le agenzie immobiliari: consociarsi con l edilizia pubblica mettendo in contatto la domanda e l offerta, fungendo da intermediari e cercare di appoggiarsi il più possibile alle cooperative sociali; Per i datori di lavoro: finanziare l edilizia pubblica; cercare e affittare le case ai loro dipendenti stranieri, e farsi garanti dei loro dipendenti alla stipula del contratto. 6
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