Gli ''avvocati'' a marchio CE (o CEPU) Andrea Bulgarelli) Altalex.it. Tribunale Verona, ordinanza
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- Sergio Bonaventura Andreoli
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1 Gli ''avvocati'' a marchio CE (o CEPU) Andrea Bulgarelli) Altalex.it Tribunale Verona, ordinanza L interessante provvedimento del tribunale di Verona (ordinanza 13 dicembre 2012) consente di gettare uno sguardo sulle "opportunità" professionali europee e comprendere meglio il contenuto di alcune pubblicità che offrono la possibilità (a laureati italiani) di diventare avvocati senza superare l'esame di abilitazione alla professione forense previsto dagli artt. 20 e ss. del R.D.L. n. 1578/1933 (ed ora dagli artt. 46 e ss. della nuova Legge professionale 31 dicembre 2012, n. 247 in Gazzetta Ufficiale 18 gennaio 2013, n. 15). Non si mai che vi capitasse prima o poi d incontrare sulla vostra strada putacaso un abogado magari dal cognome rigorosamente italiano a dispetto del titolo quanto segue vi aiuterà a capire da dove venga e soprattutto dove voglia andare. Rimane inteso che gli avvocati italiani non faranno comunque leggere, né riferiranno quanto qui riportato a nessuno dei loro praticanti affinché non si facciano venire strane idee di comportamenti elusivi: giovandosi cioè di diritti conferiti dall ordinamento dell Unione europea per scopi difformi da quelli della libertà di circolazione dei professionisti e nello spazio europeo, ed in sostanza lucrando un indebito vantaggio rispetto ai professionisti connazionali, che hanno dovuto superare un regime di accesso effettivamente più severo (Consiglio Nazionale Forense, parere del 23 febbraio 2011, n. 33). Chi ha risposto lo giuro può proseguire nella lettura. Per il riconoscimento della professione di avvocato nell'unione Europea è possibile utilizzare due percorsi alternativi:
2 A. la Direttiva 05/36/CE (recepita in Italia col D.lgs. 9 novembre 2007, n. 206) grazie alla quale il soggetto munito di titolo professionale di altro Paese membro equivalente a quello di avvocato, che voglia esercitare stabilmente la propria attività in Italia, può chiedere al Ministero della Giustizia italiano il riconoscimento del titolo di avvocato con iscrizione al relativo Albo, normalmente subordinato al superamento di una misura compensativa (=prova attitudinale, oggi disciplinata dal D.M. 28 maggio 2003, n. 191). Per chi provenga dall Italia e sia stato attratto dalle opportunità offerte dalla Spagna, ad esempio, la trafila burocratica consiste quindi: nell omologazione (credencial de homologacion) del titolo di studio accademico conseguito in Italia a quello analogo spagnolo, nell iscrizione ad un Colegio de Abogados (per i requisiti V. Ley 34/2006, de 30 de octubre, sobre el acceso a las profesiones de Abogado y Procurador de los Tribunales; Ley 5/2012, de 6 de julio, de mediación en asuntos civiles y mercantiles), nella richiesta di riconoscimento al Ministero della Giustizia del titolo professionale di abogado ai fini dell'accesso ed esercizio in Italia della professione di avvocato; nel superamento di una prova attitudinale avanti una commissione, istituita presso il Consiglio nazionale forense normalmente consistente nella redazione di un atto giudiziario sulle seguenti materie, a scelta del candidato: (diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo sostanziale e processuale, diritto processuale civile, diritto processuale penale), oltre che in una prova orale su due materie essenziali al fine dell'esercizio della professione di avvocato in Italia (una su deontologia e ordinamento professionale; una su una tra le seguenti materie (a scelta del candidato): diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo (sostanziale e processuale), diritto processuale civile, diritto processuale penale, diritto commerciale).
3 B. la Direttiva 98/5/CE (c.d. direttiva stabilimento recepita in Italia col D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96), volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato Membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale (art. 1, comma 1). Con questa seconda strada (definirla scorciatoia mi pareva indelicato) chi sia munito di equivalente titolo professionale di altro Paese membro (e abbia in seguito adempiuto a quanto previsto ai sopraelencati punti 1 e 2) può chiedere l iscrizione nella Sezione speciale dell Albo italiano del foro nel quale intende eleggere domicilio professionale in Italia, utilizzando il proprio titolo d origine (ad es. quello, spagnolo, di abogado ). Al termine di un periodo triennale di effettiva attività in Italia (d intesa con un legale iscritto nell Albo italiano, purchè non nella sezione degli avvocati stabiliti) può chiedere di essere integrato con il titolo di avvocato italiano e di essere iscritto all Albo ordinario, dimostrando al Consiglio dell Ordine l effettività dell attività svolta in Italia come professionista comunitario stabilito. Attraverso tale procedimento l interessato è dispensato dal sostenere la prova attitudinale, richiesta a coloro che (avvalendosi del meccanismo di cui alla sopra vista direttiva 05/36/CE) intendano ottenere l immediato riconoscimento del titolo di origine al fine di potersi fregiare della qualifica di avvocato. L ordinanza del tribunale di Verona che si commenta si occupa di questa seconda possibilità (lett. B) che non prevedendo, normalmente, un esame è quella che ha avuto ad oggi maggior successo anche commerciale per quelle organizzazioni che forniscono tutta l assistenza necessaria. Il decreto legislativo 96/2001 e la direttiva 98/05/CE
4 Il decreto legislativo 96/2001 è un ibrido. Nella sua prima parte ha recepito in Italia la direttiva 98/05/CE, recante regole uniformi volte a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro europeo diverso da quello in cui è stata acquisita la relativa qualifica. Nella sua seconda parte, in ottemperanza alle disposizioni fissate dalla legge 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999), si rivolge, invece, esclusivamente agli avvocati italiani determinando le condizioni che consentono loro di esercitare l'attività professionale per mezzo dello strumento societario (c.d. società tra professionisti ora oggetto di delega al Governo ex art. 5 nuova legge professionale). Lo Stato italiano ha, in realtà, recepito la direttiva 98/05/CE in due tempi: in un primo tempo, formalmente, non riuscendo a rispettare il termine del 14 marzo 2000 imposto per l'attuazione della direttiva, con la succitata legge comunitaria, nella quale ha fissato, all'art. 19, i princìpi generali contenuti nella direttiva europea, in un secondo tempo, sostanzialmente, delegando il Governo ad emanare, entro il nuovo termine di un anno, uno o più decreti legislativi con i quali adeguare la normativa nazionale relativamente all'esercizio della professione dell'avvocato europeo in Italia. Nella normativa in esame sono previste due diverse categorie di avvocato: l'avvocato stabilito e quello integrato. Il primo è il cittadino comunitario che, conseguito in altro Stato un titolo professionale assimilabile a quello di avvocato (V. art. 2 per un elenco dei titoli
5 stranieri), eserciti in modo stabile la professione in Italia col titolo di origine e risulti iscritto nella sezione speciale dell'albo degli avvocati (art. 3 comma 1, lett. D; art. 6, comma 1). Il secondo è lo stesso professionista europeo il quale, dopo aver esercitato per tre anni in modo «effettivo e regolare» l'attività professionale in Italia ed aver per questo ottenuto la dispensa dalla prova attitudinale oggi disciplinata dal D.M. 28 maggio 2003, n. 191, abbia maturato il diritto d esercitare la professione di avvocato alle stesse condizioni e secondo le stesse modalità previste per il professionista che eserciti la professione in Italia con il titolo di avvocato (art. 3 comma 1, lett. e; art. 4, comma 2). L'avvocato stabilito L'avvocato stabilito deve iscriversi in una sezione speciale dell'albo tenuto nella circoscrizione del tribunale in cui ha fissato la propria residenza o domicilio professionale (art. 6). Per quanto maggiori spazi di apprezzamento valutativo competano al Consiglio dell ordine alla fine dei tre anni previsti dall art. 12 del D.lgs 96/2001, e non piuttosto all inizio di tale triennio, anche in sede di prima ricezione della domanda di iscrizione nella sezione stabiliti i Consigli dell ordine conservano uno spatium delibandi. Al Consiglio dell'ordine spetta infatti il compito di verificare la compresenza dei requisiti e delle certificazioni richieste: a) certificato di cittadinanza di uno Stato membro della Unione europea o dichiarazione sostitutiva;
6 b) certificato di residenza o dichiarazione sostitutiva ovvero dichiarazione dell'istante con la indicazione del domicilio professionale; c) attestato di iscrizione alla organizzazione professionale dello Stato membro di origine, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, o dichiarazione sostitutiva. Ciò soprattutto al fine di accertare eventuali fattispecie di c.d. abuso del diritto da ravvisarsi nel comportamento di chi, pur nel rispetto formale delle condizioni poste dal diritto dell'unione Europea, si proponga di ottenere un vantaggio derivante dalle norme comunitarie attraverso la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (per una ipotesi di tal fatta Consiglio nazionale forense, sentenza n. 126/2012 decisa il 21 settembre 2011; sugli aspetti che l Ordine dovrà specificamente considerare Cfr. Consiglio nazionale forense, parere 10 marzo 2005, richiedente COA Bolzano, banca dati C.N.F. IPSOA, in Il contegno di colui che richiede un duplice riconoscimento dei propri titoli, rientrando nello Stato membro di provenienza senza dimostrare di aver acquisito alcun know how professionale aggiuntivo rispetto alla condizione di partenza, pone in essere un comportamento elusivo, giovandosi cioè di diritti conferiti dall ordinamento dell Unione europea per scopi difformi da quelli della libertà di circolazione dei professionisti e nello spazio europeo, ed in sostanza lucrando un indebito vantaggio rispetto ai professionisti connazionali, che hanno dovuto superare un regime di accesso effettivamente più severo, presidiato perfino in taluni ordinamenti europei, e tra questi, in quello italiano da norme di rango costituzionale (cfr. art. 33, comma 5, Cost.) (Consiglio Nazionale Forense, parere del 23 febbraio 2011, n. 33) Poiché la direttiva 98/5/CE è volta a facilitare l'esercizio della libertà di stabilimento, non è invece consentito allo Stato membro ospitante di subordinare ad una verifica della conoscenza della lingua l'esercizio dell'attività forense con il titolo professionale dello Stato membro d'origine (Corte di Giustizia 19 settembre 2006,
7 Graham J. Wilson/Ordre des avocats du barreau du Luxembourg, causa C 506/04) a differenza di quanto previsto invece nel Decreto legislativo n. 206/2007 che ha attuato la direttiva 05/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonchè la direttiva 06/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania. Verifica che sarebbe comunque inutile per l avvocato migrante italiano. È invece possibile che venga una tale verifica venga operata in senso contrario, ove si rinvengano indici di anomalia nella richiesta di stabilimento, con un opportuno approfondimento da parte del locale C.O.A. Un breve lasso di tempo nel quale nel quale l avvocato straniero che intenda stabilirsi in Italia abbia conseguito i titoli stranieri può infatti far presumere la mancata conoscenza linguistica del Paese di provenienza e quindi l impossibilità di aver colà effettivamente svolto il percorso formativo previsto (Consiglio Nazionale Forense, parere del 23 febbraio 2011, n. 33). Il procedimento di verifica si concluderà in ogni caso con una pronuncia, di accoglimento o di rigetto, la cui natura sostanzialmente discrezionale la rende suscettibile d impugnazione (ricorso al Consiglio nazionale forense ex art. 6, commi 7 e 8, D.lgs. n. 96/2001; successiva impugnazione per motivi di legittimità con ricorso alla Corte suprema di cassazione sezioni unite ex art. 56, comma 3 del citato R.D.L. ed ora art. 36, comma 6 nella nuova legge professionale). Con l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo, l'avvocato europeo acquisisce una serie di diritti, doveri e facoltà, tra i quali il diritto di elettorato attivo (con esclusione di quello passivo), quello di utilizzare il proprio titolo professionale d'origine indicato per intero e nella lingua del Paese d'origine, quello di esercitare tutte le attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, la facoltà di procedere, previa la prescritta autorizzazione, alle notifiche di cui alla l. n. 53/94 (Consiglio Nazionale Forense, decisione 30 settembre 2008, n. 105; Consiglio Nazionale Forense, parere del 24 maggio 2012, n. 33).
8 Successivamente all'iscrizione, l'avvocato stabilito è tenuto a presentare annualmente al Consiglio dell'ordine italiano un attestato di iscrizione all'organizzazione professionale di appartenenza, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, ovvero dichiarazione sostitutiva. Nessuno sconto, fortunatamente, è previsto sulle regole da rispettare. In base agli artt. 5 e 11 sia l'avvocato stabilito che quello integrato: 1. sono tenuti all'osservanza delle norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato, 2. sono soggetti al potere disciplinare del Consiglio dell'ordine competente ed alle norme sulle incompatibilità che riguardano l'esercizio della professione di avvocato, 3. sono soggetti agli stessi obblighi in materia di assicurazione contro la responsabilità professionale previsti per legge a carico del professionista che esercita con il titolo di avvocato, 4. sono tenuti a frequentare gli stessi corsi di formazione permanente previsti per il professionista che esercita con il titolo di avvocato. In ordine alle prestazioni giudiziali e quindi nell'esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali è necessaria la nomina di un difensore, l'avvocato stabilito deve invece agire d intesa con un (solo) professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il quale assicura i rapporti con l'autorità adita o procedente e nei confronti della medesima è responsabile dell'osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori (art. 8, comma 1; Consiglio Nazionale Forense, parere del 24 maggio 2012, n. 31).
9 Tale intesa deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all'autorità procedente, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell'assistito. L avvocato italiano, con cui l avvocato stabilito agisce di intesa, non è invece obbligato a presenziare, ovvero assistere, alle udienze alle quali il secondo partecipi, ferma la forte responsabilità dell avvocato italiano per quanto attiene al controllo dell attività dell avvocato stabilito, pur in assenza della condivisione del mandato difensivo (Consiglio Nazionale Forense, parere del 28 marzo 2012, n. 9; Consiglio Nazionale Forense, parere del 24 maggio 2012, n. 31). Nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni indicate nell'articolo 4, secondo comma, del regio decreto legge n del 1933 l avvocato tutor dovrà ovviamente essere abilitato ad esercitare davanti ad esse. Nessun limite invece è previsto per le prestazioni stragiudiziali. L'avvocato stabilito ha infatti il diritto di esercitare, senza le limitazioni di cui all'articolo 8, l'attività professionale stragiudiziale, potendo fornire, in particolare, consulenza legale sul diritto dello Stato membro di origine, sul diritto comunitario ed internazionale, nonché sul diritto nazionale (art. 10). La pronuncia del tribunale di Verona L intesa prevista dall art. 8, comma 1 deve come detto risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all'autorità procedente, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell'assistito.
10 Condivisibilmente il tribunale di Verona ha ritenuto che essa non debba necessariamente essere formalizzata in un unico documento sottoscritto dall avvocato affiancante e dall avvocato affiancato, ma possa anche risultare da due distinte dichiarazioni, una proveniente dall avvocato affiancante e l altra dall avvocato affiancato, purchè entrambe abbiano i requisiti previsti dal primo comma della norma sopra citata. Stando all interpretazione letterale della norma è rilevante anche il dato temporale posto che tale intesa dovrà avere una data anteriore alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell'assistito e quindi dovrà essere necessariamente precedente, ad esempio, a quella dell atto di citazione o della comparsa di costituzione, non potendo pertanto con esse coincidere. Il tribunale di Verona ha poi ritenuto, ancora una volta condivisibilmente, che non vi possa essere un affiancamento in via generale o generica ad un avvocato abilitato ma che tale integrazione di poteri debba essere fornita per ogni singola procedura analogamente a quanto accade per la procura speciale ex art. 83 c.p.c. L intesa dovrà quindi sempre contenere l indicazione del contenzioso al quale si riferisce, oltre che essere indirizzata ad una specifica autorità giudiziaria. Il riferimento al giudice adito ed all autorità procedente contenuto nell art. 8, D.Lgs. 96/2001 presuppone infatti l esistenza di un determinato procedimento onde, in virtù di tale richiamo, e per simmetria interpretativa, può affermarsi che la scrittura privata richiesta: adempia in sostanza alla medesima funzione della procura speciale (richiedendosi invece in sede processuale l atto pubblico per il conferimento delle procure generali).
11 Ammettere la possibilità di intesa per il tramite di un unica scrittura privata, a valere indifferenziatamente per una serie indeterminata di processi, comporterebbe di fatto per l avvocato affiancato una piena e definitiva abilitazione sottraendolo al controllo dell avvocato italiano: conseguenza che la lettera e lo spirito della norma intendono evitare secondo quanto si osserverà in appresso. La riferibilità dell atto di intesa può sussistere pur in mancanza di un espressa individuazione del contenzioso, soddisfacendo a tale esigenza anche il fatto che la dichiarazione sia contenuta nel fascicolo e risulti indirizzata ad una specifica autorità giudiziaria, ma non può ammettersi un atto di intesa a contenuto indifferenziato in relazione alle attività (Consiglio Nazionale Forense, parere del 24 maggio 2012, n. 31). Il tribunale veronese rileva che ove tali prescrizioni non siano osservate l atto giudiziario e la procura alle liti (nella parte relativa all autenticazione della sottoscrizione del legale rappresentante dell attrice) se sottoscritti dal solo abogado, debbano considerarsi nulli. Nulli ma tuttavia sanabili ai sensi dell art. 182, comma 2, c.p.c., che consente al giudice l assegnazione di un termine perentorio vuoi per il rilascio di una valida procura alle liti, vuoi per la sua rinnovazione, e che se rispettato: sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione (art. 182 c.p.c. comma 3, secondo periodo). L art. 8 in realtà non prevede espressamente tale sanzione anche se utilizza il termine deve nel riferirsi ai requisiti dell intesa. In teoria sarebbe dunque applicabile l art. 156, comma 1, c.p.c.:
12 Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge. Il tribunale veronese ha però molto probabilmente fatto applicazione dell art. 156, comma 2, che prevede che la nullità possa essere pronunciata quando l'atto (l intesa) manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Ed in effetti, l integrazione di poteri di cui all art. 8 D.lgs. 2/2/2001 n. 96, ove non sufficientemente specifica, pare contrastare con la lettera e lo spirito della norma e la necessità che l avvocato stabilito sia soggetto al controllo effettivo dell avvocato italiano. L avvocato integrato L'esercizio della professione forense da parte dell avvocato stabilito presenta il carattere della provvisorietà posto che la naturale conclusione del percorso di accesso alla professione forense è l'integrazione che realizza compiutamente l'attuazione del diritto della libertà di stabilimento degli avvocati. L'art. 12 del D.lgs. 96/2001 prevede che l'avvocato stabilito, dopo aver esercitato in Italia in modo effettivo e regolare, per almeno tre anni, l'attività professionale relativamente al diritto italiano, ivi compreso il diritto comunitario (art. 12, comma 1), possa iscriversi nell'albo ordinario degli avvocati italiani ed esercitare la professione utilizzando il relativo titolo (avvocato) senza necessità di superare la prova attitudinale di cui all'art. 8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115 (oggi prevista dall art. 22 del D.lgs. 9 novembre 2007, n. 206 che ha abrogato D.Lgs. 115/1992 e regolamentata dal D.M. 28 maggio 2003, n. 191).
13 Col titolo professionale di avvocato italiano, il professionista europeo, viene considerato al pari di colui il quale, italiano o comunitario, abbia ottenuto in Italia il diploma di laurea in giurisprudenza, abbia completato il previsto periodo di tirocinio ed infine abbia superato l'esame di abilitazione alla professione forense. Le condizioni principali al verificarsi delle quali l'avvocato stabilito, previa verifica (art. 13) da parte del Consiglio dell'ordine presso il quale l'avvocato stabilito è iscritto, potrà, dunque, iscriversi nell'albo ordinario degli avvocati, sono essenzialmente due: il decorso di almeno tre anni dal momento dell'iscrizione nella sezione speciale dell'albo ex art. 6 del d.lgs. n. 96/2001, l'esercizio professionale effettivo e regolare in Italia per (almeno) tale periodo. La richiesta effettività e regolarità dello svolgimento della professione forense si riferisce all'attività svolta secondo il diritto italiano e quello comunitario (art. 13, comma 2). L'inciso «ivi compreso il diritto comunitario» presente nell'art. 13, comma 2 non può tuttavia essere inteso come una parificazione tra il diritto comunitario e diritto nazionale ai fini del computo del tempo trascorso per la dispensa della prova attitudinale. Un ruolo diverso da una netta subordinazione del diritto comunitario a quello italiano rischierebbe, infatti, di compromettere, altrimenti, in radice la ratio del tirocinio triennale volto a far acquisire all'avvocato stabilito un'adeguata conoscenza del diritto italiano sostanziale e processuale.
14 Fatta eccezione per questa limitata possibilità (che pare legittimata anche dal successivo art. 14) non può invece essere utilmente conteggiato per il maturare del termine previsto il tempo impiegato in attività che abbiano alla base altri diritti. Ove, in sede di verifica di tali presupposti, non vengano ritenute sussistenti le sopraindicate condizioni previste dall art. 12, comma 1, il Consiglio dell'ordine presso il quale l'avvocato stabilito è iscritto dovrà rigettare la domanda di dispensa dalla sopraindicata prova attitudinale che quindi dovrà essere necessariamente svolta onde accertare le conoscenze professionali e deontologiche e valutare la capacità all'esercizio della professione ed ottenere, infine, se superata, il riconoscimento del titolo e quindi l iscrizione all albo. La prescritta verifica non è invero disciplinata da una specifica procedura atta a verificare che le domande di riconoscimento non invochino il diritto comunitario «fraudolentemente o abusivamente». Occorrerà comunque che si proceda ad un giudizio analitico caso per caso, verificando dalla documentazione prodotta quale sia la consistenza del percorso formativo e professionale dell interessato (ex artt. 13, comma 3, D.Lgs. 96/2001). Avverso la decisione del Consiglio dell ordine sarà, anche in questo caso, possibile proporre ricorso nelle forme e di fronte alle autorità già indicate per il rifiuto di iscrizione dell avvocato comunitario nell Albo speciale degli avvocati stabiliti. Anche una volta ottenuta l iscrizione l avvocato integrato non può tuttavia considerarsi definitivamente al sicuro. In base all art. 21, comma 3, della nuova legge professionale, promulgata il 7 gennaio 2013, ma non ancora pubblicata nella G.U.R.I., il Consiglio dell ordine forense ha infatti l espresso potere dovere di procedere alla verifica periodica degli
15 albi ogni tre anni (l art. 16, comma 3, della vecchia legge professionale R.D.L. 1578/1933 preveda tale obbligo ogni anno) al fine di verificare la sussistenza di tutti i presupposti d iscrizione. A tutela dell interesse pubblico al corretto esercizio della professione forense (Corte cost. n. 405/2005) sussiste dunque il potere dell Ordine di revoca dell iscrizione a suo tempo disposta ove vengano anche solo in seguito ravvisate situazioni di abuso del diritto dell Unione europea. Ove, tuttavia, i presupposti per procedere all espunzione del soggetto dall albo dovessero emergere dopo lungo tempo dall originaria delibera di iscrizione l opportunità di una tale decisione andrà tuttavia ben soppesata alla luce dell affidamento ingenerato nei terzi e del consolidarsi delle aspettative dell interessato potendo riverberarsi su processi in corso e sugli interessi di clienti in piena buona fede (Consiglio Nazionale Forense, parere del 23 febbraio 2011, n. 33). In ogni caso lo stesso CNF (nell ultimo parere citato) suggerisce di modulare la produzione degli effetti dell eventuale provvedimento di revoca dell iscrizione a suo tempo disposta in forme compatibili con le accennate esigenze, dovendosi tendenzialmente escludere la revoca con effetti ex tunc, di per sé idonea a travolgere tutti gli atti compiuti dal soggetto cancellato. I potenziali problemi ricollegabili al diritto di stabilimento per gli avvocati europei non sono insomma destinati a esaurirsi, per chi intenda scegliere, ad esempio, la via spagnola, nemmeno dopo la iscrizione all Albo ordinario degli avvocati. Mi chiedo allora: ma vale veramente la pena di dar vita a (tra l altro onerose) trasferte meramente burocratiche in Spagna solo per sottrarsi all esame di abilitazione alla professione di avvocato in Italia offrendo tra l altro un domani ai colleghi un facile motivo di critica ed ironia?
16 Con le sopraindicate ultime modifiche previste dalle leggi iberiche per l accesso alla professione di avvocato, tra l altro, la durata prevista per l intero percorso spagnolo è di 12/18 mesi. La scorciatoia non può quindi più considerarsi propriamente tale. In Spagna conviene dunque certamente continuare ad andarci ma solo in vacanza. Oppure per andare a vedere la partita di Champions league tra Barcellona e Milan il prossimo 12 marzo. Claro?. Nota di Andrea Bulgarelli)
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