Opportunità di occupazione, soddisfazione e fuga dei laureati meridionali 1 (versione preliminare) Daria Ciriaci

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1 Opportunità di occupazione, soddisfazione e fuga dei laureati meridionali 1 (versione preliminare) Daria Ciriaci Abstract: Questo articolo si propone di descrivere la fuga delle risorse umane qualificate dal Mezzogiorno verso il resto del Paese e di contribuire a due dibattiti, quello sulle cause e le conseguenze di tale fuga e quello sulla direzione di causalità tra presenza di risorse umane qualificate e specializzazione produttiva, inserendoli nel quadro del dualismo economico italiano. A questo fine sono stati elaborati i dati individuali dell indagine ISTAT sull inserimento professionale dei laureati (considerati come proxy del capitale umano qualificato) del 2001 a tre anni dalla laurea. L evidenza empirica suggerisce che è la necessità di trovare un lavoro qualsiasi a motivare la fuga dei giovani laureati meridionali dalla loro area di residenza e che l insufficienza dell attuale livello di qualificazione delle risorse umane e la fuga di gran parte di quelle che si formano costituiscono, non tanto la causa del mancato sviluppo dell area, ma proprio la sua principale conseguenza. È più un problema di caratteristiche strutturali della domanda piuttosto che di carenza nell offerta di capitale umano. La forza lavoro meridionale laureata si dirige laddove è richiesta forza lavoro e trova occupazioni spesso inadeguate rispetto al titolo conseguito. JEL classification: F 22; J 24; J 61 Keywords: Brain-drain, geographic labour mobility, demand for labour. Università degli Studi La Sapienza, Dipartimento di Scienze Economiche, Roma; dariaciriaci@msn.com.

2 2 Opportunità di occupazione, soddisfazione e fuga dei laureati meridionali 2 (versione preliminare) di Daria Ciriaci 1. Premessa Questo articolo si propone di analizzare la fuga delle risorse umane qualificate (il cosiddetto brain-drain) tra due aree appartenenti allo stesso Paese. In particolare, si vuole descrivere il braindrain in atto dal Mezzogiorno verso il resto del Paese e contribuire a due dibattiti piuttosto attuali - il primo riguardante le cause e le conseguenze di tale fuga e, il secondo, la direzione di causalità tra presenza di risorse umane qualificate e specializzazione produttiva - inserendoli nel quadro del dualismo economico italiano. Si ritiene, infatti, che questo fenomeno non sia stato adeguatamente considerato dalla letteratura e che, data la sua entità, meriti almeno la stessa attenzione di quella riservata alla più contenuta fuga dei cervelli italiani all estero. Al fine di mostrare l entità del problema e di porne in risalto le cause e le conseguenze, sono stati elaborati i dati individuali dell indagine statistica sull inserimento professionale dei laureati condotta dall ISTAT nel e riguardante i laureati italiani del 2001, considerati come proxy del capitale umano qualificato. 4 Università degli Studi La Sapienza, Dipartimento di Scienze Economiche, Roma; dariaciriaci@msn.com. 2 L autrice ringrazia il Direttore dell ISTAT per l autorizzazione ad elaborare i dati individuali dell Indagine statistica sull inserimento professionale dei laureati del 2001, il Dott. Giovanni Seri, responsabile del laboratorio Adele, per la sua disponibilità e collaborazione e il Dott. Stefano Prezioso della SVIMEZ. La responsabilità di quanto scritto nelle pagine seguenti rimane, naturalmente, solo dell autrice. Questo articolo costituisce una rielaborazione del terzo capitolo della tesi di dottorato che l autrice si appresta a discutere nel corso del La popolazione di riferimento dell Indagine statistica sull inserimento professionale dei laureati dell anno 2001 è costituita dai laureati dell anno solare 2001 in tutte le sedi universitarie italiane per un totale di individui ( uomini e donne) che sono stati intervistati nel 2004, a tre anni dalla laurea. La dimensione campionaria teorica complessiva è risultata pari a circa unità. In questa popolazione sono inclusi anche laureati nei nuovi corsi di primo livello (lauree triennali). 4 Abbiamo deciso di considerare il laureato come proxy del lavoratore qualificato perchè, in un economia sempre più indirizzata verso sistemi produttivi ad alta intensità tecnologica, l educazione di livello universitario appare il miglior completamento per i settori ad alta intensità di R&S e condizione indispensabile per utilizzare proficuamente tecnologie sviluppate in altri paesi. La dotazione di lavoratori qualificati, da noi considerata endogena, contribuisce alla

3 3 Per avere un idea della rilevanza del fenomeno che approfondiremo, basti pensare che circa il 39,5% dei laureati meridionali del 2001 e circa il 31% dei laureati meridionali del 1998, ossia di coloro che prima dell iscrizione all università risiedevano in una regione del Mezzogiorno e che, a tre anni dalla laurea, si dichiarano occupati ( su nel primo caso e su nel secondo), lavora nel Centro-Nord. Per di più, circa il 63% dei laureati meridionali del 2001 e il 55% dei laureati del 1998 che hanno studiato nel Centro-Nord, dopo aver conseguito la laurea, è rimasto a lavorare in questa ripartizione. La prima parte dell articolo è dedicata all analisi della mobilità dei laureati del 2001 (a tre anni dalla laurea) e alla soddisfazione che questa comporta ed è stata condotta secondo la residenza dei laureati prima dell iscrizione all università. Per i motivi che saranno chiariti in seguito, la descrizione del fenomeno è stata effettuata in modo da enfatizzare la diversa soddisfazione dei laureati che scelgono o meno di essere mobili, il fatto o meno che cerchino un altro lavoro, il tipo di contratto che ottengono. La seconda parte dell articolo chiarirà in che modo, tramite l analisi descrittiva al centro del secondo paragrafo, si intenda contribuire al dibattito sulle cause e le conseguenze della fuga di risorse umane qualificate e al dibattito, a questo ultimo strettamente connesso, sulla direzione di causalità esistente tra specializzazione produttiva e dotazione di risorse umane qualificate nel nostro Paese. In particolare, il terzo paragrafo è dedicato a una rassegna critica della letteratura ortodossa su cause e conseguenze del brain-drain, mentre il paragrafo successivo analizza la corrispondenza tra l evidenza empirica, riportata nel secondo paragrafo, e le tesi sulle cause della fuga dei cervelli, illustrate nel terzo. Il quarto paragrafo presenta il dibattito sulla direzione di causalità tra specializzazione produttiva e dotazione di risorse umane e analizza la corrispondenza tra le due tesi presentate e l evidenza empirica emersa nel corso del capitolo. Infine, il quinto paragrafo conclude il lavoro. 2. La fuga ante e post-lauream dei laureati del 2001 e la loro soddisfazione 5 In questo paragrafo si definiranno laureati meridionali coloro che prima dell iscrizione all università risiedevano nel Mezzogiorno e laureati centro-settentrionali coloro che, prima dell iscrizione all università, risiedevano nel Centro-Nord. Per considerare tutti i casi di mobilità formazione di quelle social capabilities à la Abramovitz, essenziali per gestire in modo appropriato la tecnologia e la conoscenza. 5 L analisi della mobilità dei laureati del 2001 e del 1998 è stata condotta considerando la loro residenza prima dell iscrizione all università. La mobilità considerata è quella tra Mezzogiorno e Centro-Nord e non la mobilità interna alla singola ripartizione.

4 4 possibili, l analisi è stata realizzata distinguendo quattro tipi di laureati: gli immobili, i mobili tornati, i mobili non tornati e i mobili post-lauream. 6 Gli immobili sono coloro che hanno studiato e lavorano nella stessa ripartizione in cui risiedevano prima dell iscrizione all università. I mobili tornati e i mobili non tornati rientrano nella definizione più ampia di mobili ante-lauream e rappresentano la prima fase della fuga, che si attua al momento della scelta dell università. I mobili tornati rappresentano un arricchimento per la regione di residenza perché sono coloro che, pur avendo studiato in un altra ripartizione rispetto a quella di residenza iniziale, vi tornano a lavorare dopo aver ottenuto una maggiore qualificazione. I mobili non tornati sono coloro che, invece, dopo aver conseguito la laurea in una regione centrosettentrionale hanno deciso di rimanervi a lavorare. Infine, i mobili post-lauream hanno studiato nella stessa ripartizione di residenza, ma lavorano in un altra e rappresentano, quindi, i laureati che si sono spostati solo per motivi di lavoro. Nel complesso, se si considerano congiuntamente entrambi i momenti della mobilità (il primo al momento dell iscrizione all università, il secondo al momento dell entrata nel mondo del lavoro) dei laureati meridionali del 2001 occupati nel 2004, si perviene al risultato che il 40,5% lavora nel Centro-Nord o all estero. 7 Tale quota risulta molto più elevata sia rispetto a quella rilevata per i laureati meridionali del 1998, che era pari al 31,1%, che a quella rilevata per i laureati meridionali del 1995, che era pari al 23,5%. A tre anni dalla laurea, su circa 55 mila laureati meridionali del 2001, più di sono ancora disoccupati e, dei che lavorano, circa il 40% lavora nel Centro-Nord. Quindi, su di un investimento formativo che ha interessato 55 mila giovani, a tre anni dalla laurea solo 21 mila hanno trovato lavoro nel Mezzogiorno. 8 In altre parole, in Italia non si verifica alcuno scambio di cervelli (brain-exchange) tra le due ripartizioni: a fronte degli laureati meridionali del 2001 occupati al di fuori del Mezzogiorno, solo 536 laureati (di cui 508 sono centro-settentrionali) si sono spostati dal resto del 6 Lo spunto per questa analisi ci è stato fornito da un articolo di Jahnke del 2001, avente natura descrittiva, che analizzava la mobilità dei laureati del L analisi da noi condotta, riferita alle due indagini successive, se ne differenzia nettamente non solo perché considera due diverse popolazioni (laureati del 1998 e del 2001) e ne consente un confronto, ma perché inserisce il fenomeno della fuga del capitale umano qualificato in un contesto teorico ben definito e pone l accento, per i motivi che saranno chiari in seguito, non sulla mobilità di per se stessa, ma sui benefici che se ne traggono sia in termini economici che in termini di soddisfazione. Di Jahnke, si mantiene l utile distinzione tra le diverse tipologie di mobilità dei laureati, già nota in letteratura, e l impostazione di alcune tabelle. 7 Per quanto riguarda le diverse tipologie di mobilità, nel 2004 gli immobili rappresentano circa il 53,7% dei laureati meridionali (il 53,5% degli uomini e il 53,9% delle donne) e il 90% dei laureati centro-settentrionali, i mobili tornati il 6,8% dei laureati meridionali (il 7,7% degli uomini e il 6% delle donne) e lo 0,5% dei laureati centrosettentrionali, i mobili non tornati il 14% dei laureati meridionali (il 12,5% degli uomini e il 15,4% delle donne) e lo 0,2% dei laureati centro-settentrionali; infine, i mobili post-lauream il 25% dei laureati meridionali (26,3% degli uomini e il 24,8% delle donne) e il 3,7% dei laureati centro-settentrionali. Per l analisi della mobilità dei laureati del 1998 si rimanda a Ciriaci (2005).

5 5 mondo per venire a lavorare in quest area. 9 L evidenza empirica conferma, quindi, sia gli scarsi esiti occupazionali dei giovani laureati e il conseguente spreco delle loro conoscenze scientifiche che il ruolo che il Mezzogiorno ricopre in quanto regione fornitrice di risorse umane altamente qualificate e, infine, il netto aumento della rilevanza del fenomeno della mobilità, per motivi di lavoro, dei laureati meridionali. Tab. 1. Laureati meridionali del 2001 che nel 2004 sono occupati per ripartizione. Gruppo corso di laurea Laureati meridionali (totale) Totale occupati Tasso di occupazione Laureati meridionali occupati nel Mezzogiorno (%) a fuori del Mezzogiorno (%) a Scientifico ,3 54,4 45,6 Chimico-farmaceutico ,2 72,9 27,8 Geo-biologico ,9 68,3 32,3 Medico ,3 40,7 59,3 Ingegneria ,9 59,5 41,6 Architettura ,9 57,7 43,5 Agrario ,3 61,1 40,2 Economico-statistico ,5 60,7 39,9 Politico-sociale ,3 58,8 42,2 Giuridico ,3 65,0 36,0 Letterario ,2 55,6 46,1 Linguistico ,1 58,9 43,4 Insegnamento ,7 78,0 22,0 Psicologico ,0 41,8 58,2 Educazione fisica ,2 44,7 55,3 Totale ,8 60,5 40,5 a Il totale differisce da 100 a causa dei missing. Inoltre, non si riportano le percentuali dei laureati meridionali occupati all'estero per gruppo di laurea perché di entità trascurabile. Fonte : Elaborazioni su dati ISTAT L elaborazione dei dati individuali delle due ultime indagini ISTAT 10 ha anche confermato che la fuga delle risorse qualificate dal Mezzogiorno verso il resto del Paese, pur favorendone l occupazione, non contribuisce alla soddisfazione di chi decide di spostarsi dalla propria ripartizione per studiare e/o lavorare. È proprio il laureato meridionale che lavora nel Centro-Nord (il mobile non tornato e il mobile post-lauream) a dichiararsi maggiormente insoddisfatto del lavoro svolto. L analisi della soddisfazione dei laureati che hanno scelto o meno di essere mobili è stata condotta incrociando una serie di quesiti presenti in entrambe le indagini e che forniscono informazioni circa la soddisfazione del laureato rispetto a diversi aspetti del proprio lavoro: 9 Solo il 9,4% dei laureati centro-settentrionali del 2001, lavora al di fuori della propria ripartizione. 10 Nel presente paragrafo si riportano i dati relativi all indagine ISTAT del Per i risultati dell elaborazione effettuata sui dati individuali dell indagine del 2001 si rimanda a Ciriaci (2005).

6 6 trattamento economico; mansioni svolte; stabilità/sicurezza del lavoro; possibilità di carriera; utilizzo delle conoscenze universitarie. 11 L idea centrale attorno alla quale ruota la seconda parte di questo paragrafo è quella secondo cui se ci si trovasse di fronte a vera mobilità, ossia a una mobilità che consente a un individuo di trovare un lavoro maggiormente rispondente ai suoi desideri e alle sue aspirazioni, questa dovrebbe essere vissuta dal laureato come un occasione. Si presuppone che se un laureato si sposta per guadagnare di più o per migliorare la propria condizione lavorativa, allora non solo dovrebbe effettivamente (in termini reali) guadagnare di più di un immobile ed aver ottenuto migliori condizioni contrattuali, ma dovrebbe ritenersi, nel complesso, più soddisfatto di un immobile e, di conseguenza, non dovrebbe cercare un nuovo lavoro (o farlo in misura minore di un immobile), dovrebbe ritenere che la laurea conseguita è sufficiente per il lavoro svolto e aver iniziato a lavorare nello stesso anno, o prima, rispetto a un immobile. Infine, se il laureato lavora a tempo parziale, dovrebbe aver scelto il part-time liberamente, e non perché costretto dalla mancanza di alternative. Dall analisi dei dati individuali dell indagine ISTAT del 2004 emerge che il laureato meridionale del 2001 che emigra per motivi di lavoro (il cosiddetto mobile post-lauream) non solo non guadagna di più dell immobile (v. Tab. 2), ma ottiene condizioni contrattuali peggiori in termini di stabilità del posto di lavoro rispetto al laureato che ha deciso di rimanere a lavorare nel Mezzogiorno. Il 41,6% dei laureati meridionali che si spostano dal Mezzogiorno per andare a lavorare nel Centro-Nord (mobili post-lauream) dichiara, a tre anni dalla laurea, un guadagno mensile netto percepito minore di 500 euro, mentre se consideriamo gli immobili, questa percentuale scende al 14,4% Tutti questi criteri appaiono piuttosto utili se, riconosciuta l eterogeneità del lavoro, si è interessati a distinguere la qualità dell occupazione. 12 Se confrontiamo i risultati ottenuti dall elaborazione delle due ultime indagini ISTAT, si osserva che, tra il 2001 e il 2004, la quota di laureati meridionali, occupati nel Centro-Nord, alla ricerca di un nuovo lavoro è aumentata. Nel 2001, si dichiarava in cerca di un nuovo lavoro il 28,5% dei mobili post-lauream e il 22% dei mobili non tornati, mentre, nel 2004, queste quote sono passate, rispettivamente, al 34,6% e al 33,2%. Inoltre, tra il 2001 e il 2004 si registra un aumento della quota di mobili non tornati che dichiara di essere stato costretto ad accettare un lavoro a tempo parziale dalla mancanza di alternative. Inoltre, tra il 2001 e il 2004 sono peggiorate le condizioni contrattuali offerte ai laureati meridionali che lavorano nel Centro-Nord: in questo periodo la percentuale dei mobili post-lauream che lavora con un contratto a tempo determinato è quasi raddoppiata passando dal 34,6% al 60,3% e quella dei mobili non tornati è aumentata dal 30,4% al 49,3%. Appare evidente, quindi, che è aumentato il ricorso a contratti atipici e alle nuove forme di flessibilità e che sono soprattutto i meridionali che si spostano dopo la laurea per trovare un lavoro qualsiasi nel Centro-Nord, a farne le spese. Il confronto tra le due indagini porta a concludere, quindi, che pur essendo relativamente sempre più facile trovare lavoro nel Centro-Nord, il lavoro ottenuto è sempre più inadeguato rispetto al titolo conseguito e alle aspettative dei laureati. Inoltre, se, nel 2001, il laureato che lavorava nel Centro-Nord guadagnava, in termini nominali, più dell immobile, nel 2004, la quota di laureati meridionali che lavora nel Centro-Nord e che dichiara un guadagno mensile netto percepito inferiore ai 500 euro è nettamente maggiore della rispettiva quota di immobili. Se, quindi, nel 2001 la mobilità comportava un guadagno economico nominale, nel 2004 questo non si verifica più. Questo confronto deve essere inteso in termini generali. Nelle due indagini, infatti, il quesito posto ai laureati occupati rispetto al loro reddito mensile è diverso. Nell indagine del 2004, si chiede al laureato qual è il guadagno mensile netto che lui ritiene

7 7 Per quanto riguarda le condizioni contrattuali offerte ai laureati meridionali occupati nel Centro-Nord, si segnala che queste, almeno con riferimento alla durata del rapporto di lavoro, sono peggiori per i mobili, piuttosto che per gli immobili: il 60,3% dei mobili post-lauream lavora a tempo determinato a fronte del 41,7% degli immobili. Inoltre, lo 0,9% dei mobili post-lauream e il 2% dei mobili tornati dichiarano di lavorare senza un contratto. Tab. 2. Mobilità, classe di guadagno e tipo di contratto dei laureati meridionali del 2001 che a tre anni dalla laurea si dichiarano occupati. Tipo di contratto Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream tempo indeterminato 58,0 63,4 48,4 37,2 tempo determinato 41,7 36,3 49,3 60,3 senza contratto 0,3 0,4 2,0 0,9 Guadagno mensile percepito fino a ,4 14,1 21,8 41,6 da più di 250 a 500 8,7 8,1 3,9 0,4 da più di 500 a 750 9,0 5,3 3,5 1,6 da più di 750 a ,4 19,8 19,2 11,1 da più di 1000 a ,9 19,2 22,1 22,0 da più di 1250 a ,8 20,6 19,0 15,3 oltre ,9 12,8 10,6 8,0 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT Come se non bastasse, il laureato meridionale del 2001 che si è spostato per lavorare nel Centro-Nord continua, nel complesso, a ritenersi insoddisfatto quanto o più di un immobile, ha iniziato a lavorare relativamente più tardi, cerca un nuovo lavoro più di un immobile e, se lavoratore part-time, è stato costretto dalla mancanza di alternative a scegliere un orario di lavoro ridotto. Nel complesso, diversamente da quanto registrato nell indagine precedente, non sono più i mobili postlauream a risultare i più insoddisfatti di tutti, ma i mobili non tornati, ossia coloro che hanno studiato nel Centro-Nord e vi sono rimasti a lavorare. Nello specifico, il 46,4% dei mobili post-lauream giudica il trattamento economico poco o per niente soddisfacente a fronte del 44,6% degli immobili, il 39,7% dei mobili tornati e ben il 47,6% dei mobili non tornati (v. Tab. 3). Per quanto riguarda le possibilità di carriera, il 38% dei mobili post-lauream le giudica poco o per niente soddisfacenti a fronte del 40,7% degli immobili, 37,3% dei mobili tornati e il 46,2,1% dei mobili non tornati. Le mansioni svolte sono ritenute poco o per niente soddisfacenti dal 17,7% dei mobili post-lauream, dal 15,9% degli immobili, dal 15,5% dei mobili tornati e dal 19,1% dei di percepire, mentre nell indagine del 2001, il quesito era più specifico e il guadagno che si chiedeva di indicare era quello effettivo. Di conseguenza, considerando anche gli errori e gli arrotondamenti che in genere caratterizzano una variabile di questo tipo, è preferibile effettuare il confronto tra le diverse categorie di laureati all interno della singola indagine e non effettuare il confronto tra le due indagini. Sarebbe erroneo sostenere, ad esempio, che nel 2001 il tot.% dei mobili post-lauream guadagnava meno o più di una certa somma e che, invece, nel 2004, questa % è aumentata o diminuita.

8 8 mobili non tornati, percentuali che confermano un giudizio che rimane lievemente peggiore per coloro che lavorano nel Centro-Nord. Con riferimento ai giudizi pertinenti la stabilità/sicurezza del posto di lavoro, si riscontrano delle differenze ancora più ampie. In questo caso, la percentuale di mobili post-lauream che ritiene tali condizioni poco o per niente soddisfacenti è significativamente più elevata della relativa quota degli immobili e dei mobili tornati (il 43,7% a fronte, rispettivamente, del 34% e del 29,2%), mentre è solo leggermente superiore a quella dei mobili non tornati (40,6%). Infine, per quanto riguarda l utilizzo sul luogo di lavoro delle conoscenze acquisite all università, si registra una sostanziale uniformità di giudizio: il 36% dei mobili post-lauream valuta l utilizzo delle conoscenze acquisite all università poco o per niente soddisfacenti a fronte del 34,2% degli immobili, del 28,3% dei mobili tornati e del 34,1% dei mobili non tornati. Tab. 3. Mobilità e soddisfazione dei laureati meridionali per i diversi diversi aspetti del loro lavoro a. % di laureati meridionali che si dichiara molto/abbastanza/poco/per niente soddisfatta per il trattamento economico: Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream Molto 8,4 12,8 6,6 7,8 Abbastanza 46,4 47,3 45,7 45,6 Poco 35,1 27,5 35,1 36,6 Per niente 9,5 12,3 12,4 9,7 per le possibilità di carriera: Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream Molto 19,0 27,3 14,5 17,4 Abbastanza 39,3 34,2 38,5 43,7 Poco 29,8 23,3 32,8 26,9 Per niente 10,9 14,1 13,4 11,1 per le mansioni svolte: Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream Molto 33,8 35,8 31,9 28,3 Abbastanza 50,2 48,7 49,0 53,7 Poco 12,5 12,8 13,4 13,7 Per niente 3,5 2,7 5,7 4,0 per la stabilità/sicurezza del posto di lavoro: Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream Molto 28,3 31,8 26,4 22,4 Abbastanza 36,8 37,3 32,3 33,4 Poco 22,8 17,4 22,0 27,4 Per niente 11,2 11,9 18,6 16,3 per l'utilizzo delle conoscenze acquisite all'università: Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream Molto 20,3 28,5 23,6 20,2 Abbastanza 45,3 43,2 42,2 43,7 Poco 25,0 18,6 19,4 23,4 Per niente 9,2 9,7 14,7 12,6 a Il totale colonna potrebbe differire leggermente da 100 perché non tutti gli intervistati hanno risposto. Fonte : Elaborazioni su dati ISTAT Nel complesso, anche se si considerano il trattamento economico e le possibilità di carriera, sono soprattutto i meridionali che si sono laureati in un ateneo centro-settentrionale e hanno deciso di rimanere a lavorare nel Centro-Nord a dichiararsi per niente soddisfatti. I mobili post-lauream, invece, sono insoddisfatti soprattutto della stabilità/sicurezza del loro posto di lavoro e, anche in

9 9 questo caso, del trattamento economico ricevuto. Questi risultati, se confrontati con le risposte sulla necessità della laurea e la soddisfazione per il suo utilizzo, ci portano a concludere che, probabilmente, questi laureati hanno accettato un lavoro per il quale la laurea non era necessaria. In ogni caso, in linea con l indagine precedente, gli immobili sono più soddisfatti dei mobili postlauream. Infine, i dati riguardanti la ricerca di un nuovo lavoro, l anno durante il quale il laureato ha iniziato a lavorare e i dati sulla libertà di scelta del part-time (v. Tab. 4) confermano la mancanza di opportunità di lavoro nel Mezzogiorno e l idea che, spinti dalla necessità, i laureati meridionali abbiano accettato lavori spesso inadeguati rispetto alla propria formazione e/o aspettative. Tab. 4. Mobilità e soddisfazione dei laureati meridionali. Ricerca di un nuovo lavoro, necessità del part-time e anno di inizio lavoro. Immobili Mobili tornati Mobili non tornati Mobili post-lauream non cerca un nuovo lavoro 70,6 75,2 66,8 65,4 cerca un nuovo lavoro 29,4 24,8 33,2 34,6 Tot. % di laureati che % di laureati che ha scelto il part-time per necessità 54,5 68,4 48,7 44,0 libera scelta 45,5 31,6 51,3 56,0 Tot % di laureati che ha iniziato a lavorare nel ,4 19,0 27,8 17, ,1 37,9 32,9 34, ,5 27,2 23,3 26, ,0 15,9 16,1 21,3 Tot Fonte : Elaborazioni su dati ISTAT Il 34,6% dei mobili post-lauream cerca un nuovo lavoro (versus il 29,4% degli immobili) e ha iniziato a lavorare relativamente più tardi di un immobile, quindi, ha probabilmente cercato lavoro in un primo momento nel Mezzogiorno e, non avendolo trovato, ha deciso di spostarsi nel Centro-Nord. Non sorprende che siano i meridionali che hanno conseguito la laurea nel Centro- Nord e vi rimangono a lavorare, invece, a trovare lavoro prima degli altri: il 60,7% nel 2002 ha già un occupazione, mentre tale percentuale scende significativamente, come anticipato, per i mobili post-lauream. Inoltre, il 44% dei mobili post-lauream ha scelto il part-time per necessità a fronte del 48,7% dei mobili non tornati, del 54,4% degli immobili e del 68,4% dei mobili tornati. Questo ultimo dato sembra suggerire che il laureato meridionale che ha conseguito la laurea nel Centro- Nord ha come priorità quella di tornare a lavorare nella sua regione di residenza e, a tal fine, è disposto ad accettare con più facilità, rispetto ai colleghi che hanno effettuato scelte di mobilità alternative, un lavoro a tempo parziale.

10 10 4. Cause e conseguenze del brain drain: una rassegna critica della letteratura ortodossa sull argomento. La letteratura ortodossa sul brain-drain - parte della più ampia letteratura sulle migrazioni internazionali del fattore lavoro - si concentra generalmente sulle conseguenze della fuga del capitale umano qualificato, piuttosto che sulle sue cause. Il fenomeno del brain drain ha riscosso un attenzione considerevole già dalla seconda metà degli anni 60 (Grubel e Scott, 1966; Johnson, 1967) quando, per la prima volta, si pose in risalto la mancanza di una teoria in tema di fuga dei cervelli, fenomeno che, fino a quel momento, non veniva distinto da una normale migrazione internazionale del fattore lavoro. 13 La conclusione generica di questi primi lavori fu che, in assenza di distorsioni, 14 l emigrazione di lavoratori qualificati, se infinitesima, non aveva effetti sul benessere dei residenti del Paese di emigrazione. Lavori successivi (Rivera-Batiz, 1982; Blomqvist, 1986), invece, teorizzarono che, se il numero di lavoratori qualificati che lasciano il Paese di origine non è infinitesimo, ma finito, e non vi sono distorsioni, allora il brain drain comporta una perdita di benessere per coloro che non emigrano. 15 Nell articolo del 1966, Grubel e Scott si concentrano sui cambiamenti nel reddito pro capite (standard di vita) dovuti all emigrazione degli individui high skilled. 16 A differenza di quanto postulato dalla letteratura sulla più generica migrazione internazionale del fattore lavoro, Grubel e Scott sostengono che la migrazione di individui high skilled potrebbe avere un effetto negativo sul reddito di lungo periodo di coloro che rimangono. Secondo l analisi tradizionale della migrazione del fattore lavoro, l emigrazione di una persona aumenta il reddito medio di lungo periodo di coloro che non emigrano perché comporta un aumento del rapporto K/L (capitale/lavoro) a livello 13 Di conseguenza, il brain drain, aumentando il rapporto capitale/lavoro nella regione di emigrazione, aveva effetti positivi sul reddito medio di lungo periodo di coloro che rimanevano. 14 In generale, si tenga in considerazione che nella realtà le distorsioni esistono e hanno un ruolo non marginale nella determinazione dei flussi internazionali del lavoro, basti pensare alla legislazione vigente in tema di restrizioni all immigrazione. È pur vero che tale legislazione è, con riferimento a flussi in entrata, meno restrittiva nel caso di forza lavoro qualificata. Allo stesso tempo, tuttavia, esistono paesi, come ad esempio la Cina, che impongono severi limiti al flusso in uscita di cervelli. 15 Un altro filone di ricerca, nato dopo l interesse suscitato dal lavoro di Grubel e Scott, si è concentrato, piuttosto che sulle conseguenze della fuga dei cervelli, ritenute negative, sull identificazione di opportune politiche in grado di compensare la perdita di benessere sofferta da coloro che non lasciano il Paese di residenza (Bhagwati e Hamada, 1974). Il lavoro di Bhagwati e Hamada si differenzia dai primi lavori della seconda metà degli anni 60 perchè pone in risalto che si potrebbe verificare una perdita di benessere per coloro che non emigrano se esistessero delle esternalità associate alla migrazione stessa, come quelle che potrebbero verificarsi in presenza di una perdita di scarse skills. Per compensare questa esternalità, Bhagwati (1976) propose una brain drain tax, proposta che, nella metà degli anni 70, ricevette molta attenzione da parte degli accademici. 16 Se il fine di una nazione è la massimizzazione del benessere collettivo, scrivono i due autori, allora l emigrazione deve essere benvenuta se sono soddisfatte due condizioni. La prima è che chi emigra ottenga un reddito più elevato e la seconda, che la sua partenza non riduca il reddito di chi rimane. A detta dei due autori, la prima condizione è normalmente soddisfatta se la scelta di emigrare è volontaria, mentre la specificazione delle circostanze soddisfatte le quali anche la seconda condizione è realizzata è meno evidente e rappresenta il cuore del loro lavoro.

11 11 nazionale. Nel caso della migrazione di personale high-skilled, tuttavia, si potrebbe verificare un effetto negativo sul reddito pro capite di coloro che rimangono, ma solo in rare circostanze e, nello specifico, se the human capital embodied in the emigrant is greater than the country s total per capital endowment of human and physical capital, assuming perfect substitutability of the two forms of capital in the long run. In questo caso, infatti, l emigrazione di personale high-skilled riduce il reddito complessivo da distribuirsi tra coloro che rimangono nel paese di origine e, nei paesi in cui la distribuzione del reddito non avviene secondo le regole di mercato, questo comporta una riduzione del benessere di chi rimane. In un economia di mercato, dove gli individui sono retribuiti in base al loro prodotto marginale, invece, questa riduzione del reddito è un fenomeno statistico che non ha effetto sul reddito di chi rimane per il semplice motivo che chi emigra rimuove sia il suo contributo al reddito nazionale che il suo diritto a ottenerne una parte. 17 Segue, quindi, che, in un economia di mercato, gli effetti del brain drain sul benessere di chi rimane sono circoscritti o ad aggiustamenti dei costi di breve periodo, che però sono considerati di interesse analitico trascurabile, o a fallimenti del libero mercato nell allocazione efficiente delle risorse. Tali fallimenti possono essere dovuti o all esistenza di esternalità legate alle caratteristiche personali dell individuo che emigra (il mercato non riesce a compensare l individuo per il suo contributo alla società), o a esternalità di cui si fa carico lo Stato (ad esempio, la pubblica educazione è un investimento sociale in individui che chi emigra fails to repay ). 18 Nel primo caso, le esternalità sono legate alle caratteristiche personali dell individuo per il semplice fatto che, se fossero legate alla sua professione, la perdita di benefici sociali per i quali il professionista non è compensato dal mercato avrebbero natura transitoria: il professionista che emigra verrebbe sostituito da un altro professionista e questi effetti positivi sarebbero persi solo per il tempo necessario per formare il sostituto. Il secondo caso, invece, sarebbe più rilevante se non fosse frutto, a detta degli autori, di un fraintendimento. Grubel e Scott, infatti, non condividono l idea secondo cui l individuo che emigra - e sul quale lo Stato ha investito in termini di educazione - è in debito nei confronti della società. Esiste, infatti, una proporzionalità tra benefici ricevuti e contributo fiscale e, affinché non ci siano effetti avversi sul benessere collettivo in seguito all emigrazione di un individuo high skilled, è 17 Inoltre, gli autori (consapevoli della facile obiezione secondo cui a fronte di una riduzione del capitale umano nella regione di origine se ne dovrebbe osservare un aumento della produttività marginale e quindi una variazione nella distribuzione del reddito di chi non emigra) osservano che, anche se queste piccole variazioni nella distribuzione del reddito dovute a variazioni del prodotto marginale di chi rimane si dovessero verificare, questi effetti saranno probabilmente poco significativi e, di conseguenza, trascurabili. 18 Op. cit., p. 272.

12 12 semplicemente necessario che l incidenza delle tasse sia uguale all incidenza dei benefici ottenuti dall intervento pubblico, condizione che, a detta degli autori, è generalmente soddisfatta. 19 Infine, anche se è vero che sono generalmente i migliori a lasciare un Paese per andare a lavorare altrove - e questo può alimentare una sorta di processo di selezione à la Darwin che riduce la qualità dello stock di capitale umano di una nazione - i due autori sostengono che la fuga interessa generalmente un numero piuttosto limitato di individui e che, di conseguenza, questo è un argomento di scarsa rilevanza empirica. 20 Grubel e Scott concludono ponendo in risalto la possibilità che l emigrazione di individui high skilled produca effetti positivi, piuttosto che negativi, sul benessere di chi rimane per l effetto che l esistenza di un tale fenomeno può avere sull opinione pubblica (e, di conseguenza, sul governo che potrebbe essere interessato ad arginarlo) e sulla possibilità che anche il Paese di origine possa beneficiare, data la natura di free good della conoscenza, delle eventuali scoperte che il cervello in fuga può contribuire a realizzare all estero. 21 In conclusione, nell approccio neoclassico - che prevede che ogni individuo ottenga e consumi il corrispettivo del suo prodotto marginale - l emigrazione dei lavoratori più qualificati, incentivata dalla presenza di differenziali salariali tra paese di origine e paese di immigrazione, aumenta il reddito della collettività senza ridurre il reddito di chi rimane nel paese di origine: il reddito degli emigrati è aumentato mentre il benessere degli immobili non si è ridotto. 22 Nel complesso, questa prima letteratura sulla fuga delle risorse qualificate è insoddisfacente non solo perchè considera i lavoratori skilled e unskilled come due distinti fattori della produzione, la cui offerta è fissa, e non considera la possibilità che il brain drain possa avere un effetto sulla stessa formazione di skills, ma anche perchè, come anticipato, si concentra principalmente sulle conseguenze della fuga, piuttosto che investigarne le cause. Inoltre, questi modelli sono statici: non 19 Anche questo è un caso che non si realizza, ad esempio, nel Mezzogiorno che, storicamente, è un beneficiario netto dell intervento pubblico che ha sempre avuto un fine compensativo. Secondo gli autori, invece, esistendo evidenza della proporzionalità tra godimento dei servizi pubblici e ammontare di tasse pagato dagli individui, il governo è in grado di ridurre i suoi servizi nella stessa proporzione della perdita di entrate dovuta all emigrazione di un cervello. 20 A questo proposito, riteniamo che occorrerebbe interrogarsi su cosa si intenda per numero piuttosto limitato di cervelli in fuga e considerare che il fenomeno non è limitato a un dato anno, ma prosegue nel tempo. Nel 2001, il 31% dei laureati meridionali del 1998 che, a tre anni dalla laurea si dichiaravano occupati, lavorava nel Centro- Nord e questa quota è salita, nel 2004, a ben il 39,5% e niente vieta di immaginare che lo stesso sia avvenuto per i laureati del 1999 e del Inoltre, per quanto in termini assoluti si parli di circa laureati del 2001 e di circa laureati del 1998, è pur vero che questi rappresentano una quota rilevante delle scarse risorse qualificate dell area e, anche in questo caso, niente ci vieta di immaginare che all aumentare del numero assoluto di laureati aumenti anche in simile o maggiore proporzione - come l evidenza empirica suggerisce per il periodo ( ) - il numero di chi deciderà nel futuro, per i motivi che vedremo in seguito, di lasciare il Mezzogiorno per spostarsi nel resto del Paese. 21 Nel complesso, l articolo in questione si dilunga principalmente sulla spiegazione del perchè è poco probabile che la fuga dei cervelli produca effetti negativi sul benessere di chi rimane, mentre è evasivo circa i suoi probabili effetti positivi. 22 A questo proposito si veda anche Johnson (1967).

13 13 considerano l effetto del brain drain sulla crescita del reddito di lungo periodo, ma solo l effetto sul livello del reddito e, quindi, sul benessere collettivo. Per quanto riguarda le conseguenze di questo fenomeno, nella letteratura degli anni 80 e dei primi anni 90 prevale l idea che la fuga delle risorse umane qualificate comporta, per il paese di origine, una perdita sia in termini di crescita che di livello del reddito pro capite (Miyagiwa, 1991; Haque e Kim, 1995; Wong e Kee Yip, 1999). Un ritorno alla conclusione di Grubel e Scott caratterizza, invece, la letteratura che prevale dalla seconda metà degli anni 90 in poi, nella quale predomina l idea tradizionale che il brain drain potrebbe favorire il paese di origine, inducendo un aumento del livello medio del capitale umano e, di conseguenza, della produttività media del lavoro (A. Mountford, 1997; J.P. Vidal, 1998; M. Beine, F. Docquier e H. Rapoport, 2001). Miyagiwa è il primo autore, a nostra conoscenza, a proporre una teoria del brain drain che enfatizza l esistenza di rendimenti crescenti di scala nell educazione avanzata 23 dovuti alla presenza di un esternalità da agglomerazione: 24 all aumentare dei cervelli che lavorano a stretto contatto, ne aumenta la produttività. 25 Miyagiwa osserva che esistono due ragioni per ritenere che le conseguenze dell emigrazione dei lavoratori skilled saranno positive per il livello del reddito pro capite del paese di immigrazione. 26 In primo luogo, l esistenza di economie di scala aumenta il reddito dei residenti che sono già educati; in secondo luogo, l aumento del reddito degli skilled induce parte di coloro non ancora in possesso di educazione ad acquisirla rendendoli in grado di guadagnare un salario più elevato. L effetto del brain drain sul reddito dei residenti del paese di emigrazione, invece, è più controverso. In generale, gli unici che ottengono un beneficio dall emigrazione sono i most gifted, mentre (a seconda dei valori assunti dai parametri del modello) 27 il brain drain può avere un effetto perverso sulla distribuzione del reddito tra i residenti del paese di emigrazione, in particolare sul reddito di quanti sono dotati di abilità intermedie. Inoltre, non è detto che i due effetti si compensino a vicenda, cosicché può verificarsi un declino assoluto del reddito complessivo dei residenti (emigrati e non emigrati) del paese di emigrazione. 23 Diversamente dalla letteratura precedente, con l eccezione del lavoro di Kwok e Leland (1982) di cui discuteremo in seguito, l autore pone l accento non solo sulle conseguenze del brain drain per il paese di origine, considerate negative, ma anche sulle cause che spingono i lavoratori più qualificati a emigrare. 24 Ricordiamo, inoltre, che per questi teorici la distribuzione del reddito è sempre determinata sulla base della produttività marginale dei fattori e che il problema di distribuzione del reddito che segue dalla presenza di rendimenti di scala crescenti, è risolto trattando l eccesso dei rendimenti sull unità come un esternalità. 25 Miyagiwa considera l effetto che la fuga stessa ha sul processo di formazione degli individui e identifica una soglia di abilità in base alla quale si distinguono i lavoratori in skilled e unskilled. 26 Il contributo di Miyagiva riguardante le cause del brain drain saranno discusse successivamente. 27 I parametri sono il costo dell emigrazione, l effetto di scala dell educazione e la distribuzione delle abilità tra gli individui.

14 14 A questo si aggiunga che, come lo stesso Miyagiwa ammette in nota 28, il brain drain non produce effetti negativi per gli unskilled, che rimangono al margine dell analisi di Miyagiwa, solo come conseguenza dell assunzione della costanza del prodotto marginale di questa categoria. Niente vieta di pensare che, come esiste un esternalità positiva da agglomerazione, ne possa sussistere una negativa che incida proprio sulla produttività degli unskilled: al diminuire del numero degli skilled, diminuisce la produttività degli unskilled perché la riduzione del livello di agglomerazione di cervelli non ha solo un effetto negativo per gli skilled, ma anche per gli unskilled che hanno molto da imparare da chi è più istruito. Con il modello di crescita di Haque e Kim (1995), che riprende molte delle assunzioni presenti in Miyagiwa (1991), si compie un passo in avanti rispetto alla letteratura precedente poiché si considera l effetto del brain drain sulla crescita di lungo periodo dei due paesi interessati dal flusso dei lavoratori qualificati. Con questo articolo, il problema del brain drain viene inserito nel più ampio dibattito sul ruolo del capitale umano per la crescita di lungo periodo sviluppatosi dopo la pubblicazione, nel 1988, sul Journal of Monetary Economics, del noto articolo On the mechanics of economic development di Lucas. 29 Haque e Kim presentano un modello di crescita endogena con agenti eterogenei a generazioni sovrapposte il cui apparato formale consente di modellare il comportamento di individui dotati di diverse abilità e di trasmettere l effetto positivo dell accumulazione di capitale umano tra diverse generazioni in modo da ottenere un effetto sulla crescita di lungo periodo. In questo modello gli individui vivono per due periodi. Durante il primo, investono in educazione e, durante il secondo, scelgono di emigrare o di rimanere nel loro paese di origine. Questa scelta è effettuata sulla base del confronto tra il salario che l individuo può ottenere nel suo paese e all estero. 30 L intuizione alla base del modello è la seguente. A fronte di un costo dell emigrazione che è considerato fisso e indipendente dalle diverse abilità degli individui, il premio che si ottiene dall emigrare aumenta all aumentare dell abilità dell individuo. Di conseguenza, i più abili sono anche coloro maggiormente incentivati a emigrare, perchè il salario che ottengono all estero riesce più che a compensare i costi fissi affrontati. I meno abili, invece, decideranno di non emigrare. Per quanto riguarda l effetto del brain drain sui tassi di crescita dei due paesi, quello di emigrazione e quello di immigrazione, i due autori mostrano che la fuga determina una riduzione 28 Op. cit., p In questo articolo, che costituisce una variante della nuova teoria della crescita e che rimane fedele, comunque, al modello neoclassico di Solow, Lucas poneva in risalto la duplice natura della formazione di capitale umano nella sua veste di attività sia privata che sociale. Gli individui, attraverso il loro investimento in capitale umano, sono in grado di ottenere salari più elevati e contribuire al livello aggregato della produttività. La formazione del capitale umano è così trainata dagli incentivi individuali e dall esistenza di esternalità intergenerazionali. 30 Haque e Kim (1995), p. 579.

15 15 permanente del tasso di crescita del reddito pro capite del paese di emigrazione e che l effetto sulla crescita del paese di immigrazione varia nel tempo con l evoluzione del rapporto tra i livelli medi del capitale umano nei due paesi. La crescita di lungo periodo, infatti, dipende dall accumulazione di capitale umano e, quindi, dalle scelte di investimento in educazione degli individui. 31 Il brain drain comporta una perdita per il paese di emigrazione perchè the people who remain in the country are the less able and accumulate less human capital than those who go abroad. 32 La condizione essenziale affinché nel modello si generi una crescita positiva è la presenza di una esternalità che però, in questo caso, non è una dovuta all agglomerazione come quella di Miyagiwa, ma è una intergenerational externality attraverso la quale il capitale umano dei genitori è trasferito ai figli. Questi ultimi due lavori (Miyagiwa, 1991; Haque e Kim, 1995) sono accomunati dalla conclusione che il brain drain ha sempre un effetto negativo per il paese di emigrazione: nel primo caso, riduce il livello del reddito pro capite del paese di emigrazione, nel secondo, sia il livello che il tasso di crescita di lungo periodo. Questa visione è stata criticata, dalla seconda metà degli anni 90 in poi, dalla quella parte della letteratura endogena che analizza l impatto dell emigrazione sulla formazione del capitale umano in una piccola economia aperta 33 in un contesto di incertezza. L idea alla base di questi lavori è la seguente. In un economia povera con un potenziale di crescita inadeguato, il rendimento del capitale umano è basso e, di conseguenza, è scarso l incentivo ad investire in educazione, che è il motore della crescita. La possibilità di migrare verso una regione dove prevalgono salari più elevati, una volta raggiunto un dato livello di educazione, aumenta il rendimento dell educazione 34 e induce un aumento della formazione di capitale umano che può 31 Come nel modello di Lucas (1988). 32 Op. cit., p A questo proposito osserviamo che - sempre se si condivide l idea che una laurea conseguita con una votazione elevata sia indicativa di una maggiore abilità dell individuo che la consegue rispetto a chi, invece, ottiene una votazione media o, nel complesso, poco elevata l evidenza empirica suggerisce che non sono più solo i migliori laureati meridionali ad abbandonare il Mezzogiorno per andare a lavorare nel Centro-Nord: tra il 1998 e il 2004, la quota di coloro che si spostano pur avendo ottenuto votazioni medie o basse è in crescita. Nel 2004 trova conferma, infatti, un fenomeno emerso anche dalle due indagini precedenti: la percentuale dei laureati meridionali che si sono spostati dopo il conseguimento della laurea e che si sono laureati con una votazione pari a 110 o 110 e lode (il 35,3%) è in netta diminuzione rispetto alla due precedenti indagini ISTAT, mentre è in aumento la quota dei mobili post-lauream che hanno ottenuto una votazione compresa tra 66 e 99. È chiaro che se si parte dal presupposto teorico che i migliori (i più abili) guadagnano di più se emigrano e se si considera l esistenza di differenziali salariali quale unico motivo che spinge all emigrazione, non si è in grado di spiegare in modo convincente un evidenza empirica di questo tipo. Se, invece, si parte dal presupposto che ciò che induce alla fuga è la mancanza di opportunità di occupazione, questi dati possono essere spiegati. Per chi si è laureato con votazioni poco elevate, trovare lavoro nel Mezzogiorno, è ancora più difficile che per un laureato con il massimo dei voti. Il mobile post-laream, come l evidenza empirica conferma, ha cercato prima lavoro nel Mezzogiorno e, non avendolo trovato, si è spostato. 33 Questo equivale ad assumere che la migrazione in atto non possa influire sui salari prevalenti nel resto del mondo e, di conseguenza, si mantengono costanti i differenziali salariali tra i due paesi. 34 In questo caso, l aumento del rendimento dell educazione deve essere inteso nel senso che l ottenere un certo livello di istruzione garantisce all agente la possibilità di emigrare all estero dove prevalgono salari più elevati.

16 16 prevalere sull effetto negativo (rappresentato dalla perdita netta di lavoratori qualificati che abbandonano il paese di origine) della fuga. In altre parole, la possibilità di emigrare se si raggiunge un certo livello di educazione induce modifiche nella formazione endogena delle cosiddette educational classes (Mountford, 1997) che evita la formazione delle classi under-educated. Questo risultato è ottenuto in modelli di brain drain nei quali gli agenti sono eterogenei e sono solo i più abili a migrare (Mountford, 1997), in modelli con lavoro omogeneo (Stark e altri, 1998; Vidal, 1998) e in modelli con informazione imperfetta (Stark e altri, 1997). Mountford (1997), 35 che è il primo autore a criticare i risultati di Haque e Kim, mostra che, se non tutti i lavoratori hanno la possibilità di emigrare, l effetto positivo della fuga dei cervelli (l incentivo ad accumulare capitale umano) prevale sull effetto negativo (la perdita netta di lavoratori qualificati che abbandonano il paese di origine). 36 Nel modello di Mountford (1997), le condizioni/assunzioni necessarie affinché l effetto positivo della fuga dei cervelli prevalga sull effetto negativo sono numerose e non sempre realistiche: si assume che all aumentare della probabilità di emigrare, si riduca il livello minimo di abilità ritenuto necessario dall individuo per investire in educazione e aumenti, di conseguenza, la quota di individui educati ; si assume che ci sia un esternalità positiva sulla crescita al tempo t legata positivamente alla quota dei lavoratori educati nel periodo precedente (t-1); infine, che la probabilità di emigrare sia indipendente dal numero di individui che desiderano emigrare. Inoltre, affinché l effetto positivo prevalga è necessario che esista un numero sufficiente di individui che sarebbero incentivati a investire in educazione da una piccola prospettiva di emigrazione. Così, una fuga di cervelli determinerebbe un incremento della percentuale di individui educati nella regione di emigrazione [ ] if the probability to emigrate is low, if there is a high wage differential and if the proportion of educated people in the economy was previously low. 37 Inoltre, come scrive Mountford (1997) in order to motivate the desire for emigration, we assume that the wage per efficiency unit of labour in the world economy is always higher that that in the small open economy (la regione di partenza, n.d.a.) (p. 293) il che implica che un aumento (diminuzione) della dotazione di capitale umano qualificato nella regione di immigrazione (origine) non riduce (aumenta) il rendimento dell educazione. Questo è implicato, comunque da due assunzioni fondamentali del modello: in primo luogo, l autore assume che there is an economic wide growth externality related to the proportion of educated workers in the economy in the previous period cosicché la produttività del lavoro al tempo t è funzione crescente della proporzione di individui istruiti nel periodo t-1; in secondo luogo, si assume che il paese di origine è una small open economy e i prezzi dei fattori della produzione sono dati. 35 Mountford applica, al contesto delle migrazioni internazionali del fattore lavoro, il modello di crescita endogena con agenti eterogenei a generazioni sovrapposte sviluppato da Galor e Tsiddon (1996, 1997), in cui l evoluzione della disuguaglianza nella distribuzione del reddito si conforma all ipotesi di Kuznets (con il progresso economico, la disuguaglianza prima aumenta e poi diminuisce) e si analizza la relazione tra la distribuzione del capitale umano e la crescita. 36 Beine e altri (2001), invece, concludono che il brain drain produce entrambi gli effetti, quello negativo suggerito da Haque e Kim (1995) e quello positivo suggerito da Mountford (1997) e derivano la condizione richiesta affinché l effetto positivo (brain effect) domini su quello negativo (drain effect). Questi autori distinguono tra un effetto ex ante, la prospettiva di emigrare incentiva gli investimenti in educazione a causa dei differenziali remunerativi esistenti tra i due paesi, e un effetto ex post, legato al flusso effettivo di cervelli. 37 Cfr. Mountford (1997), p. 295.

17 17 In generale, se il brain drain riesce a ridurre le classi under educated, allora il livello della produttività media del lavoro would be higher under a brain drain because all agents remaining in the country would be at the high education steady state, whereas under a general emigration only a fraction of the population would be at the high steady state. 38 L elemento chiave del modello - che garantisce l effetto di lungo periodo del brain drain sulla crescita e che sarà positivo o negativo a seconda che siano o meno soddisfatte le condizioni appena enunciate - è la presenza di una esternalità positiva dell educazione, come nel modello di Haque e Kim. Il secondo elemento cardine è il considerare la probabilità di migrare come una variabile esogena, mentre nella realtà non solo essa è endogena, ma è legata proprio al livello medio di istruzione conseguito che nelle intenzioni di Mountford dovrebbe spiegare. 39 In conclusione, a seconda di quanto sia elevata la probabilità di migrare, il modello genera dinamiche diverse: se è abbastanza elevata, prevarrà l effetto positivo. In ogni modo, il caso da noi analizzato una fuga di cervelli all interno dello stesso Paese in assenza di barriere all emigrazione è l unico che trova concordi entrambi i filoni della crescita endogena citati (Miyagiwa e Haque e Kim da un lato, Mountford dall altro): quando la probabilità di migrare è uguale a uno (perchè non esistono barriere legislative all immigrazione), la fuga ha solo un effetto negativo per il paese di origine poiché emigreranno tutti coloro che raggiungono il livello minimo di educazione richiesto per emigrare. 40 Nei pochi casi a nostra conoscenza in cui la letteratura sulla fuga dei cervelli pone l accento sulle sue cause, piuttosto che sulle sue conseguenze, si considera come suo unico motivo l esistenza di differenziali salariali tra il paese di emigrazione e quello di immigrazione, dovuti, a seconda dei casi, all esistenza di asimmetrie informative nel mercato del lavoro (Kwok and Leland, 1982); all esistenza di rendimenti crescenti nell educazione che generano un esternalità da 38 Op. cit., p Questa assunzione di esogenità, sulla base della quale sono state compiute anche alcune ricerche empiriche - i cui risultati sono di dubbia significatività anche per la qualità dei dati utilizzati (Beine e altri, 2001) - risulta non solo particolarmente stringente nel caso da noi analizzato, ma anche in aperta contraddizione, come vedremo nel paragrafo successivo, con l evidenza empirica. Sono soprattutto i meridionali che hanno conseguito un livello di istruzione piuttosto elevato (la laurea), infatti, a spostarsi nell altra ripartizione suggerendo che sia proprio il possesso di una laurea a garantirgli, rispetto ai lavoratori meno qualificati o ad altri immigrati, una maggiore forza contrattuale e una probabilità maggiore di trovare un lavoro. 40 Inoltre, questo è un caso che, data l evidenza empirica che ha suggerito che il laureato meridionale emigrato del 2001 non ha la percezione di conseguire un reddito più elevato di quello percepito da chi è rimasto nel Mezzogiorno, troverebbe concordi anche Grubel e Scott:infatti, essi scrivono che, affinché l emigrazione sia benvenuta e abbia un effetto positivo sul reddito disponibile di tutti, è comunque necessario che siano soddisfatte, a priori, due condizioni. La prima di esse, che a detta degli autori è normalmente soddisfatta, riguarda la necessità che chi emigra riesca, come conseguenza di questa libera scelta, a ottenere un reddito più elevato; la seconda è che la fuga della singola risorsa qualificata non riduca il reddito di chi rimane. La prima condizione, nel nostro caso, non è soddisfatta. Non solo non riteniamo libera la scelta di mobilità che il laureato meridionale compie, perchè dettata dalla necessità, ma questa scelta non garantisce al laureato meridionale mobile neanche un reddito più elevato di quello che poteva ottenere rimanendo a lavorare nel Mezzogiorno.

18 18 agglomerazione 41 (Miyagiwa, 1991); o, infine, all esistenza di diverse government policies che determinano after-tax wage differentials (Haque and Kim, 1995). Il lavoro di Kwok e Leland è particolarmente interessante perchè è l unico, 42 se si condivide l impostazione teorica neoclassica, che individua nell esistenza di informazione imperfetta una causa plausibile della fuga dei cervelli. L idea è quella secondo cui i datori di lavoro del paese dove gli studenti compiono gli studi hanno un informazione maggiore sulla loro produttività rispetto ai datori di lavoro del paese di residenza degli studenti. Di conseguenza, i primi possono offrire un salario più adeguato di quello offerto da questi ultimi, che offrono uno stipendio basato sulla conoscenza della produttività media del lavoro degli studenti che sono tornati nel loro paese di origine, che si ipotizzano essere i meno produttivi. L esistenza di questo differenziale salariale motiva il flusso delle risorse qualificate tra i due paesi. Anche questo modello, come i precedenti, si basa su una serie di assunzioni non sempre realistiche. 43 L elemento chiave del modello di Miyagiwa (1991), invece, è l assunzione di un effetto di scala secondo cui, all aumentare del numero di individui in possesso di educazione, aumenta il reddito di ogni individuo educato. 44 Questo effetto di scala è dovuto all esistenza dell esternalità da agglomerazione cui si accennava precedentemente: the productivity of professional work increases with an increase in the number of similar professionals concentrated in one location. Scholars, scientists and engineers, operating in close propinquity and engaging in constant interactions [...] are in general more productive than those who work alone. 45 Questo implica che, data l assunzione di una maggiore numerosità della popolazione del paese di immigrazione e, 41 La fonte di questa esternalità e le conseguenze che derivano dalla sua presenza sono già state discusse. 42 Sia in Miyagiwa che in Haque e Kim si assume, implicitamente ed esplicitamente, informazione perfetta. 43 L assunzione iniziale, comune a tutti i modelli discussi, è che il mercato del lavoro sia competitivo in entrambi i paesi tra i quali si analizza il flusso di risorse qualificate (Stati Uniti e Taiwan), il che significa che il salario pagato è uguale al prodotto marginale del lavoratore. In questo modo, i due autori evitano, come loro stessi dichiarano, di considerare l esistenza di diverse opportunità di occupazione tra i due paesi considerati. Inoltre, Kwok e Leland assumono che la produttività del lavoratore sia la stessa sia che lavori negli Stati Uniti sia che lavori in Taiwan. L assunzione chiave, chiaramente, è quella per la quale employers in the United States can observe the productivity of each potential employee [...]. Employers in Taiwan, however, cannot observe the exact productivity of a returning Taiwanese graduate prior to hiring. But because of past experience and market knoledge, it is assumed that Taiwanese employers know the average productivity of all returning graduates. In ogni caso, non è necessario che l informazione dei datori di lavoro negli Stati Uniti sia perfetta, ma solo che sia maggiore di quella ottenuta dai datori di lavoro in Taiwan. Op. cit., p Si assume, inoltre, che il costo dell educazione sia lo stesso per tutti gli individui, che questi siano razionali e che le loro abilità siano distribuite in modo continuo nell intervallo [0,1]. Inoltre, once educated an individual with a given level of ability earns a proportionately higher level of income than another educated worker who possesses a lower level of ability. Infine, affinchè il modello presenti una soluzione interna, deve esistere an economic incentive for the most gifted to acquire education even when no one else has yet received an education e, allo stesso tempo, it never pays for the least gifted to acquire a higher education. Op. cit., p Op. cit., p. 745.

19 19 quindi, del numero di individui educati, cui segue un maggiore effetto di scala, il reddito di due professionisti dotati della stessa abilità sia più elevato nel paese di immigrazione. 46 In Haque e Kim (1995), l esistenza di differenziali salariali rimane l unico incentivo all emigrazione considerato ed è dovuto all esistenza, nei due paesi interessati dal flusso di lavoratori qualificati, di due diversi regimi di legislazione fiscale. Nel complesso, il filone di letteratura che analizza anche le cause del brain drain è insoddisfacente soprattutto per due motivi. Prima di tutto, il limite più stringente è l assenza di considerazioni sul ruolo che l esistenza di diverse opportunità di lavoro tra paese di origine e paese di immigrazione ha nell influenzare la fuga di cervelli 47 (e l emigrazione in generale). Riteniamo che siano proprio queste differenze ad avere un ruolo decisivo nelle scelte di mobilità interna dei cervelli e, più in generale, nelle scelte di migrazione tra Mezzogiorno e Centro-Nord. Inoltre, la letteratura esistente si concentra sulla fuga di cervelli da paesi in via di sviluppo (principalmente asiatici) verso paesi industrializzati (principalmente gli USA) e, quando essa si verifica tra paesi industrializzati, la considera, piuttosto che una fuga, un brain exchange. In Italia, invece, non si verifica alcuno scambio di cervelli tra le due ripartizioni, nel senso che, come posto in risalto nei paragrafi precedenti, il saldo della fuga dei cervelli è fortemente negativo per il Mezzogiorno. Infine, osserviamo che, a nostra conoscenza, non è ancora stato formalizzato un modello che distingua il caso in cui gli individui emigrano per ottenere un istruzione e poi decidono di rimanere all estero (quelli che nella nostra analisi abbiamo definito mobili non tornati ) e coloro che ottengono un istruzione nel loro paese/regione di origine e decidono di emigrare per motivi di lavoro (che corrispondono, nella nostra analisi, ai mobili post-lauream ) L evidenza empirica e il dibattito sulle cause e le conseguenze della fuga delle risorse umane qualificate: la fuga come necessità. La maggior parte della letteratura sulla fuga del capitale umano qualificato identifica nell esistenza di differenziali salariali tra l area di origine e l area di immigrazione l unica causa del brain-drain. 46 Miyagiwa osserva, in ogni modo, che l assunzione che il paese di emigrazione e quello di immigrazione differiscano in termini di size non è essenziale ai fini della trattazione. Op. cit., p L unico articolo che accenna alle job opportunities è quello di Kwok and Leland che, dopo aver assunto che la produttività di un lavoratore è la stessa sia che lavori negli USA, sia che lavori in Taiwan, scrivono: Thus we explicitly avoid the empirical questionable assumption that employment opportunities are less favorable in the native country. Cfr. op. cit., p. 93.

20 20 Parte dell elaborazione dei dati individuali delle due indagini ISTAT, oggetto dei paragrafi precedenti, è stata condotta al fine di confutare l idea secondo cui i laureati decidono di spostarsi dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord per guadagnare di più e migliorare la propria condizione lavorativa e sostenere invece che è la necessità di trovare un occupazione qualsiasi a spingere alla mobilità. Come scrive Kaldor, the migration of labour, both intra-national and inter-national, is not determined by earning differences alone; given such differences, it is very much conditioned by the existence of employment opportunities at the receiving end. 48 Al fine di verificare questa ipotesi, si è supposto che, se un laureato si sposta per guadagnare di più o per migliorare la propria condizione lavorativa, allora, l evidenza empirica dovrebbe confermare che il mobile post-lauream ottiene condizioni economiche e contrattuali più vantaggiose di un immobile. Non solo. Visto che, tra il 2001 e il 2004, dal confronto tra le due indagini ISTAT sugli sbocchi professionali dei laureati a tre anni dalla laurea è emerso che la mobilità, soprattutto post-lauream, è nettamente aumentata, ci si aspetta che i dati confermino che, nello stesso periodo, siano migliorate anche le condizioni lavorative offerte ai laureati meridionali che lavorano nel Centro-Nord. Inoltre, se il motivo principale per cui un laureato si sposta è quello di migliorare la propria condizione lavorativa, allora, visto che la mobilità è aumentata, i laureati del 2001 dovrebbero ritenersi, nel complesso, più soddisfatti dei loro colleghi laureati nel Inoltre, per lo stesso motivo, dovrebbero essere più soddisfatti, almeno con riferimento al trattamento economico, dei loro colleghi laureati meridionali del 2001 che hanno deciso di rimanere a lavorare nel Mezzogiorno. Oltre a ciò, si è ritenuto che, se questo laureato mobile è più soddisfatto di un immobile perché ha trovato un lavoro rispondente alle proprie esigenze economiche e alle proprie aspettative, allora non dovrebbe cercare un nuovo lavoro (o farlo in misura minore di un immobile), dovrebbe ritenere che la laurea conseguita è sufficiente per il lavoro svolto e aver iniziato a lavorare nello stesso anno, o prima, rispetto a un immobile (ricordiamo che si sposta non perché non riesce a trovare un lavoro nella sua ripartizione, ma solo per migliorare la propria condizione lavorativa). Infine, se lavoratore part-time, dovrebbe aver scelto il tempo parziale liberamente, e non perché costretto dalla mancanza di altre opportunità. Innanzitutto, l evidenza empirica ha mostrato che, mentre nel 2001 il laureato meridionale che lavorava nel Centro-Nord guadagnava, in termini nominali, più dell immobile, nel 2004 la quota di laureati meridionali che lavora nel Centro-Nord che dichiara un guadagno mensile netto percepito inferiore ai 500 euro è nettamente maggiore della rispettiva quota di immobili. Se, 48 Cfr. Kaldor (1981), p. 212.

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