Il SS. Annunziata di Taranto fra i centri sanitari di riferimento in Italia nella cura delle patologie cerebrali vascolari per via endovascolare
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- Michele Foti
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1 ASSISTENZA Il SS. Annunziata di Taranto fra i centri sanitari di riferimento in Italia nella cura delle patologie cerebrali vascolari per via endovascolare Oltre mille gli interventi di embolizzazione di aneurisma cerebrale Cosimo Lucaselli (cosimolucaselli@libero.it) a cura di Luigi Galizia Medico Radiologo (drlg@hotmail.it) Il SS. Annunziata di Taranto rappresenta oggi, per unanime riconoscimento del mondo scientifico, uno dei centri sanitari di riferimento più importanti, sia sul territorio pugliese che nel panorama nazionale, per la cura delle patologie vascolari, quali, in particolar modo, gli aneurismi cerebrali, le malformazioni artero-venose (MAV) e le fistole meningo-durali. Ciò che ha reso famoso ed eccellente il centro sanitario jonico nella cura delle patologie a carattere vascolare, sono state sicuramente la notevole esperienza e la perizia professionale del neuroradiologo Maurizio Resta, direttore del reparto di Radiologia dell ospedale SS. Annunziata di Taranto, il quale, con la sua equipe, svolge interventi endovascolari a Taranto dal 1999, prima in regime di consulenza e poi in veste di direttore della struttura stessa. La casistica personale del dott. Maurizio Resta conta, dal 1996 presso il Policlinico di Bari e dal 1999 ad oggi a Taranto, solo per citare qualche numero, l embolizzazione di circa 1000 aneurismi cerebrali, l embolizzazione di circa 150 malformazioni artero-venose (MAV), circa 900 interventi di stenting carotidei, embolizzazione di circa 60 fistole, di circa 50 fistole carotido-cavernose, circa 50 interventi di fibrinolisi cerebrali e circa 30 fibrinolisi cerebrali ischemiche. Gli interventi endovascolari sono l insieme di tutte quelle procedure che, tramite l uso di sistemi miniaturizzati che navigano all interno delle arterie, permettono la diagnosi e il successivo eventuale trattamento di varie patologie. In corso di stesura, abbiamo volutamente deciso, fra le varie tipologie di patologie cerebrali di carattere vascolare, trattate mediante gli interventi endovascolari di embolizzazione, di prendere in esame, in particolar modo, due delle patologie più complesse e maggiormente trattate nel centro di Taranto, gli aneurismi cerebrali e le malformazioni artero-venose (MAV). Gli aneurismi cerebrali. Cosa sono e come si curano? Si pensi alla camera d aria della gomma di una bicicletta (l arteria) - così il dott. Resta ama spiegare ai suoi pazienti cosa è un aneurisma cerebrale - nata con una imperfezione di fabbrica, una smagliatura questa smagliatura, dai oggi e dai domani, formerà una bolla (il dott. Resta parla della spinta del sangue all interno della smagliatura che creerà una bolla a ridosso di una delle arterie del cervello, ovvero l aneurisma che può essere soggetto a crescere a causa della spinta del sangue al suo interno).
2 Il dott. Resta detesta fare del terrorismo psicologico ai suoi pazienti e ci tiene a precisare che l aneurisma cerebrale non ha sempre elementi di carattere predittivo sui perché e se e quando potrebbe manifestarsi o dare segni di sè, quindi non è assolutamente ascrivibile ad una patologia che necessariamente porterà il paziente a morte certa, anzi non si tratta assolutamente di una bomba ad orologeria - esempio ricorrente ai pazienti - perché la bomba orologeria è programmata per esplodere e pertanto il giorno X alle ore Y esploderà, mentre in verità nessuno può sapere se un aneurisma cerebrale scoppierà può accadere ora ma come potrebbe non accadere mai per tutta la vita del paziente ed avere un cosiddetto esito naturale favorevole ma nessuno può saperlo e prevederlo. Vista sotto quest ottica se di bomba ad orologeria non si può parlare, la metafora più amata da Maurizio Resta è tutt altra bisogna semplicemente pensare ad un enorme campagna, ettari ed ettari di terreno, dove in punto X c è un relitto bellico della 2 Guerra mondiale. Il contadino che lavora quella sua terra per tutta la vita può mettere il piede sul relitto bellico dopo uno, due, dieci, venti, cinquanta anni ed esplodere, come è altrettanto possibile che il contadino cammini e lavori qua e là per la sua campagna tutta la vita e non calpesti mai quel relitto bellico che potrebbe così rimanere inesploso per sempre, ma nessuno può saperlo. Gli aneurismi cerebrali si suddividono essenzialmente in congeniti ed acquisiti. Quelli congeniti, che sono i più diffusi e che possono essere multipli nel 20-25% dei casi, di solito si presentano sacciformi e consistono in un evaginazione della parete arteriosa malformata. Situati solitamente nei punti di biforcazione delle arterie, sono principalmente localizzati a carico dell arteria comunicante anteriore, della carotide interna e dell arteria cerebrale media. Gli acquisiti, fusiformi, sono al contrario poco comuni e, nella stragrande maggioranza dei casi, appaiono su base aterosclerotica, rarissimi poi, quelli di natura infettiva. La loro prevalenza complessiva nella popolazione è di circa il 2%. L aneurisma solitamente non da alcun sintomo, salvo alcuni casi che riguardano principalmente gli aneurismi carotidei, infatti se questo insorge a livello del seno cavernoso, si sviluppa la sindrome analoga con quadro clinico compressivo tipo tumore ipofisario con associati disturbi visivi. Se invece è sopraclinoideo e di grandi dimensioni può portare a paralisi del nervo ottico e dell oculo-motore; viene scoperto accidentalmente, negli asintomatici, mediante l esecuzione di Angio-RM o Angio-TC eseguite per altro motivo. Quindi quasi sempre l esistenza di un aneurisma cerebrale è ignorata fino al momento drammatico della sua rottura; l età di maggiore incidenza è mediamente tra i 40 e 60 anni. Alla rottura con conseguente stravaso ematico sub-aracnoideo la sintomatologia è caratterizzata da cefalea intensissima, vomito, vertigine e, possibile perdita di coscienza fino all exitus. Dopo 3-12 ore compaiono segni di meningismo come rigor nucale, fotofobia e positività ai segni di Kernig e Lasegue. La mortalità complessiva si attesta intorno al 50/60% nei primi 30 giorni, in particolare dopo la prima settimana. Le cause vanno ricercate nel risanguinamento e nell ischemia da vasospasmo; il 50% dei sopravvissuti ha morbidità significativa. L emorragia sub-aracnoidea (ESA), che principalmente ma non esclusivamente, è dovuta alla rottura di aneurisma cerebrale, va sospettata clinicamente quando un paziente non emicranico accusa cefalea improvvisa e violenta con soggettiva sensazione di malessere anche senz altro segno o sintomo; quando un paziente
3 emicranico accusa cefalea ad insorgenza acuta diversa da quella usuale; o quando si ha una cefalea intensa dopo anche brevissima perdita di coscienza. La sintomatologia clinica, per quanto abbastanza caratteristica, non è tuttavia sufficiente da sola per fare diagnosi. Oltre, infatti, l evidenza di sangue nel liquor cefalo-rachidiano, è necessaria l esecuzione di una TC, che mette in risalto la presenza di ESA, e di una Angio-TC, che nelle macchine multistrato, mediante ricostruzioni mirate VR e MIP, consente di evidenziare la sacca aneurismatica; nei casi dubbi a scopo diagnostico si può eseguire un angiografia. La terapia mira ad evitare il risanguinamento tardivo della sacca aneurismatica ed essenzialmente si suddivide nella terapia neurochirurgica (clipping) ed in quella endovascolare (coiling). Il clipping degli aneurismi cerebrali che è la terapia più definitiva con l applicazione di una clip metallica sul colletto della formazione aneurismatica, è però oggi in grande calo per varie considerazioni. La più rilevante è relativa alla minore invasività apparente della terapia endovascolare che evita la craniotomia. Minore invasività apparente perché, nella realtà, anche la terapia endovascolare degli aneurismi con riempimento della sacca aneurismatica con spire di platino (coiling), si configura come intervento di alta complessità e ancora gravato da una percentuale ragguardevole di complicanze. Una seconda considerazione è relativa all enorme sviluppo della Neuroradiologia Interventistica con materiali sempre più sofisticati (palloncini da occlusione temporanea, stent endocranici a celle aperte, ricoperti o a deviazione di flusso, coils medicate bioattive ecc.) che ha permesso di affrontare aneurismi a sedi improponibili per la chirurgia ed anche a colletto molto ampio o di dimensioni difficoltose, perché estremamente grandi o estremamente piccoli. Una terza considerazione, che è la diretta conseguenza delle prime due, è in relazione ai risultati di un trial multicentrico denominato ISAT (International Subarachnoid Aneurysm Trial) e delle successive risultanze che assegna al settore della Neuroradiologia endovascolare risultati nettamente più favorevoli rispetto al braccio neurochirurgico. La maggiore debolezza del trattamento endovascolare degli aneurismi cerebrali si concretizza però nel fatto che, a differenza dell approccio chirurgico come prima accennato, il coiling degli aneurismi è assai meno definitivo e gravato da un certo tasso di recidive con ricanalizzazione ed un relativo tasso, per quanto limitato, di risanguinamenti tardivi. Quest ultimo dato si porta dietro la necessità non infrequente di ritrattamenti endovascolari di aneurismi già sottoposti a coiling in precedenza, una o anche più volte. In questo ambito rientra preponderante il ruolo del radiologo chiamato in causa a scegliere il miglior piano di Follow-up e la più sensibile metodica strumentale. Attualmente sembrerebbe l Angio-RM con mezzo di contrasto (definita tecnica contrast enhancement, CE) la miglior metodica per l esecuzione del Follow-up in questo tipo di pazienti. L apparecchiatura indicata per l esecuzione dell esame Angio-RM è la Risonanza Magnetica ad alto campo che, attualmente, è installata, per il territorio della ASL TA, solo nell ospedale di Martina Franca con una macchina da 1,5 Tesla. Ma questo ancora per poco, perché nell ambito della recente ristrutturazione delle strutture di Radiologia e Neuroradiologia del SS. Annunziata di Taranto e del rinnovo del parco tecnologico, anche queste due strutture avranno un apparecchio di risonanza magnetica ad alto campo e tecnologicamente avanzato. Infine va ribadito che, soprattutto negli ultimi cinque anni, la terapia endovascolare (coiling) ha superato di gran misura l alternativa chirurgica
4 convenzionale (clipping), nella cura degli aneurismi cerebrali rotti (clipping), come dimostrato anche da uno studio randomizzato ISAT i cui dati in fase di studio preliminare sono stati pubblicati su Lancet nel 2002 e poi nel In questo studio però non vengono descritte le problematiche, già sopra descritte, legate al coiling dell aneurisma a medio e lungo termine. In particolar modo il problema maggiore della terapia endovascolare è quella legata alla possibile ricanalizzazione nel tempo degli aneurismi trattati con spirali di platino e/o bioattive. Ecco il motivo per il quale il paziente viene sottoposto a follow-up nei primi cinque dopo l intervento enovascolare tramite RM o angiografia. Nello specifico presso il centro di Neuroradiologia Interventistica dell ospedale SS. Annunziata di Taranto, su un campione di 566 pazienti e 649 aneurismi trattati, di cui 436 rotti, per un totale di 726 procedure endovascolari si sono conteggiati 76 ritrattamenti in arco di tempo di circa 8 anni. Le malformazioni artero-venose (MAV). Cosa sono e come si curano? Le prime descrizioni dettagliate delle malformazioni artero-venose (MAV) vengono descritte a Virchow (Mohr) che già alla fine del 1800 precisò la natura di queste lesioni cerebrali caratterizzate da un groviglio di vasi sanguigni. Non si trattava e non potevano essere definiti assolutamente dei tumori e furono, nonostante il termine impreciso, definite angioma, termine ancora oggi corrente, nonostante queste malformazioni, congenite, interessano contemporaneamente arterie e vene con l apposizione fra esse di un groviglio di vasi malformati definito nidus. Successivamente nei primi anni del 1900 il progredire della Neurochirurgia vide l inizio di innumerevoli segnalazioni e di casi nella letteratura medica che, tuttavia, tramandarono alcune inesattezze di carattere terminologico. Infatti un esempio è riportanto in una delle più importanti monografie, scritta da Cushing (Cush) nel 1928, dove le MAV vennero denominate in modo ambiguo Malformazioni Angiomatose. Nonostante queste imprecisioni terminologiche questo lavoro costituisce ancora oggi un eccellente riferimento nella letteratura medica per quanto riguarda le descrizioni anatomiche e fisiologiche delle MAV e, sulla base di questo lavoro, sono state successivamente negli anni avvenire elaborate tutte le strategie di terapia ancora oggi in uso, terapia sia chirurgica, che endovascolare e radiante. In particolar modo, per quanto riguarda la terapia endovascolare, le origini risalgono allo sviluppo dell angiografia cerebrale e alle sue applicazioni diagnostiche pre-operatorie nelle MAV (Yaserg) intorno agli anni 40. Senza sottovalutare il fatto che la conoscenza e lo sviluppo delle sempre migliori ed idonee strategie allo sviluppo della terapia delle MAV è pervenuto anche grazie al notevole progredire tecnologico della diagnostica per immagini, diventata di eccellenza grazie alle sempre più sofisticate apparecchiature di Tomografia Computerizzata (TC) e Risonanza Magnetica (RM) negli ultimi decenni. Inoltre di pari passo, nella cura della MAV, viaggia anche il notevole progresso delle terapie radianti, con la cosiddetta Radiochirurgia Stereotassica. La Radiochirurgia Stereotassica è una tecnica radioterapica, eseguita nella maggior parte dei casi dagli specialisti neurochirurghi in combinazione con gli specialisti radioterapisti, che sfruttano un unica irradiazione concentrata sulla lesione, grazie all uso di un casco fissato sul cranio del paziente. Esaminando in modo dettagliato gli elementi anatomici che caratterizzano le MAV è necessario metter giù qualche considerazioni di natura istologica convenzionale e di microscopia elettronica. All interno delle MAV le arterie, che portano il sangue
5 ossigenato, sono dilatate, displasiche e spesso con stenosi alternate a micro aneurismi o veri aneurismi flusso dipendenti. E assente, quindi, il letto capillare che in regime di normalità permetterebbe all interno dei tessuti gli scambi gassosi e la cessione delle sostanze nutritizie. Al suo posto è presente il nidus malformativo che, a sua volta, è composto da arteriole e venule malformate. Il nidus può anche presentarsi con un aspetto a rete molto fitta che per definizione è chiamato plessiforme. Le vene, portanti il sangue deossigenato con le sostanze di scarico, sono displasiche ed enormemente dilatate e possono versarsi nelle vene cerebrali superficiali o profonde. Questa struttura malformativa spiega la tendenza delle MAV a causare emorragie che possono essere anche mortali per il paziente. Inoltre il nidus può essere semplicemente posato sulla superficie della corteccia cerebrale ed è questa la spiegazione del perché le MAV tendono a scatenare crisi elettriche di tipo epilettico, oppure può essere interposto a tessuto cerebrale normale. Invece per quanto riguarda la patofisiologia delle MAV trova spiegazione dalla loro architettura. Infatti, nel 1992, Spetzler mostrò, in modo dettagliato, i rischi di ischemia del tessuto sano adiacente in relazione a fenomeni di furto ed il rischio di emorragie in relazione alla grandezza e alla displasia dei vasi. La complessità emodinamica delle MAV ha richiesto analisi biomatematiche altamente avanzate al fine di comprendere la loro casuale imprevedibilità nel provocare le emorragie. Senza dubbio queste sono considerazioni che testimoniano la gravità della storia naturale delle MAV e spiegano l alta probabilità di complicanze in corso di terapia. Altro elemento, emerso in quest ultimo decennio, che testimonia la gravità e la complessità della patologia alla base delle MAV proviene da complessi studi di natura genetica sulla trascrizione RNA su DNA di alcune proteine, evidenziando condizioni di mutazioni nel processo di controllo delle cellule che costituiscono la parete interna dei vasi sanguigni. Esiste inoltre anche l aspetto epidemiologico e la storia naturale della MAV, aspetto che evidenzia nuovamente la complessità di questa patologia. Secondo studi nordamericani viene evidenziata una incidenza delle MAV pari a circa un caso ogni soggetti per anno su una popolazione non selezionata e 18 ogni su una popolazione di soggetti adulti. Altri studi epidemiologici ci riferiscono altresì che le MAV sono responsabili di tutti gli ictus per una percentuale che varia dall 1% al 2% e nello specifico negli adulti per il 3%, sono inoltre responsabili di emorragie subaracnoidee per il 9%, delle emorragie intracerebrali per il 4% e delle emorragie cerebrali primitive nei giovani adulti sino al 33%. Inoltre il 15% della popolazione risulterebbe asintomatico, il 20% presenta una sindrome epilettica ed il 66% dei pazienti affetti da MAV si presenta con un emorragia cerebrale. La mortalità delle MAV non curate va ad attestarsi fra l 1 e 1,5% all anno, il rischio di emorragia del 2% l anno, ma con un rischio di un nuovo episodio emorragico del 18% nel primo anno in quest ultimo campione. Il rischio annuale di epilessia nei pazienti affetti da MAV non trattate è circa l 1%. Un altro studio epidemiologico del 1990 ci riferisce che su un campione di 166 pazienti trattati chirurgicamente, nell arco di tempo di 27,6 anni il tasso di risanguinamento è risultato del 4% per anno con un tasso di mortalità pari all 1% per anno. Il 23% dei pazienti sono deceduti comunque a causa di un emorragia cerebrale. Infine il tasso combinato di grave morbidità e mortalità è risultato pari al 2,7% l anno. L esordio clinico iniziale più frequente è l emorragia intracranica, con predilezione per l emorragia intracerebrale, poi risulta essere meno frequente l esordio con
6 emorragia fra le membrane che rivestono il cervello (emorragia subaracnoidea). Più frequentemente che per le emorragie dovute a rottura di aneurisma cerebrale, i pazienti con emorragia da MAV tendono a sopravvivere anche quando l emorragia è iatrogena nel corso di interventi chirurgici, terapia endovascolare o radiochirurgica stereotassica. Le sequele cliniche dipendono dalla sede, l estensione e la massa dell emorragia. L esordio clinico con epilessia rappresenta il 25/50% della totalità di tutti i pazienti affetti da MAV associata a crisi focali o generalizzate. D altra parte l epilessia è ben controllata con l ausilio dei farmaci epilettici, mentre i casi farmacoresistenti sono proprio quei casi da selezionare per la terapia chirurgica, endovascolare, radiante o combinata. La cefalea associata alla classica emicrania per le sue caratteristiche di specificità, pone invece maggiori problematiche al fine dell individuazione dei pazienti affetti da MAV. La scelta di trattare un paziente con MAV o la scelta di astenersi da ogni tipologia di trattamento deve basarsi sui rischi che pone ogni tipo di scelta terapeutica rispetto all andamento della storia naturale della malattia stessa che, ribadiamo, è estremamente imprevedibile. Tale scelta rappresenta tutt oggi un vero e proprio dilemma. Le alternative terapeutiche si concretizzano sostanzialmente fondamentalmente in tre strade, la classica resezione chirurgica, l embolizzazione endovascolare e la radiochirurgia stereotassica. I criteri fondamentali nell affrontare tale scelta, soprattutto se si tratta di pazienti asintomatici, sono l età del paziente (infatti non è giustificato l intervento in pazienti asintomatici di età superiore a 55 anni), la sede della MAV, le sue dimensioni e la configurazione vascolare della MAV stessa. Sulla base di questi criteri è stata creata una classificazione rudimentale chirurgica, ma esportata anche per le terapie neuroradiologiche interventistiche elaborata da Spetzler e Martin del L intervento chirurgico è sicuramente la strada che rappresenta e garantisce la cura più definitiva in assoluto nella cura dei pazienti affetti da MAV ma, nonostante ciò, è una terapia in progressivo declino a causa delle caratteristiche di invasività offerte delle tecniche neuroradiologiche interventistiche e radiochirurgiche stereotassiche. Le tecniche neuroradiologiche interventistiche trovano via concreta nelle embolizzazioni endovascolari. Queste procedure sono avanzate in modo progressivo, migliorando, nell ultimo decennio, sia in termini di sicurezza che di efficacia nell ultimo decennio. Le embolizzazioni endovascolari vengono eseguite tramite un accesso arterioso femorale e la guida radioscopica di un catetere, ovvero una specie di sondino introdotto nei vasi sanguigni del paziente, attraverso cui si introduce un microcatetere che viene portato con l ausilio o meno di guide, ovvero sottilissimi fili metallici introdotti nel micro catetere, fino ad arrivare ad uno dei vasi arteriosi che confluiscono nel nidus malformativo della MAV da embolizzare. Tramite questo percorso vengono iniettate diverse sostanze occludenti, definite sostanze embolizzanti come fili di platino, particelle di polivinilalcool, ma, soprattutto, colle ciano-acriliche diluite con mezzo di contrasto liposolubile oppure, nell ultimo decennio, grazie all aiuto di agenti liquidi polimeri di acido poliglicolico e polilattico, l Onyx.
7 Però solo di rado le procedure endovascolari di embolizzazione possono costituire la terapia in modo definitivo, infatti richiedono più di un intervento e vengono, sempre più frequentemente, abbinate alla chirurgia e la radiochirurgia stereotassica, modalità definita attività multimodale. L attività multimodale è ricorrente nelle grandi MAV, perché dato che la radiochirurgia stereotassica richiede nidus non superiori ai 2,5 cm., la strategia terapeutica più idonea è quella di occludere prima il nidus mediante ripetute embolizzazioni, sino a portarlo a dimensioni idonee ad essere sottoposto alla radiochirurgia. Queste scelte terapeutiche, che combinano l embolizzazione nel piano generale del trattamento delle MAV, sono discusse, ma in crescita perché comportano tassi relativamente bassi di complicanze. A dimostrazione uno studio condotto su 233 pazienti consecutivi non mostrò alcuna complicanza su 200 di essi, ovvero l 86%, mentre il 14% ovvero 33 pazienti mostrarono un deficit neurologico causato dalla procedura. A loro volta di questi 33 pazienti il 2% ebbero un danno neurologico persistente grave ed infine il decesso fu pari all 1%. La valutazione della storia naturale di una MAV cerebrale con la sua morbidità e mortalità costituisce un momento difficile per il paziente affetto da MAV cerebrale. I rischi associati con la storia naturale di una MAV cerebrale, soprattutto in riferimento al rischio emorragico, devono essere messi a confronto con i rischi legati all effettuare invece la terapia. Alcuni dati della letteratura medica ci indicano che il rischio annuale di emorragia per una MAV è stimato fra il 2 e il 4% e la morbidità dovuta alla rottura della MAV è stimata fra il 13 e il 50%, con un rischio di mortalità riportato dal 3 al 30 %. Il trattamento endovascolare è una scelta efficace nella terapia nella cura della MAV, anche se difficile come procedura. D altronde le complicazioni di un trattamento endovascolare devono essere stimate in relazione al rischio potenziale associato alla storia naturale della MAV. Dopo un trattamento endovascolare, la morbidità associata a deficit neurologico permanente è riportata fra il 0,4% ed il 12,5% dei pazienti e la mortalità fra il 0,4% sino a toccare picchi del 17.5%. A testimonianza esistono recenti pubblicazioni, che indicano che dopo l embolizzazione di MAV cerebrali, un deficit neurologico permanente è stimato che possa accadere nel 9% dei pazienti e la morte nel 2% dei pazienti. Nell ambito del trattamento endovascolare di una MAV cerebrale, l emorragia sembra essere la più frequente e seria complicanza. Gli interventi endovascolari, definiti anche interventi salvavita, effettuati da Maurizio Resta e dalla sua equipe formata dai radiologi e neuroradiologi Massimo Donatelli, Nicola Burdi, Delio Monaco e Mariachiara Resta, vengono svolti nella struttura di Radiologia e Neuroradiologia dell ospedale SS. Annunziata di Taranto su una modernissima apparecchiatura angiografica 3D di recente acquistata ed installata nel reparto, dove peraltro vengono effettuate anche procedure endovascolari di stenting per occlusione delle carotidi ed interventi di tipo periferico come chemioembolizzazioni epatiche, drenaggi biliari, steno-occlusioni femorali e poplitee, stenosi tibiali, occlusioni iliache, stenosi iliache, embolizzazioni per emorragia in generale, endoprotesi aortiche, drenaggi di raccolte e ascessi, trattamento dei varicoceli, trattamento degli arti inferiori ed altre.
8 Taranto oggi, fra le svariate problematiche e i numerosi disagi legati ad un panorama sanitario locale, in generale, difficile da gestire, grazie alla competenza di questi operatori, alle modernissime apparecchiature a disposizione della struttura di recente acquistate dalla ASL TA e ai sofisticati e costosissimi materiali dedicati a questa tipologia di procedure interventistiche, continua a rappresentare per la cura delle patologie cerebrali vascolari (come la storia dimostra ormai da anni), indiscutibilmente un punto di riferimento fra i centri sanitari nazionali, dando risposte concrete ai pazienti che almeno per la cura di queste patologie non sono costretti a sottoporsi agli estenuanti e, tante, troppe volte, costosissimi viaggi della speranza. Ed è proprio in virtù della consapevolezza che la salute del cittadino è un diritto inestimabile ed inviolabile, fieri anche noi, per quel che è nostro compito nel fare informazione, di testimoniare in queste pagine l eccellenza, in materia di cura e di assistenza sanitaria, in casa propria proprio al SS. Annunziata
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