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1 Ricerca di: D.M., A.B., S.D., A.B., E.M. su: L opera d arte nell epoca della sua riproducibilità tecnica e Piccola storia della fotografia, di Walter Benjamin, e La camera chiara, di Roland Barthes Giudizio del docente L elaborato non si pone il problema di introdurre il lettore inesperto a comprendere l opera di Benjamin, poiché sceglie un taglio enunciativo e apodittico, come se le tesi dell autore non si prestassero a discussione o a confutazione. Le proposizioni citate si succedono senza che sia mai fatto lo sforzo di un loro chiarimento, di una loro giustificazione; in generale il testo è una successione di appunti e non emerge la rielaborazione critica, il distacco rispetto al testo, perciò si assume il punto di vista di Benjamin piattamente, limitandosi a ripeterne i passaggi. La scheda su Barthes risulta invece più leggibile, non ermetica come la scheda su Benjamin, e dunque più efficace nel comunicare le tesi del noto semiologo. Più interessante sarebbe stato studiare le tesi di Benjamin e Barthes confrontandole ed evidenziandone la reciproca distanza teorica. L irriducibilità dei due testi avrebbe potuto suggerire qualche considerazione su come la fotografia sia un campo sul quale sia possibile costruire categorie interpretative non compatibili, oppure discutere della sopravvivenza dell aura proprio nelle categorie sfuggenti di Barthes, con le quali egli individua per la fotografia uno spazio semantico che non è né scientifico né descrittivo. Più che sufficiente.

2 1 - L OPERA D ARTE NELL[ ] EPOCA DELLA SUA RIPRODUCIBILITA TECNICA Walter Benjamin Giudizio del docente 1 La parte sul saggio L opera d arte ( ) non si pone il problema di introdurre il lettore non specialista a comprendere l opera di Benjamin, poiché sceglie un taglio enunciativo e apodittico, come se le tesi dell autore non si prestassero a discussione o a confutazione. Le proposizioni citate si succedono senza che sia mai fatto lo sforzo di un loro chiarimento, di una loro giustificazione; in generale il testo è una successione di appunti e non emerge la rielaborazione critica, il distacco rispetto al testo, perciò si assume il punto di vista di Benjamin piattamente, limitandosi a ripeterne i passaggi. È evidente poi, anche dalla formattazione, ma non solo da quella, che il gruppo si è suddiviso i compiti da svolgere senza curare l organizzazione coerente dell insieme. La scheda su Barthes risulta invece più leggibile, non ermetica come la scheda su Benjamin, e dunque più efficace nel comunicare le tesi del noto semiologo. Più interessante sarebbe stato studiare le tesi di Benjamin e Barthes confrontandole ed evidenziandone la reciproca distanza teorica. L irriducibilità dei testi dei due autori avrebbe potuto suggerire qualche considerazione su come la fotografia sia un campo sul quale sia possibile costruire categorie interpretative non compatibili, oppure discutere della sopravvivenza dell aura proprio nelle categorie sfuggenti di Barthes, con le quali egli individua per la fotografia uno spazio semantico che non è né scientifico né descrittivo. Apprezzabili le poche 1 Di seguito, le evidenziazioni in rosso costituiscono correzioni o errori segnalati dal docente, mentre fra parentesi quadre sono posti i termini corretti, in sostituzione di quelli errati scritti dagli studenti.

3 righe nelle quali si esprime un proprio giudizio sulla presunta decadenza dell aura, giudizio che si sarebbe potuto esprimere con più ampio respiro. Più che sufficiente. Ciò che viene meno nell epoca della riproducibilità tecnica è l AURA dell opera d arte ( Benjamin). L Aura è l hic et nunc, il qui ed ora che la rende unica ed irripetibile. La nozione di aura contiene in sé i valori di unicità, originalità ed autenticità, cioè l esclusività del godimento estetico, dell opera d arte. L autenticità di una cosa è la quintessenza di tutto ciò che, fin dall origine di essa, può venir tramandato, dalla sua durata materiale alla sua virtù di testimonianza storica. (Benjamin) L unicità consiste, invece, nel suo appartenere al contesto dell epoca. In realtà un opera d arte è sempre stata riproducibile, cioè gli uomini sono sempre stati in grado di ricrearla, simili riproduzioni -infatti- venivano realizzate dagli allievi per esercitarsi nell arte, dai maestri per diffondere le opere, infine da terzi semplicemente avidi di guadagni (Benjamin). Gli antichi conoscevano solo due tecniche per la riproduzione di un opera d arte: il conio e la fusione. Successivamente la stilografia 2, e la litografia poi, permise la riproducibilità tecnica della grafica; solo in tempi più recenti grazie alla stampa è stata resa riproducibile anche la scrittura. La litografia fu infine superata dalla fotografia. Anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata la fotografia appunto-, manca un elemento: l hic et nunc, ( ) la sua esistenza unica in cui si attua la storia a cui essa è stata sottoposta nel corso del suo durare. (Benjamin) Ciò che differenzia la riproduzione manuale da quella tecnica è che nel primo caso viene conservato l autentico. 2 Questo è un refuso: in Benjamin è scritto invece silografia, più comunemente denominata xilografia, una tecnica di stampa che si serve, come matrice, del legno inciso.

4 La fotografia permette di cogliere aspetti dell originale percepibili dall obbiettivo ma non dall osservatore attraverso procedimenti come ad esempio l ingrandimento. Essa perciò conserva la consistenza intrinseca dell opera d arte causando però una svalutazione della sua autenticità dovuta proprio alla mancanza dell aura. La maniera attraverso cui un individuo percepisce un opera, il medium, è condizionata anche dal senso storico, cioè dal suo background, e dal condizionamento sociale che l osservatore ha di una determinata situazione; perciò si assume una visione differente dettata dall epoca in cui si vive. Il fine ultimo della riproducibilità tecnica è rendere accessibile l arte alle masse da un rapporto estremamente retrivo ( ), ad un rapporto estremamente progressivo. È proprio nel momento della massificazione di un opera che questa subisce delle forte limitazioni: un dipinto, infatti, non riesce a proporre l oggetto alla ricezione collettiva simultanea, poiché le masse non sono preparate a cogliere una simile ricezione. In caso contrario, però, se riescono a cogliere l aura, ad esse si apre la visione del valore cultuale dell opera d arte. Il valore cultuale è la sacralizzazione dell opera a cui la produzione artistica è a servizio; per questo motivo in passato il fatto che una figurazione esistesse, e fosse accessibile a pochi, era più importante del fatto che fosse visibile. Ne è un esempio l alce che l uomo primitivo dell età della pietra raffigurava sulle pareti della sua caverna ; essa è uno strumento magico, che egli espone davanti ai suoi simili, ma che dedica agli spiriti (Benjamin). Oggi, invece, avviene proprio il contrario: assume maggiore importanza il valore di esponibilità, dunque la quantità ha avuto il sopravvento sulla qualità e sacralità. Nel corso del XX secolo, a causa di questo ribaltamento, iniziò una discussione tra pittura e fotografia intorno al valore artistico dei reciproci prodotti : venuto meno il fondamento cultuale scomparve anche l apparenza della sua autonomia.

5 Piccola storia della fotografia Di Walter Benjamin La fotografia, principale metodo di riproduzione tecnica, fu inventata a partire dal XVIII secolo, quando il progresso scientifico permise la realizzazione delle prime camere ottiche. La camera ottica, però, prevedeva comunque l intervento manuale e questo era proprio il suo limite principale. Agli inizi dell Ottocento gli sviluppi della chimica e gli studi sui materiali sensibili alla luce determinarono la nascita della fotografia. I primi fotografi furono Nièpce, che realizzò nel 1827 la prima ripresa fotografica vera e propria dalla finestra del suo studio, e Daguerre, che mise a punto la tecnica (dagherrotipia) per la rappresentazione fotografica. Daguerre ottenne il brevetto per la sua invenzione dallo Stato francese nel 1839 in seguito ad un lungo dibattito tra i vari deputati per la legalizzazione della fotografia nei confronti della pittura. La critica che veniva mossa ai primi fotografi consisteva nel non riconoscere loro il ruolo di artisti: il vero artista (ad esempio il pittore), infatti, che era quasi un dio investito di una potenza creatrice, nell attimo di massima devozione, obbedendo al suo genio, tentava di restituire i tratti umano-divini ad un immagine, senza l aiuto di macchina alcuna. Le fotografie inizialmente venivano utilizzate per osservare e indagare la natura e cogliere quegli aspetti, quei dettagli invisibili all occhio umano. Ciò che differenzia un quadro da una fotografia è che un dipinto dura soltanto in quanto testimonianza dell arte di colui che li ha dipinti, mentre nel secondo caso avviene qualcosa di nuovo: viene utilizzata una tecnica precisa che riesce a conferire al suo prodotto un valore magico. La vera vittima della fotografia fu la pittura ritrattistica; così i pittori ritrattisti divennero fotografi professionisti particolarmente esperti in quanto portarono con sé l esperienza del loro precedente lavoro. Poiché la natura che parla alla macchina fotografica è una natura diversa da quella che parla all occhio, la fotografia, grazie ai suoi mezzi ausiliari( ingrandimento, rallentatore), le

6 permetteva di rivelarsi e mostrarsi. Anche in una fotografia l osservatore ricerca nell immagine l hic et nunc, quel luogo invisibile in cui si manifesta l integrazione nel contesto della tradizione, cioè il suo background. Davanti alle prime fotografie gli spettatori si sentivano in soggezione, intimiditi dalla nitidità [nitidezza] di quei personaggi e si credeva che le piccole, minuscole facce delle persone che stavano nell immagine potessero vedere l osservatore. Ciò che stupiva era l inconsueta chiarezza e l inconsueta somiglianza alla natura. Le prime fotografie richiedevano lunghissimi tempi di esposizione a causa della scarsa sensibilità delle lastre alla luce; perciò il modello-soggetto veniva disposto in un luogo isolato in cui potesse mantenere la massima concentrazione. Questo procedimento induceva i modelli non a vivere proiettandosi fuori da quell attimo, bensì a sprofondare nel suo interno; nel corso della lunga durata della posa, essi crescevano insieme e dentro l immagine. A partire dal 1880 i fotografi considerano loro compito ripristinare artificiosamente l aura ; l aura nel corso degli anni precedenti era andata perdendosi a causa di foto studiate, in cui, per via dei lunghi periodi di esposizione, era necessario l utilizzo da parte dei modelli di un appoggio ( piedistalli, balaustre, tavolini ovali, colonnine) in modo che potessero rimanere fermi. L esigenza della riproduzione tecnica nacque dal bisogno di avvicinare le cose a se stessi, o meglio alle masse, cioè superare l irripetibile e unico in ogni situazione. Infatti nella nostra epoca non esiste nessuna opera d arte che venga osservata con tanta attenzione quanto la propria fotografia, oppure la fotografia dei parenti prossimi e degli amici, dell amata (Lichtwark 1907). La massificazione della fotografia ha però causato la mania dello scatto da parte di semplici dilettanti che hanno determinato la svalutazione della fotografia in quanto arte.

7 A conclusione delle osservazioni fatte sui saggi di Benjamin L opera d arte nell epoca della sua riproducibilità tecnica e Piccola storia della fotografia sul concetto di aura, autenticità ed unicità dell opera d arte, non approviamo 3 le teorie dell autore sulla decadenza dell aura nell epoca della riproducibilità tecnica, cioè con la nascita della fotografia. Infatti, nonostante si tratti di un aura limitata in confronto all originalità di un opera d arte vera e propria, caratterizzata dall hic et nunc, [manca il soggetto: la fotografia ] mantiene comunque la propria dignità artistica. Tale dignità non sta tanto sul piano dell autenticità, dal momento che non si può parlare di autenticità in una fotografia poiché non esiste un vero e un falso, ma piuttosto sul piano dell unicità. Difatti davanti ad un immagine si può percepire la sua storia, il suo background e da questi dedurre il contesto della tradizione in cui essa si inserisce. Alla riproducibilità tecnica bisogna riconoscere il ruolo trainante che ha esercitato sulle masse: infatti non colui che ignora l alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia, sarà l analfabeta del futuro. LA CAMERA CHIARA Roland Barthes ( ) L Essenza dell immagine è di essere tutta esteriore, senza intimità, e ciò nonostante più inaccessibile e misteriosa dell idea dell interiorità, ( ) non rivelata e tuttavia manifesta, possedendo quella presenza-assenza che costituisce la seduzione e il fascino delle Sirene (Blanchot). Nella sua Nota sulla fotografia Barthes tenta di definirne l Essenza, inizialmente sostiene (sostenendo) che tale Essenza sia la posa. Secondo l autore, nel momento in cui si viene fotografati ci si presta a un gioco sociale e ci si modifica: il nostro io non coincide mai con l immagine, che è 3 Meglio si può scrivere: non condividiamo

8 legata ad una espressione, pertanto, osservando una foto, ci troviamo di fronte ad una dissociazione di identità. Inizialmente egli vede in modo malevolo tale processo; infatti vorrebbe ricevere dalla fotografia un corpo neutro anatomico tuttavia ritiene di non trovare mai il suo grado zero, ossia un corpo che non significhi niente. Evidente in ciò è la lezione pirandelliana sul concetto di maschera: ognuno è propriamente sé stesso quando non prende forma, prendendo tale forma, infatti, l individuo si preclude mille delle possibilità del suo essere. L ipotetico soggetto fotografato, a cui ci si è riferiti sinora, viene definito come spectrum, termine nella cui accezione è inglobato anche il senso di eidolon. Eidolon, infatti, significa idolo nel senso di fantasma, ma il termine spectrum a ciò aggiunge la spettacolarizzazione dell immagine considerata: lo spectrum è il ritorno del morto. Il ritorno di un soggetto fissatosi in un immagine e perciò privo di vitalità. Focalizziamoci ora sullo spectator, ossia colui che gode del prodotto fotografico. Egli può assumere due atteggiamenti, o emozioni, davanti ad una fotografia: studium e punctum. Lo studium non significa, per lo meno in prima accezione, lo studio ma un interessamento senza particolare intensità. Lo studium quindi appartiene all ordine del to like e non del to love, possiamo definirlo pertanto come un semidesiderio privo di qualsiasi coinvolgimento emotivo.. Lo studium costituisce un ponte tra operator e spectator esso infatti è una sorta di educazione che consente di rivivere oggettivamente le scelte che hanno portato il fotografo a fissare una determinata foto. In contrapposizione allo studium sta il punctum che corrisponde a ciò che interessa, colpisce e punge. Lo stesso Barthes non dà una definizione precisa in quanto questo aspetto coinvolge l emotività del singolo. Egli si limita infatti a riportare esempi di punctum. L operator deve essere inconsapevole di aver fotografato l oggetto che diventerà punctum, infatti se egli ne fosse pienamente consapevole darebbe adito ad una forzatura della la sfera emotiva dello spectator proponendo ciò che in realtà è per lui il punctum.

9 L essenza della fotografia successivamente viene definita con l è stato, ciò che distingue la fotografia da qualsiasi altra tecnica di rappresentazione è infatti questo: la certezza del rappresentato. Nell avanzare dell analisi sulla fotografia, sulla scorta della nuova definizione di essenza, Barthes arriva a definire un altro tipo di punctum legato al concetto di tempo. Esso esula dalla sensibilità visiva della foto ma fa riferimento al suo background, risulta essere pertanto un astrazione. Per delineare meglio tale concetto l autore porta l esempio di un condannato a morte fotografato prima dell esecuzione: ciò che punge non è più un particolare, bensì il fatto che una cosa già accaduta per lo spectator non abbia ancora intaccato lo spectrum.

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