MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO Guido Corso

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1 MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO Guido Corso PARTE PRIMA: L ORGANIZZAZIONE Sezione Prima: CONCETTI 1.ORGANIZZAZIONE E PROSPETTIVA GIURIDICA. LE PERSONE GIURIDICHE PUBBLICHE Le Organizzazioni sono insiemi di persone legate fra loro da uno stesso scopo; le persone nelle organizzazioni sono distribuite secondo ruoli ben precisi e complementari tra loro, hanno bisogno di risorse e sono tenute ad agire in modo congruo rispetto agli obiettivi da perseguire. Esempi di organizzazioni sono i ministeri, il Comune ma anche l IBM o la FIAT lo sono. Ciò che le differenzia è il loro essere pubbliche o private. Tale differenza però passa in secondo piano in quanto il diritto inizialmente le definisce persone, ovvero soggetti di diritto al centro di un fascio di rapporti giuridici, di diritti e di doveri, ispirandosi alla distinzione che Gaio faceva nelle sue Istituzioni, individuandole tra le tre entità dell ordinamento da lui descritto: persone appunto, cose e azioni. Tale nozione, comune al pubblico e al privato, effettua la distinzione dalla persona fisica, entità che pur differente nel predicato intesse numerose relazioni e ha molti legami con quella giuridica. La distinzione non è poi così netta; Lo è invece quella tra persona giuridica privata e persona giuridica pubblica che nel predicato la esprime nettamente:la persona giuridica pubblica persegue determinati fini che rimandano ad una collettività di persone, implicando diritti, poteri e doveri che ne giustificano un autonoma trattazione. 2.DUE SCHEMI: ASSOCIAZIONI e FONDAZIONI Le persone giuridiche, categoria giuridica fondamentale, nel codice civile si distinguono secondo la struttura in: - Associazioni, nelle quali gli associati sono in primo piano e compongono l organo sovrano cioè l Assemblea dei soci, mentre il patrimonio, pur essendo necessario, non è tuttavia un elemento primario; - Fondazioni, nelle quali, al contrario, hanno maggior rilievo i beni destinati ad uno scopo stabilito dal fondatore (25 c.c.) Nelle associazioni i beneficiari sono gli stessi soci; sono, cioè, organismi che operano a vantaggio di chi li ha costituiti e li gestisce. Nelle fondazioni i beneficiari sono soggetti che sono all esterno della fondazione stessa (poveri, orfani, ecc). Le persone giuridiche pubbliche, dette anche enti pubblici, sono per la maggioranza fondazioni, dette anche istituzioni, e ciò comporta che i beneficiari della loro azione siano all esterno dell ente e siano, per di più estranei alla nomina di chi amministra l ente stesso. Negli enti a struttura associativa, quali ad esempio lo Stato, le regioni, le province, invece, gli stessi soci, poiché destinatari della loro stessa azione, eleggono i loro organi sociali. Queste associazioni in particolare, sono dette politiche poiché il loro fine si riscontra in una pluralità di fini (le altre sono invece monofunzionali, soddisfano cioè un solo interesse pubblico), sono territoriali perché i soci si stanziano in un contesto territoriale più o meno vasto che spesso si sovrappone poiché l associazione più piccola è parte di quella più grande. 3.FINI E ATTRIBUZIONI La persona fisica può perseguire qualunque fine nelle sue capacità: pur in presenza di divieti può sempre decidere di infrangerli. La persona giuridica, invece, persegue dei fini ben determinati nello statuto o atto costitutivo, che viene a coincidere poi con la legge. Ciò può valere per una Spa ma allo stesso modo per lo stato, che per quanto possa essere un ente a fini generali poiché politico, persegue sempre il benessere sociale. Quest ultimo tuttavia non è lasciato alla più ampia discrezione. La maggior parte delle Costituzioni contiene, infatti, previsioni di fini, conferimenti di poteri per raggiungerli e limitazioni dei poteri espressamente attribuiti (l espressa previsione dei poteri ammessi equivale anche ad una limitazione). Contenuti del genere troviamo nelle leggi della P.A. che stabiliscono fini da raggiungere e interessi pubblici da tutelare conferendone anche i poteri necessari. Tali poteri conferiti all ente sono chiamati attribuzioni; All interno dell ente sono distribuiti poi fra gli organi prendendo il nome di competenze.

2 Le attribuzioni sono un fascio di poteri amministrativi, i soli che l ente può esercitare, oltre a quelli di diritto privato spettanti perché inizialmente persona giuridica e poi persona giuridica pubblica, e sono ripartiti sulla base di criteri diversi: per materia, per destinatari, per territorio, per dimensione. 4.ATTRIBUZIONI E COMPETENZE Le attribuzioni, abbiamo detto, sono un fascio di poteri amministrativi attribuiti all ente. All interno di ciascun ente vi sono poi una pluralità di organi in cui le attribuzioni sono ripartite, individuando così le competenze dell organo stesso. In genere, le competenze sono divise per materia e nell ambito della materia per funzioni; in casi di necessità o urgenza possono essere conferite anche ad organi diversi da quelli che ne son titolari. La distribuzione del potere per attribuzioni e competenze è lo schema generale corrispondente ad un esigenza di razionalità organizzativa. Esigenza delineata anche da Taylor nell affermare la divisione del lavoro in fabbrica che, attuata fra più persone in modo che ciascuna faccia una sola parte del lavoro e non tutto, rende più efficiente e razionale il lavoro stesso. Inoltre tale distribuzione assicura all individuo che lo subisce che l organo che agisce sia abilitato ad esercitare nei suoi riguardi solo quella frazione di potere, risultante dalle attribuzioni e competenze stesse; Per tale motivo l incompetenza può essere fatta valere come vizio dell atto messo in essere. 5.ENTE E ORGANO L ente è una persona giuridica formata al suo interno da più organi, dai quali prescinde la sua stessa esistenza poiché l organo è lo strumento della capacità d agire dell ente e pur essendo una parte di esso è privo di soggettività giuridica e non è da questo distinto sicché gli effetti degli atti che compie ma anche gli atti stessi sono imputati alla persona giuridica, per l immedesimazione giuridica che li caratterizza e li riconosce come una medesima entità. 6.MERI UFFICI L organizzazione è fatta, oltre che di enti ed organi, anche di meri uffici ovvero strutture alle quali sono addette persone cui non sono assegnate competenze ma bensì compiti. I compiti sono adempiuti con lo svolgimento di attività interne, preparatorie degli atti che costituiscono poi l esercizio delle competenze; possono cagionare invalidità dell atto conclusivo dell organo se svolti in appropriatamente, avendo così rilievo indiretto sull attività esterna. 7.L ORGANI E L ORGANO COLLEGIALE L organo in genere è coperto da una sola persona (sindaco, prefetto, ); in molti altri casi la legge prevede che all organo siano assegnate più persone; in questo caso l organo è collegiale. Le ragioni di tale struttura sono molteplici. Sono collegiali gli organi di consulenza col presupposto che il consigliare è dei molti e il decidere di uno e uno solo oppure quegli organi a cui si affidano interessi eterogenei e spesso antagonisti o ancora gli organi chiamati a giudicare poiché il giudizio del singolo può essere opinabile, La differenza con l organo individuale sta nel fatto che quello collegiale ha una vita intermittente, diviene operativo solo a seguito di una convocazione fatta dal presidente del collegio stesso,di solito soggetto autorizzato a farlo. Perché il collegio possa deliberare validamente è sufficiente che si raggiunga il numero legale (o quorum strutturale) ovvero la metà più uno dei componenti il collegio. Tale principio non si applica nei collegi perfetti in cui occorre la presenza di tutti i membri per poter deliberare. In un collegio quello che potrebbe presentarsi come un problema è il dover estrapolare una decisione unitaria da una pluralità di soggetti; A tal fine è istituita la votazione, tramite il principio di maggioranza, su due alternative ovvero su quella che è definita proposta. Questa sarà approvata se voteranno a favore la metà più uno dei presenti alla seduta ovvero se si raggiungerà il quorum funzionale, accertato dapprima quello strutturale. La proposta qualora lasci perplessi alcuni componenti il collegio può essere emendata, ovvero modificata. Dopo di chè si passa alla discussione della stessa e se la perplessità di alcuni continuerà a sussistere questi si asterranno dal votarla andandosi a sommare ai contrari, nel raggiungimento del quorum funzionale richiesto.

3 8.AMMINISTRAZIONE ATTIVA, CONSULTIVA E DI CONTROLLO Un criterio di classificazione di organi e uffici fa riferimento al tipo di attività svolta; distinguiamo pertanto organi di amministrazione attiva, di amministrazione consultiva e di amministrazione di controllo. Chi agisce deve essere consigliato e successivamente l attività posta in essere deve essere controllata a garanzia che sia conforme alla legge, all opportunità, all efficienza o, comunque, al paradigma di riferimento. Il reclutamento delle persone che occuperanno i posti dell organo consultivo e di controllo, proprio per la natura dell attività richiesta, viene fatto in base a criteri di competenza professionale e lo status in cui si troveranno poi garantirà loro l indipendenza dagli altri organi di amministrazione attiva. 9.ORGANI, UFFICI E PERSONE FISICHE. LA QUESTIONE DELL INVESTITURA L Investitura è quella particolare operazione che abilita le persone fisiche a ricoprire gli organi e gli uffici, entità astratte che altrimenti non funzionerebbero. Può essere di due specie, Politica e Burocratica. L investitura politica è tale quando chi sceglie vanta una legittimazione politica e sceglie, di conseguenza, in funzione della prossimità politica del prescelto. L investitura burocratica è tale quando una persona è chiamata a ricoprire un organo o un ufficio in ragione della sua competenza professionale, della sua preparazione e ciò viene verificato attraverso una procedura selettiva che consiste in un concorso aperto ad una pluralità d aspiranti. Si è sempre propagandata la supremazia dell organo politico su quello burocratico in quanto espressione pratica del principio democratico; Tuttavia non risulta essere oggi così vincolante visto la presa di posizione che organi burocratici assumono nei confronti di organi politici. 10.AGENTE E PRINCIPALE Nell ambito di un organizzazione si viene a creare una relazione di agenzia tra gli individuo preposto all amministrazione, l agente, che agisce per conto di un altro soggetto, il principale, ed è tenuto a promuovere l interesse di quest ultimo. Nel Diritto pubblico il principale è la collettività dei cittadini e diverse sono le modalità dirette per far sì che l azione dell agente e gli interessi del principale non divergano. a) modalità di reclutamento Sono fondamentalmente due, l elezione e il concorso. L elezione, operazione ripetuta nel tempo a cadenza fissa per garantire l attualità del rapporto, ha il pregio di affidare al principale, nei panni di elettore, la scelta dell agente. Il concorso, invece, tende a privilegiare la preparazione professionale dell agente piuttosto che il rapporto di fiducia messo in risalto dall elezione. b) requisiti dell agente Sia il concorso che l elezione subordinano l ammissione alla competizione elettorale o al concorso stesso a dei requisiti personali, quali ad esempio l immunità penale, il titolo di studio, ecc. Se mancano tale requisiti vi sarebbe esercizio incompetente. c) schemi organizzativi Guidano la collocazione dell agente nell organizzazione. Ricordiamo la gerarchia che tende ad assicurare un controllo del superiore sull inferiore, la competenza che prefigura i limiti entro cui l agente può muoversi. d) regole di progressione Le organizzazioni burocratiche sono articolate in ruoli, qualifiche, carriere ecc. nell ambito dei quali l agente non occupa una posizione fissa e permanente ma tende ad ascendere verso l alto, a seconda dalla performance effettuata, attraverso la promozione e) responsabilità L agente che esulerà dalla promozione dell interesse del principale risponde verso i terzi e verso l ente da cui dipende con relativa azione davanti alla Corte dei Conti.

4 11.RAPPORTO D UFFICIO E RAPPORTO DI SERVIZIO L immedesimazione che sussiste tra organo ed ente può ripetersi a proposto di persona fisica ed ente. Tuttavia tale affermazione va specificata poiché la persona fisica mantiene comunque la sua natura al di fuori dell organo o ufficio che ricopre. Pertanto è legata all ente da due tipi di rapporti: - il RAPPORTO D UFFICIO, ovvero quello per cui la persona fisica si identifica con l ente per il quale agisce: i suoi atti sono atti dell organo e quindi dell ente che ne risponde. - il RAPPORTO DI SERVIZIO, è invece quel rapporto tra due soggetti, una persona giuridica e una fisica, in cui quest ultima si impegna, dietro corrispettivo o ad altro titolo, a mettere le sue energie a servizio dell ente pubblico. Nel primo caso il servizio è professionale, altrimenti è onorario. 12.UFFICI VACANTI La suddetta relazione è particolarmente evidente quando le persone fisiche che ricoprono l organo o l ufficio siano assenti o impedite nello svolgimento delle competenze o compiti loro assegnati. Tuttavia il funzionamento dell organo deve essere comunque assicurato. Di consueto si applica la supplenza ma non sempre può essere attuabile. Altri criteri concorrono quindi al principio della continuità delle funzioni amministrative, invocato spesso anche per far fronte alla possibilità che l organo rimanga vacante per decorso di termine della carica del titolare e non si sia ancora provveduto a nominare il successore, ovviato con il mantenimento in carica del vecchio titolare. Tale congegno è stato drasticamente ridimensionato dalla sentenza della Corte Costituzionale 208/1992 secondo cui tale prorogatio senza limiti temporali contrastava con il principio di legalità poiché abilitava persone prive d investitura all esercizio di funzioni. Il limite stabilito è stato di massimo 45 giorni e per soli atti di ordinaria amministrazione. Si realizza così un compromesso tra i due principi. Un altro criterio per concorrere sempre al principio di continuità è la sostituzione ovvero il potere di un ente previsto in alcuni casi dalla legge di sostituirsi ad un altro che omette di porre in essere un attività che gli compete. 13.ATTIVITA D UFFICIO E RESPONSABILITA Il duplice rapporto tra persona fisica ed ente si estrinseca anche per quel che riguarda il regime della responsabilità. Nell ambito del rapporto d ufficio, la persona fisica che agendo come organo o come ufficio cagiona danno a terzi rende responsabile l ente. Nell ambito del rapporto di servizio i termini si invertono. Colui che opera per una p.a. deve adempiere alla prestazione convenuta; il danno a terzo da inadempimento espone la persona fisica a responsabilità nei confronti dell ente, più precisamente responsabilità amministrativa della quale è chiamata a conoscenza la Corte dei Conti. Sezione Seconda: PROFILI COSTITUZIONALI 1.UNO STATUTO COSTITUZIONALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE La costituzione dedica due soli articoli, il 97 e il 98, alla disciplina della P.A. ma vi fanno riferimento anche le disposizioni che assegnano alla Repubblica fini che non possono essere perseguiti se non con apparati amministrativi (salute art.32, istruzione art.33 e 34, assistenza e previdenza art.38) o che distribuiscono il potere secondo criteri territoriali (art.114) o che ne disciplinano i rapporti con il Governo (art.95) o che ne stabiliscono i controlli (art.100) o che tutelano con riserve di legge il cittadino contro atti della P.A. volti a incidere sulle sue libertà e il suo patrimonio o che assicurano tutela ai singoli dagli atti della p.a. stessa. I richiami seppur sottointesi sono frequenti pertanto la disciplina primaria dell amministrazione va tratta dalla Costituzione. 2.IL PRINCIPIO DEMOCRATICO E LA SUPREMAZIA DELLA POLITICA Il primo principio enunciato dalla Costituzione lo si trova nell articolo 1 che individua il principio democratico. Tale principio distingue le cariche elettive da quelle burocratiche assegnando alle prime prevalenza sulle seconde. Proprio per questo, ad esempio, il Presidente del Consiglio mantiene l unità di indirizzo

5 politico e amministrativo ovvero l indirizzo dell attività dei pubblici uffici organizzati in ministeri ed enti e il ministro risponde dell attività dei ministeri (art.95). Tale rapporto è verificabile, comunque, anche in altri contesti. La burocrazia, invece, è ricavata sulla base di un criterio diverso cioè quello meritocratico in base al quale è tenuta ad agire in conformità a regole quali imparzialità e buon andamento che non hanno nulla a che fare col principio democratico. Nel nostro ordinamento è sottoposta alla politica, ambito in cui il principio democratico invece trova piena applicazione. 3.DIRITTI INVIOLABILI DELL UOMO E RISERVE DI GIURISDIZIONE. CIO CHE LA P.A. NON PUO FARE. La Costituzione all articolo 2 riconosce i diritti inviolabili dell uomo, sottoposti oltre che a riserva di legge anche a riserva di giurisdizione, e per quanto questo appaia un argomento estraneo, la sua menzione qui avviene per rimarcare che tali diritti possono essere ristretti solo nei casi e nei modi previsti dalla legge con atto motivato dell autorità giudiziaria. Quindi alla p.a. è sottratto il potere di intervento su tali libertà e i diritti inviolabili. Misure amministrative (della pubblica sicurezza, in questo caso) sono ammesse però solo in casi eccezionali e devono essere comunicati entro 48 ore all autorità giudiziaria per la convalida. Ciò fa si che la restrizione sia imputata a quest ultima e solo provvisoriamente alla p.a. Non tutti tali diritti sono oggetto di riserva di giurisdizione, come ad esempio la circolazione e la riunione (art.16 e 17). Ciò accade perché un eventuale azione in tali ambiti richiede immediatezza e l intervento dell autorità giudiziaria rallenterebbe di molto i tempi dell azione stessa. La garanzia è data dalla riserva di legge che in questi casi risulta essere rinforzata dalla previsione, nella stessa Costituzione, dei motivi che autorizzano la limitazione (sanità e sicurezza per la circolazione, incolumità e sicurezza per la riunione). 4.SEPARAZIONE DEI POTERI Principio comune agli ordinamenti liberali democratici è la separazione dei poteri: legislativo, esecutivoamministrativo, giudiziario. La nostra Costituzione non lo cita espressamente ma contiene una serie di disposizioni che lo attuano. La P.A. trae da queste disposizioni delle determinazioni negative: non può svolgere attività legislativa, perché riservata alle Camere e ai consigli regionali, o giurisdizionale in quanto riservata alla magistratura e agli altri organi di giustizia amministrativa quali Consiglio di Stato o Corte dei Conti, al cui sindacato è però soggetta poiché contro i suoi atti è ammessa la tutela giurisdizionale, di giudici ordinari e amministrativi, dei diritti e degli interessi legittimi (art.113). Il terzo potere è, visto l esplicito riferimento della Costituzione stessa alla pubblica amministrazione, caratterizzato come esecutivo-amministrativo; Ciò risulta anche dall organizzazione dei poteri poiché affidati al presidente del consiglio che si occupa dell unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l attività dei ministri (art.95). I due indirizzi sono così, evidentemente collegati riflettendo quello stesso vincolo già menzionato in precedenza tra attività politica e attività amministrativa, con evidente strumentalità della seconda alla prima. Tale polarità disegnata all interno dello Stato dall art. 95 è riproposta anche a livello territoriale dall art.121 commi 2 e 3 che riproducono i rapporti a livello di presidente della regione, giunta regionale e amministrazione. 5.PRINCIPIO LEGALITA Principio in posizione eminente quello espresso dall art.97: il principio di legalità. a) I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge (art.97), e di questi ne sono determinate le competenze, le attribuzioni e le responsabilità dei funzionari. Poiché sono menzionate solo attribuzioni (spettanti all ente) e competenze (spettanti all organo), sono esclusi dalla preesistenza della legge gli uffici; il principio di legalità non si riferisce, quindi, all intero impianto amministrativo ma solo a quella parte costituita da enti e organi. La funzione garantistica è evidente in quanto non potendo esistere un apparato amministrativo che non sia previsto dalla legge non può esservi esercizio del relativo potere che, visto le conseguenze che può sortire, deve essere istituito dall organo diretta espressione della sovranità popolare (il parlamento) che autorizzerà l istituzione di un apparato volto a limitare gli stessi diritti dei cittadini.

6 b) La legge non può limitarsi a creare o autorizzare l istituzione di un apparato amministrativo ma deve anche conferire ad esso le relative attribuzioni e competenze. Nessun apparato amministrativo può esercitare pieni poteri amministrativi né competenze e attribuzioni non dettate espressamente dalla legge. c) La legge che crea o autorizza l istituzione di apparati conferendone attribuzioni e competenze deve anche indicare i fini delle stesse. Intervenendo sui mezzi e sui fini, la legge assolve all importante funzione garantistica di protezione del privato, nel senso che limita la sfera dei diritti del cittadino ma in modo meno arbitrario di quanto farebbe l amministrazione stessa se fosse libera di scegliere i fini e i mezzi per raggiungere i suoi scopi. d) l ultima accezione del principio fa riferimento sì alla necessità di una previsione di legge per l esercizio del potere ma tale previsione di legge deve essere preesistente all esercizio del potere che prevede e destinata a governare singoli casi concreti, indipendentemente dalla provenienza ovvero dalla fonte giuridica o dal suo rango nel sistema delle fonti. Rileva quindi la norma, interpretazione della disposizione, che prevedendo l esercizio del suddetto potere fa sì che esso rientri nelle aspettative del cittadino, tutelando il valore della certezza giuridica. 6.STRUMENTALITA DELL AMMINISTRAZIONE L articolo 95, come abbiamo anche già visto, esprime un altro principio di organizzazione: quello della strumentalità dell amministrazione rispetto alla politica generale del governo, L amministrazione, infatti, è sottordinata alla politica perché è gestita da apparati non rappresentativi mentre la seconda è espressa da organi a legittimazione elettorale. Tale principio è strettamente collegato con il principio di democraticità che, come già visto, distingue le cariche elettive da quelle burocratiche assegnando alle prime prevalenza sulle seconde. 7.IMPARZIALITA Ulteriore importante principio espresso dalla Costituzione all art.97 è quello dell imparzialità dell amministrazione. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l imparzialità dell amministrazione recita l articolo equivocando sull ultimo termine che può essere riferito all apparato o all attività da esso svolta. L interpretazione ha stabilito che il concetto valga per entrambi. L imparzialità dell organizzazione ha una pluralità di significati; analizziamoli: a) L organizzazione è imparziale quando è strutturata in modo che chi amministra non sia personalmente interessato alla materia della decisione (ovvero che non si realizzi il cd. conflitto d interessi). A tal fine, ad esempio, la sentenza della corte Cost. 453/1990 ha dichiarato illegittime leggi regionali che, nel disciplinare la composizione delle commissioni esaminatrici nei concorsi presso enti locali, prevedevano che la maggioranza dei componenti della commissione fossero espressione del consiglio comunale anziché esperti in materia. b) L organizzazione è imparziale se il suo personale è reclutato in modo imparziale ovvero agli impieghi si acceda tramite concorso per selezionare più capaci e sottrarre il reclutamento stesso al patronato politico. c) L organizzazione è imparziale se esulano da essa tutti quei componenti che potrebbero essere parziali anche solo per determinate materie. E il caso dei rappresentanti sindacali che per lungo tempo hanno composto i consigli di amministrazione degli enti pubblici, poi progressivamente esulati dagli stessi. d) L imparzialità va a valorizzare il procedimento amministrativo poiché richiede che la sequenza di atti che precedono la decisione siano separati dalla sequenza di atti decisori, ovvero che gli uffici con compiti istruttori siano separati da quelli con competenze decisorie.

7 8.BUON ANDAMENTO L art.97 oltre all imparzialità fa riferimento anche al buon andamento della p.a. Per buon andamento si intende l efficienza dell azione amministrativa, ossia la sua rispondenza all interesse pubblico affidato alle cure dell amministrazione stessa; l espressione comprende sia la relazione fra risorse impiegate e risultati ottenuti (efficienza) e la relazione tra risultati ottenuti e obbiettivi prestabiliti (efficacia) Tali relazioni non nascono originariamente dalla Costituzione ma ne son divenute poi parametri giuridici a cui attenersi. Il principio del buon andamento esplica determinati effetti nell organizzazione: a) il riparto delle funzioni amministrative deve tener conto delle capacità degli apparati di volgerle in modo adeguato. E questa la ragione per cui se un complesso di attribuzioni viene trasferito, ad esempio, dallo Stato alla Regione, anche le relative risorse, umane e finanziarie, vanno trasferite. Tale problema è affrontato in termini di principio dall art.118 le funzioni amministrative sono affidate a Comuni, città Metropolitane, province, regioni e stato a cui si ricollega anche l art. 119 che lo esprime in termini finanziari. le risorse finanziarie degli enti territoriali devono consentire di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite b) Il principio di buon andamento esclude l istituzione di apparati amministrativi senza compiti o competenze ben precise col solo scopo di sistemare personale; Anzi prevede che il reclutamento dello stesso sia effettuato sulla base di piante organiche che indichino la distribuzione relativa a qualifiche e mansioni in termini numerici. Tale materia rientra tra quelle in cui principio di legalità e di buon andamento potrebbero contrastare c) il principio del buon andamento opera come una sorta di deterrente al principio di legalità. Il principio di legalità, come abbiamo visto, non pone limiti al legislatore nell ambito dell ordinamento dei pubblici uffici. Il principio di buon andamento invece riserva una parte della disciplina al Governo e all amministrazione. Infatti un apparato che fosse integralmente regolato dalla legge sarebbe estremamente rigido e quindi inadeguato ad affrontare i cambiamenti. Necessità di flessibilità, quindi; Flessibilità che le valutazioni della stessa amministrazione può fornire. Conseguenza di ciò la tendenza alla delegificazione il più possibile in materia, rimettendo ai regolamenti e alla contrattazione collettiva la disciplina della materia stessa. d) il principio del buon andamento ha determinato una radicale revisione del sistema dei controlli. La costituzione prevedeva inizialmente i soli controlli sugli atti dello stato (art. 100), delle regioni (art.125), degli enti locali (art.130). Tali controlli erano articolati in due forme: controllo di legittimità e controllo di merito. Tuttavia i criteri di efficienza ed efficacia dell azione amministrativa, mutuate come si è detto dalla scienza dell amministrazione e divenute poi parametri giuridici, richiedono che la valutazione e quindi i controlli si effettuino più che sui singoli atti, sull attività nel suo complesso. Ciò ha generato una svolta nei sistemi di controllo volti ad accertare l efficacia, l efficienza, l economicità dell azione amministrativa al fine di - Controlli di gestione, ovvero di ottimizzare anche tramite correttivi, il rapporto tra costi e risultati. - Controllo strategico, ovvero di verificare la congruenza tra risultati ottenuti e obbiettivi predefiniti. Tale svolta, attuata con il decreto legislativo 286/1999 è stata pioniera della riforma costituzionale 3/2001 che ha soppresso i controlli sugli atti delle regioni e degli enti locali con relativa abrogazione delle disposizioni della versione originaria della Costituzione (art.125 comma 1 e art.130). e) Infine, il principio del buon andamento è criterio per la valutazione dell operato del personale dirigente in base ai risultati del controllo di gestione. 9. AUTONOMIA Il principio di autonomia, differentemente da quelli fin qui esaminati, riguarda solo ed esclusivamente gli enti locali e non si riferisce allo Stato.

8 L autonomia è riconosciuta e promossa dall art. 5 della Costituzione e confermata dall art.114 che specifica che la repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato. L art.114, anch esso riformato dalla legge costituzionale 3/2001, chiarisce due concetti: il primo è che gli enti in esso citati non sono mere ripartizioni della Repubblica ma suoi elementi costitutivi, il secondo è che la conta parte dai comuni per giungere allo Stato che nella precedente forma dell articolo era assente e veniva considerato quale sinonimo di Repubblica. Essenzialmente l autonomia implica che gli enti territoriali minori abbiano propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione (art.114 comma 2); la legge statale si limita a disciplinare legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali : la determinazione di altri organi non di governo è rimessa alla potestà statutaria e le altre funzioni diverse da quelle fondamentali sono conferite anche con legge regionale nell ambito delle competenze legislative regionali (art.118) Proprio l art.118 prevede che gli enti minori siano dotati di funzioni amministrative proprie. Tuttavia ciò non vuol dire che possano attribuirsi funzioni amministrative in aggiunta a quelle previste dalla legge statale o regionale: non sono arbitri dell estensione dei loro poteri. Questo infortunio lessicale della riforma del titolo V della Costituzione è reso innocuo dalla sopravvivenza nel contesto dell art.97 e dalla regola in esso contenuta per cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge. Di conseguenza, poiché non vi sono funzioni senza pubblici uffici e questi ultimi sono disposti dalla legge non vi possono essere funzioni che non siano previste dalla legge; Il principio di autonomia non sottrae gli enti locali all applicazione del principio di legalità ma ne restringe solo la portata. Alcuni organi dell ente, diversi da quelli di governo (art.117 p) possono essere istituiti tramite previsioni di statuto, anziché con legge. Il nuovo testo dell art.118 che attribuisce funzioni amministrative ai comuni salvo il conferimento a province, città metropolitane, regioni e Stato sulla base di principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza va letto considerando che, tuttavia, la presunzione generale di competenza in fatto di attività amministrativa apparentemente spettante ai comuni deve tener conto del principio di legalità campeggiante nel quadro costituzionale: è comunque la legge a distribuire le competenze amministrative ai vari livelli territoriali tenendo conto dei suddetti criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, senza però esserne troppo vincolata. Sono criteri presi in prestito dalla prima Legge Bassanini (59/1997) ma sono perlopiù generici, senza alcuna particolare direttiva a favore del decentramento o dell accentramento. Il criterio di sussidiarietà privilegia per lo più il criterio dimensionale attribuendo compiti e funzioni secondo le rispettive dimensioni territoriali; Analoghe conseguenze per il criterio di adeguatezza: rapporta le funzioni da allocare all idoneità organizzativa dell amministrazione ricevente per garantire l esercizio delle stesse; Lo stesso si può dire per il criterio di differenziazione, che impone nell allocazione di tener conto delle diverse caratteristiche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi le funzioni. Tali criteri, presi alla lettera, comporterebbero soluzioni organizzative differenziate che vedrebbero solo comuni di un certo calibro ricevere funzioni; così non sarebbe per gli altri che, a meno che non si associno, vedrebbero le funzioni mantenute dalla provincia o dalla regione. In realtà, per razionalizzare il sistema in tal modo si dovrebbero adottare dei mezzi neppure ipotizzati in Italia. Il riconoscimento dell autonomia locale si fonda non su tali considerazioni di efficienza ma sull applicazione del principio democratico: l elettività degli organi di base giustifica i poteri di autonomia che si affiancano ai poteri attribuiti dalla legge. Le assemblee elettive riproducono, a livello locale, la dialettica maggioranza-opposizione del modello parlamentare: è il loro carattere rappresentativo a spiegare il temperamento del principio di legalità. I contenuti essenziali del principio di autonomia possono essere così riassunti: a) L autonomia, ossia il potere di dare norme a se stessi (in questo caso tramite statuti e regolamenti), è legata al carattere elettivo delle amministrazioni locali che non hanno, quindi, natura burocratica (la natura elettiva è affermata, senza lasciar dubbi, nell art.117 lettera p, con la riforma del titolo V).Ciò giustifica la deroga parziale al principio di legalità. b) La previsione l art.118 che gli enti minori siano dotati di funzioni amministrative proprie va letta nel senso che tali funzioni, inerenti a materie quali l urbanistica, strettamente legate al territorio, prima disciplinate con regolamenti e oggi con legge, non possono essere sottratte ai comuni stessi perché rappresentano la storia e il profilo istituzionale degli stessi. La Corte Costituzionale ha sempre difeso i comuni ogni qualvolta le Regioni hanno cercato di esautorarli in tali ambiti.

9 c) L ente territoriale diversamente da quello non territoriale si occupa di una molteplicità di materie. La stessa legge sull ordinamento locale 267/2000 chiarisce che il comune è l ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo (formula equivalente per le province); Tuttavia ciò non vuol dire che gli interessi della comunità racchiusa nei confini comunali sono curati solo e tutti dal comune poiché sullo stesso territorio gravitano come cerchi concentrici più enti. Inoltre, tali interessi, seppur da curare, non sono arbitrariamente individuabili: sono indicati dalla legge analogamente agli strumenti da usare per farlo. 10. I CONTROLLI La Costituzione nella versione originaria conteneva disposizioni sui controlli: - della Corte dei Conti sull amministrazione dello Stato (art.100); - dello Stato sugli atti amministrativi delle regioni (art.125 comma 1); - delle regioni sugli atti amministrativi degli enti locali (art.130); I tratti comuni di tali controlli fanno riferimento all organo di controllo che si colloca all esterno dell amministrazione controllata: o fa parte di un ente diverso o è collocato in una posizione di interdipendenza rispetto all amministrazione; In secondo luogo, tali controlli, investono singoli atti ed, infine, si esercitano alla stregua del parametro della legittimità. Con la riforma del titolo V della Costituzione 3/2001 vengono meno le disposizioni sui controlli dello stato sulle Regioni (art.125) e delle regioni sugli enti locali (art.130). Non vengono completamente soppressi ma vengono, in alternativa, internalizzati. 11. CONSULENZA E CONTROLLI. GLI ORGANI Quanto all attività consultiva, la Costituzione non contiene norme generali. Ne contiene sugli organi ausiliari, il Consiglio nazionale dell economia e del lavoro e il Consiglio di Stato. Assicura, in primo luogo, l indipendenza di quest ultimo e della Corte dei conti e dei rispettivi componenti di fronte al Governo, perché possano svolgere le relative funzioni di controllo e consultive autonomamente rispetto all autore dell atto controllato o al destinatario del consiglio. Autonomia ribadita soprattutto per le funzioni giurisdizionali dei due organi: il primo per la tutela degli interessi legittimi e, i particolari materi, dei diritti soggettivi; la seconda per materie di contabilità pubblica e altre materie indicate dalla legge. I due organi fanno parte sì, dell amministrazione ma, in un certo senso, ne sono estranei, relativamente alle funzioni svolte: non comportano una valutazione di interessi ma confronto tra proposta (nel caso dell organo consultivo) o decisione (nel caso dell organo di controllo), da un lato, e criterio di valutazione, dall altro. Sezione Terza: L ASSETTO POSITIVO 1.LO STATO E I MINISTERI Nel diritto amministrativo la nozione di Stato sta ad indicare essenzialmente l insieme dei ministeri, che sono le sue articolazioni fondamentali, ognuna con la sua sfera d azione delimitata dal complemento di specificazione. Il Ministero assume un duplice carattere: struttura amministrativa composta da uffici ricoperti da burocrati al cui vertice vi è il ministro: capo di amministrazione e nel contempo componente del Consiglio dei Ministri; Duplice posizione: componente di un collegio politico e capo di un amministrazione. Posizione sintetizzata nell art.95: egli è responsabile collegialmente degli atti del consiglio e individualmente per gli atti del loro dicastero. Non sono quindi due sfere separate. Attualmente i ministeri sono 12 più 9 senza portafoglio. Dal 1960 ad oggi i cambiamenti che hanno subito in fatto di numero, struttura o denominazione sono numerosi come numerosi sono i ministeri nati e speso morti perché l interesse che ne aveva giustificato la nascita aveva perso rilevanza in un nuovo contesto politico. Inoltre, la nascita delle regioni gli ha sollevati da loro numerose funzioni tanto da concorrere alla loro scomparsa. Di recente, si è pervenuti ad una drastica riduzione con riforma del Decreto Legislativo 300/1999.

10 2.MINISTERO: MINISTRO E DIRIGENTI La stessa riforma ha conferito ai ministeri una struttura organizzativa omologata in fatto di dimensioni e tendenzialmente uniforme: una struttura ad alveare in cui gli uffici costituiscono le sezioni, unità elementari; queste sono a loro volta raggruppate nelle divisioni, a loro volta raggruppate nelle divisioni generali. Ogni sezione ha il suo capo sezione, ogni divisione il suo direttore della divisione e ogni divisione generale il suo direttore generale. L art.95, secondo il quale i ministri sono responsabili degli atti dei loro dicasteri, è stato interpretato in modo da escludere che i direttori generali siano titolari di una sfera di competenze perché su di loro e non sui ministri sarebbe caduta poi la responsabilità facendo venire meno il rapporto che lega questi al parlamento. Le varie componenti dei ministeri, di conseguenza, sono state considerate meri uffici privi di competenze. Ma la responsabilità ministeriale tanto ribadita si risolveva quasi sempre in una finzione soprattutto quando un ministro sforna centinaia di atti senza conoscerne il contenuto. Nel 1866, Bettino Ricasoli, presidente del consiglio, a proposito del disegno di legge per il riordino dell amministrazione, affermò che spesso vi è un esagerazione del principio della responsabilità ministeriale fingendo che tutti gli atti siano fatti dal ministro anche quando così non è e che tale esagerazione abbia scemato la responsabilità dei capi d amministrazione che è la garanzia più immediata del buon andamento della p.a. Il decreto Ricasoli, che prevedeva l attribuzione di competenze alle varie amministrazioni del ministero di modo che potessero risolvere direttamente gli affari di loro competenza, non venne convalidato dal parlamento, ma tale idea è tornata alla ribalta quando con il DPR 748/1972 per la prima volta furono attribuite competenze proprie ai dirigenti. Negli anni 90 poi, sono stati ridefiniti i rapporti tra ministro e dirigente diversificando competenze e funzioni. 3.DUE TIPI DI MINISTERO Il decreto legislativo 300/1999 ha diviso i ministeri in due gruppi: Nel primo gruppo che ricomprende vari ministeri (interni, giustizia, economia, salute, lavoro, politiche sociali, università), struttura di 1 livello è il dipartimento che abbraccia grandi aree di materie omogenee. Nel secondo gruppo, che ricomprende tutti i ministeri restanti,la struttura di 1 livello è la direzione generale, con ambiti di materie più ridotti rispetto ai dipartimenti. Al fianco di dipartimenti e direzioni generali operano gli uffici di diretta collaborazione col ministro, legati al ministro da un rapporto di fiducia e omogeneità politica. Tra i principali si ricordano l ufficio legislativo e gabinetto. Tali uffici seguono un disegno organizzativo differente dagli uffici burocratici, organizzati per linee; Si trovano, infatti, in posizione di staff, collaterale al vertice politico col quale hanno contatto diretto prescindendo dalla gerarchia. A completamento del disegno organizzativo le agenzie, strutture di terzo livello a carattere tecnico operativo di interesse nazionale. 4.ORGANIZZAZIONE PERIFERICA I ministeri hanno accanto all apparato centrale anche uno periferico. Tale apparato fa capo ad un ufficio organo (es. prefetto, provveditore agli studi, ) munito di parziale soggettività (propria dell organo) invece negata per più di un secolo, da Ricasoli agli anni 70, alle direzioni generali, giustificata però dall utilità stessa dell ufficio organo periferico:se tutti gli atti dovevano essere firmati dal ministro l organo periferico stesso non avrebbe avuto senso di esistere. Nel 1970 sono state istituite le Regioni che hanno tolto parzialmente competenze alle organizzazioni periferiche per lo più nei settori regionalizzati affidati alla competenza regionale. La riforma del 1999 ha ulteriormente snellito le strutture periferiche concentrandone alcune nelle prefetture, dette anche uffici territoriali di governo. 5.MINISTRO E DIRIGENTI: I RAPPORTI Il rapporto tra ministri e dirigenti è sempre stato ambiguo. Formalmente, come abbiamo visto, il ministro è responsabile di tutti gli atti del suo dicastero e deve esserne autore ma, sostanzialmente, appone firme ad atti confezionati da altri. Problema questo, affrontato in parte con la c.d. delega di firma al dirigente per determinati atti. Poi, nel 72 venne attribuita loro una specifica sfera di competenza corrispondente ai c.d. atti vincolati. Negli anni 90 i rapporti sono stati ridefiniti in base ad un criterio funzionale.

11 In sintesi al Ministro spetta il potere di indirizzo, controllo e attribuzione delle risorse mentre il dirigente ha il potere di adottare atti e provvedimenti amministrativi, compresi quelli verso l esterno, gestione tecnica, finanziaria e amministrativa. In breve, il ministro indirizza e controlla, il dirigente gestisce. Seguendo l iter che originariamente vedeva il dirigente adottare specifici atti che il ministro gli permetteva di firmare per poi negli anni 70, predeterminarli in una sfera di atti di sua competenza, si giunge alla riforma del 93 che attribuisce una sfera di competenza coincidente con quella dell alta amministrazione cioè l attività amministrativa di gestione. La ragione per cui i Ministri sembra si siano spogliati del potere amministrativo si riscontra dall interpretazione del quadro costituzionale. L art.95 afferma la subordinazione dell amministrazione alla dirigenza politica; gerarchia implicita nella stessa responsabilità ministeriale. Tuttavia la cultura amministrativistica, lasciando in ombra tali enunciati, ha privilegiato l art.97 e i relativi principi di imparzialità e buon andamento nei quali si ravvisava una sorta di incompatibilità al punto da ritenere che un esercizio imparziale della potestà amministrativa fosse incompatibile con l investitura politica. Da qui la potestà amministrativa ai dirigenti di estrazione burocratica; ai politica la potestà di indirizzo e controllo. Infatti solo il titolare di un ufficio che abbia un investitura professionale, e non debba confrontarsi con problemi di consenso, può agire in modo imparziale. 6.CONFERIMENTO E REVOCA DI INCARICHI DIRIGENZIALI Secondo il decreto legislativo 165/2001 esercitare poteri di indirizzo significa definire (a mezzo direttive generali) obiettivi, priorità, piani, programmi e assegnare ai dirigenti le relative risorse: un operazione complicata specialmente per un ministro di fresca nomina. Quasi a compensare i poteri persi dal ministro, la nuova normativa ha rinvigorito i poteri ministeriali di scelta dei dirigenti. La Qualifica di Dirigenti si scinde dall incarico dirigenziale. La prima si acquisisce soltanto per concorso mentre l Incarico Dirigenziale invece viene conferito su proposta del ministro dal Presidente del consiglio. Durata massima dell incarico 3 anni o 5 con facoltà di rinnovo e può essere revocato in caso di risultati negativi o mancato raggiungimento degli obiettivi. In ogni caso cessa sempre decorsi 90 giorni dal voto di fiducia al governo; ciò perché si vuole impedire che il nuovo governo trovi tutti i posti da dirigente occupati da persone che godevano della fiducia del governo precedente ma non dell attuale. Il Ministro può, inoltre, riservare il 10% delle assunzioni dei Dirigenti a persone esterne con comprovate capacità professionali; la percentuale scende all 8% per i dirigenti di seconda fascia. Questo potere di scelta si estende indirettamente agli uffici dirigenziali scelti dal dirigente generale, che è scelto dal ministro, appunto. 8.L AMMINISTRAZIONE LOCALE E IL PRINCIPIO ELETTIVO L altro grande braccio dell amministrazione pubblica è l amministrazione locale (comuni, province, città metropolitane) Il carattere più importante degli enti locali è la modalità d investitura elettiva degli organi di base (solo con il fascismo si è cercato di abolirlo ma è stato ripristinato due anni prima della repubblica) In precedenza il Consiglio veniva eletto dai cittadini e poi a sua volta questo eleggeva il Sindaco. Attualmente invece secondo la L.81/1993 all elezione diretta del Consiglio si affianca l elezione diretta del Sindaco e all elezione della giunta da parte del Consiglio è subentrata la nomina del sindaco. Il meccanismo elettorale è diverso a seconda del numero degli abitanti del comune. Per comuni con meno di abitanti ciascun candidato sindaco è collegato ad una lista di candidati al consiglio comunale. È eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti e alla lista collegata vanno i 2/3 dei seggi del consiglio. Per comuni con più di abitanti il sindaco è eletto con maggioranza assoluta dei voti validi; se nessuno ottiene il 50% dei voti validi si procede al ballottaggio, ovvero la seconda domenica successiva si procede al secondo turno tra i due candidati che hanno ottenuto maggior numero di voti. Particolare interessante è che in questi comuni pure essendo la candidatura a sindaco collegata ad una o più liste, tale collegamento non è così vincolato infatti è possibile votare il candidato sindaco e una lista diversa da quella da lui rappresentata. Poiché non vi è coincidenza tra voti, il sindaco potrebbe essere eletto al primo turno e la lista/e collegata non raggiungere il 50% dei voti. In questo caso è previsto un premio di maggioranza del 60% purchè la lista abbia conseguito il 40% e nessun altra lista abbia superato la soglia del 50%. Lo stesso vale se il sindaco è eletto al secondo turno e la lista non ha conseguito il 60% dei voti.

12 Le regole dettate per i comuni maggiori trovano applicazione anche per le provincie. I componenti della giunta, come già detto sono nominati dal sindaco (o presidente della provincia). Volendo individuare Il modello costituzionale a cui è ispirato il sistema locale diremo che è di tipo Presidenziale perché Consiglio e Sindaco sono eletti direttamente dal corpo elettorale (es. Stati Uniti). L investitura popolare fa si che il sindaco scelga gli assessori; ciò dovrebbe avvenire a prescindere dalle appartenenze alle liste collegate anche se per una certa quota i componenti sono pur sempre espressione dei partiti per via degli accordi fatti in vista delle elezioni. L unico elemento dissonante con il modello presidenziale è l istituto della mozione di sfiducia che fa prescindere dalla fiducia dell organo legislativo (il consiglio) l investitura del capo dell esecutivo. Tale strumento è comunque un disincentivo per se stesso in quanto i consiglieri che lo propongono sanno che se l iniziativa avrà seguito, cesserà la loro carica perché l organo a cui appartengono verrà sciolto. 9.LE FUNZIONI DEL COMUNE Il comune si distingue dagli altri apparati amministrativi per la pluralità di funzioni che svolge, assicurando una pluralità di servizi, curando una pluralità di interessi. Tali plurifunzionalità è oggi riconosciuta dal decreto legislativo 267/2000: Articolo 13. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. Ribadita poi dalla riforma costituzionale n.3 del 2001, nell art.118 Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. In realtà è smentita dalla riserva che chiude l enunciato del comma 1; il salvo che come il salvo quanto del decreto autorizzano una diversa distribuzione delle funzioni secondo criteri di sussidiarietà, di differenziazione e adeguatezza. Le funzioni amministrative risultano storicamente da due fonti diverse: le leggi comunali e provinciali che dettano l organizzazione degli enti locali, le leggi di settore che coprono determinati ambiti di intervento. Il decreto legislativo fa riferimento all una e all altra specie. Inteso che da tale ambito esulano le funzioni che pur riferibili alla popolazione e al territorio sono attribuite dalla legge ad enti diversi (Asl, Case popolari, ) o che pur riferibili alla popolazione e al territorio nessuna legge prevede come funzioni pubbliche (cure dimagranti agli obesi). La nozione di settori organici utilizzata dal decreto per delimitare le competenze dei comuni dalle competenze delle province era già noto negli anni 70 quando l art.117 del vecchio testo fu suddiviso nei tre settori organizzativi dei servizi sociali, dello sviluppo economico e dell assetto ed utilizzo del territorio. Tuttavia, il testo preesistente alla riforma distingueva le funzioni non solo per contenuti ma anche in ragione del titolo difatti non attribuiva direttamente funzioni agli enti locali (nemmeno l attuale lo fa). Sicché questi si distinguevano e si distinguono ancora per l attribuzione di competenze in determinate materie. Era previsto però che gli enti disponessero sia di competenze proprie attribuibili con leggi dello Stato e regionali sia di competenze delegate dalle regioni. Tale distinzione è transitata nell attuale art.118 che distingue al comma 1 le funzioni attribuite ai comuni da quelle conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato. Al comma 2 è specificato che gli enti locali sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze. L art.117 nella nuova formulazione elenca al comma 2 lettera p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane Si pone, pertanto, un problema di distinzione tra funzioni fondamentali dell art.117 e funzioni dell art.118, e tra funzioni proprie, attribuite e conferite. Quanto a quest ultima è una distinzione priva di senso poiché dato che non possono esserci funzioni amministrative che non siano assegnate per legge, l art.118 non contiene un titolo per cui attribuirsi funzioni autonomamente poiché sono assegnate con legge statale o regionale. La distinzione tra funzioni proprie e conferite, quindi, non regge. Ugualmente quella tra funzioni attribuite e conferite visto che in entrambi i casi è la legge abilitata a farlo. Tutt al più la distinzione sta ad indicare la presunzione di competenza dei comuni il cui conferimento agli altri enti appare un eccezione.

13 In sintesi quindi, le funzioni agli enti locali, possono essere conferite da leggi regionali nelle materie in cui le regioni dispongono di competenze concorrenti o esclusive; da leggi dello stato nelle materie in cui questo dispone di competenza legislativa esclusiva; da leggi dello Stato che, nelle materie di competenza concorrente Stato-regioni, determinano funzioni essenziali di comuni e province. Il carattere essenziale delle funzioni, in questo ultimo caso, preclude alla regione di riappropriarsi delle stesse una volta che la legge dello Stato le abbia conferite agli enti locali. 10.GLI ORGANI DI GOVERNO DEGLI ENTI LOCALI Le funzioni dell ente locale sono suddivise tra 3 organi di governo: Consiglio, Giunta, Capo dell esecutivo (sindaco o presidente). L autonomia dell ente locale si esprime con lo statuto che rappresenta una sorta di piccola costituzione dell ente stesso tale per cui va approvato con maggioranza dei 2/3 dei consiglieri; se ciò non dovesse verificarsi sono necessarie due successive votazioni nelle quali deve essere approvato a maggioranza assoluta (50% più uno). Lo statuto si muove entro i limiti stabiliti dalla legge; infatti, per quanto con esso l ente stabilisca le norme fondamentali della sua organizzazione (art.6 267/2000) queste sono pur sempre stabilite dalla legge. Regola l organizzazione delle funzioni, le forme di collaborazione con altri enti locali, le modalità di partecipazione popolare, l accesso alle informazioni e procedimenti amministrativi; vengono, con esso, stabilite norme per assicurare pari opportunità tra uomo e donna di presenza negli organi e norme per la partecipazione delle minoranze. La giunta è composta da non più di 1/3 dei membri del consiglio (comunque non più di 16). È nominata dal sindaco e da lui può essere revocata; quanto a funzioni, la giunta collabora con il capo dell esecutivo e opera attraverso deliberazioni collegiali. La competenza è residuale: spettano ad essa tutti gli atti che non rientrano nelle funzioni del consiglio o del capo dell esecutivo. Il consiglio ha un numero variabile dei componenti: da 12 (per i comuni fino a 3000 abitanti) fino ad arrivare ad un massimo di 60 (per i comuni con oltre un milione di abitanti). Nelle province, invece, i consiglieri oscillano tra 25 e 45 sempre a seconda della popolazione. Quanto alle funzioni è l organo di indirizzo e controllo politico amministrativo ed ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: statuti, regolamenti, programmi, piani finanziari, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali, convenzioni tra i comuni e altre forme associative, istituzioni, norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione,organizzazione dei pubblici servizi, tributi, indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza, spese pluriennali, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo,acquisti e alienazioni immobiliari, ecc. (art.42 L.267/2000) A tali funzioni non possono aggiungersene altre. Il sindaco (o presidente) è l organo responsabile dell amministrazione del comune o della provincia; Quanto a funzioni, rappresenta l ente, convoca e presiede la giunta e anche il consiglio qualora il presidente dello stesso non sia previsto (nei comuni con meno di abitanti) 11.LA DIRIGENZA NEGLI ENTI LOCALI Il Sindaco, il Consiglio e la Giunta non esauriscono l ambito degli organi dell ente: ne costituiscono gli organi di governo. Accanto ad essi vi sono gli organi di gestione, ossia i dirigenti a cui spetta la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica che si esprime attraverso autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Questi adottano quegli atti e provvedimenti amministrativi che non sono ricompresi tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo. Tuttavia, il confine tra i due ambiti non è così nettamente distinto. Le incertezze sono dovute al modo in cui le funzioni di indirizzo e controllo vengono, dapprima, attribuite al solo consiglio (dal D.Lgs 267/2000) e poi al complesso degli organi di governo, dall art.107. Ulteriore confusione derivante dalla non facile circoscrizione dei rapporti tra organi di governo esecutivi e organi di gestione: come distinguere tra il sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici (compito riservato al sindaco) e il dirigere gli stessi uffici e servizi (compito riservato ai dirigenti)? Così come, analogamente, non è facile distinguere tra il sovrintendere all esecuzione degli atti (di cui il sindaco è competente) e il gestire l ente dal punto di vista finanziario e tecnico (di competenza dei dirigenti). Senza contare che tale schema di separazione tra politica e amministrazione è stato pensato per l amministrazione dello Stato e si prescinde, quindi, da un giudizio di opportunità sul trasferimento all ente locale dello stesso. Infatti, sarebbe strano e, quanto meno, dubbioso se l amministrazione

14 storicamente caratterizzata dall elettività dei suoi organi vedrebbe gli stessi privati della potestà amministrativa (salvo quella di indirizzo e controllo politico-amministrativo). In tale schema non sono ricompresi i comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti: in essi la responsabilità degli uffici e dei servizi e il potere gestionale possono essere attribuiti, con regolamento, all organo esecutivo, organo di governo dell ente. 16.GLI ENTI PUBBLICI Gli enti pubblici (non territoriali) sono la terza grande articolazione dell amministrazione Italiana, insieme ai Ministeri e agli enti locali territoriali, fino ai primi anni del secolo unica forma di decentramento di funzioni amministrative. A partire dal 1900 vengono istituiti enti diversi sempre della P.A. ai quali viene data personalità giuridica (es. INA) L ente pubblico non locale è monofunzionale cioè ha un solo interesse da curare ed ha quasi sempre una struttura a fondazione, avendo come suoi organi un presidente e un consiglio d amministrazione che gestiscono il patrimonio nell interesse di terzi esterni alla fondazione stessa. Dalle società di capitali, gli enti pubblici non territoriali hanno adottato un terzo organo, il collegio dei revisori, con funzioni di controllo e di cui di solito ne fa parte un rappresentante del ministero vigilante. Tale organo controlla l amministrazione, l osservanza delle leggi, la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei valori e delle scritture contabili. 17.ENTE PUBBLICO E RESPONSABILITA MINISTERIALE L ente pubblico pone un grave problema costituzionale in quanto godendo l ente di personalità giuridica, i suoi atti sono a lui imputati e la relativa una fetta dell attività amministrativa verrebbe quindi sottratta alla responsabilità del Ministro e al controllo del parlamento. La questione posta alla luce dell art.95 che enuncia il vigente principio della responsabilità ministeriale è stata risolta dalla L.14/1978 sul controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici. In realtà non di controllo si tratta ma di parere preventivo che deve essere richiesto dalle commissioni parlamentari, delle due camere, competenti in materia per la nomina del presidente e vice presidente mentre per i semplici amministratori è prevista invece una comunicazione alle camere di contenuto analogo alla richiesta di parere. Il Presidente e vice sono poi nominati con decreto del presidente della repubblica su proposta del presidente consiglio previa delibera del consiglio dei ministri e lo stesso vale per la revoca del suo mandato (non può essere rinnovato per più di 2 anni). Tale controllo riguarda le persone di tali enti pubblici poiché come visto in precedenza l operato è vagliato dal ministro vigilante che controlla le delibere che adottano o modificano il regolamento organico, la consistenza organica e il numero degli addetti. Inoltre su bilancio e conto consuntivo. Tramite l esercizio congiunto (nell ambito del consiglio dei ministri) del potere di nomina, revoca e controllo il ministro finisce col rispondere dell attività dell ente davanti al parlamento. Ulteriore elemento di controllo sull operato dell ente pubblico la partecipazione della Corte dei Conti nell ambito della gestione finanziaria dell ente stesso la quale riferirà direttamente alle camere del riscontro eseguito. Tale partecipazione attualmente attribuita come controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche allo scopo di verificare la legittimità e la regolarità delle gestioni nonché il funzionamento dei controllo interni a ciascuna amministrazione dalla L.20/1994, è resa possibile dal raccordo che la Corte stessa instaura con l ente pubblico mediante il collegio dei revisori di quest ultimo che è tenuto a fornire alla Corte tutte le informazioni acquisite nell esercizio delle sue funzioni (di controllo). 18.ASCESA E DECLINO DEGLI ENTI PUBBLICI Il sistema degli Enti Pubblici è prosperato in Italia sino alla metà del 1970; dopo sono intervenuti due fattori che hanno determinato il ridimensionamento del sistema. Il primo è riscontrato nell entrata in funzione delle regioni a statuto ordinario nel Molti enti pubblici operavano in materie che l art.117 ha poi riservato alla potestà legislativa delle regioni; materie nelle quali disponevano anche di potestà amministrativa (art.118 vecchio testo), in particolare di potestà organizzativa (art.117 vecchio testo) Di conseguenza, molti enti pubblici sono stati soppressi. Il secondo fattore è la riconsiderazione dell interesse pubblico invocato per l istituzione dello stesso ente.

15 Molti enti pubblici sono stati istituiti nel tempo per prestare assistenza a determinate categorie di persone; a metà degli anni 70 ci si chiede se è necessaria per far ciò la personalità di diritto pubblico? Moltissimi enti sono stati trasformati in persone giuridiche di diritto privato. Se l attribuzione di personalità giuridica di diritto pubblico è solo un espediente per vedersi attribuiti due benefici quali il potere di riscossione dei contributi degli associati in forma obbligatoria (riscossione coattiva) e la dotazione di patrimonio immobiliare pubblico, si possono comunque mantenere in vita tali privilegi e continuare ad assolvere ai compiti assistenziali pur prescindendo dalla personalità giuridica pubblica. Un ruolo importante nella trasformazione degli enti pubblici in soggetti privati l ha svolto anche la Corte Costituzionale con sentenza n.396/1988 che annulla la c.d. Legge Crispi 6972/1890 considerata illegittima nella parte in cui qualifica come istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza le opere pie, contrastando con l art.38 Cost. secondo cui l assistenza privata è libera. Tale pubblicità generalizzata limita la libertà del privato di prestare assistenza, anche per mezzo di organizzazioni impersonali. Da tale dichiarazione di illegittimità, i diritto per le istituzioni di assistenza e beneficienza di carattere associativo o religioso o promosse e amministrate da privati di vedersi riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato staccando l etichetta pubblicistica dalla legge Crispi attaccatogli. Ultima tappa di questo ridimensionamento è il massiccio programma di trasformazione e soppressione di enti pubblici enunciato dalla legge finanziaria del 2002 che affida al governo, entro 18 mesi, il compito di individuare gli enti da trasformare in società per azioni o in fondazioni di diritto privato da accorpare ad altri enti che svolgono analoga attività o da sopprimere e liquidare, con lo scopo di diminuire la spesa dell amministrazione pubblica. Ciò è subordinato alla verifica che i servizi siano proficuamente erogabili al di fuori del servizio pubblico. Solo quando il mercato risulta inidoneo a produrre un determinato servizio solo allora è lecita la conservazione della struttura pubblica. Da tale programma sono esclusi gli enti essenziali per la difesa o la sicurezza o con funzioni per la salute pubblica, o che gestiscono la previdenza sociale a livello di primario interesse nazionale. Più in genere enti che svolgono compiti di garanzia di diritti di rilevanza costituzionale. 19.AZIENDE, AMMINISTRAZIONI AUTONOME, AGENZIE La Fuga dello Stato ha avuto la sua massima espressione negli enti pubblici; molti dei quali erano prima apparati dei ministeri poi resi autonomi e costituiti in persone giuridiche pubbliche, ma si è espressa anche nelle aziende o amministrazioni autonome, a livello statale (ferrovie stato, poste, telecomunicazioni) e locale, sorte sempre da un ministero ma poi rese autonome in quanto amministrate da un proprio consiglio d amministrazione. Al ministero sono comunque rimaste legate in quanto a capo del consiglio d amministrazione stesso vi era il ministro (dei trasporti per le ferrovie, delle finanze per i monopoli stato, ecc ). Le aziende (o amministrazioni autonome) a livello giuridico restano sempre organi del rispettivo ministero ma godono di una legittimazione separata in forza della quale stanno in giudizio come aziende, hanno un proprio patrimonio e risorse proprie che ricavano dall attività che svolgono prevalentemente nelle forme di diritto privato (es. vendita biglietti); il personale è distino da quello statale ed ha una propria contrattazione collettiva e proprie organizzazioni sindacali. Questo modello organizzativo è in declino dalla seconda metà degli anni 80: alcune aziende (ferrovie, poste) sono state trasformate prima in enti pubblici economici e poi in società per azioni in mano pubblica. Tuttavia, l idea sottostante alle aziende è stata perseguita con l istituzione delle agenzie in quei settori amministrativi in cui una riforma in senso privatistico dello strumento pubblico è stata sostituita dalla realizzazione di entità, sempre pubbliche, che consentono la gestione manageriale di pubblici interessi ovvero l attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, scissa dal carattere politicodecisionale dell attività stessa in modo più agile e snello. L agenzia è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del ministro. 20.ENTI PUBBLICI ECONOMICI Nel 1912 con legge fu creata l INA (istituto nazionale per le assicurazioni), con lo scopo di gestire la vendita di polizze garantite dallo stato, il cui gettito sarebbe stato destinato ai fini pubblici. L ente era dotato di una struttura snella con rapporti del personale di tipo privatistico e non era un organo della burocrazia statale ma una vera e propria impresa che differisce dalle similari perché appartenente allo Stato e non agli azionisti.

16 Tale modello venne replicato con grande successo durante il fascismo e negli anni 50: nasceva così l ente pubblico economico ossia l ente pubblico che ha per oggetto esclusivo o principale un attività economica (art.2201 c.c.) Caratteristica dell ente è il connubio di attività economica e finalità pubblicistiche perseguite con attività imprenditoriale costituita essenzialmente da contratti. Il fine di lucro che persegue da devolvere cmq a fini pubblici, lo differenzia dal normale imprenditore. Secondo il nostro ordinamento non è necessario il fine di lucro per l esistenza di un impresa, fine che è invece essenziale per le società; da qui l accostamento: è possibile quindi che vi sia un ente pubblico imprenditore. Altra caratteristica controversa il fatto che non siano muniti di poteri amministrativi. Caratteristica che pone una questione in sede di delimitazione della giurisdizione sull impiego presso l ente stesso. Il legislatore fascista nel 1938 sottrasse tali impiegati al divieto di inquadramento sindacale (valido per tutti gli impiegati pubblici), gli sottopose alle norme del libro del lavoro del codice civile, attribuendo la competenza giurisdizionale sulle controversie con gli enti datori di lavoro al giudice ordinario. Quando cadde l inquadramento sindacale nacque un lungo contrasto tra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione. Il primo sosteneva che, caduto l inquadramento sindacale, venisse meno la giurisdizione del giudice ordinario e il relativo contenzioso fosse attratto nella sfera esclusiva del giudice amministrativo. La Cassazione, invece, sostenne che la giurisdizione ordinaria non dipendesse dall inquadramento sindacale di tali enti ma dal carattere imprenditoriale della loro attività. Fu quest ultima tesi a rivelarsi vincente. E a chiarire un importante aspetto: gli atti di gestione del rapporto di lavoro come anche gli atti organizzativi, presupposto dell ente, non sono atti amministrativi ma sono piuttosto assimilati ai regolamenti delle imprese private, parte integrante il contenuto del contratto di lavoro. La disputa si è chiusa con L.533/1973 che ha attribuito al giudice ordinario la giurisdizione su controversie di lavoro degli enti pubblici economici. Gli enti pubblici economici si possono variamente classificare: A seconda dei fini si distinguono: - Enti di disciplina di settore, chiamati a reggere e regolare un certo settore economico. - Enti imprenditoriali, che svolgono direttamente un attività economica di produzione di beni e servizi. A seconda degli schemi organizzativi: - Enti di gestione delle partecipazioni statali, che assumono la veste di titolari delle partecipazioni azionarie dello Stato per determinati settori economici. 21.LA CRISI DEL SISTEMA DEGLI ENTI PUBBLICI ECONOMICI Si è avuta con la collisione degli stessi con il Diritto Europeo. I fondi che il parlamento italiano dava in dotazione agli enti di gestione delle partecipazioni statali sono incappati nel divieto di aiuti di stato sancito dall art.87 del trattato CE, (ossia nel divieto per gli stati membri di attribuire risorse sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese, falsano o minacciano la concorrenza). Ulteriore collisione col diritto europeo i monopoli affidati alle Poste, Ferrovie dello stato o Enel in contrapposizione con il principio secondo cui le imprese che gestiscono servizi pubblici sono sottoposte alle regole di concorrenza. La liberalizzazione comporta la possibilità per altre imprese di accedere al mercato ridimensionando l ente monopolista. Inoltre con il c.d. Patto di Stabilità firmato a Maastricht nel1992 fu sancito l obbligo per gli stati membri di una finanza pubblica sana; il che vuol dire per l Italia riduzione del debito pubblico tramite dismissioni del patrimonio. In particolare tramite la trasformazione degli enti in s.p.a. (privatizzazione formale) e in un secondo momento, data l impossibilità di vendita di un solo pezzo dell ente pubblico, alla vendita del capitale della società ossia la cessione in tutto o in parte del capitale azionario (privatizzazione in senso sostanziale). Si è cominciati col settore di credito e degli enti di gestione delle partecipazioni statali, l Enel, l Ina, l Imi, le Ferrovie, l ente italiano tabacchi, 22. UNA PSEUDO PUBBLICITA : LE SOCIETA IN MANO PUBBLICA La forma giuridica della s.p.a. utilizzata oggi per dismettere capitale di proprietà pubblica, è stata in passato impiegata per estendere l intervento pubblico nell economia, per assicurare lo svolgimento di attività economiche di particolare rilievo da parte dello Stato. Per questo ne costituiva di nuove o acquistava quote di già esistenti. Prima della crisi del 29 le banche, vista la crisi di sovrapproduzione delle imprese manifatturiere, ne detenevano i pacchetti azionari; Il dissesto coinvolse però anche le banche che rischiavano di non recuperare, vista la crisi delle imprese, i crediti erogati alle stesse e di perdere parte del loro patrimonio costituito dalle loro azioni.

17 Furono all uopo creati due enti pubblici, l IMI e l IRI; quest ultimo acquistò dalle banche le azioni delle società provvedendo a ripianare i loro passivi. Tale operazione doveva essere temporanea fino al nuovo trasferimento del capitale delle imprese ai privati. Tuttavia l IRI divenne un ente stabile con un proprio fondo di dotazione e non più con capitale fornitogli da altri enti pubblici nazionali. Il sistema produttivo fu separato dal sistema bancario e l IRI divenne una sorta di società finanziaria che dirigeva e controllava numerose imprese private, pur non svolgendo direttamente attività produttiva ma detenendo il capitale di imprese produttive. Anzi, a sua volta, costituì per ciascun tipo di attività produttiva altrettante società finanziarie che ne detenevano il capitale; Un sistema piramidale che vedeva a capo una società finanziaria che deteneva il capitale di altre società finanziarie a loro volta detentrici del capitale delle imprese produttive del settore a loro spettanti. Inoltre, successivamente, venne istituito con L.1589/1956 il ministero delle partecipazioni statali e da lì il principio secondo cui l azionariato di Stato, almeno formalmente, non sarebbe stato più tale perché veniva trasferito agli enti di gestione. Un sistema a catena che così si allungava: il ministro emanava direttive agli enti di gestione che a loro volta indirizzavano l azione delle società finanziarie collegate, a loro volta facenti capo al gruppo delle società operative. A ciò si aggiunge che le imprese a partecipazione statale erano sottoposte ad una serie di vincoli e criteri che hanno condotto l intero sistema alla deriva. Crollo ulteriormente confermato dal referendum del 1993 che ha portato alla soppressione del ministero delle partecipazioni statali. In contemporanea, la privatizzazione formale (enti trasformati in spa) ha condotto alla privatizzazione sostanziale ovvero ala cessione del capitale azionario in mani private di cui abbiamo detto in principio. Ciò accadeva a livello statale; a livello locale invece la società a partecipazione pubblica erano valido strumento per gestire pubblici servizi tant è che vi fu la trasformazione di aziende speciali in società di capitali. Attualmente l azionariato pubblico riguarda solo società a partecipazione pubblica a livello nazionale derivanti dalla trasformazione degli enti di gestione e dei grandi enti pubblici economici (Ina, Poste e Ferrovie). A livello locale, invece, vi è numerosità di società di capitali che gestiscono pubblici servizi, partecipate dagli enti locali. Le società in mano pubblica sono state, giuridicamente, considerate alla stregua di soggetti di diritto privato anche se investite di finalità pubbliche. Anzi, l azionariato di Stato è proprio considerato come uno strumento del diritto privato per perseguire e curare interessi pubblici. Ciò può essere rilevato anche a livello di norme del codice civile infatti al fenomeno sono dedicati solo 3 articoli e ciò denota, contrariamente a come potrebbe apparire, la volontà di far valere la stessa disciplina delle società private. Uniche deroghe quelle previste nell art.2458, che prevede una diversa modalità di investitura degli amministratori, resa possibile allo Stato e agli enti pubblici poiché questi hanno partecipazione nelle società e la revoca possibile solo agli enti che gli hanno nominati, e nell art.2459 che prevede che le norme dell articolo precedente siano applicate anche nel caso in cui la nomina degli amministratori sia attribuita allo Stato o agli enti pubblici, in mancanza di partecipazione azionaria. Di recente è stato ribadito l orientamento tradizionale; tuttavia, il Consiglio di Stato attribuisce natura pubblicistica a tali società perché sono affidatarie di rilevanti interessi pubblici e poiché l unico azionista, il ministro, è tenuto ad indirizzare le attività ai fini di interesse pubblico a prescindere dall intento di lucro. Indirizzo a cui ha aderito anche la Corte Costituzionale e di Cassazione. 23.LE AUTORITA AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI (o DI REGOLAZIONE) Nasce a partire dagli anni 90 un nuovo schema di organizzazione amministrativa:l autorità amministrativa indipendente. Nasce dal esigenza di tutelare la crescente rilevanza del mercato (frutto della progressiva penetrazione del diritto comunitario in quello nazionale). L autorità amministrativa indipendente è quindi un autorità rivolta a garantire il funzionamento delle regole del mercato; in particolare di specifici mercati che sono stati aperti alla concorrenza dopo essere stati per decenni strutturati in termini di monopolio pubblico. Prima delle modifiche il panorama dell intervento pubblico si esprimeva in due modi: la prima forma è la proprietà pubblica o monopolio pubblico. Le ragioni di tale riserva sono duplici: da un lato si dice che gli investimenti richiesti perché il servizio possa essere attivato possono essere sostenuti solo dallo stato (si richiama il caso del monopolio naturale di quel particolare bene o servizio che non lascia spazio ad altri produttori; pertanto se monopolio deve esserci è preferibile sia pubblico), dall altro lato si invoca l interesse pubblico affinché tutti i cittadini possano accedere al servizio. La Costituzione, da parte sua, legittima forme di intervento pubblico tali con l art.43 (A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo

18 indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale). L altra forma di intervento consiste nel controllo amministrativo del mercato, siamo cioè in presenza di un mercato concorrenziale aperto ai privati ma in cui i pubblici poteri stabiliscono le regole per l accesso e prevedono un intenso sistema di controlli amministrativi (autorizzazioni, licenze, iscrizione albi). La differenza si riscontra nell iniziativa economica bandita nel primo caso visto l evidente contrasto, ben accetta nel secondo anche se strettamente controllata poiché potenzialmente in contrasto col pubblico interesse. La costituzione conferma il tutto nell art.41 (L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali). Il Diritto Comunitario enuncia diversi principi in materia che mettono in discussione tali schemi; Il Trattato di Roma, in primis, enuncia due principi: - le imprese che gestiscono servizi pubblici sono sottoposte alle regole di concorrenza - libera circolazione dei fattori produttivi. Dato per assunto il mercato come valore da tutelare, il contenuto dell interesse pubblico muta: non si verifica più la compatibilità dell iniziativa privata con l interesse pubblico esterno che da questa potrebbe essere pregiudicato ma l interesse pubblico viene ad identificarsi con l interesse al funzionamento pieno del mercato e quindi alla concorrenza sempre più ampia senza indebite limitazioni. Di conseguenza, l intervento pubblico non può essere più quello amministrativo tradizionale ma esige dei corpi specialistici che siano nella duplice condizione, tecnica e giuridica, di vigilare sull osservanza, da parte degli operatori, delle regole di concorrenza e di reprimere eventuali violazioni senza subire interferenza alcuna. L AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) ha proprio in questo la sua genesi. Essa ha il compito di vigilare sull osservanza da parte delle imprese del divieto di intese o pratiche volte a restringere la concorrenza. E un organo collegiale costituito dal Presidente e da 4 membri nominati d intesa dai presidenti di camera e senato. Il presidente è scelto tra persone di notoria indipendenza che abbiano ricoperto incarichi di grande responsabilità e rilievo; i 4 membri sono scelti tra persone di notoria indipendenza da individuarsi tra magistrati del Consiglio Stato, Corte Conti o Cassazione o professori universitari di materie economiche o giuridiche, personalità provenienti da settori economici di riconosciuta professionalità. La carica dura 7 anni e non è rinnovabile. Durante la loro carica i membri non possono avere altri incarichi o esercitare altra attività professionale. Elemento fortemente caratteristico di tutti i requisiti è la garanzia di perfetta indipendenza e autonomia di giudizio e valutazione per l esercizio efficiente delle funzioni; L autorità è fuori dal circuito della responsabilità ministeriale: non risponde al parlamento né al ministro di settore ma è comunque soggetta al sindacato del giudice amministrativo (TAR del Lazio) Stesso schema con alcune varianti quello di altre autorità a presidio di singoli mercati. La CONSOB (commissione nazionale per la società e la borsa) nata nel 1974, vigila sul mercato finanziario e a lei è affidata la tutela degli investitori, l efficienza e la trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali. L efficienza del mercato richiede una relativa stabilità delle quotazioni e ciò può realizzarsi solo se agli strumenti di controllo interni se ne affiancano degli esterni. A tale scopo la Consob regola i mercati definendo e accertando i requisiti perché una società possa essere quotata in borsa e garantendo la completezza delle informazioni che circolano negli stessi mercati. L ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle Assicurazioni Private) istituita nel 1982, vigila sul settore assicurativo, operando a tutela dei risparmiatori che affidano i loro risparmi a imprese assicurative. La Banca d Italia è considerato il prototipo delle autorità indipendenti. Nasce nel 1893; riceve il potere, nel 1926, di battere moneta in via esclusiva. Nel 1936 viene trasformata da società per azioni in ente di diritto pubblico con capitale le cui quote possono appartenere esclusivamente a casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale. Accanto ad essa, a completare l assetto pubblicistico, vennero istituiti il Comitato dei ministri, con poteri di direttiva, e l Ispettorato per la difesa del risparmio e dell esercizio del credito, con il compito di eseguire le direttive governative. Le tre strutture si raccordavano tra loro grazie al Governatore della Banca d Italia presidente di quest ultima e membro di entrambe le altre due. Soppresso l Ispettorato il sistema bancario è stato retto, fino alla riforma del 1993, dalla diarchia Comitato dei ministri - Banca d Italia. La banca d Italia ha svolto essenzialmente due funzioni:

19 1) La funzione monetaria che comprende il potere di emettere moneta, di stabilire il tasso ufficiale di sconto e di disciplinare il sistema dei pagamenti. Tali poteri sono stati trasferiti poi, in seguito al Trattato di Maastricht, alla BCE (Banca Centrale Europea), la quale, insieme alle banche centrali degli stati membri costituisce il SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali). Il potere di emettere moneta in precedenza rigidamente legato alla convertibilità delle riserve auree, è divenuto uno strumento più elastico volto a coprire le esigenze di liquidità del sistema. Tuttavia, compito della BCE è quello di salvaguardare il valore della moneta mantenendo gi equilibri finanziari evitando di introdurre moneta in eccesso. Stessa salvaguardia nei riguardi del potere di stabilire il tasso ufficiale e di sconto, potere anch esso trasferito alla BCE. Tale funzione è, nel complesso, molto delicata e ciò ha ispirato una serie di misure volte a scoraggiare eventuali ingerenze politiche in materia; Ciò ha permesso che la banca d Italia sia un autorità indipendente: caratteristica ancor più rafforzata dall ingresso nel SEBC. Ciò è espresso nell art.108 del Trattato di Roma (Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo statuto del SEBC, né la BCE né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti). 2) La funzione di vigilanza sulle banche e sugli intermediari finanziari in genere. Tale vigilanza è volta a garantire la concorrenza tra le imprese bancarie compatibilmente con la stabilità del sistema. Vi sono infine due autorità indipendenti preposte a settori già monopolistici istituite per creare con le proprie regole un processo di liberalizzazione e privatizzazione altrimenti compromesso dalla posizione dominante assunta dall unico gestore del servizio nel settore dell energia elettrica e delle comunicazioni. Sono l Autorità per l energia elettrica e per il gas e l Autorità per le Comunicazioni La prima nasce nel1995 con la funzione di promuovere la concorrenza e l efficienza nei due settori energetici assicurando adeguati livelli di qualità e fruibilità e diffusione omogenea sull intero territorio. Per realizzare ciò è dotata di poteri regolamentari, tariffari, sanzionatori e ispettivi, poteri che sono stati sottratti al ministero dell industria (oggi delle attività produttive). Pluralità di fini ancor più accentuata per la seconda, istituita nel 1997; deve promuovere la concorrenza e l efficienza nei servizi delle telecomunicazioni assicurando adeguati livelli di qualità vigilando sul pluralismo, l'obiettività, la completezza e l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni, tendenze politiche, sociali, culturali e religiose, nel rispetto delle libertà e dei diritti garantiti dalla Costituzione (art.1 223/1990) Un posto a parte nel panorama delle autorità indipendenti occupa il Garante per la protezione dei dati personali L.675/1996; suo compito è quello di verificare che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali con particolare riguardo alla riservatezza e all identità personale. Pur occupandosi di funzioni di rilievo costituzionale non si occupa di concorrenza, elemento che accomuna tutte le altre autorità indipendenti. 24.LA LEGGE SULLA TUTELA DEL RISPARMIO E IL COORDINAMENTO TRA LE AUTORITÀ Dal punto di vista organizzativo le autorità amministrative indipendenti, che pur assolvono una comune funzione di tutela e vigilanza del mercato di riferimento, compongono un quadro estremamente frammentato e diverso fra loro. Presentano caratteristiche diverse a livello di poteri, numero di componenti, durata in carica e di conseguenza a livello di indipendenza rispetto all indirizzo politico della maggioranza. Ciò è generato dalla diversa genesi storica e spiega anche perché spesso vi sia stata sovrapposizione di funzioni e difetto di coordinamento delle competenze di autorità operanti in settori contigui. Negli ultimi anni, i tracolli Parmalat e Cirio del 2003 in cui migliaia di risparmiatori hanno perso i propri capitali investiti, e lo scandalo delle scalate di dubbia legittimità a importanti gruppi bancari, favorite dallo stesso governatore della banca d Italia hanno dimostrato debolezza del sistema dei controlli da parte delle autorità preposte alla vigilanza sul credito e sui mercati finanziari e hanno fatto sì che il parlamento intervenisse con la L.262/2005 disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. La legge interviene in diversi settori di tali autorità. Analizziamoli: La legge interviene sui poteri del governatore Banca d Italia e ne ridimensiona la portata a favore del Direttorio cioè organo collegiale che decide a maggioranza. Cambia anche il procedimento di nomina dello stesso governatore, nomina che perde il carattere perpetuo e che oggi è disposta per 6 anni con

20 decreto del presidente della repubblica su proposta del presidente del consiglio previa delibera del consiglio dei ministri e sentito il parere del consiglio superiore della banca d Italia. Interviene sul comma 2 dell art.20 L.287/1990 che escludeva nei confronti delle aziende e istituti di credito ogni competenza dell AGCM: si elimina così una anomalia del sistema (mentre l Agcm applicava la normativa antitrust a tutte le altre imprese ed ha favorito l apertura dei mercati il Governatore della Banca si è mostrato più incline a forme di protezionismo). La legge prevede inoltre che le maggiori autorità preposte alla vigilanza di attività finanziarie (Banca d Italia, Consob, Agcm, Isvap e Covip), individuino nel rispetto della loro indipendenza, forme di coordinamento delle proprie competenze attraverso protocolli d intesa o l istituzione di comitati di coordinamento (sono chiamate quindi a collaborare fra loro e non possono opporsi il segreto d ufficio). Dopo l euforia degli anni 90 dovuta alla creazione di tali autorità indipendenti queste sono state fortemente criticate per non aver impedito i vari tracolli finanziari. La dottrina recente, inoltre, ha segnalato come la politica abbia approfittato per riappropriarsi di spazi che le appartenevano nell applicazione delle regole in tema di intese restrittive della concorrenza, abuso di posizione dominante e operazioni di concentrazioni, ad esempio con la c.d. Legge Marzano che toglie molte competenze alle autorità per l energia elettrica e le assegna nuovamente al ministro per le attività produttive e sulla stessa linea poggia il cambiamento di nomina del Governatore Banca d Italia che ora assegna sostanzialmente al governo il potere di nomina. In ogni caso il sistema delle amministrazioni indipendenti può subire modifiche e aggiustamenti ma non può essere sicuramente rimesso in discussione nelle linee principali. L esistenza di tali autorità, oltre ad essere necessaria per il corretto funzionamento dei mercati, è in larga misura imposta dal diritto comunitario (es. l indipendenza della Banca d Italia è necessaria per rimanere nel circuito della SEBC banche europee; l Agcm diventa strumento della Commissione europea per garantire l applicazione del trattato in materia di concorrenza; per l autorità dell energia elettrica e il gas e l Autorità per le Comunicazioni, la cui istituzione è disposta dalle direttive che hanno liberalizzato i mercati). 25.STRUMENTI DI RACCORDO L organizzazione amministrativa a causa delle sue complessità, esige degli strumenti di raccordo tra enti diversi,tra organi di uno stesso ente, o fra organi e meri uffici di uno stesso ente o tra organi di un ente e un altro ente e la nozione di competenza non basta a risolvere il problema infatti tale nozione viene in rilievo solo nei rapporti fra organi implicando spesso sovrapposizioni e interazioni da regolare. La ripartizione delle competenze per materia e territorio non garantisce il perfetto funzionamento del sistema. Quanto al riparto territoriale della competenza, che opera nell ambito della stessa materia, si presuppone che superata la dimensione territoriale da parte di un dato oggetto scatti la competenza della dimensione territoriale superiore. Ciò prevedeva l art.117 della Costituzione nella precedente formulazione. Tuttavia la competenza per materia è un criterio che risulterebbe pienamente efficace se l intero sistema fosse ispirato ad una regola di mutua esclusione. Effettivamente non è così perché ci sono tante materie che vedono coinvolte attribuzioni dello Stato, delle regioni, delle province, delle città metropolitane, comuni e enti pubblici e le competenze dei relativi organi: sicché è necessario il concorso di una pluralità di unità organizzative per raggiungere gli scopi materiali stabiliti in sede di determinazione delle politiche pubbliche relative. 26.IL PROCEDIMENTO Il primo e più di frequente utilizzato fra gli strumenti di raccordo è il procedimento. E per un verso luogo in cui i portatori di interessi pubblici diversi fanno sentire la loro voce ed esprimono propri pareri e richieste in rapporto ad un progetto; per l altro verso il procedimento è la sequenza nella quale singoli interventi sono ordinati sulla base di relazioni predefinite. La molteplicità di relazioni e il reciproco condizionamento portano a degli inconvenienti in quanto rendono vulnerabile il provvedimento finale e soprattutto allungano i tempi di conclusione del procedimento. Per rimediare a tale inconveniente la L.241/1990 sul procedimento amministrativo ha introdotto alcuni correttivi. Stabilisce un termine per l esercizio della funzione consultiva (45 giorni) e una volta che tale termine sia decorso infruttuosamente l amministrazione che ha chiesto il parere può procedere come se l avesse acquisito Prevede la possibilità di indire una conferenza di servizi quando si debbano valutare contestualmente una serie di interessi pubblici o debbano essere acquisite intese, nulla osta o altri atti di assenso o

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