Terapia del dolore CAPITOLO 68. Principi di terapia del dolore e cure palliative. Augusto Caraceni Cinzia Martini Ernesto Zecca

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1 CAPITOLO 68 Augusto Caraceni Cinzia Martini Ernesto Zecca Terapia del dolore Principi di terapia del dolore e cure palliative Molti passi avanti sono stati fatti nella cura del dolore in oncologia negli ultimi decenni, grazie a una maggiore consapevolezza del problema, alla crescita delle cure palliative come disciplina autonoma, alla progressiva maggiore disponibilità e prescrivibilità di farmaci oppioidi. Tuttavia resta ancora molto da fare per ottenere che tutte le persone con cancro afflitte da dolore abbiano un trattamento tempestivo ed efficace. L importanza di questo tema risulta evidente non solo dai dati epidemiologici forniti dall Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ma anche dalla constatazione che il dolore ha un enorme impatto sulla qualità di vita nella sua accezione più ampia. Infatti il dolore cronico nel paziente oncologico è il sintomo principale che caratterizza la progressione della malattia verso le sue fasi terminali. L attenzione al dolore quindi è parte della relazione terapeutica che deve integrarsi in una più ampia strategia di assistenza fisica, psicologica, sociale e spirituale alle fasi ultime della vita. Questo è lo scopo e la ragione delle cure palliative. Per l oncologo è dunque un dovere conoscere e applicare i fondamenti della terapia del dolore e delle cure palliative nella pratica clinica, coordinandosi con altri specialisti a seconda delle fasi della malattia e della complessità dei problemi clinici. Il trattamento farmacologico è considerato lo strumento fondamentale nella gestione del dolore cronico da cancro in quanto controlla il sintomo nel 70-90% dei casi. La scala analgesica dell OMS (Fig. 68.1) suggerisce un approccio sequenziale ai farmaci mediante la scelta degli analgesici secondo una modalità scalare che considera la complessiva gravità del dolore. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono somministrati per il dolore da lieve a moderato. I pazienti con dolore da moderato a severo e quelli per i quali il trattamento con FANS ha fallito devono ricevere una terapia con oppioidi convenzionalmente usati per il dolore moderato, generalmente combinati con FANS. Il dolore severo, o un inadeguato sollievo dal dolore con il trattamento di questo secondo gradino, può essere trattato con un oppioide normalmente usato per il dolore severo ancora eventualmente combinato con un FANS. I farmaci adiuvanti possono essere aggiunti a ogni gradino per trattare gli effetti collaterali o altri sintomi, oppure come adiuvanti analgesici. Critiche recenti sulla validità della scala non possono negare che questo approccio rispecchia la comune pratica clinica ed ha fortemente migliorato il controllo del dolore, se razionalmente applicato, quando è stato confrontato con la pratica corrente. La scala analgesica rimane quindi la linea-guida clinica più nota e accettata a livello internazionale. Inoltre, come cercheremo di dimostrare in questo testo, il metodo dell OMS non si esaurisce nella schematicità della scala, nella sequenza e scelta dei farmaci, che ne è al contrario solo un elemento, ma raccomanda un approccio complessivo a partire da una valutazione rigorosa del dolore e una attenzione alla farmacologia clinica della risposta individuale. Le Fig Scala analgesica secondo OMS.

2 TERAPIA DEL DOLORE linee-guida sono quindi il requisito minimo nell assistenza al paziente oncologico per la prevenzione e il trattamento di sofferenze inutili. Occorre comunque grande esperienza clinica e una preparazione specialistica per affrontare i casi più complessi e le fasi più difficili di malattia, in particolare quelle più avanzate e terminali. Il controllo accurato dei sintomi e il miglioramento della qualità di vita sono infatti obiettivi ormai universalmente riconosciuti dell oncologia. Gli strumenti della terapia sintomatica e il supporto psicologico non possono mai essere disgiunti dagli interventi antineoplastici. Quest attenzione da parte dell oncologo deve integrarsi in modo interdisciplinare con le competenze di cure palliative disponibili negli ospedali, al domicilio dei pazienti e negli hospice secondo il modello della simultaneous care. In questo quadro complessivo le cure palliative specialistiche devono essere disponibili per completare la cura del malato che si avvia alla fase terminale in modo da enfatizzare sempre il controllo del dolore e dei sintomi, la capacità di ascolto dei problemi psicologici, sociali e spirituali secondo il modello di assistenza e cura affermato dal movimento hospice e tipico della medicina palliativa. Solo la continuità assistenziale assicura un trattamento del dolore adeguato. Il costante monitoraggio, l adeguamento delle terapie, l attenzione ai particolari sono condizioni indispensabili per il costante controllo del dolore. La transizione dalla cura oncologica a quella palliativa deve essere dolce, condivisa tra gli operatori e il paziente, ma anche libera e non condizionata da una comunicazione manipolata e deve avvalersi di strutture dedicate, efficienti e uniformemente disponibili sul territorio. Oggi questo ideale di continuità di cura si realizza spesso grazie ai servizi di cure palliative ospedalieri, domiciliari e degli hospice ma è lungi da essere privo di difficoltà e manchevolezze ancora gravi. Soprattutto questi servizi sono ancora non uniformi, né per disponibilità geografica né per gli standard di qualità assistenziali garantiti. È una responsabilità di tutte le specializzazioni che curano malati inguaribili, in collaborazione con gli specialisti di cure palliative, assicurare a queste cure spazi e risorse adeguati. Epidemiologia I dati epidemiologici sulla frequenza, come incidenza e prevalenza del dolore nella storia clinica delle neoplasie, sono ancora poco precisi e basati su studi di popolazioni non rappresentative e vanno quindi espressi con un riferimento preciso ai limiti del campione studiato. La tabella 68.1 riassume alcuni dati di prevalenza che sono stati ottenuti su campioni diversi di pazienti oncologici. Da revisioni qualitative della letteratura emerge che il dolore da cancro può essere presente in tutte le fasi della malattia ma è più frequente nelle fasi avanzate e terminali. Per alcuni tipi di tumore, ad esempio i sarcomi, è spesso proprio il sintomo di esordio. I dati ora disponibili confermano, con i limiti già menzionati, che nel paziente ambulatoriale con malattia oncologica avanzata il dolore ha una prevalenza molto rilevante. Non essendo disponibili studi longitudinali si può solo avanzare l ipotesi, suffragata dall esperienza clinica, che nell evoluzione di alcune neoplasie il dolore sia molto più frequente del 40-50% che i dati di prevalenza dimostrano. Per il paziente con una neoplasia in fase avanzatissima o per il paziente di cure palliative i dati di prevalenza del dolore sono ancora meno affidabili perché le casistiche sono selezionate. In pratica non sono disponibili se non per quanto riguarda i malati avviati a programmi di cure palliative che riportano dolore in elevatissime percentuali dove però l errore sistematico di selezione è inevitabile. Valutazione La valutazione del dolore è una parte indispensabile per una corretta terapia antalgica in oncologia e comprende l anamnesi e la misurazione del dolore. Per quanto riguarda l anamnesi, essa deve essere raccolta direttamente dal paziente segnalando la sede del dolore, l irradiazione, il dolore riferito, la qualità, l intensità, la durata, l andamento nel tempo, i fattori che lo peggiorano e quelli che lo migliorano. La sede, unica o multipla soprattutto nella malattia metastatica, va Tab Prevalenza del dolore in rapporto al tipo di neoplasia. Tipo di neoplasia Campione di popolazione studiato Tipo di valutazione del dolore Prevalenza Autore (anno) Polmone Pazienti ambulatoriali campione rappresentativo random Dolore frequente o persistente durante la settimana precedente 39,3% Portenoy (1992) Colon Pazienti ambulatoriali campione rappresentativo random Dolore frequente o persistente durante la settimana precedente 28,7% Portenoy (1992) Pancreas Pazienti consecutivi prima di chirurgia o chemioterapia Misurazione con VAS del dolore presente 73% 34% lieve 29% moderato o forte Kelsen (1995) Polmone Registro tumori entro 6 mesi dalla diagnosi Intervista con misurazione su VAS e NRS del dolore della settimana precedente 50,7% da moderato a molto forte Greenwald e Bonica (1987) Prostata Registro tumori entro 6 mesi dalla diagnosi Intervista con misurazione su VAS e NRS del dolore della settimana precedente 38,3% da moderato a molto forte Greenwald e Bonica (1987) Ovaio Campione di convenienza su pazienti ambulatoriali consecutive Questionario sul dolore nelle 2 settimane precedenti 42% Portenoy e Coll. (1994) VAS: scala analogica visiva; NRS: scala numerica.

3 Classificazione 1883 segnalata sempre e spesso questa informazione è già inclusa in molti strumenti di valutazione del dolore. La maggior parte degli autori riporta che circa il 70-80% dei pazienti con cancro ha due distinte sedi di dolore. La valutazione dell intensità del dolore può essere effettuata tramite diversi strumenti: scala analogica visiva, scala numerica o verbale, questionari multidimensionali. L intensità è il parametro principale per guidare l intervento terapeutico. La natura fluttuante dell intensità del dolore da cancro è una caratteristica clinica importante e dipende dalla malattia e dal meccanismo del dolore. È importante quindi, nelle sindromi dolorose caratterizzate dalla presenza di episodi di dolore intenso, distinguere l intensità del dolore di base e l intensità del dolore peggiore. Il dolore episodico intenso (definito breakthrough pain o BKP nei Paesi anglosassoni) è presente nel 40-80% dei pazienti con dolore da cancro. Ci sono tre importanti aspetti di questo fenomeno: si manifesta come un aumento clinicamente significativo dell intensità del dolore è per definizione transitorio, per distinguerlo da un aumento continuativo di intensità del dolore di base può essere provocato da fattori precipitanti: a volte sono azioni volontarie (movimento, postura) e in questi casi il BKP è sinonimo di dolore incidente, ma può comparire anche spontaneamente o come risultato di alcune azioni involontarie (riflessi viscerali come lo spasmo intestinale, la distensione ureterale o la deglutizione). Diverse sono le scale del dolore valide in oncologia ed esse sono facilmente applicabili in clinica. Possono essere divise in due categorie principali: scale di intensità e questionari multidimensionali. Le principali scale di intensità sono le scale analogiche visive (VAS), numeriche (NRS) (usualmente da 0 a 10) e verbali (VRS). Queste scale danno risultati sovrapponibili in differenti situazioni cliniche e risultano equivalenti all analisi fattoriale. Le VAS si presentano sotto forma di linee rette di 100 mm con gli estremi definiti da descrittori, ad esempio dolore assente e massimo dolore possibile. Agli estremi corrispondono sempre due espressioni verbali che definiscono la variabilità completa del parametro in esame. Il paziente deve segnare sulla retta il punto che corrisponde a suo giudizio all intensità del suo dolore. Il punteggio è calcolato in millimetri dall estremo che corrisponde all intensità minima al punto segnato dal paziente. La NRS da 0 a 10 sembra avere un significato comune anche in culture diverse e presenta caratteristiche psicometriche simili rispetto alla VAS. La scala può essere presentata al paziente come una semplice domanda: Considerando una scala da 0 a 10 in cui a 0 corrisponde l assenza di dolore e a 10 il massimo dolore immaginabile, quanto valuta l intensità del suo dolore?. La soglia di 5 su 10 viene considerata il limite tra il dolore moderato, che inizia a interferire con le attività quotidiane e la qualità di vita, e il dolore lieve ( 4). Le VRS sono strumenti che impiegano degli aggettivi per descrivere il livello di intensità del dolore. Le proprietà psicometriche di queste scale sono simili a NRS e VAS solo se viene usato un numero adeguato di livelli. Si ritiene che siano necessari almeno 6 livelli, come la scala disponibile in 17 diverse traduzioni che è ora pubblicata integralmente. Le scale di sollievo del dolore possono utilizzare percentuali da 0 a 100% oppure sono spesso utilizzate le NRS, le VAS o le VRS. Sono sicuramente valide solo nel breve periodo ( 24 ore) mentre nei tempi più lunghi non sono affidabili. Diversi strumenti sono disponibili per una valutazione multidimensionale del dolore da cancro. I più conosciuti sono il McGill Pain Questionnaire e il Brief Pain Inventory: entrambi sono validi e affidabili, ma il loro ruolo rimane confinato agli studi clinici. In sintesi, da un punto di vista pratico si raccomanda l uso di scale numeriche da 0 a 10 e di considerare il valore 5 come soglia per la modifica della terapia. Si consiglia di valutare separatamente il dolore a riposo e il dolore al movimento e di considerare comunque a parte il BKP. La misurazione dell intensità deve avere sempre uno specifico riferimento temporale (24 ore, una settimana, ecc.); va specificato anche se si intende misurare il dolore medio in un determinato tempo o se invece interessa, ad esempio, il dolore peggiore o altro. La valutazione del dolore può venire molto semplificata, in clinica e non a scopo di ricerca, usando solo una scala verbale minima con poche risposte, ad esempio no, un po, molto, moltissimo, utile ad esempio in pazienti con stato mentale compromesso. Classificazione Il modo tradizionale di classificare il dolore nella popolazione con cancro consiste nel distinguere il dolore associato alle terapie, al tumore e non correlato a entrambi, e nel differenziare il dolore cronico da quello acuto associato alle terapie o al cancro. Classificazione basata sul tempo: dolore acuto e cronico Il dolore viene considerato cronico quando persiste per almeno sei mesi dopo l insorgenza o la causa che lo ha determinato. Il dolore cronico può essere dovuto a processi secondari nel sistema nervoso centrale (spinale e sopraspinale) innescati da danni tissutali che evolvono e sono mantenuti oltre la guarigione della lesione iniziale. Secondo noi la distinzione tra dolore acuto e cronico non è applicabile quando consideriamo il dolore da progressione di malattia. Infatti durante la progressione del tumore i cambiamenti dei tessuti sono dinamici, si sviluppano spontaneamente e rispondono a modifiche ambientali o terapeutiche. I processi acuti e cronici sono così sovrapposti che è praticamente impossibile suddividerli. In caso di dolori legati ai trattamenti, si può fare una distinzione tra dolori acuti e subacuti associati a diverse procedure terapeutiche e sequele dolorose croniche di terapie che durano per anni o indefinitamente (Tabb e 68.3). Classificazione basata sulla causa Le indagini svolte rilevano che il 70% dei pazienti con dolore ha una sindrome dolorosa direttamente legata al cancro, il 20% ha un dolore legato ai trattamenti (escluso il dolore postoperatorio immediato) e il 10% ha un dolore non correlato a entrambi. In realtà si osserva una consistente sovrapposizione di sindromi dolorose dovute al cancro e di quelle

4 TERAPIA DEL DOLORE Tab Sindromi dolorose dovute ai trattamenti (forme acute). Chemioterapia Chemioembolizzazione tumorale (soprattutto di lesioni epatiche) Perfusione dell arteria epatica Perfusione mesenterica Chemioterapia intraperitoneale Chemioterapia ipertermica di un arto Somministrazione intratecale di methotrexate Chemio-ormono-immunoterapia Mucosite da chemioterapia Dolori localizzati alle mascelle, all addome e agli arti dopo somministrazione di chemioterapici neurotossici Dolore osseo diffuso dopo somministrazione di acido transretinoico o di G-CSF Cefalea provocata dall acido retinoico Poussée dolorosa ossea all inizio della somministrazione di analoghi LHRH, nel cancro della prostata Poussée dolorosa ossea all inizio della terapia ormonale, nel cancro della mammella Dolori associati alla somministrazione di immunoterapia (mialgieartralgie) Dolori associati al trapianto di midollo osseo in caso di GVH disease Radioterapia Esiti postattinici precoci: mucosite, esofagite, enterite, proctite, cistite, vaginite Plessopatia brachiale precoce Mielopatia acuta transitoria Protesi e drenaggi Drenaggio pleurico Pleurodesi chimica Cateterismo biliare, dilatazione biliare Nefrostomia percutanea Dilatazione esofagea ed endoprotesi Dilatazione rettale ed endoprotesi Tab Sindromi dolorose dovute ai trattamenti (forme croniche). Sindromi neuropatiche postchirurgiche Postmastectomia Postlinfadenectomia ascellare (sindrome del nervo intercostobrachiale) Postlinfadenectomia inguinale Postlinfadenectomia radicale del collo Post-toracotomia Postnefrectomia Postamputazione di un arto (dolore da arto fantasma) Postamputazione di retto Dolore da moncone Sindromi postradioterapiche Enteriti, proctiti Dermite e necrosi cutanee Fibrosi muscolari Osteoradionecrosi Fibrosi del plesso brachiale e lombosacrale Mielopatia da raggi Tumori postattinici dei nervi periferici Sindromi postchemioterapiche Necrosi asettica dell osso Pseudoreumatismo da steroidi Polineuropatie dovute ai trattamenti. Queste percentuali possono cambiare a seconda dell esperienza del centro e del metodo di valutazione. Ad esempio, i numeri cambiano se l enfasi della valutazione è posta su tutto il dolore versus il dolore più significativo. In uno studio veniva chiesto ai terapisti del dolore di valutare solo il dolore che stavano attivamente trattando dovuto alla progressione di malattia: con questa definizione, il dolore associato ai trattamenti risultava sovrapporsi a quello da malattia nel 20% dei pazienti. Classificazioni in base alla sindrome dolorosa La diagnosi di una sindrome dolorosa in un paziente con cancro si basa sul riconoscimento di un cluster di sintomi e segni, incluso il dolore, che associati ad altre informazioni rilevate dall anamnesi e dall esame obiettivo, identifica un entità clinica che può essere definita per quella specifica situazione (ad es., plessopatia brachiale, dolore osseo dovuto a metastasi vertebrali). Sebbene siano state pubblicate diverse liste indicanti numerose sindromi dolorose associate al cancro, un sistema di classificazione stabilito non è mai stato validato e ciascun clinico fornirà un differente livello di dettaglio nella descrizione dei casi basata sull esperienza, sulla diagnostica radiologica disponibile e sui bisogni clinici. Ad esempio, una lesione dolorosa di una vertebra può essere descritta da un punto di vista fisiopatologico come osteolitica od osteoaddensante, da un punto di vista anatomico-funzionale come coinvolgente il corpo, i processi articolari, i peduncoli e/o i processi spinosi, con o senza frattura, compressione epidurale, instabilità della colonna e può includere informazioni istologiche. Recentemente è stata realizzata una classificazione delle sindromi dolorose da cancro e un indagine internazionale ha evidenziato che alcuni tumori sono associati ad alcune sindromi più spesso di altri e che alcune caratteristiche del dolore considerate importanti nel pianificare la strategia terapeutica, come l intensità, la presenza del BKP e il dolore neuropatico, sono più tipiche in alcune sindromi (Tab. 68.4). Tutti i quadri possono modificarsi con lo stadio di malattia e di solito evolvono. Perciò il trattamento del dolore da cancro richiede frequenti rivalutazioni del paziente e della diagnosi. Un esempio che chiarisce l importanza della diagnosi della sindrome dolorosa da cancro è dato dalla diagnosi differenziale del dolore alla schiena dovuto al cancro. Esso può essere dovuto a lesioni ossee, retroperitoneali, paraspinali, delle radici spinali, alla compressione epidurale del midollo o all interessamento meningeo. Le sindromi dolorose associate con neoplasie ematologiche sono le meno studiate. In una indagine su 469 pazienti con malattia ematologica avanzata seguiti da un servizio di cure palliative domiciliari, 244 (52%) avevano dolore e sono state descritte 284 sindromi dolorose. Queste sindromi sono state classificate come dovute all espansione del midollo osseo nel 33% dei casi, al coinvolgimento dei linfonodi e dei visceri nel 18%, all osteolisi nel 16%, alla mucosite orale nell 11%, alla nevralgia erpetica nel 6%, alla malattia meningea nel 5% e ad altre cause nell 11%. Il dolore osseo generalizzato era presente nel 51% dei pazienti. Classificazione fisiopatologica Il dolore può essere classificato a seconda dei tessuti coinvolti nella malattia (tessuto osseo, nervoso, viscerale, tessuti molli muscolari e cutanei). Determinare i meccanismi fisiopatolo-

5 Classificazione 1885 Tab Sindromi dolorose dovute direttamente al cancro secondo lo studio della Task Force dello IASP sul dolore da cancro. Infiltrazione tumorale di ossa e articolazioni Sindromi della base cranica o dovute ad altre localizzazioni ossee del cranio Sindromi vertebrali (sacro incluso) Dolore osseo diffuso provocato da metastasi ossee multiple provocato da infiltrazione tumorale del midollo osseo Dolore osseo localizzato ossa lunghe dolore costale per infiltrazione della parete toracica lesioni del bacino infiltrazione di una articolazione Infiltrazione tumorale di visceri Dolore mediastinico di origine esofagea Dolore di una spalla legato ad infiltrazione diaframmatica Dolore epigastrico provocato da un tumore pancreatico o da un tumore dell addome superiore (sindrome retroperitoneale mediana rostrale) Dolore al quadrante superiore destro da distensione della capsula epatica Dolore al quadrante superiore sinistro da splenomegalia Dolore addominale diffuso da malattia addominale o peritoneale, con o senza occlusione Infiltrazione pleurica Occlusione biliare Dolore ureterale Dolore sovrapubico da infiltrazione della vescica Dolore perineale da infiltrazione del retto o del tessuto perirettale Infiltrazione tumorale dei tessuti molli e sindromi diverse Infiltrazione della cute e del tessuto sottocutaneo Infiltrazione dei muscoli e della fascia della parete toracica o addominale Infiltrazione dei muscoli e della fascia degli arti Infiltrazione dei muscoli e della fascia della testa e del collo Infiltrazione delle mucose (orale, vaginale, rettale) Infiltrazione o distensione del tessuto retroperitoneale (sindrome retroperitoneale laterale, sindrome retroperitoneale mediana rostrale che NON si accompagna a lesione pancreatica viscerale) Infiltrazione tumorale o compressione dei tessuti nervosi Sindromi dei nervi periferici massa paraspinale massa della parete toracica mononeuropatia Radicolopatia provocata da una lesione vertebrale provocata da una lesione meningea Polineuropatia dolorosa paraneoplastica altro (legata ad un mieloma, ecc.) Plessopatia plessopatia cervicale plessopatia brachiale plessopatia lombosacrale Lesione dei nervi cranici trigemino glossofaringeo Dolore da lesione del sistema nervoso centrale compressione midollare lesione cerebrale che produce dolore non dovuto a ipertensione endocranica Cefalea dovuta a ipertensione endocranica Dolore del collo, schiena o capo da infiltrazione meningea gici del dolore è essenziale per scegliere la strategia terapeutica appropriata. Solitamente viene applicata la classica distinzione tra dolore nocicettivo e dolore neuropatico, con l ulteriore separazione tra nocicettivo somatico e nocicettivo viscerale. Il dolore nocicettivo è causato dalla diretta stimolazione dei nocicettori che sono situati nelle strutture somatiche e viscerali sensibili al dolore. Il dolore nocicettivo somatico più frequente nel paziente oncologico è quello osseo, dovuto in un alta percentuale alle metastasi ossee. In una casistica il 41,7% delle sindromi dolorose in oncologia era causato da lesioni ossee o articolari. I tumori che più spesso danno metastasi ossee sono il tumore della mammella, del polmone, della prostata, della tiroide e del rene, ma qualsiasi tumore può interessare lo scheletro. In alcuni casi l osso può essere invaso per estensione locale del tumore, come nel caso di tumori della testa e collo infiltranti la base cranica, di tumori polmonari infiltranti le coste e le vertebre o di tumori del colon-retto infiltranti il sacro o il bacino. Non tutti i pazienti con metastasi ossee sono sintomatici, ma nel 75% dei casi il dolore è il sintomo principale. Nel caso di metastasi ossee da neoplasia della mammella, un terzo delle pazienti non ha dolore e due terzi dei siti metastatici evidenziati dalla scintigrafia ossea sono asintomatici. La disseminazione intertrabecolare delle cellule neoplastiche può causare dolore anche se le indagini diagnostiche (radiografie e scintigrafia ossea) rimangono negative. In alcuni casi la RM e la PET possono evidenziare metastasi ossee quando gli altri esami radiologici e nucleari sono negativi. L intensità del dolore osseo, la sede, la qualità e le caratteristiche temporali possono predire una frattura imminente o possono suggerire complicazioni neurologiche come radicolopatie, compressioni midollari o della cauda. Il dolore osseo correlato al cancro riduce lo stato di validità del paziente, aumenta l ansia e la depressione, con una riduzione della qualità di vita. Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche, il dolore si presenta più frequentemente nell area soprastante la lesione ossea, ben localizzato e aumenta con la pressione locale; inoltre può essere aggravato dai movimenti che determinano un carico sull osso lesionato. In questo caso va sempre considerato l eventuale rischio di frattura. A volte può essere presente un dolore riferito in aree cutanee distanti dalla sede della lesione, ad esempio, una lesione dell anca può dare un dolore a livello del ginocchio, una lesione vertebrale dolore riferito al bacino o agli arti. Il dolore osseo può essere incidente, controllato o addirittura assente a riposo, ma esacerbarsi durante particolari manovre. Spesso al dolore continuo e incidente di tipo osseo se ne associa uno neuropatico da coinvolgimento del sistema nervoso centrale e periferico (midollo spinale, radici, tronchi nervosi o nervi periferici). Il dolore che si irradia secondo la distribuzione di un nervo e la presenza di deficit motori e sensitivi sono indicatori di una sindrome mista. Il dolore viscerale è il secondo per frequenza nel paziente oncologico e si osserva nel 28% dei casi. I nocicettori viscerali possono essere attivati da danno tissutale e da distensione degli organi cavi, lesioni della mucosa, lesioni della sierosa, compressione di organi. Il dolore viscerale è poco localizzato, spesso viene riferito a strutture somatiche. È causato da lesioni neoplastiche primitive, spesso recidive o secondarie, che coinvolgono l addome o la pelvi. Lesioni epatiche possono dare dolore riferito alla spalla; il tumore del pancreas può dare dolore irradiato al dorso. In alcuni casi si può avere iperalgesia cutanea nelle aree tipiche del dolore riferito dal viscere interessato. Il dolore neuropatico è dovuto a una serie di meccanismi di ipereccitabilità che insorgono nel sistema nervoso a causa

6 TERAPIA DEL DOLORE della persistenza dello stimolo nocicettivo o della lesione diretta del sistema nervoso periferico o centrale. Allo stimolo che genera dolore seguono importanti modifiche nel SNC che possono portare alla cronicizzazione del dolore o alla modifica nel tempo delle sue caratteristiche, se lo stimolo periferico persiste. Altre sindromi dolorose neuropatiche risultano da danni diretti alle strutture del sistema nervoso centrale e periferico (ad es., il dolore da arto fantasma o la nevralgia posterpetica). Identificare i meccanismi del dolore neuropatico è, infine, utile per stabilire le strategie terapeutiche. Le caratteristiche cliniche del dolore neuropatico sono variamente descritte. I sintomi caratteristici sono: parestesie, disestesie, allodinia, iperalgesia, iperpatia. I pazienti possono riferire tre tipi di dolore: a) dolore spontaneo, descritto spesso come urente, a scossa elettrica o lancinante, ma anche crampiforme, profondo a morsa; b) dolore evocato da stimoli non dolorosi, detto allodinia; c) dolore evocato da stimoli dolorosi, eccessivo rispetto allo stimolo, detto iperalgesia. Il dolore neuropatico nel cancro è usato come termine generale, mancando una definizione universalmente accettata e omogeneamente applicata. La compressione e infiltrazione di nervi periferici, plessi e radici è responsabile del dolore in un terzo dei casi (Tab. 68.4). Terapia farmacologica La terapia farmacologica è la base del trattamento del dolore oncologico. L uso appropriato degli antinfiammatori non steroidei (FANS), del paracetamolo, degli oppioidi e degli adiuvanti consente di controllare in modo continuo la maggior parte dei dolori dovuti alle neoplasie. FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI (FANS) Effetto analgesico I FANS disponibili per il trattamento del dolore sono numerosi (Tab. 68.5). I FANS sono somministrati per il dolore da lieve a moderato. Il meccanismo d azione attraverso il quale i FANS esercitano l attività analgesica antipiretica e antinfiammatoria è sostanzialmente attribuibile alla loro capacità di inibire l attività dell enzima ciclossigenasi (COX) responsabile della sintesi di numerosi eicosanoidi tra cui le prostaglandine (PG) e i trombossani. Le PG contribuiscono alla percezione del dolore abbassando la soglia dei nocicettori, causano vasodilatazione delle arteriole e delle venule postcapillari e potenziano l edema; è più che giustificato considerarli fattori necessari e sufficienti a un pieno manifestarsi della sintomatologia e dell infiammazione. È noto che i FANS possono avere effetto analgesico attraverso altri meccanismi e che la loro azione è sia periferica sia centrale. Mentre al momento questi complessi meccanismi farmacologici non hanno un influenza diretta sull uso clinico dei FANS, altre caratteristiche hanno un importanza basilare. La combinazione di FANS con un oppioide produce effetti analgesici additivi e la combinazione può essere utile per ottimizzare il bilancio tra analgesia ed effetti collaterali. L efficacia dei FANS è limitata da un effetto tetto. Raggiunta la dose tetto, ulteriori incrementi di dosaggio non portano a una maggiore analgesia, ma possono aumentare gli effetti collaterali. Questo effetto tetto può aiutare a spiegare il limitato periodo di tempo (3 settimane circa in media) in cui questi farmaci possono essere utilizzati da soli in pazienti che presentano dolore da cancro. Non c è prova che una qualche sindrome dolorosa sia più o meno responsiva a questa classe di farmaci. L esperienza clinica dimostra, al contrario, che alcuni pazienti rispondono elettivamente me- Tab Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Farmaco Emivita (ore) Dose d attacco Massima dose giornaliera Commenti Acido acetilsalicilico Diflunisal Magnesio trisalicilato di colina Ibuprofene Naprossene Fenoprofene Ketoprofene Flurbiprofene Indometacina Sulindac Ketorolac Diclofenac Tolmentin Piroxicam Rofecoxib 3-12 ( con la dose) mg/4-6 ore 500 mg/12 ore mg/12 ore 400 mg/6 ore 225 mg/12 ore 200 mg/6 ore 50 mg/12 ore 100 mg/12 ore 50 mg/8-12 ore 150 mg/12 ore mg/6 ore 50 mg/8 ore 200 mg/8 ore 20 mg/24 ore 12,5 mg/die mg mg mg mg mg mg 300 mg 300 mg 200 mg 400 mg 120 mg 200 mg mg 40 mg 25 mg Termine di paragone storico: può non essere tollerato come i nuovi FANS Minor tossicità sul tratto gastroenterico Minor tossicità sul tratto gastroenterico. Nessun effetto sulla attività piastrinica Basso rischio di tossicità gastroenterico Dosi superiori a 40 mg /die per più di tre settimane sono associate ad alta incidenza di ulcera peptica Non ci sono studi sul dolore da cancro Celecoxib Parecoxib mg/12 ore 40 mg 800 mg mg

7 Terapia farmacologica 1887 glio all analgesia con FANS che con oppioidi e che talora si possono verificare differenti effetti con diversi FANS, probabilmente riflettendo una selettività di azione. È dimostrato che il diclofenac, il naproxene e l indometacina sono tutti analgesici potenti nel dolore da cancro. Sono state scoperte le due forme isoenzimatiche del COX che presentano caratteristiche comuni. Ciò ha permesso di gettare le basi per la sintesi razionale di inibitori selettivi del COX 2 e ottenere antinfiammatori che, a parità di efficacia, garantiscono un miglior profilo di tollerabilità rispetto ai FANS tradizionali. Sono stati sintetizzati e commercializzati celecoxib e rofecoxib e sono ormai in fase avanzata di studio i coxib di seconda generazione (parecoxib, etoricoxib e valdecoxib). Rispetto ai FANS tradizionali testati (diclofenac, ibuprofene, naprossene), i coxib hanno dimostrato un incidenza significativamente inferiore di sintomi gastrointestinali, ulcere sintomatiche e/o complicazioni gastrointestinali gravi. Data la recente introduzione di queste molecole nel prontuario, è limitato il loro significato nei pazienti con dolore da cancro. Tossicità L ubiquitarietà delle PG e la loro complessa funzione di regolatori di processi fisiologici fanno sì che i FANS, quali inibitori dei COX, siano caratterizzati da una serie di effetti indesiderati: frequenti sono i disturbi dispeptici e le lesioni delle mucose digestive che costituiscono una importante fonte di morbilità, mortalità e di costo sanitario aggiuntivo. Le controindicazioni più significative all impiego dei FANS riguardano la loro tendenza a causare lesioni ulcerative a livello gastrico o intestinale. L efficacia è limitata da diversi fattori indesiderati che riguardano il rene, il sistema cardiovascolare, la cute, il sistema immunitario, il fegato e l apparato digerente. A causa dell età avanzata, le precarie condizioni cliniche o l uso concomitante di altri farmaci, i pazienti con tumore possono essere relativamente predisposti alla tossicità da FANS. Gli effetti collaterali devono essere strettamente monitorati, specialmente quando i FANS sono usati ad alte dosi. La tossicità gastrointestinale è di particolare importanza nell età avanzata e nei pazienti con storia di ulcera gastroduodenale, quando si richiedono alte dosi di farmaci, o con uso concomitante di corticosteroidi. Non c è correlazione fra sintomi dispeptici e lo sviluppo di una grave tossicità gastrointestinale: i 2/3 dei pazienti non hanno sintomi prima di un sanguinamento o di una perforazione. Il rischio di tossicità gastrointestinale sembra essere più alto per alcuni FANS, come il ketoprofene, il piroxicam e l acido acetilsalicilico. È attualmente dimostrato che la prevenzione più efficace della lesività gastroenterica da FANS si ottiene mediante la somministrazione di inibitori della pompa protonica. Una grave reazione avversa è l insufficienza renale acuta che si manifesta più facilmente in alcune situazioni come la disidratazione, la terapia con diuretici, la cirrosi epatica, le nefropatie e l età avanzata. Altre complicazioni rare possono essere la nefropatia interstiziale acuta e la necrosi papillare renale. Tutti i FANS inibiscono l aggregazione piastrinica. L effetto è clinicamente significativo nei pazienti con coagulopatie o in trattamento anticoagulante; l effetto dell acido acetilsalicilico sulla aggregazione piastrinica è molto potente e non reversibile e solo la produzione di nuove piastrine può ristabilire l equilibrio. Effetti collaterali di minor fequenza riguardano il sistema immunitario ed emopoietico; si manifestano con leucopenia, granulocitosi e anemia. Effetti collaterali meno comuni sono vertigini, sonnolenza, scompenso cardiaco, confusione e ipertensione. Paracetamolo Il paracetamolo o acetaminofene non è un antinfiammatorio. Il suo meccanismo di azione è ancora motivo di discussione, ma probabilmente agisce a livello centrale e generalmente è considerato un analgesico allo stesso livello dei FANS nel trattamento del dolore da cancro (al primo gradino della scala analgesica). È un analgesico puro, specialmente nella somministrazione ad alte dosi (ad es., mg per via orale o endovenosa ogni 4-6 ore) nel dolore postoperatorio. Dosi più basse sono incluse in combinazione con oppioidi come la codeina e l ossicodone. Quando utilizzato singolarmente, alla dose di 500 mg, è meno efficace dei FANS. La mancanza di attività antinfiammatoria è probabilmente uno svantaggio in molte sindromi dolorose da cancro, dove i meccanismi infiammatori periferici contribuiscono a generare il dolore. Il paracetamolo non ha tossicità gastrica e non interferisce con la funzionalità piastrinica. La tossicità epatica è dose-dipendente ed è più evidente nei pazienti alcolizzati e con malattie epatiche. Comunque, mg/die è la massima dose consigliabile e mg/die è probabilmente un punto di arrivo più prudente. OPPIOIDI Principi di base I farmaci oppioidi analgesici possono essere classificati a seconda delle loro interazioni recettoriali come agonisti puri e agonisti parziali (Tab. 68.6). I farmaci oppioidi agonisti sono lo strumento fondamentale per la cura del dolore da cancro; tra questi la morfina rimane il farmaco di riferimento anche se sono ormai disponibili diverse preparazioni di oppioidi agonisti puri e agonisti parziali più adatti, per le loro caratteristiche, al trattamento a lungo termine. Tolleranza, dipendenza fisica e psichica Una grande confusione su questi termini da parte di medici, infermieri, pazienti e familiari contribuisce a rallentare l uso corretto degli analgesici oppioidi. Per ottimizzare la terapia oppioide lo specialista deve essere pronto a informare il personale sanitario, i pazienti e le famiglie su questi temi. La tolleranza è un fenomeno farmacologico definito dalla necessità di utilizzare dosi incrementali per mantenere gli stessi effetti e si sviluppa in tempi diversi in relazione all effetto considerato. La tolleranza alla depressione respiratoria, alla sedazione e alla nausea si sviluppa rapidamente, mentre quella alla stipsi non si verifica quasi mai o comunque molto lentamente. La tolleranza agli effetti analgesici si presenta durante un trattamento cronico, ma raramente è un problema clinicamente significativo. Alcuni studi indicano che la causa principale dell aumento delle dosi sia il peggioramento del dolore dovuto alla progressione tumorale; pazienti con una malattia stabilizzata rimangono infatti con dosi stabili per lungo tempo. Perciò la tolleranza raramente è un ostacolo al raggiungimento di una analgesia ottimale e argomentazioni sulla tolleranza non giustificano un rinvio dell uso precoce degli oppioidi nel corso della malattia. La dipendenza fisica è definita dall insorgenza di una crisi di astinenza dopo una brusca riduzione della dose oppure dalla somministrazione di un antagonista oppioide. La dose

8 TERAPIA DEL DOLORE Tab Analgesici oppioidi. Farmaci per via orale Durata (ore) Emivita (ore) Dosaggi disponibili Inizio effetto (minuti) Agonisti puri Codeina Tramadolo IR Tramadolo CR Ossicodone IR Ossicodone CR IR CR Metadone OTCF ( 1 ) 50, , 150, 200 5, 10, 20 10, 20, 40, 80 10, 30, 60, , 30, 60, mg/ml, 5 mg/ml 200, 400, 600, 1200, 1600 µg Agonisti parziali Buprenorfina sublinguale Farmaci per via transdermica Agonisti puri Sistema transdermico di fentanyl Agonisti parziali Sistema transdermico di buprenorfina , 50, 75, 100 µg/ora 6-12 ore ( 2 ) ,5-70 µg/ora ore ( 2 ) ( 1 ) In associazione a paracetamolo 500 mg. IR: Rilascio immediato. CR: Rilascio controllato. OTCF: fentanyl citrato orale transmucosale. e la durata del trattamento che portano allo sviluppo di dipendenza fisica non sono conosciute. Per prudenza, bisognerebbe considerare ogni paziente fisicamente dipendente dopo una cura regolare con un oppioide per più di qualche giorno. I pazienti che hanno ricevuto una dose relativamente elevata di oppioidi dimostrano un aumento di sensibilità agli antagonisti. Sintomi gravi di astinenza possono verificarsi dopo piccole dosi di naloxone. Considerato questo rischio, il naloxone dovrebbe essere utilizzato unicamente per trattare la depressione respiratoria (vedi oltre). La dipendenza psichica è una sindrome comportamentale e psicologica caratterizzata da una perdita di controllo sull uso del farmaco e da un uso compulsivo e continuativo nonostante i danni provocati a sé e agli altri. Non è una proprietà farmacologica degli oppioidi e dovrebbe essere interamente distinta dalla dipendenza fisica. Alcune indagini dimostrano che lo sviluppo di dipendenza psichica in pazienti trattati con oppioidi in sindromi dolorose è estremamente basso e non è mai stata dimostrata una insorgenza ex novo di questo tipo di dipendenza, cioè di una tossicodipendenza, in pazienti con cancro avanzato. Quali sono e come si somministrano La corretta somministrazione degli oppioidi segue le indicazioni dell OMS descritte nelle linee-guida del 1986 che suggeriscono un approccio sequenziale nell uso degli analgesici calibrato secondo l intensità del dolore. Per il dolore lieve trovano indicazione gli analgesici non oppioidi, per il dolore moderato gli oppiodi deboli e per il dolore forte gli oppioidi forti. La distinzione tra oppioidi agonisti puri, convenzionalmente usati nel dolore moderato, e quelli utilizzati per il dolore severo, è operativa. Gli oppioidi deboli come la codeina e l ossicodone, non sono realmente deboli (non hanno una dose tetto ), ma, quando somministrati in combinazione con il paracetamolo o l acido acetilsalicilico, hanno un limitato range di utilizzo. La somministrazione di questi prodotti di combinazione non può eccedere la massima dose consentita per il composto non oppioide (ad es., il paracetamolo mg/die). Quando l ossicodone e la codeina sono disponibili in preparazioni singole, la loro dose può essere aumentata e valutati gli effetti; l ossicodone in particolare ha una relazione dose-risposta favorevole che lo rende un utile alternativa alla morfina e al metadone ed è ora disponibile in formulazioni retard che ne permettono l uso continuativo a lungo termine per il dolore oncologico intenso. La codeina invece ha dei limiti specifici come analgesico (vedi oltre). Il tramadolo viene considerato allo stesso livello di codeina e ossicodone a basso dosaggio (vedi oltre). A dolore continuo corrisponde una somministrazione regolare e continua di analgesici a cui si aggiungono, al bisogno, le dosi di salvataggio (dall inglese rescue dose) per il dolore episodico e per rendere possibili aggiustamenti di dose a modificazioni del dolore dovute alla malattia. Gli oppioidi vanno somministrati a orari fissi basati sull emivita dei farmaci (terapia di base) e deve essere prevista una terapia per gli episodi di dolore intenso o BKP (terapia al bisogno) con oppioidi a rilascio immediato per via orale o per via parenterale. Sia la terapia per il dolore di base sia quella per il BKP richiedono una titolazione della dose; le dosi e le modalità di somministrazione degli oppioidi devono essere

9 Terapia farmacologica 1889 individualizzate tenendo conto di diversi fattori tra cui le caratteristiche del dolore, il tumore primitivo e la sua diffusione, gli effetti collaterali, la preferenza del paziente, il luogo di trattamento. Dolore moderato (intensità 4-6/10) Nei pazienti che non hanno avuto esposizione agli oppioidi e con un dolore moderato, la terapia può iniziare con un oppioide per il dolore moderato combinato o meno con un FANS o paracetamolo (secondo gradino della scala dell OMS). La codeina deve parte del suo effetto analgesico alla trasformazione in morfina mediante un enzima demetilante che non è presente in tutta la popolazione; infatti è deficitario in circa il 10-12% dei soggetti che quindi hanno poca o nessuna analgesia dopo somministrazione di codeina. Ha un buon assorbimento gastrointestinale, l emivita è di circa 2-4 ore e l effetto analgesico è di 4-6 ore. È disponibile in formulazioni per via orale contenenti 30 mg di codeina e 500 mg di paracetamolo. Dosi maggiori possono essere somministrate utilizzando preparazioni magistrali. Il tramadolo è un farmaco con duplice azione: oppioide agonista sui recettori µ e bloccante il re-uptake delle monoamine con conseguente potenziamento delle vie serotoninergiche e adrenergiche. In studi controllati preliminari si dimostra un grado comparabile di analgesia fra il tramadolo orale e la morfina, con una riduzione della nausea e della stipsi. Somministrato per via orale raggiunge un picco di concentrazione plasmatica dopo 2 ore, l emivita è di 6 ore e viene eliminato per via renale. È disponibile in fomulazioni per via orale a immediato rilascio ( mg), per via rettale (100 mg), in fiale ( mg) e in formulazioni per via orale a lento rilascio ( mg). Si consiglia di non superare i dosaggi giornalieri complessivi di 300 mg per via parenterale e 400 mg per via orale. Il propossifene e la meperidina hanno metaboliti tossici, che spesso compromettono il loro utilizzo clinico. Alle dosi usuali di somministrazione del propossifene, questa tossicità generalmente non pone problemi clinici. La meperidina, alle dosi parenterali usate clinicamente, può produrre effetti tossici sul SNC. Questi effetti sono dovuti alla biotrasformazione della meperidina in un composto tossico, la normeperidina. Questa potenziale tossicità suggerisce che la meperidina non dovrebbe essere usata nel trattamento cronico. Il propossifene è disponibile in Italia a dosi troppo basse per risultare utili. La buprenorfina è un derivato semisintetico, a basso peso molecolare, altamente lipofilo, della tebaina ed è circa trenta volte più potente della morfina. Ha una azione agonista parziale dei recettori µ e un azione antagonista dei recettori κ. La caratteristica azione agonista parziale produce, in condizioni sperimentali, una curva dose-risposta con un plateau ( tetto ) a dosaggi più bassi, mentre a dosaggi più elevati la curva si appiattisce. Questo fenomeno, verificabile in condizioni sperimentali, non sembra però avere un impatto rilevante sull efficacia clinica. Esperienze recenti di somministrazioni croniche transdermiche a dosaggi crescenti sono favorevoli e non hanno evidenziato un effetto tetto clinico. Inoltre l effetto di agonismo parziale potrebbe antagonizzare l effetto di un agonista puro sul recettore µ se somministrato contemporaneamente o in successione. Anche se questo fenomeno non trova ancora riscontro in clinica, va tenuto nella giusta considerazione. Esistono esperienze cliniche di uso associato di morfina e buprenorfina che non hanno dimostrato effetti negativi da competizione recettoriale, come sintomi da astinenza o peggioramento del dolore. Comunque l uso cronico della buprenorfina per dolori oncologici e non-oncologici potrà essere meglio definito dagli studi clinici in corso. La depressione respiratoria causata dalla buprenorfina è antagonizzata dal naloxone con dosi più elevate rispetto agli altri oppioidi e in caso di overdose può essere necessario l uso combinato di naloxone in infusione continua e di un analettico respiratorio. Va considerato però che il rischio di depressione respiratoria è basso. La somministrazione per via orale comporta una bassa biodisponibilità per inattivazione intestinale ed epatica e pertanto la buprenorfina viene somministrata per via sublinguale, permettendo un assorbimento diretto nella circolazione sistemica. La biodisponibilità della buprenorfina sublinguale è circa il 50-60%. A livello epatico viene trasformata in norbuprenorfina e in metaboliti glucuroconiugati. Circa 2/3 del farmaco vengono eliminati immodificati con le feci e 1/3 viene eliminato con le urine. Dopo somministrazione sublinguale, l effetto analgesico compare in minuti e dura dalle 5 alle 8 ore, con un effetto massimo dopo 2 ore. Con la somministrazione endovenosa l effetto massimo si raggiunge in 5-15 minuti. È disponibile in compresse sublinguali da 0,2 mg, in fiale da 0,3 mg e in formulazione transdermica con sistema a matrice da 35 µg/h, 52,5 µg/h e 70 µg/h. Ogni cerotto rilascia il farmaco nel corso di 72 ore con una dose giornaliera rispettivamente di 0,8, 1,2 e 1,6 mg di buprenorfina. La caratteristica del rilascio transdermico è di produrre un lento aumento e una lenta diminuzione dei livelli plasmatici, requisito indispensabile per mantenere concentrazioni il più possibile costanti con ripetute somministrazioni del farmaco. Come anticipato, l esperienza clinica suggerisce che è possibile aggiungere alla buprenorfina transdermica un agonista µ puro senza perdere l efficacia analgesica dell agonista puro. Il trattamento con buprenorfina va considerato, a nostro parere, prima del ricorso a terapie con morfina e oppiodi del terzo scalino terapeutico anche se la disponibilità e il range di dosaggi somministrabili consentono la prosecuzione di terapie con buprenorfina nel campo di dolori più intensi e quindi in sovrapposizione al terzo scalino terapeutico. Si deve sottolineare che non vi sono studi a disposizione che confrontino tra loro i diversi atteggiamenti terapeutici possibili con i farmaci attuali e quindi le linee-guida sono puramente indicative e devono tener conto dei dati di farmacologia e dell esperienza. La buprenorfina produce meno stipsi di altri oppioidi, probabilmente grazie all azione antagonista sul recettore κ. Dolore forte (intensità 7-10/10) In caso di dolore severo o di insufficiente analgesia con i farmaci del secondo gradino, si devono utilizzare gli oppioidi del terzo scalino e dovrebbe essere scelta la morfina per via orale o un agonista di tipo morfinico che non ponga limiti nella fase di rapido adattamento iniziale. La tabella 68.7 riassume i principali passi per iniziare una terapia con morfina per via orale in pazienti con dolore cronico da cancro e dà linee-guida sulle dosi per il trattamento orale in pazienti non tolleranti agli oppioidi.

10 TERAPIA DEL DOLORE Tab Linee-guida nell uso della morfina orale. Stabilire la dose iniziale Se il paziente non ha mai assunto morfina iniziare con 5-10 mg/ 4 ore Con la morfina a lento rilascio si dovrebbe iniziare con 10 mg/ 12 ore nella maggior parte dei pazienti; dosi più alte devono essere utilizzate solo dopo consiglio di un esperto Se il paziente è già in terapia con oppioidi: si veda il testo e la tabella 68.8 Adattare la dose secondo l effetto ottenuto Aumentare maggiormente la dose fino ad un massimo del 30-50% della dose precedente ogni 24 ore fino a un soddisfacente controllo del dolore o alla comparsa di effetti collaterali eccessivi non tollerabili La massima dose raccomandabile non si può stabilire, la variabilità individuale può essere 10 volte La riduzione della dose può essere necessaria dopo interventi alternativi efficaci nel trattamento del dolore Tab Conversione tra oppioidi. Dose di oppioidi corrispondenti a 10 mg di morfina im/sc in acuto Farmaco Codeina Buprenorfina Idromorfone Fentanyl Tramadolo Dosaggio 130 mg im 0,4 mg im 1,3 mg im/sc 0,1 mg im/sc 100 mg im/ev Dosi equianalgesiche suggerite per conversione dalla morfina per via orale (mg/die) Codeina Destropropossifene Tramadolo Ossicodone 30 mg 200 mg 200 mg 300 mg 20 mg Stabilire dosi a orari fissi secondo l emivita di ciascun analgesico Nella maggior parte dei pazienti con cancro è necessario permettere il riposo notturno con il sollievo del dolore prevenendo la ricomparsa dello stesso Dosi aggiuntive Il sollievo del dolore non è mantenuto in tutta la giornata e il dolore episodico intenso è comune nella maggior parte dei pazienti con cancro; sono sempre necessarie dosi al bisogno di un oppioide a breve durata d azione. Le dosi dovrebbero essere uguali a 5-15% del dosaggio giornaliero ed essere a disposizione ogni 2 ore circa Trattamento degli effetti collaterali Spiegare al paziente che gli effetti collaterali sono potenziali, ma non inevitabili e spesso trattabili È preferibile somministrare una terapia profilattica per la sola stipsi Nella scelta della dose iniziale, quando i pazienti subiscono un cambiamento di terapia da un precedente trattamento con altro oppioide, dovrebbero essere utilizzate le tavole di conversione (Tab. 68.8) per calcolare la nuova dose. Metadone Metadone Metadone ( 1 ) Fentanyl TTS Fentanyl TTS Fentanyl TTS Fentanyl TTS ( 2 ) Buprenorfina TTS Buprenorfina TTS Buprenorfina TTS ( 1 ) Il rapporto morfina/metadone non è lineare. ( 2 ) Rapporto proposto dalla casa produttrice. TTS: sistema transdermico. 30 mg 15 mg 100 mg 20 mg 300 mg 30 mg 60 mg 25 µg/h 90 mg 50 µg/h 120 mg 75 µg/h 180 mg 100 µg/h mg 35 µg/h 90 mg 52,5 µg/h 120 mg 70 µg/h L ossicodone è un derivato semisintetico della tebaina, agonista dei recettori µ e κ. Assunto per via orale ha una elevata biodisponibilità (87%) e viene metabolizzato a norossicodone, ossimorfone e coniugato a livello epatico con acido glicuronico ed escreto nelle urine. L ossicodone è il principio attivo mentre il norossicodone ha meno dell 1% di potenza analgesica e l ossimorfone, pur essendo dotato di attività, non influenza l analgesia per la bassa concentrazione. L ossicodone a immediato rilascio ha una emivita di 2-3 ore e presenta rapido effetto analgesico con una durata di 4-5 ore. Attualmente l ossicodone è disponibile in combinazione con paracetamolo (325 mg) a dosaggi di 5-10 e 20 mg e può essere somministrato ogni 4 ore. L ossicodone orale presenta una biodisponibilità migliore e più costante tra diversi soggetti rispetto alla morfina e la conversione consigliata tra morfina per os e ossicodone per os è quindi 2:1, nonostante l ossicodone abbia una potenza rispetto alla morfina di circa 2/3 quando somministrato per via parenterale (15 mg pari a circa 10 mg di morfina). È disponibile anche la formulazione a rilascio controllato a dosaggi di e 80 mg somministrabili ogni 12 ore. Dal momento che l emivita non viene modificata in modo significativo in caso di insufficienza renale o epatica, l ossicodone può essere un utile sostitutivo in presenza di tossicità con morfina. La morfina è l oppioide più comunemente utilizzato nel dolore da cancro, agisce sui recettori µ, da cui derivano l analgesia sovraspinale, la depressione respiratoria e la miosi e sui recettori κ da cui derivano l analgesia spinale e la sedazione. La biodisponibilità orale è molto variabile (dal 15 al 60%), viene metabolizzata a livello epatico dove si coniuga con l acido glucuronico formando morfina-3-glucuronide e morfina-6-glucuronide. Di questi due metaboliti, il primo è inattivo come analgesico e potrebbe essere causa di effetti collaterali, mentre il secondo ha una lunga emivita e ha una spiccata azione analgesica. Entrambi i metaboliti passano molto poco la barriera ematoencefalica e il loro ruolo nel produrre effetti clinici è ancora incerto. L eliminazione della morfina e dei suoi metaboliti avviene per via renale. Sono disponibili diversi tipi di formulazioni di morfina.

11 Terapia farmacologica 1891 Per via orale esistono formulazioni di morfina solfato a breve rilascio, in gocce, sciroppo, fialoidi e formulazioni a rilascio controllato. Le gocce sono in soluzione con concentrazione pari a 20 mg/ml = 16 gtt (8 gtt = 10 mg). Lo sciroppo ha una concentrazione pari a 2 mg/ml. I fialoidi da 5 ml contengono o 100 mg di morfina. Le compresse e le capsule a rilascio controllato sono disponibili alle dosi di mg; le capsule possono essere aperte e i microgranuli possono essere assunti anche attraverso sondino nasogastrico. La morfina in preparazioni a immediato rilascio ha assorbimento più rapido, con concentrazioni plasmatiche significative tra 20 e 90 minuti e una emivita variabile da poco più di 1 ora fino a 5 ore. A causa della breve emivita va somministrata ogni 4 ore per una costante copertura analgesica. La morfina a rilascio controllato ha il primo picco di concentrazione plasmatica a circa 150 minuti (50%) e il secondo dopo 4-6 ore. Va somministrata ogni 8-12 ore. Dovrebbe rendersi disponibile anche una formulazione che consente un unica somministrazione giornaliera. La somministrazione orale di morfina è la prima scelta terapeutica nel dolore di intensità moderata-severa perché è efficace, ben tollerata, di facile somministrazione e poco costosa. Tra morfina a breve rilascio e a rilascio controllato non vi è alcuna differenza per quanto riguarda l efficacia analgesica, la tollerabilità e la necessità delle dosi supplementari al bisogno nemmeno nella fase di titolazione. Nella tabella 68.9 sono riportate le dosi equianalgesiche di morfina nelle diverse vie di somministrazione. Il metadone è un oppioide agonista sintetico con caratteristiche particolari. Ha un ottimo assorbimento orale e rettale, non sono noti metaboliti attivi, ha lunga durata di azione e costi più bassi degli altri oppioidi. Ha una biodisponibilità orale di circa l 80% e il picco di concentrazione plasmatica si osserva dopo 3-4 ore. Il legame con le proteine plasmatiche è 60-90% e soprattutto si lega alla α1-glicoproteina acida. È disponibile in sciroppo a diverse concentrazioni, la più utilizzata è 1 mg/ml e, solo in ambito ospedaliero, in fiale per uso parenterale. La somministrazione sottocutanea provoca reazioni cutanee come irritazione e granuloma nel sito di iniezione. È consigliabile la somministrazione per via orale ogni 8-12 ore. È una mistura racemica, l isomero levogiro è responsabile quasi completamente dell analgesia, l isomero destrogiro ha un attività antagonista del recettore N-Metil-D- Aspartato e ne è stata suggerita un utilità, non ancora provata, nel dolore neuropatico. A causa della sua lunga e variabile emivita (mediamente Tab Dosi equianalgesiche di morfina nelle diverse vie di somministrazione. Via di somministrazione Orale Sottocutanea Endovenosa Epidurale ( 1 ) Subaracnoidea ( 1 ) mg ,1 ( 1 ) Questi dosaggi sono puramente indicativi e rispettano l equivalenza analgesica di singole dosi nel paziente oppioidi naive e non si possono applicare alla somministrazione cronica. 25 ore) e delle dosi equianalgesiche non ben definite, è un farmaco di sicura utilità, ma in mani esperte. Il raggiungimento dello steady-state plasmatico richiede circa una settimana. L efficacia è sovrapponibile a quella della morfina. Quando si deve passare da morfina a metadone la dose equianalgesica dipende dalla dose di morfina precedentemente assunta (vedi Tab. 68.8). È stato utilizzato anche per via endovenosa e in questo caso il rapporto tra via orale e via venosa è 2:1. Il fentanyl è un oppioide di sintesi agonista dei recettori µ con una potenza superiore alla morfina utilizzabile. L elevata liposolubilità rispetto alla morfina giustifica la breve latenza di azione. Viene metabolizzato a livello epatico in metaboliti inattivi. Somministrato per via venosa si diffonde rapidamente in circolo e passa la barriera emato-encefalica, ha una azione rapida, ma l eliminazione è più lunga (3-7 ore) e quindi la somministrazione di dosi elevate o ripetute porta a un accumulo. Sono disponibili cerotti transdermici a cessione controllata da µg/h. Si possono applicare diversi cerotti per ottenere la dose necessaria. Ogni cerotto va sostituito ogni 72 ore, il picco di concentrazione plasmatica è tra le 24 e le 48 ore e l emivita è circa di 24 ore. La farmacocinetica mostra notevole variabilità individuale e l effetto può esaurirsi prima delle 72 ore; in alcuni pazienti può essere necessario un intervallo di 48 ore come suggerito anche da studi di farmacocinetica. Dosaggi con intervalli a tre giorni raggiungono concentrazioni sieriche a uno stato di equilibrio approssimativamente alla fine della prima dose. Sono necessarie tra le 12 e le 16 ore per ottenere l effetto terapeutico. Una volta rimosso il cerotto, l effetto può mantenersi per molte ore per riassorbimento del farmaco dal sottocute e gli eventuali effetti collaterali vanno monitorati per un tempo adeguato. È particolarmente indicato come alternativa alla via orale e nei pazienti che hanno una dose stabile di oppioide. In considerazione delle importanti fluttuazioni interindividuali e, nello stesso individuo, della concentrazione plasmatica e della lentezza con cui si raggiunge lo steady-state, è pericoloso modificare il dosaggio sostituendo il sistema a intervalli più brevi di 48 ore per il rischio di accumuli inaspettati e conseguenti concentrazioni plasmatiche troppo elevate. Studi recenti hanno indicato che il fentanyl transdermico ha la stessa efficacia della morfina orale e presenta una ridotta incidenza di stipsi e nausea. Le dosi equianalgesiche della morfina orale e del cerotto di fentanyl non sono ben definite e il rapporto di equianalgesia varia da 150:1 a 100:1 e a 70:1 a seconda delle casistiche. Un rapporto 100:1 può essere usato per pazienti in terapia cronica con morfina, sempre rendendo disponibili dosi di morfina orale o parenterale a richiesta per permettere una flessibilità di dosaggio, specialmente nel primo periodo dopo il cambio di terapia. Una formulazione orale transmucosale di fentanyl (OTCF) è disponibile nei dosaggi di µg. Questa preparazione può essere utilizzata solo in pazienti già tolleranti a dosi di morfina orale di almeno 60 mg/die. La peculiarità è la rapidità dell effetto analgesico (5 minuti) e trova indicazione nel trattamento del BKP per il quale assicura un effetto analgesico più rapido della morfina orale a rilascio immediato e paragonabile alla somministrazione venosa o sottocutanea. Il dosaggio efficace va valutato individualmente, mediante titolazione della dose, tenendo conto che 200 µg equivalgono all incirca a 8 mg di morfina orale.

12 TERAPIA DEL DOLORE Vie di somministrazione Via orale La via orale è stata tradizionalmente preferita perché efficace, semplice e ben accettata dalla maggior parte dei pazienti. Vie alternative alla via orale si rendono a volte necessarie a causa di disfunzione del tratto gastrointestinale o per la necessità di un rapido inizio o adattamento dell analgesia. L insorgenza di effetti collaterali è un altra potenziale indicazione di una nuova via di somministrazione. È importante sottolineare che gli effetti collaterali dovrebbero essere trattati aggressivamente prima di passare a un altra via di somministrazione o a un altro farmaco. Via transdermica La somministrazione transdermica ha di recente introdotto un alternativa che, per la sua praticità, è spesso preferita dai pazienti e dai medici, tanto che l uso dei cerotti transdermici spesso precede l uso della morfina per via orale, come dimostrato dai dati di farmacosorveglianza. Questa via è una alternativa alla infusione endovenosa e sottocutanea in tutti i casi di disfunzione del tratto gastrointestinale e può essere preferita ad altre vie di somministrazione per ragioni di convenienza e comfort per il paziente; la possibilità di essere liberi dalla somministrazione frequente di farmaci può essere un vantaggio psicologico per i pazienti. Via rettale La via rettale non è indicata per la terapia antalgica di base, ma può essere utile per trattare il BKP in pazienti nei quali non siano disponibili la via orale e le vie parenterali. Le formulazioni rettali sono disponibili all estero per morfina, ossimorfone e idromorfone. La biodisponibilità degli oppioidi per via rettale è simile alla somministrazione orale e relativamente irregolare, l insorgenza dell effetto analgesico dopo somministrazione di morfina per via rettale è abbastanza lenta, mediamente non meno di 30 minuti. Infusione continua (sottocutanea o endovenosa) Le indicazioni per una terapia infusionale continua di oppioidi (IC) sono state descritte in numerosi casi di disfagia, occlusione intestinale, nausea e vomito con oppioidi orali ed eccessivi effetti collaterali con la somministrazione parenterale a boli ( effetto bolo ). La IC riduce le fluttuazioni nella concentrazione nel plasma: per questa ragione può essere utile nel mantenere livelli stabili fra dose efficace ed effetti collaterali. L infusione sottocutanea (ISC) è un metodo molto semplice ed efficace per favorire la IC ed è anche gestibile a domicilio. Entrambi i metodi sono estremamente utili per portare rapidamente sotto controllo un dolore che sfugge al trattamento per via non invasiva e verificare nel singolo paziente la responsività del dolore all analgesia oppioide rispetto alla insorgenza di effetti collaterali limitanti. La ISC di morfina può essere usata quando la nausea e il vomito rendono la somministrazione orale impraticabile e anche quando è difficile ottenere una analgesia con somministrazione orale o parenterale di morfina. Il metodo si è dimostrato efficace approssimativamente nell 80% dei casi trattati in ospedale o a domicilio. Reazioni cutanee al sito di iniezione sono state osservate nel 9-13% dei pazienti e facilmente risolte cambiando sito. La tolleranza di un ago sottocutaneo è 7,3 ± 5,2 giorni (media ± DS) e può essere aumentata con l uso di cannule di teflon. La tolleranza si sviluppa probabilmente in tutte le forme di trattamento con oppioidi. Sono stati descritti tre andamenti tipici di infusione di oppioidi: a) dosi relativamente stabili con buon controllo del dolore; b) dosi rapidamente incrementanti con buona analgesia; c) analgesia insufficiente nonostante rapidi aumenti di dose. L ultimo caso potrebbe dipendere da una sindrome dolorosa con resistenza relativa agli oppioidi. Le dosi impiegate variano profondamente nei diversi studi e dipendono largamente dalla selezione dei pazienti e dalla precedente assunzione di oppioidi. La morfina è sicuramente l oppioide più largamente utilizzato nella ISC. L idromorfone è diffusamente usato negli Stati Uniti per la sua alta solubilità ed è sette volte più potente della morfina, così da ridurre il volume dell oppioide infuso in pazienti che richiedono alte dosi. La diamorfina (eroina) è spesso preferita in Gran Bretagna per la sua alta solubilità. Essa può facilitare la tolleranza locale tissutale in caso di reazioni infiammatorie dovute all infusione di alte dosi di morfina o idromorfone, mentre l ISC di metadone è stata associata a reazioni locali. Considerando i vantaggi tecnici della via sottocutanea, l infusione endovenosa di oppioidi per grave dolore da cancro dovrebbe essere riservata a casi con indicazioni specifiche, come edema generalizzato, coagulopatia, alta frequenza di infezioni sottocutanee, alterazioni del microcircolo e in caso di dolore severo, quando si ricerca un rapido adattamento del dosaggio e un immediato sollievo del dolore. L infusione endovenosa continua, comunque, è sicura e praticabile e può essere inoltre utilizzata in pazienti che hanno un accesso venoso centrale per altre ragioni terapeutiche. La preferenza della via endovenosa è discutibile per l analgesia controllata dal paziente con dolore cronico. La via di infusione sottocutanea o endovenosa può essere usata nel trattamento domiciliare dei pazienti con cancro in fase avanzata per trattare sindromi nelle quali il dolore è associato ad altri sintomi come il vomito, l occlusione intestinale, la dispnea, l agitazione e il delirium. L oppioide (morfina e idromorfone) può essere associato con altri farmaci (metoclopramide, desametasone, aloperidolo, scopolamina e midazolam) nella stessa infusione. Come si inizia l infusione. Per approntare una infusione di oppioidi deve essere calcolato il consumo giornaliero totale dell oppioide usato e deve essere convertito nella dose di morfina parenterale equivalente (usando un rapporto 1:3 per la morfina parenterale sulla morfina orale). La dose risultante può essere scelta per iniziare l infusione e può essere adattata alla situazione: aumentata in presenza di scarso controllo del dolore, diminuita quando si cambia l oppioide, in accordo con le linee-guida per la rotazione degli oppioidi. Nel caso di un uso precedente molto basso di morfina o di nessuna somministrazione, l equivalente di 1-2 mg di morfina all ora può essere infuso con sicurezza sia per via endovenosa sia sottocutanea, calcolando una dose minima al bisogno di 5-10 mg disponibile almeno ogni ora. Il contesto clinico indicherà differenti approcci a seconda della gravità del dolore e di altri variabili soggettive. Analgesia controllata dal paziente Negli ultimi anni il concetto di analgesia controllata dal paziente (Patient Controlled Analgesia: PCA) ha conquistato popolarità in differenti contesti clinici a causa di una profonda variabilità individuale del dolore e della risposta agli analgesici. Questo metodo è stato impiegato con successo per il dolore postoperatorio, spesso usando la via endovenosa. C è una larga

13 Terapia farmacologica 1893 esperienza sull uso della PCA per il dolore dovuto alle mucositi orali nei protocolli chemio e radioterapici ad alte dosi con trapianto di midollo osseo. Queste sindromi dolorose sono molto gravi e sembrano rispondere solo parzialmente alla analgesia morfinica. Studi accurati mostrano come il metodo di infusione PCA condotto in maniera ottimale soddisfi le necessità dei pazienti, permettendo un miglior controllo del dolore senza l aumento degli effetti collaterali con l utilizzo di dosi inferiori rispetto all uso di dosi controllate dall esterno. Con questo metodo la dose giornaliera di morfina è stata fra i 40 e gli 80 mg in pazienti non tolleranti. L indipendenza del paziente dall intervento del personale sanitario e il raggiungimento di una analgesia strettamente personalizzata, sembrano essere il principale vantaggio teorico nel trattamento del dolore da cancro mediante PCA. Nel dolore cronico da cancro si deve preferire l uso della PCA con infusione continua integrata dalla possibilità di autosomministrazione di boli supplementari, a dosi e intervalli prestabiliti. Questo approccio può essere usato con successo come indicazione principale del trattamento del BKP e di tutti i dolori intensi. I boli a richiesta del paziente vengono attivati dalla pressione di un pulsante. L infusore permette di bloccare la somministrazione di due boli consecutivi con un intervallo minimo programmato. Intervalli minimi di 60 minuti sono in genere sufficienti e sicuri sia per la somministrazione venosa sia sottocutanea. Comunque la terapia va personalizzata in base alla situazione clinica del malato e all esperienza personale. I vantaggi psicologici della PCA devono essere attentamente valutati caso per caso. Infatti questo sistema è senz altro utile, dal punto di vista della compliance, per molti pazienti, dando loro un senso di autocontrollo sul dolore e sulla terapia. In altri casi è vero il contrario: la responsabilità di controllare il proprio dolore e il timore di errori di gestione possono scatenare ansia e insicurezza. L educazione del paziente è quindi molto importante. Via spinale La somministrazione spinale (subaracnoidea o peridurale) differisce dalla somministrazione sistemica poiché può potenzialmente raggiungere l analgesia a dosi molto più basse (0,1 mg per via subaracnoidea, 1 mg per via peridurale). Questo è vero, comunque, unicamente con l utilizzo di dosi limitate in pazienti che non hanno sviluppato tolleranza. Queste tecniche possono essere indicate in pazienti con dolore responsivo agli oppioidi ed esperienza di effetti collaterali eccessivi con la terapia sistemica. Tuttavia, dopo una somministrazione epidurale avviene una ridistribuzione sistemica del farmaco e alcuni pazienti sono incapaci di raggiungere un bilancio favorevole tra analgesia ed effetti collaterali con la terapia sia sistemica sia spinale. La somministrazione direttamente nello spazio subaracnoideo, in genere spinale, mediante catetere è invece più selettiva e può essere un alternativa importante in pazienti che non raggiungono livelli di analgesia adeguata con le somministrazioni sistemiche e sperimentano effetti collaterali da oppioidi significativi. La via spinale consente di somministrare altri farmaci in associazione a oppioidi (morfina o fentanyl), come anestetici locali o clonidina, che possono essere indicati per pazienti con dolori che comunque non rispondono alla terapia oppioide (ad es., alcuni dolori neuropatici). Gli studi clinici controllati sono pochi. Una prova condotta con un catetere temporaneo dovrebbe sempre precedere un impianto di un sistema intraspinale fisso. Nella selezione dei pazienti per trattamento spinale devono essere considerati i problemi tecnici e le complicazioni relative ai differenti cateteri, all infusione o ai mezzi di accesso. Un attento monitoraggio da parte di personale specializzato è sempre necessario. Effetti collaterali L obiettivo di una terapia con oppioidi è un bilancio favorevole fra analgesia ed effetti collaterali. Il trattamento degli effetti collaterali è, comunque, parte integrante della terapia. La tabella suggerisce lineeguida pratiche per il trattamento degli effetti collaterali più frequenti o rari. Stipsi A tutti i pazienti che assumono oppioidi regolarmente è necessario somministrare un trattamento profilattico per la stipsi con una combinazione di un lassativo e un ammorbidente delle feci. Sembra non esserci tolleranza per questo effetto collaterale. Il naloxone per via orale è stato usato per trattare la stipsi refrattaria. Questo farmaco ha una biodisponibilità molto bassa (3%) e in due studi, condotti su un numero limitato di casi, le dosi tra 3 e 12 mg/die sono risultate efficaci senza scatenare una crisi di astinenza o produrre una diminuzione dell analgesia. Una dose iniziale di 0,8 mg una o due volte al giorno può essere sperimentata con sicurezza, ma è consigliabile un consulto con un esperto. La stipsi sembra ridotta nelle somministrazioni transdermiche soprattutto di buprenorfina. Nausea e vomito Un vomito incoercibile può essere un problema in circa il 20% dei pazienti che usano oppioidi. Le linee-guida della tabella devono essere applicate con un approccio a gradini, eventualmente combinando farmaci con attività sul tratto gastrointestinale (metoclopramide, domperidone, alizapride), con farmaci con attività antiemetica centrale (metoclopramide, alizapride, levosulpiride, aloperidolo, clorpromazina). Se la nausea è scatenata dal movimento o dalla postura, può essere scelta la scopolamina, sebbene questa possa accentuare effetti collaterali anticolinergici. Tab Trattamento degli effetti collaterali degli oppioidi. Stipsi Nausea e vomito Delirium Mioclono Ritenzione urinaria Depressione respiratoria Il trattamento migliore associa un catartico con un emolliente Possono essere utili agenti osmotici (lattulosio) Stipsi refrattaria: è eccezionale e può essere trattata con naloxone per via orale Metoclopramide 10 mg/3 volte/die Aloperidolo 1-2 mg/die Proclorperazina 10 mg/3 volte/die Cerotto di scopolamina Cambiare via di somministrazione Cambiare oppioide Aloperidolo (è necessario il consulto dello specialista neurologo/psichiatra) Cambiare oppioide Clonazepam 0,5 mg/3 volte/die Cambiare oppioide Farmaci colinomimetici Naloxone (vedi testo)

14 TERAPIA DEL DOLORE Depressione respiratoria È l effetto tossico più grave, ma raro, degli oppioidi. Il sintomo è sempre associato a un ridotto livello di coscienza. La tolleranza agli effetti respiratori degli oppioidi si sviluppa rapidamente e la depressione respiratoria è estremamente rara quando le dosi degli oppioidi sono attentamente adattate al sollievo del dolore. Il trattamento con naloxone deve essere attuato seguendo lineeguida precise nei pazienti che fanno uso di un alto dosaggio di oppioidi, poiché, in pazienti che hanno sviluppato tolleranza, anche piccole dosi di naloxone possono precipitare una sindrome da astinenza. Il naloxone deve essere diluito (una fiala da 0,4 mg in 10 ml di fisiologica) e la dose deve essere adattata lentamente fino a riportare la frequenza respiratoria a 8-12 atti/min. La piena coscienza non è l obiettivo di questo trattamento e può essere raggiunta più tardi, quando il dosaggio degli oppioidi diminuisce, senza esporre il paziente al rischio di astinenza o di ricomparsa del dolore, cosa che può avvenire con dosaggi più alti di naloxone. Il naloxone non è indicato per il trattamento di una sedazione eccessiva senza una depressione respiratoria clinicamente significativa. Se si verifica depressione respiratoria con oppioidi a lento rilascio per via orale, con formulazioni transdermiche o con metadone, il paziente deve essere monitorizzato per almeno 24 ore. Rotazione degli oppioidi e modalità di conversione La morfina è considerata il farmaco di scelta per il dolore severo, ma è ora riconosciuto che esiste un ampia variabilità individuale nella risposta ai diversi oppioidi. La finestra terapeutica e anche il bilancio tra effetti terapeutici ed effetti collaterali varia da farmaco a farmaco e può essere più favorevole con un oppioide diverso dalla morfina. I processi di sviluppo della tolleranza e della resistenza all analgesia di un farmaco oppioide sono, inoltre, diversi da molecola a molecola e dipendenti dall esposizione a una data molecola. I pazienti che hanno avuto esperienza di effetti collaterali dosedipendenti con un oppioide possono trarre beneficio dall utilizzo di un altro. La rotazione con oppioidi agonisti, in caso di insorgenza di effetti collaterali con una molecola senza raggiungere una analgesia sufficiente, può ridurre il numero di pazienti non responsivi all analgesia con oppioidi o con effetti collaterali. Quindi occorrono alternative al trattamento con morfina per meglio individualizzare il trattamento: idromorfone, fentanyl, ossicodone, ossimorfone, metadone, levorfanolo sono alternative utili. Per essere privo di rischi, il processo di cambio dell oppioide richiede una conoscenza delle dosi equianalgesiche, descritte nella tabella Questa tabella descrive la potenza relativa espressa in termini di dosi equianalgesiche a 10 mg di morfina im. L informazione contenuta in questa tabella è un valido punto di partenza per il calcolo di tutte le dosi. La dose deve essere aggiustata individualmente e deve generalmente essere ridotta del 25-50% calcolando una tolleranza crociata incompleta tra i diversi oppioidi. Altri fattori da considerare per la riduzione della dose sono la severità del dolore, l età, gli scompensi metabolici e i trattamenti concomitanti. L emivita è un altro importante fattore che può influenzare la scelta di un oppioide e il calcolo della dose equianalgesica. Sono necessarie 4 o 5 emivite per raggiungere uno stato di equilibrio farmacologico dopo l inizio di una prima dose o un cambio di farmaco. Gli oppioidi con breve emivita facilitano l adattamento della dose in risposta al cambio di intensità del dolore e sono preferiti quando è necessario un rapido adattamento della dose, specialmente per dolori molto forti. L emivita del metadone varia da 12 a più di 100 ore; una tossicità tardiva da accumulo è possibile dopo l inizio della terapia o dopo un incremento di dose. Nel convertire un oppioide in metadone è indicata una riduzione del 75% della dose equivalente. Sostituire una dose di oppioide con un altro oppioide per ottenere un effetto analgesico equivalente o migliore con la seconda molecola è un procedimento complesso che solo parzialmente può essere guidato dalle dosi equivalenti in acuto dei farmaci implicati. Sono infatti da considerare i seguenti fattori: La potenza analgesica di ogni farmaco è stata indagata in studi in acuto e le dosi che se ne ricavano sono quindi una guida importante per la monosomministrazione per via parenterale La biodisponibilità orale cambia profondamente da un farmaco all altro e da un paziente all altro Nella somministrazione cronica i farmaci a lunga emivita danno accumulo che rende poco interpretabile il valore del dosaggio giornaliero Nella somministrazione cronica si sviluppa tolleranza al farmaco in corso che non è equivalente alla tolleranza per il farmaco di nuova scelta, perché si ritiene che la cross-tolleranza sia incompleta. Poiché la maggior parte delle conversioni a disposizione sono state ricavate da pazienti con terapie croniche più o meno prolungate con morfina valgono solo relativamente a questo tipo di passaggio (da morfina ad altro oppioide) e possono non valere nella conversione opposta (da altro oppioide a morfina), come è stato dimostrato in alcuni studi La conversione in genere viene fatta con dolore che non è controllato adeguatamente; la dose che si vuole raggiungere del nuovo farmaco non è semplicemente equianalgesica ma semmai maggiormente analgesica. In attesa che studi più analitici forniscano linee-guida applicabili in modo più chiaro ai singoli casi si deve raccomandare di considerare le dosi riportate nella tabella 68.8 come puramente indicative e utilizzabili per i range di dosaggio indicati. Quando si utilizzino dosi elevate di oppioidi la conversione va individualizzata ed effettuata da specialisti. In alcuni casi può essere meglio iniziare a convertire il dosaggio in corso in una dose equivalente di morfina (o fentanyl o idromorfone, comunque un oppioide a breve emivita) per infusione venosa continua e passare successivamente al dosaggio iniziale individuato per il nuovo oppioide indicato. In pratica, quando è possibile e guidati dall esperienza, la regola aurea è di iniziare sempre con dosi relativamente basse e adattare rapidamente il dosaggio. Interazioni farmacologiche e interferenze metaboliche Molti farmaci possono modificare la biodisponibilità degli oppioidi, portando a un aumento o a una riduzione degli effetti clinici. Le interazioni farmacodinamiche sono inoltre comuni con tutti i farmaci depressori del SNC; questo tipo di interazioni potrebbe potenzialmente produrre un pronunciato effetto sedativo o uno stato confusionale.

15 Terapia farmacologica 1895 Il trattamento plurifarmacologico è molto comune nel cancro avanzato e nella maggior parte dei casi non ci sono studi specifici sulle interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche. Deve essere usato un atteggiamento clinico di cautela nella combinazione dei farmaci in tali situazioni. Durante la somministrazione di un oppioide devono essere considerati i disturbi metabolici. L insufficienza epatica può modificare la farmacocinetica di alcuni oppioidi. Nei pazienti cirrotici il propossifene, la meperidina e la pentazocina hanno una lunga emivita, un aumentata biodisponibilità e una diminuita eliminazione sistemica. Il metabolismo della morfina e del metadone sono relativamente meno alterati da malattie epatiche. Nell insufficienza renale ci si deve aspettare un accumulo di metaboliti con l uso di morfina, propossifene e meperidina che possono causare tossicità inaspettate. Il tramadolo in combinazione con altri farmaci che potenziano il tono serotoninergico, come gli antidepressivi che inibiscono selettivamente il reuptake della serotonina (paroxetina, citalopram), o il trazodone, può produrre una iperstimolazione serotoninergica con carattere di tossicità. Dolore resistente agli oppioidi In caso di sindromi dolorose con scarsa risposta agli oppioidi è difficile determinare quando il dolore effettivamente non risponde al trattamento o se la curva dose-risposta, in alcuni casi, è così spostata a destra da determinare un impraticabilità di cura con queste sostanze a causa dell insorgere di effetti collaterali indesiderati. È vero che la maggior parte dei casi di dolore non responsivo al trattamento con oppioidi può essere gestito attraverso un appropriato aumento progressivo della dose, eventualmente cambiando via di somministrazione (da orale a parenterale). D altronde in alcune sindromi dolorose vi è una risposta non ottimale alla terapia con oppioidi. Il dolore neuropatico da deafferentazione è abitualmente considerato relativamente resistente agli oppioidi. Altri esempi sono il dolore perineale con tenesmo vescicale e rettale e il dolore urente, come avviene nelle mucositi post-chemio e radioterapia. Nella pratica clinica potrebbe essere utile una definizione operativa: una sindrome dolorosa resistente agli oppioidi dovrebbe comprendere una mancata risposta o una risposta analgesica insufficiente nonostante un dosaggio progressivo massimale di agonisti puri oppioidi attraverso una via di somministrazione sicura (la migliore scelta è la via endovenosa) fino a ottenere effetti collaterali inaccettabili a carico del SNC. Il dolore neuropatico è stato considerato spesso resistente agli oppiodi; in realtà le esperienze cliniche più recenti rendono controversa questa affermazione. Comunque il dolore neuropatico con risposta parziale o incompleta agli oppioidi è un indicazione all uso degli adiuvanti. Analgesici adiuvanti Alcuni di questi farmaci vengono impiegati per indicazioni primarie diverse dall analgesia, ma possono avere un effetto analgesico in alcune situazioni cliniche e in alcune sindromi dolorose in cui vengono somministrati come terapia antidolorifica primaria (ad es., antidepressivi triciclici per la nevralgia posterpetica o la carbamazepina per la nevralgia trigeminale). Il dolore da cancro può avere fisiopatologia complessa e usualmente risponde alla terapia con oppioidi. Un analgesico adiuvante può aiutare nel sollievo del dolore in alcune indicazioni specifiche. La tabella riporta le modalità di impiego degli adiuvanti nel dolore da cancro. Antidepressivi triciclici È stato dimostrato che l effetto analgesico degli antidepressivi triciclici è attivo in tipiche sindromi da dolore neuropatico come la neuropatia diabetica e la nevralgia posterpetica. È stata chiaramente dimostrata la dissociazione tra l effetto analgesico e quello antidepressivo: l effetto analgesico è molto più precoce di quello antidepressivo. L amitriptilina è talvolta preferita per il suo utile effetto ipnotico. Il range delle dosi efficaci è lo stesso per i diversi farmaci ed è compreso tra 50 e 150 mg/die, in una o due somministrazioni. Dosi anche più basse, come 25 mg/ die, possono essere efficaci. Desipramina e nortriptilina danno meno sedazione ed effetti collaterali anticolinergici e potrebbero essere preferite, in alcuni pazienti, proprio per queste ragioni. Le interazioni farmacocinetiche dei triciclici con altri farmaci dovrebbero essere sempre tenute in considerazione (Tab ). Non vi sono evidenze cliniche che giustificano l uso di antidepressivi non-triciclici come adiuvanti analgesici. Anticonvulsivanti e baclofen Gli effetti analgesici della carbamazepina e della fenitoina sono ben descritti nel trattamento della nevralgia trigeminale. Gli anticonvulsivanti sono particolarmente utili nel dolore da cancro con disestesie lancinanti o parossistiche. La carbamazepina è da preferirsi per l ampia esperienza disponibile in clinica, ma la tossicità midollare ne limita l utilizzo in quei pazienti che ricevono terapie mielosoppressive. La dose abituale di carbamazepina Tab Modalità di impiego degli analgesici adiuvanti nel trattamento del dolore da cancro. 1. Ottimizzare il trattamento con gli oppioidi prima di iniziare un trattamento con analgesici adiuvanti. 2. Considerare il potenziale beneficio in rapporto ad altre tecniche impiegate per il dolore che è poco responsivo agli oppioidi, includendo: a) rotazione degli oppioidi; b) trattamento efficace degli effetti collaterali; c) studio della somministrazione della via spinale; d) studio di vari approcci non farmacologici per il controllo del dolore (blocchi, terapie riabilitative e trattamenti psicologici). 3. Selezionare il trattamento con farmaci adiuvanti più appropriati in base alla valutazione globale del paziente che deve necessariamente includere valutazioni sulle caratteristiche del dolore e fattori associati o sintomi prevalenti. 4. Prescrivere un analgesico adiuvante in rapporto alle conoscenze delle sue caratteristiche, azioni, indicazioni, effetti collaterali e interazioni con altri farmaci. 5. Gli analgesici adiuvanti con il miglior rapporto rischio/beneficio dovrebbero essere somministrati come trattamento di prima linea. 6. In genere è buona regola iniziare con basse dosi e adattare gradualmente le dosi in rapporto alla risposta antalgica ottenuta e agli effetti collaterali. 7. Rivalutare l efficacia e la tollerabilià dei farmaci somministrati regolarmente e riadattare o interrompere il farmaco che non provvede a un miglioramento del controllo antalgico. 8. Considerare che il trattamento combinato di più farmaci adiuvanti deve essere utilizzato solo in pazienti selezionati.

16 TERAPIA DEL DOLORE Tab Effetti collaterali, precauzioni nella prescrizione e potenziali interazioni con analgesici adiuvanti. Farmaci Effetti collaterali Precauzioni Interazioni potenziali Antidepressivi Triciclici SSRI Venlafaxina Sonnolenza, confusione, ipotensione ortostatica, aumento di peso, tachicardia, aritmia, effetti anticolinergici Nausea, cefalea, diarrea, insonnia, tremori, vertigini Nausea, sonnolenza, ipotensione, xerostomia Pazienti anziani e pazienti gravi, disordini cardiovascolari, controindicati in casi di glaucoma ad angolo chiuso Precauzione con stati epilettici Cautela con ipertensione o epilessia Anticolinergici, antiaritmici, clonidina litio, SSRI, IMAO, farmaci che allungano il tratto QT IMAO, ADT, Warfarin MAO, ADT, SSRI Anticonvulsivanti di nuova generazione Gabapentina Oxcarbazepina Lamotrigina Sonnolenza, vertigini, cefalea, nervosismo, tremore, fatigue, alterazione dell umore, confusione Aumento di peso, edema Iponatriemia, aumento enzimi epatici Rash cutanei seri Aumentare la dose gradualmente per migliorare la tolerance Altri anticonvulsivanti che possono alterare CYP450 Lidocaina Ipotensione, letargia, tremore, aritmie, scompenso cardiaco Cautela nella fibrillazione atriale, blocco di branca, insufficienza cardiaca Amiodarone, beta-bloccanti, fenitoina, farmaci che allungano l intervallo QT, altri antiaritmici Antagonisti del recettore NMDA Ketamina Ipertensione, tachicardia, tremore, nistagmo, diplopia, aumento resistenze delle vie aeree Controindicata con ipertensione, insufficienza cardiaca, angina, a- neurisma, traumi cerebrali, infarto miocardio recente, cautela in pazienti con crisi psicotiche, tireotossicosi, epilessia Ormoni tiroidei Corticosteroidi Iperglicemia, aumento appetito, aumento di peso, edema, habitus cushingoide, dispepsia, delirio, insonnia, agitazione Cautela con ipertensione, insufficienza cardiaca, ulcera peptica, diabete, infezioni, disordini tromboembolici FANS, acido acetilsalicilico, inibitori delle proteasi, aldesleukin (IL 2 -Terapia) Baclofen Sonnolenza, vertigini, cefalea, confusione Cautela se storia di epilessia ADT, IMAO SSRI: inibitori selettivi del reuptake della serotonina; IMAO: inibitori delle monoaminossidasi; ADT: antidepressivi triciclici. può oscillare da 400 a mg/die. Altri anticonvulsivanti come il valproato e il clonazepam sono meno studiati per il dolore neuropatico e la loro efficacia non è provata. Tra gli anticonvulsivanti più recenti si è dimostrata di sicura efficacia nel dolore oncologico neuropatico la gabapentina alle dosi comprese tra 600 e mg/die. Sono in corso di valutazione l oxcarbazepina, la lamotrigina, il topiramato, il levetiracetam. Il pregabalin è efficace in dosi da 150 a 300 mg/die (75 mg/12 ore o 150 mg/12 ore) nel dolore neuropatico non oncologico e la sua indicazione nel dolore oncologico, sovrapponibile a quella della gabapentina, è in corso di studio. Il baclofen, che non è un anticonvulsivante, ha una provata efficacia nella nevralgia trigeminale e, su queste basi, è talvolta usato per dolori lancinanti o parossistici. L elenco degli anticonvulsivanti nella tabella riflette una nostra opinione sulle loro indicazioni relative per il dolore neuropatico ed è basato su dati della letteratura e sulla nostra esperienza personale. Corticosteroidi L ampio uso che viene fatto dei corticosteroidi nel cancro in fase avanzata non è sempre giustificato. Hanno efficacia nell alleviare il dolore e nell aumentare l appetito, nel ridurre la nausea, sul tono dell umore e in generale sulla qualità di vita di questi pazienti, ma i loro effetti dovrebbero essere attentamente monitorati e il loro utilizzo dovrebbe essere limitato alla minima dose efficace o interrotti appena possibile. In alcune condizioni dolorose, come ad esempio: aumento della pressione endocranica, compressione del midollo spinale, sindrome della vena cava superiore, dolore da metastasi ossee, compressione di plessi nervosi o di nervi periferici, linfedema sintomatico, distensione della glissoniana, la somministrazione di un bolo di desametasone (da 10 a 100 mg) o di metilprednisolone (da 50 a 250 mg) può avere effetti analgesici molto efficaci. Anestetici locali per via orale Il dolore neuropatico può rispondere all infusione endovenosa di lidocaina ed è recentemente stata documentata l efficacia della tocainide e della mexiletina per via orale per il trattamento della neuropatia diabetica e del dolore da lesione del nervo periferico. Una terapia con mexiletina per via orale può essere consigliata nelle sindromi da dolore neuropatico che non hanno risposto agli antidepressivi, partendo con una dose di mg/die e incrementando di una dose unitaria ogni tre-cinque giorni. I principali effetti collaterali sono nausea e pirosi gastrica e possono essere evitati assumendo il farmaco dopo i pasti. Altri effetti collaterali più rari sono sedazione, vertigine e tremori; livelli plasmatici tossici causano convulsioni. La mexiletina è

17 Terapia farmacologica 1897 controindicata nei pazienti con blocco atrio-ventricolare di secondo e terzo grado. La dose giornaliera raccomandata è di 10 mg/kg. L efficacia dell infusione sottocutanea di lidocaina è stata anche descritta in un ristretto numero di casi di dolore neuropatico da cancro. Farmaci adiuvanti nel trattamento dell occlusione intestinale L occlusione intestinale è una complicazione assai frequente nei tumori addominali in fase avanzata. Quando questa condizione clinica non è risolvibile chirurgicamente, il trattamento del dolore e dei sintomi associati, soprattutto il vomito, può essere completato usando farmaci con somministrazione continua sottocutanea o endovenosa. Farmaci anticolinergici, come la scopolamina e il glicopirrolato, si sono dimostrati efficaci nella riduzione del dolore da colica e nel vomito. Più recentemente l octreotide, un analogo sintetico della somatostatina, ha dimostrato la sua efficacia nell eliminazione o riduzione del vomito nei pazienti con occlusione intestinale. I bisfosfonati nel dolore osseo I bisfosfonati inibiscono l attività osteoclastica e sono efficaci nel trattamento dell ipercalcemia associata al cancro. A causa della loro scarsa biodisponibilità orale, sono inizialmente somministrati per via endovenosa sebbene il clodronato sia disponibile in capsule. Il clodronato e il pamidronato sono i bisfosfonati più usati in clinica. Entrambi sono stati usati in terapie a lungo termine in pazienti con metastasi ossee e dolore. In studi controllati con placebo sia il clodronato sia il pamidronato hanno ridotto l incidenza delle complicazioni da metastasi ossee e hanno migliorato il controllo del dolore. Un vantaggio nel controllo del dolore osseo può essere rilevato in circa il 30-50% dei pazienti trattati con clodronato endovena. Il pamidronato disodico è un inibitore più potente del riassorbimento osseo a dosi che non interferiscono con la mineralizzazione dello stesso. La sua attività analgesica sembra essere dose-dipendente, con una riduzione significativa del dolore nel 60% dei pazienti trattati con dosaggi di mg ogni 4 settimane. Dati recenti indicano che l uso precoce del pamidronato nel mieloma multiplo potrebbe essere utilizzato per ridurre le complicazioni correlate alle metastasi ossee, come il dolore, le fratture, la compressione del midollo spinale. Queste potenziali linee-guida necessitano di ulteriori conferme, ma una terapia con pamidronato può essere indicata nel dolore osseo refrattario. Un alternativa potrebbe essere il clodronato a 600 mg/die per via endovenosa per alcuni giorni. Raggiunto il sollievo del dolore, si instaura una terapia di mantenimento con clodronato per os. Quando si programma il trattamento bisogna sempre considerare il costo elevato di questi farmaci e la necessità di ulteriori conferme sull effetto antalgico. Inoltre è da segnalare, come possibile effetto collaterale, l osteonecrosi mandibolare o mascellare che compare in pazienti sottoposti a interventi chirugici odontoiatrici (avulsioni dentarie, implantologia). Tecniche invasive per il controllo del dolore I dati disponibili sull applicazione della scala analgesica dell OMS suggeriscono che una minoranza dei pazienti con dolore da cancro non raggiunge un soddisfacente equilibrio tra controllo del dolore ed effetti collaterali usando i soli farmaci attraverso le comuni vie di somministrazione. Quanti di questi pazienti potrebbero trarre beneficio dalla somministrazione di oppioidi e di anestetici locali per via spinale non è noto. Blocchi anestetici e tecniche neurochirurgiche, in un gruppo selezionato di pazienti, possono ridurre sensibilmente la richiesta di farmaci per via sistemica per raggiungere un adeguata analgesia. Blocchi nervosi o procedure di neurolisi sono tecniche ampiamente utilizzate in passato. Nel dolore da cancro il loro uso è progressivamente diminuito dopo l introduzione diffusa della farmacoterapia. Tutte queste procedure richiedono, per essere impiegate con sicurezza, una considerevole abilità ed esperienza, pertanto devono essere appannaggio unicamente di centri ad alta specializzazione. Un indicazione clinica della sindrome dolorosa è di fondamentale importanza ed è anche essenziale una corretta informazione al paziente degli eventuali effetti collaterali. È altrettanto importante che si rimarchi con chiarezza che l effetto analgesico può essere parziale o temporaneo e che la maggioranza dei pazienti richiede una terapia farmacologica complementare immediatamente o più avanti nel tempo. In ogni caso è controverso se l effetto di riduzione della richiesta di analgesici di tali procedure comporti un reale beneficio per il paziente. È universalmente accettato che le procedure invasive dovrebbero essere utilizzate unicamente dopo un razionale trattamento farmacologico, includendo anche l insuccesso della terapia con catetere spinale. Blocco del plesso celiaco La principale indicazione per un blocco del plesso celiaco è il dolore viscerale nei quadranti alti dell addome, causato da un interessamento pancreatico o da una disseminazione metastatica sull asse celiaco, dopo il fallimento di un trattamento farmacologico. La tecnica più utilizzata consiste nel raggiungere il plesso per via percutanea e iniettare successivamente una sostanza neurolitica (fenolo o alcol). L alcol è da preferirsi per la sua minore tossicità tissutale e sulle strutture vasali. La durata e la completezza dell analgesia non sono prevedibili, anche per un dolore con le caratteristiche proprie del dolore celiaco. Il controllo del dolore deve essere usualmente integrato con una terapia farmacologica. Studi clinici che comparino terapia farmacologica e blocco del plesso celiaco sono rari e il numero dei pazienti è limitato, ma confermano che l analgesia appare in favore del blocco celiaco durante le prime settimane dall inizio del trattamento e che questo beneficio non è più presente dopo due o quattro settimane. È stato anche osservato un risparmio di farmaco analgesico e ciò potrebbe essere utile nel ridurre gli effetti collaterali. Una ipotensione ortostatica e una diarrea transitoria sono i più comuni effetti collaterali, riscontrati in circa il 30-60% dei casi e, quindi, dovrebbero essere prese contromisure per prevenirli. Gli effetti collaterali di minor rilievo sono una transitoria disestesia, una pleurite reattiva o una ematuria transitoria causata da puntura renale. Sono stati descritti alcuni rari, ma seri, effetti collaterali e tra questi lesioni nervose periferiche (causate dall iniezione di alcol nel muscolo psoas o a livello del plesso lombare) o lesioni neurologiche centrali come paraplegia (probabilmente causata da una ischemia midollare da danno dell arteria di Adamkiewicz). Blocchi neurolitici subaracnoidei Nel passato, la somministrazione di agenti farmacologici nello spazio epidurale o intratecale era un trattamento molto diffuso nel dolore da cancro. Nella nostra opinione, l iniezione nello spazio subaracnoideo di soluzioni ipobariche di alcol o iperbariche di fenolo in glicerina non ha un azione selettiva sulle fibre

18 TERAPIA DEL DOLORE sensitive del dolore. Vi è, quindi, un alto rischio di lesioni invalidanti. Ci limiteremo alla descrizione della tecnica di rizotomia della cauda equina poiché è l unico blocco che utilizziamo nel trattamento del dolore perineale. Mantenendo il paziente in posizione seduta, si introduce un ago 23 gauge, nell interspazio L5-S1, nello spazio subaracnoideo e si iniettano molto lentamente 0,8 ml di una soluzione al 7,5% di fenolo in glicerina. Il paziente viene mantenuto in posizione seduta per 30 minuti. Noi utilizziamo la rizotomia farmacologica nei casi in cui il paziente accusi chiari sintomi di dolore somatico, recidiva della malattia, aree macroscopiche di erosione in sede vulvovaginale o pararettale, evidenti punti trigger, problemi di minzione legati a una preesistente disfunzione vescicale e abbia già una colostomia. Nella nostra esperienza di 39 pazienti con dolore perineale trattati con questa tecnica, abbiamo osservato una durata media di sollievo dal dolore di circa 5,4 mesi. Complicazioni legate allo sfintere vescicale sono occorse in 19 pazienti (49%). Non abbiamo osservato complicazioni dello sfintere anale unicamente perché il 79% dei pazienti era portatore di una colostomia. Cordotomia cervicale percutanea Per la sua selettività sul tratto spino-talamico del midollo spinale, questa procedura è di provata efficacia perché comporta una completa analgesia dell emisoma controlaterale da C5 a S5. È un intervento tecnicamente difficile, soprattutto quando è richiesto un livello dermatomerico di analgesia elevato. In mani esperte la percentuale di complicazioni è limitata all 1% di mortalità, al 5% di disfunzioni vescicali e a un 8-20% di perdita di forza dell arto inferiore omolaterale. L intervento si effettua in anestesia locale e il paziente deve essere molto collaborante. È importante che la prognosi del paziente non sia superiore a un anno per il rischio di comparsa di dolore disestesico postcordotomia, che è anche la principale ragione per cui questa procedura non si effettua per il trattamento del dolore benigno. L incidenza di complicazioni è più alta per la cordotomia bilaterale, che pertanto è una procedura non raccomandata. BIBLIOGRAFIA AMADORI D., DE CONNO F., Libro italiano di cure palliative. Poletto Editore, Milano, CARACENI A., Clinicopathological correlates of common cancer pain syndromes. Hematol. Oncol. Clin. N. Am. 10, 57-78, CARACENI A., PORTENOY R.K., An international survey of cancer pain characteristics and syndromes. IASP Task Force on Cancer Pain. International Association for the Study of Pain, Pain 82, , CARACENI A., CHERNY N., FAINSINGER R. E COLL., Pain measurement tools and methods in clinical research in palliative care: recommendations of an Expert Working Group of the European Association of Palliative Care. J. Pain. Symptom. Manage 23, , CHERNY N.J., CHANG V., FRAGER G. E COLL., Opioid pharmacotherapy in the management of cancer pain. A survey of strategies used by pain physicians for the selection of analgesic drugs and routes of administration. Cancer 76, , CHERNY N.J., PORTENOY R.K., Cancer pain: Principles of assessment and syndromes. In: WALL. P.D., MELZACK R. (Eds.), Textbook of Pain. Churchill Livingstone, Edinburgh, , DE CONNO F., CARACENI A., GAMBA A. E COLL., Pain measurement in cancer patients: A comparison of six methods. Pain 57, , DOYLE D., HANKS G.W., CHERNY N. E COLL. (Eds.), Oxford Textbook of Palliative Medicine. Oxford University Press, Oxford, GREENWALD H.P., BONICA J.J., BERGNER M., The prevalence of pain in four cancers. Cancer 60, , GROND S., ZECH D., DIEFENBACH C. E COLL., Assessment of cancer pain: A prospective evaluation in 2266 cancer patients referred to a pain service. Pain 64, , HEARN J., HIGGINSON I.J., Cancer pain epidemiology: a systematic review. In: BRUERA E.D., PORTENOY R.K. (Eds.), Cancer Pain, Assessment and Management. Cambridge University Press, KELSEN D.P., PORTENOY R.K., THALER H.T. E COLL., Pain and depression in patients with newly diagnosed pancreas cancer. J. Clin. Oncol. 13, , MALTONI M., AMADORI D., Palliative medicine and medical oncology. Ann. Oncol. 12, , MERCADANTE S., RIPAMONTI C., Valutazione, diagnosi e trattamento del dolore da cancro. Masson, Milano, MERCADANTE S., RADBRUCH L., CARACENI A. E COLL., Steering Committee of the European Association for Palliative Care (EAPC) Research Network. Episodic (breakthrough) pain: consensus conference of an expert working group of the European Association for Palliative Care. Cancer 94, , MEYNADIER J., POULAIN P., RIPAMONTI C. E COLL., Expert Working Group of the Research Network of the European Association for Palliative Care. Morphine and alternative opioids in cancer pain: the EAPC recommendations. Br. J. 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