Trattamento delle lesioni cutanee

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1 Trattamento delle lesioni cutanee Prof. Piero CHIRLETTI, Dott. Gianfranco FANELLO, Dott.ssa Fabiana FERRAMONDO Classificazione delle lesioni cutanee Le ferite cutanee sono delle soluzioni di continuo dei tessuti di rivestimento causate generalmente da traumi meccanici. Tali soluzioni di continuo, in rapporto al tipo di trauma, creano due o più lembi il cui corretto accostamento è indispensabile per un ottimale processo di riparazione dei tessuti. Le ferite possono essere classificate o in base all agente lesivo che le ha causate, oppure in base alle strutture interessate. Nella prima classificazione, si distinguono, pertanto, ferite da taglio, ferite da punta vive e ferite lacero-contuse. Le ferite da taglio sono spesso causate da lame (coltelli, rasoi, forbici, ecc.); sono caratterizzate da una applicazione di forza parallela alla cute, da limitato danno cellulare ed hanno generalmente margini regolari. Le ferite da punta vere e proprie sono rare; più frequentemente si riscontrano le ferite da punta e taglio causate da coltelli, forbici, vetri acuminati; la forza, applicata perpendicolarmente, divarica gli elementi costituitivi del tessuto e può generare ampie soluzioni di continuo sia in estensione che in profondità. Le ferite lacero-contuse possono essere provocate da urti contro ostacoli fissi (prevalentemente spigoli) o da applicazione di elevata energia da parte di corpi contundenti. La forza si distribuisce in più direzioni lacerando la cute e può interessare variamente le strutture profonde. Si caratterizzano per la possibilità che si creino margini irregolari, per la reazione infiammatoria (edema) e per la formazione dell ematoma (raccolta di sangue nel contesto della ferita) La seconda classificazione distingue le ferite in semplici e complesse. Le ferite semplici sono quelle limitate ai tessuti di rivestimento (cute e sottocute). Le ferite complesse (o profonde) interessano anche le strutture sottostanti (fasce, muscoli, tendini, nervi, vasi) e possono richiedere un trattamento particolarmente articolato. Alla distinzione delle ferite secondo quest ultima classificazione si giungerà solo dopo accurata esplorazione che costituisce parte fondamentale del trattamento delle stesse. Cenni di fisiologia del processo riparativo Il prodursi di una ferita determina nell organismo un complesso meccanismo di riparazione dei tessuti. Esso può essere diviso in due fasi: una fase iniziale in cui vengono degradate le cellule danneggiate ad opera di numerosi leucociti che si concentrano nel sito di lesione (prime ore); una seconda fase, detta fase del collagene, che è caratterizzata dall accumulo di fibre collagene prodotte dai fibroblasti, e di elastina con formazione della cicatrice. La restituito ad integrum dello strato epiteliale deriva dalle cellule integre della cute circostante che procedono nella zona della ferita riunite in cordoni; tale processo è regolato dalla inibizione da contatto, segnale con cui l organismo arresta la proliferazione delle cellule non appena le membrane vengano a contatto con quelle di cellule vicine in modo da evitare la produzione di tessuto inutile.

2 Pulizia della cute lesa Si deve innanzitutto effettuare la detersione con soluzione fisiologica sterile associata ad acqua ossigenata partendo dalla lesione e portando eventuali residui di sporco verso la periferia. Devono essere rimossi tutti quei detriti macroscopici (vetri, terriccio, pietrisco, schegge) che si trovano in prossimità della ferita ma non al suo interno. Tale operazione verrà durante l esplorazione della ferita prima della sutura. Successivamente si disinfetta superficialmente la zona con soluzioni ad alto potere germicida come la Clorexidina gluconato (attiva su Gram positivi e Gram negativi con azione persistente nel tempo), lo Iodopovidone (ad ampio spettro ma con minore azione nel tempo) e i derivati dell Ammonio quaternario in soluzione acquosa (es. Benzalconio cloruro). Nei casi di ferite molto sporche si dovrà considerare la profilassi antitetanica. Strumentario chirurgico di base e materiali di sutura La sutura delle ferite deve essere effettuata mediante l utilizzo di alcuni fondamentali strumenti chirurgici. Lo strumentario base per sutura ( campetto ) comprende i seguenti elementi: un portaghi (figura 1) una pinza da presa (figura 2) un paio di forbici (figura 3) una pinza da emostasi (generalmente una Kelly o una Mosquito) (figura 4) Figura 1 Portaghi Figura 2 Pinze da presa

3 Figura 3 Forbici Figura 4 Pinza da emostasi tipo Kelly Si devono inoltre predisporre una bacinella reniforme o una coppetta ed una lama da bisturi per l eventuale regolarizzazione dei margini della ferita ( recentazione ). Il portaghi, le forbici e le pinze da emostasi sono dotati di occhielli e si impugnano con il primo ed il quarto dito della mano destra (o sinistra per gli operatori mancini) mentre il secondo ed il terzo dito guidano la direzione del movimento. La pinza da presa si impugna a mo di una penna con la mano sinistra (destra per gli operatori mancini). La punta della pinza può essere liscia (pinze anatomiche, atraumatiche) od essere provvista di denti (pinze chirurgiche, traumatiche). Il portaghi e le pinze da emostasi sono dotati, al davanti degli occhielli, di una cremagliera che consente di bloccarne la punta e di regolarne l intensità del morso. La punta si sblocca facendo scattare la cremagliera con una spinta verso l avanti del primo dito sulla branca dell occhiello corrispondente. Le forbici si impugnano come il portaghi, con l indice appoggiato all articolazione delle branche per darne stabilità. Le punte devono essere rivolte verso l alto. La sutura si pratica con l impiego di particolari aghi e fili, disponibili già montati ed incartati in doppio involucro sterile. Sulla confezione sono contenute informazioni circa il tipo ed il calibro di ago, il materiale del filo, il suo spessore e la sua lunghezza. Gli aghi da sutura hanno forma semicircolare e vario calibro proporzionato allo spessore del filo montato. La differenza principale sta nella loro sezione. Si distinguono aghi triangolari (o lanceolati) che hanno sezione a forma di prisma triangolare e quindi tre margini taglienti, adatti a tessuti particolarmente resistenti come la cute, ed aghi cilindrici (o atraumatici), a sezione cilindrica, idonei per tessuti più delicati (muscoli, vasi). Per convenzione, sulla confezione, gli aghi lanceolati sono indicati con il simbolo, mentre quelli cilindrici con il simbolo. La presa del portaghi sull ago, con la punta rivolta verso sinistra, si effettua in punta o quasi, a livello del terzo prossimale della cruna. I fili da sutura possono essere classificati in base ai materiali che li costituiscono od in base alla loro struttura. Nel primo caso si distinguono fili riassorbibili (costituiti cioè da materiale biocompatibile che viene con il tempo assorbito dall organismo senza generare reazioni da corpo estraneo Vicryl, Monosyn, ecc.) e fili non assorbibili (costituiti da sostanze che l organismo non è in grado di degradare seta, nylon, prolene). Questi ultimi devono, ovviamente, essere rimossi a cicatrizzazione avvenuta. Nella seconda classificazione si distinguono, invece, fili intrecciati (la cui struttura deriva da un intreccio di tanti sottilissimi filamenti che conferiscono una particolare resistenza alla trazione) e monofilamenti (cioè con struttura ad unico filamento).

4 Lo spessore dei fili, inferiore al millimetro, si definisce in zeri; partendo da 0 (circa 0,5 mm), i fili di spessore via via più sottile si numerano come 2/0, 3/0, 4/0, 5/0 e così via fino a 8/0 (0,01 mm). I fili di spessore più robusto (da 0,5 a 0,9 mm) si numerano invece da 1 a 5. Preparazione dell operatore Prima di iniziare le operazioni di sutura di una ferita cutanea, l operatore deve utilizzare alcuni importanti accorgimenti. Innanzitutto devono essere rimossi anelli e bracciali eventualmente indossati. Le unghie dovrebbero essere preferibilmente corte e prive di smalti cosmetici. Il lavaggio delle mani deve essere accurato e condotto dalle mani verso gli avambracci con soluzioni saponose antisettiche a base di Clorexidina o Iodopovidone. Successivamente si indossano i guanti sterili aprendo la busta in cui sono preparati, già talcati, con il bordo ripiegato verso l esterno; con la mano sinistra si prende dal bordo interno il guanto destro infilando la mano corrispondente tenendo le dita divaricate per non toccare con la mano nuda la superficie esterna del guanto. Quindi, con la mano destra guantata, si prende il guanto sinistro infilando le dita sotto il bordo ripiegato e facendo calzare l altra mano all interno (figura 5). Figura 5 A questo punto ci si appresta alla preparazione del campo chirurgico, ponendo attenzione a non contaminare la sterilità. Preparazione del campo chirurgico É necessario effettuare prima del trattamento terapeutico una tricotomia (rasatura dei peli) della zona circostante la ferita Vengono disposti su apposito tavolino servitore coperto da un telo sterile, lo strumentario chirurgico di base, la bacinella reniforme o la coppetta contenente soluzione disinfettante, alcuni tamponi di garza, i fili da sutura occorrenti ed il materiale necessario per l anestesia locale (siringhe preriempite, aghi).

5 Successivamente, l operatore disinfetta la ferita ed un ampia area cutanea circostante con soluzione a base di Iodopovidone. Infine, delimita la zona da suturare con telini sterili o con un unico telo fenestrato in modo da ridurre ulteriormente la contaminazione della lesione. Tecniche fondamentali di sutura L obiettivo della sutura è quello di accostare i lembi della ferita al fine di agevolare il processo di riparazione. Eventuali irregolarità dei margini devono essere eliminate prima di procedere alla sutura. Prima di procedere alla sutura è indispensabile esplorare la ferita in senso longitudinale e della sua profondità al fine di riconoscere le strutture interessate e di rimuovere eventuali corpi estranei che, se ritenuti, possono dar luogo ad infezioni, reazioni infiammatorie (granulomi) e difetti di cicatrizzazione (tatuaggi). Le tecniche di sutura tradizionali comprendono due gruppi: suture a punti staccati e suture continue. Nelle suture a punti staccati i margini della ferita vengono accostati con una serie di punti singoli ed equidistanti ciascuno fissato con più nodi, mentre in quelle continue l avvicinamento avviene senza interrompere la continuità del filo. Di solito vengono realizzate suture a punti staccati e le più comuni sono la sutura a punti semplici e quella a punti doppi secondo Donati. La sutura a punti semplici si inizia afferrando con le pinze il lembo della ferita distale all operatore sollevandolo leggermente. L ago passa dall esterno all interno inziando perpendicolare e via via ruotando con un movimento del polso. Quando l ago trapassa il tessuto, lo si blocca con la pinza lasciando il lembo della ferita e, dopo aver sbloccato il portaghi lo si afferra facendolo uscire completamente. Quindi si rimonta l ago sul portaghi nella posizione iniziale e si ripete la stessa operazione sull altro lembo della ferita, passando stavolta dall interno all esterno. Si fa quindi scorrere il filo e si esegue il nodo chirurgico con una mano o con il portaghi. Il primo nodo deve essere doppio, i successivi possono essere singoli e complessivamente non devono essere meno di tre. Il nodo deve cadere sempre lateralmente alla ferita, e non su di essa. Si tagliano quindi i capi del filo a circa mezzo centimetro (figura 6). Figura 6 Sutura a punti staccati semplici Nella sutura secondo Donati, si trapassa il bordo distale e successivamente quello prossimale, a circa mezzo centimetro dal bordo con la tecnica già descritta; quindi ci si sposta più superficialmente quasi al limite del lembo della ferita al davanti dei punti

6 d uscita del passaggio precedente, passando prima sul lato prossimale e quindi su quello distale, facendo attenzione a rispettare le stesse distanze sui due lati. Infine si fissa il punto annodando come descritto sopra. Con questa sutura si garantisce un miglior affrontamento dei margini e quindi una più soddisfacente resa estetica (figura 7). Figura 7 Sutura a punti doppi secondo Donati Riferimenti: P. Chirletti, F. Fedele, A. Gasparetto: Chirurgia e Medicina d Urgenza Ed. Poletto - Milano 2001 A. Trenti F. Bracci Chirurgia pratica e Pronto Soccorso Ed. Grasso Bologna 1989 A.E. Paletto - Nuovo Trattato di Tecnica Chirurgica Ed. UTET Torino 1996 M.S. Smith J.L Stehn Principali strumenti chirurgici Ed. Verduci Roma 1993 Università degli Studi di Roma Sapienza Azienda Policlinico Umberto I Dipartimento di Chirurgia F. Durante Cattedra di Chirurgia d Urgenza 2 UOC di Chirurgia Generale N Direttore: Prof. Piero Chirletti Segreteria: piero.chirletti@uniroma1.it

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