Dott. Domenico Coiante Amici della Terra FONTI RINNOVABILI: IL VERO, IL FALSO E IL DA FARSI

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1 1 Dott. Domenico Coiante Amici della Terra FONTI RINNOVABILI: IL VERO, IL FALSO E IL DA FARSI 1 Sintesi 1- La strada del risanamento ambientale per l esecutività del Protocollo di Kyoto passa, tra le diverse opzioni, anche attraverso l uso diffuso e massiccio delle fonti rinnovabili. 2- L opzione delle rinnovabili è giustificata, sul piano quantitativo, dalla sovrabbondanza del potenziale energetico sfruttabile e, su quello qualitativo, dalla benignità ambientale del ciclo di produzione dell energia. 3- Tra le nuove fonti rinnovabili, le più ampie prospettive di sviluppo sono offerte da quelle che producono elettricità, come l eolico, il solare termoelettrico e, soprattutto, il solare fotovoltaico per la vastità del suo potenziale. Lo sfruttamento delle biomasse per usi energetici incontra i suoi limiti naturali nella conflittualità con l agricoltura tradizionale per la produzione degli alimenti, per cui il contributo di tale fonte è destinato ad essere molto limitato. 4- Le dimensioni del problema energetico sono tali che l attuale modello di sviluppo delle fonti elettriche rinnovabili, basato sulla connessione diretta degli impianti di generazione alla rete di distribuzione, non è adeguato al compito di sostituzione delle fonti convenzionali. 5- E necessario modificare il modello applicativo aggiungendo all attuale sistema di produzione un impianto di accumulo dell energia per rimuovere i limiti dovuti all intermittenza delle fonti. 6- Le fonti rinnovabili intermittenti, di per sé, possono avere soltanto un ruolo di marginalità ambientale senza l aggiunta di un adeguato sistema di accumulo dell energia. 7- E indispensabile inoltre portare l energia rinnovabile anche nel settore dei trasporti dove si produce il massimo dell inquinamento. 8- La trasformazione dell energia solare primaria in energia chimica dell idrogeno, il suo accumulo e il suo uso differito nel tempo e nello spazio consentono di ottemperare ai precedenti requisiti. 9- L idrogeno è un vettore energetico versatile ed anche un ottimo combustibile ecologico in grado di coprire il compito di stabilizzare il flusso dell energia solare intermittente e di convogliarla in tutti i settori d uso, compreso quello dei trasporti. 10- Tutte le tecnologie implicate in questo processo sono già sperimentate e, per la maggior parte, sono mature per l industrializzazione. 11- L idrogeno da fonti rinnovabili è una soluzione di lungo periodo, alla quale si dovrà arrivare attraverso una fase intermedia che vede la sua produzione dagli idrocarburi ed il sequestro della CO2 di scarto, inevitabilmente prodotta, in sedimenti geologici stabili. 12- Date la natura diffusa e la relativamente bassa densità superficiale dell energia solare, le grandi quantità di energia rinnovabile richieste per la sostituzione dei combustibili fossili comportano l occupazione di aree estese di territorio da parte degli impianti. Ciò non costituisce un ostacolo insormontabile in Italia, in quanto tali aree possono essere trovate in misura sufficiente nelle zone territoriali marginali e sulle coperture degli edifici abitativi ed industriali. 13- In generale le rilevanti estensioni degl impianti e, in particolare per l eolico, l elevazione dal suolo dei generatori possono dar luogo ad un impatto ambientale di tipo paesaggistico, che non può essere ignorato. 2 - Le dimensioni del problema Si assuma come riferimento la dimensione geografica italiana e si circoscrivano al nostro Paese le considerazioni che seguono, fissando come anno di partenza il 2003, in quanto per tale anno sono disponibili i dati consolidati. Il consumo energetico italiano del 2003 è stato pari a Mtep di cui solo 12.6 Mtep provengono dalle fonti rinnovabili endogene e 11.3 Mtep entrano nel bilancio come energia elettrica importata

2 2 [1]. Quindi, ammettendo ottimisticamente che tutta l elettricità importata sia esente da emissioni di CO 2, perché proveniente dal nucleare francese e dall idroelettrico svizzero, rimangono 169 Mtep che derivano dai combustibili fossili. Nel 2002 il contributo alle emissioni di CO2 del sistema energetico è stato di 443 Mt [1], mentre per il 2003 non sono stati ancora forniti i dati definitivi. Si supponga in prima approssimazione che si sia conservato il valore di 443 Mt come per il Pertanto si può concludere che ogni Mtep consumato di provenienza da combustibili fossili è accompagnato dall emissione 2.62 milioni di tonnellate di CO2. Si assuma poi come un dato di fatto che sia necessario ridurre le emissioni dei gas serra del 6.5% rispetto al valore del 1990 (riferimento per il settore energetico = Mt [2]), come prescritto dall obiettivo fissato per l Italia dal Protocollo di Kyoto al Ciò si traduce nel fatto che le emissioni del sistema energetico devono scendere ad un livello pari a 374 Mt all anno partendo dal valore di 443 Mt del La conseguenza è che si dovrebbe arrivare a ridurre di 69 Mt le emissioni annuali del nostro sistema energetico nel corso di 9 anni, cioè di 7.7 Mt all anno, per un abbattimento totale del 15.6% rispetto al livello odierno. Passando dalle emissioni alle quantità di combustibili fossili che le producono, occorre, o ridurre il consumo di energia fossile attuale di 2.9 Mtep all anno, o sostituire questo con la produzione da fonti rinnovabili, o provvedere con altri meccanismi del tipo dell emission trading. In definitiva, il Protocollo di Kyoto impone all Italia una sostituzione di 2.9 Mtep all anno di combustibili fossili, sia con energia rinnovabile, sia con il risparmio energetico, sia con altri mezzi, per un totale al 2012 di circa 26 Mtep, cioè una riduzione rispetto al consumo attuale di energia fossile di oltre il 15%. Se poi si volesse considerare anche il fatto che la tendenza del consumo nazionale di combustibili fossili per il futuro è per un aumento di oltre il 2% all anno, la compensazione di tale incremento richiederebbe un notevole aumento di tutte le cifre sopraindicate. A prescindere dal valore puntuale delle stime ottenute, interessa qui sottolineare la dimensione del problema energetico-ambientale italiano, per il quale, come si vede, il Mtep è l unità di misura dell energia rinnovabile da produrre annualmente se si vuole incidere in modo sostanziale sulla crisi climatica. Tutte le varie iniziative di promozione delle rinnovabili, per altro sempre meritorie, devono avere a riferimento il Mtep per poter produrre effetti ambientali significativi. 3 La situazione odierna delle fonti rinnovabili in Italia Alla luce della conclusione del paragrafo precedente, andiamo a vedere quale è la consistenza reale dell energia rinnovabile in Italia. Facciamo riferimento alla Tab.1, nella quale sono stati riportati i risultati dell inventario fatto dall ENEA con i dati accorpati secondo una classificazione logica diversa, in modo da rendere evidente il contributo delle Nuove Fonti Rinnovabili rispetto a quello delle fonti rinnovabili tradizionali.

3 3 FONTE PRIMARIA Tab.2 Energia primaria in Italia nel Energia consumata nel 2003 Energia equivalente al petrolio 2 (Mtep) Quota percentuale (%) Carbone 15.3 Mtep Gas Naturale 63.6 Mtep Petrolio 90.2 Mtep Elettricità importata 50.9 TWh Fonti rinnovabili tradizionali: Idroelettrico TWh Geotermoelettrico Geotermico Legna da ardere TWh 8916 TJ TJ Totale energia rinnovabile tradizionale NFER 3 : Eolico TWh Solare fotovoltaico TWh Biomasse (elettricità) TWh Solare termico 673 TJ Biomasse usi termici 3425 TJ Biocombustibili Mtep Totale NFER Cogenerazione TJ Totale energia rinnovabile e cogenerazione TOTALE ENERGIA Fonte: ENEA, Energia e Ambiente Fattore di conversione 1TWh = 0.22 Mtep 3 NFER = Nuove Fonti Rinnovabili 4 Il dato differisce leggermente da quello ufficiale per la presenza del contributo della legna Riassumendo la situazione, si ha che le fonti rinnovabili endogene contribuiscono al bilancio energetico nazionale per 13.4 Mtep corrispondenti al 6.92% del consumo totale. Il contributo maggiore a questa quota viene dalle fonti rinnovabili tradizionali (Idroelettrico, Geotermia e legna da ardere) con 11.5 Mtep, corrispondenti al 5.94% del consumo energetico totale. Le Nuove Fonti Rinnovabili contribuiscono per circa 1.6 Mtep corrispondenti allo 0.82%. Nella realtà, quindi, la produzione totale di energia rinnovabile dalle nuove fonti non riesce a coprire nemmeno le necessità sostitutive del primo anno e i vari programmi di sviluppo hanno tutti dimensioni piccole, molto lontane dai 2.9 Mtep all anno incrementali, richiesti dal Protocollo di Kyoto. Il grafico della seguente Fig.1 illustra in maggiore dettaglio la situazione mostrando visivamente i diversi contributi dell eolico, del solare e delle nuove biomasse all interno della quota dello 0.82% attribuito alle NFER.

4 4 Fig.1 La situazione in dettaglio del consumo italiano di energia nel 2003 La conclusione a cui si perviene è che, se vogliamo ottemperare agli obblighi di Kyoto, occorre agire decisamente per allargare la piccola fetta rossa della torta aumentando il contributo delle NFER, con azioni promozionali non solo di facciata, ma realmente significative, che intervengano su tutte le componenti del rinnovabile. Naturalmente, viste le grandi dimensioni energetiche richieste per l intervento, questa azione dovrà tenere conto dei diversi potenziali energetici accessibili delle varie fonti. 4 - Le difficoltà strutturali delle fonti rinnovabili Si tratta di due caratteristiche sostanziali derivanti dalla natura stessa della radiazione della fonte solare primaria: 1. la densità energetica superficiale è relativamente bassa; 2. la generazione di potenza è intermittente nel tempo in modo casuale. Il primo svantaggio porta come conseguenza alla necessità di utilizzare grandi aree di captazione e grandi superfici dei sistemi tecnici di sfruttamento. Ciò significa in genere grande difficoltà ad ottenere basso costo di produzione dell unità di energia rispetto all energia dei combustibili fossili che, invece, è altamente concentrata. Il secondo svantaggio si ripercuote profondamente sulle fonti rinnovabili produttrici di elettricità, come l eolico, il solare fotovoltaico ed il solare termoelettrico. L intermittenza casuale della generazione di potenza provoca in generale una svalutazione del kwh prodotto ed introduce una limitazione nella quantità di energia che può essere immessa da queste fonti nella rete elettrica (si ipotizza il caso più vantaggioso del collegamento diretto degli impianti senza accumulo). Non soffre di questo inconveniente la produzione di elettricità dalle biomasse, per cui appare possibile, in linea di principio, l utilizzo economico di questa fonte su larga scala. Tuttavia, l efficienza della conversione fotosintetica dell energia solare è almeno un ordine di grandezza più bassa dell efficienza delle fonti già citate, per cui le dimensioni delle aree necessarie alla produzione di biomassa risultano, a parità di energia elettrica finale prodotta, un fattore 10 più estese di quelle

5 impegnate dalle altre tecnologie. Quindi, anche se in un primo momento può ottenersi un prezioso contributo dal settore delle biomasse, le dimensioni del problema energetico sono tali che l ulteriore sviluppo porterebbe inevitabilmente questa tecnologia in conflitto con le esigenze di crescita della disponibilità di terreni per l agricoltura tradizionale (produzione di alimenti). Per tale motivo, data la necessità di sintesi della discussione, nel seguito si trascurerà questa fonte rinnovabile. L argomento del punto 1 verrà ripreso più diffusamente in seguito, mentre all aspetto del punto 2 si dedicherà subito qualche considerazione. Come si è accennato, la soluzione più conveniente per utilizzare le fonti elettriche rinnovabili è quella di collegare gli impianti direttamente alla rete elettrica in modo da immettere in rete l energia man mano che essa viene generata. Purtroppo il flusso di questa energia è intermittente nel tempo e per di più esso varia in modo casuale. La rete pertanto vede questo flusso come se fosse un carico variabile nel tempo, a cui il sistema di controllo deve continuamente far fronte affinché possa essere mantenuta la stabilità del livello di potenza dell intera rete. Sviluppando tecnicamente questo concetto si arriva alla conclusione che il sistema di controllo riesce a reagire senza andare in tilt fintanto che la potenza intermittente collegata in rete rappresenta una piccola quota della potenza totale dei generatori presenti nella rete stessa nel momento del verificarsi dell intermittenza. L ENEL ha stimato che per la rete italiana questa quota si trova all interno della forcella 10-20% della potenza dei generatori rotativi attivi in rete. Questa quota dipende fortemente dalla configurazione del sistema elettrico cosicché per alcuni paesi si hanno valori del 5% e per altri si può arrivare anche al 30% (ad esempio la Danimarca). Rimane tuttavia accertato il fatto che la nostra rete nazionale non può accettare in collegamento diretto più del 20% della potenza presente. Visto che tale potenza, a voler essere ottimisti, è di circa MW, al massimo si può collegare alla rete MW di impianti da fonti rinnovabili intermittenti. Fino a qualche tempo addietro, questi livelli di potenza apparivano agli operatori delle fonti rinnovabili talmente elevati e distanti dalle dimensioni del mercato che nessuno si preoccupava della presenza del limite. Le strategie industriali erano tutte ritagliate in piccolo nelle dimensioni delle nicchie delle varie applicazioni energetiche. L imperativo per l industria era principalmente quello di crescere, senza porsi altri problemi. Le cose però oggi sono cambiate perché è intervenuto sulla scena energetica un nuovo paradigma, quello della crisi ambientale, che ha introdotto ben altre dimensioni nell orizzonte prospettico delle rinnovabili. Per realizzare questo aspetto, conviene fare alcuni calcoli. Il fattore di capacità degli impianti eolici in Italia è oggi situato mediamente intorno alle 1600 ore equivalenti (dati GRTN di dicembre 2004) e quello del fotovoltaico è situato intorno ad una media annuale di 1300 ore. Anche considerando il dato più favorevole dell eolico, l energia annuale che si potrebbe immettere nella rete nazionale al massimo potrebbe arrivare a 1600x10000 = 16 TWh. Poiché il consumo attuale di elettricità in Italia è di circa 300 TWh, ciò corrisponde ad una quota di elettricità pulita pari al 5.3%. E senza dubbio un valore impressionante, se ci si limita ai consumi elettrici. Ma se si considera che l intero settore elettrico pesa sul bilancio energetico totale per circa il 30%, l incidenza del contributo rinnovabile sarà ridotto a 1.6% del consumo totale di energia. Siamo al limite della marginalità energetica e quindi anche al limite della incidenza ambientale tanto attesa. La conferma si ottiene subito considerando che ogni TWh prodotto dal sistema termoelettrico italiano è accompagnato dall emissione di circa 0.7 Mt di CO2. Quindi la presenza del limite tecnico di accettazione della rete ha come conseguenza che l intera produzione elettrica rinnovabile eviterà l emissione di 11.2 Mt di CO2, cioè il 2.6% del totale. Questo è tutto ciò che il modello attuale di sfruttamento delle fonti elettriche rinnovabili (collegamento diretto degli impianti alla rete senza accumulo) può produrre in risposta alle esigenze ben più ampie del risanamento climatico. E chiaro che anche questo contributo è prezioso, ma esso non risolve certo il problema ambientale. 5

6 6 5 La necessità dell accumulo di energia per la valorizzazione del kwh Escludendo le biomasse, le fonti rinnovabili producono elettricità in modo intermittente e casuale. Questo fatto ha come conseguenza che, anche a prescindere dal costo di produzione, il valore del kwh fornito è inferiore a quello del kwh termoelettrico convenzionale (valore ambientale a parte). Infatti il valore del kwh è misurato dall entità e dalla qualità del servizio reso all utente e, mentre sull entità si ha la parità (1 kwh è sempre 1 kwh da qualunque parte provenga), sulla qualità si ha un grosso deficit. L intermittenza casuale della fornitura porta l affidabilità del servizio a valori molto bassi, il 10-20%, contro il valore del 98% della rete elettrica nazionale. In altri termini, mentre un utente convenzionale ha praticamente la sicurezza di trovare sempre la potenza contrattuale nelle prese elettriche alimentate dagli impianti termoelettrici, un eventuale utente rinnovabile sarebbe in balìa del caso. In conclusione tale utente non sarebbe affatto disposto a pagare lo stesso prezzo del kwh e, quindi, a riconoscerne lo stesso valore, perché il servizio reso è di qualità inferiore. Questo vale per gli utenti, ma ciò vale anche per la rete a cui, come si è visto, gli impianti rinnovabili dovranno essere collegati. A causa dell intermittenza, il valore economico del kwh rinnovabile fornito alla rete è più basso di quello dei kwh termoelettrici che circolano all interno di essa e quindi la rete paga il rinnovabile sempre sotto costo. A risollevare le sorti del kwh rinnovabile però si presta il suo valore ambientale, cioè il suo valore verde, che, quando riesce a farsi riconoscere adeguatamente, può pareggiare il conto economico. E chiaro che questo riconoscimento risente fortemente della sensibilità politica verso i problemi ambientali e pertanto su questa base aleatoria non è possibile costruire il futuro delle rinnovabili. E esattamente quello che sta accadendo oggi ad esempio per il fotovoltaico: in Italia tale riconoscimento è molto scarso e l industria è in estrema difficoltà, mentre in Germania, dove il riconoscimento ambientale è molto più alto, l industria fotovoltaica oggi prospera. Ma domani sarà ancora così? Se il kwh rinnovabile avesse la stessa qualità tecnica, cioè possedesse la stessa affidabilità, del kwh termoelettrico, per la rete sarebbe indifferente acquistare il rinnovabile piuttosto che il convenzionale. Il mercato farebbe la scelta. In questo caso, e soltanto in questo caso, sarebbe possibile sostituire i combustibili fossili nella produzione di energia elettrica. Questo risultato si può ottenere soltanto aggiungendo agli impianti rinnovabili un sistema di produzione ed accumulo dell energia, che, per motivi che vedremo nel punto seguente, è individuabile facilmente nell idrogeno. Anzi la qualità verde del rinnovabile, per quanto poco la si volesse riconoscere, potrebbe agire come un profitto da destinare in parte a riassorbire le spese maggiori sostenute per implementare gli impianti rinnovabili con il sistema a idrogeno. I conti economici sviluppati in questo senso mostrano che l aggiunta di costo della produzione dell idrogeno si situa intorno ad un fattore 2-3. Si tratta di un valore alto, ma che a detta degli analisti economici del mercato energetico sarebbe compatibile se si contabilizzassero tutte le esternalità che gravano sui combustibili fossili. 4 L idrogeno E noto che la maggior parte delle emissioni inquinanti proviene dal settore dei trasporti. Qui i derivati dal petrolio regnano sovrani e malgrado tutti i lodevoli tentativi per migliorare le prestazioni dei motori al fine di ridurre le emissioni specifiche, quelle totali continuano ad aumentare per l aumento del numero complessivo degli autoveicoli circolanti. Quindi, per incidere in modo sostanziale sulla riduzione delle emissioni, non si può fare altro che sostituire il gasolio, il gas liquido, il metano e la benzina con un combustibile pulito. In questo caso esiste un precedente ormai ampiamente sperimentato: si tratta dei cosiddetti bioetanolo e bioestere, cioè di combustibili analoghi alla benzina e al gasolio, prodotti dalle biomasse, che sono in grado di alimentare i motori a scoppio previa una parziale modifica del sistema di carburazione. A prescindere dalle discutibili caratteristiche di tali combustibili in relazione alle prestazioni dei motori, ci preme sottolineare che i biocombustibili realizzano nella pratica concreta un nuovo paradigma che vede l energia solare primaria trasformata in energia

7 7 chimica secondaria, accumulabile e usabile in tempo differito in tutti i settori d impiego dei combustibili convenzionali, compreso quello dei trasporti. E chiaro che le dimensioni del problema della sostituzione sono talmente grandi che l eventuale messa a coltura dei terreni per la produzione di biocombustibili entrerebbe presto in conflitto con l agricoltura tradizionale cosicché non è possibile pensare di poter risolvere i problemi ambientali per questa strada. Tuttavia i risultati oggi raggiunti dimostrano che il nuovo modello di sviluppo dell energia rinnovabile dovrà essere proprio quello analogo ai biocombustibili. Ed ecco l idrogeno [3]. Senza entrare in dettagli troppo tecnici circa gli innumerevoli pregi e difetti di questo gas, basti qui considerare che esso è un ottimo combustibile e per giunta completamente pulito. La sua combustione produce come scarto vapore d acqua. L energia elettrica delle fonti rinnovabili può essere trasformata in energia chimica dell idrogeno mediante l elettrolisi dell acqua e accumulata sotto forma di energia chimica con un efficienza intorno al 70%. Ogni litro d acqua contiene 111 grammi di idrogeno e questo dà un idea dell inesauribilità della risorsa. I motori a scoppio aumentano il loro rendimento in modo notevole se sono alimentati da idrogeno. Dall idrogeno è possibile produrre direttamente per via catalitica energia elettrica nelle celle a combustibile con un rendimento superiore al 60%. E quindi esiste la possibilità, già per altro sperimentata, dell autoveicolo veramente elettrico, cioè a emissioni totali zero. L idrogeno è oggi maneggiato in tutta sicurezza nel mondo in una quantità che supera le 50 milioni di tonnellate all anno. Esiste già consolidata la tecnologia di produzione dai combustibili fossili, di stoccaggio e trasporto in tutto il mondo. Il costo di produzione dalle fonti rinnovabili è senza dubbio più alto, ma la qualità ambientale del prodotto potrebbe portare ad un recupero dell aggiunta di costo, se si smettesse di distorcere con le incentivazioni nascoste il mercato del petrolio. 5 L impatto ambientale Come si è detto, la natura diffusa e la bassa densità al suolo dell energia solare (e di quella eolica che è pur sempre energia derivata da quella solare) fanno sì che occorra coprire vaste aree con gli impianti per poter produrre significative quantità di energia elettrica. Allo stato attuale delle tecnologie di sfruttamento, la densità di energia elettrica producibile rispetto al suolo occupato è pari a circa (20-47) GWh/km 2 per l eolico e (65-70) GWh/km 2 per il fotovoltaico in corrispondenza delle caratteristiche dei siti. Ciò significa che per produrre 1 TWh di elettricità con queste fonti è necessario occupare con i rispettivi impianti (50-21) km 2 per l eolico e (15-14) km 2 per il fotovoltaico. Se per ipotesi volessimo produrre tutto il fabbisogno elettrico nazionale di 300 TWh, anche assumendo il caso migliore per la produttività, dovremmo occupare 6300 km 2 con impianti eolici, o 4200 km 2 con impianti fotovoltaici, rispettivamente il 2.1% o l 1.4% del territorio nazionale. A prescindere dal fatto positivo che tali estensioni sono effettivamente reperibili nel territorio nazionale, come dimostra l inventario territoriale con il 7.5% costituito da zone agricole marginali e da coperture di edifici industriali, tuttavia la collocazione sul territorio degli impianti in tale misura provoca necessariamente un impatto ambientale, di cui occorre tenere conto. Generalmente parlando, i problemi dovuti all impatto sono di due tipi: quelli relativi alle emissioni nell ambiente di sostanze chimiche inquinanti e quelli dovuti alla collocazione sul territorio delle centrali di produzione elettrica. Per quanto riguarda il primo tipo di problemi, essi si verificano, sia per l eolico, che per il fotovoltaico, soltanto nella fase di produzione industriale dei componenti dei sistemi, mentre durante il funzionamento delle centrali non viene emesso alcun effluente chimico. Nel caso dell eolico, tuttavia occorre tenere conto del rumore causato dal funzionamento degli aerogeneratori. In ogni caso, l inquinamento prodotto nella prima fase è analogo a quello dei prodotti industriali simili (elettromeccanici ed elettronici) e, pertanto, esso è facilmente controllabile nelle fabbriche.

8 8 Data la vastità delle aree impegnate dagli impianti, il secondo tipo di problemi richiede qualche considerazione in ordine agli effetti di alterazione dello stato preesistente del territorio. Si possono distinguere le seguenti problematiche: Impatto sonoro (disturbo alla quiete dei luoghi dovuto al rumore generato dalla presenza degli impianti) Impatto paesaggistico ovvero impatto sull amenità dei luoghi (modifica delle linee estetiche del paesaggio) e impatto visivo dai luoghi di osservazione antropizzati (città, paesi e villaggi abitati, luoghi storici e monumenti, zone naturali particolarmente frequentate, ecc.).. Impatto ecologico sull ecosistema complessivo presente nel sito (uomo, flora e fauna). Impatto sulla sicurezza dei luoghi (limitazioni alla percorribilità al suolo e al volo a bassa quota in aria). Impatto sulle telecomunicazioni (interferenze radio-televisive). Impatto sul livello preesistente delle radiazioni elettromagnetiche nel sito. Impatto sulla salute degli abitanti in prossimità degli impianti (esposizione ai campi elettromagnetici). Impatto sul sistema sociale ed economico locale. Senza entrare nel merito di un analisi di dettaglio circa i diversi tipi d impatto prodotto dalle varie fonti, limitiamoci ad osservare che l aspetto più rilevante che accomuna tutte le fonti è costituito senza dubbio dall impatto visivo, cioè, dall alterazione visiva delle linee del paesaggio causato dalla presenza degli impianti. Per comprendere intuitivamente questo argomento, basta far riferimento alle seguenti illustrazioni fotografiche. Fig. Veduta di Castel Messer Marino (Chieti). Centro abitato e impianto eolico.

9 9 Fig. Aerogeneratori da circa 1 MW su un crinale (si notino le dimensioni rispetto alla persona sulla strada). Fig. Centrale fotovoltaica da 3.3 MW di Serre Persano (SA). Si noti l altezza massima dei pannelli rispetto agli alberi sullo sfondo. Gli aerogeneratori mostrati in figura hanno un altezza al mozzo di circa 60 m, a cui si aggiunge la lunghezza della pala di circa 25 m per un elevazione totale di 85 m. La potenza generata è di circa 1 MW. Nella situazione tipica di ventosità dei siti migliori italiani ogni aerogeneratore di questo tipo

10 produce circa 2000 MWh all anno. Gli aerogeneratori devono essere distanziati tra loro di almeno 7 diametri del rotore (350 m) in modo da non interferire reciprocamente e questo porta alla grande estensione del terreno occupato da ogni centrale. Tuttavia, il singolo generatore occupa fisicamente soltanto l area del suo basamento, cioè qualche centinaio di m 2. Gli impianti solari fotovoltaici sono costituiti da pannelli piani inclinati, ciascuno contenente centinaia di moduli. Ogni pannello ha un altezza massima dal suolo di circa 3 m. I pannelli sono posti sul terreno in file distanziate tra loro di qualche metro in modo da non ombreggiarsi reciprocamente. Allo stato attuale della tecnologia, si riesce ad ottenere un efficienza totale dell impianto di circa il 10%. Ciò significa che occorre 1 ha di pannelli per produrre 1 MWp, con un occupazione totale del suolo da parte dell impianto di circa 2.5 ha. Nelle condizioni d insolazione dei siti migliori italiani 1 MW di fotovoltaico produce circa 1700 MWh all anno. E allora chiaro che l impatto visivo per l eolico è generato dalla grande altezza degli aerogeneratori, mentre per il fotovoltaico l impatto è dato dalla grande estensione della superficie dei pannelli. Tuttavia gli aerogeneratori devono essere collocati esclusivamente nelle zone ventose ed in Italia tali zone sono di particolare pregio naturalistico e paesaggistico, in quanto esse sono circoscritte esclusivamente sui crinali appenninici e lungo le coste delle isole. Viceversa gli impianti fotovoltaici possono approfittare della natura diffusa della radiazione solare, che permette un maggior grado di libertà nella loro collocazione, cosicché essi possono essere piazzati nelle aree marginali a basso valore naturalistico, sulle coperture degli edifici commerciali ed industriali e perfino sulle aree degradate da recuperare, come quelle delle discariche. Dal punto di vista degli altri tipi d impatto, occorre segnalare che gli aerogeneratori sono macchine in movimento e che pertanto essi generano rumore. Inoltre l impatto visivo assume anche una natura dinamica che lo differenzia completamente dall impatto visivo dei piloni delle linee elettriche d alta tensione. Nel caso del fotovoltaico, invece, gli impianti hanno natura completamente statica con assenza completa di rumore. Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, la tecnologia eolica va considerata ormai matura e quindi capace di piccoli aggiustamenti migliorativi, mentre quella fotovoltaica è ancora nella fase giovanile e capace di ulteriori notevoli progressi. Ad esempio l efficienza di conversione dei moduli è in continuo miglioramento, per cui cominciano ad essere commerciali moduli al 15% con un obiettivo del 20% posto sull immediato futuro. In corrispondenza, la superficie specifica degli impianti si ridurrà di modo che anche l impatto visivo potrà essere più contenuto. 10

11 Riferimenti bibliografici 1 Enea: Rapporto Energia e Ambiente Ministero Ambiente, 1997, Seconda Comunicazione Nazionale dell Italia alla Convenzionequadro sui cambiamenti climatici, Sintesi in La Riduzione delle Emissioni di Gas Serra: l impegno per l Italia, IDIS ENEA, Edizione CUEN - Napoli 3 - Coiante D., 2004, Le nuove fonti di energia rinnovabile, Edizioni Franco Angeli, Cap.IX 11

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