UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DI RADIOLOGIA MEDICA, PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA PRESIDENTE: PROF. LEONARDO PACE TESI DI LAUREA L ENCEFALO PEDIATRICO: TECNICA E METODICA DI IMMAGINI IN RISONANZA MAGNETICA RELATORE DR. SALVATORE DE ROSA CANDIDATO IMMACOLATA SOLLI MATR 588/375 ANNO ACCADEMICO 2009/2010

2 Ai miei genitori 1

3 Sommario Introduzione... 4 Capitolo 1 Anatomia Anatomia del SNC Anatomia Vascolare Anatomia RM dell encefalo Capitolo 2 Principi fisici e applicazioni di Risonanza Magnetica Sequenze di acquisizione Applicazioni cliniche della RMN Capitolo 3 Aspetti Preliminari e tecnica di studio RM dell encefalo Sedazione, precauzioni e sicurezza Approccio con il paziente Posizionamento e centraggio Magnete e bobine Accorgimenti tecnici e piani di studio Protocolli Capitolo 4 Studio di Diffusione e di Perfusione Studio di Diffusione Sequenze di diffusione Studio della Perfusione Cerebrale Capitolo 5 Angiografia a Risonanza Magnetica Angiografia RM senza mezzo di contrasto Sequenze angiografiche principali in RM Angiografia RM con mezzo di contrasto Vantaggi e limiti dei metodi Capitolo 6 Risonanza Magnetica Fetale Protocollo Sequenze Haste Sequenze pesate in T S.A.R S.N.R Bobine Indicazioni L importanza dell età gestazionale Capitolo 7 Ruolo del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica Aspetti psicologici e relazionali del bambino

4 7.2 Tipi di pazienti Come capire Cosa vuol dire comunicare Come comunicare Doveri del TSRM Bibliografia Indice delle Figure Figura 1 Anatomia dell encefalo... 6 Figura 2 Poligono di Willis Figura 3 Immagine T Figura 4 Immagine T Figura 5 Densità protonica Figura 6 Immagine Spin Echo Figura 7 Immagine FLAIR Figura 8 Immagine ad Eco di Gradiente Figura 9 Astrocitoma pilocitico del cervelletto. RM sagittale T1 con mdc Figura 10 Idrocefalo acuto RM--FLAIR Figura 11 Piani di studio - Sezione sagittale Figura 12 Piani di Studio - Sezione assiale Figura 13 Piani di Studio - Sezione coronale Figura 14 DWI, infarto, malattia di Moyamoyo Figura 15 Anemia falciforme. Immagine assiale EPI pesata in diffusione Figura 16 Infarto, malattia di Moyamoya. Angio RM 3D TOF Figura 17 Angio RM Figura 18 Angio RM Figura 19 Sequenza Haste T2 nel piano assiale Figura 20 Bobine usate in RM fetale Figura 21 Bobine phase array accoppiate

5 Introduzione In epoca neonatale le tecniche neuroradiologiche disponibili per lo studio del sistema nervoso centrale sono: l ecografia, la tomografia computerizzata (TC) e la RM. L ecografia per praticità d uso, relativa ampia disponibilità, bassi costi e assenza di radiazioni ionizzanti, rimane la tecnica diagnostica di screening nella valutazione della patologia del SNC neonatale. Attraverso l ecografia viene stabilito il grading nelle emorragie periintraventricolari del prematuro e conseguentemente poste le basi per un inquadramento prognostico. Sempre attraverso l ecografia viene facilmente monitorato, nel paziente con emorragia periintraventricolare, l insorgere e l eventuale progressione di una dilatazione ventricolare. E inoltre la tecnica fondamentale nella prima valutazione del danno anossicoischemico sia nel prematuro che nel nato a termine seppure la sua sensibilità e specificità sia inferiore alla RM. E quindi una tecnica diagnostica insostituibile in neonatologia per un primo inquadramento del danno cerebrale nel neonato. La TC è una tecnica progressivamente in disuso in ambito neonatale. Ha una ottima sensibilità per le lesioni emorragiche, ma una complessiva scarsa sensibilità nel confronti delle lesioni anossico-ischemiche se confrontata alla RM. Il suo impiego è inoltre limitato dall uso di radiazioni ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti sono quelle radiazioni dotate di energia sufficiente da poter ionizzare gli atomi o le molecole con cui vengono a contatto. Se incidono sui tessuti biologici possono provocare danni che vengono suddivisi in danni somatici deterministici, danni somatici stocastici, danni genetici stocastici. I danni somatici deterministici causati da una forte irradiazione, consistono in una degenerazione dei tessuti di un organismo vivente a causa di una sovraesposizione a radiazioni ionizzanti. I danni si manifestano solo se viene superata un valore soglia, cioè un valore di dose in un dato intervallo di tempo. La soglie di dose è caratteristica per ogni tipo di effetto, non è uguale per tutti gli individui ma è diversa da persona a persona e prima o poi tutti risentiranno di tali effetti. In genere insorgono entro poche ore, giorni, settimane dopo 4

6 l irradiazione. La gravità e la precocità dei danni sono direttamente proporzionali alla dose. I danni stocastici sono probabilistici, non richiedono il superamento di un valore soglia per manifestarsi. Si manifestano dopo anni dall irradiazione e non sono graduati, cioè la dose non rende l effetto più grave ma solo più probabile. Mentre nei danni somatici stocastici non vengono colpiti i gameti e quindi non vengono ereditati, nei danni genetici stocastici il materiale genetico delle cellule riproduttive può subire modificazioni nei geni e nei cromosomi. L impiego per il quale risulta ancora oggi insostituibile nella diagnostica neuroradiologica del neonato è lo studio del cranio e del massiccio facciale (malformazioni e traumi) e delle calcificazioni intracraniche. La RM è l esame più utilizzato in ambito pediatrico. È una tecnica non invasiva, multiplanare, multiparametrica ed è caratterizzata da assenza di artefatti ossei. È la tecnica che oggigiorno presenta la più alta sensibilità verso le lesioni anossico-ischemiche sia del prematuro che del nato a termine. Oltre a dimostrare una elevata sensibilità, la RM offre anche la miglior definizione possibile della anatomia normale del SNC neonatale ed è inoltre l unica tecnica in grado di valutare il processo di mielinizzazione. Un ulteriore vantaggio nei confronti della TC è l assenza di radiazioni ionizzanti, mentre presenta nei confronti dell ecografia dei limiti legati al relativo alto costo e minor disponibilità e alla necessità dell immobilità del neonato durante l esecuzione dell esame. Entro i primi uno-due mesi di vita, è tuttavia possibile eseguire l esame RM senza sedazione, avendo cura di preparare il neonato prima dello studio con una congrua deprivazione di sonno seguita dall allattamento. La RM consente una elevata risoluzione tra sostanza grigia e sostanza bianca cerebrale, nonché una soddisfacente localizzazione in vivo di aree cerebrali sedi di particolari neurofunzioni, consentendo persino di correlare in tempo reale sintomi neurologici e neuroimmagini. L uso di idonei mezzi di contrasto consente anche lo studio dei vasi di più piccolo calibro. I segnali derivanti da nuclei di idrogeno eccitati all interno del corpo vengono identificati ed analizzati da potenti computer che ricostruiscono immagini molto dettagliate. Il bambino e coloro che li assistono debbono necessariamente togliere tutti gli oggetti metallici ed elettronici. L unico vero inconveniente può essere rappresentato dalla durata dell esame, abitualmente non inferiore ai minuti. Ciò può comportare problemi nell immobilizzazione, nonché lo scatenarsi di reazioni di claustrofobia. I rumori possono essere attenuati da tappi e cuffie auricolari. Grazie ai continui ed incessanti perfezionamenti, la RM consente oggi lo studio del cervello e del rachide anche in età prenatale, senza dover ricorrere ad alcuna sedazione né materna né fetale. E un indagine di secondo livello rispetto all ecografia e può essere eseguita fin dalla sedicesima settimana di età gestazionale, senza alcun rischio per il feto. 5

7 Capitolo 1 Anatomia 1.1 Anatomia del SNC Il sistema nervoso centrale nasce come un tubo neurale cavo, la cui cavità interna è riempita da un liquido. Nella quarta settimana di sviluppo, nella porzione cefalica del tubo neurale, si ha la formazione di tre aree che si allargano rapidamente in seguito ad estensione del neurocele. Questo allargamento crea tre prominenti vescicole cerebrali primitive, che prendono Figura 1 Anatomia dell encefalo il nome dalla loro porzione relativa: proencefalo, mesencefalo e rombencefalo. Il proencefalo e il rombencefalo si suddividono ulteriormente, formando le vescicole cerebrali secondarie. Il proencefalo formerà il telencefalo e il diencefalo. Il telencefalo costituirà il cervello, ovvero i due emisferi cerebrali che dominano la superficie superiore e laterale dell encefalo adulto. Il diencefalo forma il talamo, l ipotalamo e l ipofisi. Nel momento in cui la parte terminale del tubo neurale si chiude, rigonfiamenti secondari, le vescicole ottiche, si estendono lateralmente ai lati del diencefalo. La porzione di rombencefalo adiacente al mesencefalo forma il metencefalo. La porzione dorsale del metencefalo diventerà il cervelletto, quella ventrale il ponte. La porzione di rombencefalo più adiacente al midollo spinale diventerà il mielencefalo o bulbo. Il telencefalo è costituito da due emisferi cerebrali che poggiano sul mielencefalo e sul tronco cerebrale. Essi sono formati dalla corteccia cerebrale (sostanza grigia), dalla sostanza bianca sottostante (centro semiovale) e dai gangli o nuclei della base, che nell insieme circondano i ventricoli cerebrali laterali I e II. Sono connessi tra loro mediante il corpo calloso, una massa cospicua di sostanza bianca. Il corpo calloso è formato da una parte centrale, il tronco e da due rigonfiamenti, anteriore (ginocchio) e posteriore (splenio). Al di sotto dello splenio e del 6

8 tronco del corpo calloso si trovano i fasci arcuati del fornice, pari e simmetrici, questi si portano in basso fino a raggiungere i corpi mammillari, delimitando così il tetto del terzo ventricolo. La superficie corticale forma una serie di giri rilevati,o circonvoluzioni, separati da solchi poco depressi o scissure più profonde. I due emisferi cerebrali sono separati da una profonda scissura longitudinale, e ogni emisfero può essere suddiviso in lobi, che prendono il nome dall osso cranico sovrastante. La scissura trasversale del cervello (o di Bichat) si interpone tra la faccia inferiore dei lobi occipitali e la faccia superiore del cervelletto, separando il cervello dal cervelletto. Le restanti scissure principali suddividono ciascun emisfero cerebrale in lobi. La scissura centrale di Rolando, è posta, all incirca al di sotto della sutura coronale del cranio e separa il lobo frontale posto anteriormente, dal lobo parietale, che gli sta posteriormente. La scissura laterale di Silvio decorre sulla porzione inferiore della superficie laterale degli emisferi, separando i lobi frontale e parietale, in alto, dal lobo temporale, in basso; sul fondo di tale scissura si rinviene il lobo dell insula. Infine c è il solco parieto occipitale. La sostanza bianca contiene fibre mieliniche che formano fasci che si estendono da un area corticale ad un altra o che connettono aree della corteccia ad altre regioni del cervello. La sostanza bianca centrale contiene tre gruppi principali di assoni: fibre associative, tratti che connettono aree della corteccia nervosa con un singolo emisfero cerebrale, fibre commissurali,tratti che connettono i due emisferi cerebrali, fibre di proiezione, tratti che legano il cervello con altre regioni dell encefalo e del midollo spinale. I nuclei cerebrali sono raggruppamenti di sostanza grigia all interno degli emisferi cerebrali. I nuclei cerebrali si trovano in ogni emisfero al di sotto dei ventricoli laterali. Essi sono circondati da sostanza bianca centrale e tra essi o intorno a essi si trovano vi sono fibre di proiezione o commissurali. Il nucleo caudato possiede una grossa testa e un esile coda. All apice della coda vi è un nucleo, il corpo amigdaloideo, o amigdala. Tre gruppi dei sostanza grigia stanno tra la superficia rotonda dell insula e le pareti laterali del diencefalo. Questi sono il claustro, il putamen e il globus pallidus. Il putamen e il globus pallidus sono spesso considerati come una suddivisione di un più grande nucleo lenticolare. Il termine corpo striato raggruppa il nucleo caudato e il nucleo lenticolare. Il nome si riferisce all aspetto striato della capsula della capsula interna che passa tra questi due nuclei. Il diencefalo è suddiviso in tre regioni: l epitalamo o tetto del diencefalo,che comprende la ghiandola pineale; il talamo destro e sinistro che costituiscono le pareti del diencefalo; l ipotalamo, il pavimento del diencefalo, centro del controllo viscerale. Un sottile gambo collega l ipotalamo all ipofisi. L epitalamo anteriormente appare membranoso. Questa 7

9 regione che costituisce il tetto del terzo ventricolo, contiene un estesa area di plessi corioidei, che si estendono attraverso i fori interventricolari nei ventricoli laterali. Il talamo destro e sinistro, sono due strutture ovoidali, sono le pareti del diencefalo e circondano il terzo ventricolo, che separa i due talami. Il talamo si estende dalla commissura anteriore alla base della ghiandola pineale. Una proiezione rotonda di sostanza grigia, la massa intermedia, si estende nel terzo ventricolo da ogni lato del talamo. Il talamo di ogni lato si arrotonda lateralmente allontanandosi dal terzo ventricolo e volgendo anteriormente verso il cervello. Il bordo laterale del talamo è limitato dalle fibre della capsula interna. Immersa in ogni talamo vi è una massa rotondeggiante composta da diversi nuclei talamici interconnessi. I cinque principali gruppi dei nuclei talamici sono: il gruppo anteriore,il gruppo mediale, il gruppo ventrale, il gruppo posteriore e il gruppo laterale. I nuclei del gruppo posteriore comprendono il pulvinar e i corpi genicolati. L ipotalamo è situato al di sotto del talamo dorsale e costituisce il pavimento del terzo ventricolo. Si estende dall area superiore del chiasma ottico, dove in tratti ottici provenienti dagli occhi arrivano all encefalo, fino ai margini posteriori dei corpi mammillari. Posteriormente al chiasma ottico, si estende inferiormente l infudibulum, che connette l ipotalamo all ipofisi. Il mesencefalo è la porzione più craniale del tronco cerebrale, che nonostante sia la più breve e ristretta, connette il ponte e il cervelletto con il prosencefalo. Il mesencefalo è costituito da un paio di strutture arrotondate, i peduncoli cerebrali, formate in buona parte dalle fibre di diversi tratti ascendenti e discendenti lunghi che sono tesi tra il prosencefalo da una parte e il ponte, cervelletto, oblongata e midollo spinale dall altra; i corpi (tubercoli) o collicoli quadrigemini, quattro rilievi rotondeggianti visibili in corrispondenza della superficie dorsale, che contengono importanti centri di integrazione e nuclei implicati nella coordinazione delle attività motorie; l acquedotto cerebrale di Silvio, un canale ristretto che mette in comunicazione il terzo e il quarto ventricolo; la calotta, o tegmento, interposta tra i peduncoli cerebrali e i tubercoli quadrigemini, contenente sia nuclei cospicui, ben distinti, sia piccoli nuclei della formazione reticolare. Il ponte connette gli emisferi cerebellari col mesencefalo, diencefalo, telencefalo e midollo spinale. È posto ventralmente al cervelletto, intercalandosi tra il mesencefalo, in alto, e l oblongata, in basso. Il bulbo, o midollo allungato, o mielencefalo, in direzione caudale si continua direttamente, al di la del grande forame occipitale, con il midollo spinale. Ha una forma di una piramide tronca che, cranialmente trapassa nel ponte. La sua porzione caudale rassomiglia al midollo 8

10 spinale in quanto possiede una forma rotondeggiante e un sottile canale centrale. In prossimità del ponte, questo canale centrale si allarga, per continuarsi col quarto ventricolo. Il bulbo connette l encefalo col midollo spinale e molte delle sue funzioni sono direttamente correlate a questa funzione. Il cervelletto occupa la porzione postero inferiore della cavità cranica. È posto al di sotto dei lobi occipitali degli emisferi cerebrali, (dai quali è separato dall interposizione di una piega della dura madre, il tentorio cerebellare) e dietro al ponte e alla parte superiore dell oblongata. La superficie del cervelletto è rivestita di sostanza grigia, la corteccia cerebellare, che si solleva in lunghe circonvoluzioni parallele, dette folia, separate da solchi. I lobi anteriori e posteriori sono separati da una scissura primaria. Lungo la linea mediana, una sottile striscia di tessuto corticale, detta verme, separa gli emisferi cerebellari dai lobi posteriori. I più sottili lobi flocculo nodulari si trovano anteriormente e inferiormente agli emisferi cerebrali. La corteccia cerebellare contiene le grandi e molto ramificate cellule del purkinje. All interno la sostanza bianca del cervelletto contiene una struttura ramificata, definita arbor vitae. Il cervelletto si connette con il mesencefalo mediante il peduncolo cerebellare superiore, con il ponte per il tramite del peduncolo cerebellare medio e con l oblongata grazie al peduncolo cerebellare inferiore. I ventricoli cerebrali sono colmati da liquido cerebrospinale. Ciascun emisfero cerebrale contiene un ventricolo laterale. Ogni ventricolo laterale può essere suddiviso in quattro porzioni: un corno anteriore, nel lobo frontale; un corpo, nel lobo parietale; un corno inferiore o temporale, nel lobo temporale; e un corno occipitale o posteriore, nel lobo occipitale. Una sottile porzione mediana, il setto pellucido, separa i cosiddetti ventricoli laterali. Il terzo ventricolo è contenuto nel diencefalo; sta dietro e medialmente rispetto ai ventricoli laterali, con i quali è in comunicazione per il tramite di due piccole aperture, i forami interventricolari di Monro. Il quarto ventricolo è contenuto nel rombencefalo, in posizione dorsale rispetto al ponte ed all oblongata, ma ventrale rispetto al cervelletto. Comunica con il terzo ventricolo mediante un canale ristretto, l acquedotto cerebrale di Silvio, che attraversa longitudinalmente il mesencefalo. In corrispondenza del tetto del quarto ventricolo è presente un apertura, detta forame di Magendie, mentre in corrispondenza di ciascuna delle sue pareti laterali sono visibili i forami di Luschka. Per il tramite dei forami di Magendie e di Luschka, il quarto ventricolo si pone in comunicazione diretta con lo spazio sub aracnoideo; ciò consente al liquor cerebrospinale di passare dall interno all esterno del neurasse. Ciascun ventricolo cerebrale è dotato di un plesso corioideo, una struttura formata da un fitto groviglio di vasi 9

11 della pia madre che si pongono in contatto con le cellule ependimali rivestenti la parete ventricolare. I plessi corioidei partecipano attivamente alla formazione del liquor. 1.2 Anatomia Vascolare Il circolo arterioso cerebrale è sostenuto da quattro arterie: le due arterie carotidi e le due arterie vertebrali. Nella maggior parte dei casi la carotide comune di destra nasce dal tronco anonimo, la carotide comune di sinistra origina dall arco aortico, in vicinanza dell arteria succlavia sinistra. Le arterie vertebrali, destra e sinistra, nascono dalle succlavie di ciascun lato. Le arterie carotidi comuni, all altezza della quinta vertebra cervicale, si dividono in due grossi tronchi arteriosi, in modo sempre simmetrico, la carotide interna e la carotide esterna. La carotide esterna distribuisce i suoi rami alle strutture della faccia (a. linguale, a. mascellare interna, a. facciale), ai tessuti molli pericranici (a. temporale superficiale, a. occipitale) e alle meningi (a. meningea media). Fra il circolo della carotide esterna, quello della carotide interna e il circolo vertebro basilare esistono numerose anastomosi, le più importanti sono quelle a livello dell arteria occipitale per la Figura 2 Poligono di Willis vertebrale e dell arteria oftalmica per la carotide interna. L arteria carotide interna penetra nella cavità cranica attraverso il canale carotico situato alla base della piramide petrosa ed ha come rami principali l arteria oftalmica, per la vascolarizzazione delle strutture orbitarie, e le due arterie cerebrali, l anteriore e la media che si distribuiscono all emisfero cerebrale omolaterale. Le due arterie vertebrali decorrono nel tratto extracranico addossate alle strutture vertebrali e impegnandosi nei fori omonimi delle vertebre cervicali e penetrano in fossa cranica posteriore attraverso il forame occipitale; la vertebrale destra si unisce alla vertebrale sinistra nella parte bassa della cisterna bulbo pontina, dando luogo all arteria basilare, che decorre addossata al clivus anteriormente al tronco cerebrale. Nel loro segmento intracranico le vertebrali hanno come principale vaso efferente l arteria cerebellare postero inferiore che vascolarizza la parte bassa degli emisferi cerebellari e del tronco cerebrale, dalla basilare si 10

12 dipartono le altre arterie cerebellari, le arterie cerebellari media e superiori, e le due arterie cerebellari posteriori, che sono i due tronchi terminali dell arteria basilare e distribuiscono i loro rami ai lobi occipitali e temporali, alla regione mesencefalica e ai nuclei della base. Il circolo carotideo di un lato comunica con quello controlaterale mediante un ponte arterioso che unisce le due arterie cerebrali anteriori alla base dell encefalo 8l arteria comunicante anteriore). Il sistema carotideo comunica con quello vertebro basilare per mezzo di due arterie anastomotiche, le arterie comunicanti posteriori, che collegano i due sifoni carotidei con le due arterie cerebrali posteriori. Il complesso arterioso alla base dell encefalo, costituito da questa rete anastomotica è detto Poligono di Willis ed è mostrato in figura. Il circolo venoso cerebrale è costituito da due sistemi, uno profondo, che drena il sangue dalle strutture cerebrali più interne, ed uno superficiale dato dalle vene corticali. Il sistema profondo ha come vasi principali le vene talamo striate, le vene cerebrali interne e le vene basilari; queste si immettono nella grande vena di Galeno e quindi nel seno retto. Le vene corticali si versano nel seno longitudinale superiore e nei seni cavernosi e petrosi alla base dell encefalo. Tutti confluiscono poi nei seni trasversi e sigmoidei che si immettono a loro volta nelle vene giugulari interne, le quali lasciano la cavità cranica attraverso i fori omonimi nella parte posteriore dei fori laceri posteriori. 1.3 Anatomia RM dell encefalo L aspetto maggiormente caratteristico delle immagini RM nel neonato è la pressoché completa assenza di mielina ben evidenziabile sia nelle immagini T1 che T2 dipendenti. L assenza di mielina determina una inversione dei normali rapporti di contrasto fra sostanza bianca e sostanza grigia. Nell adulto o nel bambino a processo di mielinizzazione completato, sostanza bianca e sostanza grigia hanno dei caratteristici rapporti di contrasto governati sostanzialmente dalle differenti concentrazioni in acqua e lipidi. In particolare la sostanza bianca essendo relativamente più povera in acqua e più ricca in lipidi della sostanza grigia presenta un segnale più basso della sostanza grigia nella sequenza T2 dipendente e più alto della sostanza grigia nella sequenza T1 dipendente. Nel neonato viceversa l assenza di mielina comporta una relativa alta concentrazione in acqua e bassa in lipidi della sostanza bianca con un inversione dei rapporti di contrasto in T1 e T2 fra sostanza bianca e sostanza grigia: la sostanza bianca avrà quindi un segnale relativamente iperintenso nei confronti della grigia nella sequenza T2 dipendente e relativamente ipointenso sempre nei confronti della grigia nella sequenza T1 dipendente. Per altro verso, tali rapporti di contrasto consentono di identificare all interno della sostanza bianca quelle aree dove nel neonato comincia a rendersi 11

13 evidente il processo di mielinizzazione. Tali aree sono costituite nel neonato principalmente dalle vie sensitive (lemnischi mediali, nuclei ventro postero laterali dei talami, corone radiate) comprese le vie uditive (lemnischi laterali, collicoli inferiori, corteccia uditiva primaria) e visive (tratti ottici, nuclei genicolati, corteccia calcarina) e da alcune aree filogeneticamente più antiche come le strutture archi e paleo cerebellari. La maturazione cerebrale, che peraltro prosegue dopo la nascita, comporta continue variazioni della morfologia e, soprattutto, del segnale dell encefalo neonatale: è fondamentale saper riconoscere gli aspetti RM normali onde non confonderli con quadri patologici. Considerando dapprima aspetti puramente morfologici, l opercolizzazione dell insula inizia alla 20a settimana di età gestazionale; i principali solchi degli emisferi cerebrali divengono ben evidenti tra la 26a e la 28a settimana. Durante l ultimo trimestre di gravidanza i giri corticali ed i solchi appaiono rispettivamente più prominenti e più profondi tra la 40a e la 44a settimana. Alla nascita è possibile riconoscere alla RM quasi tutte le circonvoluzioni visibili nel cervello dell adulto. Le variazioni di segnale si verificano continuamente fino al termine della maturazione cerebrale, continuando dopo la nascita, in alcuni casi fino all adolescenza. Rispetto alla sostanza grigia, la sostanza bianca del prematuro ha un segnale relativamente omogeneo e basso nelle immagini T1-dipendenti e segnale alto nelle immagini T2- dipendenti. Questo tipo di segnale esprime un allungamento del T1 e del T2 rispetto all encefalo dell adulto dovuto all alto contenuto in acqua della sostanza bianca immatura. L accorciamento del T1 è più rapido nel primo anno di vita, mentre il decremento diviene poi progressivamente più lento. L accorciamento dei tempi di rilassamento della sostanza bianca nel corso dello sviluppo è probabilmente determinato da vari fattori quali: la progressiva riduzione del contenuto idrico, la comparsa di precursori della mielina e, infine, la formazione della mielina stessa. Sono, comunque, le immagini T2-dipendenti che consentono la migliore differenziazione delle varie strutture del cervello dei nati pre-termine. Il processo di mielinizzazione inizia nel tronco encefalico nella 29a settimana e procede cranialmente, fino a raggiungere il centro semiovale alla 42a settimana. Negli emisferi cerebrali la mielinizzazione inizia in corrispondenza del solco di Rolando, nell area motoria e sensitiva primaria, per poi estendersi in avanti e all indietro. Tra la 37 e la 40a settimana la RM dimostra l avvenuta mielinizzazione nel braccio posteriore della capsula interna. La mielinizzazione avanza con diversa velocità nelle diverse regioni dell encefalo: l intervallo tra l inizio ed il completamento del processo è relativamente breve - 6 settimane - nel braccio posteriore della capsula interna, mentre è molto più lungo - 69 settimane - nel lobo frontale. Il processo di mielinizzazione si estrinseca con tempi e velocità differenti nelle immagini T1 e T2-12

14 dipendenti. Alcuni studi hanno dimostrato che il progressivo accorciamento del T1 nella sostanza bianca sarebbe maggiormente correlato all aumento di colesterolo e glicolipidi durante la formazione della mielina dagli oligodendrociti. D altra parte, il progressivo accorciamento del T2 correlerebbe maggiormente con il processo di spiralizzazione della mielina attorno agli assoni e alla presenza di acidi grassi poli-insaturi nelle membrane. Le immagini fortemente T2-dipendenti e quelle T1-dipendenti ottenute con sequenza IR sono le più indicate a fornire un alto contrasto tra la sostanza bianca già mielinizzata e quella non mielinizzata. Alla nascita, nel neonato a termine è possibile riconoscere come mielinizzati fasci relativi alle vie acustiche, vestibolari e sensitive ed iniziano ad essere riconoscibili le vie ottiche. In particolare appaiono mielinizzati il tegmento del ponte, i corpi quadrigemini inferiori, il lemnisco mediale, i corpi genicolati, il braccio posteriore della capsula interna, il nucleo ventro-postero-laterale del talamo, e parte dell area acustica primaria, della corona radiata e della regione perirolandica. Durante lo sviluppo dell encefalo si verifica infine una progressiva e fisiologica riduzione della diffusione e, contemporaneamente, un aumento dell anisotropia, aspetti anch essi legati alla maturazione cerebrale ed in particolare al processo di mielinizzazione. Il ruolo della neuroradiologia nella valutazione del danno anossico-ischemico perinatale è stato profondamente modificato dall avvento della risonanza magnetica (RM). Questa tecnica consente da un lato la migliore valutazione possibile dell anatomia normale dell encefalo neonatale, e dall altro offre importanti informazioni diagnostiche sia nella valutazione del prematuro che del nato a termine. Nel prematuro, la RM è in grado di identificare la presenza di piccole lesioni della sostanza bianca non visualizzabili allo studio ecografico, mentre nell asfissia del nato a termine identifica un quadro caratteristico di coinvolgimento selettivo di aree ad elevata richiesta energetica. Grazie a particolari tecniche di acquisizione, è inoltre possibile ottenere immagini dipendenti dalla diffusione molecolare, tali immagini sono di estrema utilità nella valutazione della fase acuta del danno anossico-ischemico, permettendo un bilancio prognostico estremamente precoce. L avvento della risonanza magnetica (RM) ha profondamente modificato l approccio diagnostico neuroradiologico al danno cerebrale da insulto ipossico/ischemico neonatale. 13

15 Figura 3 Immagine T1 Figura 4 Immagine T2 Figura 5 Densità protonica 14

16 Capitolo 2 Principi fisici e applicazioni di Risonanza Magnetica I responsabili del segnale che sono alla base della formazione delle immagini RM sono i protoni. I protoni sono dotati di spin intrinseco cioè ruotano intorno a se stessi e sono associati ad un campo magnetico microscopico detto momento magnetico nucleare o dipolo magnetico. Quasi tutti i sistemi RM attualmente utilizzano le proprietà magnetiche del nucleo di idrogeno o protone perché è il più abbondante nel nostro organismo ed è quello che produce il segnale più intenso. In assenza di un campo magnetico esterno, i momenti magnetici dei singoli protoni o nuclei di idrogeno sono orientati casualmente nei tessuti. La loro somma detta magnetizzazione risultante è nulla. invece in presenza di un campo magnetico esterno stazionario (B0) questi protoni tendono ad orientarsi parallelamente alla direzione del campo magnetico esterno B0. Si produce così una magnetizzazione risultante M, orientata parallelamente a B0. Inoltre sempre per effetto di B0 il momento magnetico di ciascun protone comincia a precedere attorno alla direzione di B0. I protoni possono assumere due orientamenti, parallelo, corrispondente al livello energetico basso, ed opposto rispetto a B0, corrispondente al livello energetico alto. In condizioni di equilibrio il numero di protoni nel livello energetico basso, paralleli a B0, è lievemente superiore rispetto al numero di protoni nel livello energetico alto, antiparalleli a B0. Questa maggioranza di protoni paralleli produce una magnetizzazione risultante (M) che ha la stessa direzione e verso del campo magnetico esterno Bo. Il verso e la direzione del campo magnetico esterno B0 e della magnetizzazione risultante M vengono generalmente rappresentati in un sistema tridimensionale di assi cartesiani dove z corrisponde all asse longitudinale, parallelo alla direzione di B0, mentre x e y, tra loro perpendicolari, individuano il piano trasverso, perpendicolare alla direzione di Bo. La frequenza con cui i protoni ruotano attorno alla direzione di B0 è detta frequenza di precessione o di Larmor e dipende da due fattori: la costante giromagnetica, valore numerico caratteristico di ciascuna specie nucleare, e la forza del campo magnetico principale B0. I campi magnetici che vengono utilizzati, in genere da 0.15 fino a T, producono 15

17 frequenze di precessione dei nuclei di idrogeno comprese tra 6.4 e 64 MHz. In condizioni di equilibrio tutti, in presenza di un campo magnetico uniforme, tutti i nuclei hanno la stessa frequenza, ma non la stessa fase di precessione. Applicando onde elettromagnetiche che hanno una frequenza uguale a quella di precessione nucleare viene alterato lo stato di equilibrio. Si verifica così il fenomeno della risonanza magnetica nucleare con passaggio di energia dalla radiazione elettromagnetica al sistema di nuclei. L applicazione della RF equivale all applicazione di un secondo campo magnetico perpendicolare a B0 detto B1. B1 ha un intensità molto inferiore a B0 e ruota nel piano x,y perpendicolare a B0, ad una frequenza uguale a quella della precessione nucleare. La stimolazione RF, in condizioni di risonanza, provoca due fenomeni simultanei. In primo luogo i nuclei di idrogeno tendono a precedere oltre che intorno al B0 anche intorno al B1 ed in fase con esso; di conseguenza tutti i nuclei non solo hanno la stessa frequenza, ma anche la stessa fase di precessione, essi sono tra loro sincronizzati. Poi alcuni protoni passano dal livello energetico basso al livello energetico alto. Una volta cessato l impulso RF di eccitazione il sistema torna all equilibrio e si verificano all inverso gli stessi due fenomeni che erano stati provocati dall impulso RF. I nuclei in precessione si de sincronizzano e molti di essi tornano dal livello energetico alto a quello basso. Il primo di questi due fenomeni provoca il decadimento della Magnetizzazione trasversa e quindi anche del segnale RNM, esso è denominato Rilassamento Trasverso, T2 o spin-spin. Il secondo evento produce il recupero della Magnetizzazione Longitudinale; esso è denominato, Rilassamento Longitudinale, T1 o spin-lattice. Rilassamento T1 T1 è una misura del tempo richiesto ai nuclei per ridistribuirsi nei due livelli energetici e tornare alle condizioni di equilibrio iniziale. Il processo per avvenire implica cessione di energia al microambiente circostante da parte dei nuclei che tornano al livello di energia più basso, denominato lattice. Man mano che aumenta il numero dei nuclei che si orientano parallelamente a B0 c è il progressivo recupero della Magnetizzazione Longitudinale. Il rilassamento longitudinale o T1 è un processo descritto da una funzione di tipo esponenziale. T1 è il tempo necessario per recuperare il 63% della Magnetizzazione Longitudinale, dopo 2T1 il recupero è dell 86%, dopo 3T1 è del 95%, dopo 5T1 il recupero è quasi totale. Il rilassamento T1 dipende dalla velocità con cui il microambiente circostante assorbe l energia ceduta ai nuclei. 16

18 Rilassamento T2 T2 è una misura del tempo impiegando dai protoni per de sincronizzarsi. Il rilassamento T2 dipende dagli scambi di energia reciproci fra i vari nuclei o spin. Alla progressiva de sincronizzazione dei nuclei nel piano trasverso x,y fa riscontro il decadimento progressivo della Magnetizzazione Trasversa che si azzera nel momento in cui i nuclei si trovano orientati casualmente nel piano x,y. Anch esso è descritto da una funzione di tipo esponenziale. T2 è il tempo richiesto alla Magnetizzazione trasversa e al segnale RNM per decadere al 37% del valore iniziale; dopo 2 T2 il decadimento è al 14%; dopo 3 T2 è al 5 %; dopo 5 T2 il decadimento è pressoché totale. In realtà una piccola disomogeneità di B0 è presente e ciò produce una de sincronizzazione dei nuclei in modo più veloce rispetto a quanto avverrebbe in un campo magnetico perfettamente omogeneo. in queste condizioni il tempo di decadimento del segnale è definito T2*. Dipende sia dalle interazioni reciproche tra i nuclei, sia dalle disomogeneità di B0. Per la formazione dell immagine in Risonanza Magnetica c è bisogno di un campo magnetico potente, uniforme e stabile, per magnetizzare l oggetto in esame. Sono richiesti gradienti magnetici, di più debole intensità e rapidamente variabili nel tempo, orientati secondo i tre assi dello spazio x, y e z; un sistema per la trasmissione/ricezione della radiofrequenza; ed un sistema di elaborazione dati. 2.1 Sequenze di acquisizione Debbono essere considerati dei parametri di acquisizione specifici legati prevalentemente al fatto che il cervello di un neonato essendo pressoché completamente privo di mielina è molto più ricco in acqua che non il cervello di un adulto o di un bimbo di 4-5 anni. In linea generale, per ottenere nell encefalo del neonato un buon contrasto fra sostanza bianca non mielinizzata e sostanza grigia, occorre accentuare la dipendenza della sequenza sia dal tempo di rilassamento T1 che dal tempo di rilassamento T2. Da un punto di vista tecnico per una sequenza spin echo standard T2 dipendente il TR non dovrebbe essere inferiore a 3000 ms e il TE a ms. L aumento del TR comporta un aumento del tempo di acquisizione, tuttavia la recente introduzione nella routine clinica delle sequenze spin-echo rapide (Fast o Turbo SE) ha consentito di ridurre nettamente il tempo di acquisizione mantenendo dei TR elevati ed un eccellente rapporto segnale/rumore. Le sequenze veloci possono essere utilizzate anche nelle acquisizioni con tecnica inversion recovery che consentono un eccellente contrasto T1 fra sostanza bianca, sostanza grigia e liquor. 17

19 Nello studio della patologia cerebrovascolare del neonato, le sequenze spin-echo dipendenti dalla densità protonica e le sequenze FLAIR si sono dimostrate di scarsa utilità ed appaiono complessivamente meno informative delle sequenze convenzionali spin-echo T1 e T2 dipendenti ed inversion recovery T1 dipendenti. Nel sospetto di emorragia della matrice germinale o d infarto emorragico periventricolare, l obiettivo delle sequenze RM è quello di evidenziare le caratteristiche modificazioni di segnale legate alle proprietà paramagnetiche dei derivati emoglobinici. In questo senso, a causa della continua rifocalizzazione degli impulsi RF, le sequenze spin-echo veloci T2 dipendenti risultano poco efficaci in quanto appiattiscono gli effetti paramagnetici rispetto alle corrispondenti convenzionali spin-echo, specie con apparecchiature a campo magnetico medio-basso (< 0,5 T). In questi casi è preferibile non utilizzare sequenze veloci, ma ad eco di gradiente che utilizzano un sistema di rifocalizzazione misto (RF + gradienti) e che hanno una buona sensibilità agli effetti paramagnetici Sequenza Spin Echo La sequenza spin echo è una sequenza 2D che permette di ottenere immagini nei tre piani dello spazio nelle diverse ponderazioni T1, DP, T2. La sequenza è formata da un impulso da 90 seguito da uno di 180 di rifocalizzazione degli spin. Dopo un tempo TE viene registrato il segnale di ritorno. Il TR è il tempo che intercorre tra un impulso di 90 e il successivo. Dopo l impulso RF di 90 i protoni in precessione libera nel piano trasverso x,y cominciano a perdere la coerenza di fase per il fatto che alcuni precedono più velocemente di altri. Questa Figura 6 Immagine Spin Echo progressiva desincronizzazione, come si è accennato in precedenza, è dovuta in parte alle interazioni reciproche tra i protoni, ed in parte alle disomogeneità del campo magnetico principale (B0) applicato. Dopo un certo intervallo di tempo TI viene applicato il secondo impulso RF di 180 che ruota i protoni di 180 nel piano trasverso x,y. Così viene invertito il senso di rotazione dei nuclei di idrogeno nel piano trasverso. Dopo un tempo pari a 2TI o TE, tutti i nuclei si trovano di nuovo in fase ed emettono un segnale detto eco. L ampiezza del segnale prodotto dall impulso di sincronizzazione di 180 dipende dalla quantità di rilassamento trasversale o T2 o spin spin che si è verificato nell intervallo di tempo compreso tra il primo impulso di 90 e il picco dell eco. I diversi tessuti hanno diverse velocità di rilassamento T2, perciò i rispettivi echi differiscono per intensità. Mantenendo costanti gli 18

20 altri parametri, i tessuti con lunghi tempi di Rilassamento T2 sono caratterizzati da scarsa de sincronizzazione dei nuclei, producono echi intensi e sono rappresentati nell immagine con tonalità chiare. Invece i tessuti con tempi di rilassamento T2 brevi de sincronizzano i loro nuclei in misura maggiore, producono echi di debole intensità e vengono rappresentati nell immagine con tonalità scure. Incrementando l intervallo tra due impulsi TI si ottiene, a parità degli altri parametri, un accentuazione del contrasto tra tessuti con diversi tempi di Rilassamento T2, cioè una maggiore T2 dipendenza dell immagine. Ciò si verifica perché incrementando TE aumenta il tempo a disposizione perché si possano manifestare le differenze tra i Tempi di Rilassamento T2 dei vari tessuti. L effetto negativo che deriva dall incremento del TE è che a causa del rilassamento T2 si ha un maggiore decadimento del segnale, cosicché vengono prodotti echi di debole intensità. Di conseguenza il rapporto segnale rumore diminuisce e l immagine appare più granulosa. La diminuzione del TE, produce da un lato echi più intensi, dall altro una minore T2 dipendenza del contrasto. Diminuendo la T2 dipendenza aumenta la T1 dipendenza e viceversa. L intervallo di tempo tra le coppie di impulsi TR regola la T1 dipendenza delle immagini SE. Quando TR è maggiore dei T1 tessutali l intensità degli echi non dipende da T1 in quanto tutti i nuclei riescono a completare il rilassamento longitudinale prima dell arrivo di ogni successiva coppia di impulsi. Se il TE è breve, il contrasto dell immagine dipende solo dalla densità protonica; se il TE è lungo, il contrasto dipende da T2. Inoltre quando il TR diventa più breve dei T1 tessutali l immagine diventa sempre più T1-dipendente, in quanto i tessuti con T1 lunghi non riescono a recuperare completamente la magnetizzazione longitudinale e producono un segnale più debole di quello emesso dai tessuti con T1 brevi. I nuclei con T1 lunghi sono detti saturati e la sequenza spin echo quando usa TR brevi è detta Saturazione Parziale. Quindi il contrasto dipende da T1 nelle immagini prodotte con TR e TE brevi; dipende da T2 nelle immagini caratterizzate da TR e TE lunghi; dipende dalla densità protonica nelle immagini prodotte con TR lunghi e TE brevi. Queste ultime immagini dette anche bilanciate sono quelle con il più alto rapporto segnale/rumore; esse sono caratterizzate da un ottimo dettaglio anatomico. È possibile eseguirle con la saturazione del segnale del grasso (fat sat, spir, ecc.). I vantaggi sono assenza di artefatti da blurring; per le ponderazioni T1 non comportano un aumento eccessivo del tempo di scansione rispetto alle TSE; rispetto alle TSE il grasso non ha tendenza ad apparire troppo iperintenso nelle pesature T2; è l unica sequenza che permette di acquistare una vera pesatura in DP; nella pesatura T1 artefatti da pulsazione meno evidenti rispetto alle TSE; poco suscettibile alla disomogeneità di campo e suscettibilità magnetica. Gli svantaggi sono che non consentono di lavorare con matrici 19

21 elevate in tempi limitati e per le ponderazioni T2 i tempi di scansione sono decisamente superiori a quelli delle TSE Sequenza Fast Spin Echo La sequenza fast spin echo è una sequenza spin echo in cui ad ogni impulso RF di 90, seguono più impulsi di 180, ciascuno a sua volta seguito da un eco. Ciascun eco viene utilizzato per codificare una linea dell immagine. Quindi mentre la sequenza spin echo codifica una riga per ogni intervallo TR, nella FSE, in un singolo intervallo TR, si codificano più linee, con conseguente significativa riduzione del tempo di acquisizione. Inoltre, mentre nella sequenza SE classica tutte le linee di un immagine vengono acquisite allo stesso valore di TE, nella sequenza FSE le linee che costituiscono un immagine sono acquisite in corrispondenza di tutti gli echi disponibili e quindi sono caratterizzate da diversi valori di TE. Il contrasto di un immagine formata in questo modo, che contiene dati acquisiti con diversi valori di TE, è determinato in gran parte dal valore di TE a cui vengono acquisiti i dati relativi alle basse frequenze spaziali. Questo parametro viene denominato TE effettivo ed è sotto il controllo dell operatore. L operatore inoltre può determinare il contrasto dell immagine ottenuta con una sequenza FSE modificando l intervallo di tempo tra i vari echi, oppure il numero di echi acquisiti durante ciascun intervallo di tempo TR, oppure la durata di TR. Anche la sequenza FSE, come la SE, consente di acquisire contemporaneamente due immagini, una caratterizzata da breve TE e lungo TR, l altra caratterizzata da lungo TE e lungo TR. Anche in questo caso, contrariamente a quanto avviene nella sequenza SE classica, ciascuna delle due immagini viene formata a partire da linee acquisite con diversi valori di TE. Il contrasto tessutale che caratterizza le immagini FSE è del tutto sovrapponibile a quello delle immagini SE convenzionali, l unica eccezione è rappresentata dal tessuto adiposo che mantiene intensità di segnale molto elevata anche per valori lunghi di TE. Anche la FSE è una sequenza 2D o 3D, che permette di avere immagini nei tre piani dello spazio nelle diverse ponderazioni T1, T2 e DP. È possibile eseguirle con la saturazione del segnale del grasso. La necessità di disporre sequenze Spin Eco rapide deriva dal fatto che la maggior parte delle lesioni sia in campo neuro che body è di tipo diamagnetico; come sappiamo le sequenze ad eco di gradiente sono meno sensibili delle Spin Eco nei confronti delle lesioni diamagnetiche, rilevabili solo in base al diverso contenuto di acqua ed ai diversi valori dei tempi di rilassamento T1 e T2. Il vantaggio principale delle sequenza FSE è costituito da brevi tempi di acquisizione che permettono di ridurre gli artefatti da movimento, una maggiore accettabilità dell esame da parte dei pazienti, acquisizioni delle immagini ad elevata 20

22 risoluzione spaziale. Nei confronti di altre sequenze rapide ad eco di gradiente la sequenza FSE ha il grosso vantaggio di consentire una acquisizione rapida mantenendo il contrasto delle immagini ottenute sovrapponibile a quello della sequenza SE convenzionale. Inoltre si evitano gli artefatti dovuti alla suscettibilità magnetica, tipici delle immagini ad eco di gradiente. Le sequenze SE e FSE sono sovrapponibili nell identificazione di lesioni di dimensioni medio grandi; viceversa la sequenza SE ha maggiore sensibilità della FSE nell identificazione delle lesioni più piccole. Tale differenza è piccola e non è significativa clinicamente. Quindi la sequenza FSE può sostituire la SE nell acquisizione di immagini caratterizzate da lungo TR sia dell encefalo che del resto del corpo Sequenza Inversion Recovery La sequenza inversion recovery utilizza una coppia di impulsi RF. Il primo impulso di 180 ruota la Magnetizzazione Longitudinale di 180 lungo l asse z orientandola antiparallelamente alla direzione di B0. Durante la successiva fase di Rilassamento T1 la Magnetizzazione Longitudinale tende a tornare alle condizioni di equilibrio iniziale, dapprima riducendo fino a 0 la componente invertita dall impulso RF di 180, e successivamente incrementando la componente parallela a B0. La velocità di questo rilassamento dipende da T1. Durante questo processo non viene generato alcun segnale, finché non viene applicato il secondo impulso RF di 90. Quest ultimo ruota la magnetizzazione Longitudinale presente in quell istante lungo l asse z nel piano trasverso x,y con conseguente produzione di un segnale RNM. L ampiezza di questo segnale dipende dalla grandezza della Magnetizzazione Longitudinale nel momento in cui è stata ruotata nel piano trasverso. Poiché i tessuti rilassano con velocità diverse, diverse saranno le magnetizzazioni longitudinali tessutali al momento dell impulso di 90. La sequenza inversion recovery produce immagini basate sulle differenze relative dei T1 tessutali. Le immagini il cui contrasto dipende principalmente da T1 sono dette T1-pesate. L intervallo di tempo tra l impulso di 180 e quello successivo di 90 è detto TI. L intervallo tra una coppia di impulsi e la successiva è detto Tempo di Ripetizione.per valori di T1 molto piccoli, vicino allo zero, e valori di TR molto più grandi dei T1 tessutali, 5-10 sec, il contrasto dell immagine dipende solo dalla densità protonica. Se TI è molto più breve dei T1 tessutali, il segnale ha valori negativi perché la Magnetizzazione Longitudinale, all arrivo dell impulso di lettura di 90, è ancora invertita. Per la formazione dell immagine, tuttavia, viene utilizzata l intensità del segnale indipendentemente dal segno, cioè dalla fase. Pertanto segnali negativi e positivi della stessa intensità non sono distinguibili e vengono rappresentati con la stessa tonalità di grigio. Al crescere del TI l intensità del segnale dapprima diminuisce fino allo 21

23 zero, parallelamente al decrescere della Magnetizzazione Longitudinale negativa, successivamente il segnale cresce nuovamente come conseguenza del recupero della Magnetizzazione Longitudinale positiva. Per ogni tessuto quindi esiste un certo valore di TI col quale è possibile annullare il segnale da esso proveniente. I vantaggi sono dati dall alto contrasto T1 e dalla possibilità, con determinati valori di TI, di annullare il segnale di tessuti specifici. Gli svantaggi sono dati dai lunghi tempi di acquisizione e dal SNR ridotto. Sono utilizzate principalmente nello studio dell encefalo per differenziare la sostanza bianca e la sostanza grigia nei casi di anomalie della migrazione o pazienti epilettici. La sequenza STIR da short TI inversion recovery è una sequenza inversion recovery con TI piuttosto brevi. Questa sequenza ha inoltre la peculiarità di rendere aggiuntivo il contrasto T1 e T2 ed è molto sensibile nell identificare l edema. Ha un contrasto T2 con segnale del grasso nullo o quasi. La scelta del TE va ad influenzare le caratteristiche T2 dell immagine: con TE corti (20 ms)l immagine è relativamente piatta con una buona visualizzazione delle lesioni parenchimali, con TE lunghi (70-80 ms) l immagine è molto contrastata. In genere viene utilizzato un TE intermedio (50 ms) in modo da avere il miglior compromesso di contrasto tra lesione- osso e lesione- parenchima. I vantaggi sono rappresentati dall omogeneità dell annullamento del segnale del grasso ( non dipendente da disomogeneità di campo o presenza di metalli), molto efficiente anche con FOV elevati, e dall alta sensibilità alle lesioni parenchimali. Gli svantaggi sono che non consente l utilizzo di matrici elevatissime, non eseguibile in apnea, soggetta a molti artefatti da flusso o respirazione, essendo una T1 invertita non può essere ripetuta dopo somministrazione di mezzo di contrasto poiché i tessuti che sono iper T2 stir e che subiscono un enhancement dopo mdc, in una eventuale T1 invertita eseguita dopo mdc diventerebbero ipointensi. La FLAIR, ovvero fluid attenuation inversion recovery, è una variante della sequenza IR. In questa sequenza IR il TI è regolato in modo da cogliere la curva di rilassamento T1 del liquor nel momento in cui attraversa lo zero. Di conseguenza il liquor non emette alcun segnale, mentre le altre strutture, con curve di rilassamento T1 più veloci, sono caratterizzate da intensità di segnale con contrasto T2 pesato. Quindi è una sequenza ponderata in T2, con soppressione del segnale dei liquidi puri come acqua e Figura 7 Immagine FLAIR liquido cefalo rachidiano. Questa sequenza rende più facile il riconoscimento della sostanza grigia corticale o della sostanza bianca periverticale. Come 22

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