«Non l agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana»

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1 In allegato I CANTI DELLA TRADIZIONE nella Chiesa e nel mondo Diretto da Giulio Andreotti Carl Gustav Jung Georg Wilhelm Friedrich Hegel «Non l agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana» Così don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta Johann Wolfgang von Goethe MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. MENSILE IN SPED. L. 27/02/04 ABB. N.46) POST. ART.1, 45% COMMA D.L. 353/ DCB - ROMA. In (CONV. caso di IN mancato L. 27/02/04 recapito N.46) rinviare ART.1, COMMA a Ufficio Poste 1 DCB Roma - ROMA. Romanina per In caso la restituzione di mancato al recapito mittente rinviare previo addebito. a Ufficio Poste Roma Romanina ISSN per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN ANNO XXIX N.4/

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3 MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. MENSILE IN SPED. L. 27/02/04 ABB. N.46) POST. ART.1, 45% COMMA D.L. 353/ DCB - ROMA. In (CONV. caso di IN mancato L. 27/02/04 recapito N.46) rinviare ART.1, COMMA a Ufficio Poste 1 DCB Roma - ROMA. Romanina per In caso la restituzione di mancato al recapito mittente rinviare previo addebito. a Ufficio Poste Roma Romanina ISSN per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN nella Chiesa e nel mondo Diretto da Giulio Andreotti ANNO XXIX N.4/ anno XXIX In allegato I CANTI DELLA TRADIZIONE Carl Gustav Jung Georg Wilhelm Friedrich Hegel Johann Wolfgang von Goethe «Non l agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana» Così don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta N. 4/5 ANNO 2011 In copertina: «Non lʼagnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana». Così don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta Sommario EDITORIALE Giovanni Paolo II beato di Giulio Andreotti 4 Medio Oriente Un messaggio di convivenza dal Libano. Intervista con sua beatitudine Béchara Raï nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti DIREZIONE E REDAZIONE Via Vincenzo Manzini, Roma - Italia Tel Fax Internet: 30giorni@30giorni.it Vicedirettori Roberto Rotondo - rotondo@30giorni.it Giovanni Cubeddu - g.cubeddu@30giorni.it Redazione Alessandra Francioni - a.francioni@30giorni.it Davide Malacaria - d.malacaria@30giorni.it Paolo Mattei - p.mattei@30giorni.it Massimo Quattrucci - m.quattrucci@30giorni.it Gianni Valente - g.valente@30giorni.it Grafica Marco Pigliapoco - marcopgl@30giorni.it Vincenzo Scicolone - Enzo@30giorni.it Marco Viola - marcoviola@30giorni.it Ricerca iconografica Paolo Galosi - galosi@30giorni.it Collaboratori Pierluca Azzaro, Françoise-Marie Babinet, Pina Baglioni, Marie-Ange Beaugrand, Maurizio Benzi, Lorenzo Bianchi, Lorenzo Biondi, Massimo Borghesi, Lucio Brunelli, Rodolfo Caporale, Lorenzo Cappelletti, Gianni Cardinale, Stefania Falasca, Giuseppe Frangi, Silvia Kritzenberger, Walter Montini, Jane Nogara, Stefano M. Paci, Felix Palacios, Tommaso Ricci, Giovanni Ricciardi Ha inoltre collaborato a questo numero: Giorgio Salvini Segreteria 30giorni@30giorni.it Ufficio legale Davide Ramazzotti - d.ramazzotti@30giorni.it 3OGIORNI nella Chiesa e nel mondo è una pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Roma in data 11/11/93, n La testata beneficia di contributi statali diretti di cui legge 7 agosto 1990, n OGIORNI nella Chiesa e nel mondo Direttore Giulio Andreotti Società editrice Trenta Giorni soc. coop. a r. l. Sede legale: Via Vincenzo Manzini, Roma Consiglio di amministrazione Giampaolo Frezza (presidente) Massimo Quattrucci, (vice presidente) Giovanni Cubeddu, Paolo Mattei, Roberto Rotondo, Michele Sancioni, Gianni Valente Direttore responsabile Roberto Rotondo pag. 34 Stampa Arti Grafiche La Moderna Via di Tor Cervara, Roma Distribuzione in libreria Messaggero distribuzione srl Padova tel Milano tel Roma tel UFFICIO ABBONAMENTI E DIFFUSIONE Via V. Manzini, Roma Tel Fax abbonati30g@30giorni.it Dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 18,00 abbonati30g@30giorni.it Abbonamenti Italia 45; Europa 60; Africa e Brasile 25; resto del mondo 70. Una copia 5; una copia con libro 6. Arretrati il doppio del prezzo di copertina Versamenti C/C postale n intestato a: Cooperativa Trenta Giorni Via V. Manzini, Roma oppure inviare assegno bancario non trasferibile intestato a Trenta Giorni s. c. r. l., allʼufficio abbonamenti Mensile sped. abb. post. 45% D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/04 n.46) art.1, comma 2 - DCB - Roma Questo numero è stato chiuso in redazione il 31 maggio 2011 Finito di stampare nel mese di giugno 2011 CREDITI FOTOGRAFICI: Paolo Galosi: pp.4,8,9,10,11,18,19,20,21,24,56,57,58,59,60,62,63,64,65,66,67,68; Associated Press/LaPresse: pp.5,24,29,38,39,40,42,43,45,95; Per gentile concessione di monsignor Samir Nassar: pp.22-23; Romano Siciliani: pp.25,27,46; Per gentile concessione di padre Sergio Durigon: p.26; STR New/Reuters/Contrasto: p.34; Epa/Ansa: p.34-35; Osservatore Romano: pp.35,51,58,61; Patriarcato Maronita: p.36; Epa/Corbis: p.37; Afp/Getty Images: p.38; Per gentile concessione dellʼufficio stampa della Presidenza della Repubblica italiana: pp.43,44; LaPresse: p.44; Per gentile concessione dellʼufficio Patrimonio IPAB, Vicenza: p.54; Per gentile concessione dellʼufficio stampa della Curia dei Gesuiti: p.59; Archivio del Pontificio Collegio Maronita: pp.61,62,63: Per gentile concessione dellʼordine Antoniano Marianita di SantʼIsaia: p. 69; Per gentile concessione dellʼufficio stampa Fandango: pp.72-76; Cristian Gennari/Romano Siciliani: pp.90-91; Vittoriano Rastelli per gentile concessione della Zètema Progetto Cultura: p.92; Archivio fotografico Cern: p.94; Infn Photo 2002: p.96. IN QUESTO NUMERO VITA CONSACRATA Le pretese degli uomini e la pazienza di Dio intervista con João Braz de Aviz di G. Valente 26 Una proroga ad personam di G. Valente 29 MEDIO ORIENTE Un messaggio di convivenza dal Libano intervista con Béchara Raï di D. Malacaria 34 PASQUA 2011 La risurrezione di Cristo è un avvenimento messaggio Urbi et orbi di papa Benedetto XVI 50 COLLEGI ECCLESIASTICI DI ROMA Un ponte tra Oriente e Occidente di P. Baglioni Fucina di patriarchi, di orientalisti e di futuri santi di P. Baglioni 57 L arcipelago maronita di P. Baglioni 64 CINEMA Se anche Nanni vuole bene al papa di P. Mattei 72 NOVA ET VETERA Introduzione di L. Cappelletti 78 Il patto con il Serpente di M. Borghesi 80 LIBRI Il beato Karol Wojtyla, dall emozione alla storia di R. Rotondo 90 SCIENZA Ricerca o decadenza di Giorgio Salvini 94 RUBRICHE LETTERE DAI MONASTERI 8 LETTURA SPIRITUALE 12 LETTERE DALLE MISSIONI 22 LETTERE DAI SEMINARI 24 30GIORNI IN BREVE GIORNI N.4/

4 Editoriale Giovanni Paolo II beato di Giulio Andreotti Della grande folla di fedeli romani e non romani che il giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II gremiva piazza San Pietro e le vie che vi conducono ci resta il sentimento, la venerazione, la gioia di tutta quella gente. Ed è un ricordo che non dobbiamo lasciar spegnere in noi. Ma anche ascoltare la rituale proclamazione dalla voce di colui che Giovanni Paolo II dichiarò suo fidato amico è stato particolarmente toccante, perché mi sono tornate alla mente le parole di Paolo VI quando disse che il segreto per essere un buon Pastore è la novità nella continuità. E la prima caratteristica comune a Giovanni Paolo II e a La folla in piazza San Pietro durante la cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II, il 1 maggio GIORNI N.4/5-2011

5 Appartengo a una vecchia scuola di cattolici che insegna che si deve voler bene al papa e non a un papa. Ma non credo di uscire da questa linea se mi associo a quanti auspicano una conclusione rapida dell iter verso gli altari che segue alla beatificazione, come fu per Madre Teresa e Padre Pio, per me le due canonizzazioni più toccanti del pontificato di Giovanni Paolo II Giovanni Paolo II durante la cerimonia di canonizzazione di Padre Pio, il 16 giugno 2002 Benedetto XVI (ma non sempre a tutti i papi) è la loro facilità nell arrivare al cuore della gente con discorsi immediati e semplici, tanto da essere comprensibili al popolino come agli intellettuali. Ho ricordi eccezionali di Giovanni Paolo II e mi è capitato in passato di parlarne in convegni e interviste, ma stavolta voglio serbarli nel cuore, perché nell occasione della sua beatificazione si rischia di fare l apologia di sé stessi e non del beato Wojtyla e questo sarebbe grave. Il 1 maggio 2011 ci ha anche ricollegato idealmente al giorno del funerale di papa Wojtyla, l 8 aprile del 2005: l agonia era stata vissuta da tutto il mondo con una partecipazione straordinaria e si levò dalla folla, in particolare dai giovani, il grido di santo subito, che nei giorni scorsi della beatificazione è risuonato di nuovo molto forte. La Chiesa ha i suoi tempi ed è assolutamente autonoma, le procedure della Congregazione sono molto rigorose e se si creano pressioni mediatiche si finisce per sortire l effetto opposto, però vi è un capitolo specifico che mi sembra importante: l accertamento se la santità sia avvertita dai fedeli. E questo è indubbio, tanto che molti fedeli pregano da tempo Giovanni Paolo II non meno che se fosse già santo. L importante è la sostanza; se in una figura di cristiano si riconosce la santità e lo si prega, la carta bollata avrà poi tutto il tempo di arrivare. Appartengo a una vecchia scuola di cattolici che insegna che si deve voler bene al papa e non a un papa. Ma non credo di uscire da questa linea se mi associo a quanti auspicano una conclusione rapida dell iter verso gli altari che segue alla beatificazione, come fu per Madre Teresa e Padre Pio, per me le due canonizzazioni più toccanti del pontificato di Giovanni Paolo II. q 30GIORNI N.4/

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8 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Le edicole mariane di Roma Nelle strette strade del centro di Roma, camminando per gli antichi borghi una volta popolari, in ogni via, in ogni piazza, quasi in ogni angolo sono presenti edicole sacre spesso circondate da baldacchini e da lumi. Sono quelle che i romani chiamano le Madonelle. ADORATRICI PERPETUE DEL SANTISSIMO SACRAMENTO DEL MONASTERO DE LA ASUNCIÓN DE MARÍA Rosarito, Baja California, Messico Ci piacerebbe ricevere Quien reza se salva Rosarito, 24 febbraio 2011 Stimato signor Andreotti, sia lodato il Santissimo Sacramento! Riceva la nostra gratitudine per la sua grande carità nell inviarci la bella rivista 30Días, che nutre grandemente la nostra vita spirituale perché ci informa e ci fa sentire la Chiesa unita. La leggiamo con grande interesse e amore. Ci piacerebbe tanto ricevere qualche copia di quel libretto così utile, Quien reza se salva, per darlo ad alcune persone molto bisognose. Che la nostra Madre Santissima di Guadalupe la porti sempre nel suo grembo come figlio prediletto e colmi di grazie e benedizioni tutta la sua famiglia e i suoi collaboratori. Riceva un affettuoso saluto dalla nostra reverenda madre superiora e dalla comunità. suor Rosa María Amezcua, oap Rosarito, 27 aprile 2011 Madonna col Bambino, affresco del 1756, piazza dell Orologio, angolo via del Governo Vecchio, rione Parione Stimato signor Andreotti, sia lodato il Santissimo Sacramento! Nella pienezza della gioia pasquale, auguriamo a lei e alla sua illustre famiglia una felice Pasqua di Risurrezione. Mille grazie, signor Andreotti, per averci inviato i libretti Quien reza se salva. La nostra reverenda madre superiora e la comunità la ringraziano per la sua grande bontà e generosità. Siamo certe che questi libretti faranno un gran bene ai nostri fratelli più bisognosi di istruzione. I libretti sono arrivati alla porta del nostro monastero dall Italia! Che meraviglia! Non è facile, perché sia- 8 30GIORNI N.4/5-2011

9 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri mo su un piccolo colle circondato da precipizi, ma godiamo di una bella vista del cielo e del mare e di tanti uccelli canterini che ci invitano a lodare il nostro Dio sacramentato. Che piacere è stato per noi, guardando il video della celebrazione, constatare che ha assistito alla beatificazione della nostra madre fondatrice María Magdalena de la Encarnación, avvenuta a San Giovanni in Laterano il 3 maggio Grazie per la sua presenza. La ricordiamo sempre grate e in unione di preghiera. Dio continui a benedirla e a darle forza in tutti i suoi apostolati. suor Rosa María Amezcua, oap P.S. Scusi il ritardo, dovuto alla Santa Quaresima. CLARISSE DEL MONASTERO DI NOSTRA SIGNORA DELLA MERCEDE São Miguel, Isole Azzorre, Portogallo Venti copie di Quem reza se salva São Miguel, 21 marzo 2011 Carissimo signor Andreotti, nella presenza consolatrice dello Spirito Santo, la salutiamo cordialmente, augurandole ogni bene nel Signore. Molto riconoscenti, desideriamo ringraziarla per l invio della sua eccezionale rivista 30Dias. Infatti, è una rivista rilevante e straordinaria per il suo contenuto che ci mette al corrente degli avvenimenti più importanti della vita della Chiesa e del mondo. Ogni bene! Il divino Spirito Santo vi assista sempre. Chiediamo il favore di inviarci venti copie del libretto Quem reza se salva. Vi ringraziamo fin d ora. Madonna col Bambino, altorilievo in ceramica del XIX secolo, via Sistina, angolo via Francesco Crispi, rione Campo Marzio Formuliamo gli auguri di una santa Quaresima e di sante e gioiose feste pasquali, con feconde benedizioni di Cristo Risorto. Preghiamo gli uni per gli altri. Sempre uniti per lo stesso Corpo e Sangue del Signore Gesù. suor Maria Verónica, osc, e le suore clarisse 30GIORNI N.4/

10 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Stimato signor Giulio Andreotti, riceva i nostri saluti e il ringraziamento per tutto il lavoro di evangelizzazione che state facendo attraverso questo mezzo. Da Panamá, vorremmo chiedervi cento copie di Quien reza se salva, in spagnolo, per la nostra Seconda giornata vocazionale, che terremo nei giorni 13, 14 e 15 maggio. Facciamo anche una richiesta speciale, di inviarci duecento copie di Quien reza se salva in cinese. Siamo in contatto con padre Pablo Liu, svd, che è stato richiesto alla Cina dal nostro arcivescovo, per prendersi cura della comunità cinese a Panamá. Sta facendo questo lavoro da circa due anni nella nostra diocesi. Ci racconta che sta andando alla scuola cino-panamense dove ci sono molti bambini cinesi e vorrebbe regalare loro il libretto. Potete inviarli al nostro indirizzo e noi glieli faremo avere, perché la sua casa è molto vicina alla nostra. Vi ringraziamo di tutto cuore e preghiamo per tutti voi. Chiediamo alla Vergine Santissima di concedervi molte benedizioni con la sua Segreta Visita. Dio vi ricompensi. suor Margarita María, vsm Las Cumbres, 12 aprile 2011 Madonna col Bambino, altorilievo in ceramica del XIX secolo, via del Buon Consiglio, rione Monti VISITANDINE DEL MONASTERO DE LA VISITACIÓN DE PANAMÁ Las Cumbres, Panamá Chi prega si salva per la comunità cinese a Panamá Las Cumbres, 3 aprile 2011 Carissimo signor Giulio Andreotti, siamo molto grate per i libri Quien reza se salva che abbiamo ricevuto ieri mattina. Avreste dovuto vedere la gioia di padre Pablo Liu davanti ai libri nella sua lingua! Si è messo a leggerli e mi ha detto: «Questa è una presentazione del vescovo Aloysius Jin Luxian». Credo che la sua gioia aumenterà quando comincerà a distribuirli fra i cinesi che vivono a Panamá e soprattutto fra i bambini della scuola cino-panamense. Nostro Signore continui ad animarvi per l eccellente lavoro che fate distribuendo questo libro e la rivista 30Días che è molto interessante. Chiediamo al nostro santo fondatore Francesco di Sales di concedervi abbondanti benedizioni in questo apostolato. suor Margarita María, vsm 10 30GIORNI N.4/5-2011

11 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri CLARISSE CAPPUCCINE DEL MONASTERO DI SANTʼAPOLLINARE IN VECLO Ravenna Grazie per la meditazione sulla santa Pasqua Ravenna, 14 aprile 2011 «Il Signore è risorto, come aveva predetto, rallegriamoci tutti ed esultiamo, perché Egli regna in eterno. Alleluia». Gentilissimo senatore Andreotti, mentre desideriamo porgerle il nostro fraterno augurio di una santa Pasqua colma di pace e di amore, la ringraziamo tanto per il libro che ci è appena arrivato «Il Figlio da se stesso non può fare nulla». Sarà anche questo uno strumento utile per vivere più intensamente questi pochi giorni che ci separano dal grande giorno della Risurrezione del Signore. A lei assicuriamo la nostra preghiera affinché il Signore le sia guida, conforto e la ricolmi dei suoi doni. Con tanta riconoscenza per il bene che compie, In questo tempo di Quaresima ci permettiamo di venire a esporre una necessità impellente, che è sorta all improvviso. Il pavimento della nostra grande cucina (circa cento metri quadrati) si è improvvisamente sollevato in vari punti, a causa delle infiltrazioni d acqua durante i settantacinque anni dalla costruzione del monastero. Dopo consulti e attese ci siamo decise a rifare il pavimento completamente, perché un rifacimento parziale rischiava di essere inutile, anche se meno costoso. La spesa ammonta a più di cinquemila euro ed è per questo che veniamo a chiedere un contributo, con molta fiducia. Ringraziamo per l attenzione e assicuriamo la nostra preghiera per le intenzioni degli offerenti. suor Angela dell Eucaristia e comunità continua a p. 18 le sorelle clarisse cappuccine CARMELITANE DEL MONASTERO NOSTRA SIGNORA DEL MONTE CARMELO Haifa, Israele Richiesta di aiuto a Piccola Via onlus Haifa, 20 aprile 2011 Siamo molto riconoscenti per l invio di 30Giorni in italiano e in francese. È un soffio della vita della Chiesa e del mondo che ci raggiunge per farne oggetto di preghiera. Ci è caduto l occhio sull iniziativa Piccola Via. In questi mesi in cui santa Teresina è pellegrina in Terra Santa le chiediamo di ispirarvi un dono per noi. Preghiamo affinché molti siano coloro che offrono, affinché la vostra carità possa raggiungere tanta povertà. Auguriamo una santa Pasqua ricca di luce, di conversione, di fede operosa. Regina Apostolorum, bassorilievo del XIX secolo, via dell Umiltà, angolo via di San Marcello, rione Trevi 30GIORNI N.4/

12 Lettura spirituale Lettura spirituale Lettura spirituale/42 Decretum de peccato originali* Decreto sul peccato originale 3. Si quis hoc Adae peccatum, quod origine unum est et propagatione, non imitatione transfusum omnibus inest unicuique proprium, vel per humanae naturae vires, vel per aliud remedium asserit tolli, quam per meritum unius mediatoris Domini nostri Iesu Christi, qui nos Deo reconciliavit in sanguine suo, «factus nobis iustitia, sanctificatio et redemptio» (1Cor 1, 30); aut negat, ipsum Christi Iesu meritum per baptismi sacramentum, in forma Ecclesiae rite collatum, tam adultis quam parvulis applicari: anathema sit. Quia «non est aliud nomen sub caelo datum hominibus, in quo oporteat nos salvos fieri» (At 4, 12). Unde illa vox: «Ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi» (Gv 1, 29). Et illa: «Quicumque baptizati estis, Christum induistis» (Gal 3, 27). 3. Se qualcuno afferma che questo peccato di Adamo, che è uno nella sua origine e, trasmesso per propagazione e non per imitazione, è in tutti e in ciascuno come proprio, viene tolto con le forze della natura umana o con un rimedio diverso dal merito dell unico mediatore, il Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha riconciliati con Dio per mezzo del suo sangue, «diventato per noi giustizia, santificazione e redenzione» (1Cor 1, 30); o afferma che lo stesso merito di Cristo Gesù non viene applicato sia agli adulti che ai bambini col sacramento del battesimo, rettamente conferito secondo la forma della Chiesa, sia scomunicato. Perché «non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4, 12). Da cui l espressione: «Ecco l agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo» (Gv 1, 29); e l altra: «Quanti siete stati battezzati, vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3, 27). * Denzinger GIORNI N.4/5-2011

13 Lettura spirituale Lettura spirituale La cacciata dal Paradiso terrestre, sullo sfondo dell Annunciazione, Beato Angelico, Museo del Prado, Madrid 30GIORNI N.4/

14 Lettura spirituale Lettura spirituale Il terzo canone del decreto sul peccato originale del Concilio di Trento, che proponiamo come lettura spirituale di questo numero, ci ha suggerito di pubblicare, a mo di commento, due brani di papa Paolo VI. Il primo brano è tratto dal discorso di apertura della seconda sessione del Concilio ecumenico Vaticano II, il 29 settembre 1963, nel quale Paolo VI indica lo scopo di tale ventunesimo Concilio ecumenico. «Donde parte il nostro cammino?»; «Quale via intende percorrere?»; «Quale meta vorrà proporsi?». «Queste tre domande, semplicissime e capitali, hanno, ben lo sappiamo, una sola risposta, che qui, in quest ora stessa, dobbiamo a noi stessi proclamare e al mondo che ci circonda annunciare: Cristo! Cristo, nostro principio, Cristo, nostra via e nostra guida! Cristo, nostra speranza e nostro termine. Oh! Abbia questo Concilio piena avvertenza di questo molteplice e unico, fisso e stimolante, misterioso e chiarissimo, stringente e beatificante rapporto tra noi e Gesù benedetto, fra questa santa e viva Chiesa, che noi siamo, e Cristo, da cui veniamo, per cui viviamo, e a cui andiamo. Nessuna altra luce sia librata su questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo; nessuna altra verità interessi gli animi nostri, che non siano le parole del Signore, unico nostro Maestro; nessuna altra aspirazione ci guidi, che non sia il desiderio d esser a Lui assolutamente fedeli; nessuna altra fiducia ci sostenga, se non quella che francheggia, mediante la parola di Lui, la nostra desolata debolezza: Et ecce Ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi [ Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo ] (Mt 28, 20). Oh! Fossimo noi in quest opera capaci di elevare a nostro Signore Gesù Cristo una voce degna di lui! Diremo con quella sacra liturgia: Te, Christe, solum novimus; te mente pura et simplici flendo et canendo quaesumus intende nostris sensibus! [ Te solo, Cristo, conosciamo; Te supplichiamo, con cuore puro e semplice, nel pianto e nella gioia; vieni in aiuto ai nostri sensi! ]» GIORNI N.4/5-2011

15 Lettura spirituale Lettura spirituale Gesù e Pietro, particolare della Vocazione di Pietro e Andrea, predella della Maestà, Duccio di Buoninsegna, National Gallery of Art, Washington; a destra, Paolo VI durante i lavori del Concilio ecumenico Vaticano II 30GIORNI N.4/

16 Lettura spirituale Lettura spirituale Il secondo brano è tratto dal Credo del popolo di Dio del 30 giugno 1968, nel quale Paolo VI cita letteralmente il terzo canone del decreto sul peccato originale del Concilio di Trento. «Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, non per imitazione, ma per propagazione, e che esso pertanto è proprio a ciascuno. Noi crediamo che Nostro Signore Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che secondo la parola dell Apostolo là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia [cfr. Rm 5, 20]». Dal 29 settembre 1963 al 30 giugno 1968 non erano trascorsi neppure cinque anni. Eppure, nei suoi due interventi, ci sembra di intravvedere come la vicenda di Paolo VI in quegli anni sia la medesima esperienza vissuta dal primo degli apostoli, Pietro, nel modo in cui il Vangelo ce la do cumenta. Un cammino che, partendo dall entusiasmo umanissimo per il riconoscimento di Gesù che è dono del Padre («Beato te, Simone, [ ] perché né la carne né il sangue te l hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli», Mt 16, 17), in cui si gioca tutta l iniziativa di Pietro, giunge all esperienza reale della «nostra desolata debolezza»; così che tutta l iniziativa è lasciata al Signore e Pietro umilmente «insegna soltanto ciò che è stato trasmesso» (Dei Verbum, n. 10). Senza equivalenti è, a questo proposito, il commento di sant Agostino alle parole rivolte da Gesù a Pietro, dopo che, a Cesarea di Filippo, l apostolo Lo aveva riconosciuto (cfr. Mc 8, 27-33): «Dominus Christus ait: Vade post me, satanas / E Cristo Signore disse: Va dietro a me, satana. / Quare satanas? / Perché satana? / Quia vis ire ante me / Perché vuoi andare davanti a me» (Sermones 330, 4). Pietro e il suo successore hanno imparato così a lasciare tutta l iniziativa all agire del Signore. Hanno imparato che a noi è dato solo riconoscere e seguire quello che il Signore opera GIORNI N.4/5-2011

17 Lettura spirituale Lettura spirituale Gesù e Pietro, particolare dell incontro tra Gesù risorto e gli apostoli sul lago di Tiberiade, Maestà, Duccio di Buoninsegna, Museo dell Opera del Duomo, Siena; a destra, Paolo VI mentre pronuncia il Credo del popolo di Dio, il 30 giugno GIORNI N.4/

18 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri segue da p. 11 Haifa, 25 maggio 2011 Grazie infinite all associazione Piccola Via onlus! Ieri, 24 maggio, sono arrivati i soldi per ristrutturare il pavimento della nostra cucina. Ogni benedizione celeste per tutto il vostro apostolato, suor Angela dell Eucaristia P.S. Allegato all ultimo numero di 30Days, abbiamo con immensa gratitudine ricevuto anche il supplemento pasquale della meditazione di don Giacomo Tantardini. La meditazione è un vero nutrimento spirituale per l anima, sembra infusa di grazia! Grazie infinite per questo tesoro. Sappiamo che è una grande richiesta, ma sarebbe possibile inviarci cinque copie in inglese e due in italiano del supplemento? Se la cosa non vi crea problemi, il nostro indirizzo è allegato. Ancora grazie! Yangyang, 11 maggio 2011 CLARISSE DEL MONASTERO SAINT CLARE Yangyang, Corea del Sud La meditazione sulla santa Pasqua sembra infusa di grazia Cari amici di 30Giorni, non so come esprimere la mia profonda gratitudine per la spedizione così veloce, in risposta alla mia richiesta, delle cinque copie in inglese e delle due copie in italiano della meditazione di don Giacomo Tantardini, Yangyang, 28 aprile 2011 Gentile direttore Andreotti e amici tutti di 30Giorni, insieme al mio sentito saluto di pace, vi porgo l augurio di abbondanti benedizioni del Signore Gesù risorto in questo tempo di Pasqua! Grazie ancora una volta per aver continuato a inviare alla nostra comunità 30Days in the Church and in the world in abbonamento omaggio. Il Signore vi benedica tutti per quest opera di vera evangelizzazione e per la diffusione di articoli tanto suggestivi e di importanti informazioni da tutto il mondo. L indirizzo per il nostro abbonamento è stato corretto, così ora riceviamo le due copie della rivista, potendo in tal modo condividerne una con i sacerdoti o con i missionari che celebrano la messa per noi e che possono trarre grande beneficio dagli articoli. Vi ringraziamo poi per l invio delle dieci copie del supplemento Who prays is saved in cinese: pensiamo di darle ad alcuni missionari coreani che sappiamo al momento attivi in Cina. Inoltre, padre Francis Mun Ju Lee, direttore della clinica Saint Joseph per i poveri e gli emarginati di Seoul, che ha anche fatto apostolato in Viet Nam, ha ricevuto l abbonamento omaggio che vi avevo chiesto per lui e vi è estremamente grato. Che il vostro lavoro continui a essere benedetto con abbondanza di grazie e l ispirazione dello Spirito Santo! Con riconoscenza, vostra in Cristo, suor Mary Diane Ackerman, osc Immacolata Concezione, affresco del XVIII secolo, piazza della Rotonda, rione Colonna 18 30GIORNI N.4/5-2011

19 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri «The Son cannot do anything on his own». Questa bella meditazione è qualcosa da ponderare lentamente e permette di immergersi profondamente nella preghiera; mi piacerebbe mandare il supplemento a qualche prete e a qualche persona che possa apprezzarlo e beneficiarne profondamente. Sono molto grata di ricevere 30Days in regalo, lo aspetto tutti i mesi. Ho condiviso alcuni articoli e alcune notizie con le mie sorelle coreane e con altre persone ad esempio, ultimamente, l articolo sull umile frate cappuccino, Leopoldo Mandic, che ha speso molti dei suoi giorni nel confessionale. Non conoscevamo molto su di lui, e domani, 12 maggio, celebreremo il suo anniversario; conoscerlo meglio rende la nostra memoria più significativa! Di nuovo, molte grazie! Vi chiedo, per favore, di comunicare la mia speciale gratitudine a don Giacomo, le cui letture e meditazioni toccano il mio cuore e la mia anima profondamente e mi aiutano ad abbandonarmi di più nella meravigliosa grazia e nell amore del nostro Dio misericordioso! Augurando a lei, caro direttore, e a tutti i suoi collaboratori l amore e la pace di nostro Signore risorto, rimango sinceramente in Cristo Gesù, suor Mary Diane Ackerman, osc Madonna del Rosario, affresco del XVII secolo, via dell Umiltà, angolo via dell Archetto, rione Trevi La copia del supplemento «The Son cannot do anything on his own» aiuta a entrare in questo grande mistero della nostra fede. Preghiamo il Signore risorto di continuare a ispirarla per condividere la Buona Novella. Con devota gratitudine e preghiera, suor Marie-Céline Campeau, osc CLARISSE DEL MONASTERO SAINT CLARE Mission, British Columbia, Canada La meditazione sulla santa Pasqua aiuta a entrare in questo grande mistero della nostra fede Mission, 1 maggio 2011 Caro signor Andreotti, il Signore è veramente risorto, alleluia! In questa gioioso tempo di Pasqua desideriamo ringraziarla per il dono della sua rivista 30Days. La apprezziamo molto. MONACHE MINIME DI SAN FRANCESCO DI PAOLA Saltillo, Coahuila, Messico 30Giorni ci mantiene in comunione con tutta la Chiesa Saltillo, 4 maggio 2011 Stimatissimo senatore Giulio Andreotti, con immensa gratitudine voglio ringraziarla della rivista mensile 30Giorni che anche quest anno ci fa giungere fin nel lontano Messico, dove con la provvidenza di 30GIORNI N.4/

20 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri Anch essi sono venuti dall Italia a fondare una loro comunità per testimoniare in Messico il carisma di carità, di conversione e di riconciliazione del nostro fondatore san Francesco di Paola, mettendosi al servizio della gente più povera e bisognosa del posto. Per questo hanno tanto desiderio di avere a loro disposizione la rivista 30Giorni in italiano, quale sussidio di sicura informazione e di costante aggiornamento. Ringraziandola anticipatamente per la sua sensibilità e comprensione, le assicuro le preghiere di tutta la mia comunità. Con gratitudine e stima, in Cristo, madre Maria Margherita Bichi, responsabile della comunità di Saltillo CLARISSE DEL MONASTERO SANTA CLARA Bolinao, Filippine Vi siamo grate per la meditazione sulla santa Pasqua Bolinao, 4 maggio 2011 Immacolata Concezione, mosaico del XX secolo, via dei Serpenti, rione Monti Dio abbiamo fondato una nuova comunità di Monache Minime di san Francesco di Paola. Grazie alla generosità sua e di tutta la redazione, stiamo ricevendo gratuitamente questo prezioso strumento di informazione che, per noi claustrali, è di vitale importanza, perché ci mantiene in comunione con tutta la Chiesa e con il mondo attuale. Infatti, spesso vi attingiamo motivazioni e stimoli per offrire con più entusiasmo la nostra vita a Dio, come sacrificio di soave odore, per le necessità più urgenti della Chiesa e del mondo, secondo il nostro carisma di oranti e penitenti. Consapevoli del grande dono che riceviamo, vorremmo che anche i nostri confratelli, i frati dell Ordine dei Minimi, presenti nella nostra città di Saltillo, in Messico, potessero usufruirne, giacché apprezzano molto la sua rivista, ammirandone la profondità dei contenuti e l obiettività delle informazioni. Caro signor Andreotti e staff di 30Giorni, vi mandiamo i nostri saluti oranti per questo tempo di Pasqua e vi manifestiamo la nostra gratitudine per l abbonamento a 30Giorni... e per la copia speciale con la meditazione sulla santa Pasqua di don Giacomo Tantardini. È sicuramente un bel testo per la lettura spirituale di questo tempo. Che Dio ricompensi tutti voi per la vostra generosità nel diffondere l opera della Chiesa. Siate certi delle nostre preghiere per il successo del vostro ministero. Dio vi benedica. Buona Pasqua! Alleluia! le clarisse P.S. Siamo anche felici di informarvi che il nostro Ordine di santa Chiara festeggia gli ottocento anni dalla fondazione. Le celebrazioni sono iniziate la Domenica delle Palme (17 aprile 2011) e si concluderanno il prossimo anno in occasione della festa della santa madre Chiara (11 agosto 2012). Vi terremo nelle nostre preghiere durante questo anno giubilare. Pregate anche voi per noi. Grazie GIORNI N.4/5-2011

21 Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri CARMELITANE DEL MONASTERO DEL CORAZÓN DE JESÚS Ibarra, Ecuador La meditazione sulla santa Pasqua per il nostro ritiro mensile Ibarra, 4 maggio 2011 Sia lodato Gesù risorto! Signor direttore Giulio Andreotti, Gesù risorto, che vive e cammina vicino a noi, le conceda in abbondanza i doni e i frutti dello Spirito Santo. Grazie per l invio della rivista 30Días. La leggiamo con interesse perché ci aiuta a pregare con maggior intensità per la Chiesa e per il mondo intero. Le siamo anche grate per il libretto «El Hijo no puede hacer nada por su cuenta», molto utile per il nostro ritiro mensile. Il Signore la ricompenserà. Preghiamo per le sue intenzioni e, in questo mese di maggio, la raccomandiamo alla Santa Vergine, che le conceda salute, amore e gioia nel Signore. Saluti, la comunità delle carmelitane scalze SUORE DEL MONASTERO DELLA VISITAZIONE Washington, D.C., Stati Uniti Una copia in italiano della meditazione sulla santa Pasqua Washington, 4 maggio 2011 Carissimi signori, scrivo per chiedervi una copia in italiano della vostra pubblicazione intitolata in inglese «The Son cannot do anything on his own», di don Giacomo Tantardini. Se poteste mandarcela, vi saremmo riconoscenti. Tante grazie! Buona Pasqua! In Cristo risorto, CLARISSE DEL MONASTERO SAINT CLARE Duncan, British Columbia, Canada «The Son cannot do anything on his own» è molto utile suor Maria Roberta Viano Duncan, 12 maggio 2011 Spettabile redazione di 30Days, siamo estremamente grate per il fatto che 30Days giunge al nostro monastero da molti anni Nell ultimo numero c era un supplemento, «The Son cannot do anything on his own» che abbiamo trovato molto utile. Vorremmo ordinarne dieci copie e vorremmo sapere quanto costa. Grazie, e Dio vi benedica per il vostro ministero. suor Wylie Aaron Madonna in ceramica del XIX secolo, piazza Madonna dei Monti, angolo via dei Serpenti, rione Monti 30GIORNI N.4/

22 Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni ARCIVESCOVADO MARONITA Damasco, Siria Un grazie ai rifugiati iracheni Damasco, 30 marzo 2011 Signor Giulio Andreotti, sottopongo a 30Giorni la testimonianza di un popolo perseguitato, esiliato, che predica la Speranza e conta sulla preghiera della numerosa famiglia di 30Giorni. La Siria ha facilitato l accoglienza dei rifugiati iracheni. Sono venuti a migliaia, soprattutto a Damasco, e continuano a venire a decine e centinaia per sfuggire alla morte e alle violenze di cui sono vittime dal Il personale delle Nazioni Unite organizza il loro esodo verso altri luoghi più clementi Aspettando di ottenere un visto, questi rifugiati iracheni restano a Damasco generalmente due o tre anni, a volte anche di più. Questi cristiani ben formati, devoti e praticanti, si rifugiano nella fede e nella speranza cristiane. Riempiono le nostre chiese, animano le nostre parrocchie portandovi un vento nuovo che rinforza la fede cristiana in Siria. Praticanti quotidiani, i rifugiati iracheni partecipano assiduamente alla messa tutti i giorni, venendo anche da lontano, a piedi o con i mezzi pubblici. Chiedono la confessione prima della comunione: hanno contribuito al ritorno al confessionale, che ritrova le file d attesa. La loro devozione per i santi e la venerazione della Vergine rilancia la fabbricazione delle candele, dalle quali le cappelle dei santi, all interno e all esterno delle chiese, sono illuminate giorno e notte. I loro bambini sono numerosi nelle classi del catechismo della prima comunione. I loro ragazzi sono impegnati nelle corali delle diverse chiese e liturgie. La guerra ha diffuso velocemente l informatica in Iraq. I rifugiati che vengono a Damasco spesso sanno usare bene internet. Hanno generosamente messo le loro conoscenze al servizio delle parrocchie e delle comunità. Così grazie a loro le nostre parrocchie si sono munite di siti internet, strumenti d avanguardia al servizio dell evangelizzazione su scala universale. Spinti da una grande carità, essi si impegnano a decine, due o tre volte alla settima GIORNI N.4/5-2011

23 Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni Rifugiati iracheni in preghiera in una chiesa di Damasco, in Siria na, per fare le grandi pulizie della Cattedrale e della piazza della chiesa. Quando ottengono il visto, prima di ripartire si assicurano che altri continuino queste opere. Sono presenti alle serate di preghiera, all adorazione eucaristica, ai pellegrinaggi e alle processioni per le strade di Damasco durante la Settimana Santa e soprattutto nel mese di maggio. Il loro dinamismo spirituale attira le altre comunità; uno dei nostri sacerdoti dà una mano alla parrocchia caldea. Malgrado la loro povertà e la loro condizione di vita precaria, sono generosi e vivono la condivisione. Bisogna vederli, all uscita dalla messa, offrire e dare con gioia, sorrisi e lacrime Vivono i momenti più intimi nel silenzio davanti al Santissimo Sacramento, faccia a faccia col Signore. Per ore Piangono i cari scomparsi e si interrogano sul futuro; cercano di capire il perché di quanto accade. Si presentano numerosi all arcivescovado ogni settimana per salutare prima di partire verso l ignoto, a volte in ordine sparso: i genitori verso l Australia, i figli verso il Canada. Neanche in terra d esilio possono più vivere come una famiglia Uno strappo ancora più doloroso. Questi rifugiati iracheni che passano continuamente a Damasco sono missionari ambulanti che hanno segnato la Chiesa in Siria la quale li guarda passare e s interroga sul proprio futuro Il Sinodo dei cristiani d Oriente ha rappresentato un opportunità e una speranza senza tuttavia arrestare l emorragia e l esodo. Questi rifugiati missionari dispersi nei quattro angoli del mondo sono legati fra loro solo dalla preghiera e da internet. Privati delle loro radici e davanti al crepuscolo della loro Chiesa, non potrebbero, questi rifugiati iracheni, con la loro vitalità religiosa, portare un soffio nuovo alle Chiese d Occidente che li accolgono? Samir Nassar arcivescovo maronita di Damasco 30GIORNI N.4/

24 Lettere dai seminari SEMINARIO SÃO CAMILO Iomerê, Santa Catarina, Brasile 30Giorni semplicemente eccellente Iomerê, 28 marzo 2011 Egregi signori, riceviamo regolarmente l eccellente rivista 30Giorni in portoghese. Semplicemente eccellente! Dio vi benedica sempre per il grande bene che fate. Chiediamo le vostre buone preghiere, ne abbiamo molto bisogno. Non dimenticateci. Rispettosamente, SEMINARIO MAGGIORE CATTOLICO DI SAINT JOSEPH Yangon, Myanmar (da Lampang, Thailandia) Alberto Pigatto Per il nostro seminario maggiore cattolico di Saint Joseph, a Yangon, in Myanmar Lampang, 22 aprile 2011 Caro direttore, saluti da Lampang. Sono padre Clement Angelo, del Myanmar. Mi trovo ora qui in Thailandia per un breve periodo assieme ai sacerdoti del Pime impegnati con le popolazioni appartenenti alle tribù delle colline. Durante questa mia breve permanenza ho conosciuto la vostra rivista 30Days e personalmente l ho trovata interessante e di valore. Se possibile, grazie alla vostra generosità, vorrei riceverne una copia per me e una per il nostro seminario maggiore cattolico di Saint Joseph, a Yangon (in Myanmar), dove svolgo il mio ministero d insegnante. Credo che possa essere una buona ispirazione per i seminaristi maggiori per conoscere gli avvenimenti religiosi nel mondo. Buona Pasqua. PARROCCHIA DʼADIDOGOMÉ Lomé, Togo Qui prie sauve son âme per novanta catecumeni Lomé, 2 maggio 2011 Sia lodato Gesù Cristo! Sono un seminarista del Togo. Mi è piaciuto molto il libretto Qui prie sauve son âme. Durante le prossime vacanze estive, nel mese di luglio, la mia parrocchia organizzerà un campo per i catecumeni (circa novanta). Il mio parroco mi ha incaricato di organizzare e di dirigere questo campo di bambini. Vorrei chiedervi, come aiuto per la recita delle preghiere in quei giorni, il libretto Qui prie sauve son âme da mettere a disposizione dei catecumeni che parteciperanno. Sarebbe anche un santo e bel ricordo che questi bambini potranno portare con sé una volta che il campo si concluderà, e che potranno utilizzare per la loro preghiera personale. Sperando in una risposta favorevole, ricevete l assicurazione delle mie preghiere, e l espressione della mia gratitudine. In unione di preghiera. Fraternamente, Romain Semenou padre Clement Madonna col Bambino, affresco del XVII secolo, via del Gesù, rione Pigna 24 30GIORNI N.4/5-2011

25 La redazione di 30Giorni suggerisce un piccolo gesto di carità che non costa nulla: devolvere il cinque per mille all Associazione Piccola Via onlus COME SI EFFETTUA LA DONAZIONE DEL CINQUE PER MILLE: basta scrivere il codice fiscale dell ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS nel CUD o nel Modello 730 o nel Modello Unico e firmare nell apposito rigo

26 V ita consacrata Le pretese degli uomini e la pazienza di Dio di Gianni Valente Suore missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta nella Basilica dell Immacolata Concezione di Washington D ai palazzi avveniristici di Brasilia a quelli carichi di storia d Oltretevere il viaggio è lungo. Dom João Braz de Aviz, 64 anni, arcivescovo emerito della capitale brasiliana, ha compiuto il salto da poche settimane. Lo scorso 4 gennaio il Papa lo ha chiamato a Roma per guidare la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e per aprire una nuova stagione nei rapporti sempre vivaci e talvolta agitati tra la Sede apostolica e la galassia delle congregazioni e degli ordini religiosi. Dom João, come è cambiata la sua vita da quando è arrivato a Roma? JOÃO BRAZ DE AVIZ: Certo, il cambiamento è stato grande. A Brasilia c erano più di due milioni e mezzo di fedeli, con 380 sacerdoti e 128 parrocchie, che visitavo spesso. Qui, il popolo non c è, si vede solo quando ci sono le grandi adunate in piazza San Pietro... E qualche volta, nei primi giorni, le è capitato di mangiare da solo... A Brasilia, in casa, c era sempre compagnia. Avevo come segretarie due mamme di famiglia, c era la cuoca, eravamo una piccola comunità. Anche qui però, il raggio di amici si va allargando col tempo. Lei, anche da piccolo, in famiglia, era abituato alle tavolate numerose. I miei genitori erano del sud, io sono nato nello Stato di Santa Catarina. Ma quando avevo due anni i miei si sono trasferiti nello Stato del Paraná, in una zona che, come si diceva a quel tempo, cominciava a essere colonizzata. Il mio papà lì ha cominciato a lavorare come macellaio. Ho un fratello più grande, anche lui sacerdote, e poi ne sono nati altri sei. In tutto siamo cinque maschi e tre femmine. La più piccola, che ha la sindrome di Down, adesso ha 47 anni. Ricordo che quando nacque allora eravamo a Borrazópolis i miei per farla battezzare presero una carrozza coi cavalli e percorsero più di quaranta chilometri, perché non volevano aspettare. Un bel viaggio, a quei tempi. Dove vivevamo, all inizio non c erano sacerdoti. Il prete passava ogni tanto, una volta al mese. Erano i leader laici popolari a guidare le comunità, a tenere il catechismo e a favorire le pratiche della vita di fede come il Santo Rosario e la devozione al Sacro Cuore di Gesù. In quel tempo la Chiesa locale si basava molto su gruppi come l apostolato della preghiera, o i figli di Maria Anche papà e mamma aiutavano a tenere aperte le cappelle. E poi, lei come è diventato prete? Io, anche se ero ancora un bambino, già a sette anni, al tempo della prima comunione, ho percepito la 26 30GIORNI N.4/5-2011

27 Intervista con l arcivescovo João Braz de Aviz A sinistra, frati domenicani nel chiostro della Basilica di Santa Sabina a Roma In basso, frati francescani ad Assisi Poi, il suo vescovo la mandò a studiare teologia a Roma. Era il 67, il Concilio appena finito Come ricorda quegli anni? Studiai alla Gregoriana e poi un anno all Ateneo Salesiano, per seguire i corsi di psicopedagogia. Ricevetti il diaconato a Roma, e tornai in Brasile solo nel Erano tempi segnati da tanti stimoli e da tante difficoltà. Tutto sembrava in movimento. Iniziava il travaglio portato dal Concilio. Si aggiornavano i vecchi ordinamenti, si ristrutturavano i corsi, ma c era anche l incertezza che segna tutte le fasi di passaggio e di revisione. «Dicevo a Brasilia: se voi dei carismi più grandi mortificate e annullate i carismi più piccoli perché avete come solo criterio quello di allargarvi e di prendere più spazio, questo non è da Dio». Incontro con il nuovo prefetto della Congregazione vaticana per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica vocazione, che poi è stata coltivata dalle suore di Santa Catarina, dove ero stato mandato per seguire le scuole. Quando avevo undici anni entrai nel seminario minore di Assis, nello Stato di São Paulo, a quattrocento chilometri dalla capitale. Lo avevano aperto i missionari del Pime. Alcuni di loro erano stati missionari in Cina, da dove erano stati espulsi dopo l avvento al potere di Mao. Ci raccontavano le loro storie. Ricordo che erano persone profondissime, era bello crescere avendoli davanti agli occhi. E poi, da adolescente, incontrai anche la spiritualità del Focolare. Come avvenne? Conobbi un pittore ateo che dopo essersi convertito parlava di Dio in maniera viva e concreta. Fece colpo su di me, che ero un ragazzo. Pensavo: guarda un po questo ateo che adesso racconta con tanta forza dell amore di Dio, e di come questo amore si scopre amando il fratello... Per me erano cose nuove. Io fino a quel momento pensavo all educazione, che bisognasse essere gentili con gli altri per una questione di buone maniere. Mai pensavo che l altro potesse essere servito come Gesù stesso. E in America Latina vi trovavate anche davanti all emergere della Teologia della liberazione. Eravamo idealisti, volevamo dare la vita per qualcosa di grande. La scelta di guardare ai poveri ci da- 30GIORNI N.4/

28 V ita consacrata va una speranza grandissima, soprattutto a noi che venivamo da famiglie povere. Eravamo pronti a mollare tutto, anche il seminario, se quell impeto non fosse stato accolto e abbracciato nella realtà ecclesiale in cui vivevamo. Lei ha già spiegato che in quel passaggio, l esperienza del Focolare la aiutò a superare il pericolo che tutto si dissipasse. Dio mi ha custodito così. L esperienza spirituale del Focolare è forte e semplice. Già alla fine degli anni Sessanta, Chiara Lubich ci invitava a rivedere il nostro modo di vivere, alla luce dell amore di Dio. A volte anche a me sembrava che sottovalutasse l esigenza della trasformazione sociale. Fu un passaggio difficile per molti. Ma così rimaneva la fiducia che c era una strada, occorreva aver pazienza, ma si camminava insieme e non ci si perdeva. Siamo diventati sacerdoti con questa grande luce interiore, accompagnata da questo senso di inquietudine, di sospensione. Non ho mai voluto nascondere a me stesso la compresenza di questi due fattori. Pensavo: questa è la condizione in cui mi è Sopra, dom João Braz de Aviz con un gruppo di religiosi brasiliani nel Pontificio Collegio Pio Brasiliano, Roma; sotto, nella Cattedrale di Brasilia toccato di vivere. Col tempo, questo mi ha aiutato a vedere che essere sacerdote non vuol dire esercitare un dominio religioso sulla propria vita e sulla vita degli altri. Col tempo passato, quale bilancio fa della stagione ecclesiale legata alla Teologia della liberazione? Si possono dire diverse cose. In Brasile, alcuni dei gruppi pastorali a quel tempo più spinti in quella linea oggi si sono trasformati in Ong con molti soldi, uscendo dalla Chiesa. Dicevano di voler cambiare la Chiesa, poi la fede è venuta meno ed è rimasta la sociologia. Questo non può non suscitare tristezza. Eppure rimango convinto che in quella vicenda è passato comunque qualcosa di grande per tutta la Chiesa. Come la constatazione che il peccato degli uomini crea strutture di peccato. E che la predilezione In Brasile, fin dall indipendenza, è stato sempre forte un potere che chiamerei il potere dei soldi. È quel potere che, ad esempio, continua a resistere a una vera riforma agraria. E che non ha mai avuto un grande rapporto di prossimità con la Chiesa e nemmeno con la gerarchia ecclesiastica 28 30GIORNI N.4/5-2011

29 La morte scampata per miracolo Una proroga ad personam Intervista con l arcivescovo João Braz de Aviz A lmeno un primato, a monsignor Braz de Aviz, non glielo toglie nessuno. Lʼattuale prefetto del dicastero vaticano per i religiosi è lʼunico vescovo che vive da quasi trentʼanni portandosi dietro 130 pallini di piombo disseminati nel corpo. João a quel tempo era un giovane prete di 36 anni, e quel giorno stava viaggiando dalla sua parrocchia a quella di un villaggio vicino per aiutare il parroco che celebrava i suoi venticinque anni di sacerdozio. A metà strada, su un ponticello, vede unʼauto ferma. Si avvicina per vedere se serve una mano. E si accorge che non si tratta di campesinos rimasti con la macchina in panne. Nel vecchio maggiolino ci sono due ragazzi che gli spianano contro le loro armi pesanti, gli tolgono le chiavi della macchina e lo costringono a seguirli dallʼaltra parte del torrente, senza dire una parola. Dopo mezzʼora, sbuca dalla curva il furgone blindato della banca. Era venerdì pomeriggio, loro stavano aspettando il furgone con la raccolta degli incassi, e João capisce allora di essersi trovato nel posto sbagliato allʼora sbagliata. Poi la situazione precipita. I rapinatori sparano subito alle gomme del blindato. Ma anche quelli del carro della banca sono armati, e rispondono al fuoco. Ricorda oggi monsignor Braz de Aviz: «A un certo punto, visto che la situazione era bloccata, i due ragazzi mi hanno puntato di nuovo le armi in faccia: vai tu a parlare con i poliziotti, o ti ammazziamo. Che potevo fare? Ho mosso solo qualche passo e subito dal blindato i poliziotti mi hanno sparato addosso». João sente bruciare per tutto il corpo i pallini partiti dal fucile a canne mozze. Ha pure un occhio perforato, sente il sangue che gli cola a fiotti sul viso. Sta disteso a terra. Non riesce ad alzarsi. Unʼimmobilità impotente che gli salverà la vita: «Dopo mi hanno confermato che se mi fossi mosso mi avrebbero finito». Intanto i due banditi sono scappati. João sente il respiro farsi affannoso, sente il sangue che gli sale dai polmoni nella bocca. «Dicevo dentro me stesso: Gesù, ma perché devo morire a trentasei anni, avevo tanto da fare. La risposta mi è sgorgata dentro così: Io sono morto a 33 anni. Tu hai avuto già tre anni più di me». João intuisce allora che anche la sua generosità, il suo slancio a fare cose buone può cadere nel vuoto, se non è un abbandonarsi nelle braccia di Gesù. «Allora mi sono sentito in pace. Ho detto le mie ultime preghiere, ho fatto le mie offerte, ho chiesto perdono, ma poi ho anche aggiunto: Signore, dammi dieci anni in più. Non so perché ho chiesto proprio dieci anni». In effetti, dom João quella volta lʼha scampata. I piombini sono rimasti anche nei polmoni e nellʼintestino, senza provocare infezioni. Perfino lʼocchio si è salvato e i medici si chiedono come sia stato possibile. Dopo quellʼesperienza, oggi monsignor Braz de Aviz ricorda di essere anche entrato in un periodo di depressione. «Non riuscivo più nemmeno a uscire di casa. Ne sono uscito solo dopo un anno, piano piano, cominciando col fare piccole cose, ad esempio piccole passeggiate, fin dove mi era possibile. Anche questa specie di paralisi della volontà è stata per me unʼesperienza importante, per abbracciare il mio limite e la mia fragilità». Quando stavano scadendo i dieci anni di proroga richiesti, è arrivata la nomina a vescovo. «È come se il Signore mi avesse voluto dire: fin qui tu mi hai chiesto la vita, dʼora in poi quello che viene io ti chiedo di donarlo a me». Dom João lo dice ridendo. Ma intanto, il soprassalto dei ricordi gli inumidisce gli occhi. G.V. per i poveri è una scelta di Dio, come si vede nel Vangelo. Nelle prime comunità le quattro colonne portanti erano la fedeltà alla dottrina degli apostoli, l eucaristia, la preghiera e poi quella comunione fraterna che non era un sentimentalismo, ma una cosa pratica, voleva dire aiutare le vedove e gli orfani, mettere i beni in comune. Da questo si vedeva che la comunità viveva davanti al suo Signore. Adesso, noi i beni li nascondiamo chiudendoli a chiave con sei mandate, anche nelle comunità religiose. Al interno della generazione dei preti liberazionisti, uno dei punti di differenziazione era l atteggiamento davanti alla devozione del popolo. In quel tempo alcuni pensavano che la devozione popolare fosse alienazione. Dicevano che la purezza della fede si era corrotta con le devozioni. Un idea che si può confutare anche dal punto di vista schiettamente storico. Da noi la crisi venne con l abolizione delle congregazioni religiose voluta dal Marchese di Pombal, che fu un disastro e compromise anche tutta l esperienza pastorale iniziata con gli indios. E comunque anche adesso non capisci come mai il Brasile sia cattolico al 75 per cento, anche se poi solo il 10 per cento si accosta ordinariamente ai sacramenti. La ragione storica è questa: proprio la devozione popolare è stata uno strumento per trasmettere e mantenere la fede, in tante comunità guidate per tanto tempo dai laici. A volte, c è chi agita ancora la Teologia della liberazione come un pericolo incombente. Sì, certe volte la Teologia della liberazione sembra un fantasma che si tira fuori a comando. Tante cose sono cambiate. In tanti Paesi quelli che erano contro il potere, come Lula, o che addirittura erano 30GIORNI N.4/

30 V ita consacrata guerriglieri, adesso governano. C è stato tutto un cammino, ed è tempo che anche nella Chiesa tutti ne prendano atto. In Brasile, fin dall indipendenza, è stato sempre forte un potere che chiamerei il potere dei soldi. È quel potere che, ad esempio, continua a resistere a una vera riforma agraria. E che non ha mai avuto un grande rapporto di prossimità con la Chiesa e nemmeno con la gerarchia ecclesiastica. La Chiesa non ha sostegni finanziari da parte dello Stato, e anche le chiese si costruiscono coi soldi del popolo, e di solito ad aiutare di più sono i più poveri. Cosa pensa della causa di beatificazione di Óscar Romero? Nei processi di beatificazione ci sono dettagli che vanno vagliati con cura, come quelli anche scientifici implicati nel riconoscimento del miracolo richiesto. Ma credo che come vita di santità Romero sia stato un esempio grande. Un vescovo che con l episcopato riceve in maniera manifesta anche la grazia di diventare pastore del suo popolo, in quella situazione così stravolta dalla violenza. Lo stesso accadde in Brasile a dom Hélder Câmara. Quando lo ascoltavamo parlare, durante il regime militare, ci faceva tremare dall emozione. Era una persona che ci incantava. Un uomo di preghiera. Penso che ci sono tante figure che piano piano, col tempo, capiremo meglio. E si vedrà che tutta la loro vita era impregnata da questo. Altrimenti non avrebbero offerto la loro vita così. Câmara ha sempre vissuto avendo davanti la possibilità di essere ucciso. Non lo hanno ucciso solo perché il popolo avrebbe reagito troppo male. E allora mandavano avvertimenti abbastanza chiari: invece dei vescovi, uccidevano i segretari dei vescovi, come accadde al segretario di dom Hélder. Lei ha citato Lula. Come arcivescovo di Brasilia, avrà avuto a che fare con lui. Che bilancio fa della sua stagione alla guida del Paese? In sette anni a Brasilia non l ho mai visto in Cattedrale... [sorride]. E a volte faceva affermazioni un po sorprendenti, come quando diceva di avere una morale come persona privata e una morale come presidente Ma certo la percezione del suo contributo è molto positiva, e condivisa dalla maggioranza dei brasiliani. Ha amato il suo popolo e, essendo stato un operaio, ha capito la condizione dei brasiliani per come essa è nella realtà concreta. Con lui il Brasile ha avuto una crescita impressionante, e c è stata anche una certa redistribuzione del reddito. Ha combattuto la corruzione, senza approfittare della posizione di presidente per difendere i corrotti che stavano anche all interno del suo partito. E Dilma, la nuova presidenta? Dilma è molto diversa. Lula è un operaio, la sua forza è il sindacalismo. Lui è un sindacalista umanista, un fortissimo lottatore. Dilma è un intellettuale, e per altri versi è più pragmatica. Ma dicono che abbia sostegno popolare ancor più di Lula. Interessante, questo dato. Come è iniziato il suo lavoro alla Congregazione per i Religiosi? Abbiamo dovuto affrontare molte difficoltà. C era parecchia sfiducia da parte dei religiosi per via di alcune posizioni prese in precedenza. Adesso, il punto focale del lavoro è proprio quello di ricostruire un rapporto di fiducia. Col segretario della Congregazione, Joseph William Tobin, lavoriamo insieme, parliamo molto, in modo che le decisioni siano prese in comune. Come sta procedendo la vicenda delle ispezioni alle congregazioni religiose femminili degli Stati Uniti? Anche quella non è una vicenda facile. C era sfiducia, contrapposizione. Abbiamo parlato con loro, le loro rappresentanze sono anche venute qui a Roma. Abbiamo ricominciato ad ascoltare. Non si tratta di dire che i problemi non esistono. Ma si può affrontarli in un altro modo. Senza condanne preventive. Ascoltando le motivazioni. Adesso abbiamo tanti rapporti di indagine su cui dobbiamo lavorare. Poi c è il rapporto di suor Clare Millea [la religiosa designata dal Vaticano come visitatrice apostolica, ndr] che sarà importante. Sono legittimi e utili i confronti tra gli ordini religiosi più antichi e i nuovi movimenti? A volte c è chi li mette in concorrenza, o addirittura in contrasto. I carismi che fioriscono nel tempo presente vengono donati alla Chiesa di oggi. Forse tra vent anni non avranno la stessa rilevanza. E questo non dovrebbe urtare con i carismi più antichi. Se vivono in fedeltà al carisma iniziale donato al loro fondatore, troveranno anche il modo di dare qualcosa in questo tempo. Il pericolo è quando si perde lo spirito dei fondatori GIORNI N.4/5-2011

31 Intervista con l arcivescovo João Braz de Aviz Dom Hélder Câmara durante una visita pastorale a Morro da Conceição, Recife, nel 1968; a sinistra, Óscar Romero con i seminaristi a Playa el Majahual, nel 1978 In questo senso, che cosa ha rappresentato per lei la vicenda del fondatore dei Legionari di Cristo? Certo, è un dolore quando si vede l espandersi di una realtà che si presenta come carismatica, e poi si scopre l indegnità del suo iniziatore. Come sia possibile, rimane un mistero. Quello dei Legionari non è l unico caso. In Brasile abbiamo avuto il caso della Toca de Assis. Una comunità che vestiva un abito di foggia francescana che richiamava l attenzione, e che si era messa nel filone della Canção nova [comunità-network nata in Brasile e legata al movimento carismatico, ndr]. Davano di sé un immagine forte, con frati che dicevano di rendere gloria a Dio cantando e ballando. Avevano coinvolto circa seicento ragazzi. Finché si è scoperto che il fondatore aveva anche lui comportamenti moralmente indegni coi suoi seguaci. Quanto ai Legionari, nella loro struttura non mi convinceva già da prima la mancanza di fiducia nella libertà delle persone che vedevo al loro interno. Un autoritarismo che cercava di dominare tutto con la disciplina. Avevo già tolto i seminaristi di Brasilia dai loro seminari, perché vedevo che così le cose non potevano andare avanti. Non crede che in passato ci sia stata troppa enfasi sui nuovi movimenti, che a volte ha nascosto aspetti problematici? Nelle nuove comunità e nei nuovi movimenti non tutto è bello e giusto a priori. In alcune realtà si vede che ci sono aspetti davvero squilibrati. Certo, non si può negare che in molte di queste realtà si sono viste cose grandissime. In Dicevo a Brasilia: se voi dei carismi più grandi mortificate e annullate i carismi più piccoli perché avete come solo criterio quello di allargarvi e di prendere più spazio, questo non è da Dio. Se c è un carismetto piccolino, per esempio in una parrocchia, aiutatelo a crescere, invece di contrastarlo. Oltre al suo legame con il Focolare, è nota anche la sua amicizia con la Comunità di Sant Egidio. Sì. Ho molta stima di Andrea Riccardi. Spero di andarli a trovare presto. Negli ultimi tempi, un fenomeno diffuso è quello di nuovi istituti di vita consacrata che a Quando ascoltavamo dom Hélder Câmara, durante il regime militare, ci faceva fremere dall emozione. Non lo hanno ucciso solo perché il popolo avrebbe reagito troppo male. E allora mandavano avvertimenti abbastanza chiari: invece dei vescovi, uccidevano i segretari dei vescovi, come accadde al segretario di dom Hélder molti luoghi hanno portato freschezza, gioia, novità, gioventù. Credo che comunque il tempo attuale non sia più il tempo in cui ognuno fa per sé, in cui tutti sono separati fino a entrare in contrasto gli uni con gli altri e sono uniti solo nel riferimento comune al Papa. Il presidente brasiliano uscente Luiz Inácio Lula da Silva solleva il braccio del neopresidente Dilma Rousseff a Palazzo Planalto, Brasilia, il 1 gennaio 2011 volte vivono situazioni di contrasto coi vescovi e con le proprie Chiese nazionali. Io ho sempre un po paura quando un gruppo comincia a pensare e a dire: noi siamo gli unici a difendere la vera Chiesa e la Tradizione. Noi possediamo la luce di Dio, e gli altri no. Nella Chiesa non funziona così. E Dio non lavora così. Lui distribuisce i suoi doni, non ha mai dato tutta la sua grazia a una sola persona. Se pensiamo all esperienza di Dio con il suo popolo, anche nella Bibbia quello che risalta non è l esclusivismo elitario, ma piuttosto la pazienza e la misericordia verso quel popolo pieno di limiti, che si perdeva lungo il cammino. Quanto ha aspettato, quante volte è stato deluso... E se poi si guarda anche ai santi, si vede che i veri santi sono sempre amici fra loro. Sono diversi, magari a volte litigano, ma poi chiedono perdono e lavorano insieme. Anche quelli di adesso, come don Giussani e Chiara Lubich. q 30GIORNI N.4/

32 CONSTA costruzioni, energia, ambiente Il Consorzio Stabile Consta è una realtà internazionale presente con sedi operative in tre continenti e che opera come general contractor nei settori delle costruzioni, dell energia e dell ambiente. Il Consorzio, riunendo 9 imprese italiane, è una provata fi liera che mediante esperienza, sinergie e conoscenze tecniche multidisciplinari, offre un servizio globale nell edilizia (residenziale, industriale, turistico - congressuale, ospedaliera), restauro, grandi opere pubbliche, energia (centrali eoliche, idroelettriche, fotovoltaiche e a biomassa), opere speciali, verde, impiantistica e manutenzioni. Le consorziate CONSTA sono: Mattioli SpA, S.T.E. Energy SpA, Soles SpA, Isoedil Costruzioni SpA, V.E.COM. Srl, Giotto Coop. Soc., Interedile Srl, Geobasi Srl, Tintoretto Soc. Coop. Consorzio Stabile Consta Piazza Ungheria, Roma T F Sede di Padova: Via Crimea, Padova T F Sede di Milano: Viale Achille Papa, Milano T F info@consta.it Sede per l America Latina: São Paolo, Brasil - Sede per l Africa: Addis Abeba, Etiopia

33 ESTATE 2011 CREATIVAMENTE IDEE PER COMUNICARE.IT Alla scoperta di nuovi orizzonti, tra i colori del mare Nei più bei tratti di coste e isole italiane: acque limpide e cristalline, bellezze naturali e artistiche da scoprire, il gusto dell autentica cucina mediterranea, tranquillità per le famiglie. Splendidi Villaggi ed Hotels a due passi dal mare dove lasciarsi coinvolgere dalla nostra voglia di farti sentire unico! BASILICATA, MARINA DI PISTICCI ISOLA D ELBA, PORTOFERRAIO SARDEGNA, COSTA REI PUGLIA, OTRANTO CALABRIA, MARINA DI SIBARI Via Forcellini, 170/a PD Italy T F info@tivigest.com

34 M edio Oriente Un messaggio di convivenza dal Libano Il dialogo con l islam, un nuovo confronto con i politici cristiani, la necessità di un rapporto con Hezbollah, la tragedia del conflitto israelo-palestinese: intervista con sua beatitudine Béchara Raï, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti di Davide Malacaria Il 15 marzo i vescovi maroniti, riuniti a Bkerké (nei pressi di Beirut), la sede del Patriarcato, hanno eletto Béchara Raï, vescovo di Jbeil, Byblos dei Maroniti, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti. Sua beatitudine Béchara Boutros Raï, 71 anni, ordinato sacerdote nel 1967 e diventato vescovo nel 1986, conosce bene Roma e il Vaticano, in quanto qui ha studiato, presso il Pontificio Collegio Maronita, e qui, per anni, anche in qualità di membro del Pontificio Consi- Sopra, Béchara Raï subito dopo la sua elezione a patriarca di Antiochia dei Maroniti, il 15 marzo 2011; a destra, la folla di fedeli giunti presso la sede del Patriarcato a Bkerké per salutare il nuovo patriarca 34 30GIORNI N.4/5-2011

35 Intervista con il patriarca di Antiochia dei Maroniti glio delle Comunicazioni sociali, è stato il responsabile del programma arabo della Radio Vaticana. Sua beatitudine Béchara Raï succede a Nasrallah Pierre Sfeir, che lo scorso febbraio, a novant anni, ha dato le dimissioni. Lo scorso 14 aprile, ricevendo in udienza il nuovo patriarca, Benedetto XVI ha concesso la ecclesiastica communio. Da alcuni anni in Libano, Paese cruciale per la stabilità del Medio Oriente, la solennità dell Annunciazione è stata dichiarata festa nazionale, con gioia dei cristiani, ovviamente, e degli islamici, che venerano in Maria la madre del profeta Gesù. Una festa nata all insegna di quella convivenza tra cristiani e islamici che, pur nelle alterne e a volte dolorose vicende della storia, è stata la caratteristica di questo Paese. Béchara in arabo vuol dire Annunciazione. Un buon auspicio. Che cosa ha pensato al momento dell elezione? BÉCHARA RAÏ: Durante il Sinodo, gli altri possibili candidati al patriarcato, a un certo momento hanno fatto un passo indietro perché si arrivasse a un elezione unanime. È stato in quel momento che mi è venuto in mente il motto del mio mandato: «Comunione e amore», che poi ho scritto sulla scheda elettorale. Così, durante lo scrutinio, mentre veniva ripetuto il mio nome, a un certo momento è stato letto anche questo motto. Era un modo per dire che accettavo quanto deciso nel Sinodo, ma all insegna, appunto, della comunione e dell amore. La Chiesa maronita, di rito orientale e da sempre in comunione con Roma, gioca un ruolo di ponte tra la cristianità occidentale e quella ortodossa? Per storia i maroniti hanno rapporti fecondi sia con le Chiese di tradizione greca e siriaca sia con la Santa Sede. Anche per questo hanno giocato un ruolo importante quando sono avvenute unioni tra Chiese di rito orientale e Roma mi riferisco alle Chiese chiamate uniate. Per storia e tradizione il nostro ruolo è quello di essere ponte tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Un compito ecumenico molto prezioso per la cristianità. Sempre a proposito dei rapporti con l Ortodossia, il cardinale Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, nel suo intervento al Sinodo per le Chiese orientali ha detto di voler interpellare i patriarchi d Oriente per raccogliere pareri per una possibile riforma del ministero petrino... Una cosa analoga è stata fatta già al tempo di Giovanni Paolo II. Io ero membro della Commissione che doveva raccogliere le risposte dei patriarchi e riferire al Santo Padre. In quella sede avevamo raccolto i contributi di vari patriarchi e vescovi orientali, ma poi questo lavoro è rimasto incompiuto. A destra, Benedetto XVI riceve in udienza sua beatitudine Béchara Raï, il 14 aprile 2011 Tra le varie proposte giunte alla Commissione ce n era qualcuna che aveva attirato più di altre la sua attenzione? Tra le altre, vi era la proposta che i patriarcati orientali potessero estendere la loro giurisdizione sui fedeli della diaspora, quindi fuori dal territorio tradizionalmente chiamato territorio patriarcale. Questa proposta, purtroppo, non è stata accolta. Ricordo che se ne parlò nel 2000, in occasione di un convegno per il decennale della promulgazione del Codice di diritto canonico delle Chiese orientali, e, in quella sede, il segretario di Stato vaticano, parlando a nome del Papa, 30GIORNI N.4/

36 M edio Oriente spiegò come non fosse possibile estendere la giurisdizione dei patriarcati, per due ordini di motivi. Il primo riguarda il principio di territorialità: per tradizione il territorio patriarcale ha un limite geografico limitato all ambito orientale, né il principio di territorialità può diventare principio di soggettività. Il secondo motivo, ci fu riferito, è che il patriarcato è un istituzione ecclesiastica e, come tale, può anche sparire, mentre l episcopato e il papato sono, all opposto, istituzioni divine e non caduche. Poiché il papa è vescovo di tutti i cattolici e poiché ci sono vescovi locali che hanno il potere pastorale giurisdizionale anche sui fedeli della diaspora orientale, non c è bisogno di estendere la giurisdizione del patriarca. Questa in estrema sintesi la risposta che fu data. I vari leader cristiani hanno parlato delle loro diverse opzioni politiche e, pur ribadendo le proprie posizioni, sono arrivati alla conclusione che le loro visioni politiche sono complementari e non in conflitto. La molteplicità di opzioni politiche, piuttosto che causa di scontri, può invece essere una ricchezza e garanzia di democrazia Quanto è importante il rapporto tra il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti e i fedeli della diaspora sparsi nel mondo? Per il patriarca di Antiochia dei Maroniti è importante avere cura anche di questi fedeli. È un compito svolto già dalle diverse diocesi maronite sparse nel mondo; altrove, invece, a tale cura provvedono comunità organizzate, cioè parrocchie maronite, che dipendono dall ordinario locale, che poi è quello latino; infine ci sono comunità senza sacerdoti. Quindi è nostro compito provvedere a livello pastorale: inviare sacerdoti, religiosi e religiose e, dove ci sono comunità organizzate, provvedere alle diocesi. Ma il legame tra gli emigrati e la madrepatria è mantenuto anche a livello ecclesiale e di società civile, attraverso le tante organizzazioni che conservano vitali tali rapporti. Un aspetto rilevante di questo legame è il mantenimento della cittadinanza libanese da parte dei discendenti di famiglie maronite. È importante perché, in un sistema politico come quello libanese, fondato sulla demografia, consente ai cristiani di mantenere immutato il loro numero e, conseguentemente, il loro peso politico. Si tenga conto che il nostro sistema politico vede una partecipazione paritetica alla gestione della cosa pubblica di cristiani e musulmani, in quanto la popolazione è composta per metà da cristiani e per metà da musulmani: se i numeri dovessero mutare molto, cambierebbe anche tale equilibrio. Ma il legame con i nostri emigrati è importante anche perché il Libano rappresenta per i maroniti la loro patria spirituale, le loro tradizioni, la loro storia. Inoltre tale legame permette agli emigrati di sostenere economicamente le famiglie rimaste in patria e anche la causa libanese. Infine la diaspora può fare molto a livello di progetti di sviluppo e di progetti sociali. Dopo la sua elezione, lei ha voluto incontrare i quattro più importanti leader dei partiti politici cristiani presenti in Libano... In Libano adesso c è una grande divisione tra quello che si chiama il Blocco del 14 marzo, che vede dei partiti cristiani alleati con i musulmani sunniti (che hanno rapporti con Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti), e il Blocco dell 8 marzo, che vede altri cristiani alleati con gli sciiti ed Hezbollah, i quali, a loro volta, hanno rapporti con Iran e Si- Il patriarca Béchara Raï, al centro della foto, e, da sinistra: Amin Gemayel, leader delle Falangi libanesi; Samir Geagea, leader del partito Forze libanesi; Michel Aoun, ex generale ed ex primo ministro libanese, leader del Libero movimento patriottico libanese, la formazione politica maronita alleata di Hezbollah; Suleiman Franjieh, figlio del premier assassinato nel 1978, oggi parlamentare e leader del movimento Marada, in occasione di un incontro, presso il Patriarcato, tra i capi storici dei principali partiti politici cristiani, il 19 aprile GIORNI N.4/5-2011

37 Intervista con il patriarca di Antiochia dei Maroniti Da sinistra, il muftì sunnita Mohammed Rashid Qabbani, il patriarca Béchara Raï, il muftì sciita Abdel Amir Kabalan e il muftì druso Naim Hassan in occasione del vertice tra capi religiosi cristiani e musulmani organizzato dal Patriarcato a Bkerké, il 12 maggio 2011 ria. Ciò crea tensione, anche perché tra sciiti e sunniti c è grande conflittualità. Questa situazione ha creato distanze anche tra cristiani, tanto che i leader politici cristiani non riuscivano a incontrarsi. Così ho organizzato questo incontro al Patriarcato nella speranza di favorire una distensione nei rapporti tra cristiani e, di conseguenza, anche nella nazione. Ed è quello che è successo. I vari leader cristiani hanno parlato delle loro diverse opzioni politiche e, pur ribadendo le proprie posizioni, sono arrivati alla conclusione che le loro visioni politiche sono complementari e non in conflitto. La molteplicità di opzioni politiche, piuttosto che causa di scontri, può invece essere una ricchezza e garanzia di democrazia. Nell incontro si è registrata una bella intesa, che ha creato distensione a livello pubblico. Ora, dopo che si è rotto il ghiaccio, gli incontri tra politici cristiani proseguiranno, ma più allargati, per ampliare le basi del dialogo. Oltre a questo incontro, al Patriarcato si è tenuto un vertice tra diversi capi religiosi, musulmani e cristiani. Ad esso ha fatto seguito una dichiarazione comune sui principi e i fondamenti della nazione nei quali tutti i libanesi, al di là della loro religione, si riconoscono, e sul fatto che la politica, in quanto tale, deve essere lasciata ai politici. Credo che tutto questo possa dare nuovo impulso all unità del Paese. Spero, infine, che presto si possano realizzare incontri tra politici musulmani e cristiani, nell ambito dei quali confrontarsi sui temi più caldi della vita sociale e politica del Paese. Quindi il problema non è tanto creare un unico partito politico dei cristiani, quanto cercare un intesa tra i vari partiti. Il Libano è un Paese democratico e pluralista, quindi ben vengano diversità di opinioni e di vedute. Però ci sono due cose che ci uniscono: i fondamenti della nazione e i comuni obiettivi. Il Libano si fonda su alcuni principi politici che, fin dalla nascita dello Stato, ne costituiscono una costante mai venuta meno: cioè che il Libano è un Paese democratico, parlamentare, basato sulla convivenza tra musulmani e cristiani, sui diritti dell uomo, sulla libertà, sul patto nazionale che vede cristiani e musulmani partecipare in maniera egualitaria alla gestione della cosa pubblica. Questi sono i fondamenti del nostro Paese, indispensabili proprio per la natura della nostra nazione: perché in Libano, data la presenza storica di cristiani e islamici, esistono due tradizioni diverse, due culture diverse e via dicendo. Per quanto riguarda gli obiettivi comuni, invece, s intende: come conservare il Libano come entità statale, come conservare la sua identità e come agire per il bene comune e, per quanto riguarda in particolare i cristiani, come conservare la loro presenza nel nostro Paese. Per preservare i principi fondamentali del nostro Stato e per raggiungere tali obiettivi non si tratta di unificare le varie opzioni politiche, anzi. Si dice che «tutte le strade portano a Roma»: ben vengano le diversità di opinioni, di scelte politiche, di alleanze perché non c è una fazione politica che possa pretendere di essere quella vera, tutte hanno un aspetto di verità. Il nostro compito è quello di favorire questo approccio costruttivo e non conflittuale. Come si rapporterà il patriarca con Hezbollah? In passato esisteva una Commissione in cui il Patriarcato ed Hezbollah dialogavano sui problemi del Paese, ma questo confronto proficuo si è fermato. Quando, dopo la mia elezione, una delegazione di Hezbollah è venuta a rendere omaggio al nuovo patriarca, ho detto loro che si doveva riprendere il dialogo, in particolare attraverso il 30GIORNI N.4/

38 M edio Oriente ripristino di questa Commissione, perché non possiamo lasciarlo cadere nel vuoto. I conflitti tra uomini, tra gruppi nascono da incomprensioni o pregiudizi. Non è che dobbiamo dialogare su tutte le scelte politiche, però ci si può provare a chiarire su molti punti. In passato, riguardo a Hezbollah, c è stato il problema della natura di questo partito perché, in particolare, c era chi non accettava che possedesse delle armi. Oggi, però, tale discussione si è esaurita, perché sterile. Adesso si parla di strategia comune di difesa, cioè di come il Libano debba organizzare il possesso e l uso delle armi. Non è accettabile il fatto che Hezbollah possa usare le armi quando vuole, possa dichiarare guerra o trattare la pace con Israele senza nessun rapporto con il governo del Paese. Si parla allora di una strategia di difesa che riguarda insieme lo Stato, Hezbollah, l esercito regolare, le milizie di Hezbollah e così via. Non siamo ancora arrivati a un chiarimento sul punto, però il concetto è stato accettato un po da tutti. Al contrario, invece, è stata rifiutata al cento per cento la tesi secondo la quale Hezbollah dovrebbe consegnare le armi. È una richiesta che non può essere accettata e, tra l altro, rende critico il rapporto con Hezbollah. Dobbiamo confrontarci, anche per ottenere garanzie sul fatto che Hezbollah non usi le armi sul piano interno, per rivalersi sui propri avversari politici, né dichiari guerra a Israele a prescindere da ogni riferimento al legittimo potere libanese. Non è accettabile uno Stato dentro lo Stato. Sono temi che sintetizziamo con l espressione strategia comune di difesa. Più volte ha parlato dell importanza della convivenza tra cristiani e musulmani in Libano... La convivenza nel nostro Paese è stata sancita con il Patto nazionale del 43, quando musulmani e cristiani hanno espresso due negazioni: no all Oriente e no all Occidente. Vuol dire che i musulmani libanesi non possono lavorare a un processo di integrazione con la Siria o con qualsiasi altro Paese arabo a regime islamico, né i cristiani con l Occidente e, nello specifico, con la Francia. Allo stesso tempo i musulmani hanno rinunciato a ogni pretesa riguardo alla possibilità di instaurare una teocrazia islamica mentre i cristiani, a loro volta, hanno rinunciato al laicismo di stampo occidentale. Così in Libano si è costruito uno Stato che è una via di mezzo tra la teocrazia orientale e i regimi secolarizzati occidentali. È un Paese civile, che rispetta la dimensione religiosa di tutti i cittadini; non può essere imposto un sistema teocratico, né una religione di Stato. La convivenza tra cristiani e musulmani è stabilita dalla Costituzione, la quale afferma, all articolo 9, che il Libano è un grande omaggio a Dio, rispetta tutte le religioni, riconosce i loro statuti, garantisce la libertà religiosa e la pratica religiosa di tutti. Lo Stato libanese non legifera in materie che riguardano la religione, in materia di matrimonio o altro, come invece accade in Occidente dove si fanno leggi in contrasto con la legge naturale: ad esempio, quella sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. In queste materie le diverse comunità religiose hanno una loro autonomia legislativa. Reputa che il Libano sia un esempio virtuoso di convivenza anche a livello internazionale? Certo. Vediamo che in Occidente la religione è messa da parte e questo l islam non può accettarlo. D altro canto vediamo come nel mondo orientale si siano instaurati sistemi politici in cui la religione ha un importanza fondamentale, ma chiusi. E ciò riguarda sia i Paesi islamici che Israele. In Libano, invece, c è uno Stato democratico, plurali- A sinistra, un ragazzo sotto la statua della Vergine Maria nel santuario di Harissa; a destra, fedeli durante la santa messa domenicale nella chiesa di San Giorgio, nel villaggio di Qoleia 38 30GIORNI N.4/5-2011

39 Intervista con il patriarca di Antiochia dei Maroniti I sostenitori di Hezbollah manifestano a Beirut il 19 marzo 2011 in favore delle sollevazioni popolari contro i regimi di Egitto, Tunisia, Yemen, Libia e Bahrein In passato, riguardo a Hezbollah, c è stato il problema della natura di questo partito perché, in particolare, c era chi non accettava che possedesse delle armi. Oggi, però, tale discussione si è esaurita, perché sterile. Adesso si parla di strategia comune di difesa, cioè di come il Libano debba organizzare il possesso e l uso delle armi sta, che rispetta la dimensione religiosa di tutti i cittadini e i diritti dell uomo. È la bellezza del nostro Paese, che ha fatto affermare a Giovanni Paolo II che il Libano più che una nazione è un messaggio e un esempio, un esempio virtuoso per l Oriente rispetto ai regimi fondati sulla religione, e per l Occidente rispetto a sistemi politici informati alla secolarizzazione. Qual è la sua opinione sui movimenti di rivolta che si stanno propagando nei Paesi arabi e che, tra l altro, toccano un Paese, come la Siria, molto importante per il Libano? Il problema è complesso. In Siria governa una minoranza alawita, mentre la grande maggioranza dei musulmani siriani è sunnita. I sunniti, che non sono affatto fondamentalisti, governavano il Paese prima che arrivassero gli Assad e ora chiedono riforme... In Egitto invece ci sono i Fratelli musulmani che possono dare un impronta fondamentalista al nuovo corso politico. Bisogna considerare che l islam è dilaniato da diversi conflitti: tra sciiti e sunniti in Iraq e altrove, tra alawiti e sunniti in Siria in altri Paesi. Non so dove porterà tutto questo, ma è preoccupante: c è il pericolo che in qualcuno di questi Stati s instauri un regime islamico fondamentalista o un regime dittatoriale peggiore dei precedenti; oppure che si giunga alla partizione di questa regione in piccoli Stati confessionali, secondo quello che alcuni osservatori internazionali chiamano progetto per un nuovo Medio Oriente. Il futuro è incerto. Noi auspichiamo che questi Paesi trovino la pace nel rispetto dei diritti umani dei popoli, perché sappiamo che quelli che sono stati messi in discussione sono regimi di impronta dittatoriale, nei quali vigono un sistema politico-religioso chiuso e il partito unico. Sono Paesi con grandi risorse, ma le cui ricchezze non sono distribuite e in cui la gente è molto povera. Tutte queste rivolte, queste manifestazioni di massa sono state condotte, generalmente, senza armi, con Facebook: è gente che reclama i propri diritti e libertà. Alcuni Paesi hanno fatto le riforme, altri non le han- 30GIORNI N.4/

40 M edio Oriente All origine di tutte le crisi e di tutti i problemi del Medio Oriente c è il conflitto israelo-palestinese. È il peccato originale, la matrice che nutre tutte le crisi della nostra regione. Purtroppo la comunità internazionale non sta agendo come dovrebbe: bisogna applicare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare da quella che prevede il ritorno dei profughi nella propria terra Palestinesi nel campo profughi di Ein el-hilweh, alla periferia della città di Sidone, in Libano no fatte. Dove non si è trovata una risposta positiva alle attese della gente, la situazione va peggiorando e questo ci preoccupa sempre di più, anche perché questa crisi si ripercuote molto negativamente sulle comunità cristiane, com è avvenuto in Iraq, perché purtroppo a subire le conseguenze di certe situazioni sono i cristiani. Siamo molto preoccupati anche per il Libano, che si trova in questo ambito e risente di tutte queste crisi. Noi ci rivolgiamo alla comunità internazionale perché aiuti questi popoli. L ultima domanda riguarda la pace tra Israele e Palestina All origine di tutte le crisi e di tutti i problemi del Medio Oriente c è il conflitto israelo-palestinese. È il peccato originale, la matrice che nutre tutte le crisi della nostra regione. Purtroppo la comunità internazionale non sta agendo come dovrebbe: bisogna applicare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare da quella che prevede il ritorno dei profughi nella propria terra. L Onu è stata creata per favorire la pace nel mondo e invece non fa nulla, perché, purtroppo, è ostaggio delle grandi potenze. I palestinesi devono avere il loro Stato e i profughi devono poter far ritorno alla propria terra. Il Libano ospita mezzo milione di profughi su un totale di quattro milioni di abitanti, un numero esorbitante... Una presenza che costituisce un problema per la sicurezza, dal momento che hanno armi e le usano al di fuori di ogni controllo, ma anche un dramma politico e sociale. I conflitti che hanno tormentato il Libano, dal 75 fino ad oggi, sono stati causati dalla presenza di questi profughi, che premono per tornare nelle loro terre. Se si risolvesse questo conflitto anche Hezbollah perderebbe la sua ragion d essere... È che le grandi potenze giocano sulla sorte dei popoli. Basta vedere quel che è successo in Iraq, dove si è intervenuti, si è detto, per instaurare la democrazia e, in un decennio, sono state uccise più persone di quante ne abbia mai uccise Saddam Hussein... q 40 30GIORNI N.4/5-2011

41 I canti gregoriani più semplici che i fedeli sono invitati a imparare e cantare secondo l intenzione della costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium È possibile scaricare gratuitamente sia il CD che il LIBRETTO allegati a questo numero sul nostro sito internet nell area download Si possono inoltre richiedere altre copie del cd e del libretto, al prezzo di 2 euro più spese di spedizione, telefonando al numero verde gratuito oppure scrivendo a: 30GIORNI, via Vincenzo Manzini, Roma o all indirizzo abbonati30g@30giorni.it Cd e libretto sono disponibili anche in lingua francese, inglese, portoghese, spagnola e tedesca con le stesse modalità

42 Spicchi Spicchi Spicch 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 Chiesa/1 Etchegaray, papa Benedetto XVI e i nuovi inizi del cristianesimo Bartolomeo I «Di papa Benedetto si ha talvolta la sensazione di conoscere tutto, a partire dalla sua enorme e densa produzione teologica. Ma a dire il vero si comincia appena a scoprirlo, o piuttosto a scoprire cos è un Papa nell esercizio della sua funzione pastorale, nel senso che è un pastore che guida il suo gregge soprattutto nelle tempeste. Eletto Papa, Benedetto è diventato parroco; la Chiesa ha scoperto un pastore e non solo un teologo, e il mondo un suo irrinunciabile punto di riferimento [...]. Sì, proprio così. Non ha forse esordito definendosi un operaio nella vigna del Signore? La sua omelia della Domenica delle Palme è stata, in questo senso, esemplare: ha parlato dell umiltà di Dio, che ha scelto la via della Croce per manifestare in forma estrema il suo amore. Il pontificato di papa Benedetto va per queste strade». Così il cardinale Roger Etchegaray su Avvenire del 19 aprile. Prosegue il porporato: «Nella conversazione con Peter Seewald, c è un passaggio fondamentale: Il Papa vuole oggi che la sua Chiesa si sottometta a una purificazione fondamentale... Si tratta di far vedere Dio agli uomini, di dire loro la verità. La verità sui misteri della Creazione. La verità sull esistenza umana. E la verità sulla nostra speranza, al di là della sola nostra vita terrena [...] Tutto potrebbe sintetizzarsi in questo pensiero: il cristianesimo è in perenne stato di nuovo inizio». Chiesa/2 Bartolomeo I, le calamità naturali e le perversità spirituali «Le distruzioni della natura provocate dai terremoti e dalle onde oceaniche, insieme con la minaccia di devastazione proveniente da un esplosione nucleare, allo stesso modo dei sacrifici umani derivanti dai conflitti militari e dalle azioni terroristiche, rivelano che il mondo vive un terribile tormento e angoscia per la pressione delle forze naturali e spirituali del male [...]. Ciononostante, la risurrezione di Cristo è veramente reale e garantisce al fedele cristiano la certezza, e al resto dell umanità la possibilità, di trascendere le conseguenze avverse delle calamità naturali e della perversità spirituale». È un passaggio dell omelia della notte di Pasqua di sua santità Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, riportata su Avvenire del 26 aprile scorso. Sacro Collegio La morte dei cardinali Saldarini e García-Gasco Il 18 aprile, a 86 anni, è venuto a mancare il cardinale Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino dal 1989 al Il 1 maggio è poi morto il porporato spagnolo Vicente Agustín García- Gasco, 80 anni, dal 1992 al 2009 arcivescovo di Valencia. Al 31 maggio dopo che hanno compiuto 80 anni i cardinali Bernard Panafieu (il 26 gennaio), Ricardo J. Vidal (il 6 febbraio), Camillo Ruini (il 19 febbraio), William H. Keeler (il 4 marzo) e Sergio Sebastiani (l 11 aprile) il Sacro Collegio risulta composto da 198 porporati di cui 115 elettori. Santa Sede Filoni prefetto di Propaganda Fide e Becciu sostituto alla Segreteria di Stato Il 10 maggio l arcivescovo pugliese Fernando Filoni, 65 anni, è stato nominato prefetto della Congregazione per l Evangelizzazione dei popoli in sostituzione del cardinale indiano Ivan Dias che ha compiuto 75 anni. Sacerdote dal 1970 nella diocesi di Fernando Filoni Nardò, è entrato nel servizio diplomatico vaticano nel 1981 e nel 2001 è stato eletto arcivescovo e nunzio apostolico in Giordania e Iraq. Diventato nunzio nelle Filippine nel 2006, dal 2007 era sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato. In questo ultimo incarico, sempre il 10 maggio, è stato nominato l arcivescovo sardo Giovanni Angelo Becciu, 63 anni, dal 1972 sacerdote nella diocesi di Ozieri. Entrato nel servizio diplomatico vaticano nel 1984, nel 2001 Becciu è stato eletto arcivescovo e nunzio apostolico in Angola. Dal 2009 era rappresentante pontificio a Cuba GIORNI N. 4/5-2011

43 i Spicchi Spicchi Spicchi OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI Medio Oriente/1 Peres, l accordo tra Hamas e Fatah e la pace tra israeliani e palestinesi Per Shimon Peres negoziare con Hamas è possibile. In una serie di interviste rilasciate alla stampa israeliana, il capo dello Stato ebraico ha commentato l accordo firmato il 4 maggio scorso al Cairo tra i due principali partiti palestinesi: Hamas, che governa a Gaza ed è indicato dagli israeliani come un organizzazione terroristica, e Fatah, al potere in Cisgiordania. «Se vogliono unirsi, che si uniscano. Quando iniziai a negoziare con Arafat», ha ricordato Peres, «tutti mi dicevano: Non c è speranza. Oggi lo stesso vale per Hamas. Il nome non mi interessa, contano i contenuti. Tutto può succedere». È meglio però che le trattative avvengano lontano dai riflettori: «In pubblico ciascuna parte deve dimostrare alla sua gente di essere forte e aggressiva, ma nel loro cuore i leader sanno che non c è alternativa alla pace. Per questo dobbiamo tenere distinte le apparenze dal potenziale nascosto». Medio Oriente/2 La fine dell embargo a Gaza e la politica degli Stati Uniti «Gaza, la striscia palestinese dei senza terra, da ieri non è più una prigione. Dopo quattro anni il passaggio di Rafah, al confine con l Egitto, è stato riaperto. Il Cairo di Hosni Mubarak l aveva chiuso come ritorsione alla rivolta dei fondamentalisti di Hamas contro l Anp del presidente laico Abu Mazen. Ieri Shimon Peres e Giorgio Napolitano a Gerusalemme il 15 maggio Il presidente della Repubblica Italiana ha ricevuto il premio Dan David MONDO La morte di bin Laden e quella di Hitler «La morte di Osama bin Laden, per alcuni versi, riporta la memoria a sessant anni fa, a un uomo asserragliato in un bunker tra le macerie della Berlino in sfacelo. Adolf Hitler pose fine alla propria vita il 30 aprile 1945 e l annuncio della sua fine venne dato il primo maggio. Anche la morte di Bin Laden è stata annunciata un primo maggio». Dalla Stampa del 3 maggio. la giunta militare egiziana, nata dalla cosiddetta primavera araba, ha deciso di cancellare il divieto». Questo l inizio di un articolo apparso sul Corriere della Sera del 29 maggio, che si concludeva così : «È anche chiaro che il segnale di Gaza si coniuga con quella spinta internazionale, guidata da Obama, per poter giungere ai due Stati, Israele e Palestina, che vivano in pace e sicurezza». Mediterraneo/1 Bettiza e la guerra neocolonialista in Libia «Comunque vadano a finire le cose, la storia non potrà non ricordare la pessima riuscita dell intervento neocolonialista in Libia, ammantata dalla fraseologia del Tigellino buonista dell Eliseo, Bernard-Henri Lévy, gran stimolatore in ogni senso di bombe umanitarie. Già il precedente intervento franco-britannico a Suez nel 1956 era stato controproducente, rafforzando il panarabista Nasser, fornendo a Kruscev un ottimo alibi per stroncare in parallelo con le armi la rivoluzione ungherese e favorendo in sostanza l insediamento sovietico nel Medio Oriente». Così l editoriale della Stampa dell 11 aprile, firmato da Enzo Bettiza. Mediterraneo/2 Todorov: la guerra in Libia, il messianismo politico e il peccato originale «Credo che purtroppo la guerra abbia una sua logica interna, che le impedisce di restare così circoscritta e chirurgica come sostiene chi la propone. Prima del 19 marzo le truppe di Gheddafi stavano per eseguire un massacro a Bengasi, ci ha ripetuto il presidente Sarkozy per convincere l Occidente a intervenire. Sono stati allora legittimi i primi bombardamenti, quelli che hanno fermato l avanzata del regime. Ma poi l intervento pseudoumanitario si è trasformato in un altra cosa». Così il filosofo Tzvetan Todorov sul Corriere della Sera del continua a pag 45 30GIORNI N. 4/

44 Spicchi Spicchi Spicch 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 ITALIA/1 Pisapia e don Giussani Giuliano Pisapia mentre vota al liceo Berchet, per le recenti amministrative, Milano, 29 maggio 2011 Pisapia, da studente, affascinato da don Giussani. È il titolo di un piccolo articolo del 14 maggio apparso sulla cronaca di Milano del Corriere della Sera. Nell articolo, il nuovo sindaco di Milano racconta del suo rapporto con don Giussani, suo insegnante di religione al liceo Berchet; in particolare dei pranzi a casa con il sacerdote ambrosiano, ai tempi del liceo, tutti intorno al tavolo con la mamma, il papà e gli altri (sei) fratelli «a parlare di Dio, del mondo, del ruolo che ognuno di noi avrebbe avuto». Del rapporto con don Giussani, Pisapia aveva parlato anche in un altra intervista, rilasciata a Giuseppe Frangi per il settimanale Vita, il 28 febbraio del 2005, a cominciare dal primo, sorprendente, incontro: «Entrò in classe e ci chiese se ritenevamo giusto che un genitore cattolico educasse i propri figli secondo quei principi. Uno di noi gli rigirò la domanda: lei ritiene giusto che un genitore comunista educhi il proprio figlio secondo i principi in cui crede? Don Giussani non ebbe un attimo di esitazione. E rispose di sì». Da allora, prosegue Pisapia nell intervista su Vita, iniziò a frequentare il sacerdote e il gruppo di ragazzi che gli ruotava attorno: «Ogni domenica andavamo nella Bassa milanese, una zona economicamente depressa. Nelle cascine facevamo vita di condivisione, si mangiava e si giocava. Poi parlavamo anche di fede, ma senza nessuna pretesa di indottrinamento [...]. Don Giussani aveva una carica umana enorme. E bandiva tutte le formalità. La sua forza era il dialogo. Voleva che fossimo noi stessi, che avessimo il coraggio di difendere il nostro pensiero, anche se era contrario al suo. Non partiva mai dai dogmi, come facevano gli altri preti. Ci voleva liberi. Così con lui potevamo parlare di tutto, anche di questioni nostre che non c entravano con la fede». La strada del giovane avrebbe preso poi altre direzioni: il 68, l impegno nella politica, in particolare nella sinistra italiana. Eppure Pisapia annette a quell incontro giovanile un importanza fondamentale, come riconosce sempre nell intervista a Giuseppe Frangi: «Senza Giussani non so se avrei capito il senso di stare dalla parte dei deboli. E poi mi ha insegnato che l esperienza conta di più di qualsiasi lettura. È un valore che ho ritrovato nella sinistra. Ma la prima volta che mi fu chiara fu in quei cortili della Bassa milanese». Don Luigi Giussani ITALIA/2 Napolitano, Obama e il momento di opportunità «L Europa deve guardare in faccia a nuove realtà e nuove sfide e deve dimostrare di essere capace di far fronte alle proprie responsabilità in un mondo globalizzato. Tra tali responsabilità, vi sono quelle che sorgono dagli avvenimenti di portata rivoluzionaria che hanno investito Nord Africa e Medio Oriente. E a questo proposito stimoli importanti, e seri interrogativi, ci sono stati posti dal recente address del presidente Obama A Moment of Opportunity, e dal suo discorso qui stasera. È essenziale che come europei anche noi vediamo nei cambiamenti in Africa e in Medio Oriente un momento di opportunità, non semplicemente una fonte di incertezze e preoccupazioni». Così il presidente della Repubblica Italiana in riferimento a un incontro con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, avvenuto a margine del summit dei capi di Stato dell Europa centrale che si è tenuto a Varsavia. Le parole del presidente Napolitano sono state riportate dal Corriere della Sera del 28 maggio. Giorgio Napolitano e Barack Obama a Varsavia, il 27 maggio GIORNI N. 4/5-2011

45 i Spicchi Spicchi Spicchi OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI segue da pag aprile, che aggiunge: «Siamo davanti a una nuova fase di messianismo politico. La prima è, appunto, quella napoleonica, dipinta da Goya. La seconda ondata messianica è stata quella del comunismo [...]. E ora assistiamo a un terzo risveglio del messianismo politico: la prima guerra del Golfo è stata un rodaggio, l intervento del Kosovo, senza mandato dell Onu, la prova generale, ed ecco poi Afghanistan, Iraq». E, alla domanda se sia possibile un no assoluto alla guerra, risponde: «No, e non credo sarebbe un bene. L ambizione di estirpare totalmente il Male sarebbe ancora più dannosa: è la funzione del peccato originale di ricordarci, come diceva Romain Gary, che esiste una parte inumana dell umanità. Dobbiamo però cercare di limitare al massimo le guerre non inevitabili. Come quella in Libia, per esempio». Europa Patten, la crisi dell Unione europea e la Turchia Una lucida analisi sulla situazione dell Unione europea è apparsa sulla Stampa del 5 aprile, in un articolo a firma di Chris Patten, ex governatore britannico di Hong Kong, ex commissario europeo per gli Affari esteri e rettore dell Università di Oxford. A tema la fragilità dell Unione europea nel contesto politico internazionale. Come rispondere a tale crisi, si chiede Patten? «Per me la risposta», si legge nell articolo, «si trova in Turchia. Un Europa con la Turchia come membro avrebbe naturalmente un economia più dinamica. La Turchia è un riferimento energetico regionale. Ha peso e rispetto nella propria regione grazie a formidabili forze di combattimento. E, soprattutto, la Turchia è oggi un modello per altre società islamiche che cercano di fare i conti con la democrazia, le libertà civili, lo Stato di diritto, un economia aperta, il pluralismo e la religione. In qualità di membro dell Ue, la Turchia dovrebbe aggiungere una nuova dimensione di enorme importanza storica. Gli europei dimostrerebbero che è possibile abbracciare una democrazia islamica e costruire un solido ponte tra Europa e Asia occidentale. Questo, a sua volta, potrebbe creare una nuova identità e immagine europea, dare all Ue un nuovo motivo per esistere in Vladimir Putin questo secolo, un modo di respingere la politica di divisione del vecchio». Russia Putin cita san Francesco Le bandiere della Turchia e dell Unione europea davanti alla Moschea Nur-u Osmaniye a Istanbul In un intervento pubblico, il premier russo Vladimir Putin ha dichiarato che non è ancora giunto il momento di candidarsi per le prossime elezioni presidenziali, né per lui né per l attuale presidente della Federazione Russa Dmitrij Medvedev, perché, ha spiegato, «se noi ora daremo dei segnali sbagliati, metà dell amministrazione e più di metà del governo smetteranno di lavorare in attesa dei cambiamenti». Invece, ha aggiunto, «tutti sul loro posto concreto devono, come faceva san Francesco, zappare ogni giorno il proprio orticello». Le dichiarazioni di Putin sono state riportate da Avvenire del 14 aprile. Italia Nomine a Orvieto, Vigevano, Nocera, Catanzaro, Vicenza, Nuoro e Vallo Il 5 marzo il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Orvieto-Todi (Italia), presentata dall agostiniano Giovanni Scanavino, 72 anni da compiere a dicembre, e ha nominato amministratore apostolico ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi Giovanni Marra, 80 anni, arcivescovo emerito di Messina. Il 12 marzo Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Vigevano (Italia), presentata da monsignor Claudio Baggini, 75 anni ad agosto. Gli succede monsignor Vincenzo Di Mauro, 60 anni a dicembre, originario di Monza, dallo scorso novembre coadiutore con il titolo ad personam di arcivescovo. 30GIORNI N. 4/

46 Spicchi Spicchi Spicc 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3 Il 24 marzo il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, presentata da monsignor Gioacchino Illiano, 76 anni a luglio. Gli subentra monsignor Giuseppe Giudice, 55 anni, ordinato sacerdote nel 1986 per il clero della diocesi di Teggiano-Policastro, attualmente parroco delle parrocchie di Sant Anna e di Sant Antonio da Padova, in Sala Consilina, e direttore dell Ufficio catechistico e dell Ufficio scuola della medesima diocesi. Il 25 marzo Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, presentata da monsignor Antonio Ciliberti, 76 anni. Prende il suo posto monsignor Vincenzo Bertolone, 65 anni, originario di San Biagio Platani, provincia e arcidiocesi di Agrigento, ordinato sacerdote nel 1975, appartiene alla congregazione dei Servi dei Poveri. Membro dell Istituto internazionale del Santo Volto di Cristo, Bertolone dal 1988 al 2001 è stato officiale della congregazione per i Religiosi, divenendone nel 2003 sottosegretario. Dal marzo 2007 era vescovo di Cassano allo Ionio. Il 16 aprile Benedetto XVI ha nominato vescovo di Vicenza monsignor Beniamino Pizziol, 64 anni, sacerdote dal 1972, dal 2008 ausiliare di Venezia. Il 21 aprile il Papa ha nominato vescovo di Nuoro monsignor Mosè Marcia, 68 anni, sacerdote dal 1973, dal 2006 ausiliare di Cagliari. Il 7 maggio il Papa ha nominato nuovo vescovo di Vallo della Lucania monsignor Ciro Miniero, 53 anni, del clero napoletano, sacerdote dal 1982, dal 1999 al 2008 economo diocesano dell arcidiocesi partenopea. Curia romana/1 Nomine al Consiglio per la Nuova evangelizzazione. Carriquiry segretario alla Cal Guzmán Carriquiry Il 13 maggio il Papa ha completato l organigramma del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione, l organismo creato nel 2010 con presidente l arcivescovo Rino Fisichella, 60 anni; vicepresidente è stato nominato l arcivescovo colombiano José Octavio Ruiz Arenas, 66 anni, dal 2007 vicepresidente della Pontificia Commissione per l America Latina, segretario il monsignore scozzese, ordinato sacerdote nella diocesi di Roma, Graham Bell, 47 anni, dal 2009 coordinatore di segreteria della Pontificia Accademia per la Vita. Il 14 maggio il professor Guzmán Carriquiry, 67 anni, è stato nominato segretario della Pontificia Commissione per l America Latina. Uruguajano, sposato con quattro figli e otto nipoti, Carriquiry è il primo laico a diventare segretario di un organismo della Curia romana. Dal 1991 era sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici (fu il primo non chierico a raggiungere questo incarico). Curia romana/2 Nuovo uditore della Rota Romana e nuovo sottosegretario al clero Il 9 maggio il francescano David Maria Jaeger, nato a Tel Aviv, in Israele, 56 anni fa, sacerdote dal 1986, docente di Diritto canonico all Antonianum di Roma, è stato nominato uditore della Rota Romana. Gli ultimi due uditori nominati erano stati, il 2 agosto 2010, monsignor Giovanni Vaccarotto, veneto, 71 anni, e il francescano Settimio Maroncelli, riminese, 68 anni. Il 28 maggio monsignor Antonio Neri, 49 anni, sacerdote dal 1991 della diocesi di Molfetta, è stato nominato sottosegretario alla Congregazione per il Clero. Dal 2008 era officiale nel medesimo dicastero. Diplomazia/1 Nuovi nunzi apostolici in Indonesia, Filippine, Ucraina, Svizzera e Macedonia Il 23 marzo Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Indonesia l arcivescovo Antonio Guido Filipazzi. Il presule, 48 anni, originario di Melzo (Milano) e ordinato prete dal cardinale Giuseppe Siri nel 1987, era stato eletto titolare di Sutri l 8 gennaio e consacrato vescovo il 5 febbraio da Benedetto XVI. La destinazione di Giakarta è stata ufficializzata solo dopo che in Vaticano è pervenuto il previsto gradimento formale del governo. Monsignor Filipazzi, nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1992, negli ultimi sette anni curava anche il desk Italia nella sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. E in quest ultimo incarico gli è subentrato monsignor Carlo Alberto Capella, 44 anni, proveniente dalla missione di studio vaticana di Hong Kong. Il 10 maggio l arcivescovo pugliese Giuseppe Pinto, 59 anni, è stato nominato nunzio nelle Filippine. Dal 2007 era rappresentante pontificio in Cile. Il 21 maggio l arcivescovo statunitense Thomas E. Gullickson, 61 anni, è stato nominato nunzio in Ucraina. Dal 2004 era rappresentante in Trinidad e Tobago e in altri Stati delle Antille. Il 28 maggio l arcivescovo friulano Diego Causero, 71 anni, è stato nominato nunzio in Svizzera. Dal 2004 era rappresentante pontificio nella Repubblica Ceca. Intanto il 4 maggio l arcivescovo polacco Janusz Bolonek, 72 anni, dal 2008 nunzio in Bulgaria, è stato nominato nunzio anche in Macedonia. Diplomazia/2 Nuovi ambasciatori di Croazia e Spagna presso la Santa Sede L 11 aprile il Papa ha ricevuto le credenziali del nuovo ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede. Si tratta di Filip Vucak, 60 anni, diplomatico di carriera, già rappresentante in Spagna dal 2003 al Il 16 aprile è stata la volta del nuovo ambasciatore di Spagna, María Jesús Figa López-Palop, 60 anni, prima donna a ricoprire questo incarico. Diplomatica di carriera, negli ultimi quattro anni era stata sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri di Madrid. q 46 30GIORNI N. 4/5-2011

47 Da oltre 50 anni al vostro servizio Paramenti e Arredi sacri sul nuovo sito internet: LABORATORIO GRUPPO LITURGICO San Damiano d'asti Via Lourdes 21 Asti - ITALY Tel Fax: Richiedete il nuovo catalogo 1/2011 LABORATORIO GRUPPO LITURGICO MAESTRI D ARTE SACRA VIA LOURDES SAN DAMIANO D'ASTI - AT - ITALY Tel Fax:

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50 PASQUA 2011 Messaggio Urbi et orbi di papa Benedetto XVI L incredulità di san Tommaso, Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, Pinacoteca vaticana La risurrezione di Cristo è un avvenimento 50 30GIORNI N.4/5-2011

51 La risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un impronta indelebile «In resurrectione tua, Christe, caeli et terra laetentur / Nella tua risurrezione, o Cristo, gioiscano i cieli e la terra» (Liturgia Horarum). Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero! Il mattino di Pasqua ci ha riportato l annuncio antico e sempre nuovo: Cristo è risorto! L eco di questo avvenimento, partita da Gerusalemme venti secoli fa, continua a risuonare nella Chiesa, che porta viva nel cuore la fede vibrante di Maria, la Madre di Gesù, la fede di Maddalena e delle altre donne, che per prime videro il sepolcro vuoto, la fede di Pietro e degli altri Apostoli. Fino ad oggi anche nella nostra era di comunicazioni ultratecnologiche la fede dei cristiani si basa su quell annuncio, sulla testimonianza di quelle sorelle e di quei fratelli che hanno visto prima il masso rovesciato e la tomba vuota, poi i misteriosi mes- Benedetto XVI 30GIORNI N.4/

52 PASQUA 2011 saggeri i quali attestavano che Gesù, il Crocifisso, era risorto; quindi Lui stesso, il Maestro e Signore, vivo e tangibile, apparso a Maria di Magdala, ai due discepoli di Emmaus, infine a tutti gli undici, riuniti nel Cenacolo (cfr. Mc 16, 9-14). La risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un impronta indelebile. La luce che abbagliò le guardie poste a vigilare il sepolcro di Gesù ha attraversato il tempo e lo spazio. È una luce diversa, divina, che ha squarciato le tenebre della morte e ha portato nel mondo lo splendore di Dio, lo splendore della Verità e del Bene. Come i raggi del sole, a primavera, fanno spuntare e schiudere le gemme sui rami degli alberi, così l irradiazione che promana dalla Risurrezione di Cristo dà forza e significato a ogni speranza umana, a ogni attesa, desiderio, progetto. Per questo il cosmo intero oggi gioisce, coinvolto nella primavera dell umanità, che si fa interprete del muto inno di lode del creato. L alleluia pasquale, che risuona nella Chiesa pellegrina nel mondo, esprime l esultanza silenziosa dell universo, e soprattutto l anelito di ogni anima umana sinceramente aperta a Dio, anzi, riconoscente per la sua infinita bontà, bellezza e verità. «Nella tua risurrezione, o Cristo, gioiscano i cieli e la terra». A questo invito alla lode, che si leva oggi dal cuore della Chiesa, i cieli rispondono pienamente: le schiere degli angeli, dei santi e dei beati si uniscono unanimi alla nostra esultanza. In Cielo tutto è pace e letizia. Ma non è così, purtroppo, sulla terra! Qui, in questo nostro mondo, l alleluia pasquale contrasta ancora con i lamenti e le grida che provengono da tante situazioni dolorose: miseria, fame, malattie, guerre, violenze. Eppure, proprio per questo Cristo è morto ed è risorto! È morto anche a causa dei nostri peccati di oggi, ed è risorto anche per la redenzione della nostra storia di oggi. Perciò, questo mio messaggio vuole raggiungere tutti e, come annuncio profetico, soprattutto i popoli e le comunità che stanno soffrendo un ora di passione, perché Cristo Risorto apra loro la via della libertà, della giustizia e della pace. Possa gioire la Terra che, per prima, è stata inondata dalla luce del Risorto. Il fulgore di Cristo raggiunga anche i Popoli del Medio Oriente, affinché la luce della pace e della dignità umana vinca le tenebre della divisione, dell odio e delle violenze. In Libia la diplomazia e il dialogo prendano il posto delle armi e si favorisca, nell attuale situazione conflittuale, l accesso dei soccorsi umanitari a quanti soffrono le conseguenze dello scontro. Nei Paesi dell Africa settentrionale e del Medio Oriente, tutti i cittadini e in particolare i giovani si adoperino per promuovere il bene comune e per costruire società, dove la povertà sia sconfitta e ogni scelta politica risulti ispirata dal rispetto per la persona umana. Ai tanti profughi e ai rifugiati, che provengono da vari Paesi africani e sono stati costretti a lasciare gli affetti più cari arrivi la solidarietà di tutti; gli uomini di buona 52 30GIORNI N.4/5-2011

53 La risurrezione di Cristo è un avvenimento Noli me tangere, Federico Barocci, Galleria degli Uffizi, Firenze volontà siano illuminati ad aprire il cuore all accoglienza, affinché in modo solidale e concertato si possa venire incontro alle necessità impellenti di tanti fratelli; a quanti si prodigano in generosi sforzi e offrono esemplari testimonianze in questa direzione giunga il nostro conforto e apprezzamento. Possa ricomporsi la civile convivenza tra le popolazioni della Costa d Avorio, dove è urgente intraprendere un cammino di riconciliazione e di perdono per curare le profonde ferite provocate dalle recenti violenze. Possano trovare consolazione e speranza la terra del Giappone, mentre affronta le drammatiche conseguenze del recente terremoto, e i Paesi che nei mesi scorsi sono stati provati da calamità naturali che hanno seminato dolore e angoscia. Gioiscano i cieli e la terra per la testimonianza di quanti soffrono contraddizioni, Fino ad oggi anche nella nostra era di comunicazioni ultratecnologiche la fede dei cristiani si basa su quell annuncio, sulla testimonianza di quelle sorelle e di quei fratelli che hanno visto prima il masso rovesciato e la tomba vuota, poi i misteriosi messaggeri i quali attestavano che Gesù, il Crocifisso, era risorto; quindi Lui stesso, il Maestro e Signore, vivo e tangibile, apparso a Maria di Magdala, ai due discepoli di Emmaus, infine a tutti gli undici, riuniti nel Cenacolo (cfr. Mc 16, 9-14) 30GIORNI N.4/

54 Incontro sulla via di Emmaus, Domenico Tintoretto, Ospizio Proti-Vajenti-Malacarne, Vicenza Camminiamo dietro a Lui, in questo mondo ferito, cantando l alleluia. Nel nostro cuore c è gioia e dolore, sul nostro viso sorrisi e lacrime. Così è la nostra realtà terrena. Ma Cristo è risorto, è vivo e cammina con noi. Per questo cantiamo e camminiamo, fedeli al nostro impegno in questo mondo, con lo sguardo rivolto al Cielo o addirittura persecuzioni per la propria fede nel Signore Gesù. L annuncio della sua vittoriosa risurrezione infonda in loro coraggio e fiducia. Cari fratelli e sorelle! Cristo risorto cammina davanti a noi verso i nuovi cieli e la terra nuova (cfr. Ap 21, 1), in cui finalmente vivremo tutti come un unica famiglia, figli dello stesso Padre. Lui è con noi fino alla fine dei tempi. Camminiamo dietro a Lui, in questo mondo ferito, cantando l alleluia. Nel nostro cuore c è gioia e dolore, sul nostro viso sorrisi e lacrime. Così è la nostra realtà terrena. Ma Cristo è risorto, è vivo e cammina con noi. Per questo cantiamo e camminiamo, fedeli al nostro impegno in questo mondo, con lo sguardo rivolto al Cielo. Buona Pasqua a tutti! 54 30GIORNI N.4/5-2011

55 TANTE STRADE DI CARITÀ PASSANO PER UNA PICCOLA VIA L ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS è stata istituita sia per inviare gratuitamente soprattutto nei Paesi di missione il mensile internazionale 30Giorni e il piccolo libro Chi prega si salva, sia per venire incontro alle richieste di carità. PUOI AIUTARE L ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS FACENDO UNA DONAZIONE attraverso un versamento sul conto corrente bancario: IBAN IT 84 S (per bonifici effettuati fuori dall Europa: BIC-SWIFT BROMITR172A) intestato a: ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS oppure: Assegno bancario o circolare, con l indicazione non trasferibile, emesso a favore di ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS Via dei Santi Quattro, 47 - Roma info@piccolaviaonlus.org nella Chiesa e nel mondo Via Vincenzo Manzini, Roma Tel Fax giorni@30giorni.it per saperne di più puoi contattarci scrivendo a: info@piccolaviaonlus.org

56 C ollegi ecclesiastici di Roma Un ponte tra Oriente e Occidente Fondato nel 1584 da Gregorio XIII per favorire i rapporti tra la Santa Sede e la Chiesa maronita, oggi il Pontificio Collegio Maronita si propone come luogo di dialogo tra culture e religioni diverse di Pina Baglioni C è un bel viavai al numero 18 di via di Porta Pinciana, sede del Pontificio Collegio Maronita a Roma: pellegrini con tanto di bandiera provenienti dal Libano e dalle eparchie maronite del Medio Oriente. Ma provenienti anche dalla diaspora sparsa ai quattro angoli del mondo Stati Uniti e Canada in testa, In alto, l affresco nell atrio del Collegio Maronita raffigurante l Incoronazione della Madonna, ispirato alla raffigurazione del santuario di Qannoubine; qui sopra, l ingresso del Collegio in via di Porta Pinciana 56 30GIORNI N.4/5-2011

57 che rappresenta i due terzi dei tre milioni e mezzo degli eredi di san Marone. La domenica mattina, verso le 10 e 30, è facile incontrare i maroniti residenti nella Città eterna che si incamminano, con grappoli di bambini al seguito, verso la chiesa di San Marone annessa al Collegio, in via Aurora strada che corre sul lato est dell edificio, dove si celebra la messa in rito siroantiocheno, frequentata anche da molte famiglie musulmane. Poi, dopo la messa, ci si mette a chiacchierare attorno all unica panchina fuori della chiesa, o nel giardino interno, mentre altri preferiscono frequentare i corsi di lingua araba organizzati per i bimbi nati in Italia. Tutto questo accade attorno al signorile edificio del Rione Ludovisi, incuneato tra albergoni extralusso, banche e negozi per turisti ricchi. Il Collegio Maronita da cui i sacerdoti studenti lì residenti, ogni mattina, sciamano verso le Pontificie Università, rappresenta l anello di congiunzione tra la Santa Sede e la Chiesa maronita, antichissima Chiesa sui iuris di rito siro-antiocheno, l unica tra tutte le Chiese cristiane del Medio Oriente a vantare da sempre piena comunione col successore di Pietro. Le sue origini sono stabilite dalla tradizione storica tra il IV e il V secolo, quando, alla morte dell anacoreta siriano Marone, i suoi seguaci cominciarono a edificare monasteri accanto alla sua tomba, ad Apamea, in Siria, sulle sponde del fiume Oronte. A via di Porta Pinciana peraltro non c è solo il Pontificio Collegio Storia del Pontificio Collegio Maronita La messa domenicale in rito siro-antiocheno nella chiesa di San Marone annessa al Collegio Maronita per sacerdoti studenti ma anche la Missione con cura d anime presso l annessa chiesa di San Marone e la Procura del Patriarcato di Antiochia dei Maroniti presso la Santa Sede. Istituzioni che, negli ultimi mesi, si sono trovate al centro di un vortice di avvenimenti: Fucina di patriarchi, di orientalisti e di futuri santi Nella sala dʼingresso della Curia generalizia dei Gesuiti, a Roma, è possibile ammirare una mappa antica dove compaiono i primi cinque Collegi nazionali, edificati, nel corso del XVI secolo, tutti nelle vicinanze del Collegio Romano (lʼuniversità Gregoriana di allora). In modo tale che i seminaristi potessero arrivare in fretta alle lezioni: erano lʼinglese, il Germanico-Ungarico, lʼarmeno, il Greco e, appunto, il Maronita. Che a differenza di tutti gli altri era il Collegio di una Chiesa sui iuris diffusa soprattutto in Libano e in Siria, con riti e liturgia derivanti dalla tradizione siro-antiochena. E che vantava piena comunione con Roma, nonostante lʼestrema difficoltà di comunicazione tra la Santa Sede e il Medio Oriente. Il contatto tra la Santa Sede e la Chiesa maronita era stato consolidato durante le Crociate, nel corso delle quali gli eserciti cristiani avevano ricevuto un grande aiuto dai maroniti. E una delle conseguenze del ritrovato rapporto era stato il viaggio a Roma del patriarca Geremia di Amshit per il Concilio Lateranense IV, nel Nei secoli successivi, i pontefici inviarono missionari e visitatori apostolici in Libano per verificare le eventuali problematicità dottrinali tra i fedeli di san Marone. La Chiesa maronita era allʼepoca una Chiesa di frontiera, chiusa tra le montagne del Libano e isolata non solo da Roma, ma anche dal resto del mondo per la necessità di proteggersi dalla pressione degli Ottomani. Uno dei risultati più brillanti delle legazioni pontificie in Libano tra il 1578 e il 1580, fu proprio la fondazione a Roma del Collegio Maronita, voluto nel 1584 da papa Gregorio XIII, che lo istituì con la bolla Humana sic ferunt. Lʼobiettivo era quello di formare a Roma aspiranti sacerdoti che, tornati nel loro Paese, avrebbero potuto 30GIORNI N.4/

58 C ollegi ecclesiastici di Roma le celebrazioni, nel 2010, per i milleseicento anni dalla morte di san Marone; l arrivo a Roma delle reliquie dei grandi santi maroniti del XIX secolo: san Charbel Makhlouf, santa Rafka Rayes e san Nimatullah Al-Hardini, la devozione ai quali si sta diffondendo a macchia d olio anche in Italia; la collocazione, il 23 febbraio scorso, della statua di san Marone in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro, alla presenza di Benedetto XVI. Senza contare, tra il 28 febbraio e il 15 marzo, le dimissioni di sua beatitudine il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, dopo venticinque anni alla guida del Patriarcato, e l elezione del suo successore come settantasettesimo patriarca di Antiochia dei Sopra, Benedetto XVI con il presidente libanese Michel Suleiman e il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, in occasione dell inaugurazione della statua di san Marone posta in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro, il 23 febbraio 2011; a destra, la statua di san Marone il giorno dell inaugurazione Maroniti Béchara Boutros Raï, vescovo di Jbeil, Byblos dei Maroniti. Che, subito dopo, è volato a Roma per due volte in pochi giorni: il 14 aprile, per l udienza privata con il Papa, e il 1 maggio, per la beatificazione di Giovanni Paolo II. Il Collegio Maronita: uno spicchio di cristianesimo mediorientale nella Città eterna «Abbiamo vissuto un periodo ricco di avvenimenti come non ricordavamo da tempo. Siamo tutti un po imprimere una svolta decisiva nellʼambito dei rapporti tra il papa e il patriarca di Antiochia dei Maroniti. Il quale, a sua volta, avrebbe dovuto favorire i rapporti con tutte le altre Chiese orientali. La prima sede romana, la cui direzione fu affidata ai Gesuiti, fu una casa nei pressi della chiesa di San Giovanni della Ficozza, a pochi metri dallʼattuale Università Gregoriana e da Fontana di Trevi. In una strada che, poi, avrebbe preso il nome di via dei Maroniti. Ai primissimi quattro studenti, già a Roma, si aggiunsero, il 31 gennaio del 1584, altri sei studenti provenienti da Aleppo, in Siria. A Roma cominciarono ad arrivare ragazzini di otto/nove anni per frequentare gli studi primari, poi i corsi di Filosofia e Teologia. Avendo già imparato in patria la grammatica delle lingue semitiche, questi ragazzi assimilarono con estrema facilità il latino, lʼitaliano, il francese e lo Il patriarca Stefano El Douaihy spagnolo. Tanto che si diffuse, presto, lʼadagio dotto come un maronita. Una volta conclusi gli studi, molti venivano chiamati nelle corti dei sovrani europei come traduttori e ambasciatori. Coloro che tornavano in Libano, invece, aprivano scuole in tutto il Paese. I maroniti che avevano studiato a Roma fecero conoscere dunque in tutta Europa le lingue, la storia, le istituzioni e le religioni del Medio Oriente. Sempre grazie a loro si stamparono i primi libri liturgici in siriaco. Il primo, a Roma, nel Nel 1662 il patriarca Youhanna Mahlouf chiese al Papa di allontanare i Gesuiti dalla direzione del Collegio Maronita a causa della cattiva gestione finanziaria e della dispersione delle vocazioni. Da quel momento in poi il Collegio avrà solo rettori maroniti. Tra i personaggi che hanno dato lustro al Pontificio Collegio Maronita di continua a pag GIORNI N.4/5-2011

59 frastornati, ma molto, molto contenti». Monsignor Antoine Gebran è da due anni procuratore del Patriarcato, da qualche mese rettore del Collegio e cappellano dei Migranti ascritti alla Chiesa siro-antiochena maronita residenti nella diocesi di Roma. Poco più che quarantenne, proviene, come la maggior parte dei sacerdoti libanesi, dalla valle di Qadisha, nel nord del Paese, detta anche Valle Santa per la miriade di monasteri incastonati sotto le cime dei monti. Lì, tra l VIII e il IX secolo, trovarono rifugio i seguaci di san Marone fuggiti dalla Siria per via delle continue persecuzioni da parte di bizantini, di monofisiti e di musulmani. Il giovane monsignore, prima di assumere il triplice incarico, è stato economo del Collegio e ha lavorato per sette anni presso il Pontificio Istituto per la Famiglia: «Qui da noi», spiega, «arrivano sacerdoti inviati dai vescovi di tutte le eparchie maronite. Ma anche quelli appartenenti a tutte le altre Chiese cristiane del Medio Oriente, sia in comunione che non in comunione con Roma. Come accade in Libano, d altra parte, dove i maroniti convivono da sempre con gli armeni apostolici e gli armeni cattolici, i greco-ortodossi e i melkiti, i siro-ortodossi e i siro-cattolici, gli assiri, i copti, i caldei, e i cattolici di rito latino. Oltre agli sciiti, i sunniti, i drusi, gli ebrei e i protestanti». I sacerdoti arrivano a Roma avendo già compiuto il primo ciclo di studi di Filosofia e Teologia negli oltre novanta seminari diocesani e interdiocesani disseminati in Libano. «Grazie a Dio abbiamo ancora molte vocazioni, anche adulte. Tanto che è stato necessario istituire in Libano case di formazione adatte alle vocazioni mature», aggiunge monsignor Gebran. «Qui nel Collegio ospitiamo sacerdoti tra i 26 e i 40 anni. I libanesi sono dodici, di cui dieci maroniti e due greco-cattolici. Gli altri ci sono stati segnalati dalla Congregazione per le Chiese orientali, che concede borse di studio per il loro sostentamento a Roma. Attualmente ospitiamo un ortodosso del Patriarcato di Gerusalemme, un assiro e tre siro-cattolici dall Iraq e quattro coreani di rito latino. Poi abbiamo due laici, un francese e un italiano. Negli anni passati venivano anche molti caldei. Diciamo che li consideriamo assenti giustificati». I momenti in comune sono la messa del martedì celebrata nella chiesa di San Marone officiata in lingua italiana ma secondo il rito del celebrante di turno e, quotidianamente, la colazione alle 7 e 30, il pranzo alle 13 e la cena alle 19. Mentre il gruppo dei maroniti gli altri giorni si riunisce per i vespri e la messa delle 18 e 45 in una cappella interna al secondo piano del Collegio, tutti gli altri si organizzano per proprio conto. «Poi, in realtà, alcuni vengono anche ad assistere alla nostra messa con la liturgia scritta in siriaco, variante dell aramaico, e pronunciata in arabo». Come molti loro colleghi degli altri Collegi di Roma, anche i sacerdoti del Maronita vengono interpellati dalle parrocchie per un aiuto nei fine settimana, a Natale e a Pasqua. «Abbiamo ormai dei rapporti stabili con al- San Marone nel mosaico della chiesa annessa al Collegio e a lui dedicata L antica mappa, conservata nell atrio della Curia generalizia dei Gesuiti, nella quale compaiono i primi cinque Collegi nazionali, tra cui il Maronita, edificati tutti nei pressi del Collegio Romano (l Università Gregoriana di allora) nel corso del XVI secolo 30GIORNI N.4/

60 Sopra, un altare della chiesa del Collegio con alcuni reliquiari; a sinistra, un dipinto raffigurante Charbel Makhlouf, Rafka Rayes e Nimatullah Al-Hardini, i tre grandi santi maroniti del XIX secolo, conservato nella chiesa del Collegio; a destra, uno scorcio della chiesa con un dipinto di santa Rafka Rayes cune parrocchie di Roma, di Milano, di Parma e di Como, dove i nostri sacerdoti vanno anche durante le vacanze estive», spiega don Joseph Sfeir, l economo del Collegio Maronita. Charbel Ghoussoub è sacerdote da nove anni e proviene dalla arcieparchia di Antélias, poco distante da Beirut. Sta per conseguire la licenza in Scienze della formazione presso l Università Salesiana. «Sto per tornare in Libano perché il mio vescovo mi ha richiamato in patria dove ho già fatto per cinque anni il parroco. Probabilmente sarò di nuovo a Roma per il dottorato», ci racconta. «A Roma si respira l aria dell universalità della Chiesa, tanti riti, tanta ricchezza. Solo qui si capisce quanto è grande la Chiesa. E questa consapevolezza ce la riportiamo in Libano, dove lo spazio, fisico e mentale, in cui ci si muove è spesso seminario e parrocchia, parrocchia e seminario, all interno di una problematicità tutta libane- segue da pag.58 Roma spicca il patriarca Stefano El Douaihy, oggi incamminato verso la beatificazione. Alla fine del XVII secolo redasse gli Annali, la prima storia della Chiesa maronita delle origini. Sostenne, inoltre, la rinascita dei grandi ordini religiosi maroniti, riconducendone le regole monastiche, appiattite sugli ordinamenti vigenti nel mondo latino, allʼinsegnamento di santʼantonio abate, il capostipite del monachesimo. Lʼazione di El Douaihy fu determinante anche per il riavvicinamento alla Santa Sede di comunità cristiane orientali ortodosse. Tra lʼaltro, il primo patriarca della Chiesa siro-cattolica, Ignazio Michele III Jarweh, fu alunno del Collegio Maronita. Un altro gigante del Collegio fu Giuseppe Simone Assemani, che, insieme con altri membri della sua famiglia, unʼintera dinastia di orientalisti, fece la fortuna della Biblioteca Apostolica Vaticana. Giuseppe Simone Assemani Giuseppe Simone vi entrò nel 1710 come scrittore. Inviato nel 1715 da Clemente XI in Oriente alla ricerca di manoscritti, viaggiò in Siria e in Egitto, dove riuscì ad acquistare quasi interamente la biblioteca del monastero copto di San Macario e parte di quella del monastero dei Siri nella Nitria; inoltre portò in Europa i primi frammenti copti del monastero Bianco. Nel 1717 tutti questi manoscritti conservati ora nella Biblioteca Vaticana furono da lui portati a Roma, dove si dedicò allo studio di quelli siriaci pubblicandone poi i risultati presso la Bibliotheca Orientalis Clementino-Vaticana. Primo custode della Vaticana nel 1739, dette inizio, in collaborazione col nipote Stefano Evodio Assemani, allʼallestimento di un catalogo generale dei manoscritti vaticani, di cui uscirono solamente i primi tre volumi dedicati ai codici ebraici e siriaci. Giuseppe Simone Assemani fu pro GIORNI N.4/5-2011

61 se. È importante studiare a Roma anche per far capire agli altri cos è la Chiesa maronita. Più di un collega, all Università, mi ha chiesto se i miei genitori fossero ancora musulmani e quando mi fossi convertito al cristianesimo». Poi c è Antoun Charbel, dottorando in Diritto canonico, già in possesso di una licenza in Teologia e di un esperienza missionaria in Nigeria, dove ha lavorato per anni in una parrocchia personale. A lui chiediamo se tra i sacerdoti maroniti più giovani ci sia la speranza che il Libano oltrepassi il sistema del comunitarismo religioso, da molti storici libanesi giudicato come il maggiore ostacolo al pieno sviluppo e alla piena democrazia del Paese dei Cedri. «Per ora è solo un ideale piuttosto lontano, complicato da raggiungere: questo nostro è ancora il tempo delle comunità religiose, perché, per ora, non abbiamo altro che tale sistema. Basti pensare che da noi non esiste una storia del Libano, ma tante storie quante sono le comunità religiose, cioè diciassette. Ma in questo momento siamo molto ottimisti per Benedetto XVI e il neopatriarca di Antiochia dei Maroniti, sua beatitudine Béchara Boutros Raï, con la delegazione di vescovi e fedeli che lo hanno accompagnato a Roma dopo la concessione della ecclesiastica communio (accordata il 24 marzo 2011), Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il 14 aprile 2011 la nomina del nuovo patriarca: lui sicuramente sarà in grado almeno di pacificare gli animi nel nostro Paese». «Sarebbe bello che il Collegio Maronita potesse, in maniera sempre più evidente, fare la sua parte in un momento tanto delicato per il Medio Oriente: recuperare, cioè, quel ruolo di scambio culturale, religioso e politico che ha avuto a partire dal XVI secolo», dice ancora il rettore, monsignor Gebran. «Quest anno festeggiamo anche gli undici anni dalla riapertura del Collegio, avvenuta nel 2001, dopo la lunga interruzione iniziata con la Seconda guerra mondiale. Nei lunghi, terribili anni della guerra civile in Libano, i nostri sacerdoti hanno continuato a venire a Roma, alloggiando qua Il procuratore monsignor Elias Boutros Hoyek, futuro patriarca di Antiochia dei Maroniti, al centro nella foto in prima fila, e il rettore del Collegio, padre Gabriel Moubarak, il terzo da destra in prima fila, con alcuni studenti del Collegio in una foto del 1893 tagonista, come legato pontificio, del Sinodo del Monte Libano del 1736, di cui assunse la presidenza. Fu ancora lui a redigere una Carta costituzionale della Chiesa maronita. Il documento, fortemente impregnato di norme latinizzanti e allʼinizio piuttosto contestato, perché giudicato dannoso per lʼantica disciplina antiochena, fu alla fine approvato: la Chiesa maronita avrebbe vissuto di questa legislazione fino alla promulgazione del Codice di Diritto canonico orientale del La vita del Collegio Maronita si interruppe il 1 marzo 1798, quando le truppe francesi che avevano occupato Roma requisirono lʼedificio, costringendo gli studenti a rifugiarsi presso la Congregazione di Propaganda Fide. Nel 1891, papa Leone XIII, con la bolla Olim sapienter decise di riaprire di nuovo il Collegio, donando ai maroniti metà della somma necessaria per lʼacquisto di uno stabile in via di Porta Pinciana. Qualche anno dopo, il 3 luglio 1895, fu acquistata unʼarea fabbricabile tra via di Porta Pinciana e via Aurora per costruirvi il definitivo Collegio e la chiesa di San Marone. Protagonista della ria- 30GIORNI N.4/

62 Tivoli, vicino a Roma, per le vacanze estive. Dopo aver sistemato la pratica romana, il vescovo maronita aprì un altro collegio a Parigi. Fu, tra lʼaltro, anche il fondatore della congregazione delle Suore della Sacra Famiglia, e riuscì anche a creare unʼeparchia in Egitto. Morì nel 1931 in odore di santità e attualmente è in corso la sua causa di beatificazione. Purtroppo, per mancanza di studenti, nel 1906 il Collegio richiuse le porte. Per riaprirle soltanto nel Tutto procedette tranquillamente fino al 1939, quando, per via dellʼimminente scoppio del secondo conflitto mondiale, si procedette allʼennesima chiusura. Nonostante i problemi del Collegio, la Procura del Patriarcato di Antiochia rimase attiva; il procuratore, infatti, continuò ad alloggiare nella prima casa acquistata in via di Porta Pinciana nel Dal 1939 al 1980 lo stabile fu affittato e fu adibito ad albergo. È tornato definitivamente in attività il 15 set- C ollegi ecclesiastici di Roma e là, soprattutto a Propaganda Fide e al Collegio Capranica. Grazie al lavoro intenso e intelligente del mio predecessore, monsignor Hanna Alwan, il Collegio, subito dopo il Giubileo del 2000, ha potuto finalmente riprendere il suo cammino». Fa capolino, nelle parole di monsignor Gebran, anche un po di rimpianto per i tanti tesori perduti nel corso degli anni: «Centinaia di volumi preziosissimi non sono più qui. Molti hanno preso la strada della biblioteca del Pontificio Istituto Orientale. Per me è stato un colpo al cuore, mentre studiavo per il dottorato in Scienze ecclesiastiche orientali presso quell Istituto, ritrovarmi tra le mani un volume con il timbro del Pontificio Collegio Maronita. Ma noi per molto tempo abbiamo avuto rettori gesuiti». Nell arcata d ingresso dell edificio, un affresco dai colori vivacissimi raffigura l Incoronazione della Madonna, ai cui piedi corre un iscrizione in siriaco inneggiante alla Vergine. «L Incoronazione non corrisponde alla nostra iconografia tradizionale», ci spiega don Joseph Sfeir. «Questa immagine si rifà a quella del santuario di Qannoubine, nella valle di Qadisha, sede dei patriarchi dal XV al XIX secolo, tra i più venerati del Libano e il più antico della Valle Santa». Proprio al di sotto dell affresco è stata posta, su una mensola, una piccola riproduzione della statua di san Marone collocata il 23 febbraio scorso in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro. «Il giusto fiorirà, crescerà come il cedro del Libano», recita, in aramaico, il salmo inciso sulla stola del padre della Chiesa maronita. Avanzando, poi, verso un ampio salone, s intravvede, sullo sfondo, il trono del patriarca, dove evidentemente Sua Beatitudine siede in occasione delle sue visite nella Città eterna. Sulle pareti sfilano i ritratti dei patriarchi e dei personaggi più significativi della storia maronita, Papa Pio X con il patriarca Elias Boutros Hoyek, il quinto da sinistra, il 23 luglio 1905 pertura fu il vescovo Elias Boutros Hoyek, divenuto patriarca nel Per riattivare la casa di formazione sacerdotale di Roma egli chiese aiuto ai francesi, al sultano turco e allʼimperatore dʼaustria Franz Joseph. Questʼultimo gli negò somme di denaro, ma in cambio concesse ai seminaristi maroniti lʼospitalità a Villa dʼeste a 62 30GIORNI N.4/5-2011

63 Sopra, monsignor Antoine Gebran, attuale rettore del Collegio; a sinistra, il salone del Collegio con il trono del patriarca tutti ex alunni del Collegio Maronita: il servo di Dio sua beatitudine Stefano El Douaihy, padre della storiografia maronita e promotore e sostenitore dei grandi ordini religiosi, ormai incamminato sulla strada della beatificazione. Poi Giuseppe Simone Assemani, vissuto tra il XVII e il XVIII secolo, il più prestigioso rappresentante della dinastia di orientalisti Assemani che fecero le fortune della Biblioteca Apostolica Vaticana per le migliaia di volumi della patristica orientale portati a Roma. E ancora, i ritratti di Nasrallah Pierre Sfeir, per cinque lustri politicamente tra i più drammatici per il Paese dei Cedri alla guida della Chiesa maronita. E poi le foto recentissime di Béchara Boutros Raï. «Un grande pastore, il nostro nuovo patriarca, che ha già mostrato con atti concreti di voler pacificare gli animi nel Paese», dice il rettore. «Come, per esempio, l aver voluto riunire, appena eletto, tutti i rappresentanti delle forze politiche libanesi. Compreso Hezbollah, un partito composto da libanesi come noi. Che, certo, non sono venuti da fuori a occuparci, ma sono stati capaci di difendere il territorio nell ultima guerra con Israele nel 2006». E, a proposito del ruolo di collegamento tra Chiesa di Roma e Chiesa maronita, chiediamo se il Collegio abbia favorito, paradossalmente, la latinizzazione dell antico rito siro-antiocheno, considerando anche l invio, nei secoli XVII e XVIII, degli ordini religiosi occidentali per controllare la dottrina e la liturgia dei discepoli di san Marone. «È chiaro che, essendo l unica Chiesa del Medio Oriente da sempre in comunione con Roma, abbiamo subìto», spiega il rettore, «una certa assimilazione; avvenuta però più sul piano esteriore, come per esempio nei paramenti liturgici, che su quello della sostanza. Abbiamo adottato la casula e la pianeta. Ma la nostra liturgia siro-antiochena l abbiamo salvata». Di parere leggermente diverso è don Joseph Sfeir: «Non c è da gettare la croce su nessuno, per carità, ma le legazioni papali hanno massicciamente controllato, uno a uno, i nostri testi liturgici. E tutto quello che, a parer loro, non era abbastanza in linea con la liturgia latina, è stato bruciato, distrutto». Tornando all oggi, al rettore chiediamo, infine, un giudizio su una questione che molti maroniti giudicano il problema dei problemi: l emigrazione dei maroniti dal Libano per via dell instabilità politica e dell esplosione demografica dei musulmani: «Negare che questo stia avvenendo sarebbe da stolti», risponde. «C è anche da dire, però, che molti di noi stanno tornando. E che anche molti musulmani se ne vanno via. Ma il destino della Chiesa maronita è nelle mani di nostro Signore: ci ha conservati per milleseicento anni. Se ci vorrà ancora là, resteremo. Che devo dire: sia fatta la Sua volontà». q tembre del 2001, allʼindomani del Giubileo. A prendersi cura, stavolta, del ripristino del Collegio è stato monsignor Hanna Alwan, rettore per dieci anni. Alwan è giudice del Tribunale della Rota Romana, docente in utroque iure presso le Università Pontificie e responsabile per lʼeuropa della Congregazione dei Missionari Libanesi, un ordine di diritto patriarcale. Infine, è postulatore per la beatificazione del patriarca Elias Boutros Hoyek. Col sostegno della Congregazione per le Chiese orientali, monsignor Alwan ha fatto sì che al Collegio di via di Porta Pinciana tornassero tutti gli studenti maroniti sparsi in altre strutture ecclesiastiche, ospitando anche i sacerdoti appartenenti alle altre Chiese orientali. P. B. Papa Pio XI riceve in udienza il patriarca di Antiochia dei Siri Ignazio Gabriele I Tappouni, seduto alla destra del Pontefice, il 15 agosto GIORNI N.4/

64 C ollegi ecclesiastici di Roma L arcipelago maronita Panoramica sulle case religiose maronite a Roma. C è chi ospita seminaristi e chi sacerdoti studenti e anche chi ha trasformato il proprio convento in santuario dedicato ai grandi santi maroniti di Pina Baglioni O ltre al Collegio Pontificio, Roma ospita un arcipelago di procure e collegi sacerdotali degli ordini maroniti più significativi. L ordine Libanese Maronita se ne sta in un conventino poco distante dalla Piramide Cestia, accanto alla parrocchia dedicata a santa Marcella, una nobildonna romana che, per una curiosa analogia con i monaci maroniti, aveva seguito, nel IV secolo, la regola di sant Antonio abate insieme con i suoi amici. Sul Colle Oppio, di fronte alla Basilica di San Pietro in Vincoli a due passi dal Colosseo, ecco il convento di Sant Antonio abate, la sede dei Maroniti Mariamiti della Beata Maria Vergine. Sono lì dal 1753, dopo aver lasciato la casa e la chiesa dei Santi Marcellino e Pietro in via Labicana. E ancora, tra la via Portuense e il quartiere del Trullo, c è il Collegio sacerdotale dell ordine Antoniano Maronita di Sant Isaia. Infine, ospiti in vari istituti ecclesiastici, studiano e lavorano a Roma i padri dell ordine Mis GIORNI N.4/5-2011

65 Sopra, la cappella del convento di Sant Antonio abate, sede dell ordine Maronita Mariamita della Beta Maria Vergine; a sinistra, panoramica dei tetti e delle cupole di Roma dalla terrazza del convento di Sant Antonio abate, sul Colle Oppio; nel riquadro in basso, la facciata del convento in piazza San Pietro in Vincoli sionario Libanese Maronita. Che, essendo di diritto patriarcale e non pontificio come tutti gli altri, non ha una casa generalizia a Roma. Alla fine del XVII secolo l ordine Libanese Maronita e il Maronita della Beata Maria Vergine costituivano un unica realtà, l ordine Aleppino Libanese fondato il 10 novembre 1695 da tre giovani siriani di Aleppo, Gabriel Hawwa, Abdallah Qara li e Joseph El-Betn, che avevano stabilito la loro dimora nel monastero di Nostra Signora di Qannoubine, nella valle di Qadisha, nel nord del Libano. A Roma, l ordine Aleppino, già dal 1707, aveva ottenuto da Clemente XI la chiesa dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, anche grazie al buon esito di una missione affidata dal Papa a Gabriel Hawwa. Quella, cioè, di ricondurre all obbedienza romana un vescovo copto. Intanto, in Libano, si era determinato un tale afflusso di giovani provenienti da Damasco, Gerusalemme, Sidone e da molte città dell Egitto, che si rese necessario il trasloco nel più grande monastero di Saint Elysées a Becharre e la fondazione di altri monasteri anche fuori del Paese dei Cedri. Alla redazione delle regole, che si rifacevano vagamente a quelle di sant Antonio abate ma erano troppo appiattite su quelle degli ordini latini, aveva posto mano, in modo decisivo, il patriarca Stefano El Douaihy, grande sostenitore dell ordine. Regole che saranno definitivamente approvate il 31 marzo del 1732 da Clemente XII. Profondamente legati alla vita contadina, questi monaci ne condividevano la durezza. Fuori dal Libano, è sempre a questi monaci che il patriarca affida la responsabilità della diaspora libanese in Egitto, in Europa e nel Nuovo Mondo. La Chiesa maronita, tutta concentrata tra le montagne del Libano, deve a loro l incrollabile attaccamento del popolo al cristianesimo, alla terra e al papato. E soprattutto l istruzione dei contadini e dei più poveri: le scuole dei villaggi sorgevano spesso all ombra dei conventi e delle chiese parrocchiali. Nel corso del tempo, all interno dell ordine erano però sorti seri contrasti che determinarono la nascita di due correnti: una sosteneva che la carica di padre generale dovesse durare a vita e che l ordine dovesse assumere carattere missionario. L altra, invece, sosteneva che la carica dovesse durare per un tempo limitato e che l ordine dovesse mantenere integralmente la vita contemplativa. Le divergenze non furono sanate. Tanto che, il 19 luglio 1770, si giunse alla nascita di due rami distinti: l ordine Antoniano Aleppino dei Maroniti, a carattere missionario, e l ordine Libanese Maronita, a vocazione contemplativa. Ognuno con i propri membri, i propri conventi e i propri possedimenti. Nel 1969, l Aleppino avrebbe poi preso il nome di ordine Maronita Mariamita della Beata Maria Vergine. La divisione dell ordine fece sì che, per quanto riguardava la situazione a Roma, gli aleppini restassero ai Santi Marcellino e Pietro per poi spostarsi nella sede di piazza San Pietro in Vincoli, e che l ordine Libanese Maronita si spostasse a Cipro, ad assistere spiritualmente i maroniti che vivevano nell isola. La presenza dei maroniti a Cipro risaliva all XI secolo, quando, dopo la fuga dalla Siria per via delle persecuzioni, una piccola parte dei maroniti si era rifugiata lì, mentre la gran parte dei fuggitivi trovò riparo sulle montagne del Libano. L ordine del Patriarca: i Maroniti della Beata Maria Vergine A due passi dal Colosseo, sta il convento di Sant Antonio abate, sede della Procura dell ordine Maronita Mariamita della Beata MariaVergine e del Collegio di formazione sacerdotale. Quando siamo andati a trovarli, abbiamo trovato i padri mariamiti in uno stato di grande euforia: sua beatitudine Béchara Boutros Raï, il patriarca neoeletto, appartiene infatti al loro ordine. «La scelta, secondo me, viene dallo Spirito Santo. È lui la persona giusta per ogni libanese, cristiano e non, e per la Chiesa maronita, grazie alla sua intelligenza, al suo carisma e alla capacità di dialogare con tutti» dice padre François Nasr, economo e postulatore dell Ordine. In questo periodo si sta occupando del processo 30GIORNI N.4/

66 C ollegi ecclesiastici di Roma A sinistra, il convento di Sant Antonio abate raffigurato nel salone del convento stesso; sotto, un ritratto di santa Teresina del Bambin Gesù all ingresso del convento del servo di Dio padre Antonios Tarabay. «Nella sua vita sacerdotale questo religioso si è occupato della direzione spirituale delle Suore di san Giovanni Battista in Libano. Devotissimo al Santissimo Sacramento praticò l ascesi e la contemplazione. Inviato, in seguito, nel monastero di Qannoubine nella Valle Santa, visse in perfetta e completa unione con Gesù Cristo. Colpito, in seguito, da una grave malattia durata ventisette anni sopportò in maniera eroica la sua condizione: egli incarna il carisma del nostro Ordine, vale a dire una sintesi perfetta tra vita missionaria calata nella realtà di ogni giorno e la vita mistica fatta di rinuncia, preghiera e contemplazione». Caso quasi più unico che raro, il Collegio ospita ancora seminaristi che arrivano a Roma dopo aver già frequentato il biennio di Filosofia in Libano. «Fino a qualche tempo fa, i nostri studenti potevano frequentare a Roma anche il biennio. Accogliamo, inoltre, vescovi e pellegrini da ogni parte del mondo». Al Collegio a Roma fanno il triennio di Teologia e poi gli studi specialistici come Teologia spirituale, Diritto canonico, Scienze umane. E Mariologia, «anche per la nostra denominazione, adottata nel corso del Concilio Vaticano II, grazie all insistenza di padre Genadios Mourani (un nostro confratello noto per la sua grande spiritualità morto in un agguato terroristico in Libano nel 1959), che desiderava più di ogni cosa mettere sotto la protezione della Madonna il nostro ordine». In Libano, questi studenti saranno rettori dei vari campus universitari dell ordine, che oggi contano seimila iscritti. O direttori delle scuole, frequentate da settemila studenti. O, ancora, rettori dei seminari, o parroci. «Da sempre, il nostro Collegio di Roma è stato luogo di accoglienza dei libanesi maroniti, di studenti di altre Chiese cristiane. Alla Gli antichi testi conservati nella ricca biblioteca del convento Una foto del servo di Dio padre Antonios Tarabay: è in corso la sua causa di beatificazione

67 L ingresso del convento dell ordine Libanese Maronita con la statua di san Charbel Makhlouf canonizzato nel 1977 da Paolo VI domenica mattina, in molti vengono ad assistere alla messa nella nostra cappella, attratti dall antica liturgia siro-antiochena». Il convento-collegio vanta una biblioteca ricca di testi sacri risalenti al XIII secolo. Tra i quali, molti volumi di letteratura araba. Nel salone d ingresso, padre François indica un ritratto di santa Teresina del Bambin Gesù. «In Libano, la devozione per lei è immensa: il primo monastero che le è stato dedicato, dopo la canonizzazione, è stato un monastero maschile mariamita, dal momento che il padre generale dell ordine che aveva assistito alla cerimonia in Vaticano era rimasto impressionato dalla sua vita esemplare. In questo momento le sue reliquie stanno visitando la Palestina. E santa Teresina, da quel che mi dicono, sta facendo grandi cose da quelle parti». L ordine Libanese Maronita, fucina di santi L ordine Libanese Maronita, pur dipendendo dalla Santa Sede, ha avuto molto tardi una Procura a Roma. «Il grande desiderio di venire a Roma l abbiamo sempre avuto. Ma si rimandava continuamente perché c era la convinzione che la presenza dei Mariamiti nella Città eterna fosse sufficiente», spiega padre Elias Al Jamhoury, postulatore delle cause dei santi dell ordine e procuratore generale a Roma. A portare a Roma questi monaci è stata la causa di beatificazione di san Charbel Makhlouf, canonizzato da Paolo VI il 9 ottobre Accadde sessant anni fa, quando si rese necessaria la presenza di un postulatore che potesse seguire la causa di Charbel, nato a Bkaakafra, nel nord del Libano, nel 1828 e morto nel A questo monaco, l intero Libano e i maroniti di tutto il mondo sono immensamente devoti grazie alla messe di miracoli concessi per sua intercessione. «San Charbel è come il cedro del Libano, ormai parte costitutiva del nostro Paese. Ogni maronita, per una cosa o per l altra, ha a che fare con lui. Anche se i suoi devoti ormai sono in tutto il mondo. È un po come il vostro Padre Pio», confermano due giovani monaci del convento. Si chiamano, guarda caso, entrambi Charbel. Uno è dottorando in Archeologia cristiana, l altro in Scienze bibliche. Abitano stabilmente nel Collegio dell Università Sant Anselmo insieme con gli altri quattro membri dell ordine presenti a Roma per gli studi specialistici. Quando lo studio lo consente, i due Charbel danno una mano a padre Elias. Anche perché in convento arrivano, da qualche tempo, telefonate, lettere e visite da tutta Italia per chiedere grazie a san Charbel e agli altri due santi dell ordine: santa Rafka Rayes, una monaca canonizzata nel 2001, e Nimatullah Al-Hardini, grande teologo, fatto santo nel A cui, presto, se ne potrebbe aggiungere un quarto: il frate Estephan Nehmé, beatificato il 27 giugno La cappellina adiacente al convento sito nei pressi della Piramide Cestia ospita le reliquie dei tre santi, ed è diventata la meta di un gran numero di persone di Roma e di fuori che vengono per visitare questo luogo e per chiedere grazie. «Una cosa impensabile! Nostra intenzione ovviamente se la Congregazione per le Chiese orientali lo consentirà è trasformare questo posto in un vero e proprio santuario dedicato a san Charbel: il flusso dei pellegrini non si ferma più», aggiunge 30GIORNI N.4/

68 C ollegi ecclesiastici di Roma A sinistra, l ingresso del convento dei padri dell ordine Libanese Maronita con una vetrina contenente alcuni reliquiari Sotto, la piccola cappella adiacente al convento nella quale si venerano le reliquie dei santi libanesi padre Elias. «San Charbel ha iniziato a fare miracoli all indomani della morte. Tanto che nel 1926 è iniziata la causa. Nell Anno Santo del 1950 i miracoli furono trentamila. In un tandem spirituale con i miracoli della Madonna di Lourdes. A quel punto, nel 1951, si decise che non era più il caso di attendere e siamo finalmente venuti a Roma». Gli Antoniani di Sant Isaia e l amicizia con il popolo druso L ordine Antoniano Maronita di Sant Isaia possiede, tra le sue antiche vocazioni, una che si sta rivelando attualissima, visti i tempi che stiamo vivendo: il dialogo e l accoglienza nei confronti delle altre fedi. «Tutto comincia con il vescovo Gebraël Blouzani, futuro patriarca della Chiesa maronita, che, nel 1673, decise di fondare il monastero di Nostra Signora a Tamiche, nel nord del Libano, rendendolo sede del suo vescovado», racconta padre Maged Maroun. «Dopo aver educato molti giovani alle regole della vita monastica orientale, li inviò a edificare il monastero di Sant Isaia a Broumana, in cima a una collina nota come Aramta. Dove, il giorno della festa dell Assunzione del 1700, fu celebrata la prima messa. La zona era abitata principalmente da drusi, un popolo fuggito dall Egitto e che seguiva una religione di derivazione musulmana, né sciita né sunnita. Si erano stabiliti sulle montagne libanesi nel 1300 circa cinquecento anni dopo i maroniti per sfuggire alle persecuzioni dei sunniti. L emiro Abdullah Abillamah, capo dei drusi della zona, aveva accolto talmente di buon grado l arrivo dei monaci da decidere, insieme con altri emiri della zona, di mandare i propri figli a studiare dai monaci antoniani. Molti di loro chiesero di essere battezzati. Anche a motivo di tutto ciò, papa Clemente XII approvò il nostro ordine con la bolla Misericordiarum Pater, il 17 gennaio 1740». Tornando all oggi, nel famoso monastero di Sant Isaia in Libano, considerato la casa madre dell ordine Antoniano Maronita, fanno il noviziato i giovani aspiranti al sacerdozio. L arrivo a Roma risale al 1906, con un primo seminario sul Gianicolo. Poi, nel 1958, sulla via Boccea. E, infine, dal 1998, in via Affogalasino, tra i quartieri Portuense e Trullo. «Oggi i sacerdoti che studiano a Roma sono sette e si stanno specializzando in Musica sacra e Diritto canonico», spiega padre Maged. «Ma soprattutto in Scienze ecclesiastiche orientali e Dialogo islamocristiano al Pontificio Istituto Orientale e al Pontificio Istituto di Studi arabi e d islamistica. Oltre allo studio, vanno a lavorare nelle parrocchie di zona, a visitare i malati. Durante la Pasqua, per esempio, sono andati a benedire le case degli abitanti del quartiere». Una volta tornati in Libano, il futuro li vedrà educatori presso le scuole e i tre campus universitari dell ordine. Oppure parroci in Libano e tra i maroniti della diaspora. «Fedeli alla vocazione delle origini dovranno essere sempre più un canale di comunicazione con tutti, cristiani e non. Come indicano anche i nostri nuovi statuti e la nostra storia», conclude il religioso. I Missionari del Patriarca Sparsi in vari istituti ecclesiastici di Roma, i sacerdoti della Congregazione dei Missionari Libanesi costituiscono un istituto religioso maschile di diritto patriarcale. Sono detti anche Kreimisti, perché la loro fondazione avvenne il 22 maggio 1884 presso il monastero di Kreim, a Ghosta, sul Monte Libano, ad opera di Youhanna Habib, un sacerdote dell eparchia di 68 30GIORNI N.4/5-2011

69 Monsignor Hanna Alwan, responsabile per l Europa della Congregazione dei Missionari Libanesi A sinistra, una messa nella cappella della comunità dell ordine Antoniano Maronita di Sant Isaia; sopra, la comunità con il patriarca Sfeir Baalbek, con lo scopo di educare la gioventù maronita e annunciare il Vangelo anche ai non credenti. Una delle caratteristiche dei suoi membri è quella di giurare di non ambire ai gradi ecclesiastici. Oltre che in Libano, i Missionari Libanesi sono attivi presso le comunità maronite di Brasile, Argentina, Sudafrica, Stati Uniti d America e Australia. «Noi mandiamo i nostri sacerdoti a studiare direttamente nelle terre di missione. Così, intanto, iniziano ad assistere i maroniti della diaspora. A Roma vengono soltanto coloro che devono specializzarsi in discipline che si studiano solo qui, come Teologia dogmatica, Diritto canonico e gli studi biblici». Monsignor Hanna Alwan, che abbiamo già incontrato nelle vesti di rettore emerito del Pontificio Collegio Maronita, è anche, tra le tante altre cose, il responsabile per l Europa della Congregazione dei Missionari Libanesi Maroniti. Anche lui viene dal nord del Libano, la culla della Chiesa di san Marone. Ed è entrato in Congregazione a 16 anni, insieme con il fratello gemello. «I maroniti si stabilirono al nord, dopo essere venuti via dalla Siria, per sfuggire ai bizantini prima e ai musulmani dopo. E la scelta fu quanto mai saggia: quando arrivarono in Libano, i Turchi si fermarono nelle coste e nelle città del sud perché temevano tremendamente le montagne. Quindi i maroniti furono al riparo». Il fondatore della Congregazione dei Missionari Libanesi Maroniti, Youhanna Habib, era stato, alla fine del XIX secolo, un giudice dell impero turco. I cui funzionari, quando si resero conto che far seguire le leggi islamiche ai maroniti era piuttosto difficile, disposero un tribunale per loro e un altro per i musulmani, in modo che le cause non andassero tutte a finire al tribunale di Istanbul. Habib fu scelto come giudice dei maroniti. Ma, caduto in disgrazia presso l emiro, lasciò il tribunale per farsi gesuita. Il patriarca non glielo permise. Lo ordinò sacerdote, gli affiancò alcuni sacerdoti e lo spedì in missione. Erano tempi d emigrazione, per i maroniti. Verso le Americhe. E il patriarca temeva fortemente che, una volta arrivati, perdessero la fede. Poi Youhanna Habib fu nominato vescovo. E, morto il patriarca, il Sinodo scelse lui come successore. Ma rifiutò e al suo posto, nel 1899, fu scelto, su sua proposta, un amico: Elias Boutros Hoyek, un vescovo che, nel 1890, era venuto a Roma ad acquistare il terreno per ricostruire il Pontificio Collegio Maronita. Non solo, ma Hoyek fondò anche la Congregazione della Sacra Famiglia, suore che hanno come missione principale la famiglia attraverso l educazione dei bambini e l assistenza ai parroci nella pastorale familiare. La Congregazione della Sacra Famiglia è affidata, per la direzione spirituale, alla Congregazione dei Missionari Libanesi Maroniti. «Una caratteristica dei Missionari Libanesi è la grande applicazione allo studio. Un po come i Gesuiti», aggiunge, con un certo orgoglio, monsignor Alwan. Alla fine, gli chiediamo se i suoi missionari avranno, in futuro, un lavoro sempre più gravoso considerando l emigrazione costante dei maroniti. E che cosa dovrebbe fare la Santa Sede: «L interesse di Roma si è rafforzato quando ci si è resi conto che l onda d urto dei musulmani stava diventando, in Libano come nelle altre Chiese del Medio Oriente, troppo forte. Insomma, quando hanno studiato i numeri, si sono resi conto. Il Sinodo delle Chiese orientali celebrato nello scorso ottobre è stato importante. Se non altro perché la stampa di tutto il mondo ha parlato dello stato delle cose. Siamo tutti in attesa dell esortazione di Benedetto XVI. Non è escluso che quanto stia capitando in Medio Oriente e in Nord Africa porti delle buone cose. Sono convinto che quei giovani che abbiamo visto nelle piazze vogliano libertà e lavoro. Giustamente. E che questo anelito alla democrazia possa favorire anche i cristiani». q 30GIORNI N.4/

70 rscadv.it - a.d. bruno monaco E l esistenza diventa MAIN PARTNERS INSTITUTIONAL PARTNERS

71 una immensa certezza RIMINI FIERA AGOSTO 2011 INGRESSO LIBERO OFFICIAL PARTNERS

72 C inema Se anche Nanni vuole bene al papa L ultimo film del regista romano ha infastidito qualche commentatore cattolico, secondo cui offende la nostra religione. Abbiamo raccolto i pareri di alcuni opinionisti, credenti e non, che non hanno avuto la stessa impressione di Paolo Mattei «N on io, Signore, non io». Anche il cardinal Melville, come gli altri porporati riuniti nel conclave convocato da Nanni Moretti nel suo ultimo film Habemus Papam, ha pronunciato nel silenzio del cuore questa invocazione all inizio dello scrutinio. Preghiera esaudita per tutti i suoi colleghi. Ma non per lui, che al termine della votazione decisiva si trova, confuso e stordito, a ricevere il loro felice applauso per l elezione al soglio pontificio. Applauso che potrebbe rappresentare soltanto un piccolo assaggio di quello incomparabilmente più fragoroso che gli tributerebbe la piazza se qualche minuto dopo andasse ad affacciarsi, come da rito, sulla loggia di San Pietro per impartire l apostolica benedizione Urbi et orbi. Ma Moretti, regista e sceneggiatore di questa storia, ha già deciso: il cardinal Melville non avrà inizialmente la forza di rendere pubblica la propria chiamata alla Cattedra di san Pietro, e si accascerà, triste, sopra una sedia, proprio sulla soglia del balcone più importante del mondo; i fedeli in attesa sulla piazza cominceranno trepidanti a chiedersi che cosa mai sia realmente successo; i mass media del globo si affanneranno a lanciare interrogativi ed esclamazioni cubitali sull inopinato evento. Si innescheranno insomma un aspettazione e un dibattito planetari. E il dibattito termine che lo stesso Nanni Moretti è riuscito, con uno dei suoi celebri epifonemi cinematografici («No, il dibattito no!»: Io sono un autarchico, 1976), a rendere sinonimo di insopportabile pesantezza s è realmente innescato, come succede sempre del resto quando esce un suo film, proprio intorno ad Habemus Papam, la storia di quest uomo fragile e indeciso interpretato dall ottimo Michel Piccoli che non trova la forza di accettare il verdetto del conclave da cui, entra GIORNI N.4/5-2011

73 HABEMUS PAPAM. L ultimo film di Nanni Moretti In queste pagine, alcune immagini del film Habemus Papam, scritto, diretto e interpretato da Nanni Moretti to cardinale, è chiamato a uscire papa. Naturalmente, nella fattispecie, non si è trattato del dibattito noioso, pesante e ritualizzato della stigmatizzazione morettiana, ma di quello incontrollabile, libero e leggero di giornali, tv e blog telematici. D altronde le pellicole del regista romano riescono sempre a produrre ricchezza di opinioni e punti di vista spesso molto interessanti, e a dividere qualche volta gli spettatori e non solo gli spettatori, dato che nel cimento critico si lancia spesso anche chi non vede i suoi film in contrapposte fazioni da derby. Quella accennata sopra è solo l introduzione della vicenda, che prosegue con l entrata in scena di altri personaggi: l attivo portavoce della Santa Sede interpretato dal polacco Jerzy Stuhr che tiene i rapporti con i mass media e protegge dalla curiosità del mondo il papa sospeso ; lo psicanalista lo stesso Moretti che, chiamato a prendersi cura, ma senza successo, dell irresoluto pontefice, si vede costretto, per non rischiare di divulgare l identità del neopapa, a restare nei locali vaticani dove intrattiene i cardinali ingaggiandoli in un surreale e divertentissimo campionato continentale di pallavolo; la ex moglie dello psicanalista Margherita Buy, psicanalista anch essa, nello studio ro- 30GIORNI N.4/

74 C inema mano della quale papa Melville, sgattaiolando in gran segreto dal Vaticano insieme al portavoce, si reca per provare ancora a guarire dalla propria fragilità; e poi, altra gente attori di una compagnia teatrale alle prese con una pièce di Checov, inservienti di bar, musicisti di strada, albergatori e bambini in cui il papa in incognito si imbatte per le strade di Roma, nelle quali fugge e si perde dopo aver eluso il controllo delle guardie del corpo e del disperato e incauto portavoce. La fuga termina in un teatro, dove Melville che da ragazzo avrebbe voluto fare l attore s è rifugiato per assistere al Gabbiano checoviano. I cardinali che lo stanno cercando lo trovano, seduto in uno dei palchi, e fanno scattare, nel buio, un applauso. Ciò che non è stato ancora concesso alla piazza e al mondo in attesa, è consentito agli stupefatti spettatori e attori di un teatro romano, i quali, forse inconsapevoli, omaggiano il nuovo pontefice. Melville, riportato in Vaticano, troverà la forza di offrirsi all omaggio vero, quello che desiderano tributargli la Città e il mondo. Ma solo per comunicare loro la propria rinuncia. E la loggia di San Pietro tornerà subito vuota e desolata, nel vento che scuote le grandi tende rosse. Il dibattito Un film triste da bocciare al botteghino perché offende la nostra religione. Un film senza fede in cui i cardinali di una Chiesa senza Cristo non pregano mai e dove Dio è il grande latitante. Il dibattito sul film di Nanni Moretti è stato animato anche dalle osservazioni di alcuni giornalisti cattolici che non l hanno per niente amato. E che il proprio, legittimo, disamore, lo hanno voluto scrivere ad altissima voce, in qualche caso dando a chi leggeva l impressione che il film fosse un elemento del tutto marginale nella critica da loro impostata. Senz altro questo forte disappunto ha portato fortuna ad Habemus Papam. Ma a sorprendere comunque molti lettori, credenti e no, è stata l acredine messa in circolo in quelle righe, soprattutto nel caso concreto di una pellicola che non pare affatto avere i connotati dell opera anticristiana. Anche a partire da queste considerazioni, abbiamo chiesto ad alcuni opinionisti, di varie estrazioni culturali e religiose, che cosa pensano del film, che, insieme a This must be the place di Paolo Sorrentino, ha rappresentato l Italia al Festival di Cannes. «Sono rimasto stupito da questi attacchi», dice a 30Giorni il poeta e critico Valerio Magrelli. «I cardinali e gli uomini di Chiesa raccontati da Moretti sono figure a mio parere umanissime. Ed è quasi una rivoluzione, per un regista naturalmente caustico e di parte come lui. Questo è un film che la Chiesa dovrebbe amare e non riesco a comprendere tanto astio». È un astio che sovente si mette in moto, come in un meccanismo automatico, nei confronti di chi, magari non credente e privo d un autorizzazione che non si capisce bene da quale autorità dovrebbe essere concessa, desideri dire in pubblico qualcosa, anche senza alcun intento polemico o ideologico, anzi qualche volta con una discrezione che potrebbe considerarsi forse affettuosa, riguardo alla Chiesa. A Moretti, il quale «purtroppo» è ateo e l avverbio lo ha usato il medesimo regista parlando di sé, forse non è stata data tale autorizzazione. Sa GIORNI N.4/5-2011

75 Il vaticanista Giancarlo Zizola non condivide affatto «l idea che Moretti abbia offeso la sacralità del papato. Al contrario, fa un ottimo servizio al papato, lo richiama alla sua origine petrina, alle lacrime di Pietro, un tema assai vivo nella tradizione ortodossa, che assume i contorni fisici, storici della figura del capo degli apostoli, ardente nella professione di fede in Gesù Cristo ma anche suo traditore» gni troppo morettiani, come il torneo di pallavolo dei cardinali, topos adolescenziale del regista, tirato, secondo me, troppo per le lunghe. Detto questo, mi sembra che la ricreazione di un ambiente di quel tipo il conclave, le stanze vaticane sia ben fatta, anche se da una prospettiva laica. Non è un film contro la Chiesa. C è, anzi, una simpatia umana che muove Moretti a non indugiare affatto sull inevitabile carattere autorevole e autoritario dell istituzione curiale, e che gli fa addirittura sfiorare, a mio avviso, l inverosimile. Molto bella è poi la figura del protagonista, interpretata magnificamente da Michel Piccoli: questo cardinale è una persona bravissima, senza ombre e con un passato adamantino. Un cristiano degnissimo che non resiste al peso assegnatogli. Il potere, specialmente quello spirituale, è cosa di cui anche l uomo più intelligente e più dotato di senso etico fa fatica a sentirsi degno: questo è l aspetto più cristiano e commovente del personaggio». rebbe bello tenere a mente, in casi come questo, le parole di Agostino quando ricorda che «talvolta capita anche che alcuni esterni alla Chiesa anticipino nella conversione altri che sono all interno», osservando che «fuori della Chiesa c è molto frumento, e all interno della Chiesa c è molta zizzania» (De baptismo contra donatistas IV, 10, 14). Anche al professor Giulio Ferroni, docente di Letteratura italiana all Università La Sapienza di Roma, il film, cui comunque non risparmia critiche, non sembra offensivo nei riguardi della Chiesa cattolica: «Ci sono delle contraddizioni, degli elementi non sufficientemente sviluppati, come il rapporto orizzonte della fede mondo laico, come la relazione Chiesa psicanalisi; o contrasse- Le lacrime di Pietro Il vaticanista Giancarlo Zizola, cui pure abbiamo chiesto un giudizio sul film, non condivide affatto «l idea che Moretti abbia offeso la sacralità del papato. Al contrario, fa un ottimo servizio al papato, lo richiama alla sua origine petrina, alle lacrime di Pietro, un tema assai vivo nella tradizione ortodossa, che assume i contorni fisici, storici della figura del capo degli apostoli, ardente nella professione di fede in Gesù Cristo ma anche suo traditore. Penso che Moretti abbia avuto pure il merito di riportare l argomento del papato a misura di comuni sentimenti di angoscia e di paura della responsabilità, del sentimento di sproporzione di fronte a questo compito. Mi ha fatto venire alla mente papa Luciani, che, come riferì il cardinale Franz König, non voleva accettare l elezione: Ma una volta accettato, si rasserenò. Scrollava di continuo la testa, ricevendo i cardinali in sagrestia: Dio vi perdoni. Sono un umile papa, un povero papa. Spero che aiuterete questo povero Cristo, il vicario di Cristo, a portare la croce. Habemus Papam a mio avviso parla implicitamente del papato come discepolato, come sequela. La trovo una cosa geniale e una lezione evangelica per tutti i credenti anche perché si mette inconsapevolmente a tema nel raccontare con tanta umanità la solitudine di 30GIORNI N.4/

76 C inema quell uomo fragile di fronte a un compito che sente così imponente un problema ecclesiologico: quello della auspicata collegialità del governo della Chiesa». Filippo La Porta, critico letterario, è colpito invece dalla assoluta negatività della figura dello psicanalista: «Arido, ossessionato dal vincere e dal perdere, tutta la vita gli pare una partita di pallavolo. L immagine della psicanalisi è ridotta a slogan ridicoli e parodistici, come il deficit da accudimento su cui si è fissata la ex moglie-collega. Il papa non è affatto in una crisi religiosa. Egli rappresenta invece un affascinante alterità rispetto all immagine di una contemporaneità così vuota: pur con la sua indecisione, è completamente estraneo a un idea del mondo tutta fondata sulla competizione, sull autoaffermazione a tutti i costi, e su questo generale impoverimento culturale Anche i cardinali, che pure sono osservati nelle loro innocenti debolezze e in un certo infantilismo, sono però altri : io non ho una fede religiosa molto definita Provo ciò che Kierkegaard chiamava il timore e tremore di fronte al mistero della vita Ma la dimensione di alterità dei personaggi religiosi del film di Moretti mi attrae». «Se non diventerete come bambini» Padre Virgilio Fantuzzi, gesuita, critico cinematografico della Civiltà Cattolica, tra i primi a esprimere pubblicamente, in un intervista su un quotidiano, un giudizio positivo sulla pellicola morettiana, conferma e puntualizza questo giudizio con 30Giorni: «Moretti descrive un viaggio, quello di papa Melville. Alle tappe del viaggio fisico che si svolge a Roma, dal Vaticano al Teatro Valle a piedi, in autobus, con soste in negozi e alberghi e conversazioni con le persone che incontra per via, corrispondono quelle di un itinerarium mentis, ognuna delle quali rappresenta una sottrazione : il papa che gira in borghese si è spogliato del suo ruolo diventando un uomo comune, per tornare, alla fine, una volta spogliatosi del suo essere adulto, bambino. In questo mi pare che vi sia benché Moretti si proclami non credente e osservi la vicenda dall esterno un certo sapore evangelico: Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei Cieli. Papa Melville, col candore dei bambini, dice la verità: la dice a chi incontra durante il suo viaggio romano e, alla fine del viaggio, decide di dirla anche dalla Loggia della Basilica Vaticana». Se c è un antagonista negativo nella storia, per Fantuzzi è proprio il portavoce: «Per il ruolo che ha, deve fabbricare una bugia dietro l altra». Come già accennato, i film di Nanni Moretti sanno sollecitare anche chi non li ha visti a esprimere un giudizio. Così, ad esempio, lo scrittore Aurelio Picca, che, mentre scriviamo queste righe, non ha ancora assistito ad Habemus Papam, ci spiega che, secondo lui, il vescovo di Roma non può essere rappresentato da un attore: «Penso sia quasi impossibile. Chissà, forse ho un idea iconografica troppo legata all arte oppure mi riesce difficile immaginare un pontefice diverso da quello vero Dovrebbe probabilmente avere la faccia di qualcuno dei papi di Francis Bacon. Se un attore possedesse quella densità e quel mistero, forse...». Forse : una bella parola «le parole sono importanti!», ricordava un tempo il protagonista di Palombella rossa con cui si può chiudere questa piccola carrellata di opinioni su Habemus Papam di Nanni Moretti. Un regista purtroppo ateo il quale ha girato un bel film che non offende la nostra religione. Anzi, forse un bel film cristiano. q 76 30GIORNI N.4/5-2011

77 Aggiungi un posto a tavola La Men at Work è una cooperativa sociale senza fine di lucro che, dal 1998, attiva processi di reinserimento di persone svantaggiate e, dal 2003, forma professionalmente le persone detenute nel carcere di Rebibbia di Roma, creando nuovi posti di lavoro nel settore della ristorazione. Dal nuovo centro di cottura all interno dell Istituto di Rebibbia Nuovo Complesso la Men at Work produce e consegna pasti a comunità, aziende, enti locali, istituti religiosi, scuole, nel territorio del Comune e della Provincia di Roma. Le persone che vi operano sono tutte formate con corsi specifici nel campo della ristorazione collettiva e garantiscono al consumatore un prodotto salubre, sicuro e certificato ISO Se devi aggiungere un posto a tavola, aggiungilo con una ragione in più. Buon appetito. A tutti! Per informazioni e preventivi tel oppure info@menatwork.coop Se vuoi sostenere il lavoro della Men at Work, puoi anche scegliere di destinargli il tuo 5 per mille. Sulla tua dichiarazione dei redditi, firma nella casella delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale e indica il codice fiscale Il tuo 5 per mille andrà ai progetti di reinserimento al lavoro realizzati dalla Men at Work. P.zza San Giovanni in Laterano Roma

78 COPERTINA Introduzione di Lorenzo Cappelletti Ripubblichiamo il bell articolo del febbraio 2003 di Massimo Borghesi, Il patto con il Serpente, sull onda di avvenimenti di cronaca nazionale e internazionale in cui ciò che colpisce non è solo la perversità degli atti, quanto quella che sembra quasi una loro eccedenza rispetto all umana libertà e l odiosa connessione con la religione cristiana. Come insegna la storia della Chiesa antica e recente, è stata sempre un ansia e una frenesia nutrita di simboli e credenze religiose che, dentro e fuori la Chiesa, ha prodotto l odio alla fede cristiana. A questo proposito ritorna alla mente uno degli ultimi colloqui privati che don Giussani ebbe con papa Giovanni Paolo II nei primi anni Novanta e che lui stesso raccontò così: al Papa che gli diceva che l agnosticismo, sintetizzato nella formula Dio seppure c è non c entra con la vita, era il sommo pericolo per la fede cosa che don Giussani stesso più volte aveva insegnato Giussani rispondeva con la libertà dei figli di Dio (che della fede è una delle espressioni umanamente più affascinanti): «No, Santità, non l agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana!». A distanza ormai di un ventennio ci si può rendere conto di quanto sia stata anticipatrice quella svolta di don Giussani. Svolta che può essere documentata anche dall intervista, rilasciata nell aprile 1992, in cui don Giussani parla della persecuzione nei confronti di quelli «che si muovono nella semplicità della Tradizione». Alla domanda dell intervistatore: «Una persecuzione vera?», don Giussani risponde: «È così. L ira del mondo oggi non si alza dinanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi all idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura del Papa dipinto come autorità mora GIORNI N. 4/5-2011

79 Nova vetera et In allegato I CANTI DELLA TRADIZIONE «Non l agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana» Così don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. MENSILE IN SPED. L. 27/02/04 ABB. N.46) POST. ART.1, 45% COMMA D.L. 353/ DCB - ROMA. In (CONV. caso di IN mancato L. 27/02/04 recapito N.46) rinviare ART.1, COMMA a Ufficio Poste 1 DCB Roma - ROMA. Romanina per In caso la restituzione di mancato al recapito mittente rinviare previo addebito. a Ufficio Poste Roma Romanina ISSN per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN le. Anzi c è un ossequio formale, addirittura sincero. L odio si scatena a mala pena contenuto, ma presto tracimerà dinanzi a cattolici che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione» (Luigi Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia introduzione del cardinale Joseph Ratzinger Edit-Il Sabato, Roma 1993, p. 104). In una delle sue ultime pubblicazioni prima di essere eletto successore di Pietro (Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, raccolta ragionata del giugno 2003 di suoi precedenti articoli sul tema), proprio nelle pagine di collegamento aggiunte ex novo, Joseph Ratzinger notava: «Il male non è affatto come reputava Hegel, e Goethe vuole mostrarci nel Faust una parte del tutto di cui abbiamo bisogno, bensì la distruzione dell Essere. Non lo si può rappresentare, come fa il Mefistofele nel Faust con le parole: io sono parte di quella forza che perennemente vuole il male e perennemente crea il bene». Pur essendo molto dotto e ricco di citazioni, l articolo di Borghesi si legge d un fiato. Ha infatti una struttura molto semplice, sottolineata dai titoletti dei paragrafi che mostrano prima il crescere del fascino del male nell epoca contemporanea, avvertito sempre più come l energia liberatrice dell uomo; poi la sua opposizione prometeica al Dio buono e misericordioso; e infine il suo essere concepito non in opposizione ma come principio interno a Dio stesso, proprio secondo le più sottili e perverse favole gnostiche. Carl Gustav Jung Georg Wilhelm Friedrich Hegel Johann Wolfgang von Goethe nella Chiesa e nel mondo Diretto da Giulio Andreotti ANNO XXIX N.4/ GIORNI N. 4/

80 COPERTINA Elohim crea Adamo, particolare, William Blake ( ), acquarello e inchiostro, Tate Gallery, Londra Il patto con il Serpente Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l uomo al di là del bene e del male, al di là della legge, al di là del Dio antico, nemico della libertà. Gli ultimi duecento anni riscoprono il principio liberatore del mondo affermato dalla setta degli Ofiti, principio intravisto dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai serpenti di Massimo Borghesi 80 30GIORNI N.4/5-2011

81 Archivio di 30Giorni - Febbraio 2003 vetera etnova Hegel, con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest idea. L uomo deve peccare, deve uscire dall innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Questa conoscenza «è l origine della malattia, ma anche la sorgente della salute, è la coppa avvelenata nella quale l uomo beve la morte e la putrefazione, e nello stesso tempo il punto sorgivo della riconciliazione, poiché porsi come cattivo è in sé il superamento del male» Gli Ofiti: il serpente come liberatore Sono più di due secoli che la cultura occidentale accarezza il male, lo blandisce, lo giustifica. Il negativo comunica vertigine, delirio di onnipotenza, emozioni inconfessabili; illumina di bagliori rossastri i sentieri proibiti, gli abissi della notte, le vette ghiacciate. Colora di sé il peculiare titanismo moderno, la provocatoria sfida che esso lancia all Eterno. Se il Faust antico, quello di Marlowe, si pente in punto di morte, quello posteriore vive dell oltraggio, brama la dissoluzione. Il patto col serpente, come titola Mario Praz uno dei suoi ultimi volumi 1, diviene ora stabile. Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l uomo al di là del bene e del male, al di là della legge, al di là del Dio antico, nemico della libertà. Gli ultimi duecento anni riscoprono «il principio liberatore del mondo [affermato] dalla setta degli Ofiti» 2, principio intravisto, secondo Gershom Scholem, dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai serpenti 3. Principio riaffermato da Ernst Bloch nel suo Ateismo nel cristianesimo dove il Cristo-Serpente libera il mondo dalla tirannia di Jahvè 4. Anche Goethe, secondo Vittorio Mathieu, «aveva sentito parlare della setta degli Ofiti» 5. Nel suo Goethe e il suo diavolo custode, Mathieu osserva come nel Faust Mefistofele è la «forza che fa emergere dalla tenebra il positivo dell uomo» 6. Come afferma Dio, rivolto a Mefistofele nel Prologo in Cielo, «non hai che da mostrarti, liberamente, quello che sei; non ho mai odiato i tuoi pari; di tutti gli spiriti che negano, il beffardo è quello che mi dà noia minore. L attività dell uomo si affloscia troppo facilmente ed egli si adagerebbe con piacere in un assoluto riposo. Perciò gli metto volentieri accanto un compagno che lo sproni, ed agisca, e deve, come Diavolo, creare» 7. Il Diavolo è posto volentieri («gern») da Dio come collaboratore dell uomo. Come notava Mircea Eliade, «si potrebbe parlare di una simpatia organica tra il Creatore e Mefistofele» 8. Goethe fa di Mefistofele, del male, la molla che muove verso l azione («Tat»), verso ciò che è positivo. Si tratta dell idea, destinata a percorrere molta strada, per cui la via verso il Cielo passa attraverso l inferno. L uomo diventa uomo, vivo, intelligente, libero, solo assaporando fino in fondo l amaro della vita. L innocenza dell anima bella è, al contrario, inerzia, stasi, morte. Hegel, con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest idea. L uomo deve peccare, deve uscire dall innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Questa conoscenza «è l origine della malattia, ma anche la sorgente della salute, è la coppa avvelenata nella quale l uomo beve la morte e la putrefazione, e nello stesso tempo il punto sorgivo della riconciliazione, poiché porsi come cattivo è in sé il superamento del male» 9. Attraverso questa prospettiva la figura dell Angelo ribelle, di colui che, provocando l uomo, lo innalzerebbe alla sua libertà, rifulge di uno splendore nuovo. Mefistofele diviene, passo dopo passo, l eroe, il Prometeo moderno, il liberatore. «Senza cercarne per il momento le cause profonde», scriveva Roger Caillois nel 1937, «bisogna constatare come uno dei fenomeni psicologici più carico di conseguenze dell inizio del XIX secolo sia la nascita e la diffusione del satanismo poetico, il fatto che lo scrittore assuma volentieri la parte dell Angelo del male e con lui senta precise affinità. Sotto questa luce il romanticismo appare in parte come una trasmutazione di valore» 10. Da Byron a Vigny la «mitologia satanica» elabora la figura di un «Angelo del male», ribelle e vendicatore, le cui premesse risalgono indietro nel tempo. Satana contro Dio Giustamente Mario Praz, nel suo La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, l opera a tutt oggi più interessante sul fascino del demoniaco nella letteratura dell Ottocento, indica l inizio di questo processo nella peculiare caratterizzazione di Satana offerta da Milton nel suo Paradiso perduto. «Fu Milton a conferire alla figura di Satana tutto il fascino del ribel- 30GIORNI N.4/

82 COPERTINA le indomito che già apparteneva alle figure del Prometeo eschileo e del Capaneo dantesco» 11. L Avversario «diventa stranamente bello» 12. Come scriveva Baudelaire: «Le plus parfait type de Beauté virile est Satan à la manière de Milton» 13. Al suo confronto, osserva Harold Bloom, «il Dio di Milton è una catastrofe», così come il Cristo, il quale «è un disastro poetico nel Paradiso perduto» 14. Per Blake: «Milton era impacciato scrivendo di Dio e degli Angeli, e a suo agio scrivendo dei Demòni e dell inferno, poiché egli era un vero Poeta, e dalla parte del Demonio senza saperlo» 15. Giudizio, questo, perfettamente condiviso da Shelley per il quale: «Nulla può superare l energia e lo splendore del carattere di Satana quale si trova espresso nel Paradiso perduto [ ]. Il demonio di Milton come essere morale è di tanto superiore al suo Dio» 16. Impavido, indomito, il principe delle tenebre appare come lo strenuo lottatore contro la tirannia divina. Satana è Prometeo, prende il posto del mitico titano incatenato da Zeus alla rupe, immortalato dalla fantasia di Eschilo. Il Prometeo moderno si oppone al dio ostile, malvagio. Il luciferino Satana appare migliore del Creatore: «Milton conferisce apertamente un atteggiamento gnostico a Satana, secondo il quale Dio e Cristo sono soltanto versione del Demiurgo» 17. Il vero affermativo è il demonio. È lui, e non l angelo obbediente, che appare, eticamente ed esteticamente, dotato di un fascino più grande. Come asserisce Hegel: «Quando si presenta il Diavolo bisogna dimostrare che vi è in lui un affermativo; la sua forza di carattere, la sua energia, il suo spirito consequenziale appare di gran lunga migliore, più affermativo di quello di qualche angelo [ ]. Come in Milton», aggiunge Hegel, «dove egli, nella sua energia piena di carattere, è migliore di alcuni angeli» 18. Grazie a Milton, alla sua rielaborazione mitica, Satana fa così il suo ingresso nell immaginario moderno. Si ha con ciò quella che Praz chiama, in un capitolo del suo volume, la «metamorfosi di Satana», il suo trapassare da figura negativa a eroe positivo: il ribelle triste, privato, come l uomo, della sua felicità paradisiaca da un dio tiranno. Nel suo studio Praz documenta, con grande perizia, autori e correnti che fanno propria la mitologia satanica. Se nel Settecento «il Satana miltonico trasfuse il suo fascino sinistro nel tipo tradizionale del bandito generoso, del sublime delinquente» 19, è nell Ottocento, nella temperie romantica, che egli diviene il ribelle, l espressione della rivolta metafisica, del no alla creazione. Fu Byron «a portare a perfezione il tipo del ribelle, lontano discendente del Satana di Milton» 20. Con lui il ribelle diviene lo straniero, l uomo impenetrabile che trascende l ordinario modo di sentire, che trascende i suoi stessi delitti. È l oltre-uomo che sta più in alto e al contempo più in basso degli altri uomini. È l infelice che si nutre di risentimento verso un dio crudele del quale imita la crudeltà. La teologia di Byron è, secondo Praz, la stessa di de Sade la cui opera, secondo l autore, ha una influenza fondamentale nella letteratura romantica. Al centro v è l odio verso la creazione e il suo autore, l esaltazione del piacere e del crimine come dileggio, profanazione, oltraggio. Siamo qui di fronte, per Praz, ad un «satanismo cosmico» 21. La sua influenza è enorme. Se la natura crea solo per distruggere, assecondare la natura è ripeterne il ritmo, il piacere della distruzione, il gusto (sadico) che fa sorgere il piacere dal dolore, il delirio dall annientamento, il divino dal diabolico. È la pittura di Delacroix. «Quel pittore cannibale, molochista, dolorista che fu Delacroix, instancabilmente curioso di stragi, d incendi, di rapine, di putrideros, illustratore delle scene più cupe del Faust e dei poemi più satanici del suo idolatrato Byron; quell innamorato di felinità [ ] e dei Paesi violenti e calorosi» 22. È la poesia di Baudelaire, nutrita di Poe e di de Sade, il cui pessimismo cosmico è più simile all eresia manichea che alla religione cristiana: «Absolu! Résultante des contraires! Ormuz et Arimane, vous êtes le même!» 23. È la narrativa di Flaubert, per il quale «Néron vivra aussi longtemps que Vespasien, Satan que Jésus-Christ» 24. Dei Canti di Maldoror di Lautréamont, il quale confes- Böhme, secondo Hegel, «ha lottato per intendere in Dio e da Dio il negativo, il male, il Diavolo». Dio è l unità dei contrari, dell ira e dell amore, del male e del bene, del Diavolo e del suo contrario, il Figlio. In questa posizione Cristo e Satana divengono in qualche modo fratelli, figli di un unico Padre, parti di Lui, momenti della sua natura polare. È quanto affermerà Carl Gustav Jung nel suo esoterico Septem Sermones ad Mortuos scritto nel 1916, fatto circolare come opuscolo per gli amici e mai distribuito in libreria. Il testo, che si richiama idealmente allo gnostico Basilide, afferma la natura di pleroma di Dio composta da coppie di opposti di cui «Dio e demonio sono le prime manifestazioni» 82 30GIORNI N.4/5-2011

83 Archivio di 30Giorni - Febbraio 2003 vetera Nova La vita, affermava Jung nel Saggio d interpretazione psicologica del dogma della Trinità, «come processo energetico ha bisogno dei contrasti, senza i quali l energia è notoriamente impossibile. Bene e male non sono altro che gli aspetti etici di queste antitesi naturali». Per questo a Dio è necessario Lucifero. «Senza quest ultimo non ci sarebbe creazione, e tanto meno ci sarebbe stata alcuna storia di redenzione. L ombra e il contrasto sono le necessarie condizioni di ogni realizzazione» sa di aver «cantato il male come hanno fatto Mickiewicz, Byron, Milton, Southey, A. de Musset, Baudelaire» 25. Di Swinburne che, avvinto dalla teologia gnostica di de Sade, declama il suo uomo in rivolta: «potessimo ostacolare la natura, allora sì il delitto diventerebbe perfetto e il peccato una realtà. Se l uomo potesse far questo, se egli potesse intralciare il corso delle stelle e alterare il tempo delle maree; se potesse cambiare i moti del mondo e trovar la sede della vita e distruggerla; se potesse entrare in cielo e contaminarlo, nell inferno e liberarlo dalla soggezione; potesse trar giù il sole e consumare la terra, e ordinare alla luna di spargere veleno o fuoco nell aria; potesse uccidere il frutto nel seme e corrodere la bocca del pargolo col latte di sua madre; allora si potrebbe dire d aver peccato e d aver fatto del male contro natura» 26. Distruzione e profanazione: questo è il piacere più grande! Un filone consistente della letteratura, a partire dal romanzo libertino del Settecento, gode della profanazione. La violazione appassiona in quanto trasgressione, oltraggio. Il corpo, quello della donna, è tanto più oggetto del desiderio quanto più esso è inerme (bambina, vergine, suora). Profanarlo è togliere la trascendenza, ricondurre alla terra, svelare il volto oscuro di Eva, l eterno femminino da sempre legato al potere di Satana. Il demoniaco mescola il puro e l impuro, ha bisogno dell innocenza per eccitare le passioni, per destare la forza dirompente del negativo. Con de Sade l eros diviene parte di una teologia gnostica. Dopo di lui il connubio tra Eros e Thanatos, amore e morte, diviene l elemento dominante di un nichilismo luciferino che trova nel Decadentismo prima e nel Surrealismo poi il suo compimento. Satana in Dio Satana non è solo in Prometeo, controfigura dell Angelo caduto di Milton. Satana è anche in Dio. La teologia gnostica che sta al centro dell ateismo ribelle degli ultimi due secoli distingue tra Lucifero (il liberatore) e Satana (l oppressore). Essa trova la sua forma esemplare nel pensiero di Ernst Bloch. Per Bloch v è «da un lato il Dio del mondo che si identifica sempre più chiaramente con Satana, il Nemico, il ristagno; dall altro il Dio della futura ascesa in cielo, il Dio che ci spinge in avanti con Gesù e con Lucifero» 27. Il dio del mondo, creatore, è il cattivo demiurgo contro cui, nell Eden, si è levato il Serpente vero amico dell uomo. È Lucifero, con il suo desiderio di essere come Dio, che svela all uomo la sua destinazione. «Solo in Lucifero, tenuto segreto in Gesù per essere manifestato più tardi, alla fine, nei tempi in cui questo volto potrà svelarsi; solo in Lucifero, divenuto inquieto da quando fu abbandonato per la seconda volta, da quando dalla croce si alzò il grido che rimase senza risposta, da quando per la seconda volta fu schiacciato il capo del Serpente del paradiso appeso alla croce: solo in Lui dunque, nel Nascosto in Cristo, in quanto anti-demiurgico assoluto, è compreso anche l autentico elemento teurgico di chi si ribella perché figlio dell uomo» 28. La casa della morte, William Blake, incisione a colori, collezione privata 30GIORNI N.4/

84 COPERTINA Immortali che precipitano nell abisso, da Il libro di Urizen, William Blake, 1794 Il Serpente, come per la setta degli Ofiti ricordata da Bloch in Ateismo nel cristianesimo, è quindi il liberatore. Due volte soggiogato, nell E den e nel Cristo innalzato in croce come il Serpente di bronzo di Mosè, esso attende la sua rivincita, la sua vittoria sul Demiurgo che apre l «età dello Spirito». Unendo assieme Marcione e Gioacchino da Fiore, Bloch è il crocevia di tutta la gnosi moderna. Gesù, anticipazione del dio a venire, del dio umano, è il redentore dal dio satanico, dal dio del cosmo, dell ordine e della legge. La rivoluzione, come dissoluzione del vecchio ordine, diviene qui l opera luciferina per eccellenza. Come illustre precedente delle sue riflsessioni, Bloch richiama, in Ateismo nel cristianesimo, la figura di William Blake. Il poeta inglese, affascinato dalla rivoluzione americana e da quella francese, ebbe, oltre alla Bibbia, quattro maestri: Milton, Shakespeare, Paracelso, Böhme. Al primo dedicò un breve poema epico, Milton, composto probabilmente tra il 1800 e il In esso Urizen, il Principe della Luce, appare identico a Satana. Ciò che è peculiare in Blake è il suo The Marriage of Heaven and Hell (Il matrimonio del Cielo e dell Inferno) scritto nel Qui la santificazione degli impulsi e dei desideri, in primis quello sessuale, «for everything that lives is Holy» (poiché ogni cosa vivente è Sacra!), ottiene la sua consacrazione teorica. Per essa non v è più il male che nega il bene: male e bene sono entrambi necessari. «Senza Contrari non c è progresso. Attrazione e Ripulsa, Ragione e Energia, Amore e Odio sono necessari all Umana esistenza. Da questi contrari scaturisce ciò che l uomo religioso chiama Bene e Male. Bene è la passività che ubbidisce a Ragione. Male è l attività che scaturisce da Energia. Bene è il Cielo, Male è l Inferno» 29. Il male, come nel Faust di Goethe, è ciò che dà energia, che desta il bene assopito. Il Diavolo è la forza di Dio. In questa sua concezione Blake era debitore a colui che, per primo, nell arco del pensiero moderno, aveva osato affermare il male in Dio: Jacob Böhme. Il philosophus teutonicus, il quale, secondo Hegel, «fu il primo a far sorgere in Germania una filosofia con caratteristiche proprie» 30, stimato da Leibniz, Hegel, Schelling, von Baader e tutto il filone teosofico del pensiero moderno, è colui per il quale «secondo il primo principio Dio non si chiama Dio, ma Collera, Furore, sorgente amara, e vengono di qui il male, il dolore, il tremore e il fuoco divorante» 31. L ira di Dio è superata nell amore; cionondimeno essa rimane l Urgrund, il principio originario da cui origina il tutto. Böhme, secondo Hegel, «ha lottato per intendere in Dio e da Dio il negativo, il male, il Diavolo» 32. Dio è l unità dei contrari, dell ira e dell amore, del male e del bene, del Diavolo e del suo contrario, il Figlio. In questa posizione Cristo e Satana divengono in qualche modo fratelli, figli di un unico Padre, parti di Lui, momenti della sua natura polare. È quanto affermerà Carl Gustav Jung nel suo esoterico Septem Sermones ad Mortuos scritto nel 1916, fatto circolare come opuscolo per gli amici e mai distribuito in libreria. Il testo, che si richiama idealmente allo gnostico Basilide, afferma la natura di pleroma di Dio composta da coppie di opposti di cui «Dio e demonio sono le prime manifestazioni» 33. Essi si distinguono come generazione e corruzione, vita e morte. E tuttavia «l effettività è comune a entrambi. L effettività li unisce. Quindi l effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza» 34. Questo Dio che unisce Dio e il Diavolo è chiamato, da Jung, Abraxas. Esso è la forza originaria, che sta prima di ogni distinzione. «Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile» 35. Esso è «l amore e il suo assassino», «il santo e il suo traditore», è «il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione» 36. Il messaggio esoterico dei Sette Sermoni portava, come in Blake, alla santificazione della natura, all innocenza del divenire. Esso implicava, per ciò stesso, la giustificazione del male, del Diavolo, il suo inserimento, come in Böhme, in un sistema polare. Non a caso Martin Buber, venuto a conoscenza dell opuscolo, parlerà qui di gnosi. «Essa e non l ateismo, che annulla Dio perché deve rifiutare le immagini che finora di lui sono state fatte è il vero antagonista della realtà della fede» 37. Per Buber la psicologia di Jung non costituiva altro che «la ripresa del motivo carpocraziano, insegnato ora come psicoterapia, il quale divinizza misticamente gli istinti invece di santificarli nella fede» 38. Il rilievo di Buber non era puramente congetturale. Era stato lo stesso Jung che, in Psicologia e religione, aveva richiamato l attualità dello gnostico Carpocrate il quale sosteneva che «bene e male sono soltanto opinio GIORNI N.4/5-2011

85 Archivio di 30Giorni - Febbraio 2003 ni umane e che al contrario le anime, prima della loro dipartita, avrebbero dovuto vivere fino all ultimo ogni umana esperienza, se volevano evitare di ritornare nella prigione del corpo. Soltanto il completo adempimento di ogni esigenza della vita può riscattare l anima prigioniera nel mondo somatico del Demiurgo» 39. La vita, affermava nel Saggio d interpretazione psicologica del dogma della Trinità, «come processo energetico ha bisogno dei contrasti, senza i quali l energia è notoriamente impossibile. Bene e male non sono altro che gli aspetti etici di queste antitesi naturali» 40. Per questo a Dio è necessario Lucifero. «Senza quest ultimo non ci sarebbe creazione, e tanto meno ci sarebbe stata alcuna storia di redenzione. L ombra e il contrasto sono le necessarie condizioni di ogni realizzazione» 41. Quest ombra è innanzitutto in Dio, nel Dio primigenio, nell Inconscio che, per Jung, è la vera potenza che dirige la vita la quale deve essere umanizzata dall io cosciente. È solo nel Dio umano, Cristo, che il giudizio separa quanto nel pleroma (l inconscio) è unito: la luce e la sua ombra. Ora i «due figli di Dio, Satana il maggiore e Cristo il minore» 42, la mano sinistra e la mano destra di Dio, si separano. «Quest antitesi rappresenta un conflitto portato all estremo, e con ciò anche un compito secolare per l umanità fino a quel punto o a quella svolta del tempo in cui bene e male cominciano a relativizzarsi, a porsi in dubbio, e si alza il grido verso un al di là del bene e del male. Ma nell età cristiana, cioè nel regno del pensiero trinitario, una simile riflessione è semplicemente esclusa; poiché il conflitto è troppo violento, perché si potesse concedere al male qualche altra relazione logica con la Trinità, che non fosse il contrasto assoluto» 43. Occorre che la Trinità divina, spirituale, si concili con un quarto principio: la materia, il corpo, il femminile, l eros, il male, perché l idealismo cristiano, conciliato con il mondo, pervenga a una superiore unità. «Perciò anche nel tempo dell assoluta fede nella Trinità ci fu sempre una ricerca del quarto perduto, dai neopitagorici greci fino al Faust di Goethe. Benché questi cercatori si vetera Nova ritenessero cristiani, essi erano tuttavia una specie di cristiani a latere, poiché consacravano la loro vita a un opus, che aveva come meta la redenzione del serpens quadricornutus, dell anima mundi irretita nella materia, del Lucifero caduto La nostra formula della quaternità dà ragione alla loro pretesa, poiché lo Spirito Santo, come sintesi di colui che fu originariamente Uno e poi scisso, fluisce da una sorgente luminosa e da una oscura» 44. L età dello Spirito, nella peculiare interpretazione che Jung dà di Gioacchino da Fiore, è l era che segue all eone cristiano, il tempo di Abraxas in cui passioni e ragione, inconscio e conscio, male e bene, Lucifero e Cristo, diverrano uno. Nel 1919 Hermann Hesse, che nel 1920 si sottopose ad analisi con Jung, pubblicò un romanzo, Demian, sotto lo pseudonimo di Emil Sinclair. In esso il protagonista, un giovane inesperto, viene istruito sul senso della vita da uno spirito libero che porta in sé il segno di Caino: Demian. Per Demian «il Dio dell Antico e del Nuovo Testamento è una figura eccellente, ma non è quella che dovrebbe essere. È il bene, la nobiltà, il padre, l alto, il bello, il sentimentale: tutte belle cose, ma il mondo è fatto anche di altro. E ciò viene attribuito semplicemente al Diavolo, e tutta questa parte del mondo, questa metà viene soppressa e uccisa col silenzio» 45. Ad essa appartiene, secondo Demian, la sfera sessuale. Per questo non si può solo venerare Dio, «dobbiamo venerare tutto e considerare sacro il mondo intero, non soltanto questa metà ufficiale, separata ad arte. Accanto al servizio per Dio dovremmo avere anche un servizio per il Diavolo. A me parrebbe giusto. Oppure ci si dovrebbe procurare un Dio che racchiuda anche il demonio» 46. Come in Jung, questo «Dio si chiama Abraxas ed è Dio e Satana e abbraccia in sé il mondo luminoso e il mondo scuro» 47. È l amor sacro e l amor profano, «l immagine angelica e Satana, uomo e donna insieme, uomo e bestia, supremo bene e male estremo» 48. La visione del divino come coincidentia oppositorum, versione che sigla in forma indissolubile il «patto «È ovunque operante», scriveva Romano Guardini nel 1964, «l idea fondamentale gnostica che le contraddizioni sono polarità: Goethe, Gide, C. G. Jung, Th. Mann, H. Hesse Tutti vedono il male, il negativo [ ] come elementi dialettici nella totalità della vita, della natura». Questo atteggiamento, per Guardini, «si manifesta già in tutto quello che si chiama gnosi, nell alchimia, nella teosofia. Si presenta in forma programmatica con Goethe, per il quale il satanico entra persino in Dio, il male è forza originaria dell universo necessaria quanto il bene, la morte solo un altro elemento di quel tutto, il cui polo opposto si chiama vita. Questa opinione è stata proclamata in tutte le forme e concretata in campo terapeutico da C. G. Jung» 30GIORNI N.4/

86 COPERTINA con il Serpente», attraversa, in tal modo, una parte cospicua del mondo culturale del Novecento. Ricordiamo, tra gli altri, la riflessione di Mircea Eliade che in due scritti, Il mito della reintegrazione (1942) e Mefistofele e l Androgine (1962), espone, sotto le suggestioni di Jung, la sua visione della «polarità divina». Per essa ogni divinità appare polare, benefica e malefica ad un tempo. Il Serpente è fratello del Sole, così come, secondo un mito gnostico, lo sarebbero Cristo e Satana. Questa biunità divina prepara, nell uomo, la reintegrazione di sacro e profano, di bene e di male in una unità superiore che trova, per Eliade, la sua meta simbolica nella figura dell androgino. Conclusione La moderna teosofia degli opposti, fondata sulla dottrina ermetica della coincidentia oppositorum, porta a un connubio, inquietante, tra divino e diabolico, porta all idea del Diavolo in Dio. «È ovunque operante», scriveva Romano Guardini nel 1964, «l idea fondamentale gnostica che le contraddizioni sono polarità: Goethe, Gide, C. G. Jung, Th. Mann, H. Hesse Tutti vedono il male, il negativo [ ] come elementi dialettici nella totalità della vita, della natura» 49. Questo atteggiamento, per Guardini, «si manifesta già in tutto quello che si chiama gnosi, nell alchimia, nella teosofia. Si presenta in forma programmatica con Goethe, per il quale il satanico entra persino in Dio, il male è forza originaria dell universo necessaria quanto il bene, la morte solo un altro elemento di quel tutto, il cui polo opposto si chiama vita. Questa opinione è stata proclamata in tutte le forme e concretata in campo terapeutico da C. G. Jung» 50. L idea di fondo è che la redenzione passa attraverso la degradazione, la grazia tramite il peccato, la vita attraverso la morte, il piacere mediante il dolore, l estasi per opera della perversione, il divino mediante il diabolico. Il fascino che il negativo metafora del demoniaco esercita sulla cultura contemporanea dipende da questa singolare idea: che le vie del paradiso passino attraverso l inferno, che «Discesa all Ade e resurrezione» siano uno 51. Consegnarsi al demonio, in una singolare trasposizione gnostica dell idea per cui perdersi è ritrovarsi, è aprirsi a Dio. In questo sacro connubio Satana e Dio si uniscono nell uomo. È l «identità di de Sade e dei mistici» 52 auspicata da Georges Bataille. Per essa la via all ingiù coincide con la via all insù. Faust, ora, non può più pentirsi, nemmeno in punto di morte. L Avversario è diventato complice, parte di Dio. È la via per divenire dio. Il brivido del nulla, della discesa agli Inferi, accompagna la scoperta dell Essere, di Abraxas, il pleroma senza volto che permane, immobile, nel divenire del mondo. q Note 1 M. Praz, Il patto col serpente, Milano 1972 (ediz. 1995). 2 Op. cit., p G. Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, tr. it., Torino 1993, p E. Bloch, Ateismo nel cristianesimo, tr. it., Milano 1971, pp V. Mathieu, Goethe e il suo diavolo custode, Milano 2002, p Op. cit., p W. Goethe, Faust e Urfaust, tr. it., 2 voll., Milano 1976, vol. I, vv , p M. Eliade, Il mito della reintegrazione, tr. it., Milano 2002, p G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, tr. it., 2 voll., Milano 1974, vol. II, p R. Caillois, Nascita di Lucifero, tr. it., Milano 2002, p M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Firenze (ediz. 1999), p Ivi. 13 C. Baudelaire, Journaux intimes, cit., in: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., p H. Bloom, Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla Bibbia a oggi, tr. it., Milano 1992, p W. Blake, Il matrimonio del Cielo e dellʼinferno, tr. it., in: Selected Poems of William Blake, Torino 1999, pp P. B. Shelley, Difesa della Poesia, cit. in: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., p H. Bloom, Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla Bibbia a oggi, op. cit., p G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, op. cit., vol. II, pp e 324, nota. 19 M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., pp Op. cit., p Op. cit., p Op. cit., p Citato in op. cit., p Citato in op. cit., p Lautréamont, Lettere, tr. it. in: Lautréamont, I canti di Maldoror, Torino 1989, p Citato in: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, op. cit., p E. Bloch, Spirito dellʼutopia, tr. it., Firenze 1980, p Op. cit., p W. Blake, Il matrimonio del Cielo e dellʼinferno, op. cit., pp G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, tr. it., 4 voll., Firenze 1973, vol. III(2), p Citato in: F. Cuniberto, Jacob Böhme, Brescia 2000, p G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, op. cit., vol. III(2), p C. G. Jung, Septem Sermones ad Mortuos, tr. it., in: Ricordi, sogni, riflessioni di C. G. Jung, Milano 1990, p Op. cit., pp Op. cit., p Ivi. 37 M. Buber, Lʼeclissi di Dio, tr. it., Milano 1983, p Ivi. 39 C. G. Jung, Psicologia e religione, tr. it., in: C. G. Jung, Opere, vol. XI, Milano 1984, p C. G. Jung, Saggio dʼinterpretazione psicologica del dogma della Trinità, tr. it., in: C. G. Jung, Opere, vol. XI, op. cit., p Op. cit., p C. G. Jung, Prefazione a Z. Weblowsky, Lucifero e Prometeo, tr. it., in: C. G. Jung, Opere, vol. 11, op. cit., p C. G. Jung, Saggio dʼinterpretazione psicologica del dogma della Trinità, op. cit., p Op. cit., p H. Hesse, Demian. Storia della giovinezza di Emil Sinclair, tr. it., in: H. Hesse, Peter Camenzind Demian. Due romanzi della giovinezza, Roma 1993, p Op. cit., p Corsivi nostri. 47 Op. cit., p Op. cit., p R. Guardini, Diario. Appunti e testi dal 1942 al 1964, tr. it., Brescia 1983, p R. Guardini, Lettere teologiche a un amico, tr. it., Milano 1979, p E. Zolla, Discesa allʼade e resurrezione, Milano G. Bataille, Frammenti su William Blake, tr. it., in: Selected Poems of William Blake, op. cit., p GIORNI N.4/5-2011

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88 Un arcipelago di servizi Per arcipelago di servizi intendiamo un sistema di integrazione di risorse sociali che presenta una gamma di possibilità nella scelta del servizio appropriato. Archipelagos è una libera aggregazione che unisce varie cooperative che operano al servizio delle persone, delle comunità, degli enti pubbliici e privati ponendo maggiore attenzione ai più deboli e alla qualità dei servizi offerti. Manser La Cooperativa Sociale e di Lavoro è stata costituita a Roma nel 1995 su iniziativa di un gruppo di psicologi e assistenti sociali. La cooperativa in convenzione con il Comune di Roma svolge numerosi servizi atti a migliorare la qualità della vita delle famiglie attraverso interventi mirati ad alleviarne il disagio e a prevenirne le cause, aiutandole ad inserirsi nella rete sociale. È attivo il progetto Buon Samaritano con il contributo della Provincia di Roma consistente nel portare aiuti alimentari alle persone povere. La H3A è specializzata nella gestione di tutti gli adempimenti richiesti dalle normative vigenti, d.lgs.81/08, per piccole, medie e grandi Aziende, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e nell edilizia. Oltre ai servizi di informazione e formazione, sorveglianza sanitaria, antincendio, fornisce servizi di igiene, analisi ambientali e di acque, misurazioni strumentali, rischio chimico, biologico e da polveri avvalendosi di tecnici specializzati come chimici, fisici, biologi e ingegneri. Coop. Insieme La Cooperativa Insieme fondata nel 2005 da un gruppo di donne si occupa di pro gettare, realizzare e gestire servizi rivolti ai minori. Attualmente gestisce l'asilo nido privato Mondo Bimbi a Latina Scalo, ed un nido Comunale a Latina. La Cooperativa ha altre tipologie di sevizi con diversi progetti come ad esempio: Integrazione di alunni stranieri, centri socio-educativi, attività assistenziali rivolte a soggetti diversamente abili e centri estivi. La cooperativa C era due volte nasce nel 2000 dalle singole esperienze di alcune giovani donne che insieme decidono di fondare strutture e servizi interamente dedicati all infanzia. La cooperativa ha avviato con successo vari progetti a carattere socio/educativo, formativo, ludico/ricreativo, creando diversi servizi quali 2 Micronidi in convenzione con il Comune di Roma e il servizio Tages mutter per bimbi delle fasce d età 0/6 anni, nel territorio del XII municipio. La Manser Cooperativa Sociale Integrata, nasce nel 1996 in seguito all incontro tra operatori sociali e giovani dei quartieri di Tor Bella Monaca e Spinaceto, nell ambito di interventi socio educativi gestiti dalla Comunità Capodarco di Roma. Si occupa di favorire l inserimento lavorativo di persone svantaggiate, con particolare attenzione a soggetti con disabilità psico fisica e mentale all interno delle proprie attività imprenditoriali. È di prossima apertura il ristorante nel parco degli Acquedotti. I SERVIZI OFFERTI: ASSISTENZA DOMICILIARE E CENTRI DI AGGREGAZIONE PER MINORI ASILI NIDO GESTIONE DI CENTRI SOCIO EDUCATIVI TAGESMUTTER ASSISTENZA AGLI STUDENTI DISABILI CENTRO PER LA FAMIGLIA ATTIVITÀ DI SOSTEGNO ALLE PERSONE BISOGNOSE ANALISI AMBIENTALI E DI ACQUE MISURAZIONI DI SOSTANZE CHIMICHE CONSULENZA IN MATERIA DI SICUREZZA SUI LUO- GHI DI LAVORO ASILI NIDO FESTE, ANIMAZIONI CENTRI ESTIVI SPAZI DI ASCOLTO E CONSULENZA PSICOLOGICA MICRONIDI TAGESMUTTER PULIZIE MANUTENZIONE IMPIANTI RISTORAZIONE INSERIMENTI LAVORATIVI PER GIOVANI E ADULTI Archipelagos Via F. Antolisei Roma Tel Fax archipelagos2011@libero.it

89 L a Q.S.A. Srl e l ITALSERVIZI Srl sono società di servizi alle aziende per la sicurezza e la salute dei lavoratori, promosse da un gruppo di medici specialisti in medicina del lavoro, che progettano e realizzano sistemi di gestione aziendale di sicurezza sul lavoro comprendenti la sorveglianza sanitaria, le indagini ambientali per i rischi da sostanze chimiche, fisiche e biologiche e tutti gli obblighi previsti dal D. Lgs. 81/2008. Q.S.A. e ITALSERVIZI forniscono la loro consulenza ad oltre 200 aziende distribuite in tutto il territorio nazionale attraverso unità mobili di Medicina del Lavoro dotate di tutte le apparecchiature strumentali necessarie e sono supportate nelle loro attività da docenti delle Università La Sapienza, Tor Vergata, Cattolica di Roma e dell Università di Pisa. I loro clienti principali sono l Agenzia delle Entrate, l Agip Petroli, la Confcooperative, la Coop, la Televisione Sat2000, la Finmeccanica, il Comitato Tecnico Paritetico della Cassa Edile di Roma e Provincia, l Accademia Nazionale dei Lincei e l Italgas. Q.S.A. e ITALSERVIZI organizzano, con l Università La Sapienza, i corsi di idoneità allo svolgimento delle funzioni di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e Addetto al Servizio Prevenzione e Protezione ai sensi del 195/03. Q.S.A. e ITALSERVIZI sono iscritte all Anagrafe Nazionale delle Ricerche del Ministero dell'istruzione, dell'universita e della Ricerca. La Q.S.A. è certificata ISO 9001:2000 BVQI dal Via F. Antolisei, Roma Tel / Fax info@qsasrl.it Italservizi s.r.l. QSA Qualità Salute Ambiente Medicina del lavoro Indagini ambientali Sicurezza del lavoro Analisi cliniche Visite specialistiche Corsi di Formazione

90 L ibri Il beato Karol Wojtyla, dall emozione alla storia Intervista con Andrea Riccardi sulla sua biografia di Giovanni Paolo II scritta su base scientifica e testimoniale: «Wojtyla è una figura così poliedrica che solo la storia ha la capacità di ricostruirne tutti gli aspetti» di Roberto Rotondo P assare dai sentimenti alla storia. Così Andrea Riccardi, ordinario di Storia contemporanea presso la Terza Università di Roma e fondatore della Comunità di Sant Egidio, definisce lo scopo della sua biografia di Giovanni Paolo II, la prima scritta su base scientifica e testimoniale sul Papa, beatificato in piazza San Pietro il 1 maggio scorso. Professore, prima di parlare del libro le chiederei una riflessione sulla beatificazione di papa Wojtyla del 1 maggio. ANDREA RICCARDI: La beatificazione di Giovanni Paolo II è stata un grande evento che mostra come la figura di questo Papa sia radicata nel sentire del popolo cattolico. La mia impressione è stata quella di una partecipazione convinta, motivata di tanta gente, ovviamente meno emotiva di quella che partecipò ai funerali l 8 aprile 2005, ma memore. Nei giorni della beatificazione lei ha voluto sottolineare che «quel popolo felice che abbiamo visto in piazza San Pietro il 1 maggio è anche il popolo di papa Ratzinger». Perché, non era evidente? Molte volte emerge il brutto vizio dei cattolici di creare una contrapposizione tra il papa regnante Piazza San Pietro gremita di fedeli in occasione della cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II il 1 maggio scorso e il suo predecessore, quasi sempre concludendo che quello morto era migliore. È un errore tanto più grave nel caso dei pontificati di Wojtyla e Ratzinger, tra i quali c è una continuità profonda. Non per nulla Ratzinger è stato il principale collaboratore di Giovanni Paolo II e non per nulla ha voluto porre il proprio pontificato nel segno della continuità, sia con la beatificazione del predecessore sia con la ripresa di Assisi. Aggiungo che la continuità dei pontificati era, alla luce del Concilio Vaticano II, il grande ideale di Giovanni Paolo II. Ritengo che il pontificato di Giovanni Paolo II rappresenti il cuore e la ricezione creativa del Concilio, in continuità con il pontificato di Paolo VI, a cui Wojtyla si è sentito profondamente legato. E sono convinto che le generazioni Andrea Riccardi, Giovanni Paolo II. La biografia, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2011, 574 pp., euro 24,00 che verranno leggeranno il Concilio con Wojtyla, e Wojtyla attraverso il Concilio. Molte volte si mette l accento su Giovanni Paolo II politico, ovvero sul Papa che ha sconfitto il comunismo. Nella sua biografia di Wojtyla, invece, lei fa emergere un Papa carismatico più che un Papa politico. Perché? 90 30GIORNI N.4/5-2011

91 Una premessa: ognuno di noi ha un suo proprio ricordo di Giovanni Paolo II. C è chi lo ha incontrato e conosciuto e chi l ha solo sfiorato, ma tutti possiamo concordare sul fatto che non si può raccontare e spiegare questo Papa come fosse l immagine di un santino. Quindi è giunto il momento di spiegare Giovanni Paolo II non attraverso un emozione, ma attraverso la storia, perché Wojtyla è una figura così poliedrica che solo la storia ha la capacità di ricostruirne tutti gli aspetti. Tornando alla domanda: Giovanni Paolo II un Papa politico? Molti lo hanno liquidato così: Papa politico e anticomunista. Ma è un errore. In realtà Giovanni Paolo II è una figura che un po ci turba e ci spiazza, perché il suo pontificato pur affermando il primato della fede penso alla sua predicazione e all importanza che dava alla preghiera mostra che il primato della fede tocca le corde profonde della storia, cambia la storia. In questo senso, e solo in questo senso, possiamo dire che è un papa politico. Giovanni Paolo II ha tanto minacciato di cambiare la storia che hanno tentato di ucciderlo più volte e hanno tentato di far saltare la sua Cattedrale in San Giovanni in Laterano. Giovanni Paolo II, quindi, è uomo di preghiera che cambia la storia, che dimostra che la storia ha un tessuto spirituale, e che le correnti spirituali muovono la storia. Invece di liquidarlo come anticomunista, la storiografia dovrebbe fare i conti con la figura di Giovanni Paolo II protagonista di un tempo tra la guerra fredda e l età della globalizzazione e figura troppo grande per uomini, trastulli d infinite paure, come recita la poesia di David Maria Turoldo con la quale chiudo il mio libro. Da più parti si è detto che Giovanni Paolo II è un gigante della storia del Novecento. Lei lo ha definito una roccia. Come si concilia questo essere un gigante con la sua santità? Non rischia di essere un santo ingombrante? Forse sì, se siamo abituati a santini e non a santi. San Gregorio Magno è un santo e un gigante, san Paolo è un santo e un gigante, e potrei continuare. Giovanni Paolo II è un santo che si mette in mezzo alla storia del mondo contemporaneo e in questo senso è un gigante. Lei dedica molte pagine all importanza dell Europa, anche per il futuro della Chiesa, nel pontificato di Giovanni Paolo II Infatti definirei Wojtyla un Papa europeo, piuttosto che, come venne fatto in Italia all inizio del suo pontificato, un Papa straniero. Innanzitutto perché era di Cracovia, quindi era un mitteleuropeo; ma soprattutto perché era un Papa che sentiva la missione dell Europa connessa alla missione del cristianesimo: basta rileggere il suo saggio su questo tema, pubblicato su Vita e pensiero poco prima della sua elezione a papa. Proprio perché l Europa ha una grande missione, Wojtyla è per l Europa unita. E proprio per questo vuole che la Polonia entri nell Unione europea contro il parere della maggior parte dei cattolici polacchi. Attenzione però, perché Giovanni Paolo II è un Papa europeo ma non un eurocentrista. E qual è, in questo caso, la linea di confine tra europeismo e eurocentrismo? Wojtyla non è eurocentrista perché, pur sentendo la missione dell Europa, sente anche le grandi sfide del mondo. In particolare ricordo la sua battaglia negli Stati Uniti, la sua grande missione in America Latina, la lotta alle sètte, la lotta alla deriva marxista della Teologia della liberazione, la sua presenza in Africa, continente a cui è oltremodo attento. Inoltre c è il tentativo di varcare le porte dell Asia, malgrado la Cina resterà un sogno incompiuto del suo pontificato. Wojtyla, Papa europeo, era diventato capace di indicare un orizzonte globale nel mondo spaesato della globalizzazione, dinnanzi a uomini sempre più spesso preoccupati e disorientati, perché era anche un Papa geopolitico. Come la sua preghiera, una preghiera geografica e mentalmente orante che si spostava da un luogo a un altro della terra. Il cardinale Stanislaw Dziwisz in una recente intervista ha detto che Wojtyla morì come un grande patriarca biblico. Trova sia un paragone possibile? Penso di sì, perché è morto volendo vivere fino in fondo il suo ministero. È morto come ha vissuto: nella piazza, in mezzo alla sua gente, perché non era un Papa isolato, era un Papa che praticava l ascesi dell incontro, l incontro con i singoli e qui c è il suo personalismo praticato così come l incontro con le folle, con i popoli. 30GIORNI N.4/

92 L ibri Lei ha scritto sul Corriere della Sera, parlando delle recenti rivoluzioni nel Nord Africa, che l idea di rivoluzione durata due secoli è morta con l 89 e con Wojtyla. Può approfondire quest idea? Non è solo un idea mia, ma anche di Bronislaw Geremek. L idea della rivoluzione come levatrice della storia, dalla Rivoluzione francese alle rivoluzioni coloniali, l idea di rivoluzione nella politologia, è stata un idea forte, decisiva: è stata l idea della liberazione, del progresso. Ma con Wojtyla, con la transizione politica pacifica dell Est Europa e in particolare con la Polonia di Solidarnosc, cade l idea di rivoluzione violenta come progresso, ma non si cede alla rassegnazione e alla conservazione. Wojtyla vuole la transizione pacifica in Cile, appoggia quella nelle Filippine, e gli esempi potrebbero continuare a riprova che la fine dell idea di rivoluzione coincide con l 89. Questa fine Wojtyla la spiega bene nell enciclica Centesimus annus. Quindi Wojtyla resta per lei un rivoluzionario... Io credo che Wojtyla non sia stato capito nella sua carica di cambiamento e cito quel suo discorso del 2003, Ma tutto può cambiare. Non è stato capito, ad esempio, sulla Teologia della liberazione in America Latina, che lui A sinistra, Giovanni Paolo II in piazza San Pietro il 22 ottobre 1978; qui sotto, Harlem, New York, in occasione del viaggio apostolico nel Queste immagini fanno parte della mostra fotografica All Altare di Dio realizzata con le opere di Vittoriano Rastelli e ospitata a Roma dai Musei Capitolini fino al 25 settembre 2011 e dal Castello Reale di Varsavia fino al 31 luglio 2011 ha combattuto solo perché l ha considerata tributaria al marxismo. Gli è sembrata una profonda e radicale ambiguità, una strada che apriva il cammino all influenza sovietica, alla secolarizzazione della Chiesa oltre che alla secolarizzazione delle religioni. Come mi ha confermato Benedetto XVI in un colloquio che ho avuto con lui, Wojtyla voleva una liberazione cristiana, credeva che il cristianesimo potesse liberare l uomo, il suo cuore, e di conseguenza potesse liberare anche la società. In altre parole pensava che trasformando l uomo cambiasse anche la società e questa grande idea cristiana in lui acquista un tono dinamico. Per questo possiamo anche dire che Wojtyla è un teologo della liberazione, ma bisogna intendersi su quale. Nella sua biografia di Wojtyla emerge come l idea di un papa non italiano si fece strada nel conclave perché i candidati italiani erano ritenuti troppo legati ai problemi politici del loro Paese e questo creava una certa insofferenza negli altri porporati. Poi, invece, il Papa polacco si rivelerà molto attento all Italia e alla diocesi di Roma Esatto. Ma c è una differenza rispetto ai predecessori italiani: Pio XII diceva agli italiani «la vostra patria», però poi si occupava delle elezioni amministrative del comune di Roma. Wojtyla invece diceva «la nostra patria» sia quando parlava dell Italia che quando parlava della Polonia, però non era molto attento ai problemi politici italiani. Anzi, io direi che nei primi anni del suo pontificato nel mondo ecclesiastico Wojtyla trovò una certa inaccoglienza: in quel periodo si contrapponeva il Concilio e la pastorale conciliare alla pastorale wojtyliana e per questo lui si gettò alla conquista dell Italia, anche attraverso tante visite, raggiungendo una grande popolarità. Possiamo dire che si sentiva italiano ed è stato molto attento alla società italiana e ai suoi cambiamenti più che ai problemi della sua politica interna. Concludendo, tra lo slogan santo subito e lo slogan santo presto lei quale preferisce? Io non do molta importanza a queste cose. Giovanni Paolo II è un santo contemporaneo e andava messo in luce presto. Inoltre con un rapido processo si sono raccolte preziose testimonianze che forse fra anni sarebbero andate perdute. q 92 30GIORNI N.4/5-2011

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94 S cienza Ricerca o decadenza È necessario studiare e capire di più le leggi naturali che governano il mondo in cui viviamo e potenziare la nostra cultura scientifica in ogni direzione. Sull energia il momento delle scelte definitive è ancora lontano. La trasmissione di conoscenza tra le diverse generazioni non va interrotta di Giorgio Salvini Socio nazionale e presidente onorario dell Accademia nazionale dei Lincei, professore emerito dell Università di Roma Sapienza L e notizie sul grave incidente nucleare di Fukushima, arrivate inattese e violente, ci insegnano che non conosciamo a sufficienza la nostra terra e i metodi migliori per soddisfare le nostre attuali esigenze di energia. Così in queste mie riflessioni vorrei dopo aver preventivamente offerto un riassunto delle fonti di energia necessarie al nostro progresso civile ribadire la necessità di ricercare, di sviluppare nuove indagini e di aprire nuovi laboratori. Vorrei anche sottolineare l importanza delle università, nel loro ampio significato di luogo di indagine attiva su quanto ancora non conosciamo e di deposito della conoscenza e della cultura raggiunta da trasmettere alle nuove generazioni. Perché senza un attiva collaborazione tra le generazioni la civiltà di un Paese è destinata a un inevitabile decadenza. Una considerazione generale: l homo sapiens è da millenni su questa terra, la riconosce come sua e la ama. Ma la terra sussulta e si scuote, tende a cancellare con sismica violenza ciò che l uomo ha costruito. Il livello 9 della scala Richter, il massimo finora mai raggiunto, può cancellare ogni costruzione. E i sussulti interni del suolo possono indurre onde altissime, sino a venti metri, in grado di spazzare via intere regioni costiere. Ma nonostante l imprevedibilità del pianeta sul quale viviamo, l uomo continua ad amare la terra, e il suo lavoro per le nuove opere future è commovente. È su questa fiducia, e per certi versi solitudine, dell uomo che posso impiantare il mio discorso sull energia. Le nostre fonti di energia Una cosa è ben nota: tutta l energia che possiamo raccogliere sulla terra è di origine nucleare. Il sole, con la fusione dall idrogeno in elio e altri nuclei leggeri, è il nostro grande reattore nucleare. L energia che si sprigiona in forma di neutrini, elettroni e fotoni si irradia Ricercatori al lavoro sull esperimento Alice al Cern dal sole. Quella piccola parte di energia solare che investe la nostra terra da alcuni miliardi di anni è quella che ha permesso il fiorire della vita animale e vegetale sul nostro pianeta. Non solo, ma i residui incombusti accumulati (petrolio, carbone ecc.) nella crosta terrestre sono divenuti la fonte essenziale per la nostra sopravvivenza (riscaldamento, cibo, movimento delle macchine, trasporti, eccetera) GIORNI N.4/5-2011

95 DOPO FUKUSHIMA. L invito a riflettere di un grande fisico La centrale giapponese di Fukushima gravemente danneggiata dal terremoto dell 11 marzo scorso Recentemente settanta anni or sono, nel 1941 si è arrivati a un uso diretto dell energia nucleare, utilizzando quella piccola frazione degli atomi di uranio che si trova in natura, l isotopo 235. Esso si rompe in nuclei meno pesanti catturando neutroni (la fissione) e dando emissione notevole di particelle cariche e di raggi Gamma e soprattutto di nuovi neutroni. Edoardo Amaldi, Enrico Fermi e la famosa scuola di via Panisperna hanno avuto una parte fondamentale nella storia della scoperta di questa energia nucleare. Questo è stato il passo iniziale di una immensa, interessata curiosità umana: studiare nuovi processi di energia nucleare che ci permettano di impiegare altri elementi, oltre al raro uranio 235. Una via recentemente ricordata da Carlo Rubbia, ma che già lui e altri indicarono negli scorsi decenni, è l impiego del torio in luogo dell uranio. È una via possibile che presuppone nuovi reattori nucleari con un potente iniettore iniziale di protoni di alta energia. Questi reattori con torio, sia per la loro minore produzione di scorie sia per la non correlazione con la produzione di armi nucleari, potrebbero essere meno insidiosi di quelli che fanno uso dell uranio. Sarebbe un errore non approfondire negli anni venturi queste ricerche con il torio. Ma c è una via alla quale centinaia di fisici in tutto il mondo si stanno dedicando: la diretta fusione di elementi leggeri in nuclei più pesanti. Non è una situazione concettualmente molto diversa dalla combustione chimica di idrogeno e ossigeno in acqua, ma con l enorme differenza che ogni processo elementare di fusione nucleare mette a nostra disposizione una energia un milione di volte maggiore di una ordinaria reazione chimica. Questa ipotesi è allo studio ma richiede soluzioni tecniche originali e complicate. Essa sta procedendo con qualche incertezza e scetticismo. Non mancano poi tentativi di arrivare a una fusione nucleare fredda. Personalmente non ripongo molta speranza in questa via ma, se realizzata, certo risulterebbe un enorme, definitivo successo. Quindi, riuscire a fondere direttamente i nuclei più leggeri (la fusione nucleare) per cavarne energia è lo sforzo da perseguire nei prossimi decenni, anche perché è ragionevole pensare che la fonte principale di energia fino a oggi utilizzata cioè petrolio, carbone e altri combustibili fossili non sarà sufficiente per rispondere alle esigenze dei prossimi secoli. Inoltre la terra con la sua atmosfera può essere lentamente avvelenata dalle nostre combustioni. L energia solare e l atomo A questo punto è naturale guardare ancora all immensa energia che il sole ci manda e chiederci se non possiamo imbrigliarla in quantità adeguata alle nostre esigenze. Questa domanda, che sollecita la mente umana da molti secoli, è tutt altro che irragionevole: basti pensare che il sole, nelle giornate senza nuvole, manda sulla terra ogni secondo una energia (potenza) pari a circa mille watt per metro quadrato. Questo significa che se potessimo convertirla in forma utile l energia riversata dal sole in un anno su un deserto ampio come la Penisola Arabica è paragonabile a tutta l energia ricavabile dalle nostre riserve di petrolio. L energia solare è quindi una preda ghiotta e gli studi recenti condotti nei Paesi più avanzati ci permettono di sperare in un grande contributo del fotovoltaico per la nostra energia elettrica in ogni uso civile. Ma porre questi progressi del fotovoltaico in opposizione e in alternativa al nucleare è stolto. Le recenti vicende giapponesi hanno di nuovo messo in dubbio la sicurezza delle centrali nucleari, e anche il nostro Paese, che sembrava intenzionato dopo vent anni a riaprirsi alla tecnologia nucleare, ha dichiarato una moratoria sulle nuove centrali; mentre due giganti industriali come la Germania e gli Stati Uniti potrebbero chiudere le centrali esistenti, o decidere di ritardare la costruzione di quelle nuove. Inviterei a riflettere, però, sul fatto che, per mancanza di sufficiente cultura e di studi, non siamo in condizioni oggi, di arrivare a decisioni così definitive. Infatti è ragionevole pensare che, prima o poi, l energia chimica (combustione di petrolio o di carbone) non basterà più, e dovremo guardare inevitabilmente al nucleare. Non sappiamo ancora se e quando arriveremo alla fusione nucleare, ma nel frattempo dobbiamo sfruttare l uranio, o simili nuclei pesanti. Proprio per questo è necessario studiare e capire di più le leggi naturali che governano il mondo in cui viviamo: studiare la terra e i suoi moti, cercare le leggi della fisica e della matematica che regolano la materia, insomma potenziare la nosta cultura scientifica in ogni direzione. Il momento delle scelte definitive è ancora lontano. Curiosità e ricerca Quel che voglio difendere è dunque la catena: curiosità ricerca ri- 30GIORNI N.4/

96 S cienza cerca scientifica trasmissione della cultura scuola e università. Il compito di questa catena è quello di portare il sapere e le capacità umane oltre gli attuali limiti, e quindi a un più elevato e sicuro rapporto con il nostro universo. Abbiamo seguito la storia drammatica, e forse in qualche momento anche assurda, dell università in Italia negli ultimi decenni. Ebbene, io voglio qui ribadire un concetto fondamentale: università e scuola debbono significare la trasmissione e il miglioramento della nostra cultura da una generazione all altra. Se questa catena si interrompe, si perde una generazione ed è una catastrofe immensa. Dobbiamo avere orrore della disoccupazione giovanile e difendere l università al di là dei diversi modelli e modi di azione che ogni Paese ha scelto o sceglierà. La scuola e l università sono un momento fondamentale della nostra vicenda umana, eppure le istituzioni politiche e molti dei nostri intellettuali sembra non l abbiano ancora capito. Il più profondo ammonimento della recente sventura giapponese è che dobbiamo studiare e capire sempre di più il nostro pianeta e continuare le nostre ricerche. I gravi errori che ancora possiamo fare, come nel campo dell energia, devono essere uno stimolo ad aumentare le nostre conoscenze, e un antidoto alla presunzione di saperne abbastanza. Il gruppo di ricercatori del sincrotrone, tra cui Giorgio Salvini, in partenza da Pisa per Roma e Frascati nel 1956 Una linea di azione Dobbiamo lavorare e cercare di capire la natura del mondo in cui viviamo. Nel caso dell energia disponibile all uomo le vie aperte sono tutte valide e difficili. Il dibattito relativo alla costruzione di nuove stazioni eoliche e fotovoltaiche che soddisfino almeno in parte le nostre esigenze è in aumento e la questione invita alla collaborazione e allo scambio internazionali. Quanto alle nuove e sicure centrali nucleari, vedremo come evolverà la discussione mondiale nei prossimi mesi, ma credo che il nucleare da fissione andrà avanti, pur con profonde modifiche e cautele. Saranno vie lunghe e impegnative ma uniranno uomini di razze e nazioni diverse. D altra parte, la risonanza internazionale sui fatti di Fukushima ci fa comprendere che ormai tutti gli uomini del pianeta sanno collaborare tra loro: il Cern, per esempio, è un ottimo esempio di possibile collaborazione mondiale. In conclusione, questa mia nota invita a meditare sulla vicenda giapponese: essa ci indica che non sappiamo ancora controllare le risorse che impieghiamo e gli impianti che realizziamo, ma d altra parte non possiamo rinunciare a essi. Rafforziamo i controlli e, per battere vie nuove, apriamo nuovi laboratori. Attiviamo la fantasia delle nuove generazioni e spieghiamo che nel futuro c è lavoro e impegno per tutti; investiamo sulle scuole e sulle università. Insomma, consideriamo la trasmissione e il miglioramento della nostra cultura da una generazione all altra come un bene fondamentale e inderogabile. q L uomo, un insieme aperto Il cammino e i progressi della fisica dal 1944 a oggi, visti con gli occhi di chi vi ha contribuito in prima persona, accanto ad altri prestigiosi protagonisti. Questo il lettore troverà nel volume autobiografico del professor Giorgio Salvini, nato a Milano nel Docente universitario di Fisica sperimentale, generale e delle particelle elementari, con una lunghissima carriera di ricerca in Italia e allʼestero, è stato presidente dellʼistituto nazionale di fisica nucleare, ministro della Ricerca scientifica e presidente dellʼaccademia dei Lincei. Nella prima parte del libro Salvini ripercorre le proprie esperienze di studio e di lavoro: da giovane maestro elementare a ricercatore di Fisica, dagli studi teorici agli anni del sincrotrone di Frascati (un fiore allʼocchiello della storia della fisica italiana). E poi lʼesperienza del Cern di Ginevra e quella politica. Nella seconda parte, che dà il titolo al libro, Salvini riflette sul senso della ricerca dellʼuomo: sono pagine stimolanti, nelle quali lʼautore delinea ciò che riesce «a credere di libero e aperto», un aggettivo, questʼultimo, tanto importante in matematica quanto nella nostra vicenda umana. Giorgio Salvini, L uomo, un insieme aperto. La mia vita di fisico, Mondadori Sapienza, Milano Roma 2010, 206 pp., euro 16, GIORNI N.4/5-2011

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