NOTAZIONI DIFFERENZIALI IN FISICA

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1 NOTAZIONI IFFERENZIALI IN FISICA Elio Proietti Abstract (Versione agosto 2012) Il tumultuoso sviluppo ed i successi del calcolo differenziale nel Settecento indussero il matematico Jean-Baptiste d Alambert a pronunciare la famosa boutade: Allez en avant, et la foi vous viendra, per giustificare pragmaticamente l uso delle nuove tecniche di calcolo, nonostante l evidente mancanza di rigore logico delle fondazioni. Purtroppo in fisica si sente tuttora parlare di infinitesimi come di quantità infinitamente piccole in modo simile a quello dell analisi matematica del Settecento, con una deplorevole mancanza di rigore formale. E noto a tutti che la matematica ha sostanzialmente rigorizzato nell Ottocento le proprie basi logiche, con l elaborazione dei concetti di funzione e di limite. Parlare di infinitesimi in fisica è formalmente lecito e persino intuitivamente opportuno, a patto che non ci si dimentichi del corretto significato della terminologia e delle notazioni. Il presente articolo riassume alcuni argomenti ben noti dell analisi classica e fornisce anche qualche scarna notizia su alcuni punti di vista più recenti. La sezione intitolata elementi di grandezze integrali espone invece considerazioni piuttosto personali, conformi però alla prassi in fisica. 1 ifferenziali di funzioni. 1 Una funzione R R : y = g(x) si dice infinitesima 1 per x x o se lim x xo g(x) = 0 Lo sviluppo di Taylor di una funzione R R : y = f(x) in un punto x o è: f(x) = f(x o )+f (x o )(x x o )+O[(x x o ) 2 ] (1) y = f (x) x+o[( x) 2 ] (2) Nella seconda espressione si sono introdotte le usuali notazioni delta per gli incrementi della variabili 2 : y = y y o = f(x) f(x o ) x = x x o (3). 2 Si chiama differenziale dy di una funzione y = f(x) il primo termine dello sviluppo di Taylor: dy = f (x) x 1 Quando in fisica si usa il termine infinitesimo bisogna tenere ben presente che si sta semplicemente asserendo che un ben determinato limite è nullo. Se non si è in grado di scrivere esplicitamente il limite in questione, vuol dire che si sta parlando a vanvera! 2 Si è inoltre ridenominato per semplicità x il punto x o al quale è riferito lo sviluppo. 1

2 Per la funzione y = x si ha f (x) = 1, risulta cioè: dy = dx = 1 x. Pertanto per la variabile indipendente x la notazione incrementale x e quella differenziale dx sono formalmente equivalenti: dx = x = x x 0 (4) e la definizione del differenziale assume la classica forma 3 : dy = f (x)dx (5) Per la variabile dipendente y l incremento y differisce dal differenziale dy per infinitesimi d ordine superiore: y = dy +O[(dx) 2 ] (6) y y=f(x) P t P dy y O dx x x Il differenziale dy è per definizione una funzione lineare del differenziale dx ed è quindi corretto 4 asserire che dy è infinitesimo per dx 0. La trattazione svolta si estende facilmente alle funzioni di più variabili.. 3 Il differenziale dy di una funzionedinvariabili R n R : y = f(x 1,x 2...x n ) è il primo termine dello sviluppo di Taylor: y = dy +O[dr 2 ] dy = f x 1 dx 1 + f x 2 dx f x n dx n (7) Anche qui il differenziale dy è una funzione lineare (infinitesima) degli incrementi delle variabili dx 1,dx 2...dx n. 3 Questa scrittura è valida anche se la variabile x non è indipendente; invero se fosse x = g(u) si avrebbe dx = g (u)du e per la regola di derivazione delle funzioni composte risulta proprio: dy = df[g(u)] = [f (x)g (u)]du = f (x)[g (u)du] = f (x)dx 4 Sarebbe invece improprio chiamare infinitesimo l incremento dx = x qualora x sia una variabile indipendente (e pertanto non argomento di un limite). 2

3 2 Elementi di grandezze integrali Quanto precedentemente esposto può essere riformulato dicendo che si chiama differenziale dy di una funzione y = f(x) nel punto x l espressione: dy = h(x)dx ove: dy dx = h(x) = y y (x) = lim x 0 x y = h(x)dx (8) L integrale scritto è ovviamente di tipo indefinito. In questa sezione si fa notare che le notazioni differenziali sono di fatto usate in fisica anche in relazione ad operazioni di integrazione definita. 2.1 Volume (o estensione) di un dominio L estensione (volume, area ecc.) di una regione finita appartenente ad una varietà differenziale ad m dimensioni è calcolata dall integrale: V = g µν du 1 du 2...du m (9) L elemento di volume dv definito dalla formula 5 : dv = g µν du 1 du 2...du m (10) rappresenta il volume di un parallelepipedo m-dimensionale 6. Esempio 1 Nello spazio tridimensionale classico ed in coordinate cartesiane ortogonali, le formule suddette assumono la semplice forma: V = dxdydz dv = dxdydz Esempio 2 Una superficie curva immersa nello spazio classico sia rappresentata parametricamente dalle equazioni: x = x(u,v) y = y(u,v) z = z(u,v) Il tensore metrico di tale varietà differenziale bidimensionale è: ( ) 2 ( ) 2 ( ) 2 x y z g 11 (u,v) = + + u u u g 12 (u,v) = g 21 (u,v) = x x u v + y y u v + z z u v ( ) 2 ( ) 2 ( ) 2 x y z g 22 (u,v) = + + v v v L elemento di superficie ds si scrive dunque nella nota forma: ds = detg rs (u,v) dudv = g 11 g 22 g12 2 dudv 5 Cfr. ad es. la monografia privata Tensori. 6 In uno spazio vettoriale metrico ad m-dimensioni sia g µν il tensore metrico riferito ai vettori base u 1,u 2,...u m. La formula (10) fornisce il volume (finito) dv di un parallelepipedo avente per spigoli i vettori du 1 u 1,du 2 u 2,...du m u m. 3

4 2.2 Grandezze specifiche Molte grandezze fisiche sono additive ossia sono esprimibili matematicamente tramite un integrale esteso ad un dominio (m-dimensionale): G = hdv = h(u 1,u 2...u m ) g µν du 1 du 2...du m (11) Supposta la funzione h(u 1,u 2...u m ) continua, per il teorema del valor medio si può asserire che: G = h(u 1 o...um o ) V ove V è l estensione del dominio e la funzione integranda h è valutata in un punto opportuno P o del dominio stesso, ove essa assume il suo valore medio, pari al rapporto tra la grandezza G e l estensione V del dominio considerato: h(u 1 o...um o ) = h medio = G V La funzione integranda h è detta grandezza specifica associata alla grandezza additiva G 7 ; essa è un campo, il cui valore in un punto generico P si può ottenere considerando come dominio un intorno di P e facendo poi tendere a zero il raggio dell intorno stesso: G h = lim 0 V. 4 Si chiama elemento dg della grandezza G nel punto P l espresione: dg = hdv ove: dg dv = h = lim G 0 V G = hdv (12) L analogia formale tra la definizione dei differenziali (legata all integrazione indefinita) e la definizione degli elementi (legata all integrazione definita,) appare evidente. Mentre nella (8) il fattore h(x) è il limite del rapporto incrementale di una funzione y = f(x), nella (12) il fattore g(p) è il limite del rapporto di due grandezze funzionali G, V associate ad un medesimo dominio (intorno di P). Esempio 3 Carica q distribuita su una superficie e densità superficiale di carica σ: dq = σds σ = dq ds = lim q q = σds = g 11 g 22 g S dudv 2.3 Altri esempi di elementi di grandezze La nozione di elemento e la relativa notazione pseudo-differenziale sono usate anche in altre situazioni sempre connesse all integrazione definita. La notazione va usata esclusivamente per gli incrementi di una grandezza 8. 7 Alcuni esempi di grandezze additive associate ad un sistema-dominio sono: massa, carica elettrica, energia interna, entropia ecc. Le corrispondenti grandezze specifiche sono: massa volumica, densità di carica (spaziale, superficiale, lineare), energia interna specifica, entropia specifica ecc. 8 Non sempre questa regola viene rispettata, ma tale licenza formale è deprecabile. 4

5 Esempio 4 Il 1 principio della termodinamica viene spesso scritto in forma differenziale : dq dl = du (13a) L energia interna U è una funzione di stato, dipendente da un opportuno set di variabili di stato, quindi du è un comune differenziale di funzione, ossia è un cosidetto differenziale esatto. Invece dq è un elemento di calore (ricevuto dal sistema), dl è un elemento di lavoro (compiuto dal sistema). La (13a) va integrata alla Riemann su una trasformazione A B: dq dl = du alias: Q AB L AB = U B U A = U (13b) Per sistemi semplici (gas ecc.) descritti dalle variabili di stato (p,v,t) (fra loro dipendenti secondo una determinata equazione di stato), lo stato di equilibrio termodinamico è descritto da una coppia di variabili indipendenti, ad esempio (T, V), sicchè si può scrivere: du = du(t,v) = U U T dt + V dv Per una trasformazione A B quasi stazionaria rappresentabile nel piano (p,v) si ha poi: dl = pdv (con p = p(v) equazione della curva di trasformazione) La relazione (13a) assume la forma: dq = du +pdv = U T dt + ( U V +p ) dv U T = C V La funzione C V (T,V) é detta capacità termica a volume costante. Per un isocora risulta: (13c) dq = C V dt ossia per integrazione definita: Q AB = TB T A C V dt (13d) Esempio 5 La capacità termica C di un corpo è il rapporto tra il calore Q AB fornito ad esso durante una trasformazione A B e la variazione di temperatura T = T B T A che ne deriva: C medio = Q AB T B T A = Q T dq = CdT ove: dq dt = C = lim Q T 0 T Q C = lim T 0 T = dq dt Q AB = CdT 3 Forme differenziali in geometria differenziale (14a) (14b) La geometria differenziale moderna definisce le 1-forme differenziali come elementi dello spazio vettoriale cotangente relativo ad un punto P di una varietà differenziale, ossia come funzioni lineari agenti sugli elementi dello spazio vettoriale tangente alla varietà in P. L argomento va oltre alle finalità della presente trattazione; esso è ampliamente trattato da qualsiasi libro moderno di geometria differenziale 9. 4 Analisi non standard Nel 1966 Abraham Robinson propose una rifondazione dell analisi matematica in grado di recuperare (con il dovuto rigore) il concetto di infinitesimo, secondo un impostazione che ricalca grossomodo quella storica di Leibniz 10. Questa concezione dei differenziali è segnalata qui per completezza e per curiosità, non essendo mai entrata davvero nell uso comune. 9 Oppure dalla già citata monografia privata Tensori. 10 Abraham Robinson - Non-standard analysis - Princeton University Press. Per una breve introduzione consultare non standard 5

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