Modulo DISPOSITIVI DI SICUREZZA E RIVELAZIONE
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1 Facoltà di Ingegneria Master in Sicurezza e Protezione Modulo DISPOSITIVI DI SICUREZZA E RIVELAZIONE IMPIANTI DI RIVELAZIONE INCENDI Docente Fabio Garzia Ingegneria della Sicurezza w3.uniroma1.it/sicurezza w3.uniroma1.it/garzia fabio.garzia@uniroma1.it
2 FINALITA' Lo scopo di un sistema di rivelazione automatica d incendio è quello di rivelare l incendio nel minor tempo possibile e di dare un allarme, cosicché interventi appropriati possano avvenire (sfollamento degli occupanti, avviso dei Vigili del Fuoco, azionamento automatico dei sistemi di spegnimento). La segnalazione di allarme deve essere data in modo visibile e udibile nell area sorvegliata o nelle sue immediate vicinanze e deve permettere la rapida e precisa identificazione dell area di pericolo. La normativa tecnica, riguardante la progettazione, l installazione e l esercizio dei sistemi fissi di rivelazione e segnalazione incendi e dei loro componenti è fondamentalmente costituita dalle norme UNI 9795 e UNI EN 54.
3 COMPOSIZIONE IMPIANTO
4 FASI DI SVILUPPO DELL INCENDIO Ogni tipo di fuoco produce, sia pure in maniera diversa e in tempi diversi, fumi, radiazioni luminose e calore. Tali elementi possono comunque essere prodotti da fonti differenti dal fuoco. L incendio può avere immediatamente uno sviluppo violento oppure attraversare alcune fasi di graduale evoluzione prima di svilupparsi in modo violento, in funzione del tipo di combustibile. Nel caso di gas combustibili e di liquidi o solidi infiammabili, che si sono al di sopra del loro punto di infiammabilità, se la miscela combustibile-aria si trova entro il campo di infiammabilità l incendio ha luogo immediatamente con sviluppo di fiamme. I materiali solidi quali legno, rivestimenti di cavi elettrici, fibre tessili, legno, imballaggi, materie plastiche, gomma, ecc., posti a contatto con una fonte di accensione di sufficiente energia, passano attraverso varie fasi via via che la temperatura aumenta.
5 TIPI DI RIVELATORI DI INCENDIO FENOMENO RIVELATO 1) Rivelatori termici; 2) Rivelatori di fumo; 3) Rivelatori di fiamma; 4) Rivelatori di gas. METODO DI RISPOSTA 1) Rivelatore statico (intervento se la temperatura supera un certo valore per un tempo sufficiente); 2) Rivelatore differenziale (allarme se la differenza tra due grandezze del fenomeno misurato in due o più luoghi supera un certo valore per un tempo sufficiente); 3) Rivelatore velocimetrico (allarme quando la rapidità di cambiamento del fenomeno misurato nel tempo supera un certo valore per un tempo sufficiente). CONFIGURAZIONE DEL RIVELATORE 1) Rivelatore puntiforme; 2) Rivelatore a punti multipli; 3) Rivelatore lineare. Esistono anche classificazioni che riguardano la possibilità di riarmare i rivelatori dopo l intervento e le possibilità di smontaggio per controllo e manutenzione.
6 RIVELATORI TERMICI Sono rivelatori sensibili all aumento di temperatura. Ad elemento fusibile: la fusione dell elemento sensibile composto da leghe eutettiche (che viene fissata dai 57 C in su) libera l orifizio di una tubazione di piccolo diametro che contiene gas compresso o aziona un interruttore elettrico. A bulbo di vetro: Analogo al sistema precedente ma utilizza la dilatazione di un liquido per la rottura del bulbo. A filo continuo: costituiti da una coppia di fili di acciaio separati da guaine isolanti termoplastiche, complessivamente racchiusi in una guaina protettiva esterna. Ad elemento bimetallico: costituito da un elemento bimetallico con differenti coefficienti di dilatazione termica: scaldandosi si deforma aprendo o chiudendo un contatto elettrico. Elettronici: termovelocimetrici, statico-velocimetrici.
7 RIVELATORI DI FUMO A camera di ionizzazione: sensibili agli aerosol invisibili e visibili (0,01 1 µm), si basano sulla capacità dei gas ionizzati di condurre elettricità quando vengono posti in un campo elettrico. Per aumentare la precisione si utilizzano due camere: una sigillata di riferimento e una aperta per la misura. L isotopo radioattivo maggiormente utilizzato è l americio 241. L attività globale della sorgente sigillata non deve superare i 20 µci (microcurie). Ottici: sono sensibili alle particelle di fumo con diametro superiore a 0,25 µm e presentano una maggiore sensibilità rispetto ai rivelatori precedenti per particelle di diametro superiore a 0,4 µm.
8 RIVELATORI DI FUMO Ottici ad attenuazione di luce: utilizzano l effetto di attenuazione della luce provocata dalle particelle solide o liquide sospese nell aria. Possono essere del tipo lineare o puntiforme. I rivelatori del tipo lineare sono costituiti da: 1) sorgente luminosa o IR continua o a impulsi di potenza opportuna; 2) sistema ottico di collimazione del fascio luminoso o IR; 3) fotorivelatore. La sorgente viene posizionata ad una estremità dell area protetta mentre il fotorivelatore all estremità opposta. I rivelatori di 1) sorgente luminosa o IR continua o a impulsi di potenza opportuna; 2) sistema ottico; 3) camera di rivelazione e camera di riferimento sigillata; 4) doppio fotorivelatore (uno per ciascuna camera).
9 RIVELATORI DI FUMO Ottici a diffusione di luce: utilizzano l effetto di diffusione laterale della luce provocata dalle particelle solide o liquide sospese nell aria (effetto Tyndall). I rivelatori ottici a diffusione sono costituiti da: 1) camera di comunicazione con l atmosfera ambiente per mezzo di aperture che non consentono l ingresso della luce dall esterno; 2) sorgente luminosa o IR di potenza opportuna (LED); 3) sistema ottico di collimazione che indirizza il fascio su di una superficie opposta che assorbe la luce; 4) un tubo derivato dalla camera con un opportuno angolo rispetto alla direzione del fascio in fondo al quale è posizionato un fotorivelatore. In presenza di fumo parte della luce viene diffusa nel tubo e rivelata dal fotorivelatore che genera un allarme.
10 RIVELATORI DI FIAMMA I rivelatori di fiamma sono dispositivi sensibili alle radiazioni elettromagnetiche prodotte sia da fiamme che da corpi incandescenti. A raggi infrarossi: costituiti da un sistema di filtri e lenti che eliminano le radiazioni di lunghezza d onda non desiderate e focalizzano l energia elettromagnetica su di un fotorivelatore opportuno. Rispondono soltanto alla radiazione IR della fiamma che può sfarfallare ad una frequenza tipica compresa tra 5 e 30 Hz. A raggi ultravioletti: costituiti da sensori insensibili alla radiazione UV prodotta dal sole o dalle sorgenti artificiali ma purtroppo sensibili alla radiazione UV prodotta da saldatori ad arco o da comuni archi elettrici. Sono per lo più sensori allo stato solido composti da carburo di silicio o nitruro di alluminio o da tubi a gas.
11 UTILIZZO DEI RIVELATORI A bulbo di vetro o fusibile: impianti petroliferi, di raffinazione, installazioni non presidiate all aperto. A camera di ionizzazione: cabine elettriche, sale quadri, cunicoli di cavi, sistemi di elaborazione dati, centrali di telecomunicazione. Ottici: utilizzi analoghi ai sensori a camera di ionizzazione e spesso insieme ad essi. I sensori di tipo lineare vengono utilizzati per il controllo degli incendi di vaste aree ove sono presenti materiali che possono produrre fumi. Rivelatori IR o UV: per il controllo di aree e macchinari sia all interno che all esterno in quanto non influenzati dal movimento dell aria al contrario delle due famiglie precedenti. Manuali: in tutti i casi in cui viene installato un sistema automatico di rivelazione incendi. Possono essere a leva o a pulsante e sono protetti da contro l azionamento accidentale, i danni meccanici e la corrosione.
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