Università La Sapienza Roma 29 maggio Giuliano Cazzola Un sistema pensionistico aperto al futuro
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- Fabia Di Mauro
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1 Università La Sapienza Roma 29 maggio 2014 Giuliano Cazzola Un sistema pensionistico aperto al futuro
2 Le principali leggi di riforma Dal dopoguerra ad oggi vi sono stati soltanto due leggi di riforma del sistema pensionistico caratterizzate se non proprio da una visione, almeno da un progetto. La prima è stata la legge n.153 del 1969 che ha istituito quell ordinamento pensionistico che la seconda (legge n. 335 del 1995, riforma Dini-Treu) ha modificato in maniera profonda seppur assumendo una transizione troppo lunga per essere ritenuta adeguata ed equa sul piano intergenerazionale.
3 Legge n.153 del 1969 La legge (delega) del 1969, introducendo il modello retributivo (il c.d. aggancio alla retribuzione, come si diceva a quei tempi) e prendendo per giunta a riferimento la retribuzione pensionabile degli ultimi tre (poi divenuti cinque) anni di lavoro, tendeva, in via di principio, a garantire ai pensionati un trattamento equipollente al livello di retribuzione o di reddito (perché nel 1990 i medesimi criteri vennero applicati anche ai lavoratori autonomi) raggiunto alla fine della vita attiva.
4 Il sistema retributivo Gli anni di lavoro precedenti gli ultimi tre, poi divenuti cinque, servivano soltanto a determinare, a prescindere dai contributi versati, l anzianità di servizio, allo scopo di calcolare l importo della pensione (che nel pubblico impiego, addirittura, era equivalente all ultimo stipendio percepito) secondo la seguente formula vigente nel settore privato: 2% x n = % della retribuzione pensionabile degli ultimi anni di lavoro. Il 2% rappresentava il rendimento per ogni anno di servizio, n il numero degli anni: il che dava modo di percepire, al massimo, l 80% con 40 anni di assicurazione ( o, in proporzione, meno a seconda del numero degli anni lavorativi).
5 Il pensionamento anticipato di anzianità A queste regole si aggiunsero le pensioni di anzianità che consentivano l accesso alla quiescenza sulla base di un requisito contributivo pari a 35 anni (20 o 25 o ancora meno nel Pubblico impiego) a prescindere dall età anagrafica, allo scopo di risarcire così i c.d. lavoratori precoci, arruolati in giovane età nei ranghi della società industriale.
6 La riforma Dini (legge n.335/1995) La riforma del 1995 si fece carico di superare lo squilibrio determinato dal sistema retributivo che, in sostanza, a fronte anche dell incremento dell attesa di vita, tendeva a regalare ai pensionati un certo numero di anni di prestazioni non coperti dal montante contributivo.
7 Il calcolo contributivo Adottando il calcolo contributivo (il montante su cui calcolare il trattamento è dato dalla somma degli accrediti annuali, rivalutati sulla base del pil nominale, moltiplicato per i coefficienti di trasformazione ragguagliati all età di pensionamento all interno di un rang flessibile) si è ristabilito un sinallagma tra contributi versati e prestazione, ma lo si è fatto soltanto a partire dai nuovi assunti dal 1996, mentre chi aveva, prima di quella data, almeno 18 anni di anzianità è rimasto interamente all interno del meccanismo retributivo; gli altri sono inclusi nel sistema misto con il criterio del pro rata, fino a quando dopo la riforma Fornero il calcolo contributivo è stato esteso pro rata a tutti a partire dal 2012.
8 I difetti della legge n.335/1995 Il principale difetto della legge n. 335 del 1995 (la riforma Dini) consiste proprio nell aver scaricato l equilibrio del sistema sui futuri pensionati, salvaguardando, soprattutto sull aspetto-chiave, dell età pensionabile, il più possibile gli occupati più anziani. Questa impostazione veniva giustificata con l alibi della previdenza complementare. Il giovane si diceva andrà in pensione a suo tempo con un tasso di sostituzione più basso? Nessun problema si aggiungeva - Perché potrà iscriversi ad un fondo pensione e colmare così il differenziale nel trattamento pensionistico.
9 La base economica Salvo dover constatare, ad anni di distanza, che l aliquota obbligatoria del 33% per i lavoratori dipendenti (anche quelle dei parasubordinati e degli autonomi sono in crescita) non consente di avere un adeguata base economica per la previdenza complementare, soprattutto per i giovani. L assunzione del tfr come principale fonte di finanziamento delle forme di previdenza complementare è rappresentativa dei soggetti presi a riferimento.
10 Gli interventi correttivi Le successive riforme hanno cercato, non a caso, di rendere più breve ed equa la transizione, anche per ottenere dal sistema pensionistico un contributo al risanamento di quei conti pubblici che in grande misura ha contribuito a destabilizzare. Il sistema ha trovato uniformità rispetto all AGO, ma attraverso scelte che estendevano questo regime ad altre figure sociali, più che ripensarne uno nuovo. Da ultimo anche gli enti strumentali sono stati incorporati nell INPS (la contraddizione con le casse privatizzate).
11 Il limite di fondo Il modello prefigurato dalla riforma Dini e dagli aggiustamenti successivi è figlio di un progetto che ha ancora la testa rivolta all indietro, nel senso che non si pone l obiettivo di come garantire ai lavoratori giovani di oggi chiamati per decenni a versare un terzo del loro reddito per finanziare le pensioni in essere, poiché il sistema resta a ripartizione un trattamento <adeguato> come previsto dall articolo 38 della Costituzione.
12 Il problema non è di per sé il calcolo contributivo L incerta prospettiva pensionistica dei giovani non deriva dalle regole dell accreditamento dei contributi e dal meccanismo di calcolo della prestazione, ma dalla loro condizione occupazionale precaria e saltuaria durante la vita lavorativa. Una carriera contraddistinta da un accesso tardivo al lavoro, da rapporti interrotti e discontinui (senza potersi giovare, inoltre, di un adeguato sistema di ammortizzatori sociali che unisca tra di loro i differenti periodi lavorativi, magari contraddistinti da rapporti regolati da regimi differenti) finirà per influire negativamente anche sulla pensione.
13 Prendere atto della nuova realtà del mercato del lavoro Occorre migliorare, nel senso di una maggiore uniformità, le tutele durante la vita lavorativa (riforma ammortizzatori sociali) ma nessuno può illudersi che si possa tornare ad una generalità di lavoro dipendente stabile; e quindi di poter salvare la pensione di domani attraverso l imposizione forzosa dei rapporti di lavoro standard, oggi.
14 Un disegno comune per le politiche attive del lavoro e la previdenza Bisogna mettere in sinergia le politiche a favore dell occupazione dei giovani con un riordino del sistema pensionistico che abbia lo sguardo rivolto in avanti e cioè ad un modello che sia in grado di tutelare, al momento della quiescenza, il lavoro di oggi e di domani in tutte le sue peculiarità e differenze rispetto al passato.
15 I capisaldi della proposta 1) le nuove regole dovrebbero valere solo per i nuovi assunti e nuovi occupati (quindi per i giovani); si ipotizzano a regime 400mila all anno circa. 2) i versamenti sarebbero effettuati sulla base d un aliquota uniforme e pari al 24-25% - per dipendenti, autonomi e parasubordinati (si può valutare una limitata gradualità nell operazione) dando luogo ad una pensione obbligatoria di natura contributiva; 3) sarebbe istituito per questi lavoratori un trattamento di base, ragguagliato all importo dell assegno sociale e finanziato dalla fiscalità generale che faccia, a suo tempo, da zoccolo per la pensione contributiva o svolga il ruolo di reddito minimo per chi non ha potuto assicurarsi un trattamento pensionistico.
16 Considerazioni La proposta andrebbe attentamente approfondita, nel suo insieme, soprattutto sul piano dei costi, che sarebbero comunque inferiori a quelli teoricamente ipotizzati nei piani correnti (es. incentivi alle assunzioni). Essa realizzerebbe, stabilmente, una convenienza ad effettuare nuove assunzioni grazie alla previsione di un aliquota contributiva per le imprese più ridotta di ben 8-9 punti (e quindi grazie alla diminuzione del costo del lavoro), la cui unificazione al ribasso aiuterebbe a rendere <neutrale>, almeno dal punto di vista pensionistico, la tipologia scelta per il contratto di assunzione. La pensione di base compenserebbe, per i lavoratori, i minori accreditamenti secondo il modello contributivo. Nel definire i parametri occorrerà prestare attenzione a che la somma tra pensione di base e pensione contributiva non determinino un tasso di sostituzione più elevato di quello derivante dal vecchio metodo.
17 Pensioni c.d. d oro 1. Il contributo di solidarietà come misura temporanea, equitativa; 2. Interventi strutturali: - la dinamica di adeguamento al costo della vita; - la revisione in decrescita dell aliquota di rendimento nel calcolo contributivo.
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