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1 Cooperazione e immigrati: una possibile via alla internazionalizzazione solidale Con il contributo di

2 INTRODUZIONE p. 3 PARTE PRIMA Popolazione immigrata in Italia p. 4 Partecipazione nell associazionismo italiano p. 7 Partecipazione della popolazione immigrata nell imprenditoria italiana Partecipazione della popolazione immigrata nel cooperativismo italiano Processo di internazionalizzazione dell economia italiana p. 11 p. 16 p. 19 PARTE SECONDA Popolazione immigrata nella Provincia di Bologna p. 22 nell associazionismo bolognese p. 22 nell economia bolognese p. 23 nell imprenditoria bolognese p. 27 nel cooperativismo bolognese p. 30 PARTE TERZA Cooperative d immigrati nella Provincia di Bologna p. 32 Analisi dei dati camerali p. 32 Interviste imprenditori schede su alcune cooperative scelte p. 39 CONCLUSIONI p. 43 Bibliografia p. 45 Glossario p. 47 2

3 INTRODUZIONE La presente analisi intende comprendere i rapporti tra l imprenditorialità immigrata, in particolare quella all interno delle cooperative, e l internazionalizzazione, in quanto via allo sviluppo alla crescita del modello produttivo italiano, tutto ciò nel contesto della Provincia di Bologna. Gli immigrati all interno del sistema produttivo non solo costituiscono degli ammortizzatori agli squilibri a cui le aziende italiane devono fare fronte, ma anche potenziali soggetti attivi e canali privilegiati per l avvio all internazionalizzazione del made in Italy. Ricercati documenti sui dati relativi alla partecipazione degli immigrati nelle cooperative a livello nazionale e regionale (in quanto soci, utenti e imprenditori), si è giunti alla creazione di un quadro capace di definire l attuale partecipazione degli immigrati alla vita imprenditoriale delle cooperative con sede nella Provincia di Bologna e quali sono le prospettiva d internazionalizzazione che tale partecipazione porta con se all interno del sistema produttivo provinciale. L indagine si è concentrata in primis sulla presenza di immigrati in quanto Amministratori delle cooperative con sede nella provincia, quindi quantificate le cooperative in Provincia con almeno un straniero nel CdA delle cooperative registrate presso la Camera di Commercio di Bologna; sono poi stati estrapolati i dati in grado di fornire una descrizione sulle caratteristiche delle cooperative in cui la partecipazione degli immigrati nella loro gestione sia rilevante. L indagine è stata circoscritta ai dati forniti dalla Camera di Commercio di Bologna all agosto 2008, seguita da una ricerca di tipo documentaria e bibliografica che potesse delineare i confini socio-economici in cui queste realtà sono inserite. L archivio camerale sebbene ha costituito una fonte ricca di dati per i nostri obiettivi di studio, ha presentato anche alcuni limite, poichè gli Amministratori individuati sono stati selezionati in funzione del loro paese di nascita e non in funzione della loro cittadinanza. Inoltre, dai dati forniti, non è possibile verificare il reale stato di attività della cooperativa. Da ultimo, essendo la prima rilevazione di questo tipo, manca un elemento di confronto per valutare la dinamica del fenomeno (il dato è tuttavia per sua natura oggettivamente complesso) e i cambiamenti cui le cooperative sono esposte. 3

4 PARTE PRIMA Popolazione immigrata in Italia I migranti sarebbero coloro che, per il solo fatto di esistere tra noi, ci costringono a rivelare chi siamo: nei discorsi che facciamo, nel sapere che produciamo, nell identità politica che rivendichiamo. L immigrazione è capace di rivelare la natura della società d accoglienza. (Nadia GALLI, a proposito della funzione specchio dell immigrazione definita da Sayad. 2005) Si parla della funzione specchio dell immigrazione, cioè dell occasione privilegiata che essa costituisce per rendere palese ciò che è latente nella costituzione e nel funzionamento di un ordine sociale, per smascherare ciò che è mascherato, per rivelare ciò che si ha interesse a ignorare e lasciare in uno stato di innocenza o ignoranza sociale, per portare alla luce o ingrandire ciò che abitualmente è nascosto nell inconscio sociale ed è perciò votato a rimanere nell ombra, allo stato segreto o non pensato sociale. (SAYAD, 1996) Dal 1970 ad oggi si è osservato un aumento di ben 25 volte, facendo così dell immigrazione uno degli aspetti più rilevanti della società italiana (CARITAS, pag. 87) Una delle realtà che ad oggi interessano maggiormente l Italia per le sue ricadute in termini economici e sociali è certamente il fenomeno dell immigrazione. In Italia questo fenomeno ha avuto tassi di crescita un tempo impensabili. Alla fine degli anni 80 l Italia registrava un numero modesto d immigrati rispetto agli altri paesi europei. In questi ultimi anni si è verificata tuttavia un imprevista inversione di rotta che ha fatto balzare il nostro paese non solo al vertice dei paesi europei con più alto tasso di crescita dell immigrazione, ma ai primi posti a livello mondiale tra i paesi industrializzati. Se infatti nel 1987 gli immigrati presenti in Italia erano circa mezzo milione, nel 1997 la loro entità superava già il milione di presenze e nel 2004, a meno di 10 anni di distanza, era già raddoppiata superando i due milioni. Così, alla fine del 2006, gli stranieri in Italia sono arrivati a , con un aumento, secondo dati raccolti dalla CARITAS Dossier 2007, del 21,6% rispetto all anno precedente. Oggi il paese verifica una rilevante presenza d immigrati, in costante aumento, che in pochi anni si è radicata sul territorio. 4

5 Come è già stato segnalato da alcuni esperti, l incremento della popolazione immigrata in Italia ha una forte connotazione strutturale. Una serie di fattori hanno reso infatti l immigrazione un fenomeno radicato e sopratutto indispensabile all Italia. Tra le cause: il "persistente fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva che anno dopo anno le aziende italiane richiedono, la normalizzazione demografica (cioè l equivalenza numerica dei due sessi, con prevalenza dei coniugati sui celibi e sui nubili ed l elevata incidenza dei minori), la crescente tendenza alla stabilità, il ritmo d aumento sostenuto, la provenienza da una molteplicità di paesi (policentrismo), la distribuzione differenziata ma diffusa su tutto il territorio nazionale e la crescente esigenza di spazi adeguati di partecipazione (CARITAS,Dossier pag. 90). Questo quindi non fa che confermare la tendenza alla strutturalità del fenomeno migratorio nel nostro paese, le cui caratteristiche salienti toccano vari aspetti. Innanzitutto, l immigrazione italiana è contraddistinta da una spiccata eterogeneità dei paesi di provenienza degli immigrati. La maggior parte proviene dall Europa dal momento che su 10 immigrati 5 provengono dall Est Europa. Non mancano però immigrati provenienti dall Africa, dall America Latina e dall Asia. A livello sociale, i migranti hanno consentito di invertire un andamento demografico in declino. E noto infatti come alle elevate aspettative di vita del Vecchio continente non corrispondano adeguati livelli di fertilità in grado di sostenerli. Questo andamento è destinato a determinare, nel lungo periodo, la progressiva diminuzione della popolazione attiva e infine il decremento della popolazione europea. In questo scenario demografico, in Italia come nel resto d Europa, il saldo migratorio positivo ha garantito l incremento demografico della popolazione autoctona. I bambini di origine straniera hanno poi assunto un peso rilevante, a livello demografico, sia sui minori autoctoni sia sulla popolazione in generale. I cambiamenti apportati dagli immigrati sull andamento demografico hanno avuto ripercussioni anche in altri contesti: i migranti hanno consentito sì, di invertire un andamento demografico in declino, ma anche di ricoprire posti di lavoro che non trovavano la disponibilità dei cittadini italiani. Ancora più importante, sul versante occupazionale, è il fatto che gli immigrati, con il loro lavoro e i loro contributi, innalzano il livello previdenziale rendendo meno critica la redistribuzione delle pensioni. Inoltre, i cittadini migranti in Italia acquisiscono un peso rilevante anche per l economia nazionale. Si è stimato infatti che la popolazione migrante in Italia assicura all economia italiana una quota del 6,1% del Prodotto Interno Lordo italiano e quasi 2 milioni e 300 mila dichiarazioni dei redditi (quattro quinti degli stranieri presenti) con il pagamento di 1,87 miliardi di euro di tasse. Anche nel mercato del lavoro la partecipazione della popolazione straniera è elevata, ma con un differenziale particolarmente ampio nell incidenza dell occupazione. 5

6 Il tasso di attività degli immigrati è pari al 73,7% e supera quello della popolazione italiana di circa 12 punti percentuali: questo vantaggio coinvolge sia gli uomini che le donne straniere, ad eccezione della popolazione femminile del Nord Ovest il cui il tasso d attività è inferiore a quello registrato dalle italiane. Il maggiore coinvolgimento della popolazione maschile straniera nell occupazione, rilevato dalle differenze dei tassi di attività, mette in risalto il ruolo centrale che ha il lavoro nei processi migratori in Italia. Il tasso di occupazione della componente femminile straniera è caratterizzato invece da una forte variabilità territoriale e, in misura maggiore, dalle stesse difficoltà riscontrate dalle donne italiane nell inserimento lavorativo. Per quanto riguarda l incidenza della disoccupazione, il divario tra italiani e stranieri è meno significativo. Nel 2006, infatti, il tasso di disoccupazione dei cittadini stranieri raggiungeva l 8,6%, solo due punti percentuali in più rispetto a quello degli italiani. Rilevante è invece la differenza tra la disoccupazione femminile straniera e quella italiana. Infatti, per le donne straniere si registra un differenziale del 13,4% contro l 8,5% delle donne italiane. Questo dato, che è in linea con i dati registrati in tanti altri paesi europei e mondiali, rivela la doppia discriminazione a cui le donne migranti sono esposte come tali. Il contributo degli immigrati all economia dell Italia è dato per la maggior parte da lavoratori giovani impiegati in professioni a bassa specializzazione ad alto grado di precarietà e con paghe inferiori al resto della popolazione. La quota degli occupati stranieri di età inferiore ai 45 anni è pari a circa l 80% del totale della popolazione straniera occupata. Quasi 3 stranieri su 4 sono operai che svolgono un lavoro non qualificato e rappresentano il 30% del totale degli operai non qualificati, a fronte dell elevato grado d istruzione che gran parte della popolazione straniera residente in Italia ha portato con sé al suo arrivo. Secondo dati raccolti nel 2004 dall Inps, i lavoratori non comunitari iscritti all istituto di previdenza e occupati come dipendenti di aziende percepivano una retribuzione media inferiore del 37% rispetto a quella percepita dagli altri lavoratori iscritti. Questo dato si abbassa ulteriormente nel caso delle donne straniere nello svolgere il lavoro domestico e degli addetti in determinati settori produttivi quale il lavoro agricolo. Infatti, le donne nel corso del 2004 hanno percepito in media il 41,2% in meno rispetto agli uomini stranieri. Nonostante questi dati testimonino una situazione lavorativa, e quindi economica, certamente non agiata per i lavoratori migranti è stata comunque riscontrata da parte loro una domanda di beni di consumo considerevole che manifesta, in riferimento al target dei consumatori stranieri, stili di spesa sempre più differenziati, in costante cambiamento ed evoluzione. 6

7 Al riguardo, anche il livello di bancarizzazione di una parte delle famiglie straniere è apprezzabile in quanto dispone di un conto corrente bancario o postale e di una carta bancomat, utilizza frequentemente e senza problemi i servizi bancari, ha sottoscritto un contratto di credito al consumo ed avuto ha acceso ad un mutuo per l acquisto della casa 1. Secondo dati recenti raccolti anche dalla Caritas, uno straniero su 2 ha il conto in una banca italiana e 560 mila dei 3 milioni di regolari in Italia sono proprietari della casa in cui abitano. A tutto ciò si aggiunge la voglia di fare impresa da parte degli immigrati, comprovata in questi ultimi anni dalla nascita di imprese a titolarità straniera e dalla diffusa presenza di lavoratori stranieri nel sistema delle cooperative, in particolare nella veste di soci. Partecipazione nell associazionismo italiano Si afferma che il comportamento economico sia influenzato dalle relazioni sociali, dalle cosiddetti reti sociali definite da Alejandro Portes. E la nuova sociologia dell economia quella che permette di dare una spiegazione non determinista e isolata all imprenditoria migrante, in particolare modo attraverso il concetto di embeddedness definito da Portes e altri 2. In questo senso, le reti migratorie non sono solo quelle costruite per mezzo dei rapporti familiari e di amicizia, o quelle etniche ma anche quelle nate tramite il coinvolgimento in associazioni, enti ed istituzioni. L imprenditoria migrante e l inserimento economico degli immigrati, in questo modo, non è qualcosa di diverso del sistema economico in cui operano. Gli strumenti d analisi, tuttavia, non sono solo quelli dell economia classica, poiché le questioni sociali, le reti sociali influenzano i comportamento economici dei migranti. Come segnala Barberis la spiegazione dell imprenditoria verrà dunque ricercata nelle reti relazionali, nella situazione economica e sociale dei luoghi in cui le imprese di immigrati si insediano, cioè nell embeddedness socio-economica delle imprese e dei reticoli sociali mainstream così come delle imprese e dei reticoli sociali degli immigrati, nella loro interazione reciproca (BARBERIS, pag. 42). Inoltre si deve segnalare che le reti sociali attraverso cui si inseriscono nella società e nell economia del paese d arrivo sviluppano e riproducono una densa e crescente rete di contatti che non solo si limitano al luogo d arrivo ma anche che si intrecciano anche con il paese d origine, per mezzo di legami materiali e simbolici e aprendo dei ponti tra entrambi. 1 Questi dati sono stati raccolti nella indagine di campo realizzata dal CENSIS nel mese di novembre 2005 su un campione di 800 immigrati in Italia promosso dalla società E-stat del Gruppo Delta. Sono questi dati: più del 50% delle famiglie straniere a un conto in banca, il 23% ha sottoscritto nel passato un contratto di credito al consumo, l 11,2% ha attivato un mutuo per l acquisto di una casa e il 17,5% sta pensando di sottoscriverlo. 2 Granovetter, 1985, 1995; Portes, Sensenbrenner,

8 Da questo punto di vista le rete sociali ricamate in Italia dalla popolazione migrante oltre agli aspetti normativi e politici che regolarizzano la loro vita nel paese danno il là a degli importanti spunti per capire il suo potenziale ed effettivo inserimento anche economico nel paese, e in particolare per comprendere il suo potenziale e reale approccio al mondo della cooperazione, in quanto stadio ultimo del mutuo aiuto. L associazionismo migrante (di e per immigranti) in Italia ha una natura molto variegata tanto da rendere difficoltoso un loro studio soddisfacente; per cui il quadro definito ad oggi non rispecchia completamente la loro realtà. Secondo lo studio svolto da Francesco Carchedi, si rivela il ruolo significativo che tali associazioni rappresentano per le comunità di stranieri nel paese e anche per le istituzioni considerato il loro ruolo mediatore che esprimono nelle loro attività. Inoltre, si evidenza dallo studio, il vincolo, o vincoli, che le associazioni hanno con il territorio in quanto la loro distribuzione nazionale disomogenea mette in mostra i differenti livelli e contesti d integrazione socio economica dei nuovi cittadini, oltre all anzianità delle comunità di insediamento e possibilità esistenti per attivare delle strategie di alleanze con le organizzazioni locali. Le regioni italiane con più alta presenza di organizzazioni costituite a favore dell immigrazione, sia di italiani che di stranieri, sono il Piemonte, il Lazio, la Lombardia e l Emilia Romagna, seguite dal Veneto e la Toscana. Dalla ricerca emergono associazioni di e per immigrati nel paese per un totale di unità nel 2000 su un totale complessivo del non profit pari a circa organizzazioni. Così, un organizzazione su tredici opera dunque nel settore dell immigrazione in maniera diretta e quasi specialistica. Molte delle associazioni composte da immigrati costituiscono solo l aspetto visibile e censibili di un tessuto sociale molto più ampio costituito da piccole reti informali, dai confini flessibili e immerse all interno delle comunità d appartenenza. In quest ottica l associazionismo femminile migrante ha un ruolo centrale nel tracciare dei legami e costruire delle reti a livello locali ed anche nazionale: si tratta, nella maggioranza di associazioni miste costituite come una via possibile di integrazione reale. Le associazione in Italia si concentrano in particolar modo nelle grandi città, seguite da altre meno popolate ma con un importante insediamento d immigrati, come ad esempio Reggio Emilia, Modena, Forlì e Rimini nella Regione Emilia Romagna. Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Corazzin di Venezia del 2001, la Regione Emilia Romagna costituisce, tra le regioni italiane, quella con il maggior numero di associazioni in rapporto al numero di residenti stranieri. A questa segue, la Valle D Aosta, le Marche, la Toscana, l Abruzzo e il Piemonte. Inoltre, anche la Regione Emilia Romagna, insieme alla Basilicata, la Valle d Aosta, l Abruzzo, le Marche e il Piemonte è una delle regioni con maggior numero di associazioni su stranieri regolarmente soggiornati. 8

9 Tutti questi dati confermano quanto riferito precedentemente circa la presenza rilevante delle associazioni nelle zone del Centro Nord del paese. Osservando la composizione delle associazioni, si evidenza una presenza maggioritaria di associazioni composte da africani, seguite dalle asiatiche e quelle del Est europeo 3. Nonostante ciò, occorre sottolineare l eventualità che questi dati abbiano sofferto dei cambiamenti importanti seguiti a quelli osservati nei flussi migratorio degli ultimi anni, una maggior prevalenza di migranti provenienti dall Est europeo tra le altre cose. Anche secondo la stessa ricerca, un terzo delle associazioni sono nate all interno di altre strutture/ associazioni italiani oppure sono miste e fanno riferimento a più gruppi di immigrati. GRAFICO N 1: Le associazioni dei cittadini stranieri nel territorio italiano 35% 9% 6% 6% Est Europa 4% America Latina 11% Medio Oriente Nord Africa Resto Africa Altro 29% Asia Fonte: Fondazione Corazzin di Venezia I tipi di associazioni monocomunitarie in Italia sono incirca 68, e tra queste, le principali risultano marocchine (6.6%), quindi le arabe (6,5%), le senegalesi (5,7%), le albanesi (3,0%), le nigeriane (2,7%), le ivoriane (2,2%), quindi le peruviane (2,0%), cingalesi (2,0%), filippine (1,9%), tunisine (1,9%) ed egiziane (1,9%). Nell Emilia Romagna si registrano un totale di 139 associazioni dove sono rappresentati 22 gruppi di provenienza. Secondo dati del 2001, le associazioni più numerose in Regione sono quelle marrocchine, seguite dalle senegalesi, arabe, albanesi, peruviane, ivoriane, tunisine, somale, egiziane e cingalesi. 3 Secondo i dati raccolti dalla ricerca della Fondazione Corazzin di Venezia le associazioni africane rappresentano il 39,7%, quelle asiatiche il 12,8%, quelle del Est Europeo il 5,7% e dell America Latina il 5,7%. 9

10 Piuttosto significativo è il numero di quelle associazioni miste, e anche solo italiane, operanti a favore degli immigrati. GRAFICO N 2: Associazioni di cittadini stranieri per gruppo di riferimento Altre Marocco Italiane Senegal Araba Albania India Ghana Egitto Somalia Nigeria Tunisia Sri Lanka Pakistan Iran Costa d'avorio Cina Turchia Peru Guinea Fillippine Eritrea Congo Camerun Fonte: Fondazione Corazzin di Venezia Nella Regione, le province dove sono presenti più tipi di associazioni per comunità di provenienza sono: Reggio Emilia, 41 associazioni di 13 tipi di etnie: marocchina, indiana, ghanese, egiziana, araba, pakistana, turca, nigeriana, cingalese, cinese, somala, senegalese, tunisina e della Guinea; Modena, 31 associazioni anch esse costituite da 13 tipi di etnie diverse: marocchina, iraniana, albanese, egiziana, turca, somala, filippina, ghanese, araba, nigeriana, cingalese e tunisina. Tra le associazioni si osserva una prevalenza di quelle composte da persone provenienti da uno stesso paese per un totale sul territorio italiano di 60,7%, seguite da quelle multinazionali (25,6%) e quelle miste (in cui si verifica la presenza degli italiani e tale presenza è alla base della loro costituzione). Questo non significa che il riferente delle associazioni sempre sia sempre uno straniero. Le associazioni miste sono prevalentemente presenti nelle zone Centro Nord del paese mentre sono molte poche nel Sud. 10

11 Partecipazione della popolazione immigrata nell imprenditoria italiana le migliaia di imprenditori con cittadinanza estera non vengono più nel nostro Paese soltanto per chiedere posti di lavoro, ma iniziano a creare nuova occupazione, per se stessi e in misura crescente anche per gli italiani Ugo Girardi Sottosegretario della Unioncamere Quotidiano Sociale. pag. 5. aprile 2008 Al processo migratorio che ha contraddistinto l Italia come paese di immigrazione è seguito un incremento costante della cosiddetta imprenditoria migrante. La partecipazione della popolazione migrante all imprenditoria ha portato con sé un rilevante dinamismo e una crescita considerevole nell economia italiana. Si tratta infatti di una partecipazione che con l andare degli anni ha acquisito importanza e consistenza. Un recente studio condotto dall Unioncamere, su dati raccolti nel 2006, mette in evidenza: sia la dinamica che la presenza stabile assunta dagli imprenditori immigrati nel tessuto delle nostre piccole e piccolissime imprese. Nel corso del 2007 sono state registrate imprese individuali aperte da persone nate fuori dall Unione Europea, e grazie a questo dato il numero d imprese è aumentato di unità, l 8% in più rispetto al tasso verificato alla fine del Tale aumento è anche confermato dall incremento percentuale dei lavoratori autonomi non comunitari cresciuti negli ultimi decenni di oltre 7 volte 4. Questa crescita acquista ancora più valore se confrontata con la variazione osservata per la totalità dei titolari d impresa, il cui valore, pari allo 0,5% riflette un assenza di mobilità nell imprenditoria italiana (E. GRANDE, "L imprenditoria degli immigrati CNA 2005). Si può affermare che l imprenditoria migrante, data la sua dinamicità, costituisce al momento uno dei comparti più attivi in grado di stimolare il sistema produttivo locale e nazionale. Secondo stime dell Unioncamere, senza l apporto delle piccole imprese guidate da immigrati, il numero delle microimprese in Italia avrebbe subito negli ultimi anni una perdita di unità. Possiamo pertanto affermare che l imprenditoria migrante, radicata ormai nel territorio, è inserita a pieno titolo nell economia italiana in quanto ha le caratteristiche dei distretti economici in cui si inserisce. Infatti, come già è stato osservato in altri paesi, anche in Italia 4 Secondo dati raccolti dalla Caritas del totale degli iscritti negli archivi Inps, nel 95 erano poco più di contro i circa del

12 l imprenditoria straniera risponde alle condizioni di mercato nonché a quelle socio-economiche del gruppo d appartenenza e di quello d accoglienza, si presenta competitiva e complementare al sistema organizzativo della nicchia produttiva del distretto di appartenenza. Diverse ricerche confermano anche il diffondersi di alcune attività imprenditoriali complementari degli immigrati, sia nei servizi e nelle attività di manutenzione sia in alcune aree produttive che conviene mantenere in prossimità del sistema di programmazione e di direzione del core business, come la realizzazione di nuovi modelli o prototipi. L imprenditorialità degli immigrati sta diventando un elemento chiave del cambiamento dei distretti ma in modi che possono essere diversi tra di loro e che sembrano dipendere proprio dalle modalità di trasformazione dei distretti (Enzo Mingione in BARBERIS pag. 22). Tra i fattori che hanno favorito lo sviluppo si possono segnalare: - l importanza che i settori labour intensive, come le aziende manifatturiere, i punti di vendita al dettaglio e la ristorazione, rivestono nell economia italiana - l aumento dei consumi, sia culturali che di quelli legati strettamente ai bisogni degli immigranti (come ad esempio i call centers, la mediazione interculturale, ecc.) - l attuazione di una strategia di contenimento dei costi di produzione attraverso l ammorbidimento delle garanzie contrattuali offerte ai dipendenti e il massiccio ricorso al subappalto (Zanfrini Laura. ISMU pag. 126). Possiamo ipotizzare alcuni motivi per i quali la propensione degli immigrati all imprenditorialità è maggiore rispetto a quella osservata tra i cittadini italiani negli ultimi anni: - la via fuga che il percorso di imprenditoria in proprio rappresenta contro la discriminazione a cui sono sottoposti gli immigrati non solo in termini assoluti, ma anche di fronte alla mancanza di meccanismi attraverso i quali vengano inseriti nel mercato del lavoro in corrispondenza alla loro professionalità. - la scolarità medio - alta di cui sono portatori la maggioranza di loro oltre alle competenze acquisite nei paesi d origine facilitano l accesso ai processi produttivi moderni presenti in Italia, - la frammentazione delle attività produttive in piccole imprese i meccanismi di subappalto presenti in vari territori del nord dell Italia. I settori in cui si registra una maggiore presenza di titolarità straniera sono: a. il settore delle costruzioni (tradizionale settore d attività per molti immigrati), b. il settore commerciale, c. il settore dell attività manifatturiera. Le imprese a titolarità straniera attive nel settore delle costruzioni e nel commercio hanno raggiunto, alla fine del 2007, il 70,7% dello stock complessivo di entrambi i comparti. 12

13 Anche nell artigianato la presenza di cittadini stranieri ha registrato cifre importanti: la loro incidenza sul totale della produzione è superiore a quella della media nazionale e in Emilia Romagna arriva addirittura fino al 68% sul totale, laddove le province più interessate sono Parma (76,9%), Modena (68,2%) e Ravenna (64%). L imprenditoria immigrata è particolarmente dinamica nelle regioni del Nord-Est e nel Centro, mentre è più contenuta nelle regioni del Nord-Ovest e nel Sud della penisola. In questo quadro, la Regione Emilia Romagna registra l 8,9% di imprese d immigrati sul totale delle imprese individuali regionali, e, a livello provinciale, la città di Reggio Emilia verifica una presenza di imprese gestita da cittadini stranieri. TABELLA N 1: Titolari di impresa con cittadinanza estera al 30/06/2007 Regioni N % Incid. Donne % Artigiani % stranieri sul Var.% totale titolari 2007/2003 Piemonte ,2 15,7 48,5 3,8 163,2 Valle d Aosta 186 0,1 14,5 55,4 1,5 151,14 Lombardia ,4 14,9 49,2 4,1 121,9 Liguria ,1 13,5 56,4 2,1 252,9 Nord Ovest ,8 15,1 49,4 3,8 138,4 Trentino ,4 12,4 53,5 1,9 168,8 Veneto ,1 13,7 54,6 3,4 174,0 Friuli V.G ,3 14,4 62,9 3,2 126,4 Nord Est ,2 13,4 61,4 172,6 3,5 E. Romagna ,4 13,1 68,1 4,1 186,6 Toscana ,9 18,8 50,7 4,3 196 Marche ,4 18,5 40,1 2,2 205,8 Umbria 331 0,2 26,3 10,6 0,4 46,5 Lazio ,1 19,9 27,0 3,8 159,2 Centro ,2 19,3 39,1 13,4 177,3 Abruzzo ,7 22,6 38,4 1,8 153,5 Molise 118 0,1 27,1 10,2 0,4 110,7 Campania ,6 25,2 1,5 0,8 89,4 Puglia ,1 18,4 4,5 0,4 136,8 Basilicata 125 0,1 25,6 0,8 0,2 220,5 Calabria ,4 16,1 0,7 2,1 96,0 Sud ,9 21,0 9,1 1,0 109,7 Sicilia ,1 19,0 1,9 1,1 154,2 Sardegna ,4 12,2 7,1 1,3 40,7 Isole ,5 16,9 3,5 1,2 104,0 ITALIA ,2 45,0 2,7 150,6 Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni sui dati Sin-Cna. 13

14 Un altro aspetto molto importante dell imprenditoria migrante riguarda anche l apporto in termini di valore aggiunto che essa conferisce alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi grazie all'intervento dei fattori produttivi quali capitale e lavoro. Secondo le stime elaborate dal Centro Studi Unioncamere e dall Istituto Guglielmo Tagliacarne, nel 2006 l apporto dato in termini di valore aggiunto dalle aziende migranti è stato pari al 9,2% a livello nazionale, ma ha superato l 11% nelle principali regioni d inserimento tra cui: la Lombardia, il Veneto e l Emilia Romagna. Analizzando poi i settori produttivi, è l edilizia che rileva il contributo più alto degli imprenditori stranieri: qui il valore aggiunto prodotto è stato stimato intorno al 20%, seguito da quello prodotto nel settore del terziario (il 60% del PIL dell immigrazione), con il 7,8%. Gli immigrati che gestiscono aziende o ne sono titolari hanno provenienze molto diverse tra loro. Questo non fa altro che confermare il policentrismo etnico dell immigrazione in Italia. Tra le principale nazionalità, il primo posto è occupato dai cittadini nati nel Marocco (18,0%), seguiti dai quelli nati in Cina (13,5% del totale), in Romania (11,3%) e quindi in Albania (11%). TABELLA N 2: Le prime 10 nazionalità dei titolari d imprese gestite da straniere in Italia Paesi d origine Titolari d imprese % rispetto al totale Marocco ,0% Cina % Romania ,3% Albania % Senegal % Tunisia ,6% Egitto ,4% Bangladesh % Nigeria ,3% Pakistan % Fonte: Archivio Unioncamere/CNA Dossier Caritas/Migrantes I titolari nati in Romania sono particolarmente presenti nel settore dell artigianato, con una presenza pari al 72,6%, comparto che possiamo certamente ricondurre a quello della costruzione ma che denota una forte specializzazione etnica. A fronte delle tendenze in atto nel mercato, ciascun gruppo nazionale presenta delle specificità e tende a concentrarsi in alcuni settori piuttosto che in altri manifestando così una forte tendenza alla specializzazione etnica (CARITAS, Dossier pag. 278). Nel settore del 14

15 commercio si verifica ad esempio una forte presenza di senegalesi, nigeriani e marocchini, ma anche di asiatici, in particolare di bengalesi, pakistani e cinesi. I cinesi rappresentano il gruppo maggioritario nel settore tessile in cui sono fortemente specializzati. Nel settore delle costruzioni il primato è detenuto dai gruppi provenienti dall Est Europa (macedoni, albanesi e rumeni) e da alcuni paesi nordafricani che infatti registrano un importante numero dei titolari. Nei servizi, solitamente pensati e offerti ad altri immigrati (come i phone centers, internet point, agenzie per l invio di rimesse e copisterie), sono particolarmente attivi i peruviani, i nigeriani e i pakistani. Per gli altri tipi di servizi (come servizi di pulizia, di noleggio e di assistenza informatica) emergono invece i latino americani e gli egiziani: tendenze che non fanno altro che confermare il fenomeno dell etnicizzazione del mercato del lavoro. TABELLA N 3: Titolari di impresa con cittadinanza estera per provenienza al 30/06/07 % % % Trasporti % % % Tessile % % Unità Comm. e e Attività dei Paese Artigiani Costruzioni Abbigliamento Altri Totale totali riparazione Telecomu servizi e Calzature nicazioni Marocco ,6 68,4 18,4 0,3 3,6 4,2 5,1 100,00 Cina ,2 46,2 0,8 41,7 0,1 1,7 9,5 100,00 Romania ,6 5,8 79,4 0,6 2,6 3,5 8,1 100,00 Albania ,5 4,0 83,8 0,4 2,5 2,0 7,3 100,00 Senegal ,5 89,5 1,7 0,4 1,2 3,0 4,2 100,00 Tunisia ,3 13,0 70,0 0,4 3,3 2,5 10,6 100,00 Egitto ,4 13,3 52,9 0,2 2,6 15,0 16,0 100,00 Bangladesh ,2 81,3 1,2 0,2 0,1 10,8 6,2 100,00 Serbia- Mont ,0 14,1 69,6 0,6 3,0 4,0 8,7 100,00 Nigeria ,0 69,4 1,5 2,9 7,9 13,8 4,5 100,00 Pakistan ,8 52,9 11,0 1,1 4,8 20,7 9,5 100,00 Macedonia ,9 3,2 88,0 0,3 1,0 0,6 6,9 100,00 Peru ,2 15,8 19,2 1,7 26,7 23,6 12,9 100,00 Bosnia ,8 18,3 64,8 0,2 1,0 3,4 12,3 100,00 Brasile ,0 15,8 54,1 3,6 3,2 12,3 10,9 100,00 TOTALE ,0 37,1 36,9 6,3 3,3 6,7 9,6 100,00 Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazione dati Sin-Cna La partecipazione delle donne straniere in veste di titolari d imprese è pari al 16,2% con una maggiore presenza nelle regioni del Sud e Centro dell Italia. Nonostante la piccola proporzione, queste aziende contribuiscono all espansione della base imprenditoriale femminile, come 15

16 segnala un rapporto dell Unioncamere del Infatti, nel 2007 le imprese registrate di titolarità femminile straniera hanno contribuito al 44% del saldo complessivo di queste. In particolare, le donne cinese sono le titolare più numerose seguite dalle marocchine e dalle albanese e ucraine. TABELLA N 4: Imprese individuali registrate con titolari donne immigrate Paese d origine N di aziende registrate al 2007 Cina Svizzera Marocco Nigeria Serbia e Montenegro Argentina Venezuela Albania Brasile Ucraina 993 Fonte: Unioncamere-Infocamere Partecipazione della popolazione immigrata nel cooperativismo italiano Il sistema cooperativo italiano ha registrato nel tempo una notevole espansione, ritagliandosi uno spazio importante all interno del tessuto imprenditoriale (Laura Filippi, 2002, pag. 63). A questo processo non è mancata certo la partecipazione dei cittadini stranieri. Come si segnala, negli ultimi anni si è assistito a una crescita rilevante, benchè poco documentata e ancor meno governata, della presenza di forza di lavoro straniera in imprese cooperative, con una particolare concentrazione in alcuni settori e in talune aree territoriali nonché di forme cooperative autopromosse da cittadini immigrati (BOCCAGNANI, pag. 10). In effetti, il mutuo aiuto è una realtà importante e diffusa nella comunità straniera che si esprime soprattutto nell associazionismo tramite cui vengono proposte attività solidali di vario tipo. In questo quadro, le cooperative di immigrati rappresentano un risultato dei processi di integrazione economica e sociale promossi dal paese. La partecipazione degli immigrati nelle cooperative può essere letta attraverso dei ruoli con quali interagiscono con esse. Vale a dire in quanto: utenti/clienti lavoratori 16

17 soci cooperatori/promotori Dal recente studio pubblicato dall Istituto Luzzatti si è evidenziato che la maggior parte degli immigrati partecipano nel mondo cooperativo in quanto lavoratori-dipendenti. Come si afferma, il primo livello su cui la cooperazione italiana è toccata dall immigrazione non è quello dei nuovi clienti, bensì in quanto nuovi lavoratori, che negli ultimi anni sono stati assunti nelle cooperative in misura crescente e in diversi sottocomparti produttivi interni all economia produttiva (BOCCAGNANI, pag. 21). Le cooperative sociali sono quelle che prevalentemente stabiliscono dei rapporti con i nuovi cittadini stranieri in quanto clienti e utenti dei loro servizi. Nonostante ciò, la cooperazione sociale, a dispetto del suo rapido sviluppo e crescita continua, non ha nei cittadini stranieri uno dei suoi principali beneficiari. Dalla ricerca condotta dal Consorzio Gino Mattarelli nel 2001, si è rilevato che le cooperative sociali italiane erogatrici di servizi indirizzati specificamente a immigrati costituivano una proporzione piccola, pari al 2% del totale. L accoglienza, nei primi anni d immigrazione, come pure l integrazione, è stata presa in carico sopratutto dalle associazioni di volontariato italiano e molte volte da quelle a carattere caritativo. Gli immigrati in quanto lavoratori dipendente delle cooperative sono maggiormente presenti nei settori di: produzione e lavoro, servizi, edilizia, nell agroalimentare (specie nel lavoro stagionale, legato alla raccolta dei prodotti agricoli) e in misura più marginale nella cooperazione sociale. L adesione degli immigrati alle cooperative in quanto soci è piuttosto diffusa nei contesti locali a maggiore sviluppo delle imprese cooperative, soprattutto nelle regioni del nord dell Italia, quelle stese in cui l imprenditoria immigrata ha raggiunto valori importanti e forme più relativamente mature. Comunque a tutt oggi mancano indagini a livello nazionale capaci di definire il grado di inserimento degli immigrati in questo tipo di aziende, soprattutto in termini di cariche sociali. Nonostante le limitazioni e attendibilità dei dati raccolti dalla Direzione Generale Enti Cooperativi del Ministero delle Attività Produttive del le cooperative con partecipazione di cittadini non comunitari ammontavano a unità, distribuite per il 81,6% nel nord e per il 11,5% nel centro. In particolare modo, la Regione Emilia Romagna presentava una presenza straniere nelle cooperative pari al 41,6%, una delle più alte in Italia. Tale fotografia rispecchia le proporzioni della presenza degli immigrati nel mercato del lavoro. 5 Come ci spiega Boccagni, i dati raccolti nel 2000 non presenta tutti i crismi dell attendibilità, sia per le modalità di rilevazione sia per l elevato tasso di non risposte da parte delle cooperative, sia infine- per l oggettiva difficoltà di reperire il contatto con tutte le cooperative sul territorio oltre alla vecchiaia dei dati. Tale imprecisione si traduce in una sottostima del fenomeno. 17

18 TABELLA N 5 : Cittadini non comunitari, soci e non soci, in imprese cooperative al 31/12/2000 Regione Comparto produttivo cooperativa e numero di immigrati (socio e non socio) Consumo Produzione Agricola Edilizia Mista Sociale Altro Totale % e lavoro Piemonte ,9% Valle d Aosta ,2% Lombardia ,7% Prov. Bolzano ,5% Prov. Trento ,5% Veneto ,9% Friuli V.G ,6% Liguria ,6% Emilia Romagna ,6% Toscana ,8% Umbria ,002% Marche ,09% Lazio ,9% Italia meridionale e ,6% insulare TOTALE % Fonte: dati della DG Enti cooperativi Dall analisi di questi dati secondo i settori di attività emerge che il maggior numero di cooperative legate alla partecipazione dei nuovi cittadini è la cooperativa di produzione e lavoro, in cui si osserva il maggior numero di lavoratori stranieri (55% del numero complessivo di lavoratori). Gli altri settori legati ma in maniera minore sono: l agricolo (con il 13% di tutte le cooperative e il 8% della forza lavoro), il sociale (7% delle cooperative e meno del 4% della forza lavoro) e quello edilizio (con solo il 1% delle cooperative interessate ma con ben il 10,6% della forza lavoro composta dai non soci). Inoltre, e possibile anche affidarsi a studi settoriali realizzati da ConfCooperative e Legacoop che permettono di delineare, seppure parzialmente, le dimensioni di tale realtà. Secondo i dati delle organizzazioni di cui sopra, si stima che sul totale dei dipendenti impiegati nelle cooperative una buona parte sia di origine straniera; più precisamente, nelle cooperative sociali gli immigrati rappresentano il 10% dei dipendenti, nelle cooperative di servizi arrivano al 18

19 15% e il 25% nelle cooperative agroalimentari. Gli immigrati con qualifica di socio sono il 10% nelle cooperative sociali e ben l 80% nelle cooperative di servizi. E importante segnalare che la partecipazione dei cittadini migranti nelle cooperative in qualità di soci è legata molto spesso non tanto alla voglia di fare impresa, ma alla necessità di trovare una soluzione alla loro permanenza legale in Italia. Infatti, dato lo stretto legame tra l ottenimento del permesso di soggiorno e il contratto di lavoro, per il cittadino straniero che non riesce a trovare un occupazione stabile come dipendente, diventare socio di una cooperativa può significare la sicurezza di un permesso di soggiorno in qualità di lavoratore autonomo. Infine, data la più consistente presenza straniera nelle imprese individuali rispetto a quella nelle cooperative, si può rilevare uno squilibrio tra le diverse forme giuridiche adottate dagli stranieri per creare impresa. Il processo di internazionalizzazione dell economia italiana In un contesto marcato dalla globalizzazione, l internazionalizzazione si è imposta come leva competitiva su cui l imprese italiane devono confrontarsi, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese, e tra queste anche la cooperazione. Come da ampia conoscenza, l internazionalizzazione delle aziende si svolge attraverso la delocalizzazione produttiva dovuta agli investimenti diretti esteri e per mezzo della decisa commercializzazione estera (export/import). Il sistema delle imprese italiano- come descrivono vari report e studi - manifesta un divario significativo nei confronti sia dell economia europea che di quella mondiale, sia per quanto riguarda il modello di internazionalizzazione le cui caratteristiche si riflettono negativamente sull andamento delle quote del mercato di esportazione e sulla capacità di attrazione di investimenti esteri (FABBIANI E IACOBELLI, pag. 102). Analisi più approfondite hanno segnalato che il sistema italiano di internazionalizzazione è rimasto staticamente legato alla presenza dei settori tradizionali, i quali sono in generi meno intensivi in manodopera qualificata e meno permeabili ai flussi di innovazione tecnologica, in quanto poco collegati ai cosiddetti settori di ricerca ed sviluppo (R&S). Tutto ciò ha come conseguenza che questi settori, in particolare per quelli di bassa qualità, rimangono esposti alla concorrenza di paesi che presentano bassi costi del lavoro, in particolare della manodopera. In tal modo, il modello italiano si allontana da quello dei paesi industrializzati, con disincentivi degli investimenti esteri e condizionamenti sull assorbimento dei flussi innovativi legati a R&S. 19

20 In questo quadro generale, le cooperative, secondo ricerche svolte nel , mostrano competenze tali da immaginarle come strutture chiave nella promozione dell internazionalizzazione del modello italiano. Infatti, si è concluso che la distintività e la peculiarità delle imprese cooperative può rappresentare un vantaggio competitivo per la sua naturale propensione a fare rete, l internazionalizzazione fondata non solo sull export e la delocalizzazione ma attenta anche alla relazione con gli operatori presenti nei mercati esteri, soprattutto se organizzati in imprese cooperative, l innovazione con particolare riferimento all arricchimento dei profili professionali dei soci (FABBIANI e IACOBELLI,pag. 119). In un contesto delineato per una forte frammentazione del sistema produttivo italiano, il sistema cooperativo ha evidenziato una rilevante propensione all integrazione delle imprese cooperative e all adozione di strategie di rete, che in taluni casi si collocano nella dimensione territoriale dello sviluppo, e in altri hanno permesso di razionalizzare la produzione settoriale o di filiera. Tutto ciò con risultati positivi per quanto riguarda la capacità di introdurre innovazioni e sostenere relativi investimenti, oltre al maggiore potere contrattuale, maggiore visibilità, capacità di rispondere alle opportunità offerte dai mercati e di affermarsi sui mercati internazionali, in particolare in quelli in via di sviluppo o di nuova industrializzazione. La struttura reticolare adottata dal sistema cooperativo ha adottato diverse forme organizzative. Per le aziende cooperative, l internazionalizzazione non significa una semplice delocalizzazione, ma una collaborazione con partners locali basata sulla consapevolezza delle caratteristiche del mercato specifico nel quale si intende operare attraverso il coinvolgimento degli operatori locali. Ne sono esempio le collaborazione stabilite tra cooperative italiane e cooperative che operano in altri Paesi, la costituzione di società di capitali per lo sviluppo di segmenti d attività industriale o commerciale, di progettazione di formule organizzative che vedono i produttori locali associati alla cooperativa madre italiana: si tratta di processi in cui si sono verificati azioni di trasferimento di know how, in particolare nei paesi in via di sviluppo. In ultimo, le cooperative, in quanto società di uomini piuttosto che società di capitali, hanno, con qualche accentuazione, una presenza importante nei settori innovativi. Sono presenti degli esempi sull impatto che le cooperative hanno nell immettere nuovi prodotti, come ad esempio in quelle nel settore agroalimentare, oppure nelle cooperative dedicate al welfare society. Nell apertura verso i mercati internazionali del sistema produttivo italiano non solo le cooperative giocano o hanno ruolo chiave ma anche la popolazione migrante, gli imprenditori stranieri. Infatti, l imprenditore immigrato è una risorsa capace d identificare i corrispondenti locali ai fini d internazionalizzare la produzione favorendo il riallineamento alle caratteristiche della domanda estera ed orientare, tra l altro, il trasferimento di tecnologia uscente sui 6 Ricerca condotta dal Centro Studi Legacoop nel 2003 sulle imprese cooperative che realizzano una quota del loro fatturato sui mercati esteri. In tale ricerca è stata considerata la variazione intervenuta nelle quote export tra il 1998 e il

21 mercati locali. Gli imprenditori in quanto gatekeeper permettono di mettere in contatto le realtà di produzione locale con una rete di contatti intergruppo consolidata che consente la apertura ai mercati internazionali. Ghanacoop 7 rappresenta il miglior esempio di questo nuovo modo di riprodurre di maniera creativa il modello di etnoindustrializatione locale, attraverso un modello di inclusione socioeconomica della diversità e la selettività e valorizzazione dei vantaggi per specifici gruppi, categorie e soggetti propri delle identità dei distretti socio-economici. Come descrivere Barberis nel suo studio sugli imprenditori immigrati, Ghanacoop rappresenta l inserimento di un impresa esotica in una filiera tipica locale, con l inclusione anche di percorsi di espansione transnazionale del modello. Essa evidenza la possibilità di uno stretching dei reticoli fiduciari con il mantenimento di modelli distrettuali, grazie alla molteplicità di rapporti nel core territoriale fra un gruppo di autoctoni e un gruppo di immigrati. Il risultato è la capacità di fare rete e du mobilitare segmenti del mondo cooperativo autoctono così come della comunità organizzata degli immigrati nel luogo di emigrazione e nel Paese di origine.(barberis, pag. 256). 7 La cooperativa Ghanacoop con sede a Modena, è stata costituita grazie al sostegno di Confcooperative e del cofinanziamento dato dal OIM e il Comune di Modena. I loro soci nella maggioranza ghanesi, appartengono a diversi gruppi sociali, politici e hanno svolto ruoli di rilievo nella CISL e nell ANOLF, oltre alla partecipazione diretta della Ghana National Association di Modena in stretti rapporti con l ANOLF. Inoltre la Emil Banca non solo ha anche sovvenzionato l iniziativa ma è socio e partner finanziario della cooperativa, soprattutto questo ente dato particolare attenzione all utilizzazione delle rimesse degli immigrati ai fini d avviare delle iniziative imprenditoriale in Ghana. Il core business della cooperativa è quello dell import di frutta esotica dal Ghana con la possibilità di impiegare una quota di manodopera locale e agendo in loco tramite una società controllata, Ghanital. Oltre a ciò la cooperativa lavora su iniziative sociali in cui rinvestono gli utili ( progetti di cooperazione, ecc.) e su altre iniziative economiche ( come ad esempio il progetto di catering, di turismo responsabile, ecc.) oltre all export di prodotti tipicamente modenesi di gamma media. 21

22 PARTE SECONDA La popolazione immigrata nella Provincia di Bologna Anche nella provincia di Bologna l aumento delle residenze degli stranieri è di lungo periodo. Nell arco di un decennio, dal 1996 al 2006, i cittadini stranieri sono aumentati del 218% a Bologna città e del 254% in tutta la provincia. Una delle novità più rilevanti, collegate all aumento degli stranieri in provincia, riguarda la componente migratoria femminile, che rispetto a quella maschile presenta dei tassi di incremento ancora più elevati: +261% in città e + 368% nel resto della provincia. La componente femminile straniera costituisce la maggioranza della popolazione immigrata in provincia di Bologna (50,1% vs 49,9% nel 2005 e 49,6% nel 2004). Infine, un peso notevole è assunto anche dalla popolazione minorile straniera che, in termini demografici, ha un peso quasi doppio rispetto a quella autoctona. nell associazionismo bolognese E una realtà conosciuta l attività che la popolazione migrante nel territorio bolognese svolge da diversi anni, ai fini di aiutarsi mutuamente e di costruire dei percorsi che facilitino la convivenza nell ottica di una futura società interculturale. Sebbene da un versante queste associazioni rappresentino un immensa ricchezza, dall altro, negli anni, esse sono state messi alla prova a causa della loro debolezza strutturale. Infatti, molte delle associazioni faticano ad orientarsi nell espletamento delle pratiche e procedure burocratico - amministrative necessarie anche per solo ottenere il riconoscimento istituzionale oltre alle diverse difficoltà di gestione a cui devono fare fronte per continuare ad esistere. Le associazioni di immigrati, nella maggior parte dei casi, sono organizzazioni soggette ad una gran instabilità ed alti tassi di mortalità e cambiamenti di sedi, referenti, ecc. Nonostante ciò, negli ultimi anni, sono stati verificati in Provincia, i progressi fatti da queste associazioni nello strutturarsi meglio, nello strutturare la loro partecipazione alle iniziative promosse dalle istituzioni come segnala Rita Paradisi, dell Ufficio d Immigrazione della Provincia di Bologna. Fino ad oggi le associazioni presenti in Provincia sono 105, 71 con sede della città di Bologna e 34 nel resto della Provincia. Dalla ricerca svolta nel 2002 dall Ufficio Immigrazione della Provincia di Bologna è emersa: una predominanza dei soci maschi soprattutto nelle associazioni di solo stranieri, ma anche in quelle di composizione mista in cui la presenza femminile è predominante. 22

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