FEDERAZIONE REGIONALE EMILIA ROMAGNA

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1 FEDERAZIONE REGIONALE EMILIA ROMAGNA Analisi della dinamica e dell evoluzione occupazionale nella Regione Emilia Romagna e della capacità da parte della cooperazione regionale di soddisfare in maniera qualitativa tale domanda di lavoro Realizzato con il contributo della Regione Emilia Romagna ai sensi dell art. 2 lett. b) e f) della Legge 23/03/1990 n. 22 deliberazione della Giunta Regionale n del 30/11/1998

2 INDICE Premessa PAG CARATTERISTICHE GENERALI DELL ECONOMIA REGIONALE PAG LA COMPOSIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO PAG L IMPIEGO DELLE RISORSE PAG IL MERCATO DEL LAVORO PAG LA STRUTTURA DELL OCCUPAZIONE PAG ANALISI PER SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA PAG L AGRICOLTURA PAG Le strutture agricole PAG La produzione agricola PAG La localizzazione delle principali produzioni agricole PAG Le imprese agroalimentari PAG L occupazione agricola PAG LA PESCA PAG L ARTIGIANATO PAG L INDUSTRIA PAG Caratteristiche generali PAG L industria alimentare PAG L industria tessile e dell abbigliamento PAG L industria del cuoio, delle pelli e delle calzature PAG L industria della carta, della stampa e dell editoria PAG L industria del legno e del mobile PAG L industria dei minerali non metalliferi PAG Le industrie chimiche e delle fibre sintetiche PAG L industria della gomma e delle materie plastiche PAG Le industrie dei metalli PAG L industria meccanica PAG L industria della fabbricazione dei mezzi di trasporto PAG L industria della fabbricazione delle macchine elettriche ed elettroniche PAG L industria edile PAG. 54 2

3 2.5. I SERVIZI PAG Commercio e riparazioni PAG Alberghi e pubblici esercizi PAG Trasporti e comunicazioni PAG Credito PAG Assicurazioni PAG Servizi avanzati alle imprese PAG Servizi operativi alle imprese PAG Servizi alle persone PAG Sanità e servizi sanitari privati PAG Istruzione e servizi formativi privati PAG Studi professionali PAG ANALISI PER PROVINCIE PAG GENERALITÀ PAG PROVINCIA DI BOLOGNA PAG PROVINCIA DI FERRARA PAG PROVINCIA DI FORLÌ CESENA PAG PROVINCIA DI MODENA PAG PROVINCIA DI PARMA PAG PROVINCIA DI PIACENZA PAG PROVINCIA DI RAVENNA PAG PROVINCIA DI REGGIO EMILIA PAG PROVINCIA DI RIMINI PAG LA COOPERAZIONE IN EMILIA ROMAGNA PAG GENERALITÀ PAG ANALISI SETTORIALE DEL FATTURATO E DELLA OCCUPAZIONE PAG RISULTATI DELL INDAGINE STATISTICA PAG Descrizione del campione PAG Descrizione del questionario PAG Analisi delle risposte PAG. 88 Conclusioni PAG. 92 3

4 PREMESSA L Emilia Romagna è uno dei bacini cooperativi a più alta densità in Europa. Oggi si può riconoscere alla Cooperazione un ruolo molto importante nello sviluppo dell economia regionale e dell occupazione. Infatti, alla crisi occupazionale della grande e media industria nazionale e del settore dei grandi appalti pubblici, corrisponde una buona capacità da parte della cooperazione regionale di soddisfare in maniera qualitativa la domanda di lavoro. Il presente studio cerca proprio di fornire un quadro riepilogativo della realtà economica e occupazionale regionale, con particolare attenzione al mondo cooperativo, al fine di individuare i settori più ricettivi e le figure professionali più richieste. Allo scopo è stato predisposto dalla Federazione Regionale dell Associazione Generale delle Cooperative Italiane, uno specifico questionario, poi sottoposto a tutte le Cooperative ad essa aderenti. Lo studio è stato così articolato: una parte introduttiva, in cui si illustrano le caratteristiche economiche generali della Regione Emilia Romagna; un analisi delle caratteristiche strutturali, congiunturali e occupazionali per settori di attività economica, evidenziando il ruolo della cooperazione nei settori in cui essa è maggiormente operativa; un analisi dell andamento del mercato del lavoro in ciascuna delle nove provincie della regione. una parte sulla cooperazione in cui si illustra il ruolo della stessa nel panorama economico ed occupazionale regionale avvalendosi anche dei dati raccolti con l ausilio dei questionari. 4

5 1 CARATTERISTICHE GENERALI DELL ECONOMIA REGIONALE 1.1 LA COMPOSIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO Nel corso del 2000, il prodotto interno lordo dell Emilia Romagna ha mostrato una crescita piuttosto evidente che ha portato tale valore attorno al 3,1%. Tale risultato è decisamente più elevato rispetto ai valori degli anni 1998 e 1999 quando si attestava rispettivamente sul 2,2% e sul 1,8%. È superiore anche all incremento del prodotto interno lordo fatto segnare nel complesso dall economia nazionale: 2,9%. Il tasso di crescita dell Emilia Romagna risulta tuttavia ridotto se confrontato con l andamento complessivo delle regioni del nord est del paese. La consistente espansione del prodotto interno lordo regionale può essere spiegata da due principali cause. Innanzitutto, la forte crescita del prodotto interno lordo nazionale ha innescato un notevole incremento della domanda interna che, a sua volta, ha stimolato le esportazioni dell Emilia Romagna verso le altre regioni italiane. Anche l espansione della domanda mondiale, in concomitanza con la svalutazione dell'euro, ha favorito un incremento delle esportazioni di prodotti locali verso i mercati esteri. Nel complesso, l industria mostra una crescita superiore alla media nazionale (3,6% contro 2,7%), il terziario evidenzia un incremento analogo a quello medio italiano mentre l agricoltura sembra attraversare una fase di recessione. La crescita del settore industriale è stata trainata dal comparto manifatturiero e da quello delle costruzioni. Il primo, in ragione del sensibile incremento degli ordinativi dall estero, evidenzia una 5

6 crescita decisamente più favorevole rispetto alla media nazionale pari al 3,7% in più rispetto agli anni precedenti. Il secondo mostra una crescita complessiva pari al 3% (che ha riguardato soprattutto l edilizia non residenziale); anche il numero delle imprese operanti nel settore è risultato in aumento. La crescita del 4% fatta registrare dai servizi privati ha superato nella misura dell 1,5% quella dell anno precedente, rimanendo comunque inferiore alla media nazionale del settore. Particolarmente favorevoli sono state le performances ottenute dal settore turistico, (sia per quanto riguarda le presenze, sia per quanto riguarda gli arrivi), che hanno avuto un impulso trainante su tutto il settore dei terziario. La crescita pari allo 0,8% dei servizi pubblici conferma la tendenza degli ultimi anni che mostra un incremento nel complesso più ridotto rispetto alla media nazionale. Infine, per quanto concerne settore agricolo, la crisi registrata a livello nazionale appare piuttosto intensa in Emilia Romagna dove si è riscontrato un decremento quantificabile intorno al 3,5% (contro il 2,5% registrato a livello nazionale), imputabile in primo luogo al forte crollo della produzione cerealicola. 1.2 L IMPIEGO DELLE RISORSE Nel corso del 2000, l evoluzione degli impieghi in Emilia Romagna ha evidenziato, analogamente a quanto riscontrato nel resto del paese, un significativo incremento della domanda interna ed un rilevante apporto degli scambi con l estero nella formazione del prodotto interno lordo regionale. 6

7 Coerentemente con quanto avvenuto nel recente passato, la parte più dinamica della spesa, è stata rappresentata dagli investimenti, con un espansione attestatasi intorno al 7,2%. Positiva è stata l evoluzione dei consumi finali il cui incremento ha raggiunto la misura del 2,8%, valore più elevato di quello medio raggiunto negli ultimi anni. La spesa delle famiglie, in ragione tanto dell aumento dell occupazione, quanto dell accrescimento dei bisogni e delle aspettative individuali ha fatto registrare un incremento pari a circa il 3,1%. Infine, il calo delle scorte da parte delle imprese (stimato nella misura dell 1,1%) ha reso negativo il contributo di tale grandezza alla formazione del prodotto interno lordo regionale. Nel corso del 2000, il contributo degli scambi con l estro alla formazione del prodotto interno lordo regionale è tornato, dopo alcuni anni ad essere positivo, assestandosi su un valore intorno allo 0,8%. Si è infatti registrato un consistente incremento delle esportazioni regionali favorito dall incremento della domanda internazionale oltre che dalla svalutazione dell'euro. D altro canto, il forte aumento della domanda interna ha prodotto una rilevante espansione delle importazioni, seppur in misura minore rispetto alle esportazioni. 1.3 IL MERCATO DEL LAVORO IN EMILIA ROMAGNA Nel corso del 2000, la domanda di lavoro in Emilia Romagna ha mostrato un andamento assai favorevole, attestatasi intorno all 1,7%. Alla base di tale incremento si pongono cause di natura congiuntale, riconducibili alla fase ciclica di crescita ed 7

8 espansione, e cause di natura strutturale, connesse a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Nel complesso, l andamento dell occupazione regionale, seppur soddisfacente, è comunque risultato più modesto rispetto a quello medio nazionale quantificato intorno all 1,9%. Questo risultato è frutto principalmente di del notevole incremento dell occupazione regionale verificatosi nel 1999, che ha verosimilmente prodotto un rallentamento nella crescita occupazionale del 2000, e del grave calo del 10,1% registrato nell occupazione agricola, pari a circa unità lavorative. Tale riduzione è imputabile in primo luogo alla riduzione del 14,3% dei lavoratori agricoli autonomi. L andamento degli altri settori dell economia è comunque stato positivo. In particolare, nel settore industriale si è registrato un incremento degli addetti quantificato nella misura del 2,1% (corrispondente a circa unità), determinato in special modo dalla decisa crescita dei lavoratori alle dipendenze (pari allo al 2,5%) e dalla tenuta dei lavoratori autonomi (la cui percentuale si attesta intorno allo 0,7). Di maggior rilevo è risultata la crescita del settore terziario dove si è registrato un aumento di circa addetti (pari a circa il 2,9%). Nello specifico l aumento dei lavoratori dipendenti è stato pari al 2,5%, e ancora maggiore è risultata la crescita dei lavoratori autonomi, risultata pari al 3,7%. Nel complesso la crescita dei livelli regionali di occupazione, è in primo luogo imputabile all incremento di manodopera dipendente di circa addetti (pari a circa il 2,9%). La misura dei lavoratori autonomi, stimata attorno allo 0,2%, è invece risultata pressoché stabile. Infine, l incremento mostrato dal settore 8

9 terziario ha permesso di compensare la riduzione del settore agricolo. L incremento della domanda di lavoro è stato affiancato da una concomitante crescita di offerta del medesimo pari all 1,1%, motivata, in primo luogo, dal miglioramento delle aspettative occupazionali individuali. Nel 2000, la maggiore interazione tra domanda e offerta di lavoro ha prodotto una riduzione del numero delle persone in cerca di impiego pari a circa unità. Il tasso di disoccupazione regionale è così sceso al 4%. L anno precedente tale valore era stato quantificato pari al 4,6%. La crescita dei livelli occupazionali dell Emilia Romagna appare comunque significativamente inferiore alla media registrata nelle altre regioni nord orientali del paese. Tale risultato è motivato dalla minore percentuale di lavoratori autonomi presenti in regione riconducibile principalmente alla forte contrazione dei lavoratori agricoli autonomi. Inoltre, rispetto alle regioni del nord est, si è verificata una minore crescita dell occupazione nel terziario, attestatasi attorno il 2,9% contro un valore pari al 4,2%. Al contrario, la dinamica dell occupazione industriale, con un aumento pari al 2,1% è stata più favorevole in Emilia Romagna che non nelle regioni nord orientali, dove tale valore si è fermato sullo 0,8%. 9

10 1.4 LA STRUTTURA DELL OCCUPAZIONE EMILIANO ROMAGNOLA La struttura dell'occupazione emiliano romagnola per settori di attività, evidenzia la maggiore importanza a livello regionale dei settori primario e secondario rispetto al terziario. L'andamento della composizione percentuale degli occupati nei vari settori mette in luce una decisa crescita di importanza del terziario, il declino della quota occupazionale in agricoltura e la diminuzione della quota anche nell'industria, declino che a livello regionale risulta molto meno accentuato di quello registrato a livello nazionale. Nella regione, la quota dei lavoratori dipendenti è sensibilmente inferiore a quella nazionale, in particolare in agricoltura, ma anche nell industria. In regione, infatti, l'elevata diffusione dell'imprenditorialità ha consentito lo sviluppo di un sistema economico caratterizzato dalla presenza di un'alta quota di piccole e medie imprese particolarmente dinamiche e flessibili. La mano d opera ha elevati livelli di professionalità, formazione e qualificazione, tanto che una delle modalità tipiche di nascita di nuove imprese è data dalla fuoriuscita di dipendenti che avviano attività in proprio, spesso in stretto contatto e collaborazione con l impresa d origine. Il sistema economico regionale, basato su una maggiore presenza di imprese private di piccole e medie dimensioni, determina maggiori difficoltà relative per le lavoratrici sul mercato del lavoro, tanto che la quota femminile dei disoccupati è notevolmente superiore a quella maschile e a quella femminile nazionale. La percentuale di occupazione femminile è superiore a quella nazionale in tutti i settori, è rilevante la quota elevata nel settore dei servizi, mentre la differenza è minima nel settore agricolo. 10

11 Nel 2000 mercato del lavoro dell Emilia Romagna ha consolidato il trend positivo in atto dal Le rilevazioni ISTAT sulle forze di lavoro hanno stimato nei primi sette mesi del 2000 una media di occupati, vale a dire l 1,3% in più rispetto allo stesso periodo del 1999, equivalente, in termini assoluti, a circa persone. In linea con gli anni passati, il trend di crescita occupazionale ha interessato maggiormente le donne (2,1%), piuttosto che gli uomini (0,7%). Il peso della componente femminile sul totale dell occupazione è rimasto sui livelli dello scorso anno (42,2%) consolidando la tendenza espansiva di lungo periodo. L Emilia Romagna si colloca così tra le prime regioni italiane per la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Con riguardo alla posizione professionale, l occupazione alle dipendenze è aumentata con un intensità maggiore (2,1%) rispetto agli occupati indipendenti, che anzi hanno mostrato un lieve calo (0,5%). L analisi dei vari settori economici offre tuttavia un evoluzione non omogenea. Il comparto agricolo ha visto una forte diminuzione degli addetti rispetto al 1999 (11,4%). La diminuzione ha interessato particolarmente i lavoratori indipendenti, diminuiti del 15,8%, mentre i lavoratori dipendenti hanno subito un calo più contenuto (2%). Il settore industriale ha registrato un aumento occupazionale decisamente inferiore rispetto alla rilevazione del medesimo periodo nel 1999, dove la crescita si era attestata al 2,1%. L aumento del 2000 è stato infatti dello 0,3%, con una crescita dei lavoratori dipendenti pari all 2,4% ed una diminuzione dei lavoratori autonomi pari al 2%. Tra i vari comparti dell industria, 11

12 quello delle costruzioni ha registrato una crescita occupazionale del 6,4% rispetto allo stesso periodo nel Bisogna sottolineare che l aumento è derivato esclusivamente dalla crescita dei lavoratori dipendenti (13,8%). Nell industria in senso stretto, che include energia e trasformazione industriale, il numero di lavoratori dipendenti è aumentato dell 1,2%, quelli indipendenti risultano invece essere diminuiti del 3%. Un altro settore che ha contribuito alla crescita occupazionale è quello del terziario (3,5%), sia in termini di occupati alle dipendenze (3,1%), sia in termini di occupati indipendenti (4,4%). In particolare i dati sul commercio, che comprendono il commercio al dettaglio e all ingrosso e le riparazioni di beni di consumo ma non gli alberghi e i pubblici esercizi, indicano una situazione di stazionarietà a livello occupazionale rispetto alle medesime rilevazioni dell anno precedente, con una crescita dei lavoratori dipendenti del 2,3% e una diminuzione di quelli indipendenti dell 1,8% In totale il numero degli occupati nel commercio incide per il 15,9%nel complesso degli occupati, dimostrando di mantenere salda la sua quota rispetto agli anni passati. Alla crescita della consistenza degli occupati si è associata la flessione delle persone in cerca di occupazione, passate dalle circa del periodo gennaio luglio 1999 alle circa dello stesso periodo dell anno successivo, per una diminuzione percentuale pari al 7,2%. L Emilia Romagna risulta, tra le regioni italiane, quella con il più alto tasso specifico di occupazione (51,7 %), situandosi al terzo posto dopo il Trentino Alto Adige e la Valle d Aosta. Rispetto alla media nazionale (43,6%), la performance dell Emilia Romagna mostra segni di continua crescita, se si considera che il divario tra il dato regionale e quello nazionale si 12

13 allarga sempre più. Questo dato, che indica gli occupati in età lavorativa sulla rispettiva popolazione, offre così una buona misura sulle capacità di una regione di creare occupazione. Nonostante il costante trend di crescita dell occupazione femminile, è interessante notare come il tasso di disoccupazione tra le donne è infatti pari al 7,1%, mentre quello maschile si attesta al 2,6%. Nella nostra regione dunque la disoccupazione si presenta come un fenomeno principalmente femminile. Se si analizzano l evoluzione delle varie condizioni che costituiscono in Emilia Romagna il gruppo delle persone in cerca di occupazione, possiamo osservare che la diminuzione più ampia ha riguardato i disoccupati in senso stretto, ovvero coloro che hanno perduto una precedente occupazione alle dipendenze, diminuiti, nei primi sette mesi dell anno, del 21,7% rispetto allo stesso periodo del Più contenuta è apparsa la diminuzione delle persone in cerca di prima occupazione pari al 7,% equivalente, in termini assoluti, a circa persone. Per le altre persone in cerca di lavoro, ovvero coloro che pur essendo in condizione non professionale (casalinghe, studenti, ecc.) si sono comunque dichiarati alla ricerca di un lavoro, è stato invece riscontrato un aumento del 20%, corrispondente a circa persone. I cosiddetti disoccupati pigri, ossia le persone che pur dichiarandosi alla ricerca di un lavoro non hanno soddisfatto i criteri richiesti per definire una persona in cerca di lavoro, sono diminuiti del 4% per cento. Questo atteggiamento potrebbe discendere da un bisogno di lavoro relativo, tipico di chi vive in famiglie economicamente floride, ma anche essere il frutto dello scoraggiamento o disincanto che può cogliere chi cerca invano un lavoro da molto tempo. Nella fascia d età tra 15 e 24 anni solo il 13

14 12% delle persone è in cerca di occupazione, contro una media nazionale pari al 30,3%. Per quanto concerne la durata della ricerca di un lavoro, solo il 13,6 % dei giovani emiliano romagnoli in cerca di occupazione si trovano disoccupati da lungo tempo, mentre il 59,1% è nella situazione di disoccupazione di breve durata. 14

15 2 ANALISI PER SETTORI DI ATTIVITA ECONOMICA 2.1 L AGRICOLTURA Le strutture agricole I censimenti generali dell agricoltura evidenziano il processo di involuzione subito dall agricoltura emiliano romagnola negli ultimi trent anni. Complessivamente la regione ha perso 92 mila aziende agricole (circa il 38% in meno) e 253 mila ettari di superficie (pari a circa il 13% in meno), vale a dire l equivalente di un intera provincia delle dimensioni di Piacenza o Ferrara. Tale processo involutivo è stato più intenso nella fascia appenninica, dove il forte calo della superficie coltivata è spesso accompagnato da un elevato tasso di invecchiamento degli addetti agricoli. Tuttavia, le aziende agricole di tutta la regione hanno complessivamente aumentato le loro dimensioni medie che si confermano superiori alla dimensioni medie nazionali e inferiori a quelle medie comunitarie. Le dimensioni medie aziendali raggiungono i 13 ettari di superficie totale, di oltre 10 di Superficie Agricola Utilizzabile. Le aziende agricole si sono progressivamente specializzate nelle singole zone tipiche più adatte a valorizzare le specifiche caratteristiche di una data azienda. Nel settore zootecnico sono progressivamente scomparsi i piccoli allevamenti, presenti nella maggior parte delle aziende agricole e destinati prevalentemente all autoconsumo, sostituiti da strutture di tipo intensivo e di grandi dimensioni. 15

16 Il 42% delle aziende agricole possiede una superficie inferiore ai 5 ettari, pari complessivamente all 8% della superficie agricola regionale. Al contrario, il 15% delle aziende possiede una superficie superiore ai venti ettari, pari al 60% della superficie agricola regionale. I tre quarti della Superficie Agricola Utilizzabile sono occupati dai seminativi (con i cereali e le foraggiere avvicendati come comparti principali); un decimo della stessa ospita le coltivazioni arboree; i prati permanenti ed i pascoli si concentrato soprattutto nell area montana. Nel 1998 il Reddito Lordo Standard dell agricoltura Emiliano Romagnola ha quasi raggiunto i miliardi di lire. L 80% di questo ammontare proveniente dalle grandi aziende ad indirizzo specializzato (che sono complessivamente circa l 8% del totale) mentre il restante 20% proveniente da piccole aziende miste, nelle quali il reddito complessivo deriva dalle combinazioni delle varie produzioni. Un gran numero di aziende piccole contribuisce dunque in misura marginale al reddito complessivo prodotto dall agricoltura regionale La produzione agricola Nel decennio la produzione agricola dell Emilia Romagna si è assestata su valori attorno all 11% della produzione agricola nazionale. Negli ultimi anni tale percentuale ha mostrato una graduale riduzione. Complessivamente, le produzioni di pere, frumento tenero, cipolla e porri, barbabietola da zucchero, pesche e uova, rappresentano oltre il 20% del totale italiano. Le produzioni di cocomeri, fragole, actinidia, soia, carni suine, pollame e latte incidono in una misura 16

17 variabile dal 15% al 20%, mentre le produzioni di pomodori, orzo, meloni e fagioli freschi coprono una percentuale che va dal 10% al 15% dell ammontare complessivo italiano. Con un valore aggiunto di quasi 400 miliardi, la produzione regionale di pere della regione rappresenta da sola oltre il 63% della produzione nazionale. Ad essa seguono, per ordine di importanza il frumento tenero, la barbabietola da zucchero, le cipolle ed i porri, le pesche e le uova. L andamento della produzione agricola a prezzi correnti è stato crescente dal 1992 al 1995, per poi decrescere fino al 1999, anno in cui si è verificata una decisa variazione negativa. Invece, la produzione lorda vendibile a prezzi costanti, non essendo legata all andamento dei prezzi, evidenzia un andamento decrescente fino al 1997 e inverte la tendenza, negli ultimi anni. Il confronto della produzione lorda vendibile a prezzi correnti con quella a prezzi costanti pone in evidenza il calo dei prezzi verificatosi nell ultimo biennio. Nello stesso periodo la capacità produttiva delle imprese del settore è invece risultata sostanzialmente stabile e positiva. Il contributo dei vari comparti alla formazione della produzione lorda vendibile regionale è rimasto pressoché invariato. Le produzioni vegetali e gli allevamenti contribuiscono praticamente in egual misura alla formazione del valore delle produzioni agricole. Tra le prime risulta preponderante l importanza delle coltivazioni arboree, delle patate e degli ortaggi. Minore è il contributo delle coltivazioni leguminose, floricole e dei foraggi. Il mais ha incrementato il suo peso nel comparto cerealicolo, mentre il grano duro ha praticamente dimezzato la propria incidenza. Tra le coltivazioni orticole, è aumentata la produzione lorda vendibile 17

18 del pomodoro ed è diminuita quella della fragola. Nel comparto della zootecnia è da segnalare il notevole calo produttivo della carne bovina La localizzazione delle principali produzioni agricole Nel 1999, la provincia di Modena ha contribuito da sola al 16% della produzione lorda vendibile agricola regionale, seguita dalle province di Ferrara e Forlì Cesena, attestasi entrambe su un valore pari al 13%. Bologna e Reggio Emilia contribuiscono ciascuna per il 12%, mentre Ravenna e Parma concorrono per una percentuale pari all 11%. Più marginali sono i contributi delle province di Piacenza e Rimini (appena il 3%). Per quanto riguarda invece la produzione lorda vendibile delle coltivazioni erbacee, la provincia di Ferrara contribuisce da sola per il 24% della produzione lorda vendibile regionale, seguita dalla provincia di Bologna (18%), Piacenza, Forlì Cesena, (ciascuna per il 12%) e Modena (10%). Inferiori sono i contributi delle province di Ravenna e Parma (entrambe nella misura del 7%), Rimini e Reggio Emilia (ciascuna per il 5%). Il 25% della produzione lorda vendibile delle coltivazioni arboree proviene dalla provincia di Ravenna. Seguono Modena (20%), Ferrara (16%), Bologna (14%) e Forlì Cesena (11%). Le rimanenti province contribuiscono ciascuna nella misura del 10%. In particolare, per quanto riguarda la produzione lorda vendibile cerealicola, la provincia di Ferrara contribuisce da sola per il 28% della produzione lorda vendibile regionale, seguita dalla provincia di Bologna (19%). Nel comparto cerealicolo e marginale l apporto della provincia di Forlì Cesena. 18

19 Le province di Ferrara e di Bologna, con percentuali rispettivamente pari al 26% e al 25%, detengono il primato regionale anche per quanto riguarda la produzione lorda vendibile di piante industriali. Nel settore orticolo le province che hanno una maggiore incidenza sono Ferrara (23%), Forlì Cesena (20%), Piacenza (18%) e Bologna (14%). L assortimento degli ortaggi coltivati nelle singole province risulta molto diverso. Per esempio nelle province di Parma e Piacenza la produzione lorda vendibile di pomodori rappresenta da sola oltre il 70% del totale della produzione orticola provinciale. Nella provincia di Bologna, produzione della patata copre il 30% della produzione provinciale; nella provincia di Forlì Cesena, la produzione della fragola rappresenta il 20% della produzione orticola provinciale. La produzione frutticola si localizza principalmente nelle provincie di Ravenna (26%), Ferrara (23%), e Modena (21%). Più limitato è l apporto delle altre provincie della regione. Anche gran parte della produzione vinicola (26 % del totale regionale) si concentra nella provincia di Ravenna. Seguono le province di Reggio Emilia (22%), Piacenza e Rimini. Per quanto riguarda infine il settore della zootecnia, la provincia di Parma contribuisce da sola per il 20% della produzione lorda vendibile regionale, seguita a ruota da Reggio Emilia (19%) e Modena (18%). Le provincie di Ferrara e Rimini contribuiscono in misura minima. Nelle provincie occidentali della regione, la componente principale dei prodotti zootecnici è costituita dal latte vaccino, dalla carne bovina e da quella suina. Nelle province orientali prevalgono invece gli allevamenti di pollame e uova. 19

20 2.1.4 Le imprese agroalimentari L Emilia Romagna si caratterizza per la forte integrazione tra agricoltura e industria, con la comparsa di un vero e proprio sistema agroalimentare. Tale sistema tende ad articolarsi in distretti, ciascuno dei quali caratterizzato dalla progressiva concentrazione, in precise aree, di imprese di trasformazione specializzate in un determinato comparto produttivo (per esempio il formaggio Parmigiano Reggiano, i prosciutti, i salami, le conserve di pomodoro). All origine dei distretti vi sono quasi sempre processi di specializzazione nella produzione agricola, accompagnati da tradizioni artigianali nella trasformazione del prodotto stesso. In alcuni casi (per esempio per il Parmigiano Reggiano), sussistono ancora rapporti esclusivi con la produzione agricola locale. In altri casi, tali rapporti sono divenuti progressivamente sempre meno stretti, poiché l approvvigionamento della materia prima avviene anche da altre regioni italiane o all estero. I distretti agroindustriali presenti in Emilia Romagna si caratterizzano per la prevalenza di imprese di piccole e medie dimensioni, ma anche per la particolare consistenza che assumono le imprese cooperative, soprattutto nei comparti caseario, enologico ed ortofrutticolo. La filiera cerealicola può contare su 256 imprese di stoccaggio, 95 mangimifici e 4 industrie risiere; quella ortofrutticola vede attive 64 industrie conserviere, 27 frantoi e 376 imprese di frigoconservazione (di cui 95 costituite in forma cooperativa). Nel comparto vitivinicolo sono presenti 53 cantine cooperative, cantine private (distribuite prevalentemente nelle province 20

21 romagnole e sulla fascia collinare appenninica) più alcune distillerie. Nell ambito della filiera zootecnica operano 569 caseifici ed oltre 400 industrie salumiere. Il numeri dei caseifici, tuttavia, si sta progressivamente riducendo. Il panorama regionale dei principali comparti agroindustriali è completato da 10 zuccherifici e da 15 impianti per la disidratazione artificiale dei foraggi L occupazione agricola In meno di quarant anni gli addetti all agricoltura regionale sono diminuiti di quasi mezzo milione e l incidenza degli occupati agricoli sul totale della forza lavoro è crollata passando dal 36,6% meno del 7%. L impiego di lavoro per unità di superficie si è quindi drasticamente ridotto: attualmente la media regionale è di 25 giornate per ogni ettaro di Superficie Agricola Utilizzabile, vale a dire poco più di un terzo di quelle necessarie nel Tale andamento negativo non ha tuttavia comportato una riduzione delle produzioni agricole perché è stato accompagnato da un rapido aumento della produttività del lavoro e del fattore terra in seguito alla massiccia introduzione della meccanizzazione e di altre innovazioni tecniche. Accanto alla progressiva scomparsa della mezzadria, si è consolidata la conduzione diretta che, nella maggior parte dei casi, si avvale di manodopera esclusivamente famigliare, eventualmente integrata dall impiego di contoterzisti per lo svolgimento di specifiche operazioni colturali. Nel 1998, le aziende agricole dell Emilia Romagna hanno assorbito complessivamente quasi 31 milioni di giornate di lavoro, di cui 27 21

22 milioni (pari all 88%) prestate dalla manodopera familiare e circa 4 milioni, da salariai fissi e avventizi. Tra le varie categorie di manodopera, prevale il ruolo dei conduttori che, da soli, coprono oltre al metà delle giornate di lavoro necessarie alla gestione aziendale. L incidenza del lavoro femminile, spesso svolto a tempo parziale, è pari al 28% delle giornate di lavoro complessive. Esso è particolarmente rilevante fra i coniugi dei conduttori e fra i salariati avventizi a conferma del fatto che nelle aziende agricole il ruolo delle donne tende a rimanere meno qualificato. Solo nel 19% dei casi il conduttore è una donna, percentuale che risulta invariata rispetto al Di assoluto rilievo nel panorama regionale è la presenza delle Cooperative Agricole Braccianti, storicamente radicate nel contesto economico e sociale della regione, con particolare riguardo alla zona ravennate. Si tratta di una realtà in costante evoluzione, protagonista oggi di fusioni tra cooperative di piccole dimensioni per dar vita a strutture più grandi in grado di gestire in maniera efficace e moderna molte centinaia di ettari di terreno. 2.2 LA PESCA Storicamente l'attività della pesca riveste un ruolo di primaria importanza nell economia dei centri costieri e vallivi della regione. La flotta dell Emilia Romagna è attrezzata per la pesca a strascico, volante e con draghe idrauliche. Le reti a strascico sono trainate in mare tramite un imbarcazione. Si tratta di reti costituite da più pezze, diverse per dimensioni del filo e della maglia, cucite tra di loro in modo da formare un cono. Il pesce viene catturato col progressivo avanzamento dell imbarcazione. Le principali specie 22

23 catturabili con questo tipo di reti da pesca sono: triglie, naselli, cernie, pagelli, saraghi, sogliole, rane pescatrici, razze, palombi, scampi, gamberi rossi, aragoste, pannocchie, moscardini, seppie e calamari. Le reti volanti sono trainate a mezz acqua da una o due imbarcazioni. Tali reti offrono la possibilità di pescare a diverse profondità: possono anche sfiorare i fondali ma non ne vengono mai a contatto. Le reti sono costituite da più pezze, diverse per dimensioni del filo e della maglia, cucite fra di loro. le alici, le sarde, gli sgombri e le aguglie. La draga idraulica, o turbosoffiante, è un attrezzo che penetra nel fondo marino per poi raccogliere, avanzando, tutti gli organismi presenti nel substrato. È un attrezzo studiato appositamente per la pesca dei molluschi bivalvi: mitili, vongole, longoni, cannolicchi, fasolari. Questi, una volta catturati, sono trattenuti da una griglia metallica, mentre la sabbia ed il fango accumulati nell attrezzo sono spinti fuori con getti d acqua pompati a forza nell impianto di cattura. Complessivamente in Emilia Romagna ci sono 26 cooperative e aziende della pesca; 67 cooperative e aziende della piscicoltura, allevamento e distribuzione; 40 impianti di depurazione e centri di raccolta molluschi; 175 aziende e industrie di lavorazione, trasformazione e commercio prodotti ittici; 9 depositi e magazzini generali; 6 mercati ittici all ingrosso. Questi ultimi anno sede a Goro, Porto Garibaldi, Marina di Ravenna, Cesenatico, Rimini e Cattolica. I mercati ittici di Goro, Porto Garibaldi, Marina di Ravenna e Cesenatico sono mercati alla produzione, dove confluiscono quasi esclusivamente prodotti della pesca e dell acquacoltura direttamente dalla produzione. I mercati ittici di Rimini e Cattolica sono mercati misti dove, accanto alla forte prevalenza si prodotto locale, sono presenti anche prodotti 23

24 provenienti da altre zone d Italia o dall estero. In questi mercati si applica il sistema di vendita all asta, che è molto gradito dai produttori in quanto consente loro di ottenere il prezzo più elevato in quel momento attraverso il confronto diretto ed immediato tra i potenziali acquirenti. Di norma la vendita del pescato all asta prevede la proposta di un prezzo base dichiarato dall astatore all inizio della gara; le offerte proposte dagli acquirenti sulla base del prezzo d asta; l attribuzione della partita all acquirente che offre il prezzo più elevato. La vendita all asta può essere a voce, ad orecchio (in questo caso le offerte al rialzo degli acquirenti sono proposte all orecchio dell astatore) o con metodo automatico. I dati riferiti ai primi sette mesi del 2000, hanno registrato una crescita delle quantità di pescato introdotte nei mercati ittici della regione ed un contestuale calo dei prezzi di vendita e dei ricavi realizzati. I pesci che costituiscono il gruppo più consistente delle quantità immesse, hanno fatto registrare un aumento del pescato immesso pari al 16,4%. Per il solo pesce azzurro la crescita è stata del 21% grazie al forte incremento di alici e acciughe. Nelle altre specie vanno sottolineati i forti incrementi di anguille, ghiozzi, ombrine e corvine, orate, spigole e triglie. Le diminuzioni più rilevanti sono invece state a carico di saraghi, sogliole, sugarelli, potassoli, latterini e merluzzi e naselli. Per i molluschi è stato rilevato un calo del 15,9%. Se si escludono moscardini, polpi e totani, i cui quantitativi sono generalmente limitati, tutte le altre specie hanno accusato flessioni, apparse particolarmente ampie per seppie, vongole e cozze. Quest'ultima specie si è praticamente azzerata. Questi molluschi bivalvi vengono infatti avviati in misura massiccia verso altri mercati oppure direttamente agli impianti di 24

25 lavorazione. Vanno inoltre considerate le quantità vendute direttamente dai pescatori, che in alcune zone sono piuttosto ampie. I crostacei hanno fatto registrare la crescita più ampia pari al 36,4%, da attribuire esclusivamente al forte incremento delle canocchie, che ha colmato le flessioni delle altre specie. Il movimento delle imprese desunto dall apposito Registro è stato caratterizzato da un saldo fra iscrizioni e cessazioni pari a zero rispetto al passivo di 11 riscontrato nel primo semestre del La compagine imprenditoriale si è articolata a fine giugno 2000, comprendendo la piscicoltura e servizi annessi al settore, su imprese attive, vale a dire lo 0,1% in più rispetto alla situazione in essere a fine giugno L ARTIGIANATO Dopo la profonda crisi strutturale attraversata negli anni novanta, l artigianato conosce, al momento attuale, un lento ma graduale recupero. Negli ultimi cinque anni infatti il numero delle imprese artigiane è infatti aumentato del 4,1%, pari a imprese in più, con una distribuzione della crescita abbastanza omogenea tra i tre principali settori di attività (agricoltura, industria e servizi). L aumento ha interessato anche le imprese con dipendenti, passate da a (2,9%). Il numero di addetti al settore è dunque passata da a (0,6%). Questi buoni risultati perfettamente in linea con l evoluzione dell economia regionale, hanno contribuito a ridurre il ricorso alle sospensioni dalle imprese per problemi di tipo economico o produttivo. 25

26 Nel primo semestre 2000 gli accordi di sospensione e riduzione sono passati da a 869, pari ad una diminuzione del 17,3% ed i lavoratori coinvolti nelle sospensioni e riduzioni sono passati da a3.421, pari ad una diminuzione del (22,4%). I settori che hanno registrato il calo più sensibile di accordi sono la meccanica di produzione, la chimica ed il calzaturiero. I settori che invece hanno registrato un aumento di accordi sono l alimentare, la panificazione e le lavanderie stirerie. Il settore tessile e dell abbigliamento è quello con il maggior numero di accordi di sospensione e riduzione. Considerando i dati disaggregati a livello provinciale, otto province su nove hanno registrato un calo degli accordi di sospensione e riduzione. Fa eccezione la provincia di Piacenza dove, contrariamente si è verificato un aumento degli accordi di sospensione. I risultati migliori sono stati conseguiti nella provincia di Rimini dove gli accordi di sospensione sono diminuiti del 45,8% rispetto agli anni precedenti. Sono diminuite anche le quote erogate dal Fondo Sostegno al Reddito ai settori tradizionalmente utilizzatori: quello tessile, quello calzaturiero e quello dell abbigliamento. Questo dato induce a supporre una futura ripresa delle imprese artigiani operanti in questo settore che, al momento, sembra scongiurare ogni avessero imboccato un irreversibile ridimensionamento produttivo e occupazionale. Un altro segnale della rinnovata vitalità delle imprese artigiane regionali è testimoniato dall andamento crescente degli investimenti in macchine e attrezzature, tipico dei settori più avanzati ed innovativi del comparto artigiano. 26

27 Il Fondo Imprese sostiene programmi di sostegno economica rivolti alle imprese che effettuano investimenti nei campi della sicurezza, della qualità e nella ristrutturazione degli impianti. Analizzando le erogazioni per tipologia di intervento, si evince che l 89,4% del totale dei contributi erogati, è stato utilizzato per l acquisto di macchine utensili, il 6,1% è stato destinato ad eventi di forza maggiore. Il rimanente è stato impiegato per interventi di ristrutturazione e migliorie qualitative. A livello territoriale i contributi maggiori sono andati alle province di Bologna, Modena e Forlì Cesena. La provincia di Piacenza è invece quella che ha richiesto meno contributi per interventi. Nel 2000, i contratti di tirocinio sono diminuiti rispetto all anno precedente. Per quanto riguarda invece i contratti di formazione lavoro, nel 2000 si è verificata una riduzione del numero dei progetti approvati rispetto allo stesso periodo dell anno precedente in tutte le provincie della regione fatta eccezione per la sola provincia di Reggio Emilia. 2.4 L INDUSTRIA Caratteristiche generali In Emilia Romagna sono presenti oltre centomila imprese industriali, in gran parte dedite ad attività manifatturiere ed in prevalenza di piccole e medie dimensioni. La concentrazione degli addetti dell industria regionale nelle unità locali di minore dimensione è andata aumentando dalla fine degli anni ottanta per effetto di un progressivo fenomeno di disintegrazione delle attività. In particolare si sono verificate una sensibile diminuzione delle imprese con più di 500 addetti ed un contemporaneo aumento 27

28 delle imprese con un numero di dipendenti compreso tra le 100 e le 500 unità. In particolare è da notare l importanza dell industria meccanica, rilevante sia per la quota di unità locali da cui è costituita, sia per il numero di occupati assorbiti. Un rilevante contributo allo sviluppo economico della regione (in termini di elevati profitti ed alti livelli occupazionali e retributivi) è stato dato dai cosiddetti distretti industriali. Si tratta di agglomerati di centinaia, o migliaia di imprese, prevalentemente di piccola o media dimensione, concentrate in un area territorialmente delimitata, specializzate e interdipendenti tra di loro che operano nello stesso settore. Il processo produttivo viene realizzato attraverso la collaborazione di molte imprese, che svolgono solo una o solo alcune delle diverse fasi del processo produttivo. Le imprese del settore che hanno accesso al mercato del prodotto finito sono relativamente poche, mentre la gran parte di esse produce semilavorati e prodotti intermedi. La numerosità delle imprese subfornitrici e dei potenziali committenti determina l esistenza di condizioni di mercato di concorrenza per i prodotti intermedi. Solitamente le imprese subfornitrici non dipendono da un unico committente e sono ampiamente autonome. Lo stretto contatto tra committenti e subfornitori e i processi di cooperazione che si vengono a instaurare, secondo diverse forme, contrattuali o meno, costituiscono la base della continua evoluzione dell attività del distretto, del continuo flusso di innovazioni introdotte e dell alto livello qualitativo delle produzioni. La comune formazione di lavoratori e imprenditori, la facilità e i minori rischi delle relazioni 28

29 tra imprese, che spesso sono avviate da ex dipendenti sotto la guida e con il sostegno dell impresa madre, sono alcuni dei fattori sociali principali che fungono da collante delle relazioni all interno dei distretti. Il sistema di produzione dei distretti necessita di un sistema di servizi tecnici, commerciali e amministrativi avanzati a disposizione delle proprie imprese. In Emilia Romagna sono molteplici le specializzazioni dei distretti industriali. Possono essere identificate alcune concentrazioni industriali importanti e chiaramente definite: il distretto tessile e dell abbigliamento nel carpigiano e nel modenese; i distretti calzaturieri di Fusignano (Ravenna) e San Mauro Pascoli (Rimini); i distretti delle piastrelle in ceramica e delle macchine per l industria medesima nel sassolese (Modena) e nella zona di Castellarano (Reggio Emilia); i distretti del motociclo delle macchine automatiche per l imballaggio nel bolognese; il distretto delle macchine agricole, nel modenese e nel reggiano; il distretto biomedicale a Mirandola (Modena); i distretti delle macchine per la lavorazione del legno di Carpi (Modena) e di Rimini; il distretto delle macchine utensili nel piacentino; i distretti dell industria alimentare e delle macchine per l industria medesima nel parmigiano; il distretto del mobile imbottito nel forlivese. 29

30 Forme di integrazione economica e non giuridica hanno permesso alle imprese dei distretti di raggiungere un elevato livello di coordinamento, di stabilire relazioni di lungo periodo più stabili, di fornire gamme di prodotti più complete, di presidiare mercati esteri, sviluppare forme di adattamento alle condizioni di mercato, di pianificare azioni strategiche a lungo termine. Nei distretti regionali si sono realizzati anche casi rilevanti di crescita di interi comparti a monte o a valle della produzione principale del distretto, in particolare è tipico il caso dello sviluppo di un sotto distretto dell industria produttrice di macchine per il settore principale del distretto. Il processo di internazionalizzazione ha coinvolto anche i distretti regionali. Grandi imprese estere e multinazionali estere si sono insediate in alcuni distretti regionali, attirate dalla qualità della rete di subfornitura, dal valore promozionale della localizzazione e dalla qualificazione della forza lavoro L'industria alimentare L agroalimentare riveste un ruolo di primaria importanza, nell'ambito dell'economia regionale, che deriva in principalmente dalla forte integrazione col settore agricolo. Nel 2000 la produzione è aumentata del 3,7%. A questo risultato si è associato un miglioramento del fatturato dell 8,8%, trainato soprattutto dalla domanda interna, che assorbe da sola il 96%. Significativo è stato anche l incremento delle esportazioni, aumentate dell 8,1% rispetto all anno precedente. L approvvigionamento dei materiali destinati alla produzione è risultato abbastanza agevole. Le giacenze di materie prime sono state considerate adeguate dalla maggioranza delle aziende; le 30

31 giacenze di prodotto finito sono invece state considerate in esubero da un esigua quota di aziende. Il numero di imprese attive iscritte al relativo registro è aumentato di 91 unità pari a una crescita del 1,1%. Nel settore prevalgono le imprese di piccola dimensione (fino a 49 addetti) che impiegano circa il 67% degli addetti. Alle queste imprese di piccola dimensione si affiancano numerosi pastifici e caseifici di grandi proporzioni. Le più alte concentrazioni di addetti sono riscontrabili nei comparti della produzione di paste alimentari e di prodotti da forno, della produzione, lavorazione e conservazione di carne e prodotti a base di carne, nella fabbricazione di prodotti lattiero caseari, e nella lavorazione di frutta e ortaggi. L industria alimentate locale conta oltre unità e quasi addetti (equivalenti al 10,3% del totale dell industria manifatturiera). L occupazione, che risente in maniera particolare delle assunzioni stagionali effettuate prevalentemente nel periodo estivo, ha fatto registrare un aumento del 9,2%, inferiore di circa tre punti percentuali a quello riscontrato nello stesso periodo del Coerentemente con l andamento dell attività, le imprese agroalimentari possono prevedere un elevata crescita occupazionale. Oltre alle assunzioni stabili, il settore crea ogni anni decine di migliaia di posti stagionali: questo ne fa, dopo l agricoltura ed il turismo, il più grande bacino di domanda lavorativa stagionale. L impatto degli investimenti e la crescita della produttività innalzano tendenzialmente il livello di scolarità dei neoassunti. In 31

32 particole le imprese cercano una quota di giovani diplomati o laureati di poco superiore alla media del settore industriale. In termini di professionalità, rispetto alla media del settore industriale, l industria alimentare è caratterizzata da un incidenza maggiore di figure operaie specializzate e da un incidenza inferiore di figure tecniche o destinate alla vendita L'industria tessile e dell abbigliamento L industria tessile e dell abbigliamento regionale è specializzata nelle confezioni in tessuto e sulla maglieria. Le confezioni di abbigliamento intimo rappresentano un settore di nicchia. Il settore è fortemente specializzato nelle produzioni femminili, che hanno un notevole contenuto di moda, sono molto variabili nel tempo e poco standardizzate. Si offrono dunque serie corte e ampi campionari. Il settore della maglieria si concentra nelle provincie di Bologna, Modena e Reggio Emilia e privilegia le imprese di piccola dimensione; quello delle confezioni in tessuto è distribuito in maniera uniforme su tutto il territorio regionale e privilegia le imprese di medie dimensioni. Nel settore tessile e dell abbigliamento si trovano imprese che operano a diretto contatto con il mercato e imprese subfornitrici che operano in conto terzi. Le prime costituiscono appena di un quarto del totale e occupano circa la metà degli addetti del settore, la loro dimensione aziendale media in è dunque piuttosto elevata. Tali imprese ricorrono ampiamente al decentramento produttivo, con spiccata preferenza verso le aree regionali. In genere, le imprese di piccola e media dimensione si indirizzano prevalentemente verso i canali 32

33 distributivi all ingrosso e verso le grandi catene distributive; le imprese di dimensioni maggiori si rivolgono invece alla vendita al dettaglio, ricorrono a negozi propri o al franchising. Le imprese di subfornitura presentano una dimensione inferiore in termini occupazionali e sono spesso a conduzione famigliare. Le diverse fasi produttive, fortemente decentrate anche al di fuori del territorio regionale, richiedono una cura particolare e mano d'opera altamente qualificata. Sia le imprese operanti direttamente sul mercato che le imprese subfornitrici mostrano una buona ricettività delle innovazioni ed un elevato livello nelle tecnologie impiegate. Nel 2000 la produzione è aumentata del 5,4%. Questo discreto andamento si è associato al miglioramento delle vendite: in termini correnti il fatturato è cresciuto del 5,1%. La domanda è apparsa in lieve crescita (2,1%). Le esportazioni hanno rappresentato circa il 28% del fatturato e sono aumentate del 2,3%. L approvvigionamento dei materiali destinati alla produzione è apparso difficile per una quota contenuta di aziende. Le giacenze dei prodotti destinati alla vendita sono state giudicate in esubero da una piccola quota di aziende. Il numero di imprese attive iscritte al relativo registro è diminuito di 142 unità pari a un decremento percentuale del 4,3%, che è tra i più elevati dell'industria manifatturiera. Il settore tessile e dell abbigliamento conta complessivamente unità locali che impiegano quasi addetti, di cui circa il 85,2% occupato in imprese di piccola dimensione. In particolare, il comparto della maglieria impiega da solo circa la metà degli addetti totali del settore. 33

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