ELIO VITTORINI CONVERSAZIONE IN SICILIA

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2 ELIO VITTORINI CONVERSAZIONE IN SICILIA nuova edizione aggiornata a cura di Giovanni Falaschi con una nota di Sergio Pautasso alle illustrazioni di Renato Guttuso in appendice una corrispondenza immaginaria di Vittorini dal fronte spagnolo contemporanea

3 Proprietà letteraria riservata 1986, 1988 RCS Rizzoli Libri S.p.A., Milano 2000 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN Prima edizione BUR 1988 Prima edizione BUR Contemporanea ottobre 2014 Impaginazione e redazione: Studio Dispari Milano Seguici su: Facebook: BUR Rizzoli

4 INTRODUZIONE all indimenticabile Mazzino Montinari Lo schema scolastico dell introduzione come genere letterario prevede il resoconto del quadro storico in cui il testo si colloca cioè la descrizione del contesto e quindi l analisi del testo medesimo; è, questo, un cliché fondato su una gerarchia per così dire quantitativa dei valori (dalla storia come macro all opera come microfenomeno) e su una gerarchia ideologica: dalla storia come struttura (la contraddittorietà dell asserzione è più che evidente) al testo come sovrastruttura. Tale schema potrebbe essere tanto più cogente per un introduzione come la nostra che vuole essere, se non proprio a tutto campo, almeno tesa ad esaminare molti aspetti del testo di Vittorini. Il quale però è notissimo, così come sono vulgati molti risultati delle voci bibliografiche sull argomento. Sarebbe quindi oltremodo noioso, per noi e per il lettore, iniziare l introduzione con un «C era una volta la guerra di Spagna». Ci è parso perciò opportuno prendere un altra strada, e quanto ai risultati già noti, richiamarli brevemente. 5

5 6 I Nella primavera del 1932, un anno dopo gli esordi della sua collaborazione a «Il Bargello», Vittorini si era occupato di cinema recensendo alcuni film o scritti di critica cinematografica. Aveva cessato di occuparsene quell anno stesso (agli inizi del 1933 replica su «L Italia letteraria» un intervento dell anno prima) e ripreso l attività di recensore sul settimanale fiorentino alla fine del 1936; l ultimo pezzo, firmato con pseudonimo, è del 14 marzo Siamo, come si vede, nei dintorni di Conversazione in Sicilia. Se non vi furono ragioni esterne, ed è probabile di no, a determinare l interruzione delle recensioni d argomento cinematografico nel 1932, quelle personali potrebbero ridursi a una: pur apprezzando alcuni registi stranieri (ulteriore elemento di polemica, questo, contro il nostro provincialismo) Vittorini considerava forse il cinema come un arte che cercava di darsi uno statuto, un arte «possibile» perché non ancora fondata su un linguaggio sicuro. E così credo che in una sua mentale gerarchia delle arti, la pittura gli sembrasse superiore al cinema a colori, il romanzo a quello a colori e in bianco e nero. Comunque Vittorini si pose senz altro il problema di quale rapporto intercorresse fra il racconto per immagini del film e quello letterario; se lo pose non solo sollecitato dalle sceneggiature di romanzi per film, ma da una propria convinzione per dir così filosofica: ritenendo egli che la realtà sia movimento, è ovvio che il racconto fatto con immagini in movimento attraesse automaticamente la sua attenzione. D altra parte, convinto com era che l arte non consiste in quella che banalmente si chiamava la rap-

6 presentazione fotografica della realtà, ma che fosse l artista, qualunque tecnica egli avesse scelto, a conferire senso al movimento reale, ecco allora che letteratura, cinema e pittura gli dovettero apparire risposte diversificate allo stesso problema. Nel 1932, parlando della pittura di Achille Lega, commentava: «Del resto, sempre in pittura, importa piuttosto suggerire un motivo, che specificarlo. Riuscire a suggerire che qualcosa è accaduto o sta per accadere, che un carretto sta per passare, che una draga poco più giù macina l acqua» («Il Bargello», 20 novembre). È un affermazione fondamentale che egli ha ripetuto con altro linguaggio in seguito, senza mai smentirla. In coerenza con ciò pensava che il cinema, come costruzione di immagini in movimento, non dovesse copiare il movimento apparente e superficiale delle cose, ma individuarne esso stesso le leggi e il senso. Il vero regista, quindi, costruisce le immagini, non riproduce quello che l occhio vede. È ragionevole anche attribuire a Vittorini, almeno all altezza cronologica di Conversazione, la distinzione tra sequenza di sole foto e cinema: la prima come montaggio d immagini che rappresentano ciò che si vede con l occhio, il secondo come ricostruzione tendenzialmente artistica. Si legga un giudizio del 29 novembre 1936 (ancora su «Il Bargello») molto illuminante: «Gli ammutinati del Bounty è esempio caratteristico di come il cinematografo non sia dopo tutto che applicazione, mica arte vera e propria. Simile all arte, è elaborato che diremmo addirittura critico». Il senso del passo che abbiamo messo in corsivo è questo: la rappresentazione artistica parte dalla realtà ma non la riproduce, sibbene la ricostruisce, cioè le dà un senso, laddove la rappresentazione cinematografica tende a far vedere le 7

7 cose come sono, secondo un criterio non artistico, secondo quello che comunemente sappiamo essere vero perché lo vediamo (è questo il «vero» che non interessa l arte). Ma è l aggettivo «critico» che conta, e che significa riportare alla verità comune, storica, ciò che l arte racconta con una sua peculiarità: il linguaggio cinematografico è dunque quello più vicino alla visione comune, documentaria, delle cose. Tutto questo parlando in termini generali che Vittorini smentisce continuamente. Infatti, come sempre accade, quando uno lavora su un oggetto che lo interessa è portato a modificare continuamente le proprie convinzioni teoriche, per cui se parliamo delle opinioni generali di Vittorini sul rapporto cinema-fotografia-letteratura ad una data x, vediamo che egli, quando si occupa concretamente di cinema, concede di fatto molto più di quanto riterremmo che fosse implicito nelle sue convinzioni teoriche concedere. È perciò necessario illustrare questa imperfetta giustapposizione di teoria e pratica. Per esempio: mentre Vittorini sembra negare che il cinema abbia definitivamente raggiunto un suo statuto d arte, ammette ovviamente che alcuni registi (Clair, per esempio, o Dreyer o Pabst) siano grandi, e che alcuni film, o alcune sequenze, siano veramente artistiche; e questi giudizi sono veri per lui nel 1932 come nel Tuttavia, nello stesso 1936, sembra che per lui la fotografia sia la tecnica della riproduzione degli oggetti reali quali sono. Quindi se non sempre il cinema, e non sempre un bel film, raggiunge l arte, il fotogramma non lo raggiunge mai. Questo sembra essere il contenuto di un affermazione riguardante un film a colori: «Insomma» scriveva Vittorini «il colore non è considerato fermo, naturale alle immagini, e cioè concepito fotograficamente, ma in dipendenza del- 8

8 le immagini, come un terzo movimento» («Becky Sharp» e il film a colori, «Il Bargello», 15 novembre 1936). Ebbene, io credo che nell affermazione che vuole la fotografia come mezzo di riproduzione del dato oggettivo tal quale esso è, pesi anche la forza inerziale della frase fatta riproduzione fotografica della realtà come riproduzione inerte e passiva, quindi non artistica; e vi pesi anche una distinzione meccanica e troppo facile fra immagine in movimento del film e immagine statica. Fatto sta che Vittorini arrivò ben presto a concepire l impiego della fotografia accanto al testo letterario, e si vanterà di essere stato il primo a farlo con intenzione non meramente illustrativa, ornamentale. È interessante che, nei dintorni di Conversazione, come si è visto, egli definisse «critica» la funzione del cinema. Il significato dell aggettivo sembra essere il seguente: mentre la letteratura, partendo dal dato reale, lo trasforma al punto che ne dà un immagine non diretta ma allusiva, la fotografia, o il montaggio dei fotogrammi in una sequenza cinematografica non artisticamente riuscita, danno dell oggetto un immagine realistica; quest ultima ha un valore «critico» rispetto alla prima perché la riporta alla sua grezza natura di immagine elementare. La funzione «critica» del cinema (e dei fotogrammi) non si esercita dunque nei confronti dell oggetto reale ma dell immagine artistica. Questo è molto importante, perché c induce a ritenere che Vittorini riflettesse, ancora negli anni di Conversazione, sul rapporto fra letteratura e cinema, e naturalmente su quello fra realtà e rappresentazione letteraria; per cui si deve ammettere che egli lavorasse tenendo presenti oggetti (luoghi, personaggi, situazioni) «veri» per portarli al massimo di espressività, senza voler toglier loro quei 9

9 tratti per cui sembrano anche, sulla pagina, storicamente e geograficamente determinati; il risultato avrebbe dovuto essere quello dell assolutezza dell immagine: nel linguaggio letterario l oggetto è anche l Oggetto, e quindi il dato empirico e qualcosa in più di esso: così la Sicilia è, per entrare nel merito della Nota a Conversazione, Persia e Venezuela perché ancor «più Sicilia». Cinema, fotografia e letteratura trovano dunque una sistemazione all interno della teoria artistica di Vittorini negli anni di Conversazione, così come erano presenti al suo lavoro di scrittore i problemi relativi alla rappresentazione linguistica dei puri oggetti del ricordo. Con questo spirito, mentre sceglieva nel 1941 il materiale fotografico per Americana, si convinse che avrebbe potuto illustrare Conversazione con delle fotografie (La foto strizza l occhio all immagine, in «Cinema nuovo», 15 aprile 1954) allo scopo di far vedere quello che non aveva potuto scrivere per timore della censura, soprattutto nelle due ultime parti del libro. La fotografia avrebbe dovuto quindi colmare le lacune dei capitoli in cui l autore era stato reticente, assolvendo così non solo ad una funzione «critica» («critica» semmai avrebbe potuto esserlo solo per le parti in cui l autocensura non era scattata) ma di completamento del testo, aggiungendovi l immagine reale di ciò di cui non si parlava, o si parlava troppo copertamente. Ecco allora che mentre Vittorini chiedeva alla fotografia di supplire alle carenze del testo, finiva per riconoscerle autonomia e necessità. Il progetto d illustrazione di Conversazione andò in porto soltanto nel 1950, quando, di febbraio per evidente congruenza col viaggio invernale di Silvestro, l autore visitò i luoghi siciliani dell infanzia insieme a Luigi Crocenzi, 10

10 che già aveva collaborato con lui per «Il Politecnico», Giovanni Pirelli e altri amici. Lavorarono come una piccola troupe cinematografica, facendo riprese dal vero e altre di scene ricostruite: «una cavalcata notturna, una riunione di contadini in una bettola, scene familiari in abitazioni rupestri, scene ferroviarie in due stazioni, scene di lavoro artigiano a Ragusa, scene di burattini a Caltagirone e composizioni di oggetti» (è quanto scrive lo stesso Vittorini nell articolo su «Cinema nuovo»). Il risultato fu la bella edizione di Bompiani del 1953, nella quale le fotografie non sono montate con la tecnica del racconto fotografico già sperimentata da Crocenzi su «Il Politecnico» nel 1947 (si veda soprattutto Andiamo in processione, del gennaio-marzo, sequenze di foto in verticale, a mo di pellicola; ma sulla stessa rivista forse il contributo illustrativo sulle Marche dello stesso Crocenzi è quello in qualche modo più vicino a Conversazione), ma sono frammiste al testo scritto: la cosa singolare è che, oltre alle didascalie che indicano i luoghi delle riprese, Vittorini ne aggiunge altre, tematiche, ma non sotto le foto, sibbene come titoli di capitoli del libro: è un alterazione tangibile del testo letterario che si aggiunge a quella determinata dall inserzione delle foto. I critici hanno trascurato l importanza di questa edizione, perché ne parlarono, dissentendo o consentendo, quando uscì, ma non hanno mai mostrato di intendere nel modo giusto la bella lezione di gusto che attraverso di essa offrivano Vittorini e Crocenzi (fu Vittorini che scelse, secondo quello che lui stesso dice, «gli oggetti da fotografare e i punti di vista da cui fotografarli», e più tardi, come ci documenta l epistolario, il materiale da pubblicare fra gli ingrandimenti 11