RIORDINO DELLE PROVINCE: ULTIMO ATTO (FORSE) *

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1 RIORDINO DELLE PROVINCE: ULTIMO ATTO (FORSE) * di Federica Fabrizzi (Ricercatore di Istituzioni di diritto pubblico Università telematica Uninettuno UTIU) 7 novembre Nella seduta del 31 ottobre 2012 il Consiglio dei Ministri ha portato a compimento (per la parte che compete all esecutivo) la procedura per il riordino delle province che, come noto, era stata avviata con il decreto legge n. 201/2012 (convertito in legge n. 214/ 2011) e con il decreto n. 95/2012 (convertito nella legge n. 135/2012) adottando un decreto legge che ridisegna i confini delle circoscrizioni provinciali su quasi tutto il territorio nazionale (rimangono infatti fuori dal riordino le province delle Regioni a Statuto speciale). Quali siano i presupposti di questo provvedimento, quali gli atti endoprocedimentali che lo hanno preceduto e, più in generale, quali le motivazioni che hanno spinto il Governo ad adottare questo decreto, è stato ampiamente oggetto di analisi e di riflessione, anche su questa rivista, e pertanto non si tornerà in queste pagine su tali presupposti. Si cercherà piuttosto di dare un primo commento a caldo su taluni aspetti che quest ultimo atto presenta e sui quali inevitabilmente nei prossimi giorni ci si interrogherà. La prima criticità riguarda senza dubbio la fonte normativa utilizzata. Il Consiglio dei ministri ha infatti definitivamente sciolto il dubbio - che in verità nutrivano ormai in pochi - su che cosa si dovesse intendere con atto legislativo di iniziativa governativa, formula con cui il * Attualità Contributo richiesto dalla Direzione. federalismi.it n. 21/2012

2 decreto sulla Spending Review qualificava proprio quest ultimo passaggio della procedura per giungere alla modifica delle circoscrizioni provinciali. La innegabile ambiguità insita in quella dicitura stava evidentemente a testimoniare qualche titubanza dello stesso Governo circa la scelta che avrebbe compiuto rispetto alla fonte normativa, anche se negli ultimi interventi pubblici da parte del responsabile del dicastero per la pubblica amministrazione e la semplificazione era apparso ormai chiaro che l obiettivo da raggiungere e l irreversibilità del processo per usare le stesse parole usate in conferenza stampa da Filippo Patroni Griffi avrebbero condotto all adozione di un atto di decretazione di urgenza. E prevedibile che proprio su questo profilo si attesteranno i primi dubbi di legittimità. L art. 133 Cost. 1, come noto, detta una procedura rinforzata per la modifica e l istituzione di nuove circoscrizioni provinciali; nelle osservazioni che sono state mosse sino ad ora, l attenzione è stata posta sul problema della compatibilità della procedura prevista dal Governo per garantire il processo dal basso, e dunque il coinvolgimento dei Comuni (e delle Regioni). Adesso, occorrerà interrogarsi anche sulla compatibilità del ricorso alla decretazione d urgenza per soddisfare il requisito di costituzionalità di cui all art. 133 Cost. Se infatti non è mai stato revocato in dubbio che la competenza ad intervenire è ricondotta dal Costituente in capo al legislatore nazionale, è anche vero che forti dubbi possono essere avanzati sull effettiva compatibilità dei requisiti di necessità ed urgenza imposti dall art. 77 Cost. con un intervento di riordino complessivo delle circoscrizioni provinciali 2. In altre parole, i dubbi di legittimità costituzionale che sono stati autorevolmente avanzati con riguardo al decreto n. 95/2012 3, permangono tutti in relazione a questo, che è il terzo provvedimento di urgenza che interviene in materia di Province. Si è davvero facili profeti a dire che anche questo terzo atto ha ottime possibilità di essere oggetto di ricorso alla Corte costituzionale, così come già si è verificato per l art. 23 del decreto Salva Italia e per l art. 17 del decreto Spending Review 4, quanto meno su istanza di quei Cal e di quelle Regioni che hanno visto disattese le loro proposte. E, proprio a questo proposito, la seconda osservazione che sorge riguarda la tempistica che il Governo ha scelto di seguire nell adozione di questo decreto 5. Esso interviene infatti, probabilmente non a caso, a meno di una settimana dall udienza fissata in Corte costituzionale 1 Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione. 2 A tutt altra considerazione si sarebbe giunti nel caso di un decreto legislativo. Cfr sent. Corte cost. n. 347/ Si vedano, a questo proposito i pareri pubblicati su federalismi.it. 4 Anche i ricorsi presentati dalle Regioni alla Corte costituzionale sono consultabili su federalismi.it. 55 Sui tempi di adozione del decreto in oggetto non può peraltro omettersi una nota critica: il Consiglio dei ministri ha deliberato, come ricordato, in data 31 ottobre 2012; il testo ufficiale è stato pubblicato in Gazzetta solamente in data 6 novembre, con un ritardo davvero singolare. 2

3 sull art. 23 che, come ricordato, ha dato l avvio a tutto il processo di riforma dell ente di area vasta. E evidente che l intento dell esecutivo è anche quello di dare ai giudici costituzionali un segnale chiaro, quasi a voler dire che rispetto a quel primo intervento normativo alcuni aspetti sono stati anche profondamente rivisti (ad esempio la questione delle funzioni fondamentali da assegnare alle Province) ed a voler dimostrare che il Governo ha in mente non un estemporaneo intervento un po sgangherato, ma un ben definito progetto di riforma complessiva che interessa il profilo delle funzioni, degli organi di governo e dei confini adeguati. Il rinvio dell udienza, intervenuto all ultimissima ora, conferma probabilmente che la Corte sta valutando o intende valutare anche quest ultimo atto governativo. 2. Venendo al merito del provvedimento adottato, le osservazioni possono essere numerose, dal momento che il governo non solo ha dettato nuove regole, ma è intervenuto integrando e correggendo il decreto legge n. 95/2012 (che a sua volta- è bene ricordarlo integrava e correggeva il d.l. 201/2012, di tal ché ci troviamo di fronte ad un decreto legge che modifica un altro decreto legge che a sua volta modificava un decreto legge ) 6. Su di un profilo generale e preliminare, va rilevato, in primo luogo, come il decreto si è attestato su di una linea dura, nel senso che le uniche deroghe che sono state accolte rispetto ai criteri fissati nella deliberazione del 20 luglio 2012 riguardano il mantenimento in vita di Sondrio e di Belluno, motivato, come si legge nel preambolo del decreto stesso, con la opportunità di preservare la specificità delle province il cui territorio è integralmente montano, in virtù della peculiarità dei relativi territori ; per il resto, nessuna delle proposte derogatorie che erano state formulate dai Cal sono state prese in considerazione (non il mantenimento in vita di Benevento, non la proposta di riassetto complessivo del Cal Marche per mantenere in vita Macerata, non le richieste del Cal Veneto di mantenere le 6 province esistenti) ed i noti parametri demografici e territoriali sono stati applicati in modo sostanzialmente meccanico, dando in taluni casi degli esiti quanto meno discutibili. Basti guardare sulla cartina la neonata provincia di Rieti-Viterbo, dalla forma davvero improbabile, o anche il risultato geografico dell accorpamento di Rovigo e Verona. Rispetto, poi, alle critiche che erano state mosse in sede di commento 7 ai criteri per l accorpamento, l unica eccezione che è stata parzialmente accolta dal Governo è stata quella 6 Si tenga conto che in queste pagine si tratterà solo di quanto concerne le province, senza entrare nel dettaglio delle norme riguardanti invece le città metropolitane, di cui si occupa l art. 5 del decreto. 7 Si vedano a questo proposito i contributi pubblicati su federalismi.it. 3

4 per cui nel caso di Milano e di Firenze, istituende città metropolitane, si è consentito che accogliessero province al di sotto dei requisiti minimi. Così, Monza e Brianza è stata accorpata a Milano e Prato e Pistoia sono state unite con Firenze 8. Quella dell impossibilità di accorpamento alle città metropolitane era apparso effettivamente come un immotivato nonsense 9 sul quale evidentemente lo stesso esecutivo ha ritenuto di dover correggere il tiro. Per nessuna delle altre criticità che erano state individuate, invece, si è ritenuto di dare risposte. In primo luogo, il provvedimento avvia ufficialmente il problema della configurazione delle Regioni monoprovinciali (Umbria, Molise e Basilicata). In tre casi, infatti, ci sarà sovrapposizione totale tra i due livelli di governo provinciale e regionale 10. Allo stesso modo, l istituzione delle città metropolitane - con differimento per Reggio Calabria, al termine della procedura di commissariamento - come mera sostituzione del nuovo ente sul territorio precedentemente provinciale, lascia la sensazione di una soluzione frettolosa che non risponde fino in fondo alle esigenze vere dell istituzione di un livello di governance diverso 11. Per quanto attiene alla individuazione del capoluogo delle nuove province questione che aveva suscitato già molte polemiche tra i rappresentati degli enti locali coinvolti il provvedimento specifica, all art. 3, comma 1, che nel caso in cui sia stato coinvolto nell accorpamento il comune capoluogo di regione, questo assume le funzioni di capoluogo della nuova provincia; in tutti gli altri casi rimane invece invariato il criterio demografico della città con il maggior numero di residenti, con applicazione quindi, di nuovo, di un automatismo dettato dai numeri. Peraltro il provvedimento specifica che tale scelta può essere modificata in caso di diverso accordo, anche a maggioranza tra i comuni capoluogo delle 8 Analoga situazione presentava anche BAT, che avrebbe potuto essere accorpata a Bari, ma in questo caso il Governo non ha adottato la medesima linea. 9 Cfr. B. Caravita, Problemi di impostazione nella istituzione delle Città metropolitane e nella disciplina di Roma capitale, in federalismi.it, n. 19/ Situazione diversa è bene ricordarlo da quella della Valle d Aosta che, oltre ad essere a Statuto speciale, non conosce l ente provincia quale ente di autogoverno locale, ma solo come circoscrizione di decentramento statale. 11 L art. 5, comma 1, lettera a), a proposito dell istituzione delle città metropolitane afferma, modificando l art. 18 del d.l. n. 95, che garanzia dell'efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Napoli sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane, il 1 gennaio La Città metropolitana di Milano comprende altresì il territorio già appartenente alla Provincia di Monza e della Brianza; la Città metropolitana di Firenze comprende altresì il territorio già appartenente alla Provincia di Prato e alla Provincia di Pistoia. La provincia di Reggio Calabria è soppressa, con contestuale istituzione della relativa città metropolitana, a decorrere dal novantesimo giorno successivo al rinnovo degli organi del comune di Reggio Calabria a completamento della procedura di commissariamento ai sensi dell articolo 143 del testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. 4

5 province accorpate, ma è evidente che nei casi, prevalenti, di accorpamento di due province, l ipotesi di diverso accordo è del tutto residuale, se non sostanzialmente impossibile: perché mai il comune con il maggior numero di residenti dovrebbe acconsentire a lasciare all altro comune di essere capoluogo, specialmente in considerazione del fatto che il provvedimento specifica che gli organi politici dovranno avere sede esclusivamente nelle città capoluogo? Anche la questione della toponomastica, ossia la scelta dei nomi delle nuove entità - questione, questa, certamente secondaria, ma fino ad un certo punto, perché molto sentita dalla popolazione - viene affrontata; nella relazione si legge, infatti, che la denominazione delle province risultanti dal riordino riproduce, laddove formulata in modo inequivoco, la proposta avanzata dalla Regione mentre negli altri casi si attiene al criterio della sommatoria, in ordine alfabetico, dei nomi delle province oggetto di riordino. Poiché sembra però difficile che si possa mantenere un nome composito quale, ad esempio, Livorno-Lucca-Massa Carrara-Pisa, il testo prevede una procedura - si vorrebbe dire paradossalmente assai articolata e garantista - per il cambio di denominazione 12. Come già detto, oltre ad intervenire sul profilo del riordino dei confini delle circoscrizioni provinciali, il decreto legge torna sul tema delle funzioni delle province e su quello degli organi. A questo proposito, è presumibile che la stringente tempistica fissata per il passaggio alla nuova forma di governo provinciale - con lo scioglimento di tutte le giunte provinciali già dal gennaio del prossimo anno e la previsione di elezione dei nuovi organi di governo per novembre 2013 susciterà non solo proteste, ma anche contenzioso amministrativo. Ma anche sul versante delle funzioni si segnala che il decreto reintroduce sostanzialmente il divieto per le Regioni di conferire funzioni alle province, nel momento in cui prevede che Nelle materie di cui all articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, le regioni con propria legge trasferiscono ai comuni le funzioni già conferite alle province dalla normativa vigente salvo che, per assicurarne l esercizio unitario, tali funzioni siano acquisite dalle regioni medesime. In caso di trasferimento delle funzioni ai sensi del primo periodo, sono altresì trasferite le risorse umane, finanziarie e strumentali. Nelle more di quanto previsto dal primo periodo le funzioni restano conferite alle province. Questo, insieme ad altri, è uno dei motivi di censura avanzati da alcune delle Regioni che hanno impugnato l art. 23 del decreto Salva Italia e che l art. 17 del decreto Spending Review 12 Art. 3, comma 3: La denominazione delle province può essere modificata con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri da adottarsi su proposta del Consiglio provinciale deliberata a maggioranza assoluta dei propri componenti e sentita la Regione. 5

6 aveva rivisto. Sembra dunque che su questo punto l esecutivo abbia un atteggiamento altalenante. Merita infine attenzione una considerazione in merito alle conseguenze che il decreto approvato porterà, prima tra tutte l avvio di movimenti di Comuni che chiederanno, proprio ai sensi dell art. 133 Cost., di spostarsi ad altra Provincia rispetto a quella risultante dall accorpamento. A mero titolo di esempio, il comune di Pineto (prima provincia di Teramo) a seguito dell accorpamento diverrà provincia dell Aquila ed il suo sindaco ha già specificato che avvierà la procedura per essere invece accorpato a Pescara-Chieti. Quanti casi analoghi potrebbero esserci? 13 Non è questa poi la sede per affrontare nel dettaglio tutte le implicazioni in concreto che il passaggio da vecchio a nuovo ente comporterà in termini di trasferimenti di risorse finanziarie, umane, di ubicazione degli uffici, di gestione degli affari pendenti ed, in generale, per la regolazione di tutti i rapporti giuridici tra la nuova provincia e quelle pre-esistenti, anche in considerazione del fatto che lo stesso decreto rimanda tale regolazione all approvazione di un successivo DPCM da adottare sentita l Unione delle Province Italiane e previa intesa in sede di Conferenza Unificata. Basti ricordare, però, i numerosi problemi che sono sorti negli anni passati per l istituzione di nuove singole province, per immaginare che un riordino di questa portata comporterà una serie di problemi davvero non irrilevanti del quale il governo sarà comunque investito. Sembra infatti assai improbabile che il passaggio da 86 enti a 51 possa essere gestito attraverso i 7 commi che sono comunque tanti che costituiscono l ultimo articolo del provvedimento recante le norme transitorie e finali (art. 7). 3. Se quanto detto sopra salta agli occhi ad una prima lettura del provvedimento nel merito, nel complesso rimane soprattutto una sensazione di fondo. Fermo restando, infatti, che rimane l interrogativo su quale sarà il destino di questo decreto in sede di conversione, considerando che il passaggio parlamentare difficilmente sarà senza ostacoli per il Governo, ma preso atto della ferma volontà del ministro e dell esecutivo tutto di portare a compimento questo disegno di riordino, inevitabilmente ci si deve porre una domanda. Il quadro che scaturisce da questo decreto è un quadro armonico? Ha una sua razionalità interna? Nel comunicato stampa diffuso da Palazzo Chigi al termine della seduta del Consiglio dei Ministri si legge, tra l altro, che la riforma si ispira ai modelli di governo europei. In tutti i principali Paesi Ue, infatti, ci sono tre livelli di governo. Ma siamo certi 13 Il decreto reca in allegato, come sua parte integrante, una tabella con cui recepisce, proprio ai sensi dell art. 133 Cost., lo spostamento ad altra circoscrizione provinciale di dieci comuni pugliesi. 6

7 che con oltre 8000 comuni, 51 province (cui aggiungere quelle delle regioni a statuto speciale) e 20 regioni, il rapporto tra i tre livelli di governo sia equilibrato? Che equilibrio c è nell avere Province pienamente coincidenti con Regioni e al contempo mantenere in vita La Spezia? E non sarà il caso di avviare una profonda opera di riorganizzazione del livello comunale, davanti alla palese inerzia regionale? Delle due l una: o il disegno non è molto armonico, oppure ancora non è concluso 7

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