SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 11 maggio 2000 (1)

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1 1/7 AVVISO IMPORTANTE:Le informazioni contenute in questo sito sono soggette ad una Clausola di esclusione della responsabilità e ad un avviso relativo al Copyright. SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 11 maggio 2000 (1) «Convenzione di Bruxelles - Esecuzione delle decisioni - Diritti di privativa intellettuale su parti di carrozzeria di autoveicoli - Ordine pubblico» Nel procedimento C-38/98, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dalla Corte d'appello di Torino nella causa dinanzi ad essa pendente tra Régie nationale des usines Renault SA, Maxicar SpA, Orazio Formento, e domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 27, punto 1), della citata Convenzione 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77), e dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), nonché degli artt. 30 e 36 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE) e 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE), LA CORTE (Quinta Sezione), composta dai signori D.A.O. Edward, presidente di sezione, L. Sevón, J.-P. Puissochet, P. Jann (relatore) e M. Wathelet, giudici, avvocato generale: S. Alber cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore viste le osservazioni scritte presentate: - per la Régie nationale des usines Renault SA, dagli avv.ti M. Argan, del foro di Torino, A. Braun, E. Cornu, del foro di Bruxelles, M.-P. Escande e S. Havard-Duclos, del foro di Parigi; - per la Maxicar SpA e il signor Formento, dagli avv.ti G. Floridia e M. Lamandini, del foro di Milano; - per il governo belga, dal signor J. Devadder, direttore di amministrazione presso il servizio giuridico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente; - per il governo francese, dalle signore K. Rispal-Bellanger, vicedirettore presso la direzione «Affari giuridici»

2 2/7 del Ministero degli Affari esteri, e R. Loosli-Surrans, chargée de mission presso la stessa direzione, in qualità di agenti; - per il governo olandese, dal signor M.A. Bos, consigliere giuridico presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dai signori J.L. Iglesias Buhigues, consigliere giuridico, P. Stancanelli, membro del servizio giuridico, e M. Desantes Real, funzionario nazionale comandato presso il servizio giuridico, in qualità di agenti, vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali della Régie nationale des usines Renault SA, della Maxicar SpA e del signor Formento, del governo francese e della Commissione all'udienza del 28 aprile 1999, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 giugno 1999, ha pronunciato la seguente Sentenza 1. Con ordinanza 19 novembre 1997, pervenuta in cancelleria il 16 febbraio 1998, la Corte d'appello di Torino ha sottoposto alla Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, una questione relativa all'interpretazione dell'art. 27, punto 1), della citata Convenzione 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77), e dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione»), nonché, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni relative all'interpretazione degli artt. 30 e 36 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE) e 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE). 2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia sorta tra la Régie nationale des usines Renault SA (in prosieguo: la «Renault»), con sede in Francia, e la Maxicar SpA (in prosieguo: la «Maxicar») e il signor Formento, rispettivamente con sede e domicilio in Italia, in ordine all'esecuzione in tale Stato contraente di una sentenza pronunciata il 12 gennaio 1990 dalla Cour d'appel di Digione (Francia), che ha condannato questi ultimi a versare alla Renault la somma di FRF a titolo di risarcimento del danno risultante da comportamenti riconosciuti come costitutivi del reato di contraffazione. La Convenzione 3. Ai sensi dell'art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione, quest'ultima «si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale». 4. In materia di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni, la regola di principio enunciata all'art. 31, primo comma, della Convenzione prevede che le decisioni rese in uno Stato contraente e ivi esecutive siano eseguite in un altro Stato contraente dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza della parte interessata. 5. Ai sensi dell'art. 34, secondo comma, della Convenzione,

3 3/7 «L'istanza può essere rigettata solo per uno dei motivi contemplati dagli articoli 27 e 28». 6. L'art. 27, punto 1), della Convenzione, così dispone: «Le decisioni non sono riconosciute: 1) se il riconoscimento è contrario all'ordine pubblico dello Stato richiesto». 7. L'art. 32, n. 1, della Convenzione precisa che l'istanza dev'essere proposta, in Italia, alla Corte d'appello. 8. Se l'esecuzione viene accordata, l'art. 36 della Convenzione consente alla parte contro cui l'esecuzione viene fatta valere di proporre opposizione contro la decisione. L'art. 37 prevede che l'opposizione sia proposta, secondo le norme sul procedimento in contraddittorio, in Italia, davanti alla Corte d'appello. 9. Se l'istanza è respinta, l'art. 40 della Convenzione consente alle parti istanti di proporre opposizione, in Italia, davanti alla Corte d'appello. 10. L'art. 2 del Protocollo relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione (in prosieguo: il «Protocollo») recita: «Le seguenti giurisdizioni hanno il potere di domandare alla Corte di giustizia di pronunciarsi, in via pregiudiziale, su una questione di interpretazione: 1) (...) - in Italia: la Corte suprema di cassazione, (...) 2) - le giurisdizioni degli Stati contraenti quando giudicano in grado di appello; 3) - nei casi previsti dall'articolo 37 della Convenzione, le giurisdizioni indicate nello stesso articolo». Controversia nel procedimento a quo 11. Con sentenza 12 gennaio 1990 la Cour d'appel di Digione ha dichiarato il signor Formento colpevole del reato di contraffazione per aver fabbricato e messo in commercio parti di carrozzeria destinate ad autoveicoli della marca Renault. La Cour d'appel di Digione ha inoltre condannato il signor Formento, in solido con la Maxicar, società di cui era dirigente, al pagamento della somma di FRF a titolo di risarcimento danni a favore della Renault, costituitasi parte civile. Tale sentenza è divenuta definitiva in seguito al rigetto, il 6 giugno 1991, da parte della Cour de cassation francese, del ricorso proposto contro di essa. 12. Con istanza presentata il 24 dicembre 1996 la Renault ha chiesto alla Corte d'appello di Torino, a norma degli artt. 31 e 32 della Convenzione, la dichiarazione di esecutorietà della sentenza in Italia. 13. Con decreto emesso il 25 febbraio 1997 la Corte d'appello di Torino ha respinto l'istanza rilevando che, trattandosi di sentenza penale, essa avrebbe dovuto essere proposta entro i termini stabiliti dall'art. 741 del codice di procedura penale italiano. 14. Il 28 marzo 1997 la Renault ha proposto opposizione contro questa decisione di rigetto dinanzi alla Corte d'appello di Torino, ai sensi dell'art. 40 della Convenzione, facendo valere che la Convenzione si applica in materia civile e commerciale indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale. Il signor

4 4/7 Formento e la Maxicar hanno sostenuto che la sentenza della Cour d'appel di Digione non poteva essere dichiarata esecutiva in Italia in quanto era incompatibile con una decisione pronunciata tra le stesse parti in Italia e in quanto contraria all'ordine pubblico economico. 15. Conseguentemente, la Corte d'appello di Torino ha disposto la sospensione del procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se gli artt del Trattato CE debbano o no essere interpretati nel senso di impedire che il titolare di un diritto di privativa industriale o intellettuale in uno Stato membro possa far valere il corrispondente diritto assoluto per interdire a terzi la fabbricazione e la vendita nonché l'esportazione in un altro Stato membro di parti staccate che integrano nel loro insieme la carrozzeria di un'automobile già immessa sul mercato, e cioè di parti staccate destinate alla vendita come pezzi di ricambio della stessa automobile. 2) Se l'art. 86 del Trattato CE sia o meno applicabile per vietare l'abuso della posizione dominante che ciascuna casa automobilistica detiene sul mercato dei ricambi delle automobili di sua fabbricazione, consistente nel perseguire, mediante l'esercizio dei diritti di privativa industriale e intellettuale e la relativa repressione giudiziaria, lo scopo dell'eliminazione totale della concorrenza delle imprese di ricambisti indipendenti. 3) Se, di conseguenza, vada reputata in conflitto con l'ordine pubblico di cui all'art. 27 della Convenzione di Bruxelles una sentenza emessa da un giudicedi uno Stato membro che riconosca un diritto di privativa industriale o intellettuale su dette parti staccate che integrano nel loro insieme la carrozzeria di un'automobile e dia tutela al titolare di tale preteso diritto di esclusiva interdicendo a terzi, operatori economici di un altro Stato membro, la fabbricazione, la vendita, il transito, l'importazione o l'esportazione in tale Stato membro di dette parti staccate che integrano nel loro insieme la carrozzeria di un'automobile già immessa in commercio, e comunque sanzionando tale comportamento». 16. Con la terza questione, che è opportuno esaminare preliminarmente poiché dalla sua soluzione dipende l'eventuale esame della prima e della seconda questione, il giudice proponente chiede alla Corte di interpretare una disposizione della Convenzione, più precisamente di pronunciarsi sulla nozione di «ordine pubblico dello Stato richiesto» di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione. Sulla ricevibilità 17. La Renault contesta che la Corte d'appello di Torino possa richiedere alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale su una questione interpretativa della Convenzione. Essa segnala che la Corte d'appello ha statuito in primo grado ed è stata adita in base all'art. 40 della Convenzione e non in base all'art. 37, il che non corrisponderebbe a nessuna delle ipotesi previste all'art. 2 del Protocollo. 18. La Maxicar e il signor Formento, come pure il governo francese e la Commissione, riconoscono che la Corte d'appello di Torino è stata adita in base all'art. 40 della Convenzione, ossia nell'ambito di quello che va considerato essere un procedimento d'appello. Tale situazione rientrerebbe quindi nelle previsioni dell'art. 2, punto 2, del Protocollo. 19. In subordine, la Commissione aggiunge che l'equilibrio procedurale della Convenzione e la parità di trattamento delle parti militano a favore di un'interpretazione estensiva dell'art. 2, punto 3, del Protocollo, tale da estenderlo ai giudici menzionati all'art. 40 della Convenzione. 20. Al riguardo, occorre ricordare che la Convenzione mira a facilitare, per quanto possibile, la libera circolazione delle sentenze prevedendo un procedimento di exequatur semplice e rapido (v., segnatamente, sentenza 28 marzo 2000, causa C-7/98, Krombach, non ancora pubblicata in Raccolta, punto 19). 21. Per ottenere l'esecuzione di una decisione, gli artt. 31 e seguenti della Convenzione prevedono un

5 5/7 procedimento che consta di due fasi, le quali riflettono lo spirito generale della Convenzione secondo cui l'effetto di sorpresa necessario nei procedimenti di questo tipo va conciliato con il rispetto delle prerogative della difesa. Per questo motivo, in primo grado il resistente non viene sentito, mentre in sede di opposizione il procedimento acquista necessariamente carattere contraddittorio (sentenza 12 luglio 1984, causa 178/83, Ditta P., Racc. pag. 3033, punto 11). 22. E' pur vero che, in Italia, queste due fasi del procedimento hanno entrambe luogo dinanzi alla Corte d'appello. Tale apparente identità, derivante dalla scelta operata dalla Repubblica italiana, non toglie che il procedimento instaurato in forza dell'art. 32, n. 1, differisce da quello promosso ai sensi dell'art. 40, n. 1. Nel primo caso, la Corte d'appello statuisce, in conformità con l'art. 34, primo comma, senza che la parte contro la quale è richiesta l'esecuzione possa, in questa fase del procedimento, presentare osservazioni. Nel secondo caso, per contro, la parte contro la quale l'esecuzione è richiesta dev'essere chiamata a comparire, conformemente all'art. 40, n. 2, davanti alla Corte d'appello. 23. Ne consegue che, nella fattispecie, il giudice proponente, adito ai sensi dell'art. 40, n. 1, della Convenzione, deve considerarsi quale giudice che giudica in grado d'appello, come tale provvisto del potere, ai sensi dell'art. 2, punto 2, del Protocollo, di domandare alla Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale su una questione di interpretazione della Convenzione. Nel merito 24. La Maxicar e il signor Formento chiedono alla Corte di precisare la nozione di ordine pubblico economico. In particolare, essi si attendono che la Corte confermi che il diritto comunitario, segnatamente i principi della libera circolazione delle merci e della libera concorrenza, avvalori la soluzione prescelta dal diritto italiano, il quale, a differenza del diritto francese, non riconosce l'esistenza di diritti di privativa industriale sui pezzi di ricambio destinati agli autoveicoli, e che sancisca tale soluzione alla stregua di un principio di ordine pubblico economico. 25. I governi francese e olandese, nonché la Commissione, dopo aver premesso che si pone la questione preliminare se e in quale misura la Corte sia competente a pronunciarsi sulla nozione di «ordine pubblico dello Stato richiesto», di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, si esprimono a favore di un'interpretazione restrittiva di questa nozione, la quale dovrebbe assumere rilevanza solo in casi eccezionali. Un presunto errore di interpretazione delle norme comunitarie non giustificherebbe, di per sé solo, il ricorso alla clausola dell'ordine pubblico. 26. Va preliminarmente ricordato che l'art. 27 della Convenzione dev'essere interpretato restrittivamente in quanto costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali della Convenzione (sentenze 2 giugno 1994, causa C-414/92, Solo Kleinmotoren, Racc. pag. I-2237, punto 20, e Krombach, citata, punto 21). Per quanto attiene più in particolare al ricorso alla clausola dell'ordine pubblico, di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, la Corte ha precisato che essa deve applicarsi soltanto in casi eccezionali (sentenze 4 febbraio 1988, causa 145/86, Hoffmann, Racc. pag. 645, punto 21, e 10 ottobre 1996, causa C-78/95, Hendrikman e Feyen, Racc. pag. I-4943, punto 23). 27. La Corte ne ha desunto che, sebbene gli Stati contraenti restino, in linea di principio, liberi di determinare, in forza della riserva di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, conformemente alle loro concezioni nazionali, le esigenze del loro ordine pubblico, i limiti di tale nozione rientrano nell'interpretazione della Convenzione (sentenza Krombach, citata, punto 22). 28. Pertanto, sebbene non spetti alla Corte definire il contenuto dell'ordine pubblico di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente (sentenza Krombach, citata, punto 23). 29. Al riguardo, occorre rilevare che, vietando la revisione del merito della decisione straniera, gli artt. 29 e

6 6/7 34, terzo comma, della Convenzione ostano a che il giudice dello Stato richiesto neghi il riconoscimento o l'esecuzione della detta decisione per il solo motivo che esiste una divergenza tra una norma giuridica applicata dal giudice dello Stato di origine e quella che avrebbe applicato il giudice dello Stato richiesto se gli fosse stata sottoposta la controversia. Allo stesso modo, il giudice dello Stato richiesto non può controllare l'esattezza delle valutazioni di diritto o di fatto operate dal giudice dello Stato di origine (sentenza Krombach, citata, punto 36). 30. Un ricorso alla clausola dell'ordine pubblico contenuta all'art. 27, punto 1), della Convenzione è immaginabile solo nel caso in cui il riconoscimento o l'esecuzione della decisione pronunciata in un altro Stato contraente contrastasse in modo inaccettabile con l'ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto lesiva di un principio fondamentale. Per rispettare il divieto della revisione nel merito della decisione straniera, la lesione dovrebbe costituire una violazione manifesta di una regola di diritto considerata essenziale nell'ordinamento giuridico dello Stato richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico (sentenza Krombach, citata, punto 37). 31. Nel caso di specie, ad indurre il giudice dello Stato richiesto ad interrogarsi sulla contrarietà della decisione straniera all'ordine pubblico del suo Stato è un errore che sarebbe stato eventualmente commesso dal giudice dello Stato di origine nell'applicare talune regole di diritto comunitario. Il giudice dello Stato richiesto nutre dubbi in ordine alla compatibilità con i principi della libera circolazione delle merci e della libera concorrenza del riconoscimento, ad opera del giudice dello Stato di origine, dell'esistenza di un diritto di privativa intellettuale su parti di carrozzeria di autoveicoli, che consenta al suo titolare di vietare ad operatori economici stabiliti in un altro Stato contraente la fabbricazione, la vendita, il transito, l'importazione o l'esportazione in tale Stato contraente delle dette parti di carrozzeria. 32. Occorre rilevare innanzi tutto che la circostanza che tale eventuale errore riguardi regole di diritto comunitario non modifica i presupposti per il ricorso alla clausola dell'ordine pubblico. Invero, spetta al giudice nazionale garantire con la stessa efficacia la tutela dei diritti stabiliti dall'ordinamento giuridico nazionale e dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario. 33. Il giudice dello Stato richiesto non può, a pena di rimettere in discussione la finalità della Convenzione, ricusare il riconoscimento di una decisione promanante da un altro Stato contraente per il solo motivo che esso ritiene che in tale decisione il diritto nazionale o il diritto comunitario sia stato male applicato. Deve invece ritenersi che, in siffatte ipotesi, il sistema di rimedi giurisdizionali istituito in ciascuno Stato contraente, integrato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 177 del Trattato, fornisca una sufficiente garanzia agli amministrati. 34. Poiché un eventuale errore di diritto, come quello controverso nel procedimento a quo, non costituisce una violazione manifesta di una regola di diritto fondamentale nell'ordinamento giuridico dello Stato richiesto, occorre risolvere la terza questione dichiarando che l'art. 27, punto 1), della Convenzione dev'essere interpretato nel senso che non può considerarsi contraria all'ordine pubblico una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente che riconosca l'esistenza di un diritto di privativa intellettuale su parti di carrozzeria di autoveicoli e che conferisca al titolare di tale diritto una protezione che gli consenta di vietare a terzi, ossia ad operatori economici stabiliti in un altro Stato contraente, la fabbricazione, la vendita, il transito, l'importazione o l'esportazione in tale Stato contraente delle dette parti di carrozzeria. 35. Alla luce della soluzione fornita per la terza questione, non occorre risolvere le questioni prima e seconda. Sulle spese 36. Le spese sostenute dai governi belga, francese e olandese nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento riveste il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, al quale spetta quindi statuire sulle spese.

7 7/7 Per questi motivi, LA CORTE (Quinta Sezione), pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Corte d'appello di Torino con ordinanza 19 novembre 1997, dichiara: L'art. 27, punto 1), della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, e dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica, dev'essere interpretato nel senso che non può considerarsi contraria all'ordine pubblico una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente che riconosca l'esistenza di un diritto di privativa intellettuale su parti di carrozzeria di autoveicoli e che conferisca al titolare di tale diritto una protezione che gli consenta di vietare a terzi, ossia ad operatori economici stabiliti in un altro Stato contraente, la fabbricazione, la vendita, il transito, l'importazione o l'esportazione in tale Stato contraente delle dette parti di carrozzeria. Edward Sevón Puissochet Jann Wathelet Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'11 maggio Il cancelliere R. Grass Il presidente della Quinta Sezione D.A.O. Edward 1: Lingua processuale: l'italiano.

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