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1 InFormaMI Bollettino dell OMCeOMI anno LXXI 360 Riparare i viventi pag. 5 PROFESSIONE Placebo, come migliora l effetto della cura pag. 17 Sanità I segreti del ritmo circadiano pag. 23 L intervista Una riflessione sul fine vita con Giada Lonati pag. 34

2 Collegati con l Ordine Ricordiamo che, ai sensi dell art. 16 comma 7 D.P.R. 185/2008, sei tenuto a comunicarci il tuo indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC). Se non lo hai già fatto, segnalalo inviandolo a: segreteria@pec.omceomi.it Grazie. I telefoni dell Ordine Direzione Dott. Marco CAVALLO tel Segreteria del Presidente Giusy PECORARO tel Segreteria consigliere medicina generale Cinzia PARLANTI tel Segreteria del vice presidente Marina ZAFFARONI tel Segreteria del consigliere segretario Laura CAZZOLI tel Segreteria commissioni Maria FLORIS tel Area giuridica amministrativa Avv. Mariateresa GARBARINI tel Segreterie organi collegiali Ufficio deontologia procedimenti disciplinari Dott.ssa Daniela MORANDO tel Ufficio iscrizioni, cancellazioni, certificati Alessandra GUALTIERI tel Cinzia PARLANTI tel Maria FLORIS tel Marina ZAFFARONI tel Front office Cinzia PARLANTI (Stampa) tel Maria FLORIS tel Amministrazione e contabilità Antonio FERRARI tel Contabilità - visti d equità Gabriella BANFI tel Rossana RAVASIO tel Ufficio Stampa - sito istituzionale Mariantonia FARINA tel Aggiornamento ECM Sarah BALLARÈ tel Mariantonia FARINA tel Segreteria commissione odontoiatri Silvana BALLAN tel Pubblicità sanitaria e psicoterapeuti Lorena COLOMBO tel CED Lucrezia CANTONI tel Loris GASLINI tel Centralino Fabio SORA tel ENPAM - Pratiche pensioni Stefania PARROTTA tel Sportello ENPAM, modalità di ricevimento Ricevimento telefonico: lunedì e mercoledì h 14:00-16:00 martedì e giovedì h 10:00-12:00 Ricevimento in sede (su appuntamento) lunedì e mercoledì h 10:00-12:00 martedì e giovedì h 14:00-16:00 Per prenotare il proprio appuntamento, chiamare il numero di telefono: Una segreteria telefonica è sempre attiva per lasciare eventuali messaggi; il referente d ufficio provvederà a rispondere appena possibile.

3 sommario editoriale 3 Incompatibilità e limitazioni hanno senso nel SSN 2.0? 360 RIPARARE I VIVENTI 5 Donazioni e trapianti: quando l organizzazione fa sistema 9 Avviata la prima catena cross-over da donatore cadavere 10 Un ospedale (e una Regione) con numeri da primato 12 Più formazione e comunicazione per promuovere la cultura del dono 14 La vita dopo il trapianto: così sport e attività fisica aiutano la ripresa professione 15 Esclusione di punibilità: il commento di Federico Gelli 17 La scienza del placebo 20 Nuove responsabilità per medici e strutture sanitarie Sanità 23 L orologio della vita 26 Glifosato, una questione complessa 29 HIV in Italia: a che punto siamo? 32 Un fascicolo si aggira per l Italia l intervista 34 Testamento biologico: un occasione per ripensare il rapporto medico-paziente clinicommedia ieri e oggi 38 La malata poco loquace 40 Quando l esame obiettivo ha ancora la sua importanza storia e storie , tanti cambiamenti in un solo anno 44 Un secolo di neuroscienze 46 Da leggere, vedere e ascoltare SmartFAD I Diagnosi e trattamento della psoriasi II Ingegnosi espedienti IV Ci vuole costanza VI Doppio bersaglio

4 INFORMAMI Bollettino dell OMCeOMI ANNO LXXI 360 Riparare i viventi pag. 5 PROFESSIONE Placebo, come migliora l effetto della cura pag. 17 SANITÀ I segreti del ritmo circadiano pag. 23 L INTERVISTA Una riflessione sul fine vita con Giada Lonati pag. 34 Registrazione al Tribunale di Milano n 366 del 14 agosto 1948 Iscritta al Registro degli operatori di comunicazione (ROC) al n (delibera AGCOM n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008). Direttore Responsabile Roberto Carlo Rossi Comitato di Redazione Andrea Senna, Luigi Di Caprio, Ugo Giovanni Tamborini, Luciana Bovone, Geltrude Consalvo, Costanzo Gala, Ugo Garbarini, Dalila Greco, Maria Grazia Manfredi, Danilo Mazzacane, Claudio Procopio, Sandro Siervo, Martino Trapanii Redazione e realizzazione Zadig Srl via Ampère 59, Milano tel fax segreteria@zadig.it Direttore: Pietro Dri Redazione: Nicoletta Scarpa, Maria Rosa Valetto (coordinamento) Grafica: Luisa Goglio Autori degli articoli di questo numero: Claudia Arcari, Luca Carra, Cristina Da Rold, Marica Eoli, Valeria Esposito, Ugo Garbarini, Cristina Gaviraghi, Angelica Giambelluca, Stefano Menna, Antonino Michienzi, Simonetta Pagliani, Nicoletta Scarpa, Debora Serra, Maria Rosa Valetto, Roberta Villa Segreteria Mariantonia Farina Via Lanzone 31, Milano tel stampa@omceomi.it Stampa Cartostampa Chiandetti Srl, Stamperia a Reana del Rojale, Italia Trimestrale Spedizione a cura di Nexive SpA Via Fantoli 6/3, Milano Dati generali relativi all Ordine Consiglio Direttivo Presidente Roberto Carlo Rossi Vice Presidente Andrea Senna Segretario Ugo Giovanni Tamborini Tesoriere Luigi Di Caprio Presidente Onorario Ugo Garbarini Consiglieri Andrea Senna, Luigi Di Caprio, Ugo Giovanni Tamborini, Sara Andreani, Luciana Bovone, Giovanni Campolongo, Giovanni Canto, Giuseppe Antonio Deleo, Costanzo Gala, Maria Grazia Manfredi, Jason Franco Ronald Motta Jones, Claudio Giovanni Pagliani, Massimo Parise, Giordano Pietro Pochintesta, Stefano Rusconi, Sandro Siervo, Martino Trapani, Maria Teresa Zocchi Commissione Albo odontoiatri Presidente Andrea Senna Componenti Jason Franco Ronald Motta Jones, Claudio Giovanni Pagliani, Claudio Procopio, Sandro Siervo Collegio Revisori dei conti Presidente Danilo Renato Mazzacane Revisori Geltrude Consalvo, Mariapaola Seveso Revisore Supplente Donatella Gambera Nota per gli autori Gli articoli e la relativa iconografia impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. I materiali inviati non verranno restituiti. Il Comitato di Redazione si riserva il diritto di apportare modifiche a titoli, testi e immagini degli articoli pubblicati. I testi dovranno pervenire in redazione in formato word, le illustrazioni su supporto elettronico dovranno essere separate dal testo in formato TIFF, EPS o JPG, con risoluzione non inferiore a 300 dpi. 2 InFormaMI

5 Editoriale Roberto Carlo Rossi Incompatibilità e limitazioni hanno senso nel SSN 2.0? La neo-ministro e collega dott.ssa Giulia Grillo, sul proprio blog, ha diffuso alcune dichiarazioni nelle quali si correlano le liste di attesa con la mancanza di controlli (o presunta tale) sull attività intramoenia dei medici ospedalieri. Alle dichiarazioni è seguita una prima circolare ministeriale con l intento di chiedere urgenti e puntuali informazioni alle Regioni. Tralasciamo ora di analizzare la (falsa) correlazione tra liste di attesa e libera professione. Vorrei invece focalizzare queste righe sul fatto che le incompatibilità e le limitazioni alla libera professione sono sorelle e figlie di un piccolo mondo antico che non esiste più. Sono vecchi strumenti (ideologici) del passato che, in un futuro molto prossimo, sarà ben difficile, se non impossibile, mantenere. Sì, lo so, sto attaccando un moloch, un tabù per molti intoccabile. Ma io ne parlo lo stesso, perché credo fermamente che sia giunto il momento di rimettere in discussione questo concetto, visti i tempi. Cominciamo a dire che, nell attualità, le incompatibilità sono ferree. Chi fa il medico ospedaliero in strutture accreditate non può fare il medico di famiglia, d accordo. E viceversa. Ma i medici di medicina generale non possono fare attività privata se non a certe condizioni e i dirigenti medici sono ingabbiati nelle pastoie dell intramoenia (che, abbiamo visto, si vorrebbe ulteriormente limitare). Il controllo è occhiuto. Le forze di polizia attuano una puntuale sorveglianza sulle attività svolte dal personale medico. Attività che, nell era dell informatica e della trasparenza, sono molto facilmente rintracciabili anche senza attuare investigazioni complesse. Fioccano verbali, denunce, provvedimenti disciplinari. Tutto giusto, per carità: la legge si rispetta senza se e senza ma. Tuttavia, io sostengo che è ora di cambiare. La stessa cosa dicasi per l attività intramoenia dei Dirigenti Medici. È sottoposta ad una serie di vincoli. Il più iniquo è quello economico. Di cento euro che vengono chiesti al paziente, tolto ciò che deve essere dato alla struttura e le tasse, il professionista incassa una percentuale talmente minima da essere del tutto mortificante e disincentivante. Come si è arrivato alla situazione odierna? Vediamo che cosa è successo in questi anni. Non farò un lungo excursus storico puntuale e preciso, ma rapido, rapsodico e soprattutto basato su alcuni ricordi personali di medico figlio di medico. All inizio dei tempi c era un sistema mutualistico che funzionava molto bene ma creava diverse disuguaglianze. Mi ricordo la borsa di papà (medico di famiglia) piena di multicolori ricettari che andavano timbrati (per ogni timbro apposto, io prendevo un soldino ). Alcuni pazienti avevano prestazioni full optional, altri meno e anche i medici venivano pagati differentemente a seconda se fossero convenzionati con questa o quella mutua. Nessuno si poneva il problema delle incompatibilità. Anzi, la domanda signor dottore, in quale ospedale lavora era abbastanza ricorrente (all epoca si premetteva sempre il signor a dottore ). La gente voleva sapere, in caso di bisogno, dove lavorava il proprio medico. Il tanto ricercato legame

6 Editoriale ospedale-territorio era nei fatti. Poi venne il grandissimo Albertone nazionale con l impersonificazione (deleteria) del dott. Tersilli. Il film, per la verità, ritrae ancora il tempo delle mutue, essendo della fine degli anni sessanta. Tuttavia, i suoi effetti li proietta soprattutto sul nuovo Servizio Nazionale, dove tanti, tanti mutuati corrispondevano a tanti, tanti denari e dove il medico plurimassimalista era dipinto come colui che dispensava medicine e accertamenti clinici inutili. Tutti vennero del parere che bisognasse limitare il massimale dei medici di famiglia e che se il medico lavorava in ospedale poteva lavorare sul territorio solo a determinate condizioni e con diverse limitazioni. Ma gli attacchi alla figura professionale del medico, dipinto unicamente come accaparratore senza scrupolo di denaro, si acuirono ulteriormente durante gli anni ottanta, mentre stavo studiando medicina. Mi ricordo un Ministro De Lorenzo scatenato contro coloro che lavorano al mattino per l ospedale e al pomeriggio per la concorrenza. Tuttavia, le limitazioni imposte da De Lorenzo all attività libero professionale dei Medici furono nulla in confronto all attacco subito dai medici a cura dell onorevole Rosy Bindi. Ministro della Sanità dal 1996 al 2000, introdusse la famigerata 229 e portò avanti un idea di medico del SSN totalmente legato a esso. Mi ricordo con amarezza i resoconti delle mortificanti trattative per il rinnovo della convenzione dei medici di famiglia e le discese in piazza per difendere la libertà dei medici ospedalieri di poter ancora praticare una libera professione degna di questo nome. Oggi, lo si è detto, le incompatibilità sono ferree e la libera professione è molto limitata, è quasi un regalo che il medico dipendente fa alla propria struttura. Tuttavia, è probabilmente arrivato il momento di cambiare. Innanzitutto, l elemento demografico e l elemento sociale stanno facendo sì che la professione medica si impoverisca anche in senso numerico. Ovverosia, alcuni lavori non sono più appetibili e, oltretutto, non ci sono i numeri sufficienti per coprire tutti i posti in quanto non si sono preparati abbastanza medici e non si è fatto fronte all uscita dalla professione di enormi coorti di colleghi che, per ragioni puramente anagrafiche, stanno andando e andranno in pensione nei prossimi anni. In questa situazione, tenere in piedi un sistema rigido di incompatibilità e limitazioni della libera professione appare del tutto anacronistico e, soprattutto, difficile da realizzare. Tuttavia, la ragione principale per la quale il sistema attuale è destinato a cambiare è probabilmente un altra. Innanzitutto, di soppiatto, si sta facendo strada il Welfare aziendale. Invece che dare aumenti, si dà ai lavoratori la possibilità di avere dei benefit di tipo sanitario e usufruire di mutue parallele al SSN. Questo, di fatto, sta creando un sistema sanitario privato diffuso e fiorente. Dopo i primi periodi di accaparramento della clientela, però, il rischio è di andare verso un sistema simile a quello statunitense, dove se lavori e guadagni bene ti puoi ammalare, e sennò è meglio che rimani sano! Infine, alcune Regioni, con in testa la Lombardia, stanno (purtroppo) cercando di budgetizzare l assistenza al cronico. Se il progetto dovesse riuscire, verrebbero concesse solo una certa serie di prestazioni e per il resto, per stessa ammissione di chi ci amministra, ci sono le assicurazioni private. Non è questa la sede per analizzare in profondità questi fenomeni. Tuttavia, tutti questi segnali ci indicano, almeno a mio parere, che il medico del futuro dovrà muoversi su più piazze e su più realtà per sbarcare il lunario. Pertanto, la visione di un medico legato indissolubilmente e unicamente a un unico rapporto con il SSN dovrebbe essere profondamente rivista. Peraltro, ricordo anche che, in alcuni Paesi (molto civili) del mondo, se un ente o un istituzione qualsivoglia vuole che un determinato professionista di chiara fama lavori in esclusiva per sé, si rende anche disponibile a contrattualizzare tale richiesta! 4 InFormaMI

7 360 RIPARARE I VIVENTI Donazioni e trapianti: quando l organizzazione fa sistema stefano menna Il 2017 è stato un anno record per i trapianti in Italia, a dimostrazione sia del ruolo di primo piano che il nostro Paese ricopre in questo fondamentale settore della sanità pubblica, sia della maggiore consapevolezza dei cittadini, più sensibili rispetto al tema delle donazioni L ultimo rapporto del Centro Nazionale Trapianti (CNT) 1 presenta non solo un aumento complessivo rispetto al 2016 degli interventi eseguiti (3.921, +6%) e delle donazioni di organi, tessuti e cellule (1.741, +9%), ma anche un calo dei pazienti in lista di attesa (8.743, -3%) e delle opposizioni alla donazione (-4%). Dati che confermano l andamento positivo degli ultimi cinque anni nei quali, a seguito della riorganizzazione della rete nazionale, si è assistito a una crescita costante sia del numero dei trapianti eseguiti (+27%), sia dell attività donativa (+29%). Aumentano anche le donazioni di tessuto, arrivate a quasi In tema di donazioni, la Lombardia è risultata di gran lunga la Regione più generosa : le manifestazioni di volontà positive ( in più rispetto allo scorso anno),

8 360 riparare i viventi circa un quarto del totale nazionale. Secondo la fotografia scattata dal sistema informativo trapianti, le province più solidali risultano Milano, Brescia e Bergamo. Un atto consapevole, libero e gratuito Ma qual è la procedura prevista per donare? La donazione può avvenire dopo la morte oppure, per alcuni organi come il rene o il fegato, già in vita. Nel caso della donazione post mortem è necessario prima accertare il decesso con criteri neurologici (morte cerebrale) o cardiaci (donazione a cuore fermo), quindi si può procedere con il prelievo a patto che la persona abbia dato in vita il proprio consenso alla donazione attraverso uno dei modi previsti dalla legge. Non vale il principio del silenzio-assenso. Se non è stata espressa in vita alcuna volontà, serve il consenso dei familiari aventi diritto: coniuge non separato, convivente more uxorio, figli maggiorenni e genitori. Nel caso della donazione da vivente, va garantita la gratuità e la libertà del gesto. Nel nostro Paese sono molto frequenti le donazioni di rene e fegato (più di 300 interventi l anno) eseguite in genere tra consanguinei o persone affettivamente correlate come moglie e marito. Tuttavia, dal 2012 è consentito anche il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino (queste ultime due tipologie non sono state ancora effettuate in Italia). Esiste infine un altra tipologia di donazione, nota come samaritana, che indica la scelta di un donatore vivente di offrire un proprio organo per salvare la vita di un paziente con il quale non ha alcun legame, né parentale né affettivo. Si tratta anche qui di un atto libero, gratuito e anonimo: per verificare l idoneità fisica e la reale motivazione del donatore sono quindi previsti una serie di test ed esami, clinici e psicologici. Che cosa si può trapiantare I trapianti d organo sono certamente quelli più ricorrenti nell immaginario collettivo: attualmente gli organi che si possono trapiantare sono cuore, fegato, intestino, pancreas, polmoni e reni. Tuttavia è possibile trapiantare anche cellule, in particolare le staminali ematopoietiche, e diverse tipologie di tessuti: cornea, cute, arterie, valvole cardiache, vene, ossa, muscoli, tendini e membrana amniotica. Le procedure di sicurezza Si tratta di accertamenti indispensabili anche per garantire la sicurezza dell intervento: un tema prioritario, a maggior ragione quando l obiettivo è salvare la vita di un paziente le cui condizioni di salute sono già compromesse. In medicina il rischio zero non esiste, a maggior ragione nei tempi stretti tra il prelievo e il trapianto di un organo o di un tessuto: è dunque fondamentale la valutazione d idoneità del donatore, per accertare la presenza di malattie trasmissibili dal donatore al ricevente. Le procedure di sicurezza sono stabilite da linee guida e raccomandazioni che definiscono le modalità operative da seguire passo dopo passo. L ultima versione del protocollo, approvata il 24 gennaio scorso dalla Conferenza Stato-Regioni, 2 indica come muoversi nella zona grigia dei casi a metà tra il rischio standard e la non idoneità alla donazione: un insieme di situazioni per le quali il rischio non è completamente assente, ma non è nemmeno tale da indurre a escludere a priori l utilizzo (del tutto o in parte) degli organi di quel donatore. 6 InFormaMI

9 Attività di trapianto * N totale trapianti (cadavere + vivente) Liste di attesa al * Totale pazienti: ,1% intestino 8,5% cuore 11,5% fegato 3,0% pancreas * dati preliminari al Fonte: Report CRT 73,0% rene 4,0% polmone * dati SIT all 11 gennaio

10 360 riparare i viventi Oltre alle linee guida, a incrementare ulteriormente la sicurezza interviene la cosiddetta second opinion: una task force di esperti (ne fanno parte un anatomo-patologo, un medico legale e un infettivologo) che viene interpellata nei casi più dubbi e controversi. Il registro dei donatori di midollo osseo Istituito nel 1989 presso l ospedale Galliera di Genova, il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR) conta a oggi quasi donatori attivi, persone cioè disponibili a offrire in maniera anonima, volontaria e non retribuita le proprie cellule staminali ematopoietiche a favore di pazienti affetti da gravi malattie del sangue quali linfomi e leucemie. Considerando che meno di un terzo dei malati che necessitano di un trapianto trova fra i familiari un donatore compatibile, è essenziale non solo raccogliere il maggior numero possibile di potenziali donatori, ma anche mettere in rete tutti i database di questo tipo a livello internazionale. L attività del registro coinvolge anche le banche, sia italiane sia estere, di cellule staminali ematopoietiche da cordone ombelicale, prelevate dopo il parto su consenso delle neomamme e conservate a scopo di trapianto per pazienti privi di un donatore compatibile. Lo scorso anno sono state le nuove iscrizioni al registro, 225 le donazioni di staminali e 838 i trapianti di midollo da donatore non familiare eseguiti in Italia. 3 La rete e il sistema trapianti Il coordinamento generale delle attività di donazione e trapianto è affidato al CNT, che tra i suoi compiti istituzionali ha la gestione del sistema informativo, l individuazione del fabbisogno su scala nazionale, la definizione di linee guida e criteri di qualità, la promozione della cultura della donazione e l interazione con le altre istituzioni per facilitare la collaborazione e la donazione di organi. Completano la rete i centri regionali per i trapianti e, a livello locale, i centri trapianto e le rianimazioni. Questa organizzazione stratificata ha permesso al sistema italiano di raggiungere livelli di eccellenza negli ultimi anni, sia per qualità dei trapianti effettuati sia per condizioni dei pazienti trapiantati. Lo testimoniano innanzitutto i dati sugli esiti: secondo la valutazione effettuata dall Istituto Superiore di Sanità, nel periodo circa 9 pazienti su 10 sottoposti a trapianto di cuore (90%), fegato (85%) e rene (93%) lavorano e si sono pienamente reinseriti nella normale attività sociale. Si riducono poi le liste di attesa, un indicatore dell efficienza della macchina: i pazienti che attendono il trapianto sono scesi dai del 2016 agli dello scorso anno. 1 Sono numeri che ci confortano. Del resto la nostra rete fa più di 10 trapianti al giorno, con uno dei tassi di successo e qualità più alti d Europa, sottolinea Alessandro Nanni Costa, direttore generale del CNT. Questi ottimi risultati sono frutto della volontà di fare sistema: possiamo crescere solo lavorando tutti assieme, dalle Regioni ai coordinamenti locali. Bibliografia 1 Centro Nazionale Trapianti (CNT) Conferenza Stato-Regioni. D. lgs 28 agosto 1997, n Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR). Alessandro Nanni Costa, direttore generale del CNT. 8 InFormaMI

11 Miracolo o bufala ante litteram? Correva l anno del Signore 474 quando Cosma e Damiano gemelli, medici, nonché futuri santi e martiri trapiantarono una gamba. Lo straordinario intervento, descritto nelle cronache dell epoca, ma soprattutto ripetutamente rappresentato, fu eseguito probabilmente in Etiopia e ha certamente colpito l immaginario collettivo per il fatto che il donatore fosse un uomo di colore. A meno di credere ai miracoli, non è difficile immaginare l esito infausto di quello che è passato alla storia come il primo trapianto. Peraltro, la sua rappresentazione in una pala di Matteo di Pacino risalente al 1370 circa e oggi custodita al museo di Blue Ridge Road Raleigh in North Carolina, offre spunti di un certo interesse scientifico. Sul Journal of Vascular Surgery, ricercatori italiani, francesi e svizzeri hanno analizzato l aspetto dell arto amputato e deposto nella bara insieme ai resti (o al resto) del donatore. Il gonfiore, il disegno vascolare e le lesioni cutanee hanno suggerito l ipotesi diagnostica di una vasculopatia avanzata, fino alla gangrena. Ipotesi confermata da un testo settecentesco che ci dice che il paziente aveva una gamba edematosa e maleodorante, senza purtroppo soddisfare altre nostre curiosità sull origine della malattia. Ampio spazio quindi alle congetture sulla patogenesi (trauma, infezioni, diabete, sofferenza vascolare), ma un motivo in più per escludere qualsiasi possibilità di attecchimento del trapianto. Avviata la prima catena cross-over da donatore cadavere stefano menna È realtà, ed è un successo tutto italiano, la prima catena di trapianto incrociato di rene da vivente (la cosiddetta modalità cross-over). La catena è formata da coppie donatorericevente tra loro incompatibili, innescata da un donatore deceduto. Il primo intervento è stato effettuato a metà marzo su un iperimmunizzato, cioè un paziente che per particolari condizioni immunitarie è stato costretto a una lunga attesa prima di poter accedere al trapianto. Nel 2017 sono stati eseguiti 64 interventi a favore di questi pazienti di difficile trapiantabilità, più del doppio rispetto al I donatori e i riceventi che scelgono di optare per la donazione da vivente in modalità cross-over sono iscritti in un registro nazionale, curato dal Centro Nazionale Trapianti. Questo registro contiene tutte le informazioni cliniche e immunologiche utili all identificazione della migliore compatibilità possibile tra donatore e ricevente, alla valutazione degli esiti di tali trapianti e del follow-up dei donatori. Un primato, nuove opportunità È la prima volta in tutto il mondo che si effettua un intervento del genere: ampliando la platea dei potenziali donatori, questo programma aiuterà soprattutto i pazienti che non possono ricevere l organo da donatore vivente a causa della presenza di anticorpi specifici nei confronti dello stesso donatore. Considerando che il numero dei donatori deceduti è nettamente superiore alla disponibilità dei donatori da vivente, questo consentirà di incrementare il numero di potenziali donatori compatibili da utilizzare per innescare più catene che coinvolgano coppie incompatibili e pazienti difficilmente trapiantabili, spiega Paolo Rigotti, responsabile dello staff del centro trapianti di rene dell Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova che ha effettuato l intervento. Oltre alla struttura veneta, il progetto ha visto coinvolti il laboratorio del centro interregionale di immunogenetica NIT di Milano e il laboratorio regionale di immunogenetica dell Ospedale di Camposampiero. Bibliografia 1 Ministero della Salute, Centro Nazionale Trapianti (CNT). Sistema Informativo Trapianti (SIT). Attività di donazione al 31 dicembre

12 360 riparare i viventi Un ospedale (e una Regione) con numeri da primato debora serra Nelle strutture ospedaliere lombarde, ogni anno si effettuano donazioni e trapianti a ritmo di routine. E in alcune, per esempio all Ospedale Ca Granda Niguarda di Milano, con risultati da record wikimedia commons Sala d attesa per l accettazione all Ospedale Ca Granda Niguarda di Milano. A 64 anni dal primo trapianto eseguito al mondo, questi interventi sono ormai diventati parte delle normali attività chirurgiche. Ma come scegliere l ospedale giusto? In tutta Italia, sono 98 le strutture che fanno trapianti: il 48% si trova al Nord, il 18% al Centro e il 34% al Sud. Un criterio possibile è l analisi della quantità di trapianti eseguiti da una struttura in un anno. In questo senso ci aiuta la classifica sui centri che effettuano il maggior numero di interventi. Disponibile sul portale la lista permette di identificare i 6 ospedali che si collocano in cima alle classifiche nazionali per volume di trapianti annui di rene, cuore, polmone, fegato e pancreas. Di questi, due si trovano a Milano: si tratta dell Ospedale Ca Granda Niguarda e dell Ospedale San Raffaele (gli altri sono l Azienda Ospedaliera di Padova, l Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, il Presidio Ospedaliero Molinette di Torino e il Policlinico Sant Orsola- Malpighi di Bologna). Il Niguarda, tra successi e innovazione Solo nel 2017, il Centro di Chirurgia Generale e dei Trapianti dell Ospedale Ca Granda Niguarda di Milano ha eseguito 124 trapianti di fegato (di cui 3 rene-fegato e 2 da vivente), 81 di rene (8 rene doppio e 23 da vivente) e 3 di rene-pancreas. Sempre lo scorso anno, la Cardiochirurgia ha eseguito 30 trapianti cardiaci. Dal primo trapianto eseguito nel 1972, abbiamo ormai superato il tetto dei interventi: 1 oggi, a esclusione del trapianto di intestino, il Transplant Centre del Niguarda effettua tutte le tipologie di trapianto addominale, racconta il direttore del centro Luciano De Carlis. E spesso con numeri da record per il nostro Paese. Oltre al trapianto combinato di fegato-cuore, fegato-polmone, cuore-fegato e fegato-pancreas, eseguiamo il trapianto di fegato da donatore vivente, il trapianto di rene da vivente con tecnica 10 InFormaMI

13 Luciano De Carlis, direttore del Transplant Center di Niguarda. di prelievo robotico, lo split liver adulto-adulto [vedi più avanti, ndr], il trapianto di fegato da donatore in arresto cardiaco e il trapianto di rene cross-over [nel caso di due coppie immunologicamente incompatibili, donatori e riceventi si incrociano se biologicamente compatibili tra loro, ndr] da donatore samaritano. In questi 46 anni di attività sono state studiate e messe a punto numerose tecniche innovative. Da pochi mesi abbiamo superato la soglia del centesimo trapianto di fegato da donatore vivente in paziente adulto, eseguito per la prima volta in Italia proprio al Niguarda nel 2001, 1 ricorda il primario. Sempre sul fegato, nel 2015 il centro milanese ha portato a termine il primo trapianto nazionale da donatore in stato di arresto cardiaco. 1 Una tecnica spiega De Carlis che si stima porterà a un incremento del 10% dei volumi delle operazioni e a una riduzione dei tempi di attesa (oggi, per il fegato, si aspettano 6-12 mesi). Quella degli interventi a cuore fermo è una delle nuove frontiere della trapiantologia perché, attraverso specifiche tecniche di perfusione intra ed extracorporea, permette di utilizzare gli organi di pazienti deceduti per arresto cardiaco irreversibile. Negli ultimi anni le procedure si sono affinate anche grazie all utilizzo di strumentazione e tecnologia sempre migliori: i 23 trapianti di fegato da donatore a cuore fermo, eseguiti nel Centro del Niguarda dal 2015 a oggi, rappresentano la casistica nazionale più significativa per questo tipo di operazioni. 1 Da anni l ospedale milanese esegue con successo anche l intervento split liver: la suddivisione del fegato in due parti permette di raddoppiare le operazioni: con un solo organo possiamo fare il trapianto in due pazienti, ottimizzando i risultati, continua De Carlis. Sempre in tema di innovazione, un interessante tecnica eseguita nel 2016 al Niguarda (per la prima volta in Europa) è il trapianto di isole pancreatiche impiantate a livello dell omento: una procedura messa a punto in collaborazione con il Diabetes Research Institute dell Università di Miami, per il trattamento del diabete di tipo 1. La situazione in Lombardia Che la Lombardia sia Regione all avanguardia e di sperimentazione è confermato anche dalla presenza, sempre al Niguarda, di un centro per trapianti di midollo e di una banca della pelle e dell osso, laboratorio specializzato nell ingegnerizzazione di cute e cartilagine per interventi ricostruttivi. Ma è il sistema regionale nel suo complesso a costituire un eccellenza in questo settore. La Lombardia è una delle Regioni in cui sono stati effettuati i primi trapianti nell era dei pionieri, ricorda Giuseppe Piccolo, responsabile del Coordinamento Regionale Trapianti (CRT). A oggi, la Regione copre un quarto dell attività nazionale di donazione e trapianto di organi: grazie a una rete di 100 ospedali attivi per la donazione, ogni anno facciamo quasi 900 trapianti di organo e di tessuti. Un attività che ha grande rilevanza, come dimostrano i recenti interventi normativi per migliorare i processi di donazione e trapianto e massimizzarne i risultati. La delibera regionale del novembre mira infatti a riorganizzare e migliorare l efficienza del sistema trapianti lombardo. Questo provvedimento inserisce tutte le strutture sanitarie nel sistema regionale trapianti e identifica nel CRT l elemento di supervisione e monitoraggio dell intero programma. In particolare, per garantire ai cittadini e ai pazienti in lista d attesa il percorso assistenziale di donazione a scopo di trapianto, è in corso la riorganizzazione delle 175 strutture sanitarie regionali in 9 macroaree di procurement, prosegue Piccolo. L obiettivo è presidiare e supportare 24 ore su 24 il processo di reperimento attraverso i Coordinamenti Ospedalieri del Prelievo, opportunamente concentrati in termini di risorse umane formate e dedicate. Si tratta di una scelta che ha anticipato l esigenza di monitorare l impegno delle Regioni sulle donazioni: una prerogativa prevista ora a livello nazionale dai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza. Bibliografia Giuseppe Piccolo, responsabile del CRT della Lombardia. 1 ospedale Niguarda. Transplant-center. 2 Regione Lombardia. Dgr n del novembre

14 360 riparare i viventi Francobollo da 32 cent per promuovere la donazione di organi (USA 1998). La cultura della donazione riguarda tutti: decisori, operatori sanitari e cittadini. E inizia sui banchi di scuola Più formazione e comunicazione per promuovere la cultura del dono stefano menna Oltre all organizzazione, sono due gli aspetti su cui è fondamentale investire per sostenere le donazioni di organo: la formazione e la comunicazione. Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), punta sui valori della preparazione tecnica degli operatori sanitari e della sensibilizzazione della popolazione generale. L addestramento e la formazione di chi sta in prima linea devono essere la nostra stella polare. Per fare in modo che, in poche ore, un organo prelevato venga trapiantato su un paziente in lista per l intervento servono organizzazione e professionalità di alto livello. È quanto mette in luce anche il Piano Nazionale Donazioni , 1 documento programmatico appena varato con l intento di rafforzare e uniformare il sistema di individuazione e segnalazione del potenziale donatore sull intero territorio nazionale. La singola donazione si inserisce sempre in un percorso strutturato e organizzato, perché i trapianti coinvolgono numerose competenze e figure professionali. Oltre al CNT, i Coordinamenti Regionali Trapianto e il coordinatore locale, entrano in gioco l équipe chirurgica, gli infermieri, chi si occupa del prelievo, chi del trasporto dell organo, chi accompagna il paziente, anestesisti, rianimatori, banche dei tessuti, laboratori e centri diagnostici: in media, per 12 InFormaMI

15 ogni singolo trapianto, si mobilita una squadra di 100 professionisti. Come esprimere la propria volontà Se ben formati, gli operatori sanitari possono essere anche i primi veicoli per una corretta informazione nei confronti dei pazienti e dei loro familiari. La seconda leva di promozione della donazione è infatti la comunicazione. Una maggiore sensibilizzazione e una migliore conoscenza, all interno degli ospedali, di temi e problemi relativi alla donazione ci permette di trasformare in nostri alleati gli operatori. Mi riferisco soprattutto a medici e infermieri che lavorano nei reparti di rianimazione: sono loro i primi promotori della cultura sanitaria. E poi c è la popolazione generale, costretta quasi sempre a confrontarsi con questi temi solo nelle circostanze drammatiche di fine vita. E invece dobbiamo arrivare prima, fare tutto il possibile perché la persona di cui si accerta la morte si sia già espressa in vita, spiega il direttore del CNT. Ma quali sono le modalità previste dalla legge per esprimere la propria volontà in tema di donazione di organi e tessuti? Grazie al progetto Una scelta in Comune, 1 le anagrafi possono registrare la dichiarazione di volontà del cittadino al momento del rinnovo o rilascio della carta d identità. I dati confluiscono nel Sistema Informativo Trapianti del CNT, 1 che li raccoglie e conserva assieme a quelli provenienti da ASL e Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule (AIDO). Le amministrazioni che hanno aderito al progetto sono 2.217, contro le del A influire su questo incremento, la progressiva adozione della carta d identità elettronica che aiuta a semplificare e velocizzare le procedure. L 82% delle manifestazioni di volontà rese al comune sono positive. Complessivamente, oggi sono quasi 2,5 milioni i cittadini che hanno dato il loro consenso alla donazione. Per esprimere la propria volontà sono validi e da conservare tra i documenti personali anche il tesserino del Ministero della Salute o di una delle associazioni di settore, così come qualunque dichiarazione scritta che contenga nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà (positiva o negativa), data e firma. Diamo il meglio di noi Per favorire una scelta consapevole, vengono in aiuto anche le campagne di comunicazione nazionali. Ora stiamo promuovendo Diamo il meglio di noi, 1 iniziativa realizzata dal Ministero della Salute e CNT, in collaborazione con le associazioni nazionali di settore. L obiettivo è sensibilizzare e informare su una scelta responsabile, quella della donazione, che consente di restituire un opportunità di vita a chi è in attesa di ricevere un trapianto, sottolinea Nanni Costa. La campagna può contare sull appoggio di 36 grandi organizzazioni pubbliche e private e nel 2017 si è aperta anche alle Regioni: finora hanno aderito Lombardia, Sicilia, Lazio e Puglia, con percorsi e progetti di comunicazione coordinati sul territorio e in sinergia con i coordinamenti regionali trapianti. Il ruolo di associazioni e scuole Non può essere poi tralasciato il mondo dell associazionismo, 1 sempre molto attivo. Il terzo settore e i volontari sono il nostro braccio operativo sul campo. Insieme e grazie a loro, con il Ministero della Salute e il Centro Nazionale Sangue, siamo arrivati alla firma della Carta del dono, ricorda il direttore del CNT. Il documento, siglato a fine febbraio, esalta il valore biologico della donazione (sia essa di sangue, emocomponenti, cellule, tessuti, organi o nutrienti come il latte), tutelando la natura libera, volontaria, consapevole e gratuita di questo gesto di solidarietà e generosità. Non dimentichiamoci infine dei giovani: anche tra i banchi di scuola, dobbiamo saper cogliere i momenti di partecipazione e le occasioni di aggregazione degli studenti per potenziare le attività di sensibilizzazione e raggiungere così i ragazzi, un target fondamentale, continua Nanni Costa. Insomma, la cultura della donazione va sostenuta a 360 gradi. Vanno abbassati i rifiuti, certo, anche se fortunatamente nel nostro Paese il tasso di opposizione non è elevato. Ma soprattutto non dobbiamo perdere la fiducia delle persone, che rappresenta il valore più prezioso che abbiamo. Tanto più in un momento come questo, in cui la fiducia in tutto ciò che fa capo alle istituzioni è messa continuamente in discussione. Bibliografia 1 Centro Nazionale Trapianti (CNT)

16 360 riparare i viventi La vita dopo il trapianto: così sport e attività fisica aiutano la ripresa debora serra Aries Merritt 1 è l ultimo sportivo, in ordine di tempo, alla ribalta per i risultati ottenuti dopo un trapianto d organo. Oro olimpico a Londra nei 100 metri a ostacoli del 2012, bronzo ai mondiali di atletica del 2013, attuale detentore del record del mondo in questa disciplina, l atleta statunitense è tornato in pista ai Giochi di Rio di due anni fa dopo essersi sottoposto a un trapianto di rene. Merritt è un caso eccezionale, soprattutto perché si tratta di un atleta che già prima dell operazione gareggiava tra i professionisti. Però è un buon esempio per ricordare che un trapianto d organo non impedisce lo svolgimento di una attività fisica regolare, anche ai più alti livelli. wikimedia commons Aries Merritt, campione olimpico sui 100 metri a ostacoli. I benefici dello sport per i trapiantati Lo sport e il movimento sono infatti un presidio di promozione della salute fondamentale per tutti, tanto più per chi ha subito un trapianto d organo. Spesso il paziente trapiantato, che assume farmaci immunosoppressori, corticosteroidi compresi, deve ristabilire le masse muscolari perdute a seguito dell intervento; si sente finalmente meglio, ha spesso fame e mangia più del solito, tendendo facilmente a ingrassare. Con il peso, però, aumenta anche il rischio cardiovascolare: non è un caso che le patologie cardiovascolari siano la prima causa di morte tra chi ha subito un trapianto. Promuovere l attività fisica tra gli adulti, soprattutto tra i cinquantenni e i sessantenni (l età in cui la salute inizia fisiologicamente a peggiorare), è allora importante. L attività fisica non fa male, anzi: aiuta a mantenere il peso forma e a migliorare nel tempo la funzionalità degli organi. 2 Il progetto di ricerca Trapianto e adesso Sport, avviato nel 2008 dal Ministero della Salute e dal Centro Nazionale Trapianti, ha analizzato proprio l efficacia dell attività fisica come terapia post trapianto. E ha permesso di monitorare i risultati ottenuti attraverso l esercizio personalizzato, prescritto dal medico dello sport e praticato con la supervisione di personale appositamente preparato. Tra i benefici osservati ci sono la diminuzione percentuale del tessuto adiposo, l aumento della capacità di lavoro e il miglioramento della percezione del proprio benessere psico-fisico. 2 Le attività di promozione dell attività fisica in Lombardia Struttura che ha aderito al progetto per la Lombardia, il Centro di Medicina dello Sport dell Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo prosegue ancora oggi le attività con i pazienti trapiantati. Tanto che nel 2015 ha avviato A spasso con Luisa 3 (iniziativa in ricordo di Luisa Savoldelli, trapiantata di fegato e appassionata di montagna), che prevede una serie di escursioni in montagna con la guida di Silvio Calvi, trapiantato di fegato ed esperto del Club Alpino Italiano. Per tutti coloro che hanno subito un trapianto e intendono migliorare il proprio benessere mentale e fisico, l appuntamento è fissato per le domeniche comprese tra l 8 aprile e il 1 luglio prossimi. Bibliografia 1 Sito ufficiale di Aries Merritt. 2 Centro Nazionale Trapianti (CNT). Trapianti e sport. 3 ASST Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A spasso con Luisa. 14 InFormaMI

17 PROFESSIONE roberta villa Esclusione di punibilità: il commento di Federico Gelli Una nuova sentenza della Cassazione chiarisce uno dei punti più controversi della legge sulla responsabilità degli operatori sanitari e la sicurezza delle cure Come abbiamo raccontato nel numero 3/2017, ci sono diversi punti controversi nella legge Gelli-Bianco (n. 24 dell 8 marzo 2017) sulla responsabilità degli operatori sanitari e la sicurezza delle cure. Mentre alcune scelte del legislatore possono essere condivisibili oppure no, c è in particolare un punto del testo che pecca di poca chiarezza. È l art. 590 sexies, che abroga la precedente normativa introdotta dal Decreto Balduzzi. Il provvedimento fa scomparire il riferimento al grado della colpa, che secondo la normativa precedente rendeva non punibile l operatore che agisse seguendo linee guida o buone pratiche cliniche, precisando che ciò avveniva in caso di colpa lieve. In altre parole, tolti i casi di imprudenza o negligenza, ogni colpa ricollegabile all imperizia nell applicazione di linee guida o buone pratiche cliniche non sarebbe più punibile. Così almeno aveva interpretato la norma la sentenza del 31 ottobre 2017, n della Sezione IV della Cassazione Penale. Pochi mesi prima, la sentenza del 7 giugno 2017, n della medesima Sezione della Cassazione Penale, sottolineava che Il legislatore, con scelta sovrana, ma con espressione lessicalmente infelice, ha ritenuto di limitare l innovazione alle sole situazioni astrattamente riconducibili alla sfera dell imperizia, cioè al profilo di colpa che involge, in via ipotetica, la violazione delle leges artis. Un nuovo pronunciamento, reso noto poco prima di Natale, il 21 dicembre 2017 (informazione provvisoria n. 31 delle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte di Cassazione) ha provato a fare chiarezza: L esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall esercizio di attività chirurgica: a) se l evento si è verificato per colpa (anche lieve ) da negligenza o imprudenza; b) se l evento si è verificato per colpa (anche lieve ) da imperizia: 1) nell ipotesi di errore rimproverabile nell esecuzione dell atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinicoassistenziali; 2) nell ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse; c) se l evento si è verificato per colpa (soltanto grave ) da imperizia nell ipotesi di errore rimproverabile nell esecuzione, Federico Gelli, propositore e firmatario della nuova legge sulla responsabilità professionale

18 PROFESSIONE quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell atto medico. Di questa interpretazione della Suprema Corte abbiamo chiesto un commento direttamente all onorevole Federico Gelli, propositore e firmatario della legge. Onorevole, le sembra che la sentenza della Cassazione n sull ambito di esclusione della punibilità di cui all art. 590 sexies c.p della legge da lei proposta ne rispetti lo spirito? A suo parere la chiarisce o ne distorce il senso? Nell ultimo passaggio al Senato il testo che la Camera aveva già approvato è stato modificato, perdendo di chiarezza e aprendo alcuni dubbi interpretativi. Ciò ha portato a due sentenze della Cassazione contrastanti tra loro. Era quindi auspicabile un intervento risolutivo che chiarisse la situazione. Per quanto non abbia colto pienamente la volontà del legislatore, la pronuncia n. 8770/2018 accoglie una soluzione mediana ed è quindi comunque utile a evitare che la confusione portasse di fatto a una disapplicazione della norma. In questo momento molte linee guida sono state ritirate dal Sistema Nazionale Linee Guida, probabilmente per aggiornamento. Applicare le linee guida non significa robotizzare l attività del professionista, la cui esperienza deve esser in grado sempre di plasmarsi al caso di specie Come si dovrebbe comportare il medico? Nel frattempo sono ugualmente valide? Il Sistema Nazionale Linee Guida è dinamico, non statico e per sua definizione in evoluzione. Si fonda su una revisione sistematica della letteratura e delle evidenze scientifiche. Le linee guida dovrebbero dunque rappresentare un condensato delle migliori conoscenze disponibili, fermo restando il fondamentale contributo di esperienza del medico nella valutazione del caso concreto. Ora, a fronte di linee guida in attesa di aggiornamento, tale valutazione discrezionale dovrà esser ancor più attenta, potendosi ritenere che le stesse siano, o possano essere, in via di superamento. Uno dei punti che resta sempre controverso è quello di come interpretare l espressione buone pratiche cliniche. A suo parere questo concetto va inteso come quel che si è sempre fatto o piuttosto occorre che le singole realtà ospedaliere traducano in PDTA calati nelle realtà specifiche linee guida internazionali (tipo NICE o Clearinghouse), almeno in attesa di quelle nazionali? Quel che si è sempre fatto non è un buon parametro di riferimento, se inteso come prassi in uso in questo o quel reparto, o in una data struttura ospedaliera. Le prassi vanno verificate alla luce di quelle evidenze scientifiche che, alla fine, integrano esse stesse le buone pratiche, a prescindere da una loro formale codificazione. Ancora con riferimento a linee guida e buone pratiche, la sentenza precisa: fermo restando l obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse. Questa discrezionalità, resa indispensabile dalla infinita casistica individuale, non può poi rappresentare di fatto una scappatoia per tutti i casi? Non riporta la scelta alla sola discrezione del medico? Non è una scappatoia. Qui occorre esser chiari. L applicazione delle linee guida non significa robotizzare l attività del professionista, la cui esperienza deve esser in grado sempre di plasmarsi al caso di specie. Lo stesso concetto di linea guida, costruito attorno all idea non vincolante della raccomandazione, impone un approccio necessariamente elastico alla naturale variabilità dei casi. Ritengo, però, che, pur nella sua naturale elasticità, il Sistema delle linee guida dia più di un ancoraggio di sicurezza, consentendo anche alla magistratura di reperire riferimenti più certi attraverso i quali vagliare l operato del medico diligente e perito. Un ultima domanda: è possibile pensare di codificare in linee guida tutte le mille scelte e procedure di tutta quell infinita casistica individuale di cui si diceva prima? Sicuramente no e non è neanche questo il fine. L idea di base è di fornire dei riferimenti il più possibile certi e stabili, nei limiti però della fisiologica evoluzione delle conoscenze. Restano ferme le buone pratiche cliniche. Rimane il fatto che, comunque, la nuova norma ha, mi pare, il pregio di superare quella pericolosa tendenza a valutare la responsabilità medica non in base al rispetto delle leges artis, ma in funzione di un malinteso obbligo di risultato. 16 InFormaMI

19 simonetta pagliani La scienza del placebo Negli studi clinici è usato come pietra di paragone dell efficacia del farmaco o dell intervento terapeutico, nella pratica clinica invece interviene migliorando l effetto della cura, se il medico riesce a stabilire una vera e propria intesa con il suo paziente Più o meno consapevolmente, i medici, nella loro pratica clinica, ricorrono al placebo tutte le volte che prescrivono un integratore (ai vecchi tempi chiamato ricostituente ); gli omeopati lo fanno di continuo. Solo nel caso di questi ultimi, però, si tratta di reale placebo (sostanza inerte), mentre i primi si avvalgono di vitamine, aminoacidi o sali minerali che inerti non sono, ma cui fingono di attribuire un potere terapeutico inesistente. Anche le terapie vere e proprie, d altronde, possono

20 PROFESSIONE In origine c era il piacere Il gastroenterologo scrittore Giorgio Dobrilla, nel suo libro Cinquemila anni di effetto placebo cita l esistenza di un epigrafe romana del 400 a.c. ritrovata sulla via Appia e ora custodita al Policlinico di Vienna, che raffigura un malato sdraiato a letto e il suo medico. Nell iscrizione, l infermo dice al curante Ego tibi placebo e il medico gli risponde Tibi atque placebo ; in questo scambio di battute, come nota l autore del libro, sono racchiusi, da una parte, l intento ippocratico di fare il bene del malato e, dall altra, la garanzia di compliance data da quest ultimo. Che l epigrafe abbia o meno una relazione con la parola placebo nella sua accezione moderna, non vi è dubbio che io piacerò è la promessa fondativa del patto di cura, basato, innanzitutto, sulla fiducia. Ma si sa che la fiducia non sempre è ben riposta: il Quincy s Lexicon, dizionario dei termini della medicina e delle varie branche della filosofia naturale connessa alla medicina pubblicato a Filadelfia nel 1817, definisce il placebo un medicamento usato più per far piacere che per giovare al malato. avere un surplus di efficacia (la quota placebo) grazie al rituale dell assunzione, alle parole del medico, all ambiente della somministrazione. Ma quali sono i meccanismi alla base dell effetto placebo? Sicuramente interviene il fenomeno prettamente psicologico dell aspettativa, ma oltre a questo si attivano anche meccanismi di ordine neurobiologico, tanto è vero che l effetto placebo si manifesta persino sui bambini molto piccoli e sugli animali. Psicologia e neurobiologia insieme Fin dall inizio del secolo gli studi hanno mostrato come i meccanismi emotivi e cognitivi che modulano la percezione del dolore si integrano. Per esempio è noto che in una situazione di stress, il meccanismo ancestrale della fuga consente a un individuo traumatizzato di rimandare la percezione del dolore e che, a parità di intensità, la percezione del dolore da parto è diversa da quella del dolore da cancro, perché diversa è la prospettiva finale della sofferenza. Analogamente quando viene assunto un placebo i meccanismi psicologici sconfinano, o si integrano, con meccanismi neurobiologici. Una delle spiegazioni del funzionamento del placebo sta nel riflesso condizionato: dopo ripetute esperienze di cura, l associazione tra pillola (o siringa o camice bianco) e miglioramento clinico, condiziona l aspettativa del malato, proprio come il cane di Pavlov salivava al suono del campanello che preannunciava il pasto, anche se questo non c era. 1 La somministrazione del placebo, oltre al meccanismo dell associazione positiva, mette in campo anche la diminuzione dell ansia di chi sa di essere accudito. Su questo entrano in gioco le endorfine: le neuroimmagini ottenute con PET (Positron Emission Tomography) e risonanza magnetica hanno visto infatti che i farmaci oppioidi e il placebo attivano le stesse aree cerebrali che inducono analgesia, inoltre è stato dimostrato che la somministrazione dell antagonista oppiaceo naloxone blocca l effetto analgesico del placebo. 2 Secondo un altra ricerca di Fabrizio Benedetti 3, docente di fisiologia all Università di Torino e consultant al National Institute of Health di Bethesda e alla Mind Brain Behavior Initiative dell Università di Harvard, il placebo attiva endorfine oppure endocannabinoidi, a seconda dei farmaci assunti in precedenza, cioè della memoria farmacologica che si è formata a livello cerebrale. L ambiente e il contesto aiutano il placebo Non va sottovalutato inoltre il ruolo del contesto clinico nel rievocare, a livello neurobiologico, risposte già sperimentate. A riguardo va segnalato uno studio condotto su persone sofferenti di dolore lombare: l effetto placebo si verificava anche quando esse sapevano di assumere un non-farmaco, purché si attenessero fedelmente allo schema posologico e alle visite di controllo previste. 4 Del tutto recentemente, Ted Kaptchuk, coautore di quello studio, si è spinto a utilizzare il trattamento con un placebo apertamente dichiarato tale contro la fatigue, sindrome neoplastica molto difficile da curare, ottenendone il sollievo in quasi il 30% dei casi. 5 Tornando all omeopatia, possono, allora, essere ammissibili ragioni neurobiologiche a spiegare l inesplicabile efficacia di alcuni preparati: un dibattito postato sul sito del Corriere del Sera nel 2010 tra Christian Boiron e Silvio Garattini sembrava un dialogo tra sordi fino a che l elemento neurobiologico delle endorfine e della dopamina è stato evocato dal moderatore Luigi Ripamonti per tentare la road map Il fenomeno prettamente psicologico dell aspettativa è uno dei meccanismi alla base dell effetto placebo 18 InFormaMI

21 Non tutte le persone sono ugualmente suscettibili all effetto placebo: tra i soggetti in cui l effetto funziona e quelli in cui fa cilecca sono state identificate differenze genetiche verso l impensabile armistizio tra il capo di una delle maggiori aziende di prodotti omeopatici e il paladino della farmacologia scientifica, autore del libro Acqua fresca? Tutto quello che bisogna sapere sull omeopatia. Placebo sì, ma non per tutti Non tutte le persone, si badi bene, sono ugualmente suscettibili all effetto placebo: tra i soggetti in cui l effetto funziona e quelli in cui fa cilecca sono state, addirittura, identificate differenze genetiche che determinano diversi livelli di dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nei meccanismi di ricompensa e di percezione del dolore. Uno studio 6 condotto presso il Beth Israel Deaconess Medical Center e l Harvard Medical School, ha messo in relazione la mutazione nota come val158met a carico del gene per la catecol-o-metil-transferasi (COMT) con la quantità di dopamina presente nella corteccia prefrontale. Le variabili prodotte dalla mutazione prevedono tre diversi accoppiamenti di alleli: due copie di metionina oppure due di valina oppure una copia di ciascun aminoacido. Nella corteccia prefrontale dei soggetti con due copie di metionina vi è una quantità di dopamina fino a quattro volte maggiore rispetto a quella delle persone con due copie di valina: la presenza degli alleli met/met costituisce, quindi, un marcatore genetico per la risposta al placebo. È molto interessante l annotazione di corollario che i pazienti met/met avevano anche una buona risposta clinica al rapporto empatico con il medico, mentre sui pazienti val/val una buona relazione medico-paziente non aveva effetti aggiuntivi rispetto alla cura. È evidente che questa scoperta potrebbe avere importanti ripercussioni sul valore dei risultati delle sperimentazioni cliniche verso placebo: d ora in avanti sarebbe più corretto tener conto del profilo genetico delle persone arruolate nel valutare la risposta alla terapia di quelle randomizzate alla somministrazione del placebo. A scanso di equivoci, comunque, gli studi verso placebo, da sempre sono considerati più attendibili se condotti in doppio cieco : anche il medico, oltre al paziente, deve ignorare chi assume il principio attivo da sperimentare, per non influenzare il paziente con il suo atteggiamento. l effetto nocebo Il doppio cieco mette al riparo anche dall opposto effetto nocebo, involontario, legato alle parole e agli atteggiamenti del medico nell offrire una terapia. Un esempio di effetto nocebo è stato rilevato in un esperimento condotto sul ramo Lipid-Lowering Arm dell Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial (ASCOT-LLA): la prima parte dello studio, in doppio cieco, ha mostrato l efficacia dell atorvastatina; nella seconda parte, i pazienti sono stati resi consapevoli di star assumendo il farmaco o il placebo. 7 Mentre, nella fase in cieco, la percentuale di effetti avversi era stata simile in chi assumeva atorvastatina e placebo, quando i pazienti e i medici sapevano chi assumeva la statina al farmaco sono stati attribuiti più effetti avversi muscoloscheletrici che alla sostanza inerte. Aspettarsi un dolore, si è visto in altri studi, lo fa sentire più intensamente e l iperalgesia da nocebo è un buon modello per la comprensione dell ansia anticipatoria: in campo c è ancora la dopamina che, questa volta, subisce una deattivazione. 8,9,10 Esempi di effetto nocebo, d altra parte, costellano la quotidianità e non solo in campo sanitario: l elenco dei possibili effetti avversi di un farmaco sciorinati dal foglietto illustrativo immancabilmente li suscita o li enfatizza nelle persone più ansiose. Bibliografia 1 Benedetti F et al. Neuropsychopharmacology 2011; 36: Benedetti F et al. J Neurosci 2005;25: Benedetti F et al. Nat Med 2011;17: Carvalho C et al. Pain 2016;157: Hoenemeyer TW et al. Sci Rep 2018;8: Hall KT et al. PLOs one 2012;7:e Gupta A et al. Lancet 2017;1088: Scott DJ et al. Arch Gen Psychiatry 2008;65: Benedetti F et al. Journal of Neurosci 2006;46: Petersen GL et al. Pain 2014;155:

22 PROFESSIONE angelica GIAMBELLUCA Il 2017 sarà ricordato da medici e professionisti sanitari come un anno rivoluzionario, soprattutto per i cambiamenti imposti dal legislatore alla direzione sanitaria e in tema di responsabilità penale dei medici. Due le leggi protagoniste di questo cambiamento: la Legge Gelli n. 24 dell 8 marzo 2017 (vedi anche l articolo a pagina 15 di questo numero) e la Legge n. 124 del 4 agosto 2017 (ex Ddl Lorenzin) che riscrivono la responsabilità delle strutture sanitarie e dei medici e definiscono i compiti della direzione sanitaria Nuove responsabilità per medici e strutture sanitarie Un autentica rivoluzione normativa che ha tra i suoi pregi quello di aver colmato un vuoto legislativo che stava togliendo serenità a medici e pazienti. Per questo motivo l Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Milano ha deciso di dedicare a questo tema un corso di formazione specifico che si è tenuto lo scorso 26 febbraio a palazzo Cusani e i cui relatori erano l avvocato Cesare Quirino Fiore e il medico del lavoro Stefano Fontani. Come prevedibile, la partecipazione è stata notevole. Le sedie non bastavano nella sala Radetzky per le decine di medici e professionisti accorsi da tutta la provincia per sciogliere i dubbi su norme attese da tempo. Il grande cambiamento riguarda 20 InFormaMI

23 soprattutto la direzione sanitaria che, con la Legge Gelli prima e la riforma Lorenzin poi, ha visto aumentare le proprie mansioni e responsabilità rispetto alla Legge che istituì per la prima volta questa figura, la n. 412/1991. Attualmente gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell assistenza ospedaliera sono rinvenibili nel Decreto n. 70 del 2 aprile 2015 del Ministero della Salute, che adotta il regolamento in modifica del precedente n. 400/1988 alla luce della sentenza n. 134/2006 della Corte Costituzionale. Secondo quanto disposto dalla Legge Gelli, è obbligo della direzione sanitaria applicare detto regolamento all interno di ogni struttura (pubblica o privata). I nuovi obblighi della direzione sanitaria devono essere interpretati estensivamente. E sono molti. Dalla trasparenza dei dati al controllo sulle coperture assicurative, dallo smaltimento dei rifiuti ai procedimenti di conciliazione, la lista delle mansioni del direttore sanitario è sempre più lunga. Alla luce di queste nuove normative, il direttore sanitario sarà il rappresentante dell ente nei confronti degli operatori e, nei confronti della struttura, dovrà essere il controllore della corretta filiera esecutiva, non tanto nel concreto della prestazione, quanto nel rispetto delle procedure esecutive previste. Vediamo gli aspetti più salienti delle nuove mansioni. La trasparenza Secondo la Legge n. 124 del 4 agosto 2017 (l ex Decreto Lorenzin) vi è l obbligo per tutti i professionisti di rendere in forma scritta o digitale la misura del compenso e di indicare agli utenti titoli e specializzazioni. Secondo la Legge Gelli, il direttore deve inoltre accertare la correttezza della documentazione clinica e la salvaguardia dei principi etici e deontologici da parte degli operatori sanitari, proteggere la documentazione sanitaria e consentire l accesso alle cartelle cliniche entro 7 giorni dalla presentazione di richiesta da parte del paziente. Ha l obbligo di verifica dei titoli di tutti gli operatori sanitari, l abilitazione alla professione, l iscrizione agli albi di competenza e deve controllare la correttezza della pubblicità sanitaria. La Legge n. 124 specifica, per quanto riguarda l attività odontoiatrica, che questa sia consentita solo a soggetti in possesso di titoli abilitanti di cui alla Legge n. 409/1985 (la norma che istituisce la professione sanitaria di odontoiatria). È inoltre consentita a società operanti nel settore, le cui strutture siano dotate di direttore sanitario iscritto all Albo degli odontoiatri. Le strutture polispecialistiche all interno delle quali sia presente un ambulatorio odontoiatrico devono avere un direttore sanitario responsabile per l attività odontoiatrica. È vietata la possibilità di avere un unico direttore sanitario per diverse strutture: il direttore sanitario responsabile può svolgere tale funzione solo in una struttura, a pena di sospensione delle attività di tutti i centri coinvolti. La Legge Gelli impone La direzione sanitaria ha l obbligo di pubblicare sul sito internet i dati relativi ai risarcimenti dell ultimo quinquennio e al risk management alla direzione sanitaria di verificare le coperture assicurative di ogni collaboratore e di attivare, in caso di compagnia assicurativa insolvente, l intervento del fondo di garanzia. Il Rischio clinico Oltre a controllare l applicazione di linee guida e buone pratiche clinico assistenziali, insieme alla direzione amministrativa, la direzione sanitaria deve monitorare, prevenire e gestire il rischio sanitario, con l analisi dei processi interni e la messa in sicurezza dei percorsi sanitari, la rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici e l individuazione di eventuali attività di medicina difensiva attiva e passiva. Deve inoltre predisporre attività di sensibilizzazione e formazione continua del personale finalizzata alla prevenzione del rischio sanitario. Sempre in materia di rischio clinico, la direzione sanitaria ha l obbligo di pubblicare sul sito internet i dati relativi ai risarcimento dell ultimo quinquennio e al risk management. Va ricordato che i verbali e gli atti conseguenti l attività di gestione del rischio sanitario non possono essere acquisiti o utilizzati nell ambito di procedimenti giudiziari. L attività di gestione del rischio deve essere coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene,

24 PROFESSIONE epidemiologia e sanità pubblica o in medicina legale, oppure avere una comprovata esperienza di almeno tre anni nel settore. Deve naturalmente vigilare sulla corretta conservazione e smaltimento dei farmaci e dei rifiuti, verificare la manutenzione delle apparecchiature, rispettare gli obblighi previsti in materia di radioprotezione, di disinfezione e sterilizzazione di macchinari e ambienti. E controllare la documentazione medica e dei reperti e referti ai fini della difesa della struttura e della messa a disposizione degli operatori sanitari. I procedimenti di conciliazione Per quanto riguarda i procedimenti conciliativi, il direttore sanitario deve rendere possibile (fornendo tutta la documentazione necessaria) la partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva, considerata la condanna al pagamento delle parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall esito del giudizio, oltre la pena pecuniaria a favore della parte comparsa. E deve rendere disponibili i dati relativi all azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa, inerenti i sanitari coinvolti, alle loro assicurazioni e secondo i rispettivi ruoli svolti. Secondo la Legge Gelli il direttore ha l obbligo di comunicare al professionista sanitario, nel termine di 10 giorni, l avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato (con invito alla partecipazione) e della instaurazione di giudizio o procedura alternativa. Per la lista completa delle mansioni si rimanda alla Legge 124 del 4 agosto 2017 (ex Ddl Lorenzin commi ) e alla Legge 24 dell 8 marzo 2017 (Legge Gelli). In conclusione a fronte della nuova disciplina di responsabilità sanitaria, che sposta il focus dell azione del danneggiato sulla struttura, il direttore sanitario è nei confronti di questa che dovrà rispondere della esecuzione delle mansioni, quale vero interlocutore tra la prestazione e le prescrizioni legislative. Per questo motivo è importante che il direttore sanitario pretenda e ottenga la stipula di un contratto scritto, nel quale poter identificare con certezza i propri obblighi aziendali, nonché i riferimenti ai vari disciplinari di incarico e regolamenti interni, ai quali attenersi a tutela delle proprie responsabilità. La legge Gelli: linee guida chiare, nuove responsabilità per medici e strutture, e maggiori tutele per i pazienti Una delle novità introdotte dalla Legge n. 24/2017 riguarda il ruolo delle linee guida per le buone pratiche cliniche che saranno finalmente stilate con un apposito Decreto ministeriale e inserite nel Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG). Queste linee guida hanno, in ogni caso, una valenza generale e non cautelare. Per questo motivo la nuova legge, recependo i più recenti orientamenti giurisprudenziali secondo cui le linee guida, sono istruzioni di massima e la loro osservanza esclude la punibilità solo in caso di imperizia, non di negligenza e imprudenza (il comportamento del medico può essere grave, e punibile, anche se le ha rispettate), ha introdotto nel codice penale (articolo 590 sexies), un nuovo reato: Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. Un altro aspetto importante della legge è la ridistribuzione di responsabilità civile tra l ente e il professionista sanitario in caso di attività dannose per i pazienti. La struttura si assume la responsabilità contrattuale, mentre il medico, salvo il caso di obbligazione contrattuale assunta con il paziente, risponde in via extracontrattuale: in questo modo si sposta il rischio sul soggetto con maggiore capacità finanziaria (la struttura). Quest ultimo può esercitare azione di rivalsa o responsabilità amministrativa nei confronti del medico, in caso in cui questi abbia commesso un reato doloso o con colpa grave, e solo dopo l avvenuto risarcimento. Per assicurare la celerità ed effettività dei risarcimenti, la Legge Gelli obbliga anche le strutture a stipulare l assicurazione per responsabilità contrattuale verso terzi, verso i prestatori d opera e anche per la responsabilità extracontrattuale dei professionisti sanitari verso terzi. Infine, la legge introduce nuove figure di garanzia a tutela dei pazienti e per monitorare il rischio sanitario, come il Garante del diritto alla salute, utile per segnalare disfunzioni dell assistenza medica e il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sui rischi, sui contenziosi e li trasmette all Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità.

25 sanità cristina gaviraghi L orologio della vita Solo di recente Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young sono riusciti a entrare nel cuore dell orologio biologico scoprendo i meccanismi che regolano il ritmo circadiano aggiudicandosi così il Nobel per la medicina del 2017 Si chiama cronobiologia ed è una branca della scienza che si occupa di studiare le varie funzioni biologiche in relazione al loro andamento periodico nel tempo. È una disciplina piuttosto giovane, anche se, in realtà, l adattamento della vita allo scorrere ciclico del tempo ha origini antiche. Tutti gli organismi animali e vegetali, dai più ancestrali procarioti agli eucarioti fino all uomo, sincronizzano le loro attività vitali con la rotazione del nostro pianeta. I meccanismi con cui lo fanno si sono evoluti in maniera indipendente, ma diversi esseri viventi, seppur filogeneticamente distanti, condividono alcune proprietà di base dell organizzazione degli orologi circadiani. Le funzioni fisiologiche dell organismo si adattano alle ore della giornata seguendo un ritmo intorno al giorno anche in assenza di stimoli esterni, grazie all esistenza di un orologio biologico interno che con precisione orchestra il susseguirsi periodico di tutti questi processi. Se in principio si pensava che questo fosse dovuto a una semplice risposta alla variazione quotidiana dell ambiente circostante, si è poi capito che a governare il tutto sono accurati sistemi endogeni geneticamente determinati: i ritmi circadiani seguiti dall organismo persistono anche in condizioni mantenute costanti, in maniera autonoma dall ambiente. Dalle prime scoperte alle ricerche da Nobel Già a metà del 1700, l astronomo francese Jean Jacques d Ortous de Mairan sperimentava che l abitudine periodica delle piante di mimosa di aprire le foglie verso

26 sanità il sole durante il giorno e di chiuderle al crepuscolo perdurava anche se le piante venivano messe al buio costante: la ciclicità del movimento delle foglie era dunque indipendente dallo stimolo luminoso esterno. Si è dovuti però arrivare al ventesimo secolo per cominciare ad addentrarsi in profondità nei meccanismi dei ritmi circadiani. È infatti del 1971 la scoperta, da parte di Benzer e Konopka, di alcuni mutanti di Drosophila melanogaster che presentavano un alterazione del normale ciclo di 24 ore di uscita dall involucro pupale. Le mutazioni interessavano uno stesso gene, chiamato period, isolato e caratterizzato una decina di anni più tardi da Jeffrey Hall e Michael Rosbash, in stretta collaborazione con Michael Young, i futuri vincitori del premio Nobel per la medicina Un riconoscimento attribuito per aver scandagliato i dettagli molecolari dei ritmi circadiani. Gli scienziati statunitensi, nelle loro ricerche, hanno scoperto che i livelli della proteina Per, codificata da period, oscillano in maniera ciclica: Per si accumula di notte e viene degradata durante il giorno. Responsabile di questo processo è il legame tra Per e Tim, proteina codificata dal gene timeless, individuato da Young nel La formazione del dimero Per-Tim nel citoplasma consente la sua traslocazione nel nucleo dove va a inibire la trascrizione di period, che viene invece attivata da due fattori trascrizionali detti Clk e Cyk, codificati rispettivamente dai geni clock e cycle. Con l arrivo del giorno, si attiva Cry, il prodotto del gene cryptochrome che, legandosi a Praga, l orologio astronomico del municipio della città vecchia. Tim nel citoplasma, ne promuove la degradazione lasciando così libera Per. Questa può dunque essere fosforilata dalla proteina Dbt, codificata da duobletime e andare incontro così alla degradazione diurna. Un meccanismo complesso Questa è una piccola sintesi dell articolato meccanismo molecolare con cui gli organismi adattano la loro fisiologia e il loro comportamento al susseguirsi ciclico delle giornate, integrando gli stimoli esterni con le risposte biologiche per pianificare correttamente lo svolgersi dei processi vitali. Un insieme di interazioni proteiche, attivazioni, inibizioni, reazioni che vengono regolate mediante circuiti di feedback a livello trascrizionale e traduzionale, descritte prima nella drosophila, ma che si ritrovano in modelli analoghi anche negli organismi più complessi come i mammiferi e nell uomo. Qui i ritmi circadiani sono regolati a livello del sistema nervoso centrale grazie al nucleo soprachiasmatico (SCN) dell ipotalamo, l orologio biologico principale che riceve gli stimoli esterni e li integra con l attività della ghiandola pineale, produttrice di melatonina, l ormone che regola il ritmo sonno/ veglia. Ma in un organismo così complesso i ritmi circadiani sono molteplici, sincronizzati anche grazie al SCN. segue a pagina InFormaMI

27 Come iscriversi al corso Partecipare al corso FAD è semplice. Una volta letto questo dossier, tutti gli iscritti all OMCeO Milano, medici e odontoiatri, possono rispondere al questionario online e acquisire i crediti ECM. Ecco come fare: 1. se non si è già registrati, registrarsi sulla piattaforma scegliendo un ID e PIN per l accesso 2. entro 48 ore ricollegarsi alla piattaforma e inserire ID e PIN 3. cliccare al piede della pagina sul banner SmartFAD 4. cliccare il titolo del corso 5. cliccare sul questionario e rispondere alle domande ECM; si ricorda che le domande sono randomizzate, quindi variano nei tentativi successivi (non c è un limite massimo) 6. rispondere al questionario di customer satisfaction 7. scaricare l attestazione dei crediti cliccando in alto a destra su Crediti e quindi sulla stampantina vicino al titolo del corso Per qualunque dubbio o difficoltà scrivere a: gestione@saepe.it Diagnosi e trattamento della psoriasi Come ricorda l OMS, la psoriasi è una malattia cronica con un grande impatto sulla vita del paziente. Il medico è chiamato a un percorso di cura che, controllando la malattia, permetta una vita personale e relazioni sociali più soddisfacenti. Evento ECM n ; Provider Zadig (n. 103) Autore: Maria Rosa Valetto Revisore: Luigi Naldi, Direttore U.C. Dermatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza; Direttore Centro Studi GISED Destinatari: medici e odontoiatri Durata prevista: 2 ore (compresa la lettura di questo dossier) Durata: dall 1 marzo 2018 al 28 febbraio I

28 Ingegnosi espedienti la storia parte I commento Rossella, 42 anni lavora in uno studio di architettura. Nella professione non si pone limiti di orario: Questo lavoro è la mia vita suole ripetere con un misto di orgoglio e rassegnazione quando a fine giornata chiude il portoncino dello studio per fare ritorno a casa. Ma questo pomeriggio si è concessa uno strappo alla regola e ha dato appuntamento alla sua amica Silvia per un giro in centro. Le ha telefonato e le ha chiesto Ci facciamo due vasche in centro, come ai tempi del liceo?. Con piacere, è una vita che non vedo una vetrina e ormai ci saranno le novità di primavera-estate. Ci vediamo a Duomo alle quattro?. Va bene, se avessi un imprevisto in ospedale ti avviso su Whatsapp. Silvia si trattiene al lavoro per una accettazione e arriva in ritardo di una buona mezz ora. Scusa, ma è sempre lo stesso. Non riesco mai a programmare nulla, non ti dico le volte che ho mandato mia madre all ultimo a prendere i bambini a scuola!. Quando sento queste storie tese, sono felice di essere single le risponde Rossella. Non perdiamo altro tempo, lo shopping ci aspetta. Avrai già dato un occhio mentre mi aspettavi. Sì, c è una moda che mi piace e che soprattutto mi aiuta. Meravigliose fresche camicie di lino, con ampie maniche, da portare con i pantaloni. A me non fanno impazzire. Un po è la fatica di stirarle, un po è che con la bella stagione non vedo l ora di scoprire braccia e gambe. Tu che puoi, io con la mia psoriasi e la mia ciccia. Silvia scuote la testa: Mia cara, te l ho già detto. Il tuo problema cutaneo è veramente minimo. Minimo a tuo dire. Ormai tutti mi osservano. E comunque se finisco come papà e lo zio, non uscirò più di casa dichiara Rossella rabbuiandosi. Tutti ti osservano? Non esageriamo. Con il tuo ingegnoso abbigliamento si nota davvero poco e, scusa la franchezza ma siamo amiche, non devi mica sentirti una rarità, anzi sei in buona compagnia di un paio di milioni di italiani. La prevalenza stimata della psoriasi nella popolazione generale italiana è del 2,8% (maggiore nella popolazione maschile che in quella femminile), dunque in Italia si stimano circa pazienti. Di questi, una quota del 10-20% soffre di forme medio-gravi, mentre una quota dello 0,1% di varianti molto gravi o complicate, come la psoriasi eritrodermica e la psoriasi pustolosa generalizzata. La psoriasi nella forma più comune, psoriasi cronica a placche (90% dei casi), è caratterizzata da placche eritemato-desquamative ben demarcate e simmetriche, localizzate frequentemente sulle superfici estensorie del corpo (soprattutto gomiti, ginocchia e dorso), intorno all ombelico e al cuoio capelluto. Le lesioni possono associarsi a prurito, bruciore e occasionalmente sanguinare. Alterazioni distrofiche delle unghie si osservano in più di un terzo dei pazienti. L attività della malattia presenta ampie variazioni tra individui e, nello stesso individuo, in differenti periodi di tempo. Naldi L, et al Sbidian E, et al. Cochrane Database Syst Rev la storia parte II Il giudizio clinico di Silvia è più che corretto: il problema cutaneo dell amica è decisamente contenuto, con poche chiazzette arrossate e desquamanti alle superfici estensorie degli arti e una forfora piuttosto abbondante al cuoio capelluto. Ma la questione non è ovviamente clinica come dimostra la risposta di Rossella. Le due donne continuano la loro passeggiata: Dottoressa, togliti per un attimo il camice e mettiti nei miei panni. Lo capisco che avrai visto tanti casi come il mio e parecchi peggio del tuo la interrompe Silvia. Immagino, ma lasciami finire. Sono una donna ancora giovane, con una vita di relazione per ragioni personali e lavorative. Qualche lesione sul dorso delle mani compare in pieno inverno. Pensa il mio imbarazzo a stringere la mano a un cliente. Poi la situazione migliora appena inizio ad andare al mare. E anche qui ho trovato una strategia ingegnosa, come dici tu: alla spiaggia preferisco la barca. Così non mi mostro a tutti!. Silvia rivolge a Rossella un sorriso pieno di comprensione: Non metto minimamente in discussione la tua percezione di malattia. Ma il tuo medico cosa ti dice?. II SmartFad

29 Diagnosi e trattamento della psoriasi Che ho una forma veramente lieve, che il problema è solo psicologico e che devo imparare ad accettare questo piccolo disturbo. Secondo lui posso imparare a convivere persino con il prurito. Beh su questo non sono molto d accordo. Ma non ha mai discusso con te quanto la psoriasi ti rovini la vita? Oggi come oggi ci sono anche dei questionari che permettono al medico di valutare questo aspetto e decidere insieme con il paziente se sia il caso di iniziare un trattamento. No risponde Rossella. commento A conferma che l impatto psicosociale della malattia condiziona le scelte lavorative e la carriera di chi ne è affetto, ma anche le sue sfere più intime e personali, la 67 a Assemblea dell Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sottolineato la necessità di un inquadramento della psoriasi nell ambito del complesso delle strategie per malattie croniche non trasmissibili e invitato gli Stati membri a intraprendere maggiori iniziative per la diagnosi e il controllo della malattia. La valutazione di gravità della psoriasi non è completa se non comprende una misura della qualità della vita, del grado di disabilità e dello stigma associato alla malattia. A questo scopo si utilizzano scale generiche o specifiche per la malattia. L indice più usato è il DLQI (Dermatology Life Quality Index), di semplice e rapida esecuzione. Viene compilato direttamente dal paziente e prevede 10 domande che fanno riferimento alla settimana precedente la compilazione. Un punteggio di DLQI 10 indica un impatto rilevante della malattia sulla qualità di vita del paziente. Tra gli altri strumenti messi a punto per la valutazione del disagio individuale del paziente con psoriasi vanno ricordati lo PSORIQoL (Psoriasis Index of Quality of Life) e il PDI (Psoriasis Disability Index). Tra i test standardizzati generici è impiegato l SF-36 (36-item Short Form Health Survey). Uno dei sintomi con grande impatto sulla qualità della vita è il prurito, da considerare con attenzione. EMA Finlay A, et al. Clin Experiment Derm Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al Sbidian E, et al. Cochrane Database Syst Rev la storia parte III commento Le due amiche camminano da ormai un ora e hanno già fatto qualche acquisto. Rossella propone: Ci fermiamo a un bar?. Sì, come ai vecchi tempi. Appena preso posto nel dehor, Rossella accende una sigaretta e ordina una allettante coppa di gelato abbondantemente guarnita di panna montata. Silvia preferisce una spremuta di pompelmo. La dottoressa attende che il cameriere si allontani e poi riprende l amica: Senti, mia cara, ti ho lasciato comprare la camicia di lino che hai pagato uno sproposito, ma adesso mi devi dare retta: è inutile lamentarsi del disagio che ti dà la psoriasi senza mettere in atto provvedimenti basilari ed elementari. Alla comparsa della psoriasi concorre una predisposizione genetica e l influenza di svariati fattori ambientali (eredità multifattoriale). Tra i principali fattori di rischio non genetici (potenzialmente modificabili) che possono favorire la comparsa e influenzare l espressività clinica della malattia, sono stati identificati, in particolare, il fumo di sigaretta, le infezioni (specie le infezioni streptococciche associate soprattutto alla psoriasi guttata), alcuni farmaci (interferoni, sali di litio), il sovrappeso e l obesità, i traumi fisici, gli eventi stressanti. Ci sono dunque ragioni per ritenere che la rimozione dei fattori di rischio legati agli stili di vita possa contribuire a ridurre la gravità della malattia, ma i dati al riguardo non sono al momento esaurienti. Le prove più forti riguardano l obesità che è predittiva di una ridotta risposta al trattamento e di una perdita di efficacia nel tempo dei farmaci sistemici. D altra parte, un calo ponderale anche modesto in soggetti sovrappeso od obesi potenzia l efficacia dei trattamenti sistemici e riduce l attività di malattia. Non vi sono dati sul fumo di sigaretta. Rimane incerto il ruolo di interventi volti a eradicare le infezioni da streptococco. Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al Sbidian E, et al. Cochrane Database Syst Rev la storia conclusione Prima di tutto spegni quella sigaretta e vedi di non riaccenderne mai più. E dimentica per qualche tempo le coppe gelato formato famiglia di cui ci deliziavamo da adolescenti. Mi consolano così tanto. Però danno anche un bell aiutino alla psoriasi. Non te l ha spiegato il tuo medico? Già sei in sovrappeso E comunque un pensierino a qualche trattamento topico lo farei III

30 Ci vuole costanza la storia parte I E iniziato dalle ginocchia e dai gomiti, ma adesso ho visto qualche macchia sulla schiena E ho prurito, qualche volta bruciore. In nessun altro punto del corpo?. Alla domanda del medico, Danilo, 32 anni, istruttore in un centro sportivo, spalanca gli occhi, evidentemente spaventato dalla possibilità che le lesioni desquamanti e arrossate che ha notato sulla pelle da qualche mese possano estendersi. No, no. Mia moglie ha comprato un bagnoschiuma delicato in farmacia. Dice che è solo perché faccio la doccia tutti i giorni con prodotti irritanti, ma la situazione mi sembra in peggioramento. Cosa sarà, dottore? Mi scrive degli esami?. Non ho dubbi, gli esami non servono: si tratta di psoriasi dichiara il medico appena osservate le lesioni sugli arti. Si tolga i vestiti e si metta sul lettino. commento La diagnosi della psoriasi è clinica e raramente è necessaria la biopsia cutanea. Per la diagnosi di gravità, è necessario considerare l estensione delle lesioni, l intensità dei segni locali e dei sintomi, tipicamente il prurito, le comorbilità, il grado di disabilità sociale e psicologico, la risposta a precedenti terapie. La misura di gravità più usata è il PASI (Psoriasis Area and Severity Index), un indice numerico da 0 a 72 punti che combina l estensione delle lesioni cutanee con i segni clinici. Ha peraltro alcuni limiti in quanto non distingue tra differenti pattern di distribuzione delle lesioni, non permette di valutare differenti sottotipi clinici e non è particolarmente accurato nelle forme lievi di malattia. Il GISED pubblica on line il calcolatore del punteggio PASI. In alternativa si possono utilizzare la BSA (Body Surface Area), cioè la superficie cutanea interessata da lesioni o il PGA (Physician Global Assessment) che dà una valutazione non quantitativa della gravità della patologia senza tenere conto dei differenti distretti interessati. La European Medicines Agency (EMA) adotta la seguente classificazione di gravità della psoriasi: lieve-moderata PASI <10 o BSA <10%, moderata PASI 10 o BSA >10%, moderata-grave PASI o BSA >10%, grave PASI >20 o BSA >20%. A livello europeo c è consenso sul fare riferimento a criteri di classificazione più flessibili che tengano conto della percezione di malattia del paziente e includono quindi come misura di gravità il DLQI (Dermatology Life Quality Index). A questo proposito è utile ricordare che, tenendo conto del ricorrere del numero 10 nei criteri diagnostici di malattia grave (PASI 10 o DLQI 10 o BSA 10%), si usa indicarli come regola del 10. EMA Finlay A, et al. Clin Experiment Derm Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al la storia parte II L esame obiettivo conferma l ipotesi diagnostica iniziale. Il calcolo del PASI effettuato distretto per distretto valutando l intensità dell eritema e il grado di infiltrazione e desquamazione restituisce un punteggio di poco inferiore a 10. Si tratta di una psoriasi lieve dice il medico a Danilo, che manifesta tutta la sua preoccupazione: Ma io le vedo le persone con la psoriasi in palestra, non voglio diventare così. Anzi, me la sarò presa lì? Con tutta questa gente che va e viene, che suda sui tappetini e gli attrezzi che passano di mano in mano hai voglia di passare il disinfettante! O sarà proprio il disinfettante?. Calma, signora Danilo, andiamo con ordine. Anzitutto la psoriasi non è una malattia contagiosa. Può essere favorita da alcune infezioni cutanee, quelle da streptococco. Quindi basta curare quelle infezioni?. Mi lasci finire. Non c è certezza che serva curare le infezioni. E da questa malattia non si guarisce risponde il medico, che prontamente specifica, avendo notato che Danilo è in costante allarme: Però, si può ottenere che le lesioni scompaiano del tutto o siano veramente minime, in misura tale da non dare sintomi e da non rendere difficile con la loro presenza la vita dei pazienti. Per sempre?. Per sempre non posso garantirglielo. Diciamo per periodi molto lunghi con i farmaci che abbiamo oggi a disposizione. Anche il prurito può scomparire?. IV SmartFad

31 Diagnosi e trattamento della psoriasi commento L obiettivo del trattamento non è la guarigione, ma la remissione clinica o un basso livello di attività ottenuto in un ragionevole intervallo di tempo e sufficientemente duraturo. Il target per la malattia cutanea è rappresentato dal raggiungimento di una riduzione dei punteggi standardizzati di valutazione della gravità di malattia. Per quanto riguarda il PASI va precisato che fino a poco tempo fa si considerava soddisfacente (successo terapeutico) un miglioramento di almeno il 75% dell indice PASI (cosiddetto PASI75), mentre più recentemente, con l avvento di terapie sempre più efficaci, il target è considerato il PASI90/100, che significa la remissione subtotale o totale dei segni e dei sintomi. E comunque prioritario rendere sopportabile al singolo paziente il carico di malattia, riducendone al minimo l impatto rispetto alle attività quotidiane e garantendo una soddisfacente vita di relazione. Da questo punto di vista, le misure oggettive di gravità possono non correlare con la percezione del paziente. Tuttavia, è ormai largamente riconosciuto che i pazienti con psoriasi sono, in realtà, troppo frequentemente trattati in maniera non adeguata o non trattati affatto. EMA Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al la storia parte III commento Anche il prurito. La cosa importante è avere molta costanza nella cura. Non è una gran fatica prendere qualche pastiglia esclama Danilo, che si è improvvisamente illuminato di fronte alla prospettiva di una terapia che possa cancellare i segni della psoriasi. Non si tratta di compresse, si inizia con delle creme, unguenti o gel da applicare a secondo del prodotto una o due volte al giorno. Ma devo dirle che nella mia esperienza molti pazienti partono bene, rispettano le indicazioni e poi con il tempo si impigriscono e sono sempre meno scrupolosi. Assurdo, totalmente assurdo. A me non capiterà, dottore, vedrà. Piuttosto userò le pomate una volta di più. Eh no, né troppo né poco risponde il medico. Una applicazione è sufficiente ma con regolarità. Perfetto! Mentre mia moglie mette tutte quelle sue cremine assolutamente inutili, io uso le creme che mi scrive lei, che magari funzionano. Me lo auguro dice il medico mentre si appresta a compilare la ricetta. La psoriasi lieve può essere trattata solo con farmaci topici. I farmaci topici più usati sono gli steroidi topici potenti o molto potenti, i derivati della vitamina D, soprattutto in associazione (calcipotriolo/ betametasone). Il tazarotene è piuttosto irritante ed è poco usato. Per essere efficaci i trattamenti topici debbono essere applicati secondo tempi e modi ben definiti. Si richiedono, in genere, 2-3 settimane di trattamento regolare perché si possano osservare i primi effetti terapeutici. Questo requisito si confronta con un dato di scarsa aderenza ai farmaci topici da parte di un numero elevato di pazienti. Le strategie di mantenimento con i farmaci topici sono assai meno definite (prove di efficacia non sufficienti) rispetto a quelle con i farmaci sistemici. I farmaci topici possono essere combinati con luce ultravioletta e con farmaci sistemici. Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al EMA la storia conclusione Il medico prescrive a Danilo un gel a base di calcipotriolo e betametasone da applicare 1 volta al giorno per 6 settimane. E una gel da applicare in quantità non eccessive (la quantità distribuita su una falange è sufficiente a coprire un area di cute pari al palmo della mano. Non applichi più di 15 grammi di prodotto al giorno. Vanno evitati i bendaggi che possono aumentare l assorbimento del prodotto. Il prodotto non va usato nelle aree di piega, ai genitali e sul viso perché potrebbe essere irritante I primi risultati li potrà vedere fra 2-3 settimane. Potrà avere l impressione che all inizio la pelle sia più irritata, ma è l effetto del farmaco V

32 Doppio bersaglio la storia parte I Come va, signor Attilio? Per qualche giorno non ci siamo visti domanda l edicolante della piccola frazione di un comune montano, uno dei suoi clienti più puntuali. Come vuole che vada, cara signora Linda. Sono solo, vecchio e pieno di accidenti. Mi hanno dimesso ieri, ma non mi sento a posto. Cosa ha avuto? si informa premurosamente la donna. Il mio intestino ha protestato, ma questa volta più del solito e temevano una perforazione. Per cui hanno preferito ricoverarmi. E mi hanno anche detto che il cuore sta perdendo colpi. Attilio ha 68 anni ed è vedovo da pochi mesi. Il lutto ha profondamente inciso sulla sua salute, già non delle più floride. Soffre da anni per una malattia di Crohn, e ha un ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico. La sua convivenza con la psoriasi ha vissuto fasi alterne, ma ultimamente è sensibilmente peggiorata. Attilio è pienamente consapevole della sua condizione e la spiega con grande lucidità: Da quando non ho più mia moglie accanto, la vita non ha più senso. Mi sto spegnendo anche io giorno dopo giorno e prima o poi il mio cuore si fermerà. Ma non dica così, siamo in tanti a volerle bene. Conti su di me per qualsiasi cosa lo rassicura Linda e aggiunge porgendogli un pacco di giornali e riviste ho messo da parte tutti gli arretrati, lo vede che penso a lei?. Grazie, davvero. Mi aiuteranno a ingannare il tempo. Non vorrà starà tutto il giorno chiuso in casa?. No, almeno oggi no. In ospedale mi hanno detto che la psoriasi è molto peggiorata e che devo assolutamente andare da un dermatologo per riprendere a curarmi. Perché? Aveva smesso di prendere le medicine?. Attilio allarga le braccia e sorride tristemente, ammettendo la sua trascuratezza. commento La più nota associazione della psoriasi è quella con l artrite psoriasica, che colpisce il 10-30% dei pazienti con psoriasi. Le altre condizioni associate comprendono le malattie infiammatorie croniche intestinali, la malattia celiaca, la steatosi epatica non alcolica e la sindrome metabolica. Nei pazienti con psoriasi grave è stato inoltre documentato un aumento del rischio di diabete e malattie cardiovascolari, cui sembra contribuire direttamente il processo infiammatorio della malattia cutanea potenziato dai fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, pure presenti nella psoriasi. Va anche ricordato che, rispetto alla popolazione generale, i soggetti con psoriasi presentano un eccesso di tumori delle alte e basse vie respiratorie e di altri tumori come il carcinoma del rene. Le modalità terapeutiche per la psoriasi sono abitualmente classificate in tre grandi gruppi: trattamenti topici, trattamenti sistemici, nell ambito dei quali si distinguono trattamenti convenzionali e trattamenti mirati o targeted, trattamenti con luce ultravioletta. La scelta del trattamento dipende da vari fattori e, in particolare, dalla gravità della psoriasi cutanea e dalla presenza o meno di artrite, inoltre dalla presenza di comorbilità, dalla risposta a precedenti trattamenti, dai rischi connessi con la tossicità a lungo termine e, non ultimo, dalle preferenze del paziente e dai costi del trattamento nel suo complesso. EMA Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al Sbidian E, et al. Cochrane Database Syst Rev la storia parte II Nel primo pomeriggio, proprio mentre inizia a piovere, Attilio esce di casa per andare dal dermatologo. Piuttosto disorientato all idea di dover andare da solo fino in paese, dove ci sono gli ambulatori dell ASL, riesce a sbagliare la corriera e arriva in ritardo. Ha con sé la documentazione delle visite precedenti? chiede il dermatologo dopo averlo accolto. VI SmartFad

33 Diagnosi e trattamento della psoriasi Veramente no. Mi ha sempre seguito il mio dottore che sa tutto di me. Qualche ricetta dovrei averla a casa, ma non so dove sia. Teneva tutto mia moglie. Lo specialista capisce la situazione e ricostruisce direttamente dalle informazioni del paziente la storia clinica e l anamnesi farmacologica, giungendo a concludere che negli ultimi tempi Attilio utilizzava saltuariamente farmaci topici. Poi passa all esame obiettivo che documenta un estensione della psoriasi a oltre il 20% della superficie corporea, con un interessamento importante del dorso. Esclude un coinvolgimento articolare. Ha prurito?. Parecchio. Lo specialista esclude per questioni logistiche la possibilità che Attilio possa sottoporsi a sedute periodiche di fototerapia e si orienta verso i farmaci sistemici. Al punto in cui siamo non bastano più le creme. Capisco, dottore. commento La psoriasi moderata-grave richiede l impiego di trattamenti con luce ultravioletta o farmaci sistemici, eventualmente associati a quelli topici. Qualora vi sia artrite il trattamento d elezione è sistemico. Il trattamento sistemico deve essere pianificato sotto la guida e supervisione di un medico specialista esperto nella diagnosi e nel trattamento della psoriasi. I principali criteri per il passaggio al trattamento sistemico sono in relazione alla gravità della malattia (psoriasi moderata-grave con PASI >10 o DLQI >10 o BSA >10%), alla sede (sono sedi critiche con impatto sulla qualità di vita la psoriasi ungueale grave, la psoriasi palmo-plantare invalidante, la psoriasi dei genitali invalidante, la psoriasi del cuoio capelluto estesa, la psoriasi refrattaria alla terapia topica e invalidante). I trattamenti convenzionali comprendono il metotrexate, la ciclosporina, l acitretina e i derivati dell acido fumarico (questi ultimi non sono utilizzati in Italia). Prima dell avvio del trattamento sistemico si richiede un preciso inquadramento del paziente e delle sue comorbilità e si raccomanda di effettuare una batteria d esami, variabile secondo il farmaco utilizzato ma che comprende in genere emocromo con formula, glicemia, profilo lipidico, funzionalità epatica, funzionalità renale, PCR, screening per infezione da HBV, HCV, test di gravidanza nelle donne in età fertile e, nel caso della prescrizione di farmaci biologici, screening per HIV, tubercolosi. Poiché i pazienti con psoriasi assumono spesso farmaci per altre indicazioni è necessario considerare anche le possibili interazioni farmacologiche. Questo è di particolare rilievo nella popolazione anziana, destinata a rappresentare una quota sempre crescente della popolazione generale e spesso caratterizzata da comorbilità e polifarmacia, oltre che da modificazioni dell immunità correlate all età avanzata. I trattamenti targeted caratterizzati da una maggiore specificità d azione rispetto ai trattamenti convenzionali, comprendono i farmaci biologici (anticorpi monoclonali e proteine di fusione). Indicazioni: malattia grave, stabilmente attiva, scarsa risposta a trattamenti precedenti, recidiva rapida dopo la sospensione del trattamento, attività di malattia intermittente o continua, malattia concomitante che può beneficiare dello stesso trattamento (artrite psoriasica, malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa, eccetera) per gli anticorpi monoclonali diretti contro il TNF-alfa, richiesta di un trattamento flessibile (con facilità di interruzione e ripresa), necessità di una risposta rapida. I farmaci biologici non hanno, in generale, la tossicità d organo dei farmaci convenzionali. I dati derivanti da ampi studi osservazionali e da registri indicano che l impiego di questi farmaci non sembra comportare un rischio aumentato di neoplasie. EMA Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al Nast A, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol la storia parte III Certo che se questo signore avesse con sé gli esami fatti durante il ricovero, avrei qualche indicazione in più per orientare la mia decisione terapeutica pensa tra sé il medico. Però, tenendo conto dell età, delle diverse patologie e soprattutto della storia di Crohn, varrebbe la pena di tagliare la testa al toro e di orientarsi verso il metotrexate. Dovrei solo capire cosa gli hanno prescritto alle dimissioni. La voce di Attilio interrompe la riflessione del medico: Ah, dottore, ho dimenticato un altra cosa VII

34 Abbia pazienza, ma sono veramente confuso. Il medico dell ospedale si è tanto raccomandato di farle vedere la sua lettera e la cartella clinica perché voleva discutere con lei l uso di una medicina. Questa è una buona notizia, incompleta ma probabilmente buona risponde il medico pensando che il collega voglia impostare una strategia comune per la psoriasi e la malattia di Crohn. Potrei tornare domani con tutte le carte propone il paziente. Signor Attilio, preferirei risolvere la questione oggi. Domani ho l aereo per un congresso e sarò via per qualche giorno. Provo a rintracciare il collega. Era in medicina o in gastroenterologia?. In gastroenterologia. Il medico prende il telefono e chiama l ospedale. La ricerca ha successo. Attilio cerca inutilmente di seguire il dialogo tra i due medici. Appena finita la chiamata è il dermatologo a fornirgli le necessarie spiegazioni. Bene, concordo con il collega sulla prescrizione di un farmaco che dovrà fare per via sottocutanea a casa magari, inizialmente, con l aiuto del suo medico. Iniezioni? chiede Attilio strabuzzando gli occhi. Sì, ma si tratta di una iniezione una volta la settimana. commento Metotrexate Dose: 7,5-15 (dose massima 25 mg) in unica somministrazione settimanale per via orale o parenterale (intramuscolare o sottocutanea). Utile la supplementazione con acido folico (non nello stesso giorno di assunzione del metotrexate). Efficace nel controllo delle manifestazioni cutanee e dell artropatia. La risposta clinica massimale si osserva dopo settimane. Il farmaco può essere somministrato finché rimane efficace e ben tollerato. E controindicato in pazienti con epatopatia cronica, infezione da virus dell epatite B e C. Vanno monitorati l emocromo e la funzione epatica (al basale, dopo la prima settimana, dopo un mese e poi ogni 3 mesi). E eliminato per via renale e il dosaggio va aggiustato in base ai valori della funzione renale. Ha tossicità epatica che aumenta in presenza di abuso alcolico e di obesità. Gisondi P, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol Naldi L, et al Nast A, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol la storia conclusione Questo farmaco, che si chiama metotrexate è efficace sia contro la psoriasi sia contro la malattia di Crohn spiega il medico. Ma davvero, dottore? Beh così sarà ben difficile che non mi curi, pensate a tutto voi. Io devo solo ricordarmi il giorno in cui fare la mia bella iniezione. VIII SmartFad

35 Nella cura del paziente si è sempre molto attenti ad esempio all alimentazione, mentre si ha la tendenza a non dare la giusta importanza alle caratteristiche dell orologio biologico interno di ciascuno segue da pagina 24 Un intricata rete di orologi biologici centrali e periferici implicati nella regolazione circadiana del sonno, della temperatura corporea, della pressione sanguigna e del rilascio di ormoni, i cui fini meccanismi sono oggetto di un attiva area di ricerca le cui basi sono state gettate proprio dagli studiosi premiati con il Nobel lo scorso anno. C è ancora molto da scoprire, ma il lavoro di Hall, Rosbash e Young ha avuto anche il merito di rivendicare l importanza di una branca della scienza fondamentale per la salute dell uomo, dichiara Luigi Ferini-Strambi, ordinario di Neurologia presso la Facoltà di Psicologia dell Università Vita- Salute San Raffaele e primario del Centro di Medicina del Sonno dell IRCCS Ospedale San Raffaele Turro di Milano. Questo non solo perché molte ricerche mettono in evidenza come perturbazioni nei ritmi circadiani siano legate allo sviluppo di stati patologici: dai disturbi del sonno a quelli del jet lag, da una maggiore inclinazione per ipertensione e patologie cardiovascolari in chi svolge lavori notturni, fino all aumentato rischio per alcune neoplasie in caso di prolungato squilibrio degli orologi biologici. Diversi cronotipi Si è sempre molto attenti, nella cura dei pazienti, a questioni legate ad esempio all alimentazione, mentre si ha la tendenza a non dare la giusta importanza agli aspetti legati ai ritmi circadiani come quello del cronotipo, cioè le caratteristiche dell orologio biologico interno di ciascun individuo geneticamente determinate che non sono uguali per tutti, continua Ferini-Strambi. Se il 70% delle persone può dire di avere un cronotipo normale, con una fase del sonno che si colloca tra le e le 7 del mattino, un altro 20% viene definito gufo, con uno spostamento in avanti del periodo di sonno. Chi appartiene a questa categoria dormirebbe dalle 3-4 del mattino fino a mezzogiorno. Il restante 10% degli individui, invece, andrebbe a riposare molto presto la sera per poi svegliarsi alle prime ore del giorno e pertanto viene definito allodola. Di queste distinzioni, suffragate anche da studi di metabolismo cerebrale e neurofisiologici, si tiene però poco conto. Eppure sarebbe opportuno farlo, non solo per ottimizzare le attività in genere e le performance lavorative di ciascun individuo, ma anche per tutelarne meglio la salute. Si pensi, ad esempio, alla somministrazione di certe cure. Esistono casi in cui l efficacia e gli effetti collaterali di un farmaco sono influenzati dal momento in cui questo viene dato al paziente: la cronoterapia, una forma di cura che tiene conto dei ritmi circadiani dell organismo per la somministrazione di un medicinale, ha prodotto risultati positivi anche in campo oncologico. È una metodica ancora da studiare a fondo e sviluppare, precisa Ferini- Strambi, che non deve essere legata solo alla circadianità tout court, ma deve anche tener conto del cronotipo del paziente, non solo per le terapie farmacologiche, ma anche per quelle fisioterapiche e cognitive. Questo per sincronizzare al meglio l intervento medico con le caratteristiche intrinseche dell individuo, in un ottica di una medicina sempre più personalizzata e che considera il paziente nella sua interezza. Sonno/veglia e melatonina Il quadro dei ritmi circadiani è dunque tanto importante quanto complesso. Ogni organo ha un suo ritmo, nell organismo sono presenti molti orologi biologici che interagiscono tra di loro e che si modulano l uno con l altro con effetti sinergici o antagonisti, nel tentativo di adattarsi alla periodicità giornaliera che trova nel ciclo luce/ buio e nel ritmo sonno/ veglia il suo aspetto più manifesto, puntualizza Franco Fraschini, già ordinario di Farmacologia presso l Università Statale di Milano. Alternanza sonno/veglia che ha come suo attore principale la melatonina, neurormone la cui secrezione, che avviene durante le ore notturne ed è inibita dalla luce, è opera della ghiandola pineale e regolata dal SCN. La funzione primaria della melatonina è quella di adattare la fisiologia dell organismo all alternanza giornaliera di luce/buio, ma altre e numerose sono le proprietà di questa molecola, continua Fraschini. Alcuni dati suggeriscono per esempio un suo ruolo anche nei processi di invecchiamento. Un mondo esplorato ancora solo sulla superficie, ma che ribadisce la complessità e l interconnessione dei meccanismi che regolano gli orologi interni della vita

36 sanità cristina da rold, luca carra Glifosato, una questione complessa Dopo alcuni rinvii, lo scorso novembre l Unione Europea ha rinnovato per altri 5 anni l autorizzazione all uso del diserbante glifosato, in libera produzione dal 2001, quando è scaduto il brevetto, fino a quel momento di proprietà di Monsanto. Oggi è uno dei diserbanti più utilizzati nell agricoltura italiana, ed è al centro di un acceso dibattito in relazione alla sua presunta cancerogenicità Lo IARC (International Agency for Research on Cancer) all interno della monografia 122 del marzo 2015, 1 ha classificato il glifosato e le formulazioni che lo contengono come probabili cancerogeni per l uomo inserendoli nella categoria 2A. Ma come interpretare correttamente questa classificazione per orientare le decisioni politiche? Negli ultimi mesi su questo punto si è aperta una querelle ampia e articolata, che ha preso le mosse da un articolo a firma della senatrice Elena Cattaneo pubblicato su Repubblica lo scorso 1 dicembre, 2 poche settimane dopo il rinnovo da parte dell Unione Europea per altri cinque anni dell autorizzazione per l utilizzo del glifosato. La senatrice ribadiva la liceità della proroga nell utilizzo dell erbicida da parte dell Europa, per quattro ordini di motivi. Primo, poiché la classificazione del glifosato effettuata dallo IARC come probabilmente cancerogeno (gruppo 2A) non sarebbe una prova di cancerogenicità sufficiente afferma la Cattaneo per vietare l uso del prodotto. Una persona di 60 chili non correrebbe rischi da glifosato neanche mangiando oltre 270 kg di pasta al giorno, tutta la vita scrive la senatrice. Secondo, perché l Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 3 l Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) e l Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) secondo la ricercatrice sarebbero i primi a non interpretare la classificazione dello IARC come indice di effettiva pericolosità per la salute del consumatore, di fatto chiarendo che il glifosato a oggi non è da considerarsi cancerogeno. 26 InFormaMI 26 InFormaMI

37 Terzo, perché il glifosato è una sostanza ormai fuori brevetto e per questo costa poco, 9 euro all ettaro, è presente in molti prodotti e impiega poco tempo per essere degradata dai batteri nel terreno. Attualmente, stando a quanto riporta lo IARC, ci sono 750 prodotti commerciali contenenti glifosato. Infine, quarto e ultimo motivo a sostegno della decisione di rinnovare l autorizzazione, perché il biologico non sarebbe una risposta plausibile secondo Cattaneo per il futuro dell agricoltura su larga scala. È evidente che l articolo tira in ballo almeno due aspetti: da una parte quello prettamente medico ed epidemiologico, sulla classificazione della cancerogenicità, e dall altra la sostenibilità economica del sistema agricolo alla luce del futuro del pianeta. In brevissimo tempo si è aperto il dibattito, fra chi sostiene il punto di vista della Cattaneo, e chi invece si dice fortemente contrario. Partiamo dalla querelle sulla probabile cancerogenicità del glifosato. Una querelle tra rischi e pericoli I giorni immediatamente successivi all articolo su Repubblica, Scienza in Rete 4 ha ospitato un articolo scritto a più mani da quattro epidemiologi Annibale Biggeri (Università di Firenze), Franco Merletti (Università di Torino), Benedetto Terracini (Università di Torino, attualmente in pensione) e Paolo Vineis (Imperial College, Londra) che sostenevano al contrario della professoressa Cattaneo, che la monografia 112 dello IARC sarebbe molto chiara intorno alla cancerogenicità del glifosato, tanto da avere in corso diverse cause con Monsanto, l azienda produttrice di un erbicida che contiene anche, ma non solo, glifosato, per presunti danni alla salute. Il nocciolo dell articolo dei 4 epidemiologi è che non esiste un effetto soglia entro cui sicuramente non vi è una probabile cancerogenicità, e pertanto a livello di politiche internazionali sarebbe necessario partire dal principio di precauzione. Ci sono tre tipi di prove in questa querelle: le prove epidemiologiche, quelle tossicologiche e i meccanismi d azione. Se le prove epidemiologiche sono tutto sommato ancora deboli sul glifosato anche se c è chi è in dubbio sul fatto che siano stati resi noti tutti i dati scientifici esistenti dal punto di vista tossicologico e del meccanismo d azione le prove sugli animali sono più solide. Qui emergono due snodi importanti: la correlazione fra le prove sugli animali e l effettivo pericolo per l uomo, e la differenza cruciale in medicina fra il rischio e quello che si definisce hazard, il pericolo. Sempre sulle pagine di Scienza in Rete è sceso in campo su questi punti Roberto Defez, 5 secondo cui cruciale è proprio la differenza fra rischio e hazard: il rischio che è quello che misura lo IARC dipende dalla dose per chilogrammi di peso e dalla frequenza di esposizione, mentre l hazard, il pericolo, è qualcosa che causa un qualche danno. Soffermandoci sulla cancerogenicità continua Defez va precisato inoltre che gli studi presi in esame dallo IARC non riguardano il cancro, ma un tipo di cancro: il linfoma non Hodgkin, su modelli animali. Un articolo pubblicato pochi giorni prima della decisione europea, su un indagine condotta su individui, non aveva mostrato alcuna associazione evidente tra il glifosato e tutti i tumori solidi o i linfomi in generale, compreso il linfoma non Hodgkin e i suoi sottotipi. C era qualche prova dell aumento del rischio di leucemia mieloide acuta tra il gruppo più esposto, che richiede però ulteriori conferme. Oggi, per riassumere, lo IARC Non esiste un effetto soglia entro cui sicuramente non vi è una probabile cancerogenicità; pertanto sarebbe necessario partire dal principio di precauzione

38 sanità ha classificato il glifosato come sostanza probabilmente cancerogena per l uomo, ovvero che ha mostrato prove sugli animali circa il linfoma non Hodgkin, ma non ancora sull uomo. Per questo OMS, FAO e ora anche EFSA e ECHA non ritengono che esistano delle prove sufficienti di cancerogenicità, quanto a dosi che arrivano al consumatore umano, per sospendere l uso del glifosato. L agricoltura del futuro Cosa fare dunque? Per farsi un idea non si può prescindere anche da una riflessione sul secondo grande tema citato in apertura: a quale modello di agricoltura vogliamo tendere. Al potenziamento del biologico, con tutte le vulnerabilità che al momento vive, oppure pensare in ottica di rafforzare la ricerca sugli OGM per avere piante più resistenti e che necessitano di meno cure, fra cui anche meno prodotti come pesticidi ed erbicidi? A questo proposito sono interessanti due contributi, apparsi a poca distanza dall articolo di Elena Cattaneo, che guardano le cose da una prospettiva unicamente di modello ambientale, e in particolare dell impatto di sostanze come il glifosato sugli ecosistemi. Il primo su Repubblica è a firma dell agronomo milanese Stefano Bocchi 6 a sostegno di una virata potente verso il biologico. Il secondo è invece un articolo scritto dall agronomo Alberto Guidorzi 8 L unico punto fermo di tutta questa faccenda è la sua estrema complessità a livello decisionale, che si fonda su questioni epidemiologiche, ambientali ed economiche su Strade, che invece sostiene che oggi non esistano alternative plausibili all uso degli erbicidi come il glifosato in agricoltura. Il punto di vista di Bocchi è netto: dobbiamo prendere più seriamente il problema dell inquinamento degli ecosistemi da parte di queste sostanze. Le acque superficiali della Lombardia risultano contaminate da glifosato e dal suo metabolita Ampa e si superano i limiti di qualità ambientale (rapporto Ispra, 2016). 7 Sono composti dannosi per molte specie che popolano i nostri corsi d acqua. Quindi per alcuni agrofarmaci, forse non direttamente dannosi per l uomo, esistono comprovati rischi per l ambiente. Possiamo ignorare tutto ciò? Quali le reali soluzioni sostenibili? si chiede Bocchi. Dal suo punto di vista, il controllo chimico delle piante spontanee rimane solo una delle tante possibilità, e soprattutto il veramente biologico, l agroecologico è oggi una strada che possiamo concretamente percorrere, producendo di meno nel triennio di conversione, ma riuscendo con il tempo ad assumere un nuovo assetto di sostenibilità. Di tutt altro parere (ma altrettanto netto) è invece Alberto Guidorzi, 8 secondo cui un modello siffatto è oggi insostenibile. Anzitutto economicamente, ma anche a livello di gestione del terreno. L Ipsos francese ha calcolato che, senza glifosato, i costi aggiuntivi di produzione sarebbero del 23-26%: due miliardi di euro l anno per l agricoltura, 600 milioni per le sole ferrovie, che da decenni usano prodotti a base di questo erbicida per diserbare le massicciate. Per quanto riguarda il terreno prosegue Guidorzi il diserbo con mezzi meccanici frammenta i rizomi sotterranei, che porta a una moltiplicazione dell infestante. In tal caso l alternativa sarebbero le arature profonde del terreno, che però comportano elevati dispendi di energia e forti emissioni di CO 2 (combustibili fossili), distruzione di sostanza organica, erosione dei terreni. Altre strategie, come il pirodiserbo (con il calore), presentano altri notevoli svantaggi oltre all inadattabilità alle grandi coltivazioni. Si è ritornati in qualche modo alla questione già esposta dalla senatrice Cattaneo sulla sostenibilità in termini di produzione di gas serra dell agricoltura biologica su larga scala. L unico punto fermo di tutta questa faccenda è la sua estrema complessità a livello decisionale, che si fonda sulla molteplicità di questioni (epidemiologiche, ambientali, economiche) che sono sottese. La forza della scienza è però che c è un metodo quello basato sulle prove scientifiche che ci permette di definire un ordine di priorità, anche a livello decisionale. È da lì che è necessario partire. Bibliografia 1 IARC Cattaneo E. Repubblica WHO Biggeri A, et al. Scienza in rete Defez R. Scienza in rete Bocchi S. Repubblica Ispra Guidorzi A. Strade InFormaMI

39 debora serra HIV in Italia: a che punto siamo? Secondo i dati dell Istituto Superiore di Sanità è in calo il numero di nuovi casi di infezione da HIV, è invece in aumento la scoperta di essere HIV-positivi solo pochi mesi prima di ammalarsi di AIDS. Una contrapposizione che mostra come nel nostro Paese spesso manchi la consapevolezza e la diagnosi arrivi in ritardo la tendenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è in diminuzione e i dati del 2016 confermano quanto osservato negli ultimi anni, a partire dal Confrontando il numero di segnalazioni notificate al sistema di sorveglianza dell Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel 2012 e nel 2016 si osserva infatti che i nuovi casi di sieropositività sono passati da a per anno, pari a 5,7 nuovi casi ogni residenti. Un andamento che, come sottolinea Barbara Suligoi, direttore del Centro operativo AIDS dell ISS, è particolarmente evidente in Lombardia, dove le nuove diagnosi in questi quattro anni sono passate da oltre a meno di 700. Chi rischia di più I dati dell ISS evidenziano che alcuni gruppi di popolazione sono particolarmente a rischio. Tra questi Barbara Suligoi ricorda: i ragazzi giovani, i maschi che hanno rapporti omosessuali (MSM, Men who have sex with men), gli ultracinquantenni e gli immigrati. L età più a rischio tuttavia sembra essere quella tra i 20 e i 29 anni infatti, sebbene circa un terzo delle nuove diagnosi di infezione coinvolga persone di età compresa tra i 30 e i 39 anni, è tra i giovani con meno di 30 anni che osserviamo l incidenza più alta (15 nuovi casi ogni ragazzi residenti). L infezione è più frequente tra i maschi, basti pensare che nel 2016 il numero delle nuove infezioni tra gli uomini è stato tre volte più alto di quello rilevato tra le donne. Un divario che Suligoi riconduce a comportamenti sessuali a rischio, sia eterosessuali sia omosessuali, ma anche al diverso approccio con i medici esistente tra i due sessi. Infatti, la salute sessuale delle ragazze viene seguita più frequentemente e con maggiore costanza durante il corso della loro vita: le ragazze si rapportano, sin da adolescenti, con un medico specializzato (in genere il ginecologo). È verosimile pensare quindi che le ragazze avendo un contatto più frequente con il medico e in particolare con il ginecologo ricevano una maggiore educazione sessuale e siano quindi più informate e sensibilizzate su quali comportamenti evitare per tutelare la propria salute. Per quanto riguarda le modalità di contagio, in Italia la

40 sanità maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti: questi costituiscono oltre l 85% di tutte le segnalazioni (circa il 50% tra eterosessuali e il 40% tra i maschi che hanno rapporti omosessuali). In particolare, spiega: tra i giovani è raro che venga usato il preservativo durante i primi rapporti sessuali con un nuovo partner una scelta apparentemente assurda ma motivata in genere dalla volontà di non ferire la fiducia del partner. Per di più, sono poche le persone che eseguono il test HIV dopo un comportamento a rischio: meno del 30% delle persone tra gli eterosessuali e circa il 40% tra gli uomini MSM. Ed è proprio questa evidente sottovalutazione del rischio, unita alla lunga fase asintomatica dell infezione, che porta spesso a eseguire l esame anche a distanza di anni: in un caso su tre, la persona scopre di essere HIV-positiva in fase avanzata di malattia e già in presenza di sintomi HIV-correlati (oltre il 30% delle nuove diagnosi del 2016), inficiando così l efficacia delle terapie antiretrovirali e riducendo la sopravvivenza. A tutt oggi, l infezione da HIV è una malattia che grazie alle terapie antiretrovirali Barbara Suligoi, direttore del Centro operativo AIDS dell ISS. è stata per così dire cronicizzata, ma rimane pur sempre un infezione letale. Scoprire l AIDS tardivamente Parallelamente alla diminuzione dei nuovi casi di infezione da HIV, aumenta invece la quota di persone che scopre la propria positività nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS. Due dati in contrapposizione tra loro che evidenziano come nel nostro Paese ci si ammali ancora di AIDS e che ad ammalarsi siano Stefano Rusconi. prevalentemente persone che non sanno di esserlo: infatti, nel 2016 solo il 22% delle persone con nuova Infatti, prosegue Rusconi, in Italia, diagnosi di AIDS aveva eseguito il test viene eseguito quasi sempre una terapia antiretrovirale prima solo a seguito di una richiesta della diagnosi, un dato che indica specifica della singola persona che l assenza di consapevolezza rispetto si reca dal proprio medico o in uno alla propria sieropositività e che ha dei centri di esecuzione del test subito un forte cambiamento negli salivare rapido. anni. La quota di persone con nuova Gli unici casi in cui viene richiesto diagnosi di AIDS che ha scoperto dagli operatori sanitari riguardano di essere sieropositiva per HIV nei l ambito medico-diagnostico: pochi mesi precedenti la diagnosi per escludere altre patologie, è aumentata di quasi 4 volte nel durante la gravidanza e, ma non ventennio dal 1996 al 2016, passando invariabilmente, prima degli da circa il 20% a oltre il 75%. interventi chirurgici. Un diverso Stefano Rusconi, infettivologo approccio sanitario, chiamato dell ASST FBF-Sacco di Milano opt-out prevede che il test venga e dell Università degli Studi, incluso sempre tra gli esami di interpreta questo segnale negativo routine, a meno di esplicito rifiuto ricordando che nel 2016, oltre la del paziente. Una modalità che metà delle persone che avevano consente di intercettare con più ricevuto una nuova diagnosi di tempestività le infezioni, portando AIDS presentava un livello di a ricadute positive per tutti: CD4 inferiore a 350 cell/µl valore l avvio delle terapie nella fase soglia per l indicazione alla terapia. acuta dell infezione permette una Un ritardo dovuto a due fattori migliore risposta immunitaria e principali: il peso sociale che un migliore impatto psicologico ancora oggi circonda il test HIV e la sul paziente, oltre che una mancata proattività nell esecuzione migliore tollerabilità delle terapie dell esame. stesse. Inoltre, la conoscenza Sono poche le persone che eseguono il test HIV dopo un comportamento a rischio 30 InFormaMI

41 Esempi virtuosi del proprio stato sierologico rende consapevoli e previene il diffondersi dell infezione attraverso comportamenti sessuali a rischio. Un altro aspetto che limita le diagnosi precoci è legato alla comunicazione sociale sul tema. Infatti, HIV e AIDS ancora oggi sono temi sensibili: da un lato è necessario continuare a lavorare per abbattere lo stigma che circonda l infezione, ricordando che la sieropositività, se debitamente monitorata, permette di condurre una vita normale; dall altro è necessario puntare molto di più su campagne di prevenzione e informazione, per sensibilizzare la popolazione a rischio (ma non solo) a sottoporsi al test HIV. Due argomenti che nonostante sembrino opposti, sono fortemente legati. Spiegare che i trattamenti per le infezioni permettono di vivere in buona salute, che le terapie vengono offerte gratuitamente dal Sistema sanitario immediatamente dopo la diagnosi e che iniziarle tempestivamente permette all organismo di reagire meglio, può infatti aiutare a far capire l importanza del test dopo un comportamento a rischio. Eppure, come ricorda Rusconi: nel nostro Paese si parla di HIV e AIDS quasi solo in autunno, con l avvicinarsi del primo dicembre e della giornata mondiale di lotta contro l AIDS. Le altre iniziative sono per lo più locali e circostanziate a particolari eventi. Non è quindi un caso che anche l ultima campagna del Ministero della Salute (a cui hanno collaborato anche l ISS e il Comitato Tecnico sanitario del Ministero della Salute) sia stata lanciata nel novembre Sconfiggere l AIDS non è un utopia anzi è uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibili (Sustainable Development Goals SDGs) che le Nazioni Unite si sono dati per il Alcuni (pochi) Paesi hanno lavorato in modo ottimo in questo senso: in Australia2 nel 2016 è stata annunciata la fine dell epidemia di AIDS e in Danimarca3 il tasso di infezioni tra gli MSM è di 1 su 700 (0,14%) per anno, un valore molto vicino alla soglia di 1 ogni abitanti indicata dall OMS come soglia di eliminazione dell HIV. Nel 2016 nel Regno Unito4 è stato osservato un calo del 18% delle nuove diagnosi di HIV rispetto all anno precedente, soprattutto tra omosessuali e bisessuali. Un dato che rappresenta il risultato della forte campagna di prevenzione nazionale attuata per contrastare l aumento di casi di infezione da HIV registrati tra il 2007 e il 2015, quando il numero di nuove diagnosi è passato da circa a circa Questo risultato è da attribuire principalmente alla forte diffusione dei test HIV tra la popolazione omosessuale e bisessuale (da nel 2007 a nel 2016), che ha portato a un aumento del numero di diagnosi precoci, e quindi di sieropositivi sottoposti alla terapia antiretrovirale e non più contagiosi; ma anche all incoraggiamento all uso dei preservativi con i partner occasionali e alla disponibilità (anche via internet) di farmaci antiretrovirali per la profilassi pre esposizione (PreP), che riduce al minimo il rischio di contagio nei rapporti non protetti. È a questi Paesi che bisogna guardare per capire come migliorare l approccio italiano e puntare all eliminazione delle infezioni anche nel nostro Paese. Prevalenza di infezione da HIV rilevata nel 2016 in soggetti dai 15 ai 49 anni per le regioni dell dell OMS Mediterraneo Orientale: 0,1 [<0,1-0,1] Europa: 0,4 [0,4-0,4] Pacifico Occidentale: 0,1 [<0,1-0,2] Americhe: 0,5 [0,4-0,5] Sud-est Asiatico: 0,3 [0,2-0,3] Africa: 4,2 [3,7-4,8] Bibliografia 1 2 WHO Kirby Institute Dayton L. Science, maggio Public Health England

42 sanità cristina da rold Un fascicolo si aggira per l Italia La situazione attuale di effettivo utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) fra le Regioni italiane è fortemente disomogenea La Lombardia è una fra le prime Regioni ad aver attivato il fascicolo, anche se non si può ancora dire che esso sia diventato una prassi per tutta la cittadinanza. Secondo i dati AgID (Agenzia per l Italia Digitale) a gennaio 2018 solo il 66% degli assistiti lombardi 6,7 milioni di persone aveva attivato il FSE. Le altre Regioni dove il fascicolo è attivo e conforme alla normativa, cioè può essere attivato da ogni cittadino assistito dal Servizio Sanitario Nazionale, sono Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana, Valle d Aosta e la Provincia Autonoma di Trento. In altre Regioni Marche, Piemonte Umbria e Veneto il FSE è attivo ma in fase di sperimentazione su un gruppo di persone e verrà reso disponibile a tutti entro l anno, mentre in un ultimo gruppo di Regioni non c è stato l avvio ufficiale anche se il progetto è in fase avanzata o quasi ultimata. Per quest ultimo gruppo di Regioni che comprende Abruzzo, Calabria, Campania, e Sicilia è previsto un regime di sussidiarietà nel tentativo di velocizzare i processi, ovvero l appoggio, per l attivazione del fascicolo, alla piattaforma precostituita recentemente messa a disposizione dal MEF (Ministero di Economia e Finanza). Ma che cosa ci dicono i numeri sull utilizzo effettivo del fascicolo? L AgID chiede alle Regioni di inviare periodicamente i dati sul numero di fascicoli attivati, su quanti referti vengono effettivamente poi consultati dai pazienti tramite il fascicolo, su quanti operatori, medici e aziende sanitarie sono abilitate ad accedervi e ad alimentare le informazioni sanitarie. I dati di utilizzo tuttavia dipendono anche dal fatto che Medici il paziente abbia dato o meno il consenso al caricamento delle informazioni stesse tipicamente i referti in fase di attivazione. Inoltre, va tenuto conto che le Regioni stanno provvedendo gradualmente ad abilitare i professionisti all accesso. Per quanto riguarda gli assistiti, nell ultimo trimestre del 2017 ben 2,3 milioni di persone hanno avuto la disponibilità di un referto online (il 76% di tutti i referti), mentre la metà di loro lo ha consultato tramite il fascicolo. Quasi l 80% degli operatori sanitari e il 100% dei medici lombardi abilitati ad alimentare il fascicolo lo utilizza (vedi tabella). Interessanti sono anche i dati riguardanti il Patient Summary, il documento informatico sanitario che riassume la storia clinica del paziente e la sua situazione corrente. Tale documento è creato e aggiornato dal medico di medicina generale o dal pediatra ogni volta che intervengono cambiamenti da lui ritenuti rilevanti nella storia clinica di un paziente. A gennaio 2018 sono solo 391 i Patient Summary lombardi popolati dai medici di medicina generale. Percentuale di operatori sanitari lombardi che usano il FSE, tra quelli abilitati Operatori sanitari I trim ,00% 80,00% II trim ,00% 80,00% III trim ,00% 80,00% IV trim ,00% 78,97% I trim ,00% 77,38% II trim ,00% 77,60% III trim ,00% 78,30% IV trim ,00% 78,45% 32 InFormaMI

43 Cittadini lombardi che hanno usato il FSE, per trimestre II trim (40,8%) In realtà guardando le altre Regioni, i numeri della Lombardia sono buoni. In termini di copertura è simile alla Lombardia solo la Toscana, dove ha attivato il fascicolo il 60% della popolazione. In Emilia Romagna lo ha fatto a oggi solo il 9% degli aventi diritto, mentre nelle altre Regioni la media non supera l 1-2% degli assistiti. Attualmente sono tre i fronti su cui stiamo lavorando per migliorare il Fascicolo Sanitario Elettronico in Lombardia spiega Giorgio Caielli, Presidente della società Lombardia Informatica che gestisce gli strumenti alla base del fascicolo per conto della Regione. Il primo è l implementazione nel Fascicolo del PAI, il piano di assistenza individuale per le malattie croniche, istituito a livello regionale con la legge 23 del 2015 e che ha preso il via a inizio 2018, che istituisce la figura del gestore per il paziente cronico. A breve infatti, ogni cittadino lombardo che ha attivato il fascicolo e che è entrato a far parte del percorso di presa in carico potrà accedere anche alle informazioni riguardanti il PAI: il piano, le prenotazioni, le attività da fare e quelle fatte. Il secondo aspetto di novità è che stiamo rendendo il Fascicolo sempre più user friendly, con il rifacimento del portale di accesso alle informazioni per il cittadino, sia per pc sia per smartphone, continua Caielli. Attualmente è possibile scaricare anche la nostra app Salutile, che è di fatto una suite di quattro app: una per visualizzare i referti, una per le ricette dematerializzate, una per la gestione delle prenotazioni e una per monitorare in tempo reale i flussi di attesa al pronto soccorso nelle varie strutture III trim 2016 IV trim 2016 I trim 2017 II trim 2017 III trim 2017 IV trim 2017 I trim assistiti che hanno effettuato almeno un accesso nei precedenti 90 gg totale assistiti per cui è stato reso disponibile un referto nei precedenti 90 gg lombarde. Ci sono altre due app in fase di lavorazione: quella appunto che riguarda il PAI e quella per i pazienti celiaci, tramite cui potranno monitorare i propri consumi in relazione al bonus che la Regione eroga per l acquisto di prodotti alimentari anche nella grande distribuzione. Infine conclude Caielli stiamo lavorando all aspetto dell interoperabilità con il sistema nazionale, e a questo proposito siamo impegnati su diversi tavoli di lavoro. Non mancano tuttavia le criticità, come spiega Ugo Tamborini, medico di medicina generale e segretario provinciale SNAMI (Sindacato Nazionale Medici Italiani). Ci sono tre aspetti problematici in Lombardia: il primo è che i dati nel fascicolo vengono raccolti tutti insieme, non sono catalogati a seconda che si tratti di esami strumentali, visite specialistiche o ricoveri. Le informazioni sono poi raccolte in pdf, che è un formato che non (41,2%) (42,2%) (42,6%) (42,4%) (41,3%) (43,2%) (46,4%) permette di estrapolare i dati singoli, per esempio la glicemia di un paziente, e monitorarla nel tempo. Infine, manca nel FSE lombardo la possibilità di inserire i dati sulla terapia in essere del paziente, che potrebbe invece venire facilmente caricata in modo da essere condivisa con lui e con il farmacista. Ma la maggiore criticità del sistema continua è che diverse strutture sanitarie milanesi, anche pubbliche, non fanno transitare nulla sul fascicolo, oppure lo fa un reparto e non un altro all interno della medesima struttura. Stiamo andando avanti contando sulla discrezione dei medici e questo non va bene racconta Tamborini. Infine non vanno trascurati i problemi pratici e le difficoltà cui vanno incontro i medici di medicna generale sia per accedere al fascicolo sia per caricare i dati in quanto oltre a dover far fronte a continue interruzioni spesso si lavora in infrastrutture che hanno linee per accedere al web lente

44 L'intervista antonino michienzi Testamento biologico: un occasione per ripensare il rapporto medico-paziente La nuova legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento vista da Giada Lonati, direttore sociosanitario di VIDAS, associazione che da 35 anni fornisce assistenza gratuita ai malati terminali di Milano e della provincia È un venerdì mattina. Giada Lonati risponde al telefono mentre è in viaggio. Da Milano sta raggiungendo Perugia e poi Orvieto, dove è stata invitata a parlare di cure palliative e del suo libro pubblicato la primavera dello scorso anno da Rizzoli. S intitola L ultima cosa bella ed è un viaggio nel fine vita, nella medicina palliativa, nel rapporto medico paziente che cambia, nella consapevolezza della morte, e nella certezza che anche i pazienti inguaribili possono essere curati. Lonati è un medico palliativista, direttore sociosanitario di VIDAS, associazione che fornisce assistenza gratuita ai malati terminali di Milano e della provincia da 35 anni, da quando nel 1982, Giovanna Cavazzoni si rese conto nel pieno della retorica della guerra al 34 InFormaMI

45 cancro dichiarata dieci anni prima da Nixon che alla fine dei conti i malati morivano a casa. E morivano male. Da allora l associazione ha seguito, accompagnandoli verso una morte dignitosa, circa 32 mila malati (la gran parte al loro domicilio). Ed è diventata un avanguardia delle cure palliative in Italia. Per questo abbiamo chiesto a Giada Lonati un giudizio sulla legge sul consenso informato e Disposizioni anticipate di trattamento (legge 22 dicembre 2017, n. 219) approvata alla fine dello scorso anno dal Parlamento. Cosa ne pensa di questa nuova legge? Penso sia una buona legge. Un risultato migliore rispetto ai tanti disegni di legge che l avevano preceduta. Una norma necessaria, che ci inscrive tra i Paesi europei evoluti. Proviamo a scendere nei dettagli. Cosa c è di buono e in che cosa il testo avrebbe potuto essere migliore? Sono tante le cose buone. È una legge costruita lungo un asse che rinforza il consenso informato come presupposto a un processo relazionale. Le DAT, cioè le Disposizioni anticipate di trattamento, sono intese come progetto, come decisione che io faccio oggi in stato di apparente buona salute, ma che poi vengono declinate all interno di una pianificazione condivisa della cura. E che dunque posso rivedere nel momento in cui la diagnosi l ho ricevuta, non in un momento astratto, ma nella concretezza di qui e ora. È molto forte, poi, il tema del tempo di relazione come tempo di cura. Cosa che la medicina ha un po perso ed è bello che venga recuperato. Infine fa chiarezza sugli aspetti dell idratazione e nutrizione riconosciuti, come già faceva la maggior parte delle società scientifiche, come trattamento. Complessivamente, dunque, è una legge forte e ben fatta. Certo, ci sono alcuni aspetti che andranno chiariti meglio: per esempio il rapporto col fiduciario, un po difficile, oppure le difficoltà nella compilazione delle DAT. Ma ripeto è una legge ben fatta. Tra i temi di dibattito c è quello dell obiezione di coscienza. Una parte del mondo medico lamenta il fatto che la possibilità di obiezione non sia esplicitata nel testo. E in tal modo si lederebbe l autonomia e la professionalità del medico costretto a eseguire passivamente le volontà del paziente. Sì, non mi sembra che la legge lasci spazio all obiezione di coscienza. Però, attenzione: è molto diverso da quanto avviene per l aborto. Mentre nel caso dell aborto io, medico, posso rifiutarmi di compiere un atto sul corpo di un altro se questo contrasta con i miei valori, qui la situazione è completamente capovolta: io, medico, non posso fare atti sul corpo di un altro, se questo ha negato il consenso. Da questo punto di vista, è molto bello quello che dice la legge a proposito del consenso informato. In esso è scritto si incontrano l autonomia decisionale del paziente e la competenza, l autonomia professionale e la responsabilità del medico. Significa che io, medico, sono tenuto a proporre il migliore dei trattamenti possibili, ma poi devo mettere in relazione l appropriatezza clinica con la libertà di scelta del paziente. La proporzionalità dell intervento nasce da questa sintesi. Io non mi sento esautorata come medico se propongo un trattamento e il paziente mi dice no. Questo processo sintetizza il percorso che la medicina ha intrapreso ormai decenni fa e che vede il passaggio da un rapporto paternalistico a uno basato sulla compartecipazione del paziente al processo di cura e che vede nella condivisione dell informazione un momento essenziale. Io credo che si tratti di un percorso intrapreso più sulla carta che nella pratica. Nei fatti, continuiamo a relazionarci più con i familiari che con i pazienti. Va tuttavia precisato che favorire una maggior compartecipazione del paziente non significa che la famiglia vada esclusa: la famiglia non solo va coinvolta ma è allo stesso tempo oggetto e soggetto della cura; perché quando una persona è malata anche la famiglia è malata. La possibilità di qualunque cittadino di esprimere le Disposizioni anticipate di trattamento potrebbe rappresentare una grande occasione per la medicina, per rafforzare la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico. Cosa significa per i medici? È una grande occasione. Ma richiede lo sforzo del medico di È una legge costruita lungo un asse che rinforza il consenso informato come presupposto di un processo relazionale

46 L'intervista fermarsi a guardare cosa realmente voglia il paziente. C è tutto un mondo da rivoluzionare: da Ippocrate in poi, un buon medico deve essere in grado di dire una buona bugia. Ma se riteniamo che l autodeterminazione sia uno dei principi essenziali della medicina moderna, allora è necessario cambiare. Come medici bisogna essere in grado di dire Non ce la faccio a farti vivere più a lungo. Inoltre, quello introdotto dalla legge è paradossalmente un cambiamento che riguarda poco noi palliativisti. Ma che investe in maniera dirompente i medici che lavorano soprattutto nei territori di frontiera : nelle rianimazioni, nelle terapie intensive, ma anche nelle RSA, tanto per fare qualche esempio. E poi, c è tutta la parte che viene prima dell espressione delle DAT : c è tutto un percorso che porta il cittadino ad arrivare a esprimere i suoi desideri. E in questo percorso i medici dovrebbero essere coinvolti. Come medici, dunque, la nuova legge ci mette in gioco su due livelli: ci costringe a fare un cambiamento culturale per diventare più espliciti nella comunicazione e questo ci costringe anche a imparare a comunicare. A prescindere dalle difficoltà organizzative (per esempio la disponibilità di tempo e risorse), i medici sono pronti ad affrontare questa sfida? Possiedono le competenze tecniche per instaurare questo tipo di dialogo? La classe medica oggi ha lacune grosse. Nei miei sei anni di corso di laurea in medicina, io ho sostenuto solo un esame di psicologia. La bioetica intesa come disciplina La Legge sulle DAT in 10 punti La Legge 22 dicembre 2017, n. 219 Norme in materia di consenso informato e di Disposizioni anticipate di trattamento è stata approvata in via definitiva al Senato il 14 dicembre È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018 ed è entrata in vigore il 31 gennaio Ecco gli stralci salienti. 1. Consenso informato: Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata [ ]. Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta [ ] le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente. 2. Esonero di responsabilità del medico: Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. 3. Autonomia del medico: Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali. 4. Strutture sanitarie: Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei princìpi di cui alla presente legge. 5. Tempo di cura: Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. 6. Divieto di ostinazione nelle cure: Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. 7. Nutrizione e idratazione: Sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici. 8. Sedazione profonda: In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. 9. Disposizioni anticipate di trattamento (DAT ): Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. 10. Mancata osservanza delle DAT : Il medico è tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese, in tutto o in parte [ ] qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. 36 InFormaMI

47 Il parere del Presidente Roberto Carlo Rossi di studio non faceva parte del percorso di studi. Questa è una grande carenza che, per fortuna, nei nuovi ordinamenti si sta correggendo. Resta il fatto che la medicina moderna è medicina delle scelte; la morte naturale è un evento che forse non esiste più. C è la morte a causa di un evento improvviso. Ma almeno i due terzi dei decessi avvengono per malattie croniche in cui i medici hanno tempo per capire se i pazienti stanno andando verso la morte e per ponderare di conseguenza le decisioni: per esempio, a un paziente che ha pochi mesi di vita davanti ha senso proporre di iniziare la dialisi senza informarlo dell aspettativa di vita, degli effetti collaterali e delle possibili alternative? È necessario formare i medici, renderli più consapevoli che le scelte che compiono non sono solo tecniche ma appartengono anche a un mondo valoriale. Se no, i medici rischiano di essere una classe inconsapevole, una classe di tecnici che sta solo usando la tecnica. Porsi queste domande, essere in grado di leggere i segni e discuterne con il paziente che si segue è invece un elemento imprescindibile. Per esempio, un documento relativamente recente della Siaarti (Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva) dedicato ai malati in fase terminale con insufficienza d organo faceva riferimento al concetto di domanda sorprendente. Quando visiti un malato si legge nel documento domandati se saresti sorpreso se morisse entro pochi mesi. Se la risposta è no dai la precedenza alle sue preoccupazioni, al controllo dei sintomi, all aiuto alla famiglia, alla continuità delle cure, al supporto spirituale. Per eliminare paure e ansie, i malati cronici devono capire cosa sta accadendo. Quando vedi un malato sufficientemente malato per morire, parlagli, aiutalo e discuti con lui di questa possibilità. Bisogna lavorare sulla formazione, dunque. Ma quali dovrebbero essere gli ingredienti essenziali di un percorso formativo in cure palliative? Di certo servirebbe una formazione specialistica in cure palliative in grado di dar vita a nuovi specialisti in questa branca, poiché oggi ne sentiamo una grave carenza. Tuttavia, credo che sia necessario anche formare a un approccio palliativo gli altri specialisti. Per farlo sono richieste competenze tecniche di base forti, ma anche competenze filosofiche, umanistiche, bioetiche, spirituali, comunicative. Se sui medici c è ancora da lavorare, i cittadini le sembrano pronti ad affrontare con serenità il tema del fine vita? La percezione che ho (ma si tratta soltanto del mio percepito) è che la gente sia curiosa, interessata e ci faccia i conti più di quanto la classe medica pensi. La gente ha voglia di fare riflessioni su questo. Ma da qui a esprimere le DAT la strada da fare è lunga ed è necessario dunque anche un educazione per i cittadini. Ancora una volta torna in scena il medico che, prima ancora di arrivare nella fase terminale della malattia, deve aiutare i cittadini a capire quali sono i propri diritti, chiarire le opzioni disponibili e accompagnare nella scelta. Bibliografia Gazzetta Ufficiale. Legge n 219 del 22 dicembre Al di là delle convinzioni etiche, religiose e personali che indubbiamente pesano sul giudizio dell uomo e del professionista rispetto a questa legge, un problema non trascurabile emerge dalla lettura dell articolo 1, comma 6: Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali. Il primo passaggio sul consenso al trattamento introduce un concetto pericoloso per la libertà professionale del medico in quanto lo vincola a eseguire disposizioni del paziente e, in aggiunta, non enuncia esplicitamente se il rispetto delle volontà si riferisca a comportamenti attivi o passivi del medico. Un conto è lasciar andare il malato evitando l accanimento terapeutico, un conto è, per esempio, procedere attivamente a un estubazione su espressa richiesta. Questo vincolo pone un elemento di difficoltà sia sotto il profilo professionale sia sotto quello umano. È pur vero che il testo successivo del comma riconcilia il vincolo al rispetto della volontà del paziente con l obbligo al rispetto delle norme di legge e della deontologia. Illustri giuristi con cui ho avuto occasione di confrontarmi sono del parere che il secondo periodo del comma 6 non sia sufficiente per poter giungere ad intravvedere un riferimento, da parte del legislatore, a una specie di obiezione di coscienza. Il diritto del paziente è certamente preservato, ma così non si considera per nulla diritto del terapeuta a poter rifiutarsi di attuare un comportamento contrario alle proprie convinzioni e alle proprie scelte etiche. Oltre a questi aspetti di merito, l articolo specifico e la legge nel suo insieme mi lasciano perplesso come espressione di un approccio riduttivo alla professione. Il medico rischia di diventare esecutore di regole prestabilite piuttosto che terapeuta con ampia possibilità di determinare il proprio agire. Contro questo approccio tecnocratico, che ritengo profondamente sbagliato, mi sono sempre battuto. Come OMCeO di Milano contiamo di riprendere il dibattito sulla legge 219 in future occasioni sia su InFormaMi sia in altre opportune sedi

48 clinicommedia ieri TEMPO MEDICO 1973 maggio La malata poco loquace 38 InFormaMI

49 Rileggere casi clinici di alcuni decenni fa pubblicati sulla rivista Tempo Medico (Edizioni Edra, illustrati dalla mano di Crepax, e vederli con gli occhi di oggi. Leggete Clinicommedia ieri poi voltate pagina e vivetela oggi

50 clinicommedia oggi commento a cura di marica eoli Unità operativa neuroncologia molecolare IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta Quando l esame obiettivo ha ancora la sua importanza Perché non visitare la paziente prima di prescrivere gli esami? È la domanda che oggi, come 45 anni fa, ci si pone di fronte al caso di mamma Lucia. Il riscontro di ptosi palpebrale, disfagia, disfonia con segni di esauribilità muscolare avrebbe portato subito a sospettare una causa neurologica del malessere e il caso sarebbe stato rapidamente risolto, chiedendo alla paziente se i disturbi variavano nel corso della giornata. Non sono tanto i sintomi, ma il loro andamento nel tempo a suggerire la diagnosi di una sindrome miastenica. È successo anche altre volte: quando parla più a lungo non mi riesce di capire narra il medico curante ed è questa l osservazione che porta alla risoluzione del caso. La ptosi palpebrale conferma il sospetto; in circa i due terzi dei pazienti miastenici si osservano sintomi oculari come ptosi e diplopia senza alterazione delle pupille. I sintomi bulbari sono presenti in circa il 10-15% dei soggetti e, a differenza di quanto narrato, la disfagia più frequente è quella per i liquidi non per i solidi. La difficoltà a inghiottire è, infatti, dovuta alla debolezza dei muscoli della lingua e della faringe; dato l interessamento preferenziale del palato molle, il paziente può riferire rigurgito di liquidi nel naso. Attilio e i suoi colleghi si erano, invece, concentrati attorno a un altra triade, disfagia perdita di peso e possibile anemia che li aveva portati a sospettare la sindrome di Plummer Vinson. Chiamata anche sindrome di Paterson Kelly, è caratterizzata dalla classica triade: disfagia, anemia sideropenica e membrane esofagee. È estremamente rara e di solito colpisce donne tra la quarta e la sesta decade di vita. Non dimentichiamo però che anche la miastenia ha una distribuzione bimodale per quanto riguarda l età: intorno ai 30 anni e dai 50 anni in poi. L assenza di anemia sideropenica, che è ritenuta la causa principale della sindrome di Plummer Vinson esclude oggi, come nella clinicommedia, la diagnosi. I successori di Attilio avrebbero, però, aggiunto altri esami ematochimici a quelli richiesti all epoca: la ricerca degli anticorpi contro il recettore dell acetilcolina (AChR), anti Musk e anti LRP4. In più dell 85% dei soggetti con miastenia generalizzata e tra il 30 e il 50% di quelli con miastenia oculare si riscontrano anticorpi contro il recettore dell acetilcolina, la specificità dell esame è molto elevata. Più rari, presenti in meno del 10% dei soli soggetti con forma generalizzata, sono gli anticorpi anti Musk, di solito associati alle forme più gravi di malattia con interessamento della muscolatura bulbare, come nel caso di mamma Lucia. In circa il 7% dei miastenici con forma generalizzata ritenuti sieronegativi sono stati recentemente osservati anticorpi contro LRP4, uno dei recettori delle lipoproteine a bassa densità che lega l agrina, proteina essenziale per la formazione e il mantenimento della giunzione neuromuscolare. Infine i colleghi del 2018 di Attilio avrebbero prescritto a mamma Lucia una TC o una RMN del torace per ricercare un possibile timoma. Il timoma è riscontrato in circa il 15% degli individui dopo la diagnosi di miastenia, si tratta di solito di forme generalizzate con presenza di anticorpi anti AChR. 40 InFormaMI

51 storia e storie Ugo garbarini 1964, tanti cambiamenti in un solo anno Il trasferimento in Via Lanzone è la metafora di un momento in cui si succedono grandi mutamenti: dall inquadramento carrieristico ed economico agli equilibri ordinistici a livello nazionale e locale Il sagrato e la basilica di Sant Ambrogio ( ) La sede nuova nella vecchia Milano L Ordine è in via Podgora 11 sino ad aprile quando si trasferirà in via Lanzone 31. Il palazzo che lo ospita, Casa Volonteri, è opera del Sommaruga, maestro del liberty, che lo costruì nel 1906, forse su un precedente palazzetto della fine del 600. La bella facciata e il cortile colonnato gli danno un aspetto di indubbia nobiltà confermato dalla presenza del biscione visconteo posto su un arcata del cortile arricchito da piante rigogliose. Non ne conosco la storia ma chi ha sicuramente il diritto di fregiarsi dello stemma visconteo è un palazzo sito più avanti, sempre lungo la via Lanzone, per l appunto Palazzo Visconti opera di Giuseppe Meda. Apparteneva a Francesco Bernardino Visconti, forse l Innominato manzoniano. Del palazzo, la guerra ha risparmiato solo la magnifica facciata. La zona è bella e antica ed è prossima alla Pusterla Vercellina e all insigne Basilica martyrum poi dedicata ad Ambrogio che la fondò su un area cemeteriale paleocristiana. Vie, vicoli e strette sono testimoni dell antichità di questo pezzo di Milano: il vicolo delle Monache, che congiunge l attuale via De Amicis (già strada del Ponte dei Fabbri quindi dal 1910 Strada Vittoria) con la via Lanzone; lo strettone di Sant Agostino che unisce la via con la basilica ambrosiana e prende il nome da una chiesuola, prospiciente la sede dell Ordine, sulla quale si trova una lapide testimone che Divus Augustinus, per sanctum Ambrosium evocatus, hic unda celesti abluitur anno Domini CCCLXXXVIII. È un falso storico, essendo stato, il santo, battezzato da Ambrogio nel Battistero di San Giovanni alle Fonti, che stava dietro alla Basilica Nova detta anche major o aestiva, dedicata, dopo il V secolo, a Santa Tecla. Lasciando la storia e ritornando alla nostra cronaca, agli abilitati provvisori viene conferita l abilitazione definitiva cui consegue un intenso movimento burocratico per avere il pezzo di carta da appendere nello studio

52 storia e storie Tra comparaggi, compensi e tributi Un pacco di pasta è stato inviato ad alcuni medici da parte di una casa farmaceutica. La stampa ne parla scandalizzata. Non è comparaggio, decide il Consiglio dell Ordine perché i medici non ne erano stati preavvertiti e poi perché, udite udite, il valore dell omaggio corrispondeva a quello di qualunque oggetto pubblicitario. Dopo il rumoreggiamento mediatico ci si aspettava qualcosa di più, per esempio lo stigmatizzare il modo di fare informazione scientifica di un farmaco. Anni dopo, all epoca dello scandalo del Tagamet, un procuratore della Repubblica considererà comparaggio anche l omaggio di una penna a sfera tipo Bic. Il Consiglio prende posizione contro la ripartizione dei compensi mutualistici ai medici ospedalieri deliberata in Comitato Centrale che, se accettata dal Ministero della Sanità, farebbe sì che l ingiusto concetto della ripartizione per percentuali aggraverebbe ancor più le sperequazioni e le discriminazioni economiche in atto nei riguardi degli Aiuti e Assistenti ospedalieri degli ospedali milanesi. Vigeva allora, in alcuni reparti se non in tutti, una suddivisione dei compensi fissi di tipo schiavistico : 64 o 32 quote, e via così, al primario, due all aiuto, una all assistente! Non ricordo cosa facesse il mio primario, persona proba con un profondo senso etico. Ricordo solo che quando ricevevo i famosi compensi mutualistici era festa grande. Intanto nel Comitato Centrale entra Raimondo Bariatti. Il 20 marzo, sciopero per la questione tributaria. Due medici sono convocati perché non vi hanno partecipato. In aprile, nel congresso straordinario FIMM (Federazione Italiana Medici Mutualisti) riunitosi a Milano, si minaccia il ricorso all azione sindacale entro il 31 maggio se le richieste rimarranno inascoltate. Si associa anche l AMMM (Associazione Milanese Medici Mutualisti). Clima caldo in assemblea Il 29 maggio al Monteggia, mitica sede dei moti medici, la Sala della Pallacorda della professione, si tiene una gremitissima assemblea straordinaria. Si vota un ordine del giorno in cui si rigetta l ipotesi del blocco di due anni di laurea per il perfezionamento post universitario, l ipotesi dei rapporti vigenti in tema di massimale, l unificazione degli albi mutualistici. Si deplora che nulla sia stato intrapreso per il settore ospedaliero e che nessuna rivalutazione economica sia stata prospettata. Pertanto si respinge l accordo così come formulato e si richiedono nuove trattative in sede provinciale per ottenere, tra le altre rivendicazioni, anche quella della sburocratizzazione, la rivalutazione economica con l aggancio alla scala mobile e della liberalizzazione della specialistica. Anche gli ospedalieri presentano le loro rivendicazioni: l accordo rifiutato prevede l incompatibilità tra la stabilità di carriera e l iscrizione agli albi mutualistici, specialistici e generici, misura che, in assenza di un adeguamento economico, rischierebbe di vuotare gli ospedali. Nel frattempo, è pubblicato lo stato giuridico del personale sanitario ospedaliero: tutti a casa a 65 anni, tre anni di prova per gli assistenti, due per gli aiuti e i primari, vietata la libera professione in concorrenza con la struttura ospedaliera. I dipendenti, aiuti e assistenti, possono essere a domanda o d ufficio trasferiti da uno ad altro servizio affine. Quell aggettivo affine potrebbe rappresentare una vittoria e la fine di un incubo perché, prima di allora, non era evenienza rara che l internista potesse finire in chirurgia e viceversa. Il Consiglio dell Ordine respinge l accordo del 17 maggio sottoscritto al contrario dal Comitato Centrale e nell assemblea straordinaria del 29 maggio prima citata manifesta la propria meravigliata insoddisfazione per la procedura, per lo meno sommaria, con la quale il testo dell accordo è stato portato all esame ed alle decisioni del Comitato Centrale. Rileva e denuncia i contenuti dell accordo che respinge così come formulato e fissa l inizio di nuove trattative non oltre il 20 giugno con conclusioni di queste entro il 31 ottobre. Queste vicende avevano determinato la caduta traumatica del Direttivo del Comitato Centrale per il rigetto, da parte del Consiglio Nazionale, dell accordo mutualistico del 17 maggio. Trattative Roma-Milano Il 5 luglio, il Comitato Centrale, dopo votazione si dà un nuovo Presidente nella persona di Bariatti. Ne dà notizia con grande risalto la prima pagina del Bollettino di luglio-agosto. Le associazioni sindacali, soprattutto le 42 InFormaMI

53 Trattative inconcludenti, assemblee straordinarie, consigli tumultuosi milanesi hanno, alla fine, trovato, si parva licet, il loro Alberto da Giussano, il loro Garibaldi, il loro Cavour. Sarà il loro Badoglio. Bariatti in questa veste è a Roma ove si svolgono frenetiche trattative. Il 26 giugno, chiede che il Consiglio dell Ordine affidi a lui o al vicepresidente un preciso mandato. Meglio al vice perché parteciperà in sua vece al Consiglio Nazionale dato che egli, come membro del Comitato Centrale, preferisce non presentarsi come rappresentante di Ordine. Questa motivazione, col senno di poi, dà adito a qualche sospetto: lui, da Milano, aveva una consegna ben precisa quella di rigettare l accordo così come formulato, anche con le nuove clausole proposte; in caso di accettazione dell accordo da parte della maggioranza del Consiglio Nazionale, presentare un o.d.g. vincolativo tendente a una soluzione soddisfacente in merito alla questione fiscale. Il 6 novembre è indetta un assemblea straordinaria. In questa, si decide di non decidere: si sospende lo stato di agitazione, rimandando ogni decisione a quella straordinaria del 18 novembre di cui, nel Bollettino, non esiste traccia quasi fosse stata operata una censura. Nel Consiglio ordinistico del 13 novembre, Bariatti riferisce di avere abbandonato la sede ministeriale nel corso delle trattative e di essersi dimesso da presidente della Federazione e di volersi dimettere da presidente dell Ordine a causa di frasi offensive rivolte dal ministro del lavoro (Giacinto Bosco, quello della sanità era Giacomo Mancini) a tutta la categoria. Respinte le dimissioni e sospeso il consiglio, Bariatti torna a Roma insistentemente invitatovi, sempre con lo stesso preciso mandato da parte dell Ordine milanese. Ancora in novembre, nel Consiglio, diretto dal vicepresidente Giandoso, si riporta l esito delle trattative con l approvazione degli accordi da parte del Consiglio Nazionale e la conseguente firma del presidente Bariatti. Il Consiglio disapprova l accordo e accetta all unanimità le dimissioni di Bariatti confermando e convocando l assemblea straordinaria per il 18 novembre. Si era malamente risolto un palese conflitto di interesse e Bariatti non ne era uscito bene. Ricordo quell assemblea al Monteggia per il suo clima tumultuoso e per il suo affollamento. Passò alla storia per la citazione dei pacta sunt servanda continuamente ripetuta da un Bariatti, fortemente imbarazzato, incapace di giustificare il suo comportamento romano dinanzi a un assemblea inferocita. Un mandato fallimentare Quali patti erano da onorare? Quelli di Milano o quelli di Roma? Bariatti aveva sottoscritto, come presidente della Federazione quell accordo, questa volta accettato dal Consiglio Nazionale ma sempre rigettato da Milano. L assemblea si era conclusa in un clima acceso a dir poco con i medici che, al termine, sciamavano per i viali dell ospedale Maggiore, commentando ad alta voce i fatti straordinari cui tutti erano stati testimoni. L unanime decisione fu che almeno per quanto riguarda il settore della generica di respingere gli accordi stessi e di demandare ai Sindacati ogni decisione. Era la dichiarazione di guerra. La storia la troviamo riassunta nella relazione di Benedetto Rossi nell assemblea ordinaria del gennaio Il neopresidente, non poco reticente, la sintetizza: Le tre assemblee straordinarie dell Ordine rispettivamente del 29 maggio, del 6 novembre e del 18 novembre 1964 fanno già da sole la storia, in vero un po movimentata del nostro Ordine. Dopo l ultima assemblea del 18 novembre, il professor Raimondo Bariatti ha rassegnato le sue dimissioni da presidente dell Ordine dei Medici di Milano (il cui mandato aveva eluso, ndr). Il Consiglio nella successiva seduta le ha accettate all unanimità e in quella del 1 dicembre ha voluto onorarmi della sua fiducia affidandomi unanimemente questo difficile e oneroso incarico. Bariatti rimaneva consigliere dell Ordine di Milano (peraltro senza più partecipare alle sedute di consiglio) e presidente della FNOOMM (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici). La singolarità della vicenda è che Raffaele Chiarolanza era stato dimesso a opera di un movimento capeggiato proprio da Bariatti e da numerosi Ordini per avere sottoscritto per eccesso di potere un contratto nazionale non accetto. Bariatti ricalcò le sue orme, sottoscrivendo una convenzione che si rivelò pressappoco uguale nei suoi aspetti negativi alla precedente, respinta e poi accettata dal Consiglio Nazionale. Stemperata nel tempo la forte carica emotiva assembleare di tutti noi che ci sentivamo traditi dal nostro presidente, è onesto rilevare una netta differenza tra il comportamento di Chiarolanza e quello di Bariatti: il primo, evidenziando un vero abuso di potere, sottoscrisse un accordo rigettato dal Consiglio Nazionale, il secondo firmò l accordo questa volta accettato dallo stesso. Dimenticò semplicemente che si trovava in quella posizione apicale solo per i voti dei colleghi di Milano per cui meglio avrebbe fatto per tutela della sua dignità a dimettersi da presidente della Federazione

54 storia e storie Nicoletta Scarpa Un secolo di neuroscienze Quest anno l Istituto Carlo Besta di Milano compie cento anni. Un anniversario importante per un Istituto che ha da sempre integrato attività clinica e ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze. Negli anni ha maturato una sempre maggiore esperienza raggiungendo specificità e competenza che lo hanno portato a distinguersi a livello sia nazionale sia internazionale Inaugurazione della sede di via Celoria, L istituto venne fondato in tempo di guerra, più precisamente nel 1918, dal medico Carlo Besta. Era necessario istituire un nuovo centro per la cura e la riabilitazione dei soldati con danni neurologici. Secondo quando riportato nella biografia scritta da Franco Arosio, Carlo Besta richiamato alle armi con il grado di maggiore medico dell esercito all inizio della prima guerra mondiale fu molto attivo nella cura dei feriti cerebrali, accolti presso l Ospedale militare della Guastalla. Con la conclusione delle operazioni belliche sul fronte orientale (1918), l attività di questo centro di cura declinò gradualmente. L interruzione dell attività dell ospedale militare coincideva con un momento di grande fermento per la ricerca clinica e per la cura dei feriti. A causa della guerra ci si trovava di fronte a casi complessi, che richiedevano una stretta collaborazione tra medici di discipline diverse, ma per poter continuare a prendersi carico dei feriti cerebrali era necessario organizzare un nuovo centro attrezzato e specializzato. Carlo Besta si fece così promotore di questa iniziativa. L idea originale era dare vita a tre centri specializzati nelle neuroscienze: uno per l Italia settentrionale, uno per l Italia centrale e uno per l Italia meridionale. Di fatto però venne realizzato solo quello di Milano, che nacque l 8 giugno del 1918, ma fu inaugurato ufficialmente il 29 gennaio La prima sede fu presso villa Marelli (viale Zara), dove fu possibile istituire un reparto di neurochirurgia, una sezione radiologica, affidata a Fermo Mascherpa Carlo Besta ufficiale medico. 44 InFormaMI

55 (successivamente considerato uno dei padri fondatori della neuroradiologia moderna) e un laboratorio chimico. Lo spazio consentiva di ospitare una quarantina di pazienti. Nel 1923, con Decreto n. 974, l Istituto fu classificato fra le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, assumendo la denominazione di Istituto neurobiologico pro feriti cerebrali Vittorio Emanuele III ed estendendo la propria assistenza ai feriti di pace. Besta assunse la direzione scientifica dell Istituto. Guido Cagnola invece fu il primo presidente dell Istituto, cui seguirono Augusto Murri ( ) e quindi Piero Puricelli ( ). La sede di Via Celoria Gli anni Trenta furono importanti per lo sviluppo dell Istituto: l inaugurazione della nuova sede in via Celoria (1932), decisamente più ampia della sede originaria, diede infatti la possibilità di ospitare attrezzature diagnostiche e terapeutiche all avanguardia e di avviare la neuroradiologia, la neurochirurgia (anche grazie all introduzione del bisturi diatermico, dei mezzi antisettici e della nuova tecnica anestetica) e la neuropsichiatria infantile. L Istituto poté quindi confrontarsi con analoghi centri neurologici internazionali: il National Hospital di Londra, l Istituto neurologico di New York e il Montreal Neurological Institute. Alla morte prematura di Carlo Besta (1940) gli succedette uno dei suoi stretti collaboratori, il primario neurologo Giuseppe Vercelli. Seguirono quindi anni difficili: nel 1943 l Istituto di via Celoria venne danneggiato gravemente dai bombardamenti aerei e fu così necessario il trasferimento presso l Ospedale di circolo di Vaprio D Adda, fino al termine della guerra. In via Celoria rimase solo un servizio ambulatoriale. Nel 1945 venne via via ripresa e portata avanti con successo l impostazione operativa originale con lo sviluppo e l interrelazione delle diverse attività neurologiche. Nel 1950, dieci anni dopo la morte di Besta, venne riconosciuto al suo fondatore un ruolo primario sia nella moderna neurologia italiana sia nella affermazione di un modello di struttura medica centrata sulla cura delle malattie organiche del sistema nervoso e sullo sviluppo delle conoscenze neurologiche. Venne così deciso di cambiare la denominazione da Istituto neurologico pro feriti cerebrali Vittorio Emanuele III in Istituto neurologico Carlo Besta. Dal 1950 a oggi Nel 1952 l allora Alto Commissariato per l igiene e la sanità promosse il Besta a Istituto specializzato per carattere scientifico riconoscendone ufficialmente i suoi meriti nel campo dell assistenza e degli studi neurologici, della sua attività di neuroradiologia e delle sua particolari iniziative nell ambito dell assistenza neuropsichiatrica dell infanzia. La capacità di coniugare attività clinica con la più avanzata ricerca scientifica è ancora oggi il suo punto di forza e per tale caratteristica nel 1981 è stato classificato come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) per poi divenire nel 2006 Fondazione IRCSS. Nel corso del secolo il Besta è rimasto fedele all obiettivo originale: svolgere attività di ricerca e cura nel campo delle neuroscienze, per un continuo miglioramento dell efficacia terapeutica e assistenziale. La Fondazione si conferma un centro di eccellenza e un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale. Per il prossimo futuro sono previsti ulteriori ampliamenti. Secondo quanto riportato sul sito della Fondazione, Istituto Besta e Istituto dei tumori diventeranno un sistema pubblico integrato. Un punto di riferimento di avanguardia in ambito oncologico e neurologico, al servizio del paziente. Il progetto prevede la creazione nell area ex Falck di una Città della salute e della ricerca, un ospedale modello il cui obiettivo principale è la cura del paziente, con spazi dedicati all accoglienza dei malati e dei loro parenti. Il 1 ottobre 2013 è stata firmata la convenzione tra il comune di Sesto San Giovanni e la Regione per la cessione degli spazi all interno delle aree ex Falck su cui sorgerà la Città della salute e della ricerca. La fine dei lavori è prevista nel L architetto Renzo Piano illustra il progetto della Città della salute. Bibliografia Arosio F Istituto Nazionale neurologico Carlo Besta Fondazione IRCCS. Istituto neurologico Carlo Besta

56 Da leggere, vedere e ascoltare DA leggere Mammografia: la diagnosi precoce è sempre utile? A chi è rivolto Ai professionisti sanitari, ma anche a persone comuni che vogliono saperne di più sulla reale efficacia della mammografia per curare o prevenire il tumore al seno. Gli autori Eugenio Paci è Direttore della UO di Epidemiologia Clinica e Descrittiva dell Istituto per lo Studio e Prevenzione Oncologica di Firenze, membro del board nazionale dell Osservatorio Nazionale Screening e Direttore Scientifico della rivista Epidemiologia e Prevenzione. In breve La pratica dello screening si inaugurò negli anni Ottanta, con la speranza di sconfiggere il cancro, senza avere le idee ben chiare sulle possibili conseguenze. All inizio, concetti come sovradiagnosi o sovratrattamento non erano contemplati. Si credeva che l unico svantaggio fossero gli errori o i falsi positivi, che si potevano oggettivamente misurare, mentre altri problemi, come il trattamento di forme di cancro che forse, senza l esame, non si sarebbero riscontrate e tantomeno trattate, non venivano presi in considerazione, perché difficilmente quantificabili. Successivamente è emersa la difficoltà di trovare un equilibrio tra i vantaggi della prevenzione e i rischi dell intervento medico. Un equilibrio in cui si gioca il confine tra salute e malattia. Commento Paci cerca di ripercorrere le vicende che hanno portato alla pratica della mammografia organizzata, indicando il cammino che dovrebbe intraprendere la Sanità Pubblica: si dovrebbe tenere conto tanto dell efficacia di questi test quanto del rischio di sovradiagnosi e trovare il giusto punto di equilibrio. La controversia tra clinici ed epidemiologi sulla necessità e utilità della mammografia di screening è ancora molto accesa e crea incertezze non solo a livello scientifico, ma anche divulgativo e comunicativo. Il libro in una frase Lo screening organizzato ha contribuito a inserire il rapporto tra medici e donne in un processo oggettivabile di comportamenti professionali, costringendo all uso di procedure efficaci ed efficienti, attente alla riduzione del danno di popolazione. Ha così contribuito a togliere alla tecnologia il suo ruolo di superstar, la sua capacità di essere essa stessa ciò che dà significato all atto medico. DA leggere Non ho l età o forse sì? A chi è rivolto A tutti, in particolar modo medici, operatori socio-assistenziali, politici e persone comuni che seguono famigliari anziani. Gli autori Giancarlo Schiavi, editorialista del Corriere della Sera ha scritto numerosi libri tra cui Medici umani, pazienti guerrieri (con Gianni Bonadonna) e Controvento (con Ambrogio Fogar). Carlo Vergani, geriatra, è fondatore del Centro Geriatrico del Policlinico di Milano. Ha pubblicato La nuova longevità ed è coautore di Ancora giovani, per essere vecchi. In breve Nel 2050 oltre 20 milioni di italiani avranno più di 65 anni. E, per la prima volta nella storia dell umanità, gli ultrasessantacinquenni saranno più numerosi dei bambini di età inferiore ai 5 anni. Questo tsunami grigio dell invecchiamento globale non può passare inosservato, gli anziani non possono più essere considerati un fardello da sopportare o sistemare in qualche casa di riposo. La medicina, la scienza e la società si trovano di fronte a una sfida importante: mettere al centro le persone anziane come attori presenti che possono contribuire al benessere della comunità, ma anche pazienti a cui vanno dedicati approcci terapeutici diversi che prendano in considerazione malattia e stato d animo, le due faccie della stessa medaglia: soprattutto nell anzianità una influisce sull altro. L obiettivo adesso non è vivere più a lungo, perché questo traguardo la medicina moderna lo ha già raggiunto. Ma è vivere meglio, e trovare le ragioni per farlo. Commento Con una scrittura piacevole e leggera che enfatizza la profondità dell argomento, gli autori ci accompagnano alla riscoperta della terza età (ma forse anche quarta o quinta). Tra queste righe emerge l approccio debole che Società e Medicina hanno dedicato al tema dell anzianità considerandola la prima come un costo sociale, la seconda come una patologia cronica. C è ancora molto da fare e poco tempo da perdere. Il libro in una frase Oggi un esercito di quelli che abbiamo sempre chiamato anziani può legittimamente affermare: Non ho l età per essere messo da parte, non ho l età per essere considerato un vuoto a perdere, non ho l età per essere escluso dalla vita sociale. Titolo Mammografia - Emozioni, evidenza e controversie scientifiche nella diagnosi precoce del tumore al seno Autori Eugenio Paci Editore Il Pensiero Scientifico Editore Formato Cartaceo, 140 pagine Anno 2017 Prezzo 15,00 euro Titolo Non ho l età - Storie, scienza e speranze della nuova longevità Autori Giancarlo Schiavi, Carlo Vergani Editore Centauria Formato Cartaceo, 139 pagine Anno 2016 Prezzo 13,90 euro 46 InFormaMI

57 DA leggere La cultura classica spiegata da un non classicista A chi è rivolto Al grande pubblico ma soprattutto a studiosi, docenti, ricercatori e scienziati. L autore Lucio Russo, storico della scienza, si è occupato a lungo di meccanica statistica e calcolo della probabilità. Ha scritto diversi libri tra cui La rivoluzione dimenticata (Feltrinelli, 2013), Stelle atomi e velieri (Mondadori, 2015). In breve In un periodo in cui l analfabetismo scientifico sta superando la conoscenza scientifica e i saperi di immediata utilità, come la tecnologia e l economia moderna, stanno assumendo il ruolo di protagonisti a tutti i livelli, dalle scuole superiori all Università, un non classicista come Lucio Russo, studioso della storia della scienza, fa luce sull importanza degli studi classici non solo come sapere fondamentale per capire il nostro passato, ma soprattutto quale fondamento della conoscenza. Dall arte alla lingua, dalla matematica alla fisica, tutto ciò che sappiamo oggi affonda le proprie radici nella cultura classica, di cui purtroppo, avverte l autore, ci stiamo dimenticando. Pare che nel mondo super connesso e super veloce non ci sia spazio per i saperi antichi, mentre si prediligono conoscenze utili nell immediato, come il marketing e la tecnologia, che hanno come effetto quello di soddisfare un bisogno del momento ma rischiano, con il loro dilagare, di depauperare la cultura moderna delle sue radici. Commento Con questo libro Lucio Russo sottolinea, da una parte, l estrema attualità della cultura classica, e dall altra, il fatto che nel mondo di oggi questa cultura stia lentamente sbiadendo. Per Russo il metodo scientifico è figlio della cultura classica ma purtroppo il progressivo distacco in corso ha ricadute negative sul metodo utilizzato da molti ricercatori moderni. Molti fisici non solo confondono modelli e realtà, ma molte teorie fisiche sono validate con regole interne e con principi estetici. In pratica non si è più, come un tempo, alla ricerca di teorie che spieghino i fenomeni ma, al contrario, si cercano fenomeni che validino teorie. L unica cultura che ha generato scienza è quella greca, che si basa sulla logica e sulla laicità. Ed è su questa che la ricerca scientifica di oggi deve tornare a basarsi. Il libro in una frase La cultura classica, se rivisitata, potrebbe assumere di nuovo, pur se in modo diverso, quel ruolo unificante svolto in passato e per il quale non è mai stato trovato un valido sostituto. Titolo Perché la cultura classica La risposta di un non classicista Autore Lucio Russo Editore Mondadori Formato Cartaceo (224 pagine) ed ebook Anno 2018 Prezzo 15,00 euro DA ascoltare Il rap per vincere la prigione dell Io A chi è rivolto A chi vuole testi intensi e intelligenti, in questo caso scritti e cantati nella forma del rap. L autore Caparezza, il rapper pugliese dallo stile eclettico e sempre pronto a rinnovarsi. In breve Caparezza, ma forse dovremmo dire Michele Salvemini, perché è proprio su questa dualità che si basa il concept, sulla non facile convivenza tra persona (Michele) e personaggio (Caparezza). Lo stesso titolo riprende questo binomio: Prisoner 709 indica il trovarsi ingabbiato nel dover essere Michele (sette lettere) o (congiunzione rappresentata dallo zero) Caparezza (nove lettere). Partendo da un momento di confusione sulla propria identità e dal non riuscire più a riconoscersi (da qui il brano d apertura Prosopagnosia), l album costituisce una sorta di autoanalisi. Caparezza cerca di uscire dalla crisi contingente nata da un disturbo fisico, l acufene, diventato insopportabile dopo il tour del La malattia lo fa sentire in prigione e quando scopre che non c è cura il mondo gli crolla addosso, come ad Atlante, cui si paragona nella terza traccia. Di fronte allo sconforto, però, il rapper non si arrende e continua a lavorare, utilizzando la musica come una sessione di psicoterapia in cui far fluire i propri pensieri (Forever Jung, quarta traccia). Commento Attraverso le varie fasi della prigionia in cui Caparezza vive dal momento in cui l acufene l ha colpito, si toccano diversi temi: dalla religione al mondo discografico, passando per le tante citazioni colte cui l autore ci ha abituati. Si tratta quindi di un album autobiografico, ma non soltanto autoreferenziale. L ascolto richiede una certa dose di concentrazione, ardua da mantenere nel mondo di oggi. Il risultato è che la fruibilità del disco viene in parte minata. Chi si sforzerà di porvi attenzione, però, troverà sedici tracce tanto intimiste quanto profonde. L album in un brano In Larsen Caparezza si rivolge direttamente al suo disturbo personificandolo, fino ad arrivare alla consapevolezza che: Fischia l orecchio, infuria l acufene / Nella testa vuvuzela mica l ukulele / La mia resistenza è quella zulu: cede / Se arriva Larsen te lo devi tenere. Convivere con l acufene è purtroppo l unica soluzione, ma per fortuna, grazie al rap, si può arrivare alla sua accettazione, espressa nell ultima traccia Autoprosopagnosia che chiude il cerchio aperto a inizio album. Titolo Prisoner 709 Autore ed esecutore Etichetta Produzione Caparezza con la partecipazione di John De Leo, DMC, Max Gazzè Universal Caparezza Pubblicazione 15 settembre 2017 Album, durata 16 brani, 1 ora e 5 minuti Singoli Ti fa stare bene e Una chiave

58 Da leggere, vedere e ascoltare DA vedere Contro le discriminazioni e la disinformazione sull AIDS DA vedere Wonder: guardare il diverso con occhi nuovi Act Up Paris - Gay pride. A chi è rivolto Al grande pubblico. Il regista e il cast Partendo dalle sue esperienze personali come membro attivo di Act Up-Paris, Robin Campillo ricostruisce le vicende del gruppo promotore di efficaci campagne informative sull AIDS nei primi anni novanta. Il risultato è un film diretto e semidocumentaristico, con forti connotati autobiografici. I due protagonisti maschili all interno del collettivo portano il volto di Arnaud Valois e Nahuel Pérez Biscayart. In breve Francia, inizio degli anni novanta. Mentre l epidemia di AIDS miete sempre più vittime, gli attivisti di Act Up-Paris cercano di sensibilizzare con le loro azioni le istituzioni e l opinione pubblica sulle condizioni dei malati e sull importanza della prevenzione e della corretta informazione. Sullo sfondo, la storia d amore tra Nathan, neofita nel movimento, e il militante veterano Sean, che deve confrontarsi con i segni della malattia. Commento Nonostante la ricerca medica progredisca, ieri come oggi, sui malati di AIDS continuano a pesare i pregiudizi e lo stigma sociale. Il film di Campillo ha il pregio di coinvolgere lo spettatore come parte attiva di una minoranza discriminata ma capace di rompere il muro di silenzio con l arma più efficace: la comunicazione. In un clima dove disinformazione, omofobia e ignoranza scientifica sono dilaganti e contribuiscono all espansione dell epidemia, le scene corali si articolano tra dibattiti accesi in aula e azioni concrete sul campo. Le battaglie pubbliche si intrecciano inevitabilmente con quelle private, in cui l AIDS e i suoi effetti sono messi in scena senza retorica. Il film in una scena Thibault, presidente di Act Up-Paris, introduce così il manifesto del movimento ai nuovi membri: Act Up è un associazione nata all interno della comunità omosessuale per difendere i diritti di chiunque abbia l AIDS. Attenzione però: non è un associazione di sostegno ai malati. È un gruppo di attivisti. A chi è rivolto Alle famiglie e al grande pubblico. Il regista e il cast Stephen Chobsky, a cinque anni dal successo di Noi siamo infinito, torna sulle scene con un film toccante (adattamento del bestseller omonimo di R.J. Palacio) che racconta la storia di Auggie Pullman, un bambino affetto da sindrome di Treacher Collins, alle prese con la sua prima esperienza in una scuola pubblica. A fianco del piccolo protagonista, nel ruolo di genitori premurosi e comprensivi, due volti conosciuti: Julia Roberts e Owen Wilson. In breve August, detto Auggie, ha dieci anni ed è nato con una grave anomalia cranio-facciale per cui ha dovuto subire numerosi interventi per correggere la disostosi. Protetto dall amore della sua adorabile famiglia, ha trascorso l infanzia studiando privatamente tra le mura domestiche. Ma arriva per lui il momento di affrontare la scuola e i coetanei per la prima volta. Riuscirà Auggie, che ha un carattere ironico e tenace, a farsi accettare dagli altri con la sua diversità? Commento Auggie non può essere diverso da come appare, ma forse passiamo modificare noi il modo di guardarlo dice il preside della scuola a Julian, il bullo che ha preso di mira il protagonista. Classico racconto di formazione per i più giovani, Wonder cerca da una parte di educare lo sguardo dello spettatore al diverso ma dall altra offre nuovi punti di vista (non solo quello del protagonista) sia sui problemi di integrazione sia sui pregiudizi che devono affrontare i bambini affetti da patologie che provocano deformità fisiche. Nonostante nel film l aspetto clinico della sindrome di Treacher Collins non sia approfondito, è comunque sottolineato come la chirurgia migliori efficacemente la qualità della vita di questi pazienti: come chiarisce Auggie, i ventisette interventi a cui si è sottoposto gli hanno consentito di respirare, vedere e sentire senza l ausilio di apparecchiature. Il libro in una frase La risposta arguta di Auggie all amico che gli chiede se ha mai pensato di sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica: Quello che vedi è già il risultato della plastica. C è tanto lavoro dietro la bellezza. Titolo 120 battiti al minuto (titolo originale: 120 battements par minute) Regista e sceneggiatore Robin Campillo, Philippe Mangeot Produzione Hugues Charbonneau, Marie-Ange Luciani Anno 2017 (nelle sale italiane da ottobre 2017) Durata 144 minuti Titolo Wonder Regista e sceneggiatori Stephen Chbosky, Steve Conrad, Jack Thorne Produzione Lionsgate, Mandeville Films, Participant Media, Walden Media Anno 2017 (nelle sale italiane da dicembre 2017) Durata 113 minuti 48 InFormaMI

59 Le videointerviste del presidente Ricordiamo che a ogni uscita della rivista corrisponde una breve videointervista del presidente che funge da secondo editoriale. Le videointerviste sono tutte pubblicate sul canale Youtube dell OMCeOMI Il video messaggio del presidente n. 7 marzo 2018 Il tema dell ultima intervista è: Nuove leggi che non convincono. In particolare il presidente ha fatto riferimento alla legge sulla cronicità e all opportunità che anche gli infermieri prescrivano i farmaci. Per vedere l intervista basta scansionare il quadratino posto qui a fianco, ovvero il QR code (codice di risposta rapida), con la fotocamera del proprio dispositivo mobile (smartphone o tablet). Per effettuare questa operazione è necessario avere installato sul proprio dispositivo un app per la scansione dei codici QR, disponibile in diverse versioni su Apple Store per ios o Google Play Store perandroid. L archivio video Per chi non ha ancora preso visione dei video o voglia riguardarli, si riportano i QR per ciascun video. Si rinnova la rivista ma con uno sguardo al passato Le decisioni prese sulla nostra testa Scuola di comunicazione in Sanità Il metodo scientifico: strumento per la professione e la comunicazione Parola d Ordine: indipendenza e rigore A tutela della professione C

60 SmartFAD Su trovi online l ultimo corso su diagnosi e trattamento della psoriasi. Leggi il dossier costruito sui casi nelle pagine centrali della rivista e cimentati con il questionario ECM direttamente sulla piattaforma. Ricordati che sono ancora disponibili i corsi sulla multiantibiotico resistenza e sulla modifica degli stili di vita incentrato sul fumo. Accedere è semplice! 1 Vai su o scansiona il QR code 2 Non sei registrato? Registrati scegliendo un ID e PIN per l accesso Sei già registrato? Accedi con ID e PIN ID: PIN: 3 Clicca sul titolo del corso e inizia la formazione L accesso è gratuito per tutti gli iscritti all Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano

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