IL BIOTERRORISMO. LE AZIENDE DI PRODUZIONE E DI TRASFORMAZIONE: PREVENZIONE E GESTIONE DELLE CRISI. Parte III

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1 Large Animals Review, Anno 11, n. 4, Agosto IL BIOTERRORISMO. LE AZIENDE DI PRODUZIONE E DI TRASFORMAZIONE: PREVENZIONE E GESTIONE DELLE CRISI. Parte III GIANCARLO BELLUZZI Responsabile ASL Cremona ANDREA VERME Medico Veterinario, Qualitalia Srl SERGIO GATTI Agronomo Riassunto Nell ambito del Piano di Sicurezza Provinciale contro la minaccia Bioterroristica, le aziende del settore alimentare, con particolare riferimento alle aziende di produzione/trasformazione di mangimi ed alimenti per l uomo, dovrebbero essere informate ed aiutate a prevenire ed eventualmente gestire episodi di crisi derivanti da minacce terroristiche di tipo non convenzionale. Il pubblico ed il privato dovrebbero dialogare per comprendere reciprocamente i rischi potenziali di azioni di tampering e di terrorismo, predisporre le misure preventive e, di conseguenza, gestirne, eventualmente e malauguratamente, gli effetti per ridurne l impatto. Summary According to the Provincial Safety Plan and Governement Plan, food industries, have to take precautionary steps to face up the bioterrorist threat. Premessa Dopo i primi due articoli (Parti I e II) nei quali sono stati esaminati i problemi del bioterrorismo sul territorio ed all interno delle aziende agricole o nei ricoveri per la cura degli animali da compagnia, è opportuno affrontare il tema della sicurezza alimentare all interno degli stabilimenti di trasformazione del prodotto alimentare e della logistica distributiva. Con i Regolamenti CE/178/2002, CE /2004 e con il D. L.vo /2005, denominati sinteticamente Pacchetto Igiene e sicurezza alimentare, i legislatori europei hanno stabilito che il prodotto alimentare è il risultato di una filiera che inizia dal campo e termina al momento del consumo. In tale contesto sono stati inseriti anche i mangimi ed i foraggi per gli animali di allevamento destinati alla produzione di alimenti, gli additivi aggiunti al prodotto alimentare ed i materiali destinati a venire in contatto con gli alimenti. Attraverso una lettura accurata di questi regolamenti emerge la necessità di rivedere in modo critico l analisi dei rischi in tutti gli anelli della filiera, con particolare riferimento alle aziende di trasformazione degli alimenti. Convenzionalmente si ritengono stabilimenti di trasformazione quegli impianti che trasformano materie prime di origine animale o vegetale in alimenti finiti, pronti per il consumo. A solo titolo di esempio citiamo per la filiera latte gli impianti di raccolta e selezione del latte, gli stabilimenti di produzione di latte pastorizzato o a lunga conservazione, i caseifici, i centri di stagionatura dei formaggi, i laboratori di taglio e confezionamento dei prodotti a base di latte, le aziende di produzione dei gelati, ecc. Per le filiere vegetali citiamo le aziende vinicole, gli stabilimenti di produzione e confezionamento di succhi di frutta, le aziende conserviere, ecc. Il presente articolo mira a sensibilizzare le aziende di trasformazione degli alimenti su due tipologie di eventi non convenzionali: il tampering ed il terrorismo veicolato con gli alimenti. GENERALITÀ

2 36 Il Bioterrorismo. Le aziende di produzione e di trasformazione: prevenzione e gestione delle crisi. Parte III Con il termine Tampering generalmente si intende un azione di adulterazione dolosa del prodotto/servizio, reale o presunta, da parte di un dipendente o da parte di terzi, attuata in una fase di produzione e/o distribuzione del prodotto, che ha lo scopo di colpire direttamente l azienda produttrice. Secondo dati elaborati da una società di consulenza investigativa, ad esempio, in Europa negli ultimi cinque anni quasi il 35% delle realtà produttive alimentari ha dovuto affrontare criminali sofisticazioni dei loro prodotti. Per terrorismo veicolato con gli alimenti e bioterrorismo si intendono quelle azioni di carattere eversivo che hanno lo scopo di seminare il terrore tra la popolazione, indipendentemente dall azienda colpita. Mentre per il primo caso la causa e la soluzione vanno spesso ricercate all interno dell azienda stessa (dipendenti insoddisfatti, politiche sociali aziendali non condivise, ristrutturazioni), nel secondo caso le cause sono indipendenti dall azienda e gli effetti sono di ordine pubblico ed è su questi aspetti che si vuole far riflettere. Esiste attualmente un ampio divario sulle conoscenze esistenti sull argomento terrorismo veicolato con gli alimenti e sul bioterrorismo, tra gli organi che istituzionalmente si occupano a vario titolo dell argomento (Ministero dell Interno, DIA, Polizia, Carabinieri, Servizi pubblici di controllo e prevenzione, Protezione Civile, ecc.) e le aziende alimentari che possono essere oggetto di attacchi di questo genere. Il presente articolo vuole fare il punto della situazione sui rischi potenziali esistenti e sulle misure che le aziende di trasformazione del settore alimentare dovrebbero adottare per prevenire e limitare i danni creati da azioni di tampering o terrorismo, secondo il principio che la conoscenza del problema dovrebbe permettere di prevenirlo prima e/o gestirlo in modo appropriato poi. Per una migliore comprensione degli argomenti trattati è inoltre necessario tenere presente che i temi del tampering e soprattutto del terrorismo alimentare rappresentano argomenti tabù per le imprese e per i decisori politici, in quanto le ricadute di ordine produttivo e pubblico, sono in genere devastanti, soprattutto quando l argomento è mal gestito o comunicato in maniera errata, fuorviante o irresponsabile. A puro titolo di esempio, si riporta quanto accaduto a Roma nella seconda metà di luglio del 2005, quando è stato lanciato uno scriteriato messaggio telefonico SMS riguardante un presunto pericolo di contaminazione velenosa dell acqua contenuta nella rete distributiva dell acquedotto cittadino. Ebbene, in poche ore, negozi e supermercati sono stati presi d assalto dalla popolazione, che ha svuotato i magazzini, mandato in tilt tutta la rete di approvvigionamento e creato una evidente situazione di panico generalizzato. Peraltro, come si è già detto, messaggi comunicativi di questo genere ledono irrimediabilmente la credibilità di un sistema che invece dovrebbe essere a prova di intrusione. È per questo che gli autori del presente testo, consapevoli della questione, ritengono che si debba affrontare il problema nei modi dovuti, nelle sedi appropriate, utilizzando solo un linguaggio tecnico, ponendo in risalto i punti critici del sistema e porgendo a tutti gli addetti ai lavori l occasione per un confronto positivamente finalizzato e possibilmente sereno. I PERCHÉ Molti degli alimenti che consumiamo giornalmente a casa o fuori-casa si prestano alla diffusione involontaria o volontaria di agenti patogeni per i seguenti motivi: 1. La velocità sono prodotti da aziende di trasformazione specializzate, in grado di immettere sul mercato grandi quantitativi in tempi relativamente brevi; i prodotti sono distribuiti in poco tempo su tutto il territorio nazionale, europeo o mondiale attraverso una catena distributiva spesso molto complessa ma anche molto veloce; raggiungono in pochissimo tempo un elevato numero di consumatori, soprattutto per quanto riguarda i prodotti freschi e freschissimi. 2. La complessità le aziende sono talvolta concatenate tra loro da vincoli contrattuali o tecnici di filiera, di conto-produzione e di distribuzione che, pur fornendo un vantaggio concorrenziale non indifferente sul mercato, complicano molto le attività di tracciabilità e di rintracciabilità e rendono il segmento molto complesso e potenzialmente favorevole al disseminio di un tracciante pericoloso e contestualmente ne complicano la successiva rintracciabilità; il legame causa effetto non è mai specifico; infatti, il tipo di arma utilizzata ed il processo produttivo preso di mira, unito all utilizzo o destinazione del prodotto in questione, rendono significativamente arduo e difficile un intervento sia preventivo che riparativo, in quanto molti contaminanti si adattano a molte filiere; alcuni agenti patogeni di tipo biologico e chimico, anche mortali, non danno sintomi immediati e facilmente identificabili, se non dopo il manifestarsi di sintomi, peraltro confondibili con altre patologie; ne consegue una diffusione elevata prima della loro corretta identificazione, con tutte le conseguenze epidemiologiche e sanitarie del caso (ritardato ritiro dei prodotti contaminati dal mercato, saturazione delle strutture sanitarie disponibili sul territorio, impossibilità di prestare adeguate e tempestive cure a tutte le persone colpite). 3. L opportunità negli ultimi anni è aumentato in misura esponenziale il consumo fuori-porta (bar, ristoranti) e, di conseguenza, sono aumentati i potenziali utenti raggiungibili dallo stesso prodotto. 4. La spettacolarità dal punto di vista mediatico le patologie alimentari hanno un riscontro immediato e vanno a toccare corde sensibili della psiche individuale e collettiva; l effetto di un evento traumatico sulla filiera alimentare e sulla catena distributiva potrebbe avere conseguenze deleterie in tutte le direzioni, i cui contorni sono difficilmente delineabili.

3 Large Animals Review, Anno 11, n. 4, Agosto Se ne deduce quindi quanto sia importante che le aziende alimentari mettano in atto misure preventive di primo livello in grado di scongiurare questi disastrosi eventi; questa precauzione dovrebbe essere contenuta in un manuale di base, in dotazione ad ogni impresa alimentare, fornito dalle organizzazioni di categoria e predisposto in accordo e sotto la supervisione dei controllori, sia pubblici che privati (Sistema HACCP). I POTENZIALI ALIMENTI A RISCHIO Anche se difficilmente generalizzabile, è possibile attribuire una classe di rischio diversa tra i diversi alimenti, a seconda della probabilità che siano oggetto o meno di attacchi terroristici. La classe di rischio attribuibile ad un alimento è legata: 1. alla sua capacità di essere inquinabile 2. alla condizione che l Agente contaminante resti attivo sino al momento del consumo 3. alla capacità del lotto contaminato di raggiungere il più elevato numero di consumatori in tempi brevi 4. alla diffusibilità ed alla penetrazione del mercato ed alla velocità di consumo, con ripercussione sulla catena di approvvigionamento ed alla conseguente penuria alimentare 5. al legame tra il consumo del prodotto, la sua tradizione e l epoca di consumo, con conseguenze nefaste sull impatto mediatico dell azione. Basandoci su queste considerazioni possiamo suddividere gli alimenti in tre classi di rischio: alto, medio e basso rischio. Ad alto rischio. In tale categoria possiamo includere le materie prime di alcune categorie, come alcuni mangimi finiti o i loro derivati, il latte di mungitura, gli alimenti liquidi, le acque minerali e le bevande, i prodotti legati alle festività, le conserve alimentari, il pane, i prodotti d uovo ed alcuni prodotti da forno. Questi alimenti sono accomunati dal fatto che da uno stesso lotto possono essere ricavate migliaia di confezioni, amplificando in tal modo la potenzialità del pericolo, e che la velocità distributiva è molto elevata. A medio rischio. Tra questi si possono considerare le carni lavorate, i prodotti a base di carne e gli insaccati, le paste farcite ripiene e pronte al consumo, e la pasta, il pesce di allevamento. Questa categoria è considerata tale in quanto le possibilità di frazionamento sono generalmente inferiori alla precedente. A basso rischio. In questa categoria sono classificati, a titolo di esempio, la stragrande maggioranza dei mangimi, i prodotti a medio lunga stagionatura, le uova, la frutta, il pesce di mare. Ciò in quanto la manomissione comporterebbe notevole impegno, grande dispendio di forze e difficoltà oggettive di intervento. Ovviamente un analisi dettagliata dei rischi dovrebbe essere effettuata in ogni stabilimento e per ogni tipologia di prodotto, in quanto sono molte le variabili che aumentano o diminuiscono la probabilità che il prodotto e/o l impianto possa prestarsi ad azioni di questo genere. Un discorso a parte merita l acqua erogata dagli acquedotti pubblici che, pur non annoverandosi tra gli alimenti confinati prima del confezionamento, dovrebbe rientrare nella categoria ad alto rischio. L erogazione continua dell acqua e la capillarizzazione della rete idrica rendono gli acquedotti il mezzo ideale di diffusione a molte persone ed in poco tempo di molti agenti patogeni, tra i quali sicuramente quelli infettivi. Ad oggi le aziende non sono state particolarmente attente a questo tipo di problema in quanto preoccupate più di controllare e verificare quanto avviene all interno dell azienda e di garantire solo il rispetto degli standard istituzionali che di porre la loro attenzione su questioni inerenti questi elementi di sicurezza. Le cause di questo comportamento possono essere le più svariate, anche scusanti, ma in un prossimo futuro pare indispensabile attirare l attenzione delle imprese e dei controllori su questi temi, con la dovuta cautela e nello spirito di favorire il dialogo tecnico e lo scambio di mutue esperienze, con l avvallo delle istituzioni preposte. LA PREVENZIONE Il primo strumento di reale opposizione alla minaccia bio-terroristica nel settore alimentare è l attività preventiva che ciascuna azienda del comparto alimentare può mettere in atto. Le caratteristiche della filiera, l impatto mediatico, la capillarizzazione della rete distributiva, la facilità di accesso ed il potenziale distruttivo legato a questo settore, inducono a non sottostimare il problema, a porsi l interrogativo del come affrontarlo ed a considerare realmente valida una seria attività preventiva. Una prevenzione concreta e reale in questo settore è attuabile solo attraverso una completa e critica revisione del sistema di autocontrollo aziendale, sempre utilizzando il metodo HACCP. Tale sistema, obbligatorio in tutte le imprese (anche quelle del settore primario a partire dal prossimo 1 gennaio 2006), è lo strumento ideale per affrontare in modo professionale e sistematico l analisi dei rischi non convenzionali in un azienda alimentare. Bisogna infatti ricordare che il primo responsabile della prevenzione igienico sanitaria è il produttore medesimo, mentre la Pubblica Amministrazione, attraverso il controllo ufficiale rappresenta il sistema di validazione ed un intervento successivo, complementare ed eventualmente riparativo. I piani di autocontrollo revisionati si devono poi interfacciare con gli interventi pianificati che lo Stato attua in caso d epidemia/patologia diffusa, che prevedono il coinvolgimento coordinato di tutte le strutture sanitarie e di pubblica sicurezza interessate a tali episodi per limitare i danni alla popolazione a seguito di un evento di crisi già manifestatosi. È chiaro che lo strumento dell autocontrollo dell igiene deve essere concepito ed applicato con la piena condivisione dell Amministrazione Pubblica, la quale a sua volta è chiamata alla validazione del sistema, col quale potrebbe essere costretta successivamente ad interagire in caso di crisi. LA CRISI: ASPETTI PREVENTIVI DI FRONTEGGIAMENTO Un buon sistema di gestione della crisi non può prescindere da un efficace sistema di prevenzione della crisi stessa. Per tale apparato è indispensabile conoscere: GENERALITÀ

4 38 Il Bioterrorismo. Le aziende di produzione e di trasformazione: prevenzione e gestione delle crisi. Parte III 1. L azienda e le imprese che gravitano a monte ed a valle; 2. Il/i loro processi produttivi; 3. Il piano di autocontrollo privato; 4. Il piano pubblico di assistenza; 5. Il contesto ambientale, inteso come l insieme di fattori incidenti interni ed esterni, compresa l opinione pubblica ed i consumatori. Un piano di prevenzione che contempli tutti questi elementi, ne delinei gli aspetti incidenti del problema e ne preveda le azioni conseguenti, consente di affrontare seriamente e senza buchi neri l impatto con il mercato, il pericolo di uno sconquasso finanziario dell impresa e le conseguenze sulla reputazione dell azienda in caso di minaccia. È per tale motivo che in ogni circoscrizione (Provincia) andrebbe redatto un piano di intervento che sia inserito nel più ampio Piano Prefettizio entro il quale siano descritti in maniera dettagliata i 5 punti precedenti. Per tale argomento, si rimanda alle Parti I e II che descrivono il Piano dell Ufficio Territoriale di Governo. LA CRISI: ASPETTI DI PIANIFICAZIONE E GESTIONE DEGLI INTERVENTI Si definisce crisi un incidente, una situazione in atto o una in divenire, in grado di creare una semplice minaccia, un pericolo reale o un pericolo percepito come un rischio per l integrità aziendale e/o di filiera, capace di creare un grave impatto sull opinione pubblica, sull immagine dell azienda, sul suo patrimonio o su quello ambientale, sui consumatori, sui dipendenti e, in una parola, sull intera collettività in un raggio d azione più o meno grande. La caratteristica evolutiva e dinamica che caratterizza in particolare il campo agro-alimentare, comporta la capacità immediata di attivare, tramite il sistema preventivo, le misure previste, già monitorate, sperimentate e pianificate ed affrontare la situazione reale con tempismo e col minor grado di casualità e di incertezza possibile. Le crisi sono caratterizzate dai seguenti fattori: la temporalità e l eccezionalità dell evento; la loro visibilità e le ricadute interne ed esterne; gli effetti negativi che si generano di conseguenza con un effetto definito ad onda ; la capacità di risposta, in termini di tempestività e di pertinenza rispetto al problema, da parte dell azienda colpita. Le molteplici cause che possono generare una crisi appartengono fondamentalmente alle due categorie già citate: quelle generate all interno dell azienda stessa e quelle generate da terzi, ossia fuori dall azienda ma dentro la filiera produttiva a cui appartiene l impresa. In questo caso preferiamo attenerci a quelle del secondo caso anche se, dal punto di vista delle azioni a seguire e delle conseguenze, non c è molta differenza fra le due. È quasi generalmente assodato che le crisi avvengono in modo repentino, senza preavviso e possono creare una serie d effetti negativi a catena, su cui intervenire al più presto, e così sintetizzabili: 1. scoperta/scatenamento dell evento, con diffusione incontrollata della notizia; 2. panico generalizzato; 3. difficoltà generale nel raccogliere le informazioni; 4. intervento massiccio, spesso sbilanciato, da parte degli organismi interessati, con mancanza di coordinamento nell acquisizione di elementi di collegamento con altre strutture; 5. difficoltà di coordinamento nell erogazione di risposte certe e congrue rispetto alle inevitabili sollecitazioni esterne, provenienti da soggetti interessati (clienti, stakeholders ed organismi di controllo); 6. blocco o forte riduzione della produzione con effetti negativi o disastrosi sull intera filiera; non trascurabile appare anche l aspetto relativo alle interdipendenze con altre imprese collegate, con effetto negativo dilagante sui rapporti imprenditoriali, di responsabilità civile e di rifusione dei danni; 7. perdita drastica di quote di mercato, perdita d immagine aziendale e solitudine imprenditoriale con conseguente crisi emotiva del management; 8. crisi finanziaria; 9. crisi occupazionale. Come si vede l evento paralizzante per l azienda e per il suo indotto è gigantesco e per questo la gestione della crisi deve essere preceduta da un efficace attività di pianificazione teorica degli interventi. È materialmente impossibile affrontare una crisi di questo tipo in maniera efficiente e con risultati efficaci senza una preventiva valutazione e un conseguente training di attivazione. Gestire una crisi significa reagire in maniera determinata, coordinata ed in tempi relativamente brevi, in quanto si è provveduto per tempo a prevederla ed a prepararne la risposta; una volta che si è preso atto della crisi in corso, è necessario acquisire tutte le informazioni, verificarne la correttezza, coordinare le forze in campo, comunicare il problema all interno dell organizzazione ed all esterno (clienti, autorità pubbliche e organi di stampa) in modo tempestivo e corretto, ritirare il prodotto dal mercato, limitare la perdita d immagine ed i danni economici e recuperare la crisi medesima attraverso il rimaneggiamento della situazione al fine di riportare l ambiente in termini accettabili. In alcuni casi addirittura la corretta gestione di una crisi può diventare opportunità di riqualificazione dell immagine aziendale in termini di efficienza e trasparenza e di conseguenza ne può derivare un aumento della fiducia da parte del cliente e non una perdita secca. Il processo di crisis management è un procedimento che può essere suddiviso in due livelli. Il primo è quello prettamente teorico, legato all attività preventiva, entro il quale viene simulato l evento e messe in atto le procedure di intervento previste teoricamente; il secondo invece non è altro che la messa in pratica di quanto definito nel livello precedente. A tale proposito possiamo suddividere questo processo in 6 step, tra loro conseguenti, di cui i primi tre appartengono al primo livello mentre gli altri a quello successivo. 1. Preparare la crisi: Significa prendere le misure opportune per operare in maniera razionale, senza scivolare nel terreno del panico o peggio dell improvvisazione, avendo ben chiari gli interventi da mettere in atto per pre-

5 Large Animals Review, Anno 11, n. 4, Agosto venire i danni o limitare le perdite. Entro tale scenario s inquadra la sensibilizzazione del personale che, a vari livelli, opera all interno dell azienda o della filiera. È questa un operazione delicata ma indispensabile per evitare l effetto sorpresa. 2. Prevedere gli scenari potenziali: Significa ipotizzare gli eventi che hanno una probabilità ed una gravità d accadimento tali da meritare attenzione. Se, fino a qualche anno fa, un atto terroristico era estremamente improbabile, oggi lo stesso rischio è da ritenere più probabile e quindi da considerare attraverso un analisi attenta. Entro questo step va predisposta un operazione simulativa che prepari gli interessati allo scenario di crisi. 3. Sviluppare attività preventive e di monitoraggio: Ipotizzati gli eventi, si possono instaurare le attività preventive volte a far sì che l evento non arrivi, si possa manifestare e/o venga identificato prima che il prodotto arrivi al consumatore finale. Si tratta quindi di identificare tutte quelle attività che possono servire a monitorare/tenere sotto controllo quelle fasi del processo che costituiscono i CCP identificati relativi ai rischi non convenzionali identificati. Uno strumento ritenuto idoneo a svolgere tale operazione può essere identificato nel Manuale di Autocontrollo, stilato secondo i principi del sistema HACCP. In tal caso le azioni da svolgere rientrano nella lista prevista da questo sistema e comprendono, sinteticamente, l analisi dei pericoli, la valutazione del rischio, l identificazione delle procedure per la messa sotto controllo dei punti critici e la definizione continua del sistema di formazione e comunicazione interna all impresa, non esclusi, infine, i monitoraggi tipici di questo settore produttivo. Se per esempio si ritiene che una cisterna di latte pastorizzato pronta per il confezionamento sia un CCP per il rischio potenziale d inquinamento fraudolento con sostanze tossiche, le conseguenti azioni preventive consisteranno nella messa in opera di sensori di apertura e chiusura delle botole, di sensori di presenza, di attività di videosorveglianza, in grado di segnalare automaticamente eventuali anomalie del sistema e nella contemporanea formazione del personale adibito alla sorveglianza del sistema. Le attività di monitoraggio consisteranno nella registrazione giornaliera delle attività dei sensori e nel relativo controllo del superamento o meno dei limiti critici impostati da parte di personale appositamente addestrato e responsabile della fase. 4. Programmazione e pianificazione delle attività di gestione della crisi: Contestualmente alle attività tipiche di prevenzione, dovrebbero essere messe in atto simulazioni che consentano di programmare, pianificare e gestire la crisi scatenata da un evento bioterroristico. A tale proposito si ritiene debbano essere previste le seguenti iniziative: Costituzione di un Comitato di Gestione della Crisi. Composto da elementi interni ed esterni all azienda facenti parte di differenti settori aziendali, disponibili in caso di bisogno 24 ore al giorno ed in grado di riunirsi in tempi brevi. Il gruppo dovrà contenere al suo interno tutte le figure con competenze necessarie a gestire la crisi (direzione aziendale, tecnologi di produzione, responsabili legali, amministratori, commerciali, medici ed igienisti, esperti di comunicazione, esperti di marketing, portavoce). Le attività del Comitato di Crisi dovrebbero essere dettagliate in un apposito documento/manuale, in cui siano elencati: a.le gerarchie di intervento (chi fa quando); b.le azioni da intraprendere (che cosa fa e come); c.gli approvvigionamenti necessari; d.le procedure dei processi produttivi; e.la realizzazione ed il collegamento con i servizi; f. la simulazione dei casi; g.la bibliografia del problema. Identificazione della Sala Crisi. Si tratta di un locale all interno dell azienda nel quale il comitato di crisi possa riunirsi. Il locale deve permettere al gruppo di crisi di riunirsi in riservatezza e nel contempo di essere informato e di informare su quanto sta succedendo. Il locale dovrà quindi essere attrezzato con linee telefoniche interne ed esterne, computer e quant altro ritenuto necessario per ricevere e trasmettere informazioni in tempi brevi. Redazione del manuale di crisi. In questo documento dovranno essere raccolte tutte le informazioni sopra riportate. Tale strumento dovrà essere diviso in due volumi. Il primo, più approfondito, onnicomprensivo, dettagliato e a disposizione delle Autorità sanitarie e di pubblica sicurezza, dovrà essere adeguatamente secretato. Il secondo, diviso per settori o competenze, sarà quello fornito al personale dedicato ed opportunamente illustrato. Formazione del personale. Questo capitolo assume una particolare importanza ed un significato strategico non indifferente perché il personale aziendale deve essere in grado di gestire l eventuale crisi secondo quanto pianificato in precedenza, ciascuno per le proprie competenze e senza improvvisazioni. L attività formativa dovrà essere rivolta in particolare alle funzioni aziendali di livello più alto, soprattutto con responsabilità di tipo operativo. 5. Comunicazione: Quando si manifesta la crisi dovuta ad un attacco bio-terroristico il comitato deve riunirsi e far fronte in tempi rapidi all evento, attivando tutte le procedure atte a contenere i danni. In questa fase la comunicazione, intesa come scambio rapido d informazioni, diventa strumento essenziale per il corretto andamento di tutte le attività. Bisogna tener presente che la comunicazione influenza l ambiente e, pertanto, è da considerarsi uno strumento delicato e sensibile, sia all interno dell impresa che all esterno. Quindi non solo si ritiene necessario comunicare correttamente all esterno l evento, ma è altrettanto indispensabile garantire canali di comunicazione interni ed esterni efficienti per raccogliere informazioni ed elaborarle in tempi brevi. Una corretta comunicazione può essere lo strumento che permette all azienda non solo di limitare i danni ma di volgere a proprio favore l evento negativo, per garantirle il futuro. In tale ottica diventa basilare affidare questa attività a personale esperto, in grado di selezionare il materiale, di valutare i tempi corretti. Inoltre tale persona dovrebbe essere sufficientemente perspicace da comprendere immediatamente il grado di percezione degli interlocutori, compresi gli stakeholders. È raccomandabile quindi affidare ad un unico soggetto (portavoce), sostenuto dal comitato di crisi, il compito di fornire le corrette GENERALITÀ

6 42 Il Bioterrorismo. Le aziende di produzione e di trasformazione: prevenzione e gestione delle crisi. Parte III informazioni sia al personale interno che agli interlocutori esterni, dotato di buona dimestichezza coi media, di buona cultura aziendale, conoscenza approfondita della situazione e della materia, diretto, sensibile ed in grado di non cadere in deleterie contraddizioni se messo sotto pressione. 6. Rintracciabilità: Un buon sistema d identificazione del prodotto lungo tutta la filiera permette di tracciare e successivamente rintracciare e ritirare in tempi brevi l eventuale prodotto non conforme immesso sul mercato, secondo quanto previsto ed illustrato nel Regolamento CE 178/2002, articoli 17 e 18, e nelle disposizioni successive. Nel caso di un attacco di tipo terroristico andato a segno, la rapidità d intervento diventa fondamentale per limitare il numero di vittime ed i relativi danni procurati. Tale sistema deve consentire: a. La gestione del materiale non conforme, rinvenuto entro e fuori l azienda tramite la sua identificazione, ed il posizionamento in luogo idoneo ed opportunamente segregato e pronto per la bonifica o la distruzione. b. L addestramento continuo del personale interno (produzione) ed esterno (rete commerciale) che, sensibilizzato e coinvolto, deve assicurare una corretta attuazione delle procedure sopra elencate. c. Il collaudo e la successiva verifica periodica della validità del sistema, attraverso anche opportune simulazioni. d. La compilazione, catalogazione e conservazione di documenti che riguardano le operazioni svolte, il materiale segregato, il suo stoccaggio o la sua destinazione finale. Peraltro, alla prova dei fatti di molte aziende, la rintracciabilità è oggi attiva solo a difesa della singola azienda medesima, funziona quasi esclusivamente per reagire ad errori di produzione e non è sufficientemente predisposta al fine di reagire ad interventi esterni. Inoltre la rintracciabilità di filiera è attiva a blocchi, a compartimenti stagni, mentre le imprese risultano, nella stragrande maggioranza dei casi, ancora inadatte a colloquiare tra loro, soprattutto a causa di sistemi di rintracciabilità incompatibili con quelli dei loro fornitori e con quelli dei loro clienti. Ciò non favorisce il richiamo veloce dei prodotti più a rischio. L ASSICURAZIONE DEL RISCHIO Gli strumenti sopra indicati permettono di eliminare o ridurre al livelli accettabili determinate categorie di rischio che possono essere oggetto di assicurazione, almeno per quanto riguarda la responsabilità civile relativa ai danni provocati a terzi dal prodotto difettoso. È verosimile pertanto, da parte dell azienda che ha sviluppato un manuale di gestione delle crisi, la richiesta alle compagnie assicurative di premi più bassi rispetto ad aziende che non si sono poste il problema. L AUTOCONTROLLO AZIENDALE COL METODO HACCP Secondo quanto definito dal Codex Alimentarius in tema di applicazione del metodo HACCP e secondo le indicazioni più recenti derivanti dall applicazione delle norme del cosiddetto Pacchetto igiene, i rischi non convenzionali descritti nei paragrafi precedenti possono a pieno titolo entrare ed essere descritti nel piano di autocontrollo aziendale basato sul metodo HACCP. Per aggiornare il piano di autocontrollo esistente in azienda, dopo aver analizzato a fondo il diagramma di flusso del processo produttivo oggetto di studio HACCP, è necessario: 1. Analizzare i rischi. I rischi che devono essere valutati appartengono a tre categorie: biologici, chimici e fisici. L analisi dovrebbe essere svolta tenendo anche presente la potenziale esistenza di nuove categorie di rischi come gli allergeni, il tampering, il sabotaggio, o gli attacchi bio-terroristici veicolati con gli alimenti. L analisi dovrebbe prendere in considerazione almeno questi punti: Individuazione dei nuovi agenti di rischio, in rapporto a: Materia prima, ingredienti e materiale aggregato; Tecnologia/Tecnica di processo; Prodotto finale, stoccaggio e distribuzione. Probabilità/gravità dell evento. Collegamento con i Servizi pubblici e messa in relazione del Sistema d autocontrollo con il Sistema di Controllo Ufficiale; valutazione di correttezza da parte dell Autorità Pubblica. Livelli di rischio per il consumatore previsti dalla normativa vigente e valutazione di potenziale rischio aziendale. Bilanciamento tra potenziale di pericolosità e azioni strutturate di processo tese a minimizzare il rischio. 2. Individuare i CCP. Nell ambito del diagramma di flusso del processo produttivo vanno evidenziate quelle fasi nelle quali i rischi identificati possono essere ridotti a livelli accettabili o eliminati del tutto. A puro titolo d esempio, nel caso di processi che si basano sul trattamento termico (es. pastorizzazione), il pastorizzatore potrebbe rappresentare un CCP per quei rischi biologici, biochimici o biofisici che sono inattivati dal calore (agenti infettivi, biotossine termolabili, ecc.). Altro esempio di CCP potrebbe essere rappresentato dalle fasi di stoccaggio del latte, pre e post trattamento termico, in quanto un accurata sorveglianza attiva e/o passiva delle cisterne/silos da parte del personale interno addetto alla vigilanza in una medio/grande impresa, potrebbe ridurre a livelli accettabili il rischio tampering o contaminazione volontaria del prodotto. 3. Individuare le misure preventive idonee a prevenire i rischi. Analizzati i rischi ed identificati i CCP si debbono individuare ed adottare tutte quelle misure che sono in grado di prevenire che i rischi analizzati possano realmente verificarsi. In ordine al pericolo di attacco bio-terroristico, possono essere considerate misure preventive le seguenti operazioni: 1. Selezione accurata dei fornitori, sensibili al medesimo problema nel loro settore; 2. Accurata selezione del personale al momento dell assunzione, soprattutto per quello operante nei punti considerati critici dello stabilimento;

7 Large Animals Review, Anno 11, n. 4, Agosto Adeguata formazione e sensibilizzazione dei quadri dirigenziali e dei responsabili di stabilimento e di reparto al problema specifico; 4. Applicazione di misure di videosorveglianza e videoregistrazione delle zone di stoccaggio e d immagazzinamento dei prodotti alimentari (ove sia ipotizzabile un atto doloso); 5. Applicazione di dispositivi anti-intrusione dotati di allarmi automatici agli accessi dello stabilimento ed ai dispositivi di immissione delle materie prime/semilavorati/prodotti finiti nel circuito di produzione/confezionamento (es. le botole d ispezione dei tank di stoccaggio di alimenti liquidi); 6. Idonea taratura degli strumenti di misura/monitoraggio ambientale. 7. Definizione di deleghe per responsabilità specifiche, con relativi oneri di responsabilità civile e penale specificatamente rivolti a questo tema. 4. Definire le misure di Monitoraggio dei CCP. Per garantire un efficiente monitoraggio dei CCP evidenziati, si dovranno installare apparecchi o attrezzature in grado di segnalare automaticamente ed in tempo reale la circolazione di persone nei locali sottoposti a controllo, l orario, l eventuale apertura dei vani o dei dispositivi di accesso alle cisterne/vasche/silos/impianti di lavaggio/ecc. e la congruità o incongruità di quanto rilevato rispetto alle procedure operative in essere. In questo modo le apparecchiature, gestite da operatori addetti alla sicurezza dell impianto, potrebbero rilevare la presenza di personale estraneo nelle zone a rischio, seguendone specificatamente le eventuali operazioni sospette, valutandone immediatamente la congruità rispetto agli orari ed alle istruzioni di lavoro. 5. Fissare i limiti critici. Rappresentano il confine tra l accettabilità e l inaccettabilità del dato. Pur essendo variabili da rischio a rischio identificato, si può affermare in linea generale che nel caso di un rischio legato ad azione dolosa in una specifica fase del processo non è possibile dare valori quantitativi ma solo qualitativi: l azione semplicemente si è verificata o non si è verificata. Se si è verificata si devono adottare le azioni correttive previste, indipendentemente dal grado di contaminazione del prodotto che si è verificata. 6. Definire le azioni correttive. Il rilascio o la segregazione del prodotto sono le due azioni correttive immediate che possono essere intraprese a seguito della rilevazione d anomalie nel processo. Il rilascio del prodotto avviene nel caso in cui l anomalia non sia d origine dolosa e non comporti alterazione a rischio per la salute del consumatore; la segregazione ed eventuale distruzione del prodotto negli altri casi in cui il dolo e la pericolosità del trattamento siano stati ipotizzati e/o dimostrati. 7. Impostare procedure di verifica e di validazione del piano HACCP. Analisi di laboratorio periodiche devono essere pianificate per verificare che materie prime, semilavorati e/o prodotti finiti non siano stati fraudolentemente contaminati, malgrado le azioni di monitoraggio intraprese. Periodicamente il piano HACCP deve poi essere validato o meno in funzione dell esito dei monitoraggi e dei controlli che sono stati intrapresi nel periodo di riferimento. 8. Impostare procedure di registrazione. Tutte le attività descritte nei punti precedenti devono essere registrate su appositi supporti di tipo cartaceo o informatico. Il supporto informatico e la registrazione automatica dei dati raccolti sono sicuramente da preferire, in quanto più difficilmente manipolabile dall esterno. Un apposita procedura dovrebbe descrivere le modalità di registrazione dei monitoraggi dei CCP e le responsabilità per la gestione, l archiviazione, l accesso e l eliminazione delle stesse. IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI Per far comprendere meglio alle aziende l importanza ed i concetti di sicurezza alimentare, per poter sorvegliare correttamente l applicazione della complessa legislazione cogente e per garantire un corretto scambio d informazioni, il ruolo delle Istituzioni e degli organismi di controllo pubblico diventa fondamentale. È pertanto necessario impostare, a nostro avviso, alcune azioni, in grado di facilitare il processo di sensibilizzazione di aziende e controllori sull argomento. Tali azioni si possono così sintetizzare: Inserire questo argomento nei piani di allerta provinciale; Sensibilizzare, in maniera corretta, tecnica e non scandalistica, la rete produttiva del territorio; Formare specificatamente il personale operante sul territorio sui rischi legati al tampering ed al terrorismo alimentare, attraverso una formazione in parallelo ASL - Operatori; Sorvegliare il corretto aggiornamento dei piani di autocontrollo da parte delle aziende sui rischi non convenzionali; Garantire un accesso tutelato da parte delle aziende alimentari a quelle informazioni dell intelligence che possono facilitare l individuazione del pericolo e la conseguente impostazione di azioni preventive e procedure specifiche; Monitorare costantemente il territorio e divulgare, in maniera opportuna e mirata, attraverso i sistemi di allerta (anche coinvolgendo direttamente le aziende del settore potenzialmente interessate) tutte le informazioni sugli eventi accaduti, anche se gli episodi possono apparire isolati; Garantire un dialogo costante tra le aziende alimentari e quegli organismi istituzionali che per prassi ed argomenti trattati non sono interlocutori abitudinari (Ministero dell interno, Intelligence, Prefettura, Forze dell Ordine, ecc.). CONCLUSIONI Esistono oggi strumenti e metodi di lavoro che permettono ad un azienda di prevedere eventi di tipo non convenzionale e di gestirli correttamente. Questi strumenti permettono realmente di ridurre a livelli accettabili il rischio che eventi quali il tampering o il terrorismo possano manifestarsi e/o possano causare danni ingenti. L investi- GENERALITÀ

8 44 Il Bioterrorismo. Le aziende di produzione e di trasformazione: prevenzione e gestione delle crisi. Parte III mento economico necessario ad impostare un corretto piano di prevenzione e gestione di tali rischi è minimo rispetto ai danni che una crisi di questo genere potrebbe generare se affrontata in modo non corretto. Inoltre l investimento economico riferibile alla prevenzione di tali rischi dovrebbe essere recuperato in parte o totalmente a livello di sconto sui premi assicurativi. Riteniamo pertanto importante sensibilizzare le aziende affinché si pongano il problema e lo affrontino nei modi e tempi più efficaci. Parole chiave Bioterrorismo, Sanità Pubblica Veterinaria, Dipartimento di Prevenzione Veterinaria, Aziende di trasformazione agroalimentari. Bibliografia Libro bianco della sicurezza alimentare. Bruxelles Rilevazione in tempo reale della qualità dell acqua superficiale mediante Unio elongatus come sistema di preallarme. Donatella Giocosa. Centro Formazione SMAT SpA. 22/06/2001. Bioterrorismo: quello che occorre sapere per essere pronti ad intervenire ovvero per combattere paure e psicosi. Parte prima e parte seconda. Il Progresso Veterinario 11-12/2001. Communicating on food terrorism. Irene van Geest. Communications Director Food & Non-food Authority Holland. Conference on Food Safety Education, Orlando, Florida, 18-20/09/02. Crisis Management Come gestire la crisi aziendale. Luigi Norsa. Edizioni Simone PROVVEDIMENTO 13 gennaio Accordo, ai sensi dell articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento concernente criteri per la predisposizione dei Piani d autocontrollo, per l identificazione e la gestione dei pericoli nel settore carni. La gestione dei rischi di sabotaggio alimentare. Michele Crivellaro. CSQA Certificazioni. Qualitaly 20/10/2004. Difesa passiva dal rischio di inquinamento doloso degli acquedotti. Garrou, Arpa Piemonte 02/11/2004. Applicazione dei Regolamenti Igiene in Agricoltura. Inserto Agrisole 3-9 giugno Notiziario Eurochocolate ( Australia: cioccolata contaminata. 04/07/2005. Protecting the Food Supply from Intentional Adulteration: An Introductory Training Session to Raise Awareness. U.S. Department of Agriculture (USDA) and the U.S. Department of Health and Human Services (HHS) food security awareness training program Sofisticazioni industriali. Miriam ponzi Tom Ponzi Investigations. CDC, Pubblic Health Emergency Preparedness & Response; College Veterinary Medicine; Bioterrorrism preparedness update; Kentucky Department for Public Health. The Bioterrorism Threat; Lonnie J.King, Dean College of Veterinary Medicine Michigan State Univeristy; November 1-3, 2002 Veterinary services; Safeguarding Animal Health; Bill Kearney and Chris Dobbins; Media Relations Officer; September 2002; European Public Health; Treaths to Health; Jerry R. Gillespie, DVM, Ph.D.,Director, The Western Institute for Food Safety and security, California; European guidelines for the clinical management of antrax and bioterrorism; Philippe Boss and Co.; 2004, American Red Cross: US Department of Homeland Security; 11 ottobre Pre - Congresso sugli aspetti qualitativi del latte con prova pratica di caseificazione. CORSO SULLA CASEIFICAZIONE Prof. Francesco Addeo:Tecnologia della Produzione della Mozzarella di Bufala Dott. Giorgio Galiero (IZS del Mezzogiorno): Mastiti Prof. Remo Rosati (IZS Lazio e Toscana):Aspetti igienico sanitari 12 ottobre h 9:00 h 13:00 h 14:30-15:30 h 15:30-19:00 Cerimonia di inaugurazione - Saluti Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Ass. all Agricoltura e all Attività Produttive della Reg. Campania Ass. all Agricoltura della Provincia di Salerno Ass. all Agricoltura della Provincia di Caserta Commissario IZS del Mezzogiorno Presidente Camera di Commercio Ind. e Art. di Salerno Presidente ANASB Pranzo Interventi programmati SIVAR Dr. Alberto Casartelli Prof. Corrado Pacelli Comunicazioni SALA SATURNO h 15:30 - Food Technology h 17:00 - Animal Nutrition 13 ottobre SESSIONE CARNE SALA SATURNO h 8:00-13:00 h 13:00-14:00 h 15:00-18:00 h 18:00-19:00 SALA MERCURIO h 15:30 - Genetics and Genetical Improvement h 17:00 - Production and Animal Exploration Tavola Rotonda Carne di Bufalo Main lecture Dr. José Feliciano Cedres (Arg.) Centro di Competenza per le Produzioni Agroalimentari della Reg.Campania - LINEA CARNE Prof. Luigi Zicarelli e Responsabili di attività. Illustrazione attività Consorzi (Cons.Alba, Cons. Buffalo Beef, Coop. La Baronia) Pranzo Tavola Rotonda Sicurezza Alimentare On. Gianni Alemanno Prof. Maria Luisa Cortesi Dott. Antonio Limone Prof. Federico Infascelli Dott. Nazareno Renzo Brizioli Prof. Franco Valfrè Dott. Roberto De Fez Moderatore: Dr. Nando Santonastaso Comunicazioni Animal Reproduction 14 ottobre h 8:00-9:00 Comunicazioni SALA SATURNO SALA MERCURIO h 08:00 - Animal Health h 08:00 - Parasitology SALA SATURNO ALLEVAMENTO DEL BUFALO IN EUROPA E NELLE AMERICHE h 9:00-11:00 Gli interventi Programmati: Raffaele Carofalo (Europa) - Otavio Bernardes (Brasile) Ettore Scannone (Venezuela) - Marco Zava (Argentina) Claudia P. Roldan (Colombia) - Popenoe Hugh (USA) h 11:30-13:30 Programma BUFFALOTEC h 13:30-14:00 Programma AL INVEST 3 per PMI - Europa- America Latina A. Bianchi (Salerno - Italia) Progetto AL INVEST 3 Scambio di Esperti Italia- Argentina nel settore bufalino C. Perduca (Corrientes - Argentina) h. 14:00-15:00 Pranzo SESSIONE RIPRODUZIONE h. 15 :00-18:00 Tavola Rotonda Carne di Bufalo Main Lecture: Prof.W.Vale (Brasile) Interventi programmati:v.l. Barile (Roma), P. Baruselli (Brasile), G. Campanile (Napoli). G. Crudeli (Argentina) h 18: Comunicazioni SALA SATURNO SALA MERCURIO h 18:00-1BF (International h 18:00 - Animal Health Buffalo Federation) meeting Presidente Prof. Luigi Zicarelli Segretario Generale Prof. Antonio Borghese 15 ottobre h 09:00 Giro Turistico presso i TEMPLI di PAESTUM h 11:30 Colazione presso Az.Vannullo h 12:30 Az. Bellelli Capaccio 1 MEETING NAZIONALE DELLA BUFALA MEDITERRANEA ITALIANA h 13:00 Presentazione del nuovo sistema di Valutazione lineare in vigore dal h 14:00 Prove di valutazione pratica e valutazione in mostra a cui potranno partecipare tutti i presenti - Discussione sulle categorie valutate. h 16:30 Coffee break h 17:30 Incontro di Approfondimento sulla Bufala Mediterranea Italiana h 20:00 CENA SOCIALE presso l Agriturismo SELIANO - Via Seliano Paestum Patrocini SOCIETÀ ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA REDDITO ASSOCIAZIONE FEDERATA ANMVI

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