MINISTERO DELL INTERNO

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1 MINISTERO DELL INTERNO Scuola Superiore dell Amministrazione dell Interno XXVII Corso di formazione dirigenziale per l accesso alla qualifica di Viceprefetto COMUNICAZIONE, SOCIAL MEDIA L evoluzione dei processi comunicativi alla luce del mutamento sociale e dei paradigmi scientifici di riferimento Dott. Nicolino BONANNI Dott.ssa Anna CHITI BATELLI Dott. Angelo GALLO CARRABBA Dott.ssa Antonietta LONIGRO Dott. Gaetano LOSA Dott. Salvatore PARASCANDOLA Dott.ssa Natalia RUGGERI RELATORE: Prof. Michele SORICE I

2 SOMMARIO 1. I modelli (paradigmi) scientifici e teorici 1.1. Definizione di comunicazione (p. 1) 1.2. I modelli del processo comunicativo ed i suoi elementi costitutivi (p. 3) 1.3. La comunicazione di massa (p. 7) 1.4. Le teorie della trasmissione (p. 10) 2. I modelli sociali 2.1. Premesse sulle teorie della comunicazione (p. 13) 2.2. Il primo ciclo: Media onnipotenti (p. 15) 2.3. Secondo ciclo: Approccio empirico (p. 17) 2.4. Terzo ciclo: Gli effetti a lungo termine (p. 19) 2.5. Breve descrizione delle teorie degli effetti a lungo termine (p. 22) Il modello del knowledge gap (p. 22) La teoria della spirale del silenzio (p. 23) La teoria della coltivazione (p. 24) La teoria della dipendenza (p. 25) 2.6. Quarto ciclo: gli effetti dei media nella costruzione dell esperienza individuale e sociale (p. 26) 3. Oltre il broadcasting: dai digital media ai social media 3.1. Il contesto generale (p. 28) 3.2. Le modalità di comunicazione: il broadcasting ed il narrowcasting (p. 29) 3.3. Dal narrowcasting al webcasting: il ruolo dei media digitali (p. 32) 3.4. Dalla cooperazione sociale ai social media (p. 35) 3.5. Differenze tra social media e media tradizionali (p. 37) 4. Comunicazione, media e società: effetti e ruolo della comunicazione 4.1. Socialità e comunicazione (p. 40) 4.2. Media e società: dal medium alla piattaforma (p. 42) 4.3. Pubblico e privato: dalla separazione ai social media (p. 47) 5. La comunicazione della Pubblica Amministrazione. Evoluzione storica e normativa 5.1. Le prime forme di comunicazione: dallo Stato liberale al periodo fascista (p. 51) 5.2. Le previsioni della Carta Costituzionale (p. 52) 5.3. Dalla Costituzione alle prime normative degli anni Ottanta (p. 54) 5.4. Le riforme degli anni Novanta (p. 56) 5.5. La legge 150/2000 (p. 58) 6. Temi e problemi della comunicazione istituzionale in Italia. La comunicazione delle Prefetture II

3 6.1. La comunicazione pubblica (p. 63) 6.2. La comunicazione istituzionale (p. 64) 6.3. I problemi della comunicazione (p. 67) 6.4. La comunicazione delle Prefetture (p. 70) 7. Agenda digitale europea e agenda digitale italiana: stato dell arte 7.1. Breve introduzione (p. 74) 7.2. L Agenda Digitale Europea (p. 74) Concetti generali (p. 74) Mercato Digitale Unico (MDU) (p. 75) Il Commissario europeo per l Agenda digitale (p. 80) Tempistica di realizzazione (p. 80) 7.3. L Agenda Digitale Italiana (p. 81) Normativa (p. 81) Cabina di regia (p. 82) Linee di azione (p. 82) Diritti già operativi e nuovi documenti (p. 82) 7.4. Commenti e conclusioni (p. 84) Bibliografia (p. 87) III

4 1. I MODELLI (PARADIGMI) SCIENTIFICI E TEORICI 1.1. Definizione di comunicazione La radice del termine comunicazione risale al verbo greco koinoneo (partecipo) chiaramente legato all idea di koiné, della comunità e al latino communico (metto in comune, condivido). Questo significato è ben lungi dall esaurire o definire il concetto di comunicazione. Per analizzare al meglio il suddetto concetto è, infatti, necessario considerare le diverse variabili, i molteplici attori sociali, la funzione del contesto socioculturale, le logiche di trasmissione, la ricezione dei messaggi e così via. Pertanto, per comprendere ed interpretare i fenomeni comunicativi all interno di un quadro di riferimento scientifico è necessario individuare più definizioni. A tal riguardo è stata elaborata una classificazione in otto possibili concetti. a) Comunicazione come contatto. Nella politica, per esempio, si parla della comunicazione come fattore di contatto. Assorbe l idea di comunicazione come partecipazione. b) Comunicazione come trasferimento di risorse e influenza. In questa idea della comunicazione non sono presenti necessariamente attività umane, non esiste alcuna dimensione interpretativa. Il flusso comunicativo è considerato alla stessa stregua di un insieme di oggetti che vengono trasportati, attraverso un canale da un punto A ad un punto B. In questo ambito può rientrare la definizione di comunicazione come influenza. Al concetto di influenza si possono far corrispondere due direttrici interpretative: 1. il comportamento di un essere vivente che ne influenza un altro; 2. qualunque emissione di un segnale da parte di un organismo che influenzi un altro organismo. 1

5 La definizione di comunicazione nel senso di influenza si fonda su un modello comportamentista: dato uno stimolo è sempre possibile determinare la risposta o la sua intensità. Lo schema S-R, anche detto diagramma di flusso, rappresenta una delle più semplici modellizzazioni della comunicazione. c) Comunicazione come passaggio di informazione. Questo concetto si sviluppa in maniera analitica nel secondo dopoguerra, quando emerge il bisogno di misurare l informazione e comprendere come rendere più efficace la trasmissione. In questo caso non c è trasferimento di risorse ma di informazioni. Il concetto di comunicazione come passaggio di informazione implica nelle società avanzate, l esistenza di supporti tecnologici attraverso i quali far passare i flussi di informazioni. d) Comunicazione come condivisione. Questo concetto è strettamente connesso alla radice etimologica di comunicare già precedentemente illustrato. Il processo comunicativo non è da intendersi solo come invio di messaggi ma se ne deve considerare la specifica valenza di atto sociale. e) Comunicazione come interferenza. Il processo comunicativo non si concretizza nel trasferimento dell informazione, bensì in una complessa attività di costruzione di indizi e produzione di congetture sugli indizi prodotti dagli interlocutori. Questo tipo di comunicazione modifica lo spazio cognitivo degli interlocutori. Sperber e Wilson parlano di comunicazione estensivo influenzale: il processo comunicativo, cioè, si fonda sull esibizione di segni linguistici che permettono al destinatario di produrre significati. f) Comunicazione come scambio. L idea dello scambio contiene anche quella della cooperazione e, talvolta, della competizione. Nell ambito del concetto di scambio rientrano particolari forme di comunicazione come quelle attivate dalle strategie di marketing. In questo caso è necessario che i due poli della comunicazione abbiano determinate caratteristiche: possiedano valori da scambiarsi, siano liberi di partecipare o meno allo scambio stesso. 2

6 g) Comunicazione come relazione sociale. Questo concetto ha una evidente rilevanza sociologica: la formazione di un unità sociale è realizzata a partire da individui singoli, mediante l uso di un linguaggio o di segni. h) Comunicazione come interpretazione. Si fonda sui presupposti teorici della ermeneutica. L idea centrale è che la fruizione di un messaggio o di un testo non possa ridursi all atto dell ascolto né a quello della decodifica; è necessaria invece un attività complessa che definisca un progetto sulla base di ipotesi sul suo significato cui dovrà seguire necessariamente quella della verifica della validità. Le diverse definizioni sono espressioni di differenti momenti storici della ricerca e possono essere ricondotte a tre accezioni principali cui corrispondono differenti modelli del processo comunicativo. Comunicare significa innanzitutto trasmettere un messaggio (un informazione). Qui è presente l idea che la comunicazione apporti un elemento di conoscenza che prima il destinatario non conosceva e quindi l idea della comunicazione come notizia, annuncio, informazione. In secondo luogo comunicare significa costruire, elaborare, condividere significati. La comunicazione è un attività interpretativa rivolta a comprendere le reciproche intenzioni attraverso i segni con cui vengono mostrate. Infine comunicare significa costruire, mantenere, modificare relazioni tra le persone ed i gruppi sociali. Comunicare significa in questo caso coinvolgersi in una relazione e ciò chiama in causa l identità di coloro che comunicano e la definizione della relazione che si attua tra i loro I modelli del processo comunicativo ed i suoi elementi costitutivi Nell ambito degli studi sulla comunicazione si sono succeduti diversi modelli teorici, che possono essere ricondotti alla seguente tripartizione: a) il modello tradizionale/meccanico; b) il modello interattivo/sistemico; 3

7 c) il modello dialogico/relazionale. Il modello tradizionale è un modello lineare (la comunicazione viene considerata come un comportamento spiegabile secondo la logica dello stimolo-risposta). La comunicazione è unidirezionale (mittente unico ed i destinatari sono molti e non esiste la possibilità di inversione del ruolo). Il processo comunicativo, dunque, avviene sempre nella medesima direzione: l unico mittente produce il messaggio, i molti destinatari non possono fare altro che riceverlo e decodificarlo. Nel suddetto paradigma rientrano i modelli di Lasswell 1, di Shannon e Weaver. Più o meno negli stessi anni in cui Lasswell pubblicava i suoi studi, nei laboratori della Bell Telephone Laboratories alcuni ricercatori cercavano di comprendere come si potesse aumentare l efficienza e la fedeltà della trasmissione del messaggio telefonico. La loro attenzione era rivolta a focalizzare l efficienza e l efficacia della trasmissione di un messaggio attraverso un canale, senza attenzione al contenuto del messaggio stesso. Da questi studi ha tratto origine lo schema della comunicazione di Shannon e Weaver 2 : E cod mess dec R (teoria matematica della comunicazione). Questo schema introduce anche il concetto di rumore cioè qualsiasi cosa di involontario che disturbi la decodifica di un messaggio. Il rumore si può manifestare sia a livello tecnico (i disturbi nella ricezione di una stazione radio) sia a livello semantico, come distorsione del significato del messaggio dovuta a differenze o incompatibilità di codici linguistici, culturali, psicologici, ecc. Nel suddetto schema non è fatto alcun riferimento al valore di significato dei segni, né al contesto circostanziale in cui vengono adottati. Trasmittente e ricevente sono nozioni meccaniche che non possiamo colmare con la soggettività umana. 1 Infra, paragrafo 1.4., pp. 9 e ss. 2 C.E. Shannon, A Mathematical Theory of Communication, in Bell System Technical Journal, vol. 27, 1948, pp , ; C.E. Shannon - W. Weaver, The Mathematical Theory of Communication, Illinois University Press, Urbana

8 Questo modello fu successivamente rielaborato da Jakobson 3. Egli individua sei componenti: mittente, messaggio, codice, canale, contesto, destinatario. Il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio richiede in primo luogo il riferimento ad un contesto che possa essere compreso dal destinatario; in secondo luogo esige un codice comune al mittente ed al destinatario; infine un contatto, un canale fisico ed una connessione psicologica fra il mittente ed il destinatario, che consenta loro di stabilire e mantenere la comunicazione. Alla metà degli anni Cinquanta il processo comunicativo evolve a favore di un approccio più legato alla comunicazione interpersonale (modello interattivo/sistemico) e si scopre che il modello di Shannon e Weaver manca di un elemento fondamentale: viene introdotto il feedback. Esso è la retrocomunicazione che il ricevente invia all emittente mentre la comunicazione sta avvenendo. E un informazione di ritorno che permette all emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per raggiungere il risultato che si è prefisso. Il modello sistemico non è lineare ma circolare. E un interazione continua tra più soggetti. Questa interazione si attua all interno di un sistema definito dalla comprensione e dal feedback. In questo modello l attenzione si sposta dalla ricezione del messaggio alla sua comprensione. Il processo si conclude quando l emittente, dopo aver ascoltato la risposta dell interlocutore, può dirsi sicuro che lo stesso abbia compreso il messaggio lanciato. Il modello dialogico/relazionale ha completato i modelli precedenti ribaltandone il punto di vista. Infatti ogni singolo processo comunicativo è bidirezionale, ed assume la forma di dialogo. In questo caso entrambi i protagonisti dell interazione comunicativa possono divenire mittenti e dunque possono produrre messaggi. 3 R. Jakobson, Closing Statement: Linguistics and Poetics, in T.A. Sebeok, Style in Language, Massachussets Institute of Technology, Boston

9 Perché, pertanto, si possa parlare di comunicazione è necessaria la presenza dei seguenti elementi: emittente, ricevente, messaggio, canale, codice e feedback. L emittente può assumere le seguenti figure: - Animatore: chi concretamente comunica e si rivolge all interlocutore; ha uno stile suo proprio. - Autore: chi ha ideato e costruito il messaggio. - Mandante: analogicamente con il significato giuridico indica il soggetto (individuale o collettivo) a nome di cui si comunica. Il ricevente può assumere la figura di partecipante ratificato o designato (destinatario specifico della comunicazione) occasionale o accidentale (ricevente ma non destinatario del messaggio). Il messaggio è un informazione strutturata secondo regole particolari di un dato codice e trasmessa mediante una certa sostanza materiale (un canale). Può essere intenzionale e non intenzionale, di denotazione o di connotazione, di contenuto e di relazione, esplicito o implicito. I messaggi si riferiscono sempre a qualcosa. In molti casi la comprensione è possibile solo facendo riferimento al contesto (microcontesto: situazione specifica dell interazione; macrocontesto: situazione sociale di riferimento). Il codice è il sistema dei segni dai significati condivisi che ci permette di comunicare. I segni si suddividono in tre tipologie: - icona: comunica direttamente un idea per somiglianza con l oggetto che rappresenta; - indice: comunica per connessione diretta o contiguità effettiva con l oggetto; vi è una relazione fattuale tra oggetto segno (impronta sulla sabbia, l indice puntato per indicare un oggetto); 6

10 - simbolo: comunica per interpretazione ossia richiede forme di interferenza o di associazione. I segni hanno una triplice funzione: - rappresentazione della realtà: gli esseri umani conoscono il mondo, se ne fanno una certa immagine ed agiscono in esso; - comunicazione: possiamo comprendere le reciproche intenzioni attraverso i segni che le manifestano; - partecipazione sociale: i segni favoriscono, attivano il senso di appartenenza a gruppi e collettività. Il canale è il mezzo attraverso cui l emittente veicola, o attraverso cui il ricevente ottiene il messaggio. Può essere inteso sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva. Il feedback 4 costituisce un elemento strutturale della relazione comunicativa. Non esiste alcuna forma di comunicazione che non ammetta o preveda una qualche forma di scambio di ruolo o di messaggio di ritorno La comunicazione di massa Ci sono molte forme di comunicazione, a seconda che si faccia riferimento alle modalità di funzionamento o all ambito delle applicazioni. A tale proposito una prima bipartizione concettuale estremamente importante è quella fra comunicazione interpersonale e comunicazione di massa. In realtà i due processi non sono molto differenti: in entrambi i casi, infatti, c è un messaggio che viene inviato da un emittente a un ricevente con l aggiunta, nel caso della comunicazione di massa, di un apparato tecnico per la veicolazione del messaggio stesso. Una prima differenza fra comunicazione interpersonale e comunicazione di massa è rappresentata dal feedback. Il feedback è attività del ricevente determinata, 4 Supra, p. 5. 7

11 però, dall emittente. All interno di uno scambio comunicativo interpersonale l emittente può adattare i propri messaggi in rapporto alle reazioni degli ascoltatori (feedback improprio). Nelle comunicazioni di massa questo processo è pressoché impossibile: il feedback, infatti, è deduttivo. L emittente, pertanto, non conosce il suo pubblico, se non attraverso forme di generalizzazione che, peraltro, forniscono dati in un tempo differito rispetto a quello dell emissione. Non è solo la natura del feedback, a determinare le differenze fra comunicazione interpersonale e comunicazione di massa. Le altre principali differenze sono relative al rapporto fra emittente e destinatario (potenzialmente simmetrico nella prima e prevalentemente asimmetrico nella seconda), collocazione del pubblico (vicino alla fonte nella prima e lontano dalla fonte nella seconda), quantità di pubblico (ridotta nella prima ed elevata nella seconda), qualità del pubblico (definito e noto all emittente nella prima, differenziato e sconosciuto all emittente nella seconda), natura dell emittente (individuo o gruppo nella prima, struttura organizzativa con capacità di articolazione dei processi distributivi nella seconda), messaggio (unico e solitamente non riproducibile nella prima, prodotti simbolici e/o copie diffuse simultaneamente nella seconda). Un aspetto importante dell analisi della comunicazione di massa risiede non tanto nella quantità di individui raggiunti bensì nell esistenza di una pluralità di destinatari, tutti potenzialmente raggiungibili dalla produzione dei mass media. Per comunicazioni di massa s intendono in genere le tecnologie di comunicazione a larga banda organizzate in broadcasting 5. Si è soliti dire che nella comunicazione di massa lo scambio comunicativo è asimmetrico: alla fonte dotata di autorità corrisponde un destinatario sostanzialmente passivo. Ma anche nella comunicazione di massa i destinatari conservano una capacità di intervento e, in qualche modo, cooperano al mantenimento del processo comunicativo. Thompson ritiene fuorviante sia il termine massa sia l espressione comunicazione di massa. Egli considera la comunicazione 5 U. Volli, Il libro della comunicazione: idee, strumenti, modelli, Il Saggiatore, Milano 1994, p

12 di massa come la diffusione generalizzata di merci simboliche attraverso la trasmissione di informazioni e contenuti simbolici 6. La comunicazione di massa presenta alcune caratteristiche che appaiono peculiari e che la connotano in maniera univoca rispetto ad altre forme di comunicazione. Innanzitutto bisogna prendere in considerazione le tecniche e le tecnologie impiegate per la produzione e la diffusione di prodotti mediali. Fausto Colombo distingue fra tecnologie di trasmissione, tecnologie di rappresentazione e tecnologie di riproduzione 7.Le tecnologie di trasmissione sono quelle che annullano la distanza spaziale. Le tecnologie di rappresentazione sono quelle che forniscono rappresentazioni parziali del reale : la fotografia, il cinema. Le tecnologie di riproduzione sono quelle che permettono la riproduzione in serie sostanzialmente infinite di prodotti culturali. Altre importanti caratteristiche della comunicazione di massa sono: la mercificazione delle forme simboliche ovvero l assegnazione ai beni simbolici dell immaginario mediale di un valor economico, e l elemento individuato da Thompson nella separazione strutturale fra la produzione delle forme simboliche e la loro ricezione. Le dinamiche di controllo nel rapporto fra emittenti e riceventi avvengono mediante forme di feedback mediato oppure attraverso forme di decodifica anticipatoria. Produzione, diffusione e consumo sono i gangli generali di un circuito dell industria dei media: la fase di produzione non può costituire da sé il primo stadio nella costruzione di un prodotto comunicativo; ci sono altre due unità funzionali, quali la creazione del prodotto e la pianificazione del suo impatto sul mercato. Nel concetto di trasmissione coesistono formule di tipo espansivo (broad) e restrittivo (narrow). Thompson individua altre due specifiche caratteristiche della comunicazione di massa: l estesa accessibilità delle forme simboliche nello spazio e nel tempo e la circolazione pubblica delle forme simboliche. Un importante conseguenza risiede nel processo di de-spazializzazione della simultaneità: non è più necessaria la compresenza per esperire la simultaneità degli avvenimenti. 6 J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità, Il Mulino, Bologna 1998, p F. Colombo, Media e industria culturale, Ed. Vita e Pensiero, Milano 1994, p

13 1.4. Le teorie della trasmissione Le teorie della trasmissione spiegano il processo comunicativo riferendosi principalmente alla sua dimensione trasmissiva. I concetti di comunicazione sottostanti sono quelli che fanno riferimento all idea di trasporto fisico del segnale e di trasmissione di informazione da un soggetto ad un altro. Nella prima metà del novecento la corrente dominante negli studi sulle comunicazioni di massa è rappresentata da studiosi afferenti alla cosiddetta mass communication research. Tale corrente di studi raccoglie studiosi accomunati da una grande attenzione al tema degli effetti prodotti dalla comunicazione sui destinatari dei messaggi mediali. Il modello di Lasswell 8 ha svolto un ruolo di vero e proprio snodo epocale nello studio della comunicazione di massa, focalizzando l attività dei ricercatori sull analisi degli effetti della comunicazione e sull analisi del contenuto dei messaggi. Per Lasswell, ogni atto di comunicazione implica la risposta alle seguenti domande: chi (emittenti), dice cosa (contenuto dei messaggi), attraverso quale canale (mezzo di comunicazione), a chi (audience, pubblico), con quale effetto (effetti della comunicazione). Ad ognuna di queste domande corrisponde uno specifico settore di ricerca nel campo della comunicazione di massa: l analisi degli emittenti (control analysis), del contenuto dei messaggi (content analysis), dei mezzi tecnici (media analysis), del pubblico (audience analysis), degli effetti della comunicazione (effect analysis). Per Lasswell, la caratteristica saliente della comunicazione di massa è l asimmetria dei ruoli: l iniziativa della comunicazione è sempre dell emittente che riveste, dunque un ruolo attivo, mentre gli effetti si ripercuotono sulla massa passiva che, colpita dal messaggio, reagisce comportandosi in modo conforme alla volontà del comunicatore. Inoltre, ogni atto comunicativo è intenzionalmente mirato a produrre degli effetti, per cui la communication research deve concentrarsi sull analisi del contenuto dei messaggi per misurare gli effetti dei media sul pubblico. Il modello di Lasswell non fa riferimento al contesto comunicativo ma sottende una concezione della società di massa come un aggregato di individui atomizzati. Non si considerano, quindi, 8 H. D. Lasswell, The Structure and Function of Communication in Society, in L. Bryson, The Communication of Ideas, Institute for Religious and Social Studies, New York 1948, pp

14 le relazioni interpersonali e l appartenenza degli individui a gruppi sociali. La misurazione degli effetti della comunicazione di massa porta alla conclusione che essi non sono diretti ma mediati, influenzati, cioè, da una serie di variabili. Il modello di Lasswell è riuscito a porsi come cerniera fra le due opposte tendenze della communication research: la prima fortemente influenzata dal comportamentismo, che ha determinato le linee di sviluppo della teoria ipodermica; la seconda sviluppatasi verso la fine degli anni quaranta, che considerava importanti le azioni di mediazione e resistenza che i destinatari attivano nella ricezione dei messaggi mediali. La teoria ipodermica, che si afferma nell intervallo tra le due guerre mondiali, è ben sintetizzata nell affermazione del sociologo americano C. R. Wright secondo la quale ogni membro del pubblico è personalmente e direttamente attaccato dal messaggio 9. Questo modello non sfocia in una vera e propria teoria fondata su ricerche scientifiche; esso si fonda su una sensazione nei confronti della comunicazione di massa motivata anche dalla coincidenza tra la diffusione dei media elettrici su larga scala (in particolare della radio) e l affermazione dei regimi totalitari. Il modello ipodermico propone, infatti, una valutazione globale del fenomeno comunicazione di massa, manifestando una certa indifferenza alla diversità dei vari mezzi e facendo coincidere la teoria della comunicazione come una teoria della propaganda. Questa teoria guarda all individuo come atomo isolato, il cui comportamento è determinato direttamente dalle suggestioni provenienti dai mass media. L individuo è, in altri termini, considerato come una tabula rasa su cui i media sono liberi di agire senza resistenze alcune. Per queste ragioni, questa posizione teorica è spesso descritta con la metafora del proiettile che colpisce il singolo individuo atomizzato (teoria del proiettile magico bullet theory). Il modello ipodermico poggia sul modello della comunicazione elaborato nell ambito della psicologia comportamentista che si sviluppa negli Stati Uniti nei primi decenni del Novecento C. R. Wright, Mass Communication: A Sociological Perspective, Random House, New York 1959, ed. 1975, p Supra, par. 1.1., p

15 La crisi del modello ipodermico si accompagna anche alla considerazione dei fattori sociali in gioco nel processo di comunicazione di massa. Non solo il contenuto del messaggio, ma anche il contesto sociale agisce sulla reazione del pubblico. Gli effetti della comunicazione di massa non sono diretti ma mediati, oltre che dai processi interpretativi individuali, anche dalle dinamiche sociali. Uno studio 11 di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet sugli effetti della campagna presidenziale americana del 1940 ha dimostrato che il rapporto tra emittente e destinatario non è sempre diretto ma è mediato da particolari figure: i leader di opinione, che, considerati competenti per alcune materie, interpretano e diffondono il messaggio proveniente dai media. Il flusso della comunicazione è a due fasi: una fase avviene tramite media e un altra è interpersonale. Ciò dimostra che gli effetti dei media dipendono anche dal contesto sociale e dalle relazioni interpersonali (two-step flow of communication). La suddetta teoria considera l influenza dei contatti come preminente rispetto a quella esercitata dai soli media. In altri termini i mezzi di comunicazione di massa partecipano alla determinazione dell efficacia comunicativa ma non risultano responsabili unici dei cambiamenti di opinione. Le ricerche di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet e poi ancora lo studio 12 di Katz e Lazarsfeld, considerando il ruolo dei gruppi sociali e delle relazioni interindividuali nella fruizione mediale, conducono inevitabilmente alla considerazione che i mezzi di comunicazione di massa producano un influenza selettiva: in altri termini l audience appare dotata della capacità di selezionare i materiali informativi. La teoria del two-step flow of communication ebbe una rilevanza persino maggiore di quello che apparve immediatamente. Le ricerche compiute e l elaborazione teorica, infatti, limitavano di fatto le ipotesi di media onnipotenti. 11 P.F. Lazarsfeld - B. Berelson - H. Gaudet, The People s Choice: how the voters makes up his mind in presidential campaign, Duell Sloane & Pearce, New York E. Katz - P.F. Lazarsfeld, Personal Influence: the part played by people in the flow of mass communications, Free Press, Glencoe

16 2. I MODELLI SOCIALI 2.1. Premessa sulle teorie della comunicazione Le teorie della comunicazione sono nate intorno agli anni Venti e Trenta del Novecento, a seguito della imponente presenza dei mass media nella società contemporanea e ai crescenti interrogativi sugli effetti che essi potevano provocare nei confronti dei utenti, sia a livello individuale, sia a livello collettivo e sociale. Le diverse teorie sulla comunicazione e sui media, chiamate Media studies, hanno affrontato ed evidenziato particolari aspetti del complesso legame che intercorre tra la fonte del messaggio ed i pubblici destinatari, in funzione degli effetti più o meno gravi che i media possono produrre. Un importante classificazione delle teorie sui media e sui loro effetti 13 è quella che le distingue in quattro fasi: 1. la prima, alle origini e quindi intorno agli anni Trenta del XX secolo, che sottolinea la possibilità di effetti forti e diretti dei media, capaci di realizzare la manipolazione dei comportamenti (teorie della trasmissione); 2. la seconda, dagli anni Quaranta ai Sessanta dello stesso secolo, che mostra, in una visione più ottimistica, come i media abbiano effetti limitati, a causa della resistenza opposta al messaggio dalle caratteristiche psicologiche individuali dei destinatari e dal contesto sociale (teorie del dialogo); 3. la terza, degli anni Settanta e Ottanta, che vede, invece, un ritorno degli effetti forti, non più diretti come nella prima ondata, bensì indiretti e di lungo periodo, in grado d avere conseguenze non sui comportamenti dei destinatari, ma sulle loro conoscenze e credenze; 13 D. McQuail, Mass Comunication Theory. An Introduction, Sage, London 1987 (trad.it Sociologia dei Media, il Mulino, Bologna 1996). 13

17 4. una quarta fase, che va dagli anni Ottanta in poi del Novecento, in cui gli effetti dei media sono in qualche modo mediati dalla fruizione attiva dell' audience. McQuail definisce questa quarta fase della influenza negoziata dei media. Nei media studies è sempre riscontrabile la compresenza dei due orientamenti: quello per il quale i media sono onnipotenti ed in grado quindi di manipolare facilmente il comportamento dei pubblici e quello per il quale gli effetti dei media sono sempre filtrati da diverse variabili, empiricamente verificabili. Riguardo agli effetti è possibile tracciare due paradigmi culturali, che rappresentano in qualche misura i poli opposti delle diverse concezioni sui Media studies. All estremità degli effetti minimi o limitati c è il paradigma struttural-funzionalista, secondo il quale la presenza dei media è funzionale all equilibrio del sistema sociale nel suo complesso ed in tale contesto l audience avrebbe quindi un ruolo attivo. All estremità opposta, dalla parte degli effetti forti, c è il paradigma marxista della teoria critica, proprio della scuola di Francoforte, secondo cui l élite dominante si serve dei contenuti ideologici, stereotipati e standardizzati dei media per esercitare un controllo sulla massa, intesa come un aggregato di persone passive, che assorbe i valori e i comportamenti sociali trasmessi dai media, che diventano gli unici riferimenti valoriali a cui rifarsi. Ne consegue che esiste un parallelo fondamentale tra effetti dei media e risposta dell audience. Nello specifico, ad effetti considerati forti corrisponde inevitabilmente una concezione passiva del pubblico rispetto al messaggio veicolato. E il caso per es. della teoria ipodermica e della teoria critica. Viceversa, ad effetti limitati corrisponde generalmente un audience attiva, la cui capacità d interpretazione del messaggio è verificabile sperimentalmente, come per es. nella teoria degli effetti limitati e degli usi e gratificazioni. In particolare, per audience attiva s intende la sua elevata capacità di selezione dei contenuti, di interpretazione soggettiva e creazione di significati, nonché di resistenza ai messaggi ideologici. Indubbiamente all interno di queste due concezioni estreme di pubblico esistono varie tonalità intermedie ed è per questo che, anziché parlare di una sola audience, si 14

18 suole utilizzare il termine audiences (al plurale) o pubblici, per sottolineare la presenza di una vasta tipologia di destinatari del messaggio mediatico. E importante precisare che non tutte le teorie di cui si tratterà hanno avuto una verifica empirica, in quanto alcune di esse sono puramente speculative, non avendo ricevuto il necessario riscontro statistico, per impossibilità pratica o per fatto culturale. Inoltre, il passaggio da un ciclo al successivo non avviene in maniera netta e facilmente databile. Le posizioni teoriche sono spesso compresenti in un dato periodo storico e in un certo contesto socio-culturale, ed hanno conseguenze anche nei periodo successivi. Le fasi tendono a sovrapporsi le une alle altre ed ogni nuova fase nasce sempre all interno di quella precedente Il primo ciclo: Media onnipotenti La prima fase di studi sui media risale al trentennio che comprende le due guerre mondiali, caratterizzato dalla grande esplosione dei mezzi di comunicazione di massa ed in particolare dalla radio. Periodo conosciuto come la fase dei media onnipotenti, e che vede l accostarsi degli studiosi alle problematiche relative agli effetti dei Media sulla società. Tale approccio risente della forte preoccupazione sui possibili effetti negativi dei media sulla grande efficacia della propaganda nell orientare il giudizio verso coloro che sono in grado di controllare il sistema dei media ed utilizzarlo per i propri scopi. La denuncia apocalittica nasce in Germania da parte della Scuola di Francoforte 15 in considerazione dell utilizzo controllato dal regime dei primi mass media, che si erano allineati al potere nazista per timore di rappresaglie. Altri autori della stessa scuola ritenevano che l accettazione della dittatura non si andava realizzando soltanto per paura, ma per un naturale desiderio della società di non impegnarsi in una faticosa difesa della libertà, preferendo la sicurezza e il disinteresse per ogni problema sociale. La critica nata al sistema si fondava, secondo un approccio teorico marxista, sulla perversa costruzione dei mass media come sovrastruttura funzionale al potere della classe egemone che cercava di impedire a quelle subalterne di 14 M. Wolf, Gli effetti sociali dei Media, Bompiani, Milano T.W. Adorno, On popular music, in Studies in Philosophy and social Sciences, vol. IX, n.1,

19 prendere coscienza della loro posizione. In particolare i media erano considerati strumenti molto efficaci per imporre un ideologia, nell ambito della quale fini e interessi della società si smarriscono nella falsa coscienza. In questa società tutti sembrano essere apparentemente liberi di poter esprimere le loro idee, vivere e lavorare secondo le regole razionali dell economia e del suo principale obiettivo:il consumo. Gli studiosi della comunicazione ritenevano che i media fossero in grado di persuadere grandi masse di fruitori, convincendoli ad omologarsi alle opinioni da essi espressi. La Scuola di Francoforte al riguardo si soffermò sulla funzione ideologica svolta dai mass media nell ambito della società, precisando che i prodotti dell industria culturale, che segue le logiche analoghe agli altri settori dell industria capitalistica, sono imposti alla massa senza che questi possano reagire con consapevolezza all ideologia presente implicita nei prodotti stessi. Il pubblico è una massa che assorbe valori e comportamenti sociali trasmessi dai Media che diventano gli unici riferimenti valoriali a cui riferirsi. Lo stesso approccio pessimistico fu condiviso da altri studiosi negli Stati Uniti 16, partendo dai condizionamenti effettuati da persuasori di professione sulle scelte dei potenziali consumatori, che attraverso la persuasione manipolano i comportamenti relativi ai consumi, privandoli della capacità di scegliere liberamente La teoria ipodermica, affermatasi nell intervallo tra le due guerre mondiali negli Stati Uniti si caratterizza per la produzione di effetti forti dei media e da un audience passiva e indifesa. La teoria ipodermica ebbe come suo fondamento e giustificazione la teoria della società di massa, composta, secondo tale pensiero, da individui, indifferenziati; isolati e atomizzati; anonimi e poco colti; senza organizzazione e leadership, facilmente suggestionabili. La diffusione di un messaggio unidirezionale e identico ad una grande quantità di persone in modo indifferenziato, che colpisce come una pallottola comportò, secondo i primi teorici della comunicazione di massa, degli effetti persuasivi altrettanto 16 V. Packard, The Hidden Persuaders, McKay Company, New York 1957 (trad. it. I persuasori occulti, Einaudi, Torino 1980). 16

20 indifferenziati sui comportamenti. Il modello ipodermico poggiava sul modello della comunicazione elaborato nell ambito della psicologia comportamentista 17, che si fonda sulla convinzione che solo i comportamenti manifesti, in quanto osservabili e misurabili, devono essere oggetto della psicologia come scienza. I comportamenti individuali sono considerati come risposte meccaniche agli stimoli provenienti dall ambiente (modello S R) senza alcuna intermediazione mentale e pertanto di scarso interesse per il ricercatore Secondo Ciclo: Approccio empirico Il superamento di questa fase si realizza progressivamente dagli anni 50 fino alla metà degli anni 70, con l affacciarsi di un approccio alla ricerca empirica, che permise di evidenziare come le teorie lineari, stimolo-risposta, non funzionassero nella realtà in quanto i messaggi non sempre raggiungevano i destinatari voluti e, molto spesso,questi messaggi non venivano intesi secondo le intenzioni di chi li emetteva. Inoltre, tali ricerche dimostrarono che gli effetti dei media si realizzano come parte di un processo più complesso in cui i contatti personali e le interazioni reciproche fra i destinatari della comunicazione diventano fondamentali. Questo tipo di indagine, definito ricerca amministrativa (si trattava di indagini commissionate da amministrazioni pubbliche, da partiti politici e soprattutto da imprese private per ricercare nuovi strumenti di persuasione e consenso), fa emergere un sistema più complesso rispetto al quadro delineato nella fase precedente, perché i destinatari della comunicazione non sono più considerati passivi, isolati in una massa informe, ma soggetti inseriti in un contesto sociale fatto di relazioni interpersonali, di bisogni e di attese psicologiche che rendono gli individui come soggetto differente dagli altri (superamento del concetto di massa)e capace di valutare i contenuti della comunicazione dei media e di mediarne l impatto ed i significati (Teoria degli effetti limitati e il flusso di comunicazione a due stadi). Tali ricerche elaborate da Katz e Lazarsfeld 18 dimostrano che il pubblico non è di massa, ma al contrario differenziato in 17 Tra le figure preminenti di questo approccio ricordiamo John B. Watson, fondatore della scuola comportamentista, Edward L. Thorndike e B.F.Skinner. 18 E. Katz - P.F. Lazarsfeld, cit. 17

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