Il futuro della sanità: nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato

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1 Consumatori in cifre Il futuro della sanità: nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato Andrea Carobene Il 20% della spesa sanitaria nazionale, oggi, è pagato direttamente dai cittadini. A tale fenomeno corrisponde un arretramento della sanità pubblica che è destinato probabilmente ad accentuarsi. Le soluzioni per uscire da questo problema risiedono in una nuova partnership tra pubblico e privato e in forme di solidarietà mutualistica che razionalizzino la spesa out of pocket. La sanità non è gratuita Una delle affermazioni più comuni è che in Italia le prestazioni offerte dal Servizio Sanitario Nazionale siano pressoché gratuite. In realtà tra ticket, addizionali regionali, spese per farmaci e prestazioni non rimborsate, un cittadino medio sborsa di tasca sua ogni anno una cifra non indifferente. Secondo il rapporto dell OCSE Health at a Glance. OECD Indicators 2005, infatti, l Italia è uno dei paesi nei quali è più elevata la spesa out of pocket per servizi sanitari. Il termine out of pocket è particolarmente significativo, perché rimanda all azione di prelevare dal singolo borsellino dell utente quella moneta necessaria al pagamento dei servizi sanitari. Le spese out of pocket sono, dunque, quelle pagate direttamente da ciascuno di noi sotto forma di ticket per i medicinali, per le prestazioni di pronto soccorso, o versate direttamente per una visita medica specialistica, per l acquisto di medicinali non forniti dal Servizio Sanitario Nazionale e così via. Il rapporto dell OCSE offre delle cifre utili per comprendere questo fenomeno che interessa non solo l Italia, ma la quasi totalità dei paesi sviluppati, anche se con differenti gradi d incidenza. Nella Fig. 1 è riportata la percentuale di spesa diretta sostenuta dai cittadini delle singole nazioni dell OCSE rispetto al totale della spesa sanitaria nazionale. Nel nostro paese, come si nota, il 21% della spesa sanitaria è interamente a carico dei cittadini in maniera diretta. Questo significa che, ogni cento euro di spesa sanitaria, 21 sono pagati direttamente dalle tasche dei consumatori. Sempre secondo l OCSE, la spesa sanitaria incide per l 8,4% del PIL. Mettendo assieme i due dati, otteniamo che circa l 1,8% del PIL italiano dipende dalla spesa diretta dei cittadini per la salute. Andrea Carobene Giornalista, collaboratore de Il Sole 24 Ore e di Aggiornamenti Sociali Consumatori in cifre 113

2 Fig. 1 Percentuale di pagamento out-of-pocket sulla spesa sanitaria totale nel 2003 Stati Uniti Paesi Bassi Canada Francia Svizzera Germania Australia Austria Irlanda Nuova Zelanda Turchia Spagna Messico Finlandia Grecia Corea Danimarca Italia Lussemburgo Ungheria Polonia Giappone Repubblica Ceca Islanda Norvegia Repubblica Slovacca Fonte: OECD Health dati % total expenditure on health Il primo dato che ricaviamo, quindi, è che parlare di spesa sanitaria diretta non vuole solo dire affrontare un discorso che interessa tutti i consumatori, ma anche affrontare un tema di macroeconomia, che riguarda il 2% del PIL del nostro paese. Il confronto internazionale mostra che questo fenomeno della spesa out of pocket in sanità non è solo italiano: troviamo, infatti, una nazione come il Messico, nella quale più del 50% delle spese sanitarie è carico diretto dei cittadini, o Stati come la Grecia o la Corea, dove tale tipo di spesa incide, rispettivamente, per il 47% e il 42%. Se però restringiamo l analisi ai soli paesi dell Unione europea, scopriamo che sono solo cinque gli Stati dove la spesa a carico diretto dei cittadini supera il 20%: Spagna, Italia, Grecia, Ungheria e Polonia. Se, ancora, focalizziamo il discorso all interno della zona dell euro, questo fenomeno accomuna unicamente tre paesi, ossia Spagna, Grecia e Italia. Questi dati dimostrano che fare pagare direttamente ai cittadini il 20% della spesa sanitaria non è una politica scontata o comune, ma è piuttosto frutto di un insieme di cause-volontà - che devono essere comprese e analizzate, ma che non sono affatto inevitabili. Occorre poi considerare anche le premesse con le quali era nato il Servizio Sanitario Nazionale, ossia quello di un servizio per 114 Consumatori in cifre

3 la salute che coprisse integralmente i cittadini, offrendo a tutti le medesime condizioni di accesso. L arretramento del pubblico È interessante, a questo proposito, osservare la Fig. 2, sempre estratta dal rapporto OCSE, relativa alla percentuale di spesa pubblica sul totale della spesa sanitaria. Fig. 2 Percentuale di spesa pubblica sulla spesa sanitaria totale nel 2003 Repubblica Ceca Lussemburgo Repubblica Slovacca Svezia Norvegia Islanda Regno Unito Danimarca Giappone (2002) Nuova Zelanda Germania (1992) Irlanda Finlandia Francia Italia Belgio (Spesa corrente per la salute) Ungheria (1991) Ocse (escluso Belgio e rep. Slovacca) Spagna Canada Polonia Portogallo Austria Australia (2002) Turchia (2000) Paesi Bassi Svizzera Grecia Corea Messico Stati Uniti Fonte: OECD Health dati % total expenditure on health In Italia la percentuale di fatturato pubblico è del 75%, questo significa già oggi che il 25% della sanità italiana prescinde o va al di là dell intervento dello Stato. Se a questo 75% sommiamo il 21% a carico dei cittadini sotto forma di out of pocket, otteniamo come totale 96%: in altre parole, il 4% della spesa sanitaria Consumatori in cifre 115

4 nazionale non è riferibile né al pubblico né a una spesa diretta da parte dei cittadini, ma ad altre forme di pagamento, come potrebbero essere quelle offerte da assicurazioni o forme mutualistiche. Per la Germania questa parte restante è pari al 12% e per la Francia è il 14%. In entrambi questi ultimi due paesi, però, la spesa out of pocket a carico dei cittadini è del 10%, ossia bassa. Quello che si nota è che quindi sembra esistere una correlazione inversa tra il livello di altre forme di pagamento, come per esempio assicurazioni e fondi mutualistici, e la spesa out of pocket. Quest ultima è alta in quei paesi dove assicurazioni e fondi mutualistici sono praticamente assenti: quando invece queste forme di pagamento basate su una condivisione del rischio sono più diffuse, il pagamento diretto da parte dei cittadini di prestazioni sanitarie è più basso. La Fig. 3, sempre tratta dal rapporto OCSE, mostra come questa situazione sia andata evolvendosi nel tempo, rivelando che, in tredici anni, la spesa pubblica è arretrata del 4% rispetto al totale degli investimenti sanitari. Fig. 3 Cambiamenti nelle percentuali della spesa pubblica sulla spesa sanitaria totale dal 1990 al 2003 Repubblica Ceca Lussemburgo Repubblica Slovacca Svezia Norvegia Islanda Regno Unito Danimarca Giappone Nuova Zelanda Germania Irlanda Finlandia Francia Italia Belgio Ungheria Ocse Spagna Canada Polonia Portogallo Austria Australia Turchia Paesi Bassi Svizzera Grecia Corea Messico Stati Uniti -21,8-16,7-4,7-3,2 n.p. -4,7-3,1-0,2-3,7-4,4-0,3-4 n.p. -1,5-7,5-4,6-5 -4,7-4,8-2,4 0,9 0,3 3,9 2 4,2 0,4 1,9 6,1 6,1 6 12,5 % -25,0-12,5 0 12,5 25,0 Fonte: OECD Health dati Consumatori in cifre

5 In altre parole, stiamo assistendo a un progressivo arretramento del pubblico in Italia, a fronte di un avanzamento di altri soggetti erogatori non solo di servizi, ma anche finanziatori di sanità. Tra tali soggetti, però, una parte preponderante è assunta dai pagamenti diretti a carico dei cittadini. Come si suddivide la spesa out of pocket È interessante, ora, chiedersi dove questa spesa sanitaria diretta da parte dei cittadini si concentri. Si tratta, infatti, di comprendere se si riversi su capitoli di spesa non necessari o addirittura voluttuari, e che quindi rientrano negli ambiti di libertà propri di ciascun individuo, o se invece abbiano a che fare con prestazioni essenziali, alle quali, evidentemente, il Servizio Sanitario Nazionale non riesce a fornire una risposta adeguata. In altre parole, occorre chiedersi, per esempio, se questa spesa out of pocket si riferisce a cure non tradizionali, a medicinali da banco non indispensabili, o, al contrario, a medicinali e terapie essenziali, che il Servizio sanitario dovrebbe garantire. Le risposte a queste domande le conosciamo, perché appartengono all esperienza comune di ogni italiano. Stiamo parlando di dentista, di ticket, di visite specialistiche ginecologiche, ma anche di lunghe liste d attesa che spingono la gente ad avvalersi delle prestazioni private o alla mobilità sanitaria tra Sud e Nord. La Commissione Sanità di Confindustria ha realizzato uno studio per analizzare gli investimenti, il commercio e i servizi del settore salute. Lo studio è stato allegato a Il Sole 24 ore Sanità della settimana dal 18 al 24 aprile In tale studio compare una tabella (Tab. 1) relativa alla suddivisione e all evoluzione tra spesa sanitaria pubblica e delle famiglie tra il 1995 e il 2004, con un analisi dei diversi capitoli nei quali si suddivide la spesa. In particolare, dei 24 miliardi spesi dalle famiglie italiane per la loro salute nel 2004, più del 50% dei costi riguarda prodotti medicinali e farmaceutici, ma il 40% attiene a servizi medici e paramedici non ospedalieri, comprendenti anche visite specialistiche. Fanno parte di questa voce gli istituti a carattere scientifico, gli ospedali classificati e le case di cura private. È interessante approfondire a questo punto il capitolo relativo alle visite specialistiche. Nel biennio , l Istat ha chiesto ai cittadini se, nelle quattro settimane precedenti all intervista, questi avessero effettuato delle visite mediche specialistiche. Consumatori in cifre 117

6 Tab. 1 La spesa sanitaria pubblica e privata in Italia (anni ) Fanno parte di questa voce gli istituti a carattere scientifico, gli ospedali classificati e le case di cura private Voci Milioni di euro spesa pubblica assistenza ospedaliera assistenza farmaceutica prestazioni medico-generiche prestazioni medico-specialistiche assistenza ospedaliera convenzionata assistenza protesica e riabilitativa altre spese spesa delle famiglie servizi ospedalieri prodotti medicinali e farmaceutici servizi medici e parametici non ospedalieri Totale spesa sanitaria corrente Numeri Indici (1995#100) spesa pubblica ,0 116,3 120,2 126,4 141,1 156,0 164,6 169,5 184,8 assistenza ospedaliera ,0 117,4 120,3 122,3 134,4 145,1 153,0 157,1 173,3 assistenza farmaceutica ,5 120,5 132,7 147,6 175,0 233,5 234,7 222,1 239,9 prestazioni medico-generiche ,8 120,4 122,1 130,9 140,8 157,8 161,6 167,9 174,9 prestazioni medico-specialistiche ,6 120,4 126,2 94,0 108,0 114,1 124,8 131,7 140,7 assistenza ospedaliera convenzionata ,8 114,1 111,9 132,2 145,5 149,4 162,7 181,2 193,2 assistenza protesica e riabilitativa ,3 105,2 115,7 120,5 139,9 137,8 133,0 135,8 140,2 altre spese ,0 113,4 116,0 130,4 145,4 158,2 174,6 184,9 205,2 spesa delle famiglie ,4 115,4 121,7 125,0 129,3 123,2 130,7 137,3 138,9 servizi ospedalieri ,2 99,4 110,3 108,3 110,9 113,9 109,3 110,1 109,5 prodotti medicinali e farmaceutici ,1 118,3 124,0 129,3 133,6 117,1 130,1 140,0 139,2 servizi medici e parametici non ospedalieri ,2 116,1 122,0 124,1 128,9 134,1 137,9 141,7 147,3 Totale spesa sanitaria corrente ,8 116,1 120,6 126,0 137,9 147,3 155,6 160,9 172,6 Fonte: elaborazione Confindustria su dati Istat (Contabilità nazionale). A chi aveva risposto di sì, l indagine ha quindi domandato quale fosse stata la specialità richiesta, nonché la forma di pagamento. I dati di questa inchiesta sono riassunti nella Tab. 2. Come si nota, l 85,2% delle visite specialistiche odontoiatriche avvenute sei anni fa sono state pagate interamente dal paziente. Oggi, la situazione, probabilmente, non è molto diversa, e questo risultato è in accordo con quanto affermato durante il Workshop di economia in odontoiatria che si è tenuto in primavera a Cernobbio, e che è stato organizzato dall ANDI, Associazione Nazionale Dentisti Italiani. Secondo i dati emersi da quel convegno, ogni anno le famiglie italiane spendono di tasca propria circa 10 miliardi di euro per cure odontoiatriche, con una spesa media out of pocket - per famiglia che si rivolge al dentista - di euro. 118 Consumatori in cifre

7 Tab. 2 Persone che nelle quattro settimane precedenti l intervista hanno effettuato visite mediche specialistiche per tipo di specialista e tipo di visita. Anni Tipo di specialistica Tipo di visita Privato Privato Pubblico accreditato a pagamento Pubblico a pagamento intero intero Non so Totale Geriatria 17 16,2 61,3 5,2 0,3 100 Cardiologia 16, ,2 3,7 0,3 100 Ostetrico-ginecologica 8, ,9 3, Oculistica 9,6 49,5 37,7 2,7 0,4 100 Odontoiatrica 5,4 85,2 7,7 1,4 0,3 100 Otorino-laringoiatrica 9,6 38,8 47,3 4,2 0,1 100 Ortopedica 14,4 39,8 40,9 4,5 0,4 100 Neurologica 9,7 36,2 50,1 3,9 0,1 100 Psichiatrica, psicologica 11, ,1 4,3 0: Urologica 14,3 33,7 48,4 3,3 0,2 100 Gastro-enterologica 12,3 27,9 53 5,7 1,1 100 Dietologica 11,7 54,7 28,2 4,1 1,3 100 Dermatologica 12 42,1 41,3 4,3 0,4 100 Altra specialistica 10,7 39,1 45,2 3,7 1,2 100 Totale 10,1 52,8 33,4 3,2 0,4 100 Fonte: Istat. Nell articolo de Il Sole 24 Ore Sanità che riportava i dati emersi dal Convegno dell ANDI, era anche riferita la stima del fatturato complessivo prodotto dal settore odontoiatrico, indotto compreso (Tab. 3). Ebbene: le cure dei denti generano un fatturato complessivo pari a circa lo 0,8% del PIL. Ancora una volta, quindi, ci troviamo di fronte a discorsi di macroeconomia. Parlare di spesa out of pocket, e di sua destinazione, vuole dire affrontare problemi che hanno un impatto rilevante sull economia del nostro Stato. Come è noto, però, le cure odontoiatriche non rientrano tra le prestazioni comprese nei Lea, ossia tra quelle prestazioni sanitarie che il Servizio Sanitario Nazionale è obbligato a fornire. Tuttavia, è difficile considerare molte cure di questo tipo come non necessarie o non indispensabili a garantire una buona qualità di vita. Si può forse disquisire su alcuni interventi di ordine estetico, ma non certo su carie, ascessi, forniture di dentiere e così via. Se continuiamo però a scorrere la tabella Istat sulle visite specialistiche pagate dagli italiani di tasca propria, troviamo anche altri settori estremamente rilevanti che dovrebbero essere, a nostro parere, garantiti dal servizio pubblico. Per esempio, 6 visite su 10 del ginecologo avvengono a pagamento intero. Così pure quasi la metà delle visite oculistiche, o il 40% circa di quelle ortopediche e via dicendo. Alcune di queste specialità, se non tutte, sono formalmente garantite nei presidi sanitari, ma spesso i pazienti preferiscono rivolgersi al privato per combattere le lunghe liste di attesa, per avere una seconda opinione di fronte a diagnosi delle quali non sono certi, o per altri motivi. numero 2/2006 Consumatori in cifre 119

8 Tab. 3 Spesa delle famiglie per il dentista nel 2001 (valori in euro) Regione Famiglie di cui almeno un componente ha sostenuto nell anno una spesa per il dentista Spesa totale annua Sì No Totale Totale % per ab. N. % N. % N. % Spesa media per famiglia calcolata sull intera popolazione Spesa media per famiglia calcolata solo famiglie che hanno speso Piemonte e Val D Aosta , , , , Lombardia , , , Trentino A.A , , , Veneto , , , Friuli V.G , , , Liguria , , , Emilia R , , , Toscana , , , Umbria , , , Marche , , , Lazio , , , Abruzzo , , , Molise 36 37, , , Campania , , , Puglia , , , Basilicata 39 23, , , Calabria , , , Sicilia , , , Sardegna , , , Totale , , Fonte: elab. Servizio studi ANDI su dati Istat, Indagini sui consumi delle famiglie, Ipotesi di stima della spesa annuale delle famiglie - che hanno effettuato almeno una consultazione per il biennio pari a poco più di euro circa. La stima della spesa totale oscillerebbe, di conseguenza, intorno ai dieci miliardi di euro. Indice di una non adeguata risposta del Sistema Sanitario Nazionale ai bisogni dei cittadini è poi il fenomeno della mobilità interregionale. Secondo il rapporto annuale Istat del 2005, infatti: Tra il 1999 e il 2003 la mobilità ospedaliera interregionale non accenna a diminuire: la percentuale di dimissione di residenti ricoverati in un altra regione passa dal 6,7 per cento al 7,1 per cento. Si tratta, nel 2003, di quasi ricoveri: un fenomeno tutt altro che trascurabile. Lo stesso rapporto segnala che questo fenomeno può essere dovuto a fattori di prossimità, ossia alla presenza di strutture confinanti che si preferiscono utilizzare, ma anche essere causato da questioni sanitarie che possono essere espressione sia di un offerta non adeguata di strutture, sia di un insoddisfazione del cittadino verso la qualità dei servizi erogati dalla specifica regione, sia infine dalla necessità di rivolgersi a centri specializzati per determinate patologie. Le regioni che hanno flussi in uscita più consistenti di quelli in entrata sono quelle del Mezzogiorno, a eccezione di Abruzzo e Molise, e fra queste, le regioni con una percentuale d emigrazione superiore alla media sono Campania, Basilicata e Calabria. E più avanti: La mobilità di lunga di- 120 Consumatori in cifre

9 stanza riguarda in particolare i residenti nelle regioni Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna verso la Lombardia e l Emilia-Romagna; regioni, queste ultime, di grande attrazione non solo per le aree contigue. La Tab. 4, realizzata dal Censis nel 2005, analizza le cause di tale mobilità. In un caso su cinque la motivazione è dovuta al fatto che il paziente ritiene impossibile che il suo ospedale di riferimento riesca a svolgere quel tipo particolare di prestazione; complessivamente, oltre il 66% dei pazienti preferisce farsi curare in un altra regione perché spera di trovare servizi di qualità migliore. Anche il fenomeno della mobilità interregionale contribuisce all aumento Tab. 4 Le motivazioni della migrazione ospedaliera (val. %) Area della qualità 66,2% La migliore qualità dei medici 33,3% La migliore qualità delle strutture 30,7% La migliore qualità nei rapporti umani con il personale medico e paramedico 2,2% Area della dimensione pratico logistica 30,9% La conoscenza di un medico/infermiere nell ospedale extraregionale 20,3% La maggiore facilità nel raggiungere l ospedale 6,0% La presenza di un familiare nella zona 4,6% Area della necessità 26,2% L impossibilità nel mio ospedale di svolgere quel tipo tipo di prestazione 21,2% I minori tempi per svolgere la prestazione rispetto all ospedale della mia regione 5,0% Fonte: Indagine Censis 2005 (il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte). delle spese out of pocket dei cittadini coinvolti, se non altro per i costi di viaggio e di soggiorno delle persone che li accompagnano. Si noti bene che qui non si vuole affatto criticare la qualità complessiva del Sistema Sanitario Nazionale, che è sicuramente uno dei migliori al mondo, ma solo evidenziare alcuni fenomeni che ne diminuiscono la qualità. Tali fenomeni sono però destinati probabilmente ad aggravarsi in futuro. È lecito, infatti, aspettarsi che, negli anni a venire, il Servizio Sanitario Nazionale dovrà confrontarsi con i vincoli di spesa sempre più stringenti posti dall Unione o dal Fondo Monetario Internazionale. Ma tali vincoli si scontreranno con una tendenza inevitabile all aumento della spesa, causata dai cambiamenti demografici e dall invecchiamento progressivo della popolazione italiana, nonché dallo stesso progresso scientifico, che mette a disposizione strumenti diagnostici e terapeutici più efficienti, ma ai quali corrispondono costi più elevati. Queste sfide non sono facili, ma possono anche essere governate, tenendo conto che la dinamica della spesa sanitaria, così come quella previdenziale, è in buona parte prevedibile anche per gli anni futuri. Consumatori in cifre 121

10 Governare il futuro AXA Assicurazioni ha chiesto a quattro accademici italiani: Roberto Artoni ed Elio Borgonovi, dell Università Bocconi di Milano; Gustavo Galmozzi, Direttore Medico Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, e Antonio Pedone, dell Università La Sapienza di Roma, di studiare le dinamiche in atto nella sanità italiana. Da questo lavoro è scaturito il rapporto Collaborazione pubblico-privato: un futuro di sistemi misti nella sanità, il cui titolo fornisce già quella che è la proposta principale emersa: ossia una nuova forma di collaborazione tra pubblico e privato in una logica di partnership. La necessità di ripensare il rapporto pubblico privato nasce da quanto detto finora: in un prossimo futuro la spesa sanitaria è destinata ad aumentare, ma già oggi lo Stato non riesce ad assolvere completamente ai suoi obblighi etici. Inoltre, già ora i cittadini italiani pagano di tasca propria più del 20% della spesa sanitaria nazionale, e ci si può chiedere se non esista la possibilità di razionalizzare questa parte di spesa. Un utile indicazione viene dal già citato rapporto OCSE (Fig. 4). Come si vede da questa figura, nel nostro paese sono praticamente assenti le forme di finanziamento per prestazioni sanitarie legate alle assicurazioni, che invece concor- Fig. 4 Percentuale delle assicurazioni sanitarie private sulla spesa sanitaria totale nel 2003 Fonte: OECD Health dati Stati Uniti Paesi Bassi Canada Francia Svizzera Germania Australia (2001) Austria Irlanda Nuova Zelanda Turchia (2000) Spagna Messico Finlandia Grecia Corea Danimarca Italia Lussemburgo Ungheria Polonia Giappone (2002) Repubblica Ceca Islanda Norvegia Repubblica Slovacca 9 8,8 7,7 7,6 6,4 5,8 4,4 4,3 3,1 2,4 2,2 2,1 1,3 0,9 0,9 0,6 0,6 0,3 0, % total expenditure on health Consumatori in cifre

11 rono in Francia per il 13% della spesa, in Germania per l 8,8%, ma in Italia solo per lo 0,9%. Si tratta, quindi, di un settore che potrebbe espandersi, nel rispetto di regole ben precise. Allo stesso modo, anche i fondi di tipo mutualistico sono poco presenti nel nostro paese. Tra le iniziative da prendere, vi potrebbe essere quella di incentivi fiscali capaci di incoraggiare l adesione a forme mutualistiche sanitarie. Altre forme di razionalizzazione di questa spesa out of pocket potrebbero arrivare da servizi privati di brokeraggio, ossia di orientamento del paziente verso i servizi sanitari che più gli sono adatti, evitandogli inutili aggravi di spesa. Il privato potrebbe aiutare a coprire anche quei servizi che oggi risultano carenti, come le prestazioni di lungo-degenza, o intervenire sul territorio costruendo strutture per anziani e lungodegenti, e si potrebbero studiare forme assicurative che garantiscano prestazioni tanto di tipo sanitario che assistenziale, magari garantendo servizi a domicilio che accompagnino la postdegenza. Come si vede, le proposte non mancano. Occorre solo avere il coraggio, anche politico, di affrontare il dibattito su un eventuale partnership tra pubblico e privato, avendo bene in mente l obiettivo di una copertura sanitaria garantita per tutti, assieme, però, alla tenuta economica dei conti dello Stato e delle singole regioni. L auspicio è quello che attorno a questi temi si aprano anche forme di sperimentazione sul territorio. Modelli di questo tipo ce ne sono già, pensiamo, per esempio, ad AXA partnership sanità o all esperienza di Pfizer in Toscana. Riferimenti bibliografici Health at a Glance, 2005, Oecd Indicators Commissione Sanità di Confindustria, 2005, Il contributo della filiera della salute al prodotto nazionale, Allegato Il Sole 24 Ore sanità, aprile Sistema Statistico Nazionale - Istituto Nazionale Di Statistica, Rapporto Annuale. La situazione del Paese nel Censis, 2005, 39 Rapporto sulla situazione sociale del paese. AXA Italia (a cura di), 2005, Collaborazione pubblico-privato: un futuro di sistemi misti nella sanità, Milano. Consumatori in cifre 123

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