Il mondo contro se stesso

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1 Il mondo contro se stesso Il mondo contro se stesso a cura di Alessandro Schiavetti

2 Con il patrocinio di: Regione Toscana Comune di Cecina Comune di Castellina Marittima Catalogo realizzato in occasione della mostra LA GRANDE GUERRA. IL MONDO CONTRO SE STESSO Dal 14 marzo al 3 maggio 2015 Sala esposizioni, Fondazione Culturale Hermann Geiger Piazza Guerrazzi 32, Cecina (LI) Mostra e catalogo a cura di Alessandro Schiavetti Testi in catalogo di: Federico Gavazzi Damiano Leonetti Massimo Polimeni Giulia Santi Alessandra Scalvini Alessandro Schiavetti Editing testi: Daria Cavallini Graphic Design e impaginazione: Fabrizio Pezzini Fotografie: SchPhoto Immagini d archivio: Archivio Storico Fondazione Corriere della Sera Biblioteca Comunale Foresiana di Portoferraio Collezione Famiglia Casarosa Museo Civico del Risorgimento di Bologna Ufficio Storico della Marina Militare Mappe 3D e figurini delle uniformi: Enrico Ricciardi Ufficio stampa: Spaini & Partners Albo prestatori: Francesco Alunno, Archivio Storico del Comune di Cecina, Associazione Modellismo e Storia Dlf Pontassieve, Giuliano Baratella, Federico Bardanzellu, Massimiliano Battini, Croce Rossa Italiana Comitato Provinciale di Livorno, Luca Dello Sbarba, Luca Luperini, Giacomo Luppichini, Maria Luisa Manni Guanti, Placido Narsetti, Luciana Narsetti Servolini, Marco Piermartini, Massimo Polimeni, Andrea Russo, Piero Santi, Michela Sgarallino, Elda Valori, Venerabile Arciconfraternita della Misericordia di Pontedera, Dario Viganò In copertina: Truppe d assalto austriache, Piave, Museo Civico del Risorgimento di Bologna Bandecchi & Vivaldi Editore ISBN

3 Indice 4 IL MONDO CONTRO SE STESSO 5 Introduzione 8 La Grande Guerra 13 Cronologia 16 La guerra italo-austriaca 18 Strafexpedition La battaglia degli Altipiani 20 La battaglia di Caporetto 22 La battaglia di Vittorio Veneto 24 LE UNIFORMI E LA GUERRA DEI GAS 25 Maschere antigas, elmetti, uniformi 44 LA TOSCANA NELLA GRANDE GUERRA 45 Le trincee della Toscana 50 Il bombardamento di Portoferraio 52 Il dirigibile U5 54 Ugo Narsetti e Cerbonesco Cerboneschi 55 Le lettere dei cecinesi 64 RICORDI DELLA GRANDE GUERRA 78 Numeri e schieramenti 79 Bibliografia scelta

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5 Introduzione Il primo conflitto mondiale del è ricordato come «Grande Guerra». Le perdite furono immense: più di nove milioni i militari caduti, oltre venti milioni quelli feriti, quasi otto milioni i dispersi e circa sette milioni le vittime civili. Più del 50 per cento degli uomini impegnati nel conflitto furono fatti prigionieri, feriti o uccisi. Il 60 per cento delle vittime aveva tra i venti e i trent anni. Fino alla Seconda guerra mondiale, è stato il più grande conflitto armato mai combattuto. Le ingenti perdite umane, la distruzione e l impatto mutilante con cui il conflitto si è abbattuto sulla nostra era sono senza precedenti nella storia. La forza impulsiva dell umana violenza scatenò battaglie apocalittiche. Le circostanze tragiche dei combattimenti, unite allo stress emotivo legato a un illusione di cambiamento, causarono anche quelle che per la prima volta furono definite «ferite psichiche». È la guerra di trincea ad aver provocato i danni psicologici più gravi nei soldati i quali, inermi sotto i bombardamenti, attendevano di morire o di restare mutilati. L abitudine a vivere in spazi angusti e nascosti evitando di calpestare i cadaveri dei propri compagni dilaniati dalle bombe aveva trasformato la morte in una componente costante e normale. Le uniche consolazioni di ogni soldato erano la religione e la carta su cui scrivere. La prima era compagna di viaggio in un percorso di dolore e sofferenza. La seconda era l unico modo per sentirsi vicini alla famiglia; scrivere e ricevere lettere al fronte era il momento più atteso della giornata, nei pochissimi attimi in cui non si sparava o si scavava. Scrivere e leggere erano le uniche vie d uscita dal dolore, dal fango, dalle malattie, dagli spari. Basti pensare che nel periodo della Grande Guerra furono scambiati oltre trenta milioni di lettere. Anche le famiglie erano in guerra. Con loro c erano i figli, le mogli, le madri e i padri, i fratelli e le sorelle; ogni persona vicina al soldato combatteva insieme a lui una «grande guerra» fatta di attese, di pianti, di disperazione, di silenzi. Le attività principali nella giornata tipo di un soldato della Prima guerra mondiale erano scavare e sparare. Sparare per sopravvivere. Sparare per farcela. Sparare per ritornare. La guerra fu una tragedia collettiva, una sconfitta per tutti, una dolente, infinita conta delle vittime che ancora oggi non ha cifre certe. Pretendere di applicare un arrogante criterio matematico al bilancio di quella che è stata una catastrofe epocale sarebbe come infangare una volta di più gli scarponi delle vittime dimenticate, di coloro che sono spariti nel nulla, dei soldati che hanno combattuto per degli ideali di nazione per poi essere inghiottiti dai grandi numeri. Le conseguenze furono forse ancora più tragiche; interi paesi e regioni andarono distrutti. La mancanza di igiene e prevenzione, unita alla scarsità dei farmaci, fu causa del proliferare della pandemia di influenza spagnola, la più grave nella storia dell uomo. Una malattia che per i medici era sconosciuta causò in poco tempo la morte di più di trenta milioni di persone. Fu un ecatombe. Con la mostra «La grande guerra. Il mondo contro se stesso», nel centenario dell entrata in guerra dell Italia, la Fondazione Culturale Hermann Geiger ricorda con emozione quei giovani soldati che un tempo chiamavamo «famiglia», ogni metro di terreno conquistato con aspri combattimenti, le faticose vette delle Dolomiti, le infinite scalate al gelo, il pantano dell Isonzo e del Piave, le vite di milioni di uomini, sospese nell immobilismo di fortini e trincee improvvisate, che con il loro eroismo hanno scritto pagine di storia. Alessandro Schiavetti Direttore Artistico Fondazione Culturale Hermann Geiger 5

6 Cannone da 149G Cannone da 149G prolungato Museo Civico del Risorgimento di Bologna 6

7 Soldati italiani in trincea con maschere contro i gas asfissianti La posta in trincea Museo Civico del Risorgimento di Bologna 7

8 La Grande Guerra Il 28 giugno 1914 furono uccisi in un attentato a Sarajevo l arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell imperatore austriaco Francesco Giuseppe, e la moglie. Gli attentatori erano nazionalisti serbi che cospiravano per la costituzione di una grande nazione slava nei Balcani. La palese complicità della Serbia convinse molti membri del governo di Vienna che una guerra contro Belgrado fosse inevitabile. Il 28 luglio fu dichiarata guerra. Un operazione militare di questo tipo avrebbe potuto non produrre effetti catastrofici se non fosse entrato in gioco il sistema di alleanze e trattati di mutua assistenza militare siglati dalle principali potenze europee negli anni precedenti il La Serbia godeva dell appoggio dell Impero russo, che si poneva sul piano internazionale come difensore dei popoli slavi ed era desideroso, a sua volta, di ampliare la propria influenza nei Balcani; la Francia, alleata con la Russia, era al contempo scossa da forti sentimenti revanscisti e antitedeschi e voleva riconquistare Alsazia e Lorena, perdute nel 1871 nella Guerra francoprussiana; l Inghilterra avrebbe aiutato la Francia con l obiettivo di arrestare la crescita militare, navale ed economica della Germania. Fu il fallimento delle diplomazie e l affermarsi degli interessi militari. Il 1 agosto la Germania dichiarò guerra all Impero russo, il 3 alla Francia e il 4 invase il neutrale Belgio. A difesa di quest ultimo e dell alleato francese si mosse anche l Inghilterra. L Impero austroungarico dichiarò a sua volta guerra a Russia, Francia e Gran Bretagna. Il Regno d Italia, appellandosi alla natura prevalentemente difensiva del trattato della Triplice Alleanza (che la vedeva ancora legata ad Austria e Germania), dichiarò subito la propria neutralità. In ottobre anche l Impero ottomano entrò nel conflitto a fianco degli Imperi centrali. L alto comando tedesco mise in atto il piano Schlieffen che prevedeva una rapida offensiva verso la Francia, attraverso il Belgio e il Lussemburgo. Il 20 agosto i tedeschi occuparono Bruxelles. L esercito francese, supportato sul fianco sinistro dalla British Expeditionary Force, iniziò a contrastare i tedeschi su un ampio fronte: in quella che è conosciuta come battaglia delle Frontiere (14-24 agosto), i tedeschi sconfissero la Quinta Armata francese a Charleroi, gli inglesi a Mons e i belgi a Namour, avanzando fino a 40 chilometri da Parigi. La vittoria sembrava molto vicina, ma gli Alleati passarono al contrattacco e nella prima battaglia della Marna (5-12 settembre) indussero il nemico a ripiegare fino all Aisne. Il piano Schlieffen era fallito. Entrambi gli schieramenti cercarono di guadagnare un vantaggio strategico aggirando il nemico da nord in quella che passerà alla storia come «corsa al mare»: in pochi giorni il fronte si allungò dal confine svizzero alle coste del Belgio. Gli schieramenti cominciarono a trincerarsi nelle posizioni raggiunte e la guerra di movimento si trasformò in guerra di trincea. Diversamente, sul fronte orientale, l armata tedesca riuscì subito a infliggere due importanti sconfitte all esercito russo a Tannenberg e in Masuria. Nel maggio del 1916 l attacco tra Gorlice e Tarnów aprì la strada per Varsavia e quasi tutta la Polonia e parte della Lituania passarono in poco tempo sotto il controllo tedesco. Più a sud, in Galizia, la situazione divenne invece critica per l esercito austroungarico che resistette solo grazie al supporto dell alleato. Uno dei motivi che spinsero l Italia a entrare in guerra a fianco dell Intesa fu proprio la chiara difficoltà militare dell Impero austriaco (23 maggio 1915). Nel 1915 i francesi attaccarono ripetutamente nello Champagne e gli inglesi nell Artois, senza ottenere risultati di rilievo. L unica azione tedesca fu l offensiva a Ypres del 22 aprile, dove per la prima volta furono impiegati con efficacia i gas tossici. Nonostante l uso di nuove e terribili armi (gas, lanciafiamme, carri armati) e di numeri sempre crescenti di uomini e risorse, i limiti strutturali dell attacco di fanteria nella guerra di trincea e i ripetuti errori dei vari comandi trasformarono ogni battaglia in prolungati e inutili massacri di uomini. 8

9 La stasi sul fronte occidentale determinò l estensione del conflitto ad altre aree geografiche (Caucaso, Medio Oriente, colonie dell Africa, Dardanelli). Nei Balcani l entrata in guerra della Bulgaria a fianco della Triplice Alleanza e l aiuto tedesco portarono l esercito austroungarico a invadere la Serbia (6 ottobre 1915). Il salvataggio dell esercito serbo costretto alla fuga verso il mare fu una delle operazioni più importanti della Regia Marina Militare durante la Prima guerra mondiale. Il 1916 fu l anno delle grandi battaglie. Gli Alleati avevano pianificato tre grandi offensive contro gli Imperi centrali: l offensiva russa nella Prussia orientale, quella italiana sull Isonzo e quella anglofrancese sulla Somme. Ma furono i tedeschi a muoversi per primi. Il 21 febbraio scatenarono l attacco a Verdun, sulla Mosa, con l obiettivo di logorare l esercito francese in un lungo scontro che si protrasse fino all autunno. Nella battaglia della Somme (1 luglio 18 novembre), l ampio fronte d attacco, errori tattici e l inefficacia del bombardamento preparatorio impedirono un reale sfondamento, e anche qui attacchi e contrattacchi si alternarono per mesi. Alla fine delle due battaglie i morti furono oltre Il 31 maggio 1916 ebbe luogo anche la battaglia navale più importante della guerra: la flotta tedesca si scontrò con quella inglese nel tentativo di spezzare il predominio britannico sui mari e il blocco navale che questa attuava ai danni della Germania. Lo scontro avvenne nelle acque dello Jutland e si concluse con una parziale vittoria tedesca, ma senza che la supremazia navale inglese fosse scalfita. Il 1917 fu un anno determinante. Tutti i comandi militari avevano chiesto da subito ai propri governi misure eccezionali per sostenere lo sforzo bellico: conversione della produzione industriale, intervento crescente dello stato nell economia, sospensione dei diritti civili, ampio ricorso a tribunali militari. Gli stati europei che nel 1914 erano entrati in guerra con entusiasmo e nella convinzione che il conflitto sarebbe stato breve adesso vedevano crescere il malcontento e l opposizione interna al prolungarsi della guerra; ci furono scioperi e proteste e negli eserciti aumentarono gli episodi di ammutinamento. Il primo a cedere fu il «fronte interno» russo. A seguito della Rivoluzione bolscevica, il 1 novembre la Russia uscì di fatto dal conflitto e cominciò a intavolare le trattative per la pace separata di Brest-Litovsk. Sempre nel 1917, il 6 aprile, dichiararono guerra alla Germania anche gli Stati Uniti, che fino a quel momento erano rimasti neutrali nonostante gli incidenti causati dalla guerra sottomarina indiscriminata e la vicinanza alla causa dell Intesa. L enorme potenziale umano e industriale americano era destinato a spezzare gli equilibri. Il 21 marzo 1918 cominciò l offensiva del Kaiser, l ultima grande avanzata tedesca. Grazie a nuove tecniche d assalto e a un maggiore coordinamento negli attacchi, il fronte sulla Somme venne travolto. Si era finalmente ritornati alla guerra di movimento e i tedeschi si spinsero di nuovo fino alla Marna, arrivando a pochi chilometri da Parigi. Tuttavia, il potenziale offensivo tedesco, sul piano sia del morale che dei mezzi, era ormai esaurito. L arrivo delle divisioni americane determinò un incolmabile superiorità di mezzi e uomini per le potenze dell Intesa. Nelle controffensive sulla Marna (18 luglio 4 agosto), ad Amiens e a Saint-Mihiel, l esercito alleato avanzò rapidamente. Rivoluzioni di stampo bolscevico scoppiavano intanto a Vienna, Budapest e Berlino e l Impero austroungarico si dissolse sotto le spinte delle diverse componenti nazionali. Il 2 ottobre divamparono in Germania le prime rivolte e l 11 l esercito tedesco si ritirava su tutto il fronte, subendo nuove sconfitte; alcuni reparti cominciarono ad arrendersi. La Germania chiese l armistizio e l 11 novembre i delegati tedeschi a Compiègne firmarono la resa, accettando le gravose condizioni imposte dagli Alleati. La guerra era finita. Tra il 18 gennaio 1919 e il 21 gennaio 1920 i paesi vincitori si riunirono nella conferenza di pace di Parigi, che stabilì il nuovo assetto dell Europa. 9

10 La batteria 149 in azione a Pietra Tagliata il 17 giugno 1915 Soldati all interno di una galleria Ulisse Bernacchi Del Monte, Collezione Famiglia Casarosa 10

11 Traino con trattrice piattaforma obice 280 in Val Dogna Traino di un obice da 305 sul monte Slenza Ulisse Bernacchi Del Monte, Collezione Famiglia Casarosa 11

12 Crocerossine Ricovero in prima linea sul Carso e Trincea sul fronte dell Isonzo l 8 settembre 1917 Museo Civico del Risorgimento di Bologna 12

13 Cronologia maggio A Vienna si stipula l atto difensivo tra Impero tedesco, Impero austroungarico (già legati dalla Duplice Alleanza dal 1879) e Regno d Italia, dando vita alla Triplice Alleanza agosto Con l accordo tra Impero britannico e Impero russo si stringe il sistema di alleanze che li unisce alla Terza repubblica francese nella Triplice Intesa. 28 giugno A Sarajevo, in un attentato organizzato dai nazionalisti serbi, muore l arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell imperatore austriaco Francesco Giuseppe. 23 luglio L Austria presenta una nota al governo serbo, ma Belgrado respinge l ultimatum. 28 luglio L Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia. 1 agosto La Germania dichiara guerra alla Russia. Una folla entusiasta invade le piazze della Germania. Tra i manifestanti si riconosce anche un giovane Adolf Hitler. 3 agosto La Germania dichiara guerra anche alla Francia. Il Regno d Italia dichiara la sua neutralità. 4 agosto La Germania invade il Belgio neutrale. L Inghilterra, dopo l invio di un ultimatum, entra in guerra poco prima di mezzanotte. 5 agosto L Impero austroungarico dichiara guerra alla Russia agosto La Francia e la Gran Bretagna dichiarano guerra all Austria-Ungheria agosto I tedeschi sconfiggono la Quinta Armata francese a Charleroi. 20 agosto I tedeschi occupano Bruxelles. 23 agosto La British Expeditionary Force affronta i tedeschi a Mons. Il Giappone dichiara guerra alla Germania agosto L esercito tedesco sconfigge i russi a Tannenberg. Nel frattempo la Germania arriva a quasi 40 km da Parigi, da cui fugge oltre un milione di abitanti settembre Prima battaglia della Marna: le truppe francesi e inglesi costringono i tedeschi a ripiegare, ritirandosi di quasi cento chilometri dicembre Incredibilmente, durante il primo Natale della Grande Guerra non si combatte. In molte zone e fronti di guerra i soldati fraternizzano. Alcuni cacciano insieme, altri giocano una partita di pallone in squadre miste 13

14 marzo 8 gennaio Spedizione anglo-francese a Gallipoli. La battaglia, che inizialmente si era pensato sarebbe stata breve, diviene invece lunghissima e sfiancante con brevissimi avanzamenti su entrambi i lati. 22 aprile 25 maggio Battaglia di Ypres. I tedeschi, desiderosi di arrivare il prima possibile alla Manica e al Mare del Nord, impiegano per la prima volta i gas tossici. 26 aprile L Italia e i paesi della Triplice Intesa firmano il Patto di Londra con cui l Italia si impegna a scendere in guerra, entro un mese, contro gli Imperi centrali in cambio di importanti compensi territoriali. 1 maggio 30 settembre Offensiva tra Gorlice e Tarnów: quasi tutta la Polonia russa e parte della Lituania passano sotto il controllo tedesco. 23 maggio Il Regno d Italia dichiara guerra all Impero austroungarico. 6 ottobre Invasione della Serbia da parte dell esercito austroungarico febbraio 19 dicembre Battaglia di Verdun. È una delle battaglie più violente e sanguinose combattute sul fronte occidentale. 15 maggio 27 giugno Battaglia degli Altipiani: gli italiani resistono alla Strafexpedition austriaca, un offensiva punitiva dell Austria-Ungheria contro l Italia, colpevole di aver tradito la Triplice Alleanza. 31 maggio Battaglia dello Jutland tra la flotta tedesca e quella inglese. La flotta tedesca si rifugia in porto, ma gli inglesi subiscono enormi perdite. 4 giugno 20 settembre Offensiva Brusilov. I russi sfondano il fronte austriaco in Galizia ma vengono fermati dall esercito tedesco. 23 giugno 7 luglio Prima battaglia dell Isonzo. Si hanno numerosissime perdite da entrambi i lati, senza importanti progressi. 1 luglio 18 novembre Le truppe anglo-francesi si scontrano con quelle tedesche nella battaglia della Somme. È una lunga e violenta battaglia di logoramento agosto La Sesta battaglia dell Isonzo si conclude con la conquista di Gorizia febbraio La Germania formalizza la cosiddetta «guerra sottomarina indiscriminata». 6 aprile Gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania agosto Undicesima battaglia dell Isonzo e occupazione dell altopiano della Bainsizza. 24 ottobre 12 novembre Battaglia di Caporetto e ritirata italiana sul Piave. Lo scontro è tuttora considerato la più grande disfatta nella storia dell esercito italiano. 7-8 novembre Rivoluzione d Ottobre e uscita della Russia dal conflitto. 14

15 marzo 5 agosto La Germania organizza l offensiva di Primavera, detta anche offensiva del Kaiser. 27 maggio 6 agosto Nella Seconda battaglia della Marna, dopo una prima avanzata tedesca che minaccia Parigi, la controffensiva degli Alleati termina con una vittoria. 10 giugno Il capitano di corvetta Luigi Rizzo, al comando di un Mas, affonda la corazzata austriaca Jzent Istvan al largo dell isola di Premuda giugno Seconda battaglia del Piave: l Italia contrasta l ultima grande offensiva austroungarica. 8 agosto 11 novembre Durante l offensiva dei Cento giorni, gli Alleati riportano importanti vittorie nella battaglia di Amiens, nella Seconda battaglia della Somme e in quella di Cambrai San Quintino. 24 ottobre 4 novembre La battaglia di Vittorio Veneto è l ultimo scontro armato tra Italia e Austria-Ungheria nel corso della Prima guerra mondiale. Si conclude con la vittoria italiana. 3 novembre L armistizio di Villa Giusti viene siglato tra l Impero austroungarico e il Regno d Italia. 11 novembre In un vagone ferroviario nei boschi vicino a Compiègne, l Impero tedesco firma la resa gennaio 21 gennaio 1920 I paesi vincitori si riuniscono nella Conferenza di Pace di Parigi per redigere i vari trattati di pace (il più famoso è quello di Versailles) con gli Imperi centrali sconfitti. 15

16 La guerra italo-austriaca Allo scoppio del conflitto il Regno d Italia era ancora formalmente legato agli Imperi centrali dal trattato della Triplice alleanza, stipulato nella sua prima forma il 20 maggio La natura difensiva del trattato e la mancata consultazione sulla dichiarazione di guerra del 28 luglio 1914, durante la quale si sarebbero dovuti discutere eventuali compensi territoriali, furono i pretesti che indussero l Italia a dichiarare la propria neutralità. Erano inoltre evidenti sia l impreparazione militare del Regio Esercito sia l impossibilità di sostenere uno scontro nel Mediterraneo contro Francia e Inghilterra. Dopo un periodo scandito da trattative segrete negoziate dal capo del governo Antonio Salandra e dal ministro degli Esteri Sidney Sonnino, il 26 aprile 1915 fu firmato il Patto di Londra che, tenendo all oscuro il Parlamento a maggioranza neutralista, schierava di fatto l Italia dalla parte della Triplice Intesa. All Italia si promettevano il completamento dell unità nazionale con l annessione di Trentino, Sudtirolo, Venezia Giulia e Dalmazia esclusa Fiume, e l espansione imperialista in alcuni territori di Albania, Turchia e Africa orientale, oltre al diritto di mantenere la Libia e il Dodecaneso, occupati negli anni precedenti. La volontà dell Italia di partecipare ai conflitti inter-imperialisti rappresentava un tentativo di affermare il proprio ruolo di grande potenza mediterranea, spinta dalle forze conservatrici e nazionaliste legate a grandi interessi industriali e militari. L Italia dichiarò guerra all Austria nella notte tra il 23 e il 24 maggio La strategia iniziale elaborata dal generale Luigi Cadorna succeduto come capo di Stato Maggiore del Regio Esercito ad Alberto Pollio, morto subito prima dell inizio del conflitto prevedeva una guerra rapida che avrebbe dovuto sorprendere il nemico con potenti attacchi frontali al fine di conquistare in breve tempo Gorizia e Trieste per poi lanciarsi nell ambizioso obiettivo di raggiungere Vienna. Tuttavia, le notizie errate fornite dal controspionaggio riguardo alla reale entità delle truppe asburgiche dislocate ai confini, la scarsità di equipaggiamenti e i ritardi nella preparazione dell esercito fecero rimandare di troppo l attacco e permisero ai nemici di organizzare la difesa, vanificando così l effetto sorpresa del piano iniziale. Gli eserciti si trincerarono lungo il corso del fiume Isonzo e sull arco alpino orientale, stabilizzando i fronti in una lunga guerra di logoramento nella quale gli austriaci detenevano in genere le posizioni più alte e difficili da attaccare. La strategia degli attacchi frontali contava infatti molto sulla potenza di fuoco, ma non teneva conto del potere difensivo degli eserciti e della morfologia dei campi di battaglia, per cui piccoli spostamenti del fronte potevano essere ottenuti soltanto con grande dispendio di vite umane. Gli assalti delle prime linee, volti a sfondare le difese nemiche e a occuparne le posizioni, venivano spesso incalzati dalle retrovie per evitare defezioni: i fanti, nelle pause del fuoco amico, cercavano di avanzare in salita o in spoglie pianure per tagliare il filo spinato dei reticolati nemici, bersagliati dall artiglieria contraria che mieteva vittime senza sosta. Anche se l attacco riusciva, la linea del fronte si spostava di poche centinaia di metri, fino all assalto successivo. Al Regno d Italia veniva chiesto un grande sforzo collettivo: i distretti di reclutamento dislocati nelle varie città riunivano in brigate eterogenee giovani provenienti da tutta la penisola che spesso non si intendevano reciprocamente a causa dei dialetti troppo diversi e che impararono al fronte a conoscersi; molti combattevano in luoghi e per la liberazione di città di cui non avevano mai neanche sentito parlare. Le industrie cercarono di far fronte alle necessità del conflitto convertendo la loro produzione in materiale bellico; gli stabilimenti costieri, a rischio di attacco da parte dei sommergibili tedeschi, erano pattugliati dalle flotte degli aeroscali e idroscali dislocati in particolar modo sul versante tirrenico. Leggi apposite impedivano alla popolazione di manifestare pubblicamente il 16

17 proprio dissenso alla guerra e spesso i partecipanti a scioperi, agitazioni e proteste furono giudicati da tribunali militari. Da giugno a dicembre 1915, il generale Cadorna ordinò quattro offensive sull Isonzo, che però non spezzarono la difesa nemica. Nell aprile 1916 il feldmaresciallo Franz Conrad von Hötzendorf, capo di Stato Maggiore dell esercito austroungarico, avviò una campagna in Trentino passata alla Storia come battaglia degli Altipiani o Strafexpedition, ossia «spedizione punitiva», allo scopo di vendicarsi dell alleato traditore e allentare la pressione italiana sul fronte isontino. Dopo un formidabile avanzamento iniziale, essa fallì per la difficoltà dell artiglieria pesante di tenere dietro alla fanteria nei terreni difficili in cui si combatteva e provocò una resistenza italiana che terminò il 27 giugno col ripiegamento degli austriaci e seguita da un immediata controffensiva. Il grande pericolo subìto fece vacillare il governo Salandra, che fu sostituito da un esecutivo di unione nazionale presieduto da Paolo Boselli. Tra il giugno 1916 e il settembre 1917 furono combattute altre sette battaglie sul fiume Isonzo, che tuttavia si discostarono di poco dalla logorante guerra di posizione: con la sesta offensiva, nell agosto 1916, l Italia aveva strappato Gorizia all Austria, mentre l undicesima, concertata con le potenze alleate, fece registrare una penetrazione di 10 chilometri nella linea di difesa nemica sull altopiano della Bainsizza, al costo però di decine di migliaia di vite umane. La controffensiva austro-tedesca l Italia aveva dichiarato guerra alla Germania nel 1916 fu travolgente: il 24 ottobre 1917 le linee italiane furono sfondate a Caporetto. Il Regio Esercito, sfiancato dalla lunga guerra di posizione, si abbandonò a una disordinata ritirata che permise al nemico di guadagnare l accesso alla Pianura Veneta. Il fronte fu fatto arretrare fino al Piave; un nuovo governo di unità nazionale guidato da Vittorio Emanuele Orlando passò il comando militare da Luigi Cadorna ad Armando Diaz. Un armata anglo-francese fu inviata a sostegno dell Italia e contribuì a imbastire linee di difesa arretrate, in caso di cedimento di quella del Piave. A febbraio 1918 l esercito italiano poteva dirsi ricostituito; a giugno, in quella che è ricordata come la battaglia del Solstizio, riuscì a fronteggiare i pesanti attacchi sferrati dal nemico contemporaneamente sul fronte montano e su quello del Piave e a indurlo alla ritirata. Il contrattacco italiano, volto a sconfiggere il nemico già logorato, fu lanciato nella battaglia di Vittorio Veneto fra il 24 ottobre e il 4 novembre. Dopo un iniziale valida resistenza, le difese austroungariche crollarono. Per evitare la distruzione dell esercito, il 29 ottobre l imperatore Carlo I chiese all Italia un armistizio. La ritirata dell esercito e le defezioni delle truppe ungheresi e serbo-croate, nel contesto di un insanabile crisi interna all Impero minato da movimenti indipendentisti, permisero all esercito italiano di avanzare rapidamente fino a occupare Trento e Trieste il 3 novembre Lo stesso giorno a Villa Giusti a Padova l Impero austroungarico siglò con l Italia l armistizio, che fissava la fine delle ostilità per il giorno successivo. I rappresentanti dei paesi vincitori si riunirono nelle conferenze di pace di Parigi a partire dal gennaio 1919; l Italia, rispetto ai territori promessi nel Patto di Londra, non ottenne la Dalmazia (tranne la città di Zara) né alcun possedimento in Turchia. La decisione era basata sul principio di autodeterminazione dei popoli enunciato dal presidente americano Thomas Woodrow Wilson; questa alimentò il mito dannunziano della «vittoria mutilata» e le rivendicazioni italiane sulla città di Fiume. Nel conflitto avevano perso la vita più di italiani e oltre erano rimasti feriti, mutilati o invalidi. A fronte di tante perdite, soprattutto coloro che avevano combattuto rimasero delusi dalle disposizioni ratificate nei trattati e considerarono tradito lo sforzo della nazione. 17

18 Strafexpedition La battaglia degli Altipiani (15 maggio - 27 giugno 1916) Dopo la rapida quanto contenuta avanzata dei primi giorni di guerra, la linea del fronte in Trentino tra la Val Lagarina e la Valsugana si era assestata a pochi chilometri da Rovereto, Lavarone e Levico. A partire dalla fine del 1915, il capo di Stato Maggiore austriaco Franz Conrad von Hötzendorf intraprese la pianificazione di una massiccia operazione militare contro il Regno d Italia che prevedeva lo sfondamento delle linee in Trentino e l invasione della pianura veneta, con possibilità di prendere alle spalle il grosso del Regio Esercito schierato sull Isonzo. L attacco, che se coronato da successo avrebbe consentito una rapida vittoria, voleva essere un modo per vendicarsi nei confronti dell ex alleato italiano per il tradimento della Triplice Alleanza. Strafexpedition, termine con cui l operazione è passata alla storia, significa appunto «spedizione punitiva». Dopo aver cercato, invano, l appoggio militare tedesco per approntare le 16 divisioni ritenute necessarie per l operazione, Conrad riuscì a convogliare in Trentino 14 divisioni raggruppate nell Undicesima e nella Terza Armata, forti nel complesso di uomini e 1150 pezzi d artiglieria. La linea del fronte italiano, presidiata dalla Prima Armata, era particolarmente esposta in caso di attacco per la presenza di settori difficilmente difendibili e per il posizionamento dell artiglieria troppo vicina alle prime linee. Cadorna si rese conto di questi problemi troppo tardi. La notte fra il 14 e il 15 maggio iniziò il bombardamento a tappeto delle prime linee. L attacco si svolse su un fronte di 70 chilometri. In Val Lagarina, l VIII Corpo d Armata austroungarico occupò Zugna Torta, Pozzacchio e il Col Santo costringendo le truppe italiane ad arretrare fino a una linea di resistenza sul Coni Zugna, il passo Buole e il monte Pasubio. Il XX Corpo d Armata si scontrò con la 35 a Divisione italiana ed entrò nella Val d Astico con il I Corpo d Armata sulla sinistra. Sull altopiano dei Sette Comuni, il III Corpo d Armata austroungarico riuscì a sfondare il fronte e dopo aspri combattimenti, tra il 27 e 28 maggio occupò Arsiero, Asiago, che fu completamente distrutta, e Gallio. In Valsugana gli italiani furono respinti dal XVII Corpo d Armata austroungarico che arrivò fino a Ospedaletto. Con attacchi dalla Val Posina e dall altopiano di Asiago, gli austriaci conquistarono anche il monte Cengio. Ai combattimenti del 29 sul monte Aralta, nei pressi di Arsiero, partecipò il capitano Cerbonesco Cerboneschi di Casale Marittimo (209 Fanteria), che fu insignito della Medaglia d Argento al valore militare per l eroica resistenza opposta al nemico prima della ritirata. A questo punto, grazie alla precisa pianificazione di Cadorna, la Prima Armata si riorganizzò. Negli stessi giorni, era stata costituita in tutta fretta una Quinta Armata posizionata 18

19 tra Vicenza e Treviso a protezione della pianura. Nel frattempo, l avanzata austroungarica si fermò anche per mancanza di rifornimenti alle prime linee, spintesi troppo in profondità, e il 2 giugno scattò la controffensiva: l azione della Prima Armata prevedeva uno sfondamento al centro, sugli altipiani, ma ottenne scarsi risultati. L attacco russo del 4 giugno sul fronte orientale e l insistenza delle operazioni italiane costrinsero però Conrad a ripiegare (24 giugno) su una linea meglio difendibile che passava sul monte Pasubio, il Cimone, il monte Zebio e l Ortigara, in alcuni tratti pochi chilometri oltre il fronte del 14 maggio. Anche se le perdite italiane furono superiori a quelle austriache e la linea del fronte arretrò, quella degli altipiani può essere considerata la prima grande battaglia difensiva vinta dagli italiani: nonostante gli errori strategici iniziali e l inferiorità dell artiglieria, la resistenza fu tenace e determinante. A partire dal 30 giugno, gli italiani tentarono una massiccia controffensiva che, il 24 luglio, portò alla conquista del Cimone e a pochi altri risultati marginali. A questo contrattacco partecipò anche il sottotenente Benedetto Ugo Narsetti di Casale Marittimo (159 Fanteria) che operava sulle pendici del monte Zebio. Linea del fronte prima dell offensiva Linea del fronte dopo l offensiva Corpi d Armata austriaci Divisioni italiane 19

20 La battaglia di Caporetto (24 ottobre - 12 novembre 1917) La battaglia di Caporetto rappresenta la più grande sconfitta patita dall Esercito italiano durante la Prima guerra mondiale. Il comando italiano riteneva improbabile un azione di quelle proporzioni sul finire di ottobre e pertanto sottovalutò i molti segnali dell offensiva nemica fino a pochi giorni dall attacco. Fu allora troppo tardi per predisporre le adeguate contromisure e riorganizzare il fronte in chiave difensiva. L offensiva austro-tedesca fu sferrata contro il settore del fronte isontino, fra Plezzo e Tolmino, che era presidiato dalla Seconda Armata (Luigi Capello). L attacco iniziò alle due del mattino del 24 ottobre L azione della Quattordicesima Armata (Von Below), composta da cinque divisioni austriache e sette efficientissime divisioni tedesche, si sviluppò secondo cinque direttrici d azione. La 3 a e la 22 a Divisione austroungarica attaccarono la 50 a Divisione italiana sul monte Rombon e nella conca di Plezzo (dove furono impiegati anche gas tossici), costringendola ad arretrare fino a Saga. La 55 a Divisione austroungarica attaccò la 43 a divisione italiana e conquistò il monte Rosso. Sul monte Nero gli Italiani opposero invece una lunga resistenza. La 50 a Divisione austroungarica attaccò la 46 a Divisione italiana e conquistò i monti Sleme e Mrzli, per poi ridiscendere nella valle dell Isonzo. La 12 a Divisione germanica (Slesiana), dalla testa di ponte di Tolmino, sfondò e risalì l Isonzo in direzione di Caporetto. Si ricongiunse alla 50 a Divisione e occupò Caporetto. Da qui si rimise in marcia verso sud, puntando verso la valle del Natisone. La 200 a Divisione germanica e la 1 a Divisione austroungarica attaccarono la 19 a Divisione italiana con obiettivo la dorsale che sovrasta sulla destra la valle dell Isonzo. Fu l azione della divisione Slesiana, non adeguatamente contrastata dal VII Corpo d Armata italiano (Bongiovanni), che creò lo scollamento tra il XXVII (Badoglio) e il IV Corpo d Armata (Cavaciocchi) e che aggirò e indusse alla ritirata la 50 a e la 43 a Divisione italiana, sulla difensiva ma ancora saldamente attestate sulla linea di difesa a oltranza, e quello che restava della 46 a Divisione. Inspiegabilmente, i cannoni del XXVII Corpo d Armata rimasero inattivi perché privi di ordini. L idea iniziale di Cadorna di difendersi con contrattacchi in loco e non con un azione strategica di ampio respiro consumò quello che rimaneva delle divisioni operanti in zona. Il 25 ottobre caddero in mano nemica il monte Rombon, il monte Nero e lo Stol, mentre truppe tedesche dell Alpenkorps guidate da Rommel avanzavano sul Kolovrat. Le tre divisioni del XXVII Corpo d Armata italiano, ancora sulla Bainsizza, ricevettero l ordine di ritirarsi. Cadorna ordinò di stabilire una nuova linea difensiva attorno a Montemaggiore, ma 20

21 ormai non c era più tempo: l esercito nemico controllava già tutte le alture della valle dell Isonzo e gli imbocchi della valle del Natisone e Uccea, quindi la via per Cividale e Udine. La sera del 26 ottobre cadde anche Montemaggiore, mentre le divisioni austroungariche erano già in marcia per Udine e San Daniele. Preso atto dell impossibilità di una nuova difesa, Cadorna ordinò a tutta la Seconda e Terza Armata di ripiegare sul Tagliamento, ma l avanzata austro-tedesca si arresterà solo il 12 novembre sul Piave. Linee trincerate austroungariche Linee trincerate italiane Divisioni austroungariche Divisioni tedesche Divisioni italiane 21

22 la battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre - 4 novembre 1918) La vittoria italiana nella battaglia del Solstizio, o seconda battaglia del Piave (15-22 giugno 1918), aveva bloccato l ultimo tentativo dell esercito austroungarico di vincere la guerra e l Impero era ormai sull orlo del collasso. Anche sul fronte occidentale le potenze dell Intesa stavano definitivamente prevalendo e si profilò nel governo italiano la volontà di affrettare i tempi per arrivare a una schiacciante vittoria sul campo. Sostenuto da francesi e inglesi, il Regno d Italia schierava 57 divisioni contro le 50 austriache. L offensiva italiana scattò il 24 ottobre con l attacco della Quarta Armata sul Grappa, presidiato dalle divisioni austriache del Gruppo Belluno: il IX Corpo d Armata attaccò sul Col della Berretta e sul monte Asolone, il IV Corpo d Armata sul monte Pertica e il Prassolan e il XXX Corpo d Armata sui monti Solaroli e sul Valderoa. Gli attacchi, ripetuti anche nei giorni successivi, ebbero scarsissimi risultati. L azione, tuttavia, aveva come obiettivo solo quello di richiamare le forze austriache in questo settore, mentre il grosso dell offensiva italiana sarebbe stato sferrato poche ore dopo sul Piave, tra Pederobba e la Grave di Papadopoli, ad opera dell Ottava Armata del generale Caviglia, fiancheggiata dalla Dodicesima del generale francese Graziani a sinistra e dalla Decima del generale inglese Cavan a destra. La piena del Piave ritardò però le operazioni fino al giorno 26. Solo l isola della Grave di Papadopoli venne occupata dai battaglioni inglesi del XIV Corpo della Decima Armata. Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre iniziarono le operazioni per traghettare i primi reparti di assalto oltre il fiume, che ancora scorreva vorticosamente. La Dodicesima Armata riuscì a far passare a est di Pederobba alcune unità che avanzarono verso Alano di Piave e Valdobbiadene. L Ottava Armata riuscì a costituire solo una testa di ponte di fronte al Montello con alcuni reparti del XXII Corpo d Armata (Vaccari). Approfittando della scarsa resistenza nemica, le truppe italiane occuparono Mosnigo, Moriago e Sernaglia, e arrivarono fino a Pieve di Soligo e Falzè, dove però furono respinte dai reparti della Sesta Armata austroungarica. Verso mezzogiorno del 27, dall isola della Grave di Papadopoli, la Decima Armata attraversò il Piave e si diresse a sud, verso Roncadelle, e a nord, verso Borgo Malanotte. Il giorno seguente, anche il XVIII Corpo d Armata decise di oltrepassare il fiume attraverso l isola e di puntare a nord per sbloccare la situazione del XXII Corpo d Armata a Sernaglia, rimasto isolato. Sulla destra avanzava anche la Decima Armata, che occupò Tezza di Piave e arrivò al fiume Monticano. L esercito austriaco dava ormai segni di cedimento. Il generale Borojević ordinò alla Quinta Armata, che doveva fronteggiare la Terza Armata italiana sul basso corso del Piave, di ripiegare dietro il Monticano. Cominciava la ritirata austriaca. Il tempo in miglioramento e la minore efficacia dei cannoni austriaci consentirono infine 22

23 il rapido attraversamento del Piave a tutta l Ottava Armata. Il XXII Corpo affondò in direzione Pieve di Soligo-Refrontolo, l VIII da Nervesa risalì verso Susegana-Manzana, il XVIII, duramente contrastato, avanzò su Conegliano e il fiume Monticano; la Decima Armata superò anche il Monticano e la Sesta Armata austriaca, per evitare l accerchiamento, ripiegò dietro il Livenza; scoperto sul fianco, anche il Gruppo Belluno cominciò a ritirarsi. Borojević ordinò l evacuazione del Veneto. Alle tre del pomeriggio del 30 ottobre, le truppe del XX Reparto d Assalto entrarono in Vittorio Veneto e alla sera raggiunsero il fiume Livenza. La Terza Armata (Duca d Aosta) attraversò il Piave e puntò verso il Tagliamento. La Dodicesima avanzava verso Feltre e minacciò di aggirare il Grappa, costringendo anche il Gruppo Belluno alla definitiva ritirata; la Quarta Armata, dopo giorni di inutili attacchi, poteva finalmente avanzare. Anche la Sesta procedeva sull altopiano di Asiago e la Settima entrò in Trentino attraverso i passi dello Stelvio, del Gavia e del Tonale. Gli italiani marciavano veloci verso est. Il 3 novembre, il cacciatorpediniere Audace attraccò nel porto di Trieste, che diventò così italiana. Il 4 novembre dalle ore 15 entrò in vigore l armistizio di Villa Giusti che pose fine alla guerra. CdA austroungarici CdA italiani CdA italo-francese CdA anglo-italiani Quarta Armata (Giardino) IX CdA De Bono VI CdA Lombardi XXX CdA Montanari Ottava Armata (Caviglia) VIII CdA Asclepia-Grazioli XVIII CdA Basso XXII CdA Vaccari XXVII CdA Di Giorgio Decima Armata (Cavan) XI CdA Paolini XIV CdA Babington Dodicesima Armata (Graziani) I CdA Etna 23

24 24

25 Maschere antigas, elmetti, uniformi di Massimo Polimeni La guerra chimica. Le maschere antigas «Ovunque gente che fuggiva. Territoriali, zuavi, artiglieri, tiratori scelti correvano come pazzi in tutte le direzioni, buttando i fucili, stravolti, gettando o cercando di sbottonarsi il pastrano, col colletto della camicia aperto, implorando acqua a gran voce, sputando sangue. Qualcuno si rotolava per terra facendo sforzi disperati per respirare. Non erano dei soldati che scappavano, ma poveri esseri umani divenuti improvvisamente folli». È la tragica testimonianza con la quale il generale francese Henri Mordacq descrive il primo massiccio attacco a gas sferrato dai tedeschi contro le linee francesi a Ypres, in Belgio, il 22 aprile 1915, data che segna la nascita della guerra chimica moderna. In realtà, nell ottobre 1914, i francesi avevano impiegato proiettili carichi di gas lacrimogeno contro le linee tedesche, fornendo così al nemico la giustificazione per una rappresaglia terrificante che costerà la vita a cinquemila soldati alleati nel breve volgere di pochi minuti. La nube di gas al cloro e fosgene che investe le trincee francesi coglie i soldati del tutto impreparati e senza dispositivi di difesa adeguati. Le maschere modello M, realizzate come semplici tamponi imbevuti di sostanze neutralizzanti (soda) e distribuite alle truppe all inizio del conflitto, non riescono a trattenere i gas asfissianti e gli alti comandi sono costretti a correre immediatamente ai ripari realizzando nuovi dispositivi di difesa passiva contro gli aggressivi chimici utilizzati dal nemico (maschere T, TN, M2). Di pari passo, l utilizzo dei gas velenosi si allarga a tutti i contendenti, ognuno dei quali cerca di spezzare a proprio vantaggio l equilibrio che la guerra di posizione e la trincea hanno imposto alle inadeguate strategie tattiche messe in atto dai due schieramenti. Nuove micidiali sostanze vengono prodotte in tutta fretta dall industria chimica, posta ora al servizio della guerra. Sono ancora i tedeschi a sperimentare e utilizzare sempre nella regione di Ypres una nuova sostanza corrosiva e vescicante che, fra l altro, ha la caratteristica di permanere per giorni sul terreno. L attacco sferrato contro le linee alleate ha effetti spaventosi e i gas sprigionati dalle bombe tedesche provocano istantaneamente vesciche, piaghe e ulcere sulla pelle, attraversando i tessuti delle uniformi. Moltissimi soldati perdono la vista in pochi minuti; la maggior parte delle vittime muore tra spasmi indicibili perché i vapori velenosi entrati nel circolo sanguigno attraverso le vie respiratorie e la pelle distruggono i tessuti e le mucose. Questione di attimi, e tremila soldati rimangono fulminati sul terreno. È così che passa alla storia uno strumento di morte fra i più micidiali. Dal nome della località belga del suo primo utilizzo, prenderà tristemente il nome di «iprite». Sul fronte italiano la guerra chimica viene applicata con la stessa, metodica crudeltà. Il primo episodio contro le linee italiane avviene per mano degli austroungarici all alba del 29 giugno Alle 5:30 circa, vengono attivate tremila bombole di cloro e fosgene e il vento trasporta rapidamente il gas nelle trincee del monte San Michele, presidiate dai soldati delle divisioni 21 a e 22 a dell XI Corpo d Armata che ancora dormono nei camminamenti e nelle baracche, avvolti nelle loro coperte. L allarme lanciato dalle sentinelle è inefficace, così come le rudimentali maschere a imbuto Ciamician-Pesci in dotazione ai nostri soldati. Queste, costituite da semplici strati di garza imbevuti di una soluzione acquosa di carbonato di sodio e potassio, sono in grado di contrastare parzialmente i vapori di cloro, ma nulla possono contro i terribili effetti del fosgene, gas velenosissimo con effetti letali e ritardati anche se assunto in piccolissime dosi. La nube tossica investe in pieno le trincee italiane neutralizzando quasi settemila uomini delle Brigate Regina e Pisa. Duemila uomini passano istantaneamente dal sonno alla morte e i pochi sopravvissuti agonizzanti vengono finiti a colpi di 25

26 mazze ferrate dai militari ungheresi del Reggimento Honved che, dispersa la nube, hanno invaso le trincee e procedono di soldato in soldato compiendo un massacro sistematico. Gli effetti dei gas sono immediati: molti uomini vengono ritrovati seduti o sdraiati, con le armi e gli equipaggiamenti intatti, senza aver avuto il tempo di indossare la maschera perché la morte è sopraggiunta fulminea. All indomani di questi primi attacchi si cerca affannosamente di dotare l esercito di nuovi dispositivi, in grado di proteggere adeguatamente le vie respiratorie. Viene adottata inizialmente la maschera francese modello M2, realizzata con ben quaranta strati di garza imbevuti di glicerina, solfato di nichelio, urotropina e carbonato di sodio. Successivamente si passa alla maschera italiana polivalente modello Z, costituita da sessanta strati di garza con occhiali di celluloide incorporati e ricoperta da un rettangolo di tela gommata che protegge il tampone sottostante dalla pioggia ed evita l evaporazione dei reagenti chimici. Tale maschera si rivelerà tuttavia inefficace contro gli aggressivi chimici più potenti e verrà finalmente e tardivamente sostituita nel 1918 dallo «Small Box Respirator» inglese. Realizzato con un facciale in tela cerata assicurato al capo mediante dei tiranti, munito di una valvola a farfalla per espellere l aria espirata e di un filtro con sostanze assorbenti collegato alla maschera mediante un tubo corrugato e contenuto in una sacca di tela assicurata sul petto, è un dispositivo di impostazione finalmente moderna ed efficace, in dotazione ai soldati inglesi già dal 1916 (i tedeschi, sempre nello stesso anno, ne adottano un modello simile, con il filtro fissato direttamente al facciale). Gli attacchi a gas continuano incessantemente per tutta la durata della guerra, mietendo migliaia e migliaia di vittime da ambo le parti. La notte del 24 ottobre 1917, fra Tolmino e la conca di Plezzo, gli austriaci aprono il fuoco sulle linee italiane con proiettili caricati di difenilcloroarsina, un gas estremamente tossico in grado di attraversare qualunque maschera. La nebbia letale che avvolge i soldati della Brigata Friuli ne uccide seicento all istante. Altri attacchi all iprite saranno sferrati all inizio di novembre del 1917 sull altopiano di Asiago e nella battaglia del Solstizio del giugno 1918 sul fronte del Piave, quando l Impero asburgico tenterà lo sforzo supremo e ultimo contro l Italia. Dopo l armistizio, i soldati italiani troveranno nei depositi austriaci oltre due milioni di proiettili a gas pronti per essere utilizzati contro le nostre truppe. L elmetto nella Grande Guerra Gli eserciti che allo scoppio della Grande Guerra si affrontarono sui campi di battaglia europei non erano ancora dotati di un idonea protezione per il capo, a fronte di una vecchia concezione tattica di sapore ottocentesco che non aveva ancora fatto i conti con i terribili effetti della «guerra di posizione». I soldati francesi, inglesi, italiani e austriaci andarono quindi in battaglia indossando képi o pesanti berretti di panno; solo i tedeschi mantennero inizialmente il Pickelhaube, il tradizionale casco chiodato in cuoio bollito che offriva al soldato una protezione comunque modesta. Già dai primi mesi di guerra emerse dunque la necessità di proteggere la testa dei soldati che combattevano nelle trincee dalle schegge metalliche, di roccia e dai detriti prodotti dai colpi d artiglieria oltre che dall azione dei colpi di fucile, sparati sovente da brevissima distanza (in molti casi, le posizioni erano separate da poche centinaia di metri di terreno scoperto). Iniziò dunque nelle varie intendenze uno studio mirato a realizzare un casco metallico standard che potesse equipaggiare tutti i soldati impegnati nelle prime linee del fronte. La Francia fu la prima nazione ad adottare un elmetto, destinato poi a passare alla storia come simbolo stesso della Grande Guerra: l elmetto Adrian. Ideato dall intendente generale Adrian, l elmo omonimo era costruito in acciaio dello spessore di 0,7 mm e provvisto di un imbottitura in pelle che poggiava su un lamierino ondulato per favorirne l aerazione e il molleggio. I primi modelli del «Casque Adrian 1915», distribuiti a partire dal settembre di quell anno, erano composti da quattro pezzi (calotta, visiera, paranuca e crestina) montati insieme e provvisti frontalmente di un fregio metallico che indicava la specialità (Fanteria, Artiglieria, Genio ecc.). I colori degli elmi furono 26

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