STUDIO TEORICO SPERIMENTALE DELLA COMBUSTIONE DILUITA

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1 POLITECNICO DI BARI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA MECCANICA XVIII Ciclo Curriculum: Sistemi per l energia e l ambiente (SSD ING-IND/09) Sede di Bari STUDIO TEORICO SPERIMENTALE DELLA COMBUSTIONE DILUITA Torresi Marco Relatori: Prof. Bernardo Fortunato Prof. Francesco Casalini Prof. Sergio M. Camporeale Controrelatori: Prof. Antonio Cavaliere Prof. Ciro Noviello Coordinatore: Prof. Michele Napolitano TRIENNIO ACCADEMICO

2 Ringraziamenti Si ringrazia il Prof. Casalini, artefice del mio coinvolgimento nel progetto di ricerca sulla combustione diluita. Si ringraziano i Proff. Fortunato e Camporeale che hanno avuto fiducia in me e che continuamente mi stimolano e mi supportano nella mia attività di ricerca. Si ringrazia l Ing. Saponaro del Centro Combustione e Ambiente (CCA) di Ansaldo Caldaie (Gioia del Colle) che, con la sua esperienza, la sua disponibilità e la sua collaborazione, è sempre un punto di riferimento importante. Si ringrazia il Coordinatore del Dottorato di ricerca in Ingegneria Meccanica, Prof. Napolitano, e tutto il Collegio, che mi ha dato la possibilità di formarmi come ricercatore. Un ringraziamento particolare va all Ing. Del Vescovo con il quale ho condiviso questi anni durante i quali, partendo da zero, è stato progettato, realizzato e testato l impianto di combustione. Si ringrazia l Ing. Giordani che, con la sua competenza in ambito elettronico, ha consentito di superare molti ostacoli nello sviluppo di elementi elettronici funzionali ed affidabili. Si ringraziano l Ing. Mastrovito e la Sig.rina Lobascio per l aiuto durante le prove sperimentali. Si ringrazia la ditta Sud Montaggi, che ha eseguito ad opera d arte l allestimento dell impianto. Si ringraziano i Sigg. Russi, Mele e Mizzi, la cui collaborazione è stata fondamentale per eseguire tutti quegli interventi necessari alla realizzazione e alla manutenzione di un impianto complesso come questo. Si ringraziano tutti i colleghi e amici che in questi anni mi hanno sopportato. Si ringrazia il MIUR per la possibilità che dà ai giovani di avere una formazione di alto livello attraverso l istituzione dei Dottorati di Ricerca. Si ringrazia ancora il MIUR per aver finanziato, nell ambito del PON (Programma Operativo Nazionale) e dei PRIN (Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) , l attività di ricerca alla base di questo lavoro di tesi. Si ringrazia la Regione Puglia che con l approvazione dei Progetti Esplorativi ha contribuito alla buona riuscita del progetto.

3 Indice INTRODUZIONE... 1 Capitolo 1 Combustione diluita Sviluppo della combustione diluita nel settore industriale Formazione di NO x Thermal NO x Prompt NO x Fuel NO x Caratteristiche della combustione diluita Combustione MILD Applicazioni Attività numerica Capitolo 2 Impianto sperimentale Descrizione dell impianto Ventilatore premente Misuratore di portata a turbina Valvole di regolazione Bruciatore sul forno ausiliario Tratti incamiciati refrigerati ad acqua Scambiatore aria/fumi Analizzatore di ossigeno ad ossido di zirconio Forno sperimentale Bruciatore sperimentale Analizzatore gas Attemperatore Valvola di regolazione in prossimità del ventilatore aspirante Ventilatore aspirante... 37

4 2.2 Circuito del gasolio Gruppo motore pompa Misuratori di portata ad ingranaggi Altri componenti Ugello atomizzatore ad alta rangeability Valvola sul ramo di ricircolo Quadro elettrico Sistema di gestione dell impianto Capitolo 3 Prove sperimentali Caratterizzazione dell ugello atomizzatore Ugello Variflo P/N Ugello Variflo P/N Prove in condizioni di combustione tradizionale Procedura di avvio dell impianto Prove con alto eccesso d aria Prove con basso eccesso d aria Capitolo 4 Codice di calcolo fluidodinamico Equazioni fondamentali Conservazione della massa Bilancio della quantità di moto Conservazione dell energia Schemi numerici Linearizzazione delle equazioni: formulazione implicita ed esplicita Tecniche di discretizzazione spaziale Forma linearizzata delle equazioni discretizzate Sottorilassamento nel metodo di Gauss-Seidel Discretizzazione delle equazioni di conservazione Metodo multigrid Modello di turbolenza Modello k-ε Cinetica chimica Finite rate model Eddy dissipation model... 80

5 4.5 Modello di irraggiamento Capitolo 5 Simulazioni numeriche Simulazione di un bruciatore recuperativo in regime MILD Geometria del bruciatore Modello di calcolo Risultati Simulazione di un bruciatore innovativo a stadi Descrizione del bruciatore Modello di calcolo Risultati CONCLUSIONI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI... 97

6 INTRODUZIONE Anche se la disponibilità di combustibili fossili per la produzione di energia va verso l esaurimento (è plausibile pensare che questo avvenga nei prossimi duecento anni) ed anche se cresce la consapevolezza degli effetti dannosi delle emissioni inquinanti che hanno origine nei processi di ossidazione di questi combustibili, sembra che, allo stato attuale delle cose, la produzione di energia continuerà a basarsi su queste fonti ancora a lungo. Diventa cruciale quindi lo sviluppo di nuove tecnologie di combustione che consentano di aumentare l efficienza degli impianti e nel contempo consentano di ridurre i livelli di emissioni inquinanti in modo tale da soddisfare i limiti sempre più stringenti imposti dalle normative. Particolare interesse sta riscuotendo la combustione diluita che si sta dimostrando efficace nel raggiungimento di questi obiettivi. Si è stabilito pertanto di approfondire le competenze del gruppo di ricerca nel settore della combustione ed in particolare in questa nuova tecnologia di combustione. Per fare ciò, si è puntato ad un duplice approccio sia di tipo numerico, basato sull ampia esperienza nell utilizzo di codici commerciali per l analisi termo-fluidodinamica, sia di tipo sperimentale. Obiettivo di questo lavoro di tesi è la progettazione, realizzazione e messa in funzione di un impianto sperimentale per poter condurre studi sul comportamento di bruciatori sia di tipo tradizionale che di tipo innovativo eserciti sia in condizione di combustione tradizionale che in condizioni di combustione diluita, nonché lo sviluppo di modelli per l analisi CFD (Computational Fluid Dynamic) del processo di combustione. L apparato sperimentale è stato dimensionato per testare bruciatori da 100 kw. Le linee guida nello sviluppo dell impianto sono state di garantire massima flessibilità e variabilità dei parametri di processo. Per quel che concerne la fase di progettazione, oltre alla definizione del layout dell impianto ed al dimensionamento dei componenti necessari per il suo funzionamento, sono stati predisposti anche i disegni esecutivi per tutto il sistema di piping, compresi gli elementi non standard, per consentirne la realizzazione. Dal punto di vista numerico, si è puntato all utilizzo di codici di calcolo termo-fluidodinamico di tipo commerciale che, grazie alla loro duttilità e robustezza, consentono di simulare fenomeni complessi come la combustione nei bruciatori. 1

7 INTRODUZIONE L analisi numerica potrà beneficiare dei dati sperimentali ottenuti sull impianto in quanto potranno essere convalidati i modelli di turbolenza, i meccanismi di reazione, le griglie di calcolo, le tecniche di discretizzazione; d altro canto, l attività sperimentale sarà arricchita dai risultati numerici che daranno un quadro interpretativo puntuale di quanto avviene all interno del combustore. 2

8 Capitolo 1 Combustione diluita A seguito delle due crisi energetiche negli anni 70 e nei primi anni 80, si è sviluppata la consapevolezza che le fonti energetiche fossili quali petrolio, carbone e gas naturale, non sono illimitate. Verosimilmente queste risorse energetiche verranno esaurite nei prossimi duecento anni [1]. Nel breve termine, non volendo rinunciare ai sempre crescenti livelli di produzione, è possibile ritardare l esaurimento dei combustibili fossili solo attraverso un operazione di risparmio energetico a tutto campo. Gli sforzi di tutta la comunità scientifica sono stati rivolti in particolar modo al miglioramento dell efficienza degli impianti [2], [3], [4], [5]. Con l introduzione della questione energetica nelle conferenze internazionali, si sono diffuse politiche a supporto dello sviluppo di sistemi ad alta efficienza per lo sfruttamento dell energia e di sistemi per la rigenerazione totale dell energia al fine di raggiungere uno sviluppo energetico sostenibile [6]. Tuttavia una strategia di lungo termine non potrà che passare attraverso il ricorso alle fonti rinnovabili di energia quali biomasse, rifiuti, sole, vento, geotermia. Ad esempio, la Comunità Europea si è imposta un traguardo ambizioso per il 2010: il soddisfacimento del 15% della domanda di energia attraverso fonti rinnovabili. Nel frattempo, è continuata ad aumentare la consapevolezza degli effetti dannosi delle emissioni inquinanti per l ambiente e per la salute dell uomo. Inizialmente l attenzione è stata rivolta agli ossidi di zolfo, principali imputati per le piogge acide che causano deforestazione e spoliazione dei boschi, nonché danni all agricoltura e alle città. Nel frattempo, l allarme si è focalizzato anche sugli ossidi di azoto (NO x ), dannosi per l uomo e per lo strato di ozono nella stratosfera. Mentre nel campo automobilistico, per l abbattimento delle emissioni di NO x, si è ricorso all utilizzo di convertitori catalitici, nell industria per la produzione di energia e nell industria di processo si è scelto di intervenire direttamente sul meccanismo di ossidazione dell azoto ricorrendo, ad esempio, alla combustione a stadi, che ha portato alla nuova generazione di bruciatori Low- NO x [2]. Quindi, l attenzione è stata rivolta sui gas ad effetto serra, primo fra tutti l anidride carbonica (CO 2 ), accusati di determinare il riscaldamento globale del pianeta e i conseguenti mutamenti climatici. 3

9 Combustione diluita Il risparmio energetico e l incremento dell efficienza giocano oggi un ruolo fondamentale nelle strategie per uno sviluppo sostenibile, in quanto possono far crescere l efficienza economica di un paese riducendo i costi di produzione e consentendo a questi di rimanere competitivi. Inoltre, il risparmio energetico risulta essere senza dubbio il sistema più economico e naturale per ridurre le emissioni inquinanti [6]. Grazie all attività di ricerca di alcuni istituti, compagnie ed università giapponesi, venne sviluppata la tecnologia HiTAC (High Temperature Air Combustion) acronimo anglosassone per indicare la combustione con aria comburente ad alta temperatura. Sono due le principali strategie incluse nei sistemi HiTAC: l uso di miscele comburenti aria/ossigeno; il recupero ad alta efficienza del calore dei fumi per preriscaldare l aria comburente. Per quanto riguarda quest ultimo punto, l idea di recuperare il calore dei gas di scarico non è certamente nuova. Questa si basa sul concetto di Excess Enthalpy proposto da Weinburg già nel 1971 [7]. E da lungo tempo che il calore scaricato viene utilizzato per preriscaldare l aria nelle caldaie e nei forni. Ad esempio, nei flussi swirlati i prodotti di combustione caldi vengono fatti ricircolare verso la radice della fiamma per migliorarne la stabilità [8]. L innovazione introdotta nella tecnologia HiTAC risiede nel fatto che le temperature di preriscaldamento dell aria possono essere addirittura superiori alla temperatura di autoaccensione del combustibile consentendo, tra l altro, un ampliamento del campo di stabilità [1]. Tali temperature di preriscaldamento sono naturalmente compatibili solo con sistemi rigenerativi a matrice ceramica. L incremento della temperatura di preriscaldamento dell aria deve essere accompagnato necessariamente da una riduzione del tenore di ossigeno dell aria comburente attraverso un processo di diluizione con gas inerti per non determinare un eccessivo innalzamento della temperatura di fiamma e per non incrementare conseguentemente le emissioni di NO x. Infatti, se si tiene conto che l energia di attivazione per l ossidazione degli idrocarburi è inferiore a quella dell azoto, in presenza di una distribuzione omogenea di temperature priva di picchi, è possibile inibire la formazione degli NO x [9]. La diluizione dei reagenti, limitando la temperatura adiabatica di fiamma, limita la massima temperatura raggiungibile all interno della camera di combustione. E chiaro quindi che tutto questo si ripercuote inevitabilmente sul campo termodinamico che risulta differente da quello tipico in presenza di fiamme tradizionali. Studi condotti da Hasegawa hanno mostrato che, nel caso del propano, quando la temperatura dell aria è oltre i 900 C, la fiamma resta stabile anche quando la concentrazione dell ossigeno è solo del 5% [10]. Secondo alcuni studi di imprese metallurgiche giapponesi, la tecnologia HiTAC può consentire: un risparmio energetico quantificabile nel 40-50%; una riduzione del consumo specifico di energia del 30%; una riduzione di almeno due ordini di grandezza delle emissioni di NO x [11]. Inoltre, la tecnologia HiTAC si dimostra in grado di poter soddisfare i vincoli sulle emissioni di anidride carbonica (COP3) emanati con il Protocollo di Kyoto [12]. 4

10 Combustione diluita 1.1 Sviluppo della combustione diluita nel settore industriale A metà degli anni ottanta, la Nippon Furnace Kogyo Kaisha Ltd. (NFK) sviluppò un sistema rigenerativo basato su matrici ceramiche a nido d ape. Si sfruttano bruciatori accoppiati funzionanti alternativamente [13]. Quando un bruciatore è attivo, l altro è attraversato dai prodotti di combustione caldi determinando un riscaldamento dell elemento ceramico. Quando la temperatura dell elemento ceramico è sufficientemente alta, avviene l inversione del funzionamento dei bruciatori grazie all intervento su di una valvola a quattro vie (Fig. 1.1). Fig. 1.1 Schema di impianto con doppio bruciatore rigenerativo A questo punto il bruciatore, che prima era spento, è attraversato dall aria comburente che si preriscalda a spese del calore accumulato nel corpo rigenerativo ceramico. Questo continuerà a funzionare fin tanto che la temperatura del materiale ceramico non scende al di sotto della temperatura minima ammissibile. Quindi ricomincia il ciclo. La particolarità, in questo caso, risiede nel fatto che i corpi rigenerativi sono integrati direttamente nei bruciatori. Riducendo il tempo di inversione a poche decine di secondi (tipicamente s) è possibile ridurre drasticamente le dimensioni dei corpi rigenerativi mantenendo comunque un elevata efficienza di rigenerazione (80-90%). Il progetto venne ulteriormente sviluppato con la collaborazione della JFE Steel Corp. (ex NKK). Alla luce di questi sviluppi, nel 1993, venne istituito dal coordinatore del JIFMA (Japan Industrial Furnace Manufacturers Association), R. Tanaka, un comitato tecnico per promuovere l attività di ricerca e sviluppo in questo settore dando vita alla tecnologia HiTAC. Inoltre convinse il governo giapponese a dar vita ad un progetto nazionale basato su questa tecnologia come contromisura al riscaldamento 5

11 Combustione diluita globale del pianeta. A questo progetto aderirono, tra l altro, numerose università ed istituti di ricerca coinvolti nel settore della combustione [14]. Nel 1989, durante alcune campagne sperimentali della società tedesca WS GmbH su bruciatori recuperativi in cui i gas di scarico passano attraverso un condotto coassiale a quello di alimentazione dell aria comburente, ad una temperatura di esercizio di 1000 C e con aria comburente a 650 C, si assistette ad un inaspettata scomparsa della fiamma. Tale scomparsa era confermata anche dall assenza di segnale registrato dal sensore UV. Ciò non di meno, il combustibile risultava completamente consumato e il contenuto di CO nei fumi restava al di sotto di 1ppm, confermando il prosieguo della combustione. Allo stesso tempo, le emissioni di NO x erano divenute praticamente nulle. Ulteriori studi mostrarono che il punto cruciale era la presenza di un alto grado di mescolamento tra i flussi di combustibile e comburente in una zona di intenso ricircolo dei fumi prima dell innesco della combustione stessa. Questo fu il primo esempio di combustione flameless. Nei primi anni 90, venne realizzato un forno sperimentale (Fig. 1.2), cilindrico ad asse verticale, dotato di un bruciatore recuperativo in grado di lavorare in regime flameless [2]. Attorno alle pareti della camera di combustione furono alloggiati tubi refrigerati ad aria per avere un miglior controllo sulla temperatura di processo, indipendentemente dalla capacità termica del bruciatore. Per fissare la temperatura dell aria comburente, si controllava la quantità di fumi attraverso un bypass del recuperatore. Fig. 1.2 Setup sperimentale presso i laboratori WS La campagna sperimentale consentì di elaborare un diagramma che sintetizza le principali condizioni in cui risulta stabile l ossidazione flameless. Tale diagramma (Fig. 1.3) riporta in ascisse il coefficiente che esprime il grado di ricircolo, K v : K G r v =, Gb + Ga in cui G r rappresenta la portata di gas ricircolanti, G b la portata di combustibile e G a la portata di aria comburente, ed in ordinate la temperatura di processo T pro. 6

12 Combustione diluita Fig. 1.3 Limiti di stabilità del regime di ossidazione flameless Per bassi valori di ricircolazione, K v < 0.3, il funzionamento del bruciatore è praticamente stabile per tutti i valori di temperatura di processo d interesse pratico e la fiamma risulta ancorata al bruciatore. Tuttavia, le emissioni di NO x risultano modeste solo a bassa temperatura. Aumentando il rapporto di ricircolazione, si riscontra una instabilizzazione della fiamma che tende a distaccarsi dal bruciatore. Questa elevata irregolarità non è gradita in quanto può portare allo spegnimento della fiamma con il rischio di formazione di miscele esplosive. Lo spegnimento è inevitabile quando la temperatura di processo non è sufficientemente alta. Tale livello di temperatura, al di sotto del quale non si ha più reazione di ossidazione, dipende naturalmente dal tipo di combustibile. Infine, quando il grado di ricircolazione è sufficientemente elevato, ed elevata risulta anche la temperatura di processo, cambia il regime di combustione ottenendo una combustione distribuita, priva di picchi di temperatura e poco luminosa. Nel 1977 venne registrato il marchio FLOX (FLameless OXidadation) e brevettata a livello mondiale la tecnica dell ossidazione flameless. L attività di ricerca ha dato luogo allo sviluppo di una serie di prodotti in uno svariato campo di applicazioni. La maggior parte dei bruciatori FLOX sono stati installati in forni per la fusione e per il trattamento termico dei metalli in genere ed in particolare degli acciai. Grazie all attività di ricerca sono stati progettati bruciatori rigenerativi ceramici e a tubi radianti condotti in regime di combustione flameless. E stato anche sviluppato un motore Stirling alla base di in una unità a ciclo combinato per la produzione di energia elettrica e calore. Sul principio della ossidazione flameless, sono stati finanziati numerosi progetti. Ad esempio, il sistema sviluppato all interno del programma OXYFLAM [15], finanziato da un consorzio di otto 7

13 Combustione diluita compagnie (AGA, Air Liquid, Gaz de France, Hoogovens, Linde, Nippon Sanso, Tokyo Gas, IFRF), si basa su di una ampia separazione dei flussi di combustibile e comburente e su di una regolabile distribuzione di quest ultimo in tre differenti flussi, promuovendo una forte diluizione da parte dei gas combusti, residenti all interno del forno. Con questo tipo di combustione la zona di reazione risulta completamente trasparente. Solitamente, il colore giallo della fiamma può essere attribuito alla presenza di residui carboniosi che irradiano nel campo del visibile quando il picco di temperatura da essi raggiunto è sufficientemente superiore alla temperatura delle pareti. La trasparenza della fiamma è un indicatore dell elevata uniformità del campo termofluidodinamico raggiunta all interno della camera di combustione [16]. I principali vantaggi raggiunti con questa soluzione sono un elevata omogeneità della temperatura delle pareti e del carico nonché un elevata efficienza di combustione e bassissime emissioni di NO x. In particolare, è stato mostrato come le emissioni di NO x possano essere correlate al grado di diluizione dei flussi reagenti con i prodotti di combustione. Le applicazioni rigenerative, abbinate all ossidazione flameless, nel campo dell industria di processo ad alta temperatura sono innumerevoli. Si riportano, ad esempio, due esperienze nell industria francese in cui è stata coinvolta Gaz de France: la prima esperienza è legata ad un nuovo forno di forgiatura equipaggiato con bruciatori autorigenerativi per la FORCAST International in Thionville; l altra relativa all aggiunta di uno scambiatore di calore, al fine di recuperare l entalpia dei gas di scarico per preriscaldare l aria comburente, in un forno per trattamenti termici. In entrambi i casi, grazie al raggiungimento di un regime di combustione flameless, si sono ottenuti livelli estremamente bassi di emissioni di ossidi di azoto pur avendo elevate temperature di preriscaldamento dell aria [17]. 1.2 Formazione di NO x Gli ossidi di azoto (generalmente indicati con la sigla NO x ad indicare i diversi possibili stati di ossidazione dell azoto) sono principalmente costituiti da NO e in percentuale minima da NO 2 [18]. I principali meccanismi di formazione degli ossidi d azoto possono essere classificati, secondo quanto proposto da Bowman, in tre categorie: 1) thermal NO x, la cui formazione è fortemente influenzata dalle temperature raggiunte in camera di combustione, in accordo con il meccanismo di Zeldovich; 2) meccanismi in cui la formazione di NO è più rapida di quanto previsto dal meccanismo precedente, ad esempio: prompt NO x, la cui formazione è legata a radicali idrocarburici in zone ricche ed a bassa temperatura (in accordo con quanto proposto da Fenimore); ossidazione attraverso la formazione intermedia di N2O; come risultato di concentrazioni in superequilibrio di radicali O ed OH in aggiunta allo schema di Zeldovich; 3) fuel NO x, la cui formazione è legata agli atomi di azoto presenti nel combustibile. 8

14 Combustione diluita Thermal NO x Questi ossidi di azoto si formano ogni qualvolta ossigeno ed azoto si miscelano ad elevata temperatura. Si tratta del principale meccanismo di formazione di NO x in presenza di combustibili puliti ovvero privi di sostanze azotate. Quindi, la formazione di NO x in base a questo meccanismo è un problema da affrontare se si utilizza aria come comburente. La reazione globale di ossidazione dell azoto è la seguente: N + O 2 NO. 2 2 Naturalmente, il meccanismo di ossidazione è più complesso ed è stato descritto per la prima volta da Zeldovich nel Secondo Zeldovich il meccanismo di reazione è il seguente: N O O NO + N. + N NO + O Le sempre più stringenti limitazioni sulle emissioni di ossidi di azoto hanno portato ad includere un ulteriore reazione nella catena di reazione ovvero: N + OH NO + H. Questa, insieme alle due precedenti, dà luogo al cosiddetto meccanismo di Zeldovich esteso. In generale questo meccanismo di ossidazione si accoppia con il meccanismo di ossidazione del combustibile tramite le specie ossidanti O 2, O, OH. Tuttavia, in quei processi in cui l ossidazione del combustibile è completa prima che la formazione di NO x sia significativa, i due processi possono essere disaccoppiati. In questo caso, se le scale temporali sono sufficientemente grandi, è possibile ritenere che le concentrazioni di N 2, O 2, O e OH sono all equilibrio e l azoto atomico, N, è in condizioni stazionarie. Questo naturalmente semplifica notevolmente il calcolo della formazione degli ossidi di azoto. Se si tiene conto che l energia di attivazione della prima reazione è molto elevata ( Ea = kj/kmol) diventa chiara la forte dipendenza della formazione di NO dal livello di temperatura. Una regola empirica afferma che questo meccanismo di formazione di NO non è rilevante se le temperature sono al di sotto di 1800K Prompt NO x La formazione di NO x in base a questo meccanismo proposto da Fenimore è intimamente legata alla chimica di combustione degli idrocarburi. Studiando la combustione di fiamme laminari premiscelate, Fenimore si accorse che alcuni NO venivano prodotti molto prima di quanto ci si sarebbe aspettato in base al meccanismo di Zeldovich (ecco perché il nome prompt NO x ). Lo schema generale proposto da 9

15 Combustione diluita Fenimore prevede che radicali idrocarburici reagiscono con l azoto molecolare per formare ammine o acido cianidrico. Questi vengono convertiti in composti di transizione che alla fine portano alla formazione di NO. Le reazioni primarie individuate da Fenimore sono: N N CH + C HCN + N. CN + N Per rapporti di equivalenza inferiori a 1.2 la conversione di HCN in NO può essere schematizzata come segue: HCN NCO NH N + O + H + H + OH NCO + H NH N + CO. + H NO + H Fuel NO x Nel caso in cui il combustibile presenta azoto combinato all interno della sua struttura molecolare, questo può dar luogo alla formazione di ossidi di azoto. Tra l altro bisogna considerare che l azoto legato agli idrocarburi presenta legami più deboli rispetto a quelli che lo legano nella molecola d azoto. In particolare, il carbone può essere ricco di azoto finanche ad un 2% in massa. In questi casi l azoto molecolare legato è rapidamente convertito in acido cianidrico, HCN, o ammoniaca NH 3. Per il resto il meccanismo di formazione segue quello dei prompt NO x. In Fig. 1.4 è riportato lo schema proposto da Miller e Bowman. Fig. 1.4 Produzione di NO associato con prompt e fuel NO x. 10

16 Combustione diluita 1.3 Caratteristiche della combustione diluita L interesse nei confronti dei processi di combustione con comburenti fortemente diluiti e notevolmente preriscaldati deriva dallo sviluppo di nuove tecnologie di combustione stimolate da sempre più stringenti richieste di riduzione di emissioni inquinanti e risparmio energetico. Infatti, l efficienza termica delle fornaci nell industria di processo ad alta temperatura dipende, anche se non esclusivamente, dal grado di recupero del calore attraverso il preriscaldamento dell aria. Naturalmente un elevata efficienza vuol dire una minore richiesta di combustibile e quindi una ridotta emissione di inquinanti (ad esempio, NO x e gas serra). Alti livelli di preriscaldamento possono essere compatibili con i limiti sulle emissioni di ossidi di azoto solo se si ricorre ad una forte diluizione altrimenti si incorrerebbe in un eccessivo incremento di temperatura all interno della camera di combustione. Nelle condizioni di combustione diluita, il sistema evolve seguendo meccanismi di reazione che differiscono a seconda del livello di diluizione stesso e questo ha una notevole influenza sul tempo caratteristico del processo. Questo tipo di tecnologia si caratterizza per la realizzazione di ampie zone di combustione all interno delle quali i profili di temperatura e di concentrazione delle specie chimiche sono pressoché uniformi, si assiste ad una notevole riduzione delle emissioni acustiche nonché ad una quasi totale assenza delle tipiche emissioni luminose nel campo visibile con uno spostamento verso le bande dell infrarosso. Il livello di diluizione influisce, tra l altro, sui limiti di infiammabilità (superiore ed inferiore), i quali tendono a convergere con l aumentare della quantità di diluente [19]. Inoltre, esiste anche una dipendenza dei limiti di infiammabilità dalla specie chimica che costituisce il diluente. In Fig. 1.5 si riporta il grafico dei limiti di infiammabilità nel caso di miscele metano-aria-diluente a 25 C e pressione atmosferica. In particolare, la concentrazione del diluente è così alta che la composizione iniziale risulta al di fuori dei limiti di infiammabilità non consentendo ad un processo deflagrativo di propagarsi. Per consentire l ossidazione del combustibile è quindi necessario introdurre i reagenti ad una temperatura superiore a quella di autoaccensione del combustibile. Nelle camere di combustione ad alta temperatura il processo di mescolamento tra combustibile e comburente può essere controllato in modo tale da ottenere una combustione flameless ovvero in assenza di un evidente fronte di fiamma visibile. I profili di temperatura sono fortemente legati alla distribuzione delle condizioni di mescolamento e non si discostano molto dalle temperature dei prodotti della combustione ricircolanti. L assenza di picchi di temperatura consente di inibire la formazione di ossidi di azoto e quindi di abbatterne le emissioni. Inoltre, in queste condizioni, la formazione di NO x non risente del livello di preriscaldamento dell aria, caratteristica questa che è molto importante nell industria dei processi ad alta temperatura. 11

17 Combustione diluita Fig. 1.5 Limiti di infiammabilità Diversamente, nel caso di una fiamma tradizionale, il profilo di temperatura presenta un picco in corrispondenza del fronte di fiamma (essenzialmente una superficie sottile) in prossimità del bruciatore che poi decresce a valle man mano che si completa l ossidazione. I picchi di temperatura sono i principali responsabili della formazione di ossidi di azoto per effetto termico (thermal NO x ) in accordo con il meccanismo descritto da Zeldovich. Bruciatori Low-NO x ricorrono principalmente allo staging ovvero alla realizzazione di zone quasi stechiometriche ad alta temperatura che, a seguito della minore affinità dell azoto rispetto al carbonio per l ossigeno, non favoriscono la formazione di NO x, seguite da zone in cui l aria consente di completare la reazione di combustione ma dove ormai le temperature sono sufficientemente basse da non rendere significativa l ossidazione dell azoto. Tuttavia, ricorrendo alla combustione flameless, si è in grado di ridurre di un ordine di grandezza le emissioni di NO x rispetto anche all utilizzo dei migliori bruciatori Low NO x. Infatti, la combustione diluita non solo inibisce la formazione dei thermal NO x attraverso l eliminazione dei picchi di temperatura, come visto prima, ma ha anche un effetto positivo nel contrastare la formazione di prompt-no x in quanto riduce la quantità dei radicali precursori della formazione degli ossidi di azoto in accordo a questo meccanismo di formazione [20]. Infine, anche i fuel NO x sono soggetti ad un processo di riduzione dando origine ad azoto molecolare. 12

18 Combustione diluita Un altra caratteristica interessante quando si intende realizzare la combustione diluita, è la maggiore semplicità di progettazione del bruciatore. Infatti, nella progettazione di un bruciatore tradizionale la principale esigenza è quella di riuscire a stabilizzare la fiamma. Tipicamente, si ricorre a bluff body o a swirler per creare zone di ricircolazione in grado di richiamare i prodotti di reazione caldi che riscaldano i reagenti in modo tale da portarli oltre la temperatura di ignizione innescando un meccanismo di reazione stabile. E necessario avere forti gradienti di temperatura e concentrazione delle specie chimiche in uno spazio confinato in modo tale che il fronte di fiamma possa diffondersi a monte compensando la convezione dei reagenti freddi. La stabilità di fiamma è fondamentale per due motivi: - garantisce una velocità di reazione costante e controllata; - fornisce segnali affidabili (ad esempio, emissioni di radiazioni UV) al fine di garantire la sicurezza del processo. Nei processi ad alta temperatura, oltre la temperatura di auto-accensione del combustibile, l esigenza di un fronte di fiamma stabile attaccato al bruciatore viene meno. Infatti, la normativa non impone più il ricorso a sistemi automatici di spegnimento del bruciatore, in caso di assenza di fiamma, purché la temperatura della camera di combustione si mantenga stabilmente oltre i 700 C. L unica preoccupazione deve essere quella di garantire energia cinetica sufficiente ai flussi reagenti affinché possano mescolarsi completamente all interno della camera di combustione con i prodotti della combustione poiché, al di sopra della temperatura di auto-accensione del combustibile, si avrà comunque una ossidazione completa. L eliminazione del fronte di fiamma attaccato al bruciatore è vantaggioso anche per ridurre gli stress termici nei materiali ceramici che compongono i bruciatori e i corpi rigenerativi. Un aspetto importante che caratterizza la combustione flameless è la riduzione delle emissioni acustiche della fiamma: durante i test realizzati presso i laboratori della WS GmbH sono state registrate riduzioni delle emissioni acustiche di circa 15dBA [5]. Infatti, con l assenza di un fronte di fiamma viene meno una delle principali cause di rumore ovvero i fenomeni di accensione ed estinzione locali tipici della dinamica del fronte di fiamma stesso. 1.4 Combustione MILD Un particolare sottogruppo della tecnologia HiTAC che sta riscuotendo particolare interesse in tutta la comunità scientifica è la combustione MILD (Moderate and Intensive Low oxygen Diluted combustion) [21]. L interesse per la combustione in regime MILD è attestata, tra l altro, dall elevato numero di bruciatori che sono stati sviluppati e studiati sia in campo accademico che industriale (Katsuki and Hasegawa, 1998; Ishiguro et al., 1998; Plessing et al., 1998; Gupta and Hasegawa, 1999; Weber, 1999; Wünning and Wünning, 1997). 13

19 Combustione diluita Al fine di darne una definizione rigorosa è necessario fare prima una considerazione. Tradizionalmente i processi di combustione vengono distinti in base alla loro temperatura. E tipico classificare questi processi in processi a bassa, media o alta temperatura. Quando però in un processo di combustione c è più di una temperatura che risulta rilevante ai fini della combustione la situazione diventa più complicata. Questa difficoltà diventa evidente in quei processi in cui si devono poter controllare contemporaneamente le temperature minima e massima. Risulta ad esempio difficile poter parlare di una combustione a bassa temperatura (perché è necessario tener bassa la temperatura di processo) quando i reagenti vengono fortemente preriscaldati. Per una classificazione di questi processi è pertanto meglio ricorrere a domini bidimensionali in cui si considera contemporaneamente la temperatura di ingresso dei reagenti e l incremento di temperatura che questi subiscono durante il processo. Come temperatura di riferimento per entrambi gli assi si ricorre alla temperatura di autoaccensione del combustibile in condizioni stechiometriche. Alla luce di quanto detto, risulta immediata la comprensione della definizione di combustione MILD che è stata data da Cavaliere e de Joannon nel 2004: un processo di combustione può essere definito MILD quando la temperatura di autoaccensione del combustibile è inferiore alla temperatura di ingresso dei reagenti e superiore al massimo incremento di temperatura raggiunto all interno della camera di combustione. La temperatura di autoaccensione a cui si fa riferimento è la temperatura di autoaccensione di una miscela omogenea aria/combustibile in condizioni stechiometriche [22]. Nel piano bidimensionale oltre alla combustione MILD è possibile definire altri due regimi di combustione stabile: feedback combustion; high temperature combustion (Fig. 1.6). Fig. 1.6 Regimi di combustione 14

20 Combustione diluita La combustione MILD si differenzia da questi altri due regimi di combustione in quanto la reazione non sarebbe in grado di autosostenersi se non venissero preriscaldati i reagenti. Al contrario sia la feedback combustion che la high temperature combustion soddisfano la condizione necessaria per l autosostentamento della fiamma, ovvero il calore rilasciato dal processo di combustione è sufficiente a sostenere la temperatura minima richiesta dal processo di combustione stesso. All interno del regime di combustione MILD è possibile inserire sicuramente la combustione flameless, i processi di reforming e quelli di pirolisi. A rigore però, il concetto di combustione flameless è più legato alle caratteristiche della camera di combustione che non alle caratteristiche termochimiche dei reagenti. Infatti, la definizione di combustione flameless si riferisce più che altro alla peculiare caratteristica di una ridottissima emissione nel campo del visibile nella regione di ossidazione. Tale comportamento è dovuto ad una uniforme distribuzione delle condizioni termodinamiche e delle concentrazioni delle specie chimiche all interno della camera di combustione. Tuttavia, questi regimi di combustione sono comunque caratterizzati da una elevata temperatura di ingresso dei reagenti nonché da una forte diluizione dell aria comburente. Nel caso della combustione MILD l irraggiamento favorisce l omogeneizzazione del campo termodinamico. Infatti, nella prima zona di ossidazione, a seguito della presenza di diluenti come CO 2 e H 2 O ed a seguito delle più alte temperature per il preriscaldamento del comburente, aumenta l intensità del flusso radiante nel campo dell infrarosso. Diversamente, nella zona di post-combustione le temperature sono più basse e le concentrazioni dei gas combusti non differiscono molto da quelle nella prima zona di ossidazione, pertanto il flusso radiante si riduce. Nella combustione di tipo MILD, la presenza di un elevato tenore di diluente, che non partecipa direttamente ai meccanismi di reazione, sposta la composizione del flusso in ingresso al di fuori dei limiti di infiammabilità cosicché non è possibile avere una propagazione di fiamma di tipo deflagrativo. Per poter rendere possibile l ossidazione del combustibile, è quindi necessario preriscaldare i flussi reagenti oltre la temperatura di autoaccensione del combustibile. Una grande interazione tra il mescolamento turbolento e la cinetica chimica (Numero di Damkoehler circa unitario, [23]), si è rivelata la principale caratteristica in questo regime di combustione. In particolare, le fluttuazioni termochimiche sono responsabili della delocalizzazione della reazione distribuendo il rilascio di calore. Sintetizzando, nel regime MILD, subito a valle delle zone di ingresso dei flussi reagenti, si ottiene un elevato livello di omogeneità con la zona di reazione che si estende alla quasi totalità del dominio, con ridotti gradienti di temperatura e di concentrazione delle specie chimiche [24]. Si favorisce così una combustione caratterizzata dall assenza di una fiamma visibile, da un abbattimento delle emissioni inquinanti e da un ridotto rilascio di energia acustica [25]. In particolar modo, per quel che riguarda le emissioni inquinanti, proprio l assenza di picchi di temperatura risulta sfavorevole alla formazione di 15

21 Combustione diluita NO x (sia secondo il meccanismo termico, sia secondo il meccanismo prompt) e di particolato incombusto. 1.5 Applicazioni In questi anni, l attività di ricerca è stata focalizzata soprattutto sull analisi (in piccoli impianti da laboratorio [26], [27], [28]) della struttura della fiamma associata con la tecnologia HiTAC usando combustibili gassosi quali metano, propano, GPL, gas di processo, nonché alcuni combustibili liquidi pesanti; all analisi della formazione di agenti inquinanti, inclusi gli NO x ; alla realizzazione di impianti pilota dimostrativi [29]; alle misure sul campo su installazioni operanti [30]. In particolare, l attività di ricerca sulla combustione diluita è stata mirata soprattutto alle fornaci e alle caldaie per applicazioni industriali. In tutti i casi, i principali risultati possono sintetizzarsi in un significativo risparmio energetico (fino al 60%), in una riduzione delle emissioni e nella realizzazione di sistemi più compatti. La combustione diluita si è dimostrata particolarmente efficace anche nel caso in cui si utilizzino combustibili a basso potere calorifico in quanto in questo tipo di ossidazione non è presente il problema della stabilizzazione della fiamma, punto critico di tale tipo di combustibili nella combustione di tipo tradizionale [1]. Tuttavia il principio di base della combustione diluita è valido per qualsiasi tipo di combustibile. Questa può essere vista come un decisivo passo avanti nella tecnologia di combustione e mostra di avere un grande potenziale per lo sviluppo di ulteriori apparecchi in cui la combustione ha un ruolo fondamentale. Un campo interessante per la combustione diluita è la combustione dei rifiuti solidi urbani, delle biomasse, dei rifiuti industriali e dei rifiuti speciali, quali sostanze chimiche e scarti farmaceutici [31]. Questi prodotti risultano particolarmente difficili da trattare e il ricorso agli inceneritori non è una soluzione accettabile. In questi casi è possibile procedere alla conversione in combustibili gassosi che invece possono essere bruciati con elevata efficienza di combustione. Possono infine essere trattati i composti organici volatili che sono da considerarsi inquinanti per l ambiente e che con questa tecnologia possono essere completamente distrutti e bruciati senza dar luogo alla formazione di inquinanti pericolosi quali diossine. Altro campo di interessante applicazione della combustione HiTAC è quello delle celle a combustibile. Intensa è l attività di ricerca per comprendere come cambiano i processi ossidativi nella combustione diluita ad alta pressione [32]. Una promettente applicazione della tecnologia flameless per bruciatori di turbine a gas è attualmente allo studio: un prototipo di bruciatore appositamente progettato garantisce bassissime emissioni di NO x e sembra superare i problemi di fluttuazioni o di humming 16

22 Combustione diluita che affliggono i bruciatori a fiamma premiscelata utilizzati nelle turbine a gas, dove la stabilizzazione del fronte di fiamma è un punto cruciale. Inoltre l intrinseca uniformità di fiamma della combustione flameless, la rende particolarmente idonea per i processi di reforming dell idrogeno. Infatti il processo di reforming è eseguito solitamente all interno di tubi verticali riempiti di un catalizzatore riscaldati dall esterno. L uniformità di temperatura è essenziale per ottenere elevata produttività, un notevole controllo del processo nonché una riduzione delle tensioni a seguito di difforme campo di temperature. Una azienda legata alla WS ha realizzato dei minireformer per la produzione decentralizzata di idrogeno (da 5 a 200 Nm 3 /h) in future stazioni di servizio per il rifornimento di idrogeno dei veicoli. Attualmente, impianti di questo tipo sono stati installati negli aeroporti di Monaco e Madrid per il rifornimento degli autobus ad idrogeno per il servizio passeggeri [33]. Risultati incoraggianti, in termini di ridotte emissioni di NO x, si sono ottenuti anche durante test ad elevata pressione, che possono essere applicati nei sistemi di sequestro della CO 2. La tecnologia di combustione flameless può risultare interessante anche nel campo della produzione di vapore ad alta temperatura, tenendo conto dei vantaggi ad essa abbinati: abbattimento della formazione di thermal NO x, particolato e composti organici; combustione stabile senza un fronte di fiamma anche con combustibili a basso potere calorifico; limitate vibrazioni ed emissioni acustiche per l assenza di un fronte di fiamma; migliore efficienza. Di per sé, la riduzione delle emissioni di NO x non è sufficiente a giustificare lo sviluppo di una nuova tecnologia di combustione tenuto conto che tecniche ormai consolidate quali l OFA (Over Fire Air) consentono di operare tranquillamente al di sotto dei limiti imposti dalla legge in termini di emissioni. L adozione della tecnologia flameless può essere giustificata anche nel caso in cui vengano utilizzati oli pesanti o residui contenenti composti organici difficilmente combustibili. In questo caso, il basso costo dei combustibili abbinato alle ridotte emissioni legate a questo tipo di combustione giustificherebbero l investimento. Un importante campo di applicazione della combustione mild è quello dell hot windbox repowering in cui si utilizzano i gas provenienti da una turbina a gas come comburente per una caldaia tradizionale ad olio combustibile [34]. Tale utilizzo è reso possibile in seguito all elevato tenore di ossigeno ancora presente nei gas di scarico delle turbine a gas (10-15%) per effetto dell elevato rapporto aria/combustibile tipico di questa applicazione. L'interesse impiantistico del repowering è legato a vari fattori: aumento del rendimento complessivo di impianto; incremento dell output di potenza grazie all aggiunta della turbina a gas; miglioramento dei costi di esercizio; utilizzazione di impianti esistenti che altrimenti verrebbero dismessi perché non più competitivi sul mercato. 17

23 Combustione diluita Naturalmente sono necessari interventi sull impianto in quanto l utilizzo dei gas di scarico come comburente determina una modifica sulla distribuzione dei flussi di calore e delle temperature sui vari banchi. Infatti a seguito del repowering si assiste ad un aumento delle temperature in ingresso rispetto alle condizioni di progetto mentre la temperatura di fiamma risulta inferiore a causa della minore quantità di ossigeno e della maggiore quantità di inerti da riscaldare. Questo tipo di interventi ha effetti benefici in termini di impatto ambientale in quanto le più basse temperature di fiamma possono determinare una riduzione delle emissioni di NO x. Valutazioni termodinamiche stabiliscono che interventi di questo tipo su impianti a vapore di vecchia generazione da 320 MW, possono consentire un aumento di rendimento compreso tra il 10 e il 15% ed aumenti di potenza tra 35 e 40%. Come già accennato precedentemente, la convenienza economica di un tale intervento potrebbe non essere garantita sulla sola base di questi due risultati. Tuttavia, la riduzione delle emissioni di NO x legata a questo tipo di intervento è un parametro certamente favorevole per la fattibilità dell intervento. Infatti risulta particolarmente interessante la possibilità di contenere le emissioni di NO x senza peggiorare l efficienza della combustione e la funzionalità dell'impianto e senza dover ricorrere ad accorgimenti costosi per garantire il rispetto delle sempre più stringenti normative sull impatto ambientale di questo tipo di impianti. Un altro campo di applicazione è quello dei forni a tubi radianti, in cui i materiali da trattare termicamente ricevono calore per irraggiamento evitando ogni contatto o contaminazione da parte dei prodotti della combustione [35]. Il miglioramento dell efficienza della combustione si giustifica con un miglior utilizzo del combustibile attraverso una riduzione dell eccesso d aria richiesto per evitare la formazione di emissioni di monossido di carbonio. Una proposta innovativa di applicazione della combustione mild è quella di introdurre il combustibile gassoso durante la fase di espansione in un ciclo di turbina a gas [36]. L ipotesi di base è che la portata di combustibile introdotta sia tale che il calore rilasciato nel processo di combustione bilanci stadio per stadio il lavoro di espansione. In questo modo sarebbe possibile avere una espansione molto prossima ad una trasformazione isoterma. Naturalmente questo tipo di trasformazione non è possibile con le attuali generazioni di turbine a gas. Il nuovo ciclo di turbina a gas prevede (Fig. 1.7): una compressione adiabatica; una fase di preriscaldamento a spese dei gas di scarico della turbina fino ad una temperatura superiore a quella di autoaccensione del combustibile; una fase di espansione durante la quale viene introdotto il combustibile attraverso condotti realizzati direttamente nelle pale della turbina in maniera tale che il lavoro di espansione sia bilanciato dal colore di combustione. La fase di espansione, tuttavia, non può essere completamente isoterma ma deve necessariamente presentare un incremento di temperatura in modo tale da garantire il corretto funzionamento del 18

24 Combustione diluita recuperatore di calore per preriscaldare l aria. Questo ciclo, di fatto, approssima un ciclo Ericsson garantendo un elevato rendimento. Fig. 1.7 Ciclo innovativo di turbina a gas Infine è possibile elencare ulteriori campi di utilizzo di tale tecnica di combustione quale: caldaie a vapore alimentate con polverino di carbone; sistemi di incenerimento e di fusione delle ceneri; riscaldatori per processi petrolchimici come il cracking dell etilene; distruzione di inquinanti combustibili ancora presenti nei fumi di processi industriali prima della loro dispersione in atmosfera; caldaie domestiche; micro-combustori per turbine a gas dedicate alla produzione di energia elettrica; motori a combustione interna. 1.6 Attività numerica All attività di tipo sperimentale è stata affiancata un intensa attività di tipo numerico [37], [38], [39], [40]. Questa è basata prevalentemente sull utilizzo di codici commerciali. Ad esempio, i ricercatori dell International Flame Research Foundation (IFRF) usano il FLUENT, quale codice CFD di base, sin dal In particolare, presso questo centro sono state elaborate diverse UDF (User-Defined Function) per estendere le potenzialità del codice stesso. Per quanto riguarda i modelli di combustione, calcolano le reazioni chimiche facendo riferimento all Eddy Dissipation Concept (EDC), e usano meccanismi ridotti a due step sia nel caso della combustione del metano che dell etano. Effettuano, invece, modifiche sostanziali al codice per quel che riguarda il post-processing degli NO x. I loro modelli sono convalidati sulla base dei risultati sperimentali ottenuti presso la loro stazione di ricerca [41]. 19

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