FARMACI ANTIANGIOGENICI E DMLE

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1 IL PUNTO SU... FARMACI ANTIANGIOGENICI E DMLE a cura di Anna Cariello U.O. Oculistica, Casa di Cura Barbantini, Lucca LA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL ETÀ: DMLE L avanzare degli anni influenza in misura variabile quasi tutte le parti dell occhio: la cornea può perdere lucentezza e trasparenza, il cristallino va incontro ad una progressiva sclerosi con diminuzione della propria flessibilità e con una progressiva opacizzazione, la tonicità dell iride tende a ridursi, avvengono cambiamenti anche a livello vitreale; ma tra i fattori che maggiormente influenzano, in senso negativo, l acuità visiva con l avanzare degli anni, un posto d onore spetta certamente alla DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL ETA (DMLE), prima causa di cecità legale negli ultra cinquantacinquenni nei paesi industrializzati. La sua patogenesi, non ancora perfettamente chiara, implica diversi fattori (genetici, infiammatori, ambientali) che concorrono tutti ad alimentare, in misura varia, il processo neoangiogenico che sostiene la nascita e la crescita, in corso di DMLE, della membrana neovascolare sottoretinica (CNV). L ANGIOGENESI L angiogenesi rappresenta un insieme di processi funzionali atti alla formazione di nuovi vasi sanguigni a partire da vasi già esistenti. La formazione di un vaso passa attraverso stadi ben definiti, caratterizzati da modificazioni dell endotelio e della matrice extracellulare. L angiogenesi, è di fondamentale importanza in molti processi fisiologici e patologici. La normale crescita del tessuto, come nello sviluppo embrionale, nella cicatrizzazione delle ferite o nel ciclo mestruale, è caratterizzata dalla formazione di nuovi vasi, per il rifornimento di O 2 e sostanze nutritive e per l eliminazione dei residui metabolici. L angiogenesi si attiva fisiologicamete in maniera rapida in risposta alle condizioni ipossiche o ischemiche: il rilassamento vascolare (per es. mediato dall ossido nitrico) è un prerequisito per la partecipazione delle cellule endoteliali al processo di angiogenesi. In qualsiasi tipo di processo angiogenico, sia fisiologico che patologico, l inizio della risposta angiogenica si ha con l attivazione delle cellule endoteliali per il rilascio di citochine a seguito di ipossia o ischemia. Dalle cellule ipossische, dai macrofagi, dalle altre cellule del sistema immunitario, viene prodotto il fattore di crescita endoteliale (VEGF), primo attore del processo neoangiogenico. 135 Possiamo schematicamente individuare 4 tappe principali nella angiogenesi: 1- Destabilizzazione dei vasi preesistenti (in seguito ad un aumento della permeabilità vasale e ad una perdita delle connessioni tra le cellule endoteliali). 2- Migrazione e proliferazione delle cellule endoteliali in una zona del tessuto dove necessita la formazione di nuovi vasi (in questa fase occorre la liberazione di enzimi proteolitici che modificano la matrice extracellulare, facilitando la migrazione delle cellule endoteliali). 3- Differenziazione delle cellule endoteliali caratterizzata da un arresto della proliferazione cellulare e dalla formazione di capillari primitivi. 4- Richiamo di cellule subendoteliali di supporto quali i periciti e le cellule della muscolatura liscia (avviene così una riorganizzazione delle interazioni cellulari).

2 IL PUNTO SU... Riassumiamo nello schema che segue, il modo in cui i principali mediatori del processo angiogenico influenzano la cellula endoteliale nel corso delle diverse fasi della angiogenesi: Proliferazione Migrazione Differenziazione VEGF - SI SI PGF Debole SI - FGF-1 FGF-2 SI SI SI PDGF SI SI SI HGF/SF SI SI SI TGF-a SI SI SI TGF-b INIBIZIONE NO SI 136 EGF SI SI SI TNF-a INIBIZIONE NO SI IL-8 SI SI - PGE 1 PGE 2 NO NO SI COX 2 NO SI SI PD-ECGF/TP NO SI - VCAM-1 NO SI - E-Selectine NO SI SI

3 VEGF (vascular endhotelial growth factor): ha un ruolo fondamentale nella regolazione dell angiogenesi fisiologica e patologica. Esistono diverse isoforme di VEGF, rispettivamente di 206, 189, 165 e 121 amminoacidi. La specie molecolare predominante è VEGF 165 che si presenta come una glicoproteina omodimerica basica che si lega all eparina. Sono stati anche identificati 4 geni strutturalmente correlati a VEGF i cui prodotti sono conosciuti come PGF (placental growth factor), VEGF-A (o VEGF), VEGF-B, VEGF-C, VEGF-D e VEGF-E. In vitro VEGF stimola la degradazione, la proliferazione e la migrazione delle cellule endoteliali. In vivo regola in primo luogo la permeabilità vascolare, importante per l inizio dell angiogenesi. IL PUNTO SU... Inducono l espressione di VEGF anche: il TGF-a, il TGF-b e EGF (epidermal growth factor) i mediatori della risposta infiammatoria quali IL e PGE 2 IGF-1 (insulin-like growth factor 1) l attivazione delle proteine Kinasi C e A oncogene ras e overespressione di v-raf o v-src le proteine regolatrici del ciclo cellulare quali p53 ed il soppressore del gene di Von Hippel-Lindau (VHL). La neovascolarizzazione coroideale nella DMLE esssudativa è caratterizzata da una OVER-ESPRESSIONE di angiopoietina, di PDGF, di TGFbeta, ma soprattutto di VEGF: è stato infatti dimostrato che i valori oculari del VEGF aumentano in maniera proporzionale al grado di crescita e di leakage dei neovasi (verosimilmente aumentano anche i suoi recettori). Nella degenerazione maculare dovuta all età come pure nella retinopatia diabetica la neovascolarizzazione intraoculare è sostenuta anche dalle E-selettine. LE POSSIBILITÀ TERAPEUTICHE Se escludiamo le procedure chirurgiche vere e proprie, fino a pochissimi anni fa la fotocoagulazione classica con laser ad argon era il solo trattamento possibile per CNV in corso di DMLE: si tratta di una procedura che non trova, però, una idonea applicazione se non nel trattamento delle lesioni extrafoveali e iuxtafoveali: l energia termica di questo tipo di laser, infatti, seppure efficace per l obliterazione dei neovasi sottoretinici, comporta un inevitabile danneggiamento della retina sovrastante con lesioni indotte talora rilevanti. 137 Attualmente la fotocoagulazione viene effettuata con laser intelligenti, che evitano il danneggiamento diretto della retina: la terapia fotodinamica (Photo Dinamic Therapy, PDT) è il più diffuso di questi trattamenti; si tratta di una procedura che prevede l iniezione endovena di una sostanza fotosensibile (la verteporfina) la quale, concentrandosi selettivamente all interno dei vasi della membrana neovascolare sottoretinica, guida su questo solo bersaglio l azione lesiva del laser. L esposizione ad un laser non termico (con lunghezza d onda di 689 nm) determina l attivazione della verteporfina, provocando la formazione di un trombo all interno dei vasi neoformati, senza danneggiare la retina sovrastante. L utilizzo della PDT, della fotocoagulazione feeder vessel, e la termoterapia transpupillare (TTT), sembrano al momento rapprsentare le principali possibilità di trattamento per CNV. Si tratta di procedure che pur consentendo di rallentare l evoluzione di molte forme di degenerazione maculare essudativa, solo in pochissimi casi riescono ad arrestarla ed a dare un miglioramento funzionale. TCA: IL SUO RUOLO NELLE FORME ESSUDATIVE Tra le nuove possibilità di trattamento adiuvante per le CNV in corso di DMLE essudativa, un ruolo importante spetta alla somministrazione intravitreale di Triamcinolone Acetonide (TCA), glucocorticoide di sintesi che già in passato veniva utilizzato in terapia oftalmica per le sue proprietà antinfiammatorie. La letteratura internazionale recente ha segnalato sempre più frequenti e diversifi-

4 138 IL PUNTO SU... cati impieghi di questo cortisonico, evidenziando una tendenza all utilizzo entusiastico del farmaco. Il Triamcinolone Acetonide è un glucocorticoide di sintesi, dal peso di Daltons, con importante effetto antinfiammatorio, blanda potenza nella ritenzione di sodio ed emivita biologica di ore. Il farmaco si comporta come tutti gli altri cortisonici, manifestando la propria azione antinfiammatoria soprattutto mediante riduzione della dilatazione e permeabilizzazione capillare, mediante riduzione della migrazione di macrofagi e neutrofili ed esercitando inoltre un azione antiangiogenica. In passato il Triamcinolone Acetonide veniva già utilizzato routinariamente, mediante iniezione sottocongiuntivale ed iniezione periorbitaria, come molti altri steroidi. Il primo approccio all iniezione intravitreale del Triamcinolone è segnalato in letteratura riportando un incidente di percorso : nel 1974, Giles esegue una iniezione intravitreale accidentale di Triamcinolone, in corso di sottotenoniana, ed osserva che non si verifica alcuna ulteriore complicanza. In seguito, studi in laboratorio dimostrano una inibizione della vitreoretinopatia proliferante nel coniglio, ed una inibizione della crescita di neovasi dopo insulto ischemico retinico, nel maiale; inoltre, si dimostra una inibizione dei fibroblasti umani, in vitro. Nel 2001 Jonas, vista l assenza di importanti controindicazioni e stando alle teoriche possibilità di successo, comincia ad effettuare iniezioni intravitreali nell edema maculare diabetico: utilizza 25mg di Triamcinolone Acetonide, e dà inizio ad ulteriori studi sull argomento. Gli impieghi del farmaco, sono attualmente molteplici, nella nostra disciplina: oltre all impiego in corso di degenerazione maculare senile -con componente essudativa- (Jonas JB, Arch Ophthalmol 2004), segnaliamo infatti: edema maculare diabetico (Massin P, 2004) edema maculare associato a CRVO ( Karacorlu M, 2004) edema maculare in BRVO (Jonas J, 2004) edema maculare cistoide pseudofachico (Jonas J, 2003) edema maculare cistoide dopo chirurgia vitreoretinica (Inoue M, 2004) edema maculare in corso di uveite (Antcliff, 2001) distacco essudativo esteso (Jonas JB, 2004) glaucoma neovascolare (Jonas JB, 2004) oftalmia simpatica (Jonas JB, 2004) occhio cieco dolente (Rodriguez ML,, 2003) chirurgia filtrante del glaucoma: somministrazione sottocongiuntivale preoperatorio (Wang NL,1994) emangioma orbitario: somministrazione intralesionale e perilesionale (Goyal R, 2004 calaziosi nel bambino: somministrazione intralesionale ed intratarsale (Mustaf TA,, 2004). La possibilità di impiego del TCA nel trattamento delle CNV è legata alla sua triplice azione antinfiammatoria antiedemigena ed antiangiogenica, azioni giustificate dai seguenti eventi molecolari: stop alla produzione dei metaboliti dell acido arachidonico (stabilizzazione la IERB) inibizione dell attivazione leucocitaria stop espressione molecole di adesione ELAM1 ICAM1 stop secrezione proteina C3 del complemento stop espressione della COX2 (e conseguente prevenzione della produzione di PG) stop produzione dei metaboliti dell ARA stop produzione IL1, IL6, TNFa stop produzione dei leucotrieni down regulation espressione VEGF

5 GLI APTAMERI IL PUNTO SU... La ricerca recentemente ha focalizzato la sua attenzione nel ritrovamento di composti con un effetto specifico su un singolo step dei processi angiogenici. Dal momento che ciascuno step della cascata di angiogenesi include una grande varietà di enzimi, citochine e recettori, l angiogenesi offre numerosi possibili bersagli per un intervento terapeutico. Una recente scoperta che può aprire valide prospettive di terapia farmacologica per le CNV è stata quella dell individuazione di aptameri capaci di inibire l angiogenesi dei vasi sottoretinici, come accade per il PEGAPTA- NIB SODICO. 139 La molecola: pegabtanib sodico è un aptamero, ovvero un piccolo frammento di RNA sintetico costituito da 28 nucleotidi organizzati in una specifica configurazione tridimensionale. La sua formula molecolare è C294H342F13N107Na28O188P28[C2H4O]n. Il meccanismo di azione: Pegabtanib è un antagonista selettivo del recettore del VEGF165, ovvero una molecola capace di legarsi al recettore al posto del VEGF165 e di bloccare il recettore stesso; l isoforma 165 del VEGF è la pricipale delle isoforme extracellulari del fattore di crescita. La farmacinetica: il farmaco, somministrato mediante iniezione intravitreale, viene assorbito nella circolazione generale dove raggiunge la sua concentazione massima dopo monosomministrazione in circa 4 gioni; entro le prime 24 ore appare già uniformemente distribuito in vitreo retina ed acqueo. Il farmaco viene eliminato per via renale ( per dosi pari a 0,3mg intravitreale, non occorrono accortezze nel paziente monorene). Gli studi clinici: esistono due importanti studi randomizzati condotti in doppio cieco per Pegabtanib, su pazienti con CNV in DMLE: gli studi prevedevano la somministrazione intravitreale di 0,3mg, oppure di 1mg, oppure ancora di 3mg, ogni 6 settimaneper 48 settimane. I pazienti trat-

6 IL PUNTO SU... tati con Pegabtanib erano in tutto 1200, e le tipologie diverse di CNV (classica, occulta e mista) erano tutte rappresentate; 298 i controlli trattati con il placebo. Per 1050 dei 1200 pazienti il trattamento era poi stato prolungato a 102 settimane, in alcuni casi facendo una interruzione in altri casi senza che alcuna interruzione del trattamento avesse luogo: i risultati degli studi sono stati molto incoraggianti sia in termini di un significativo rallentamento nel peggiorare dell acutà visiva, sia in termini di assenza di significativi effetti indesiderati; la dose di 1 mg e la dose di 3 mg non hanno mostrato migliori risultati della dose di 0,3mg, che pertanto risulta quella consigliata. Le modalita di somministarzione ed il dosaggio: Pegabtanib dovrebbe essere somministrato mediante iniezione intravitreale ogni 6 settimane nell occhio da trattare, in condizioni di sterilità, previa disinfezione del campo operatorio, e con adeguata anestesia locale; dopo l iniezione occorre controllare che sia corretta la perfusione della testa del nervo ottico e, nei 30 minuti che seguono, occorre anche effettuare una tonometria ( la maggior parte dei rialzi pressori avvengono nei primi 30 minuti). Il paziente va rivisto in 2 ed in 7 giornata (per il rischio di endoftalmite). Le controindicazioni: il farmaco è controindicato in pazienti con infezioni oculari o perioculari, non sperimentato in pazienti pediatrici, in pazienti in gravidanza né in allattamento, non sperimentato in pazienti epatopatici né in pazienti emodialitici. 140

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