Progettazione e sintesi dei farmaci

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1 Progettazione e sintesi dei farmaci 1. Il Punto di Partenza (Lead) Introduzione La progettazione di ligandi recettoriali, a parte alcune lievi differenze che verranno tempestivamente indicate, non differisce sostanzialmente dal processo di ricerca e sviluppo di ogni altro farmaco: può essere fatta a partire da punti di partenza molto diversi tra loro. E chiaro che l'approccio più immediato sarebbe quello di conoscere la topografia del sito di interazione dei ligandi naturali per disegnare la molecola nuova su di esso. Purtroppo le informazioni che al momento attuale sono disponibili, non permettono di seguire questa via che è invece percorribile per i prodotti destinati ad interagire con gli enzimi. Infatti, mentre per un numero crescente di enzimi è nota la struttura tridimensionale, e quindi la topografia del sito catalitico, al momento attuale non è stato possibile risolvere con la necessaria accuratezza la struttura di alcun recettore ed i modelli recettoriali disponibili sono frutto di elaborazioni teoriche che, per quanto molto utili, non permettono una progettazione sufficientemente accurata. Se non è possibile partire dalla struttura del sito attivo è però generalmente nota la struttura del ligando naturale di un recettore. Questo 1

2 può essere quindi un adatto prodotto di riferimento per il disegno di nuove molecole come verrà descritto più ampiamente nella sezione 1.7 (Sintesi razionale). Da questo punto di vista la progettazione di farmaci che agiscono sui canali ionici è ovviamente ancora più difficoltosa. In realtà tutti i farmaci attualmente utilizzati che agiscono con questo meccanismo, sono stati ottenuti in modo casuale o attraverso modulazione molecolare di prodotti la cui azione a livello dei canali era stata evidenziata dall'uso clinico o da un ampio screening farmacologico. Altri approcci di uso generale nella Chimica Farmaceutica e che si possono utilizzare per individuare ligandi recettoriali sono: la modifica di farmaci già noti; lo screening a tappeto o mirato di prodotti di origine naturale o sintetica; la identificazione di prodotti di origine naturale sia vegetale che animale; la dissociazione e amplificazione di effetti secondari di molecole già utilizzate e studiate. A questi si è recentemente aggiunta la possibilità di realizzare librerie di prodotti di sintesi che offrono la possibilità di valutare contemporaneamente e in brevissimo tempo migliaia di prodotti. Generalmente, quale che sia la via scelta, il prodotto di partenza è una molecola che necessita di un lavoro più o meno intenso di modulazione molecolare per ottimizzare la sua interazione con il recettore in termini di potenza, selettività, efficacia. Se poi lo scopo è quello di ottenere un farmaco, il cammino sarà ancora più lungo, essendo necessario prendere in 2

3 considerazione altri fattori di enorme importanza quali la farmacocinetica, la tossicità, la formulazione. Perché un processo di ottimizzazione sia possibile e, soprattutto nel caso di una utilizzazione industriale, rapido ed efficace, è necessario che sia disponibile un saggio biologico specifico, rapido e possibilmente poco costoso. Questo ha condizionato da sempre lo sviluppo di farmaci. Mentre in generale lo sviluppo di antimicrobici è stato rapido per la relativa semplicità dei saggi microbiologici, la difficoltà di coltivare in vitro i micobatteri ha severamente limitato il progredire dei farmaci antitubercolari e antileprotici. Molte delle difficoltà nell'individuare efficaci farmaci contro le malattie neurodegenerative tipo Alzheimer, dipendono dalla mancanza di attendibili protocolli di valutazione della attività dei farmaci, sia a livello preclinico che clinico. La messa a punto dei metodi di binding, che permettono la determinazione della affinità recettoriale di molte sostanze in pochissimo tempo, il perfezionamento dei metodi di analisi enzimatica, l'uso del computer nel trattamento dei dati, insieme allo sviluppo della robotica, hanno determinato in questi ultimi anni una svolta, rendendo nuovamente praticabile lo screening di un gran numero di prodotti. 3

4 Figura 1.1. Schema riassuntivo dei passaggi che conducono alla scoperta e allo sviluppo di un farmaco Farmaci preesistenti L'utilizzazione di farmaci già noti come modelli da modificare per ottenere altre molecole attive è una pratica ancora largamente utilizzata, soprattutto a livello industriale. Questo approccio manca naturalmente di 4

5 originalità ed ha una giustificazione prevalentemente economica; i prodotti così ottenuti cadono spesso nella categoria dei cosiddetti me too compounds che permettono a più ditte farmaceutiche di accedere, con limitati investimenti, a settori di mercato particolarmente remunerativi. Sebbene molto criticato, questo approccio ha anche una sua validità dal punto di vista terapeutico in quanto conduce in molti casi a prodotti con caratteristiche farmacologiche, farmacocinetiche e tossicologiche migliori di quelle del prodotto di partenza. Inoltre il lavoro fatto permette di stabilire tutta una serie di relazioni tra la struttura e l'attività che sono spesso essenziali per la definizione del farmacoforo e del meccanismo di azione. Un esempio di questo approccio sono i numerosi farmaci anti-h 2 derivati dalla cimetidina, tra i quali ranitidina e famotidina. Del resto può accadere che durante la ricerca di analoghi di un farmaco già noto, le modificazioni introdotte producano caratteristiche farmacologiche del tutto diverse, come è successo nello sviluppo della 5

6 terfenadina (il primo antistaminico non sedativo) a partire dalla classe dei neurolettici butirrofenonici come l'aloperidolo o della imipramina (antidepressivo) a partire dalla clorpromazina (antipsicotico). Questa evenienza è particolarmente frequente per i farmaci che interagiscono con i recettori dove piccole differenze strutturali rispetto alla molecola di partenza possono limitare, per esempio, la interazione ad un solo sottotipo recettoriale incrementando la specificità di azione e migliorando l'uso terapeutico. Questo caso è ben esemplificato dal passaggio da adrenalina (agonista adrenergico non specifico) a isoproterenolo (agonista β-adrenergico). 6

7 Un caso particolare di questo approccio può essere considerato l'identificazione e lo studio di metaboliti che è del resto una delle tappe fondamentali nello sviluppo di un farmaco. Poiché in genere i metaboliti sono meno tossici, la loro eventuale alta attività farmacologica può portare all'individuazione di una nuova entità molecolare. Inoltre questo studio può mettere in evidenza trasformazioni che sono essenziali per l'attività e quindi aprire la via allo studio e all'utilizzazione di nuove strutture molecolari. Il paracetamolo, un metabolita della acetanilide, ed il cicloguanil, un metabolita della clorguanide, sono due farmaci identificati in seguito allo studio di metaboliti. 7

8 1.3. Scoperta casuale Molti prodotti farmacologicamente attivi sono stati scoperti casualmente. Più spesso la scoperta casuale riguarda l'attività biologica o farmacologica di un lead che poi attraverso opportune manipolazioni è trasformato nel prodotto ad attività ottimale e, più raramente, nel farmaco. Deve essere ben chiaro che la parola casuale non rende il dovuto riconoscimento alla preparazione ed all'intuito del ricercatore che fa la scoperta e che deve esser pronto ad immaginare le possibilità della scoperta stessa. I farmaci che sono stati scoperti più o meno casualmente sono numerosi. La storia della penicillina è ormai un classico, ma il caso è 8

9 intervenuto anche nella scoperta di farmaci appartenenti a classi molto diverse quali isoniazide, iproniazide, clonidina, antabuse, ciclosporina A e molti altri. Per fare un esempio che resti nel campo dei recettori basterà ricordare la storia delle benzodiazepine raccontata dal suo scopritore L.H. Sternbach. Negli anni cinquanta il suo gruppo di ricerca presso la Hoffmann-La Roche era impegnato nella ricerca di tranquillanti del tipo del meprobamato e a questo scopo aveva progettato la sintesi di una serie di derivati benzoossadiazepinici per poi passare a derivati del tipo chinazolinico 3-ossido quando si verificò che i prodotti ottenuti non erano quelli attesi. Vennero sintetizzati molti derivati, tutti inattivi come tranquillanti. Fu quindi deciso di abbandonare il progetto inviando alla sperimentazione farmacologica gli ultimi campioni tra i quali uno della cui struttura non si era completamente sicuri. Si trattava del clordiazepossido, ottenuto da una reazione inaspettata e con una struttura del tutto originale rispetto al meprobamato, che avrebbe aperto la strada alla sintesi di una miriade di congeneri ed alla identificazione di un nuovo meccanismo di azione e di un nuovo tipo di recettori. Malgrado i progressi nello screening di massa e nella razionalizzazione degli approcci, il caso molto probabilmente continuerà ad avere un ruolo nella scoperta dei farmaci anche per il futuro. 9

10 1.4. Screening a tappeto e mirato E un approccio essenzialmente empirico che ha avuto un grande uso nel passato, era stato abbandonato perché antieconomico, ma è di nuovo largamente usato in quanto il perfezionamento e l'automazione delle metodologie di screening hanno permesso di abbattere i costi. D altra parte il metodo ha l'enorme vantaggio di permettere l'individuazione di entità molecolari con strutture molto diverse da quelle dei farmaci in uso. 10

11 Può essere utilizzato fondamentalmente in due modi opposti: a) provando un prodotto su un elevato numero di saggi biologici. b) provando molti prodotti su un solo test biologico. Naturalmente sono possibili soluzioni intermedie a seconda delle necessità. I prodotti saggiati possono avere le più diverse origini, naturale o sintetica, possono essere prodotti unici o miscele di prodotti. Il primo di questi approcci è stato quello sostanzialmente usato e perfezionato da Paul Jansen il quale ha utilizzato una batteria di recettori per eseguire prove di binding su molecole di sintesi, ottenute per combinazione di diversi farmacofori. Da questa ricerca sono derivate molte molecole, ottimizzate successivamente in farmaci di successo quali l'aloperidolo, un neurolettico già visto ed il fentanile (analgesico). Il secondo approccio è quello attualmente più utilizzato, soprattutto nella ricerca sui farmaci dei recettori. Quando un metodo di binding su un sistema recettoriale è stato messo a punto, è possibile provare centinaia e 11

12 migliaia di sostanze in tempi relativamente brevi. Ciò permette, soprattutto alle industrie, di analizzare le migliaia di prodotti che fanno parte della loro collezione e tutti gli altri che sarà possibile reperire. Non è improbabile che al termine della ricerca si siano individuati alcuni prodotti con una capacità di legame nell'ordine micromolare. Questi prodotti possono essere ottimizzati con i procedimenti che verranno illustrati in seguito, per arrivare ad affinità nell'ordine nanomolare che sono ottimali per lo sviluppo di un farmaco. Un esempio di questo approccio è lo sviluppo di E (Donepezil), un prodotto ad azione anticolinesterasica che è in fase di registrazione come farmaco anti-alzheimer. Lo screening a tappeto dei prodotti della collezione della Eisai sull'enzima acetilcolinesterasi, ha permesso di individuare un derivato piperazinico con una IC 50 nel range micromolare che è stato successivamente ottimizzato al prodotto finale che ha attività nel range nanomolare. 12

13 Lo screening può riguardare, come già accennato, anche miscele di prodotti. Si può trattare di miscele ottenute attraverso la metodologia della sintesi combinatoriale (librerie sintetiche), che verrà descritta in seguito, ma può anche trattarsi di miscele di origine naturale (librerie naturali) come ad esempio i liquidi di fermentazione di microrganismi. L'asperlicina, un prodotto della fermentazione dell'aspergillus alliaceus che ha poi originato un farmaco non peptidico in grado di bloccare i recettori della colicistochinina A (CCK-A) è stato identificato in questo modo (vedi sezione 2.3.2). Il problema principale delle librerie naturali rispetto a quelle sintetiche è nell'isolamento e nella determinazione della struttura del prodotto attivo, che malgrado l'enorme progresso fatto dalle relative metodologie negli ultimi anni è un processo lento, difficile e costoso. Il vantaggio inestimabile è quello di offrire una enorme varietà di strutture, difficilmente immaginabili e realizzabili dal chimico sintetico. 13

14 1.5. Sostanze di origine naturale I prodotti di origine naturale, in particolare quelli derivati dal regno vegetale, sono la più antica fonte di sostanze biologicamente attive e di farmaci. L'evoluzione ha creato una miriade di specie differenti che debbono sopravvivere nell'ambiente in competizione tra loro. Ciò ha condotto alla produzione di innumerevoli molecole (metaboliti secondari) dotate di attività biologica che possono essere utilizzate dall'uomo, direttamente o dopo opportune manipolazioni, come farmaci. La scoperta e l'isolamento di prodotti quali atropina, chinina, morfina, efedrina, d-tubocurarina, reserpina, digitossina, penicillina hanno rappresentato tappe fondamentali nella medicina ed hanno prodotto una miriade di derivati di importanza fondamentale in terapia e nello studio dei meccanismi fisiologici degli organismi viventi. 14

15 Dopo un periodo di incertezza, dovuto principalmente alle accennate difficoltà di separazione e identificazione dei principi attivi, questo tipo di approccio sembra aver riacquistato vitalità e dal regno vegetale la ricerca si è allargata in altri settori quale quello delle tossine di origine animale. La ricerca può essere in qualche modo guidata dalle indicazioni della medicina popolare (folk medicine) anche se spesso questo approccio ha portato a risultati deludenti. Tra le più recenti scoperte nel campo delle sostanze di origine vegetale vanno menzionate la artemisina (antimalarico), il tassolo (antitumorale); tra i prodotti di brodi di cultura di microrganismi la già citata asperlicina (antagonista del recettore CCK-A) e la lovastatina (inibitore della sintesi del colesterolo); tra i veleni e le tossine di origine animale la tetrodotossina (bloccante dei canali del sodio), la α- bungarotossina (antagonista dei recettori nicotinici) e la epibatidina (agonista nicotinico). Questi prodotti sono utilizzati come farmaci o come mezzi farmacologici di indagine e come modelli per lo sviluppo di nuovi farmaci. 15

16 Un caso particolare di prodotti di origine naturale sono le sostanze di natura peptidica. La scarsa stabilità metabolica e la biodisponibilità usualmente molto bassa fanno sì che molto raramente essi possano essere usati come tali. Più frequentemente vengono utilizzati come punti di partenza per il disegno di analoghi non peptidici, dotati della stessa azione ma che non presentano problemi farmacocinetici (peptidomimetici). Di questo approccio si parlerà più avanti Amplificazione di effetti secondari Durante la sperimentazione preclinica e clinica ma molto più frequentemente in seguito all'uso su migliaia di pazienti, possono venire osservati effetti collaterali che, mentre rappresentano un problema per l'uso del farmaco, possono derivare da meccanismi di azione aventi interesse terapeutico. Ciò può suggerire di tornare a manipolare la 16

17 struttura molecolare originale allo scopo di produrre molecole nelle quali l'effetto sia massimizzato e possibilmente dissociato dall'effetto iniziale. Da questo punto di vista i sulfamidici sono stati una vera miniera per lo sviluppo di nuovi farmaci: gli ipoglicemizzanti orali del tipo delle solfoniluree e i diuretici tiadiazinici rappresentano classi di farmaci di importanza fondamentale ottenute dalla manipolazione di sulfamidici in seguito alla osservazione clinica dei loro effetti secondari ipoglicemizzanti e diuretici. Nel campo dei farmaci che interagiscono con recettori, un classico esempio di questo approccio riguarda lo sviluppo del neurolettico clorpromazina. Questo farmaco, che è usato per il trattamento della schizofrenia ed ha rivoluzionato il trattamento delle malattie psichiatriche, è il frutto della osservazione dell'effetto tranquillizzante degli antistaminici fenotiazinici in particolare della prometazina. Gli ormoni androgeni come il testosterone hanno, oltre all'effetto androgeno, quello anabolizzante che determina l'aumento della utilizzazione dell'azoto proteico con conseguente incremento delle masse 17

18 muscolari. In alcuni casi patologici questa proprietà è molto utile, mentre l'azione androgena diventa un effetto collaterale da evitare. Per questa ragione la molecola del testosterone è stata modificata con lo scopo di eliminare, o ridurre al minimo, l'azione androgena ed esaltare l'azione anabolizzante. Ciò ha prodotto farmaci quali lo stanozololo in cui l'azione androgena è praticamente scomparsa a favore di quella anabolizzante. Purtroppo questi farmaci hanno anche trovato una utilizzazione non terapeutica (doping). Un grande vantaggio di questo approccio è che l'effetto secondario è quasi sempre osservato direttamente sull'uomo, il che rappresenta una garanzia per il futuro terapeutico del farmaco eventualmente sviluppato sulla base di queste osservazioni Sintesi razionale In questa sede verranno trattati tutti i tentativi di arrivare ad un farmaco, o ad un lead attendibile, che prendono origine da conoscenze 18

19 fisiologiche, fisiopatologiche, biochimiche, farmacologiche, chimiche e quindi hanno un ben preciso punto di partenza dal quale muoversi per progettare molecole che si ritengono in grado di risolvere il problema terapeutico o di dare ulteriori informazioni sul funzionamento di un sistema biologico, nel nostro caso un recettore. Definire ciò un approccio razionale è probabilmente una esagerazione, visti gli insuccessi che anche in questo caso sono frequenti. Tuttavia è ragionevole ammettere che questo tentativo di risolvere il problema poggia su basi più razionali di quelli descritti precedentemente; il che non vuol assolutamente dire che sia in grado di dare risultati più certi. E del tutto evidente che il successo di una tale strategia dipende in modo essenziale dalla conoscenza della fisiologia, della fisiopatologia e dei processi biochimici che avvengono negli organismi viventi soprattutto a livello cellulare e molecolare, nonché dalla conoscenza della natura chimica e della struttura delle molecole coinvolte in questi processi. Di conseguenza, una volta stabilito lo scopo della ricerca è necessario raccogliere tutti i dati disponibili per poter progettare con la maggiore razionalità possibile le molecole da sintetizzare e valutare. Nel caso questi dati siano largamente insufficienti è probabilmente più opportuno utilizzare uno dei metodi descritti precedentemente. Naturalmente anche la modifica di un farmaco già noto, razionalizzata sulla base di nuove conoscenze acquisite sul suo target, 19

20 ricade in questo tipo di approccio. Fino a pochi anni fa si riteneva che il sito di interazione dei farmaci in grado di attivare i recettori muscarinici dovesse essere di dimensioni ridotte. In effetti la quasi totalità dei numerosissimi agonisti muscarinici noti, alcuni dei quali sono mostrati di seguito, era costituita da piccole molecole molto compatte. Questo dogma è entrato in crisi quando sono stati sintetizzati e trovati, potenti muscarinici come la xanomelina, per la quale è stato necessario ipotizzare un sito accessorio di interazione a livello di recettore per accogliere il residuo n- esilico. E chiaro che sulla base di questi nuovi dati la progettazione di agonisti muscarinici con strutture più voluminose diventa ragionevole. Nel caso dei recettori, come già stato detto in precedenza, non si hanno sufficienti informazioni sulla struttura recettoriale e sul sito di interazione, a differenza di quanto accade per un numero ogni giorno crescente di enzimi. Tuttavia, come per gli enzimi è noto il substrato, così per la maggior parte dei recettori è noto l'agonista fisiologico. Così come si 20

21 fa per gli enzimi prima che la struttura del sito attivo sia determinata, anche per i recettori è possibile disegnare agonisti ed antagonisti sulla base della conoscenza del mediatore naturale. Questo approccio ha avuto uno straordinario successo ed ha condotto a molti farmaci e a un numero rilevante di utilissimi mezzi di indagine farmacologica. La gran parte dei farmaci adrenergici e i loro antagonisti, di quelli dopaminergici e i loro antagonisti, degli antistaminici, degli anticolinergici, dei farmaci dei recettori triptaminergici, degli aminoacidi, della adenosina, degli steroidi è stata ottenuta partendo dalla struttura dei rispettivi mediatori modificata in modo più o meno razionale. Lo stesso si può dire per i recettori che hanno come mediatori naturali dei peptidi, anche se in questo caso la trasformazione è spesso più radicale a causa della necessità di superare i problemi di stabilità e farmacocinetica cui già si è fatto cenno. Qui di seguito sono riportati alcuni esempi di farmaci o mezzi di indagine farmacologica ottenuti con questo approccio. 21

22 Non esistono regole precise che possano guidare le modificazioni molecolari da effettuare sul mediatore naturale. Tuttavia alcune procedure 22

23 molto empiriche e non sempre estendibili ai diversi tipi di recettore sono state elaborate durante l'intenso lavoro di ricerca sull'argomento. In genere, per mantenere l'azione agonista la molecola non deve avere una dimensione molto diversa da quella del mediatore naturale; al contrario, l'aggiunta di gruppi ingombranti trasforma molto spesso gli agonisti in antagonisti. L'introduzione di gruppi che modificano la struttura spaziale dell'agonista naturale può indurre una specificità verso uno dei sottotipi recettoriali attivati dallo stesso mediatore. Seppure ancora largamente imperfetti e molto speculativi, i modelli recettoriali che sono stati elaborati per quasi tutti i recettori più studiati, possono essere di aiuto nell'individuare le regioni che permettono l'inserimento di gruppi che aumentano l'affinità o sono in grado di discriminare tra sottotipi. Nel modulare la struttura di un mediatore naturale non va trascurata la possibilità che i prodotti risultanti possano anche interferire con altri meccanismi collegati al funzionamento dei sistemi recettoriali quali l'accoppiamento con le proteine G, i sistemi di uptake, gli enzimi di degradazione del mediatore. Un'accurata analisi farmacologica del meccanismo di azione dei prodotti ottenuti è di conseguenza assolutamente necessaria per definire il loro meccanismo di azione. Infine va probabilmente inserita in questo capitolo la pratica di sottoporre a screening gli intermedi di una sintesi razionale. Infatti, poiché 23

24 tali intermedi hanno spesso una forte somiglianza strutturale con il prodotto finale, c'è una certa probabilità che anche essi siano attivi con lo stesso meccanismo. Il farmaco antitubercolare isonicotinoilidrazide (isoniazide) è stato scoperto in questo modo. Si stava cercando di sintetizzare l'aldeide isonicotinica dalla quale ottenere il tiosemicabazone, prodotto finale per il quale era prevedibile attività antitubercolare, e la isonicotinoilidrazide era un intermedio della sintesi Librerie combinatoriali Tradizionalmente, come si è visto nei paragrafi precedenti, nuovi lead sono ottenuti con metodologie che conducono alla individuazione o alla sintesi di prodotti ognuno dei quali viene sottoposto singolarmente all'analisi biologica. Fino a poco tempo fa, il collo di bottiglia di tutto il sistema era appunto lo screening biologico ed i prodotti chimici si accumulavano in attesa dei risultati sulla loro attività. Con l'avvento di metodi di screening che permettono la valutazione di decine e centinaia di prodotti in un solo 24

25 giorno, lo stadio lento del sistema è diventato la individuazione e la sintesi chimica dei prodotti da provare i quali, a loro volta, debbono essere il più possibile diversi tra loro, per poter facilitare la individuazione di nuove strutture attive. E sorta quindi la necessità di porre la sintesi chimica al passo con le nuove potenzialità di screening biologico; questo problema è stato risolto con la sintesi combinatoriale Le basi della chimica combinatoriale. L'idea alla base della chimica combinatoriale è quella di costruire, tutte in una volta e con i principi del calcolo statistico (combinatorio), vaste collezioni di prodotti (libraries, librerie) contenenti un alto numero di varianti di una struttura fondamentale; procedere alla valutazione della loro attività biologica; isolare ed identificare il/i prodotti eventualmente attivi e quindi procedere, magari secondo la manipolazione chimica tradizionale, alla ottimizzazione. Come si vedrà tali librerie possono essere costituite da prodotti in soluzione o da prodotti ancorati ad una particella solida (bead, perlina). La figura 1.2 illustra il principio della sintesi combinatoriale. Il numero dei prodotti ottenibili (N) è dipendente dal numero dei reagenti (building blocks) disponibili in ogni passaggio (n, n', m, m', etc.) N = n n' m m' Se in ogni passaggio si usa lo stesso numero di reagenti (B) ed s è il numero delle volte che essi vengono utilizzati l espressione diventa 25

26 N = B s Figura 1.2. Illustrazione del principio della chimica combinatoriale a confronto con la sintesi organica classica. A: sintesi organica classica. B: sintesi combinatoriale. Nella tabella 1.1 è riportato il numero teorico dei peptidi ottenibili utilizzando tutti i venti aminoacidi naturali (A) in funzione della lunghezza del peptide. Naturalmente il numero delle possibilità aumenta enormemente se si utilizzano anche aminoacidi non naturali. Tabella 1.1. Numero di prodotti ottenibili in funzione della lunghezza del peptide utilizzando i 20 amminoacidi naturali. 26

27 Se uno considera il numero degli esapeptidi che è possibile ottenere, facilmente ed in poco tempo, con questa metodologia, usando solo gli aminoacidi naturali, si rende conto che questo numero supera nettamente il numero dei prodotti già noti descritti nel Chemical Abstract (circa 1,4 x10 7 ) e può avere un'idea immediata delle possibilità del metodo. Tra l'altro il metodo si presta molto bene ad essere automatizzato e sono già commercializzati dei sistemi robotizzati che sono in grado di produrre da 1000 a 2000 prodotti al giorno. Non esistono ancora in terapia farmaci che siano stati ottenuti con questo approccio; ciò è comprensibile visto che la metodologia ha avuto origine (con un lavoro di Mario Geysen che sintetizzò una libreria di alcuni milioni di esapeptidi) a metà degli anni ottanta; in realtà molte molecole con questa origine sono in fase, anche avanzata, di sperimentazione e potranno essere disponibili nel prossimo futuro. Per utilizzare l'approccio combinatoriale è necessario pianificare, oltre alla fase ed alla metodologia di sintesi, un adatto metodo di screening 27

28 delle librerie ottenute e un conveniente, rapido ed efficace metodo di identificazione dei prodotti rivelatisi attivi. Uno dei vantaggi del metodo è che la fase di identificazione è necessaria solo se è stata trovata attività e solo per la libreria, o per la perlina, che hanno mostrato azione biologica. In ogni caso le varie operazioni sono strettamente connesse, come è mostrato nella figura 1.3 nella quale sono presi in considerazione i metodi di sintesi e di analisi più utilizzati al momento attuale e che verranno descritti più approfonditamente in seguito. 28

29 Figura 1.3. Schema dei principali metodi di sintesi, analisi e valutazione della attività biologica utilizzati nella chimica combinatoriale. Sebbene lo scopo principale della sintesi combinatoriale sia sicuramente quello di individuare nuovi lead, il metodo si presta anche alla ottimizzazione, soprattutto in quanto riduce i tempi di sintesi dei prodotti necessari ad ottenere informazioni sulle relazioni struttura attività, molti dei quali possono essere ottenuti in una sola sintesi combinatoriale Sintesi. Per poter essere utilizzati nella sintesi combinatoriale i metodi sintetici debbono essere in grado di dare alte rese con una grande varietà di substrati. Da questo punto di vista la sintesi in fase solida ideata e messa a punto da Merrifield per i peptidi, è particolarmente utile. In questa procedura uno dei reagenti è unito covalentemente ad una adatta fase solida insolubile nei solventi di reazione. Il secondo reagente è fatto agire in soluzione per produrre il prodotto di reazione che quindi è a sua volta legato alla fase solida. Ciò permette il facile allontanamento dei reagenti e catalizzatori (che possono essere usati in eccesso per forzare la reazione), rende possibile un adeguato lavaggio prima di passare alla reazione successiva e riduce le perdite che si hanno usualmente in questa fase, nella sintesi organica in soluzione. Il problema delle diverse cinetiche di reazione, che si ha quando si fanno reagire contemporaneamente più prodotti, può essere risolto 29

30 ricorrendo al metodo della sintesi parcellizzata (split synthesis) di cui si dirà più avanti. Infatti, nelle sintesi in soluzione nelle quali si fanno reagire molti substrati contemporaneamente, ognuno con la sua velocità di reazione, c'è un notevole rischio che la concentrazione dei prodotti ottenuti non sia omogenea. Questo è un problema quando si va a misurare l'attività biologica in quanto può determinare la perdita di informazione sull'attività dei prodotti presenti in concentrazioni minime. Un problema connesso con la sintesi in fase solida è che, almeno al momento attuale, delle centinaia di sintesi organiche a disposizione del chimico sintetico solo una piccola parte sono state adattate alla fase solida. Ciò rende meno flessibile questo tipo di sintesi. C'è da dire che le cose sono destinate a cambiare velocemente visto il grande interesse nell'adattare alla fase solida le sintesi in soluzione più utili. Nel tentativo di superare questo problema è stata sviluppata una procedura che combina il metodo di sintesi in fase liquida e quello in fase solida. Si tratta di attaccare i prodotti da sintetizzare ad un polimero (polietilenglicol monometiletere) che è solubile in molti comuni solventi organici, e che quindi permette di operare in soluzione, ma che può essere precipitato allo stato cristallino per facilitare la fase di purificazione. I supporti solidi utilizzati sono innanzi tutto il copolimero polietilene/polistirene che è quello utilizzato da Merrifield e che va benissimo per la sintesi dei peptidi. La necessità di avere supporti resistenti 30

31 ai più comuni solventi organici, in seguito alla estensione della metodologia a piccole molecole non peptidiche, ha successivamente spinto alla ricerca di altri supporti quali varie forme di cellulosa funzionalizzata, vetri a porosità controllata e copolimeri polietilene/polistirene modificati. Alcune di queste resine tipo Merrifield, modificate per adattarle a vari substrati, sono riportate qui di seguito; sono quasi tutte disponibili commercialmente. Un ruolo importante sulla velocità di reazione, sulla adattabilità ai diversi ambienti di reazione e sulla valutazione della attività biologica è giocato dalla struttura che lega la resina alla funzione reattiva (linker, spaziatore). Esistono una gran varietà di linker e la loro scelta può essere cruciale per il buon fine della sintesi. Nell'esempio precedente sono mostrati due semplici linker aromatici; ma per evitare problemi di ingombro sterico, spesso è necessario avere linker più estesi, quali quelli mostrati qui di seguito che sono inseriti su resine disponibili commercialmente. 31

32 Sia che si operi in soluzione che in fase solida è sempre necessario verificare che i prodotti che si intendevano ottenere siano realmente presenti ed in quale proporzione. A questo scopo si utilizzano le usuali tecniche di analisi chimica quali risonanza magnetica nucleare e cromatografie di vario tipo, soprattutto la cromatografia liquida ad alta pressione. Il prodotto finale può essere lasciato attaccato al suo supporto per le successive operazioni di determinazione della azione biologica ed identificazione, o può essere solubilizzato staccandolo con vari metodi quali idrolisi, attacco nucleofilo, ciclizzazione intramolecolare, ossidazione (Fig. 1.4). 32

33 Figura 1.4. Metodi di scissione di prodotti della sintesi combinatoriale da un supporto solido. A: ciclizzazione molecolare. B: spiazzamento ossidativo, fotolitico, idrolitico. C: spiazzamento nucleofilo. principali: Nella sintesi combinatoriale sono schematizzabili due procedure A) La oligomerizzazione di monomeri. Vengono assemblati successivamente monomeri bifunzionali diversi mediante un solo tipo di reazione (Fig. 1.5). Figura 1.5. Schema di assemblaggio di monomeri su di un supporto solido. Si tratta naturalmente della stessa sequenza con la quale si costruiscono singoli polipeptidi, oligonucleotidi, polisaccaridi che però viene utilizzata secondo le metodologie combinatoriali. 33

34 In tal modo è possibile costruire un gran numero di librerie di prodotti estremamente interessanti. Tuttavia, come è stato già accennato, i peptidi non sono molto indicati come farmaci e una volta identificato un peptide molto attivo è necessario, il più delle volte, derivare un peptidomimetico conveniente. Analoghe considerazioni possono essere fatte per oligonucleotidi e oligosaccaridi. Per questa ragione si sono assemblati direttamente altri monomeri analoghi a quelli naturali ma in grado di mostrare caratteristiche di stabilità metabolica e proprietà farmacocinetiche migliori. Nello schema seguente sono indicate alcune delle strutture utilizzate per sostituire gli aminoacidi. Nel caso degli oligonucleotidi una variazione molto utile per aumentare la stabilità metabolica dei nucleotidi naturali si è rivelata quella di sostituire l'acido fosforico con l'acido fosfotioico. 34

35 Le possibilità offerte da questo approccio possono essere illustrate dalla individuazione di due ligandi con affinità nanomolare per due recettori diversi quale l'adrenergico e quello oppiaceo, in una piccola libreria di tripeptoidi. B) Sintesi di piccole molecole variamente sostituite (Combinatorial organic chemistry). Questo approccio intende costruire con le regole della sintesi combinatoriale piccole molecole organiche variamente sostituite per 35

36 formare librerie, in genere molto più piccole di quelle ottenibili con l'oligomerizzazione (Fig. 1.6). Figura 1.6. Schema di sintesi combinatoriale di piccole molecole organiche. A questo scopo il chimico deve utilizzare una vasta serie di reazioni organiche e reagenti molto diversi tra loro. A seconda del tipo di reazioni coinvolte, al termine della sintesi i prodotti si staccano dal supporto per passare in soluzione o rimangono attaccati al supporto dal quale, se necessario, possono essere staccati con uno dei metodi accennati in precedenza. Un tipico esempio di questa metodologia che sta assumendo, per ovvie ragioni sempre più importanza, è la sintesi di una libreria di quaranta prodotti a nucleo benzodiazepinico effettuata da De Witt che ha chiamato questo genere di librerie diversomeri. 36

37 Saggi biologici. Uno dei punti cruciali nella sintesi combinatoriale è la possibilità di disporre di metodi sensibili, efficaci e semplici in grado di determinare la attività biologica di miscele contenenti un grande numero di prodotti in concentrazioni spesso molto ridotte. I saggi possono essere effettuati sia in soluzione che sui prodotti legati alla resina di supporto. Nel primo caso sono utilizzabili i comuni saggi biologici e farmacologici quali il binding con recettori o la determinazione dell'attività, generalmente antagonista, su enzimi. Questi saggi sono in genere modificati allo scopo di renderli adatti alle basse concentrazioni presenti: ad esempio i recettori possono essere preventivamente immobilizzati. Una trattazione di queste tecniche va al di la degli scopi di questo libro. Malgrado ciò, quando la libreria da testare è composta da un grande numero di prodotti, i risultati non sono sempre attendibili. Per questa ragione la tendenza attuale è quella di ridurre a numeri più ragionevoli il 37

38 numero di composti presenti in una libreria da provare tutti insieme (da centinaia di migliaia ad alcune centinaia). Si ritiene che più è ridotto il numero di prodotti, più alta sia la attendibilità dei risultati biologici ottenuti. Nel secondo caso i metodi debbono tenere conto del fatto che la presenza del supporto solido può determinare notevoli problemi da superare per ottenere risultati attendibili. Il principale di questi è che la presenza del supporto o del sistema di ancoraggio ad esso (linker) può ostacolare la interazione dei prodotti con le macromolecole biologiche che costituiscono il bersagli dei prodotti sintetizzati. Di particolare importanza è la possibilità di individuare i prodotti attivi nella sintesi in fase solida quando si usa la sintesi parcellizzata o la toposintesi (vedi di seguito). In questo caso l'individuazione della perlina, lo spillo o la porzione di chip che portano la molecola attiva è essenziale. Una delle metodiche più utilizzate in questo caso è quella di ancorare alla macromolecola biologica che costituisce il bersaglio del prodotto attivo (anticorpo, recettore) una molecola fluorescente. In tal modo, ad esempio, la perlina che contiene il prodotto legato, se di dimensioni opportune (usualmente dal diametro di µ), potrà essere riconosciuta e separata meccanicamente dalle altre per l'analisi della struttura del prodotto. Alternativamente il recettore (o l'anticorpo) può essere legato ad enzimi che determinano una risposta visibile (fluorescenza o colorazione) su 38

39 adatti substrati; un esempio è quello della fosfatasi alcalina ed è mostrato nella figura 1.7. Figura 1.7. Visualizzazione di una perlina contenente un prodotto con affinità per un recettore accoppiato con la fosfatasi alcalina (RE). A: il recettore modificato è mescolato con le perline della libreria. B: il recettore si lega alla perlina che contiene il prodotto affine. C: si aggiunge il substrato dell'enzima; la perlina, alla quale è legato il recettore modificato, si colora (porpora) e può essere individuata ed isolata. In ogni caso, nella valutazione dei risultati biologici in fase solida va tenuto conto del fatto che la quantità di prodotto presente in ciascuna perlina o sito di reazione può non essere omogenea, il che può far rischiare di perdere informazioni preziose. Infatti la equimolarità dei ligandi è un criterio fondamentale se si vuole avere una determinazione, per lo meno semiquantitativa, della affinità Analisi. La identificazione dei prodotti attivi in una libreria è un altro dei passaggi cruciali nella sintesi combinatoriale. Le metodologie 39

40 utilizzate sono diverse a seconda che la libreria ottenuta sia in soluzione o in fase solida. A) Librerie in soluzione. Per l'analisi di librerie in soluzione si utilizzano i metodi di deconvoluzione e delle sottolibrerie. I metodi di deconvoluzione, una volta che sia stata riscontrata attività in una libreria, consistono nel procedere alla sintesi di sottolibrerie dalle quali sia possibile assegnare ad ogni singolo blocco sintetico la corretta posizione. L'esempio riportato di seguito (Fig. 1.8) riguarda una libreria minima, ma il modo di procedere è identico, anche se più laborioso, per librerie ampie. Si può verificare che è più vantaggioso, in termini di rapporto tra numero dei prodotti sintetizzati e numero delle sottolibrerie da sintetizzare per la deconvoluzione, operare su grosse librerie. 40

41 Figura 1.8. Schema di deconvoluzione mediante la sintesi di sottolibrerie. L'ombreggiatura indica le librerie nelle quali si riscontra attività. X rappresenta la miscela BC o c. Nella fase A si fissa la prima posizione e nelle fasi B e C la seconda e la terza posizione. Nel metodo delle sottolibrerie, queste sono costituite già all'inizio della sintesi in modo che il risultato delle prove biologiche sia in grado di dare immediatamente la struttura del prodotto attivo. Applicando all'esempio precedente questo metodo si opererà come mostrato in fig Il numero delle sottolibrerie può essere anche molto alto: fino a molte centinaia. 41

42 Figura 1.9. Metodo delle sottolibrerie per la identificazione dei prodotti attivi. Un'altra strategia, che va sotto il nome di metodo delle librerie ortogonali (ortogonal libraries), è basata su un disegno sperimentale tale che ogni possibile prodotto appaia solo in due librerie. In una applicazione di questa strategia 40 cloruri acidi sono stati fatti reagire con un set di 40 nucleofili (alcoli ed ammine) secondo lo schema seguente (Tab. 1.2), per dare 80 librerie con un totale di 1600 prodotti. In pratica ogni acido è stato fatto reagire con la miscela di nucleofili e ogni nucleofilo con la miscela degli acidi; ogni riga e ogni colonna rappresentano librerie diverse. 42

43 Tabella 1.2. Sintesi ortogonale di 80 librerie (1600 prodotti) ottenute dalla reazione di 40 cloruri acidi e 40 nucleofili. In grassetto le librerie in cui si riscontra attività. L'analisi delle ottanta librerie ha mostrato, in un dato saggio, attività nella libreria A x e B y rendendo possibile così l'individuazione del prodotto attivo A x B y. Naturalmente saggi biologici diversi avrebbero potuto indicare librerie e prodotti differenti. In questo modo sono stati individuati i seguenti due prodotti lead con attività antagonista sul recettore delle neurochinine NK3 e inibitoria della metalloproteinasi-1. 43

44 B) Librerie in fase solida. I metodi per l analisi dei prodotti legati a matrici solide sono funzione delle strategie sintetiche utilizzate. Se si utilizza il metodo della sintesi parcellizzata (split synthesis), che di regola conduce alla individuazione della perlina che contiene la molecola attiva, e solo di quella, si può procedere direttamente alla sequenziazione del prodotto qualora si tratti di oligopeptidi o oligonucleotidi (per esempio usando il metodo di Edman per i peptidi) oppure alla decodificazione del codice usato per caratterizzare ogni passaggio della sintesi quando si sia usato il sistema della sintesi codificata (tag synthesis). Se non si usa la codificazione è possibile utilizzare anche in questo caso il metodo della deconvoluzione. A questo scopo vengono spesso conservate parte delle perline non rimescolate di ogni passaggio della sintesi. Se invece sono stati usati approcci toposintetici (spatially adressable libraries), quali il metodo del sacchetto (tea bag synthesis), il metodo degli spilli (multipin synthesis) o quello fotolitografico, non sono necessarie ulteriori informazioni in quanto la struttura di ogni prodotto è perfettamente definita dalla sua collocazione nel sistema di sintesi. I metodi toposintetici sono anche conosciuti come sintesi parallela (parallel synthesis) e possono essere adattati anche alla sintesi in soluzione. Maggiori particolari su questi metodi verranno dati più avanti nella descrizione delle relative strategie di sintesi. 44

45 La ricerca in questo campo è molto attiva: recentemente sono stati riportati metodi nei quali la sequenza sintetica di ogni perlina è codificata elettronicamente in un microchip (rad iofrequency encoding) inserito nel cuore della perlina stessa Metodo del sacchetto (tea bag synthesis). In questo metodo, sviluppato per la sintesi di peptidi, la resina di supporto è sigillata in sacchetti di polipropilene poroso. Gli aminoacidi sono accoppiati mettendo ogni singolo sacchetto in contatto con la soluzione del singolo aminoacido attivato. La reazione di accoppiamento per ogni singolo sacchetto è quindi perfettamente stabilita così come il susseguirsi degli stadi della reazione. Tutte le altre operazioni (lavaggio, deprotezione) sono invece effettuate tutte insieme in un singolo recipiente. Al termine della sintesi ogni pacchetto contiene un singolo oligopeptide di struttura definita che viene usualmente solubilizzato prima di essere provato biologicamente. Questa tecnica è sinteticamente molto flessibile, può essere automatizzata, e permette la sintesi di quantità relativamente molto alte di oligopeptide (circa 500 µmoli) che ne permettono la purificazione e la caratterizzazione Sintesi parcellizzata (split synthesis). E una delle strategie sintetiche più utilizzate e si presta alla sintesi di librerie molto grandi. Si 45

46 utilizzano il più delle volte perline del diametro di circa µ, il che vuol dire circa perline per grammo di resina. L'idea alla base del metodo, introdotto da Furka nel 1988, è di suddividere le perline in diverse porzioni uguali (il cui numero dipende dalla strategia sintetica che si vuol perseguire), sottoporle singolarmente alla fase di accoppiamento e quindi rimescolare opportunamente il tutto. Nelle fasi successive si ripeterà l'operazione di separazione e rimescolamento ad ogni passaggio sintetico. Questa metodologia, inizialmente concepita per superare le differenti cinetiche di reazione (prevedibili nella reazione di miscele di reattivi), ha il grande vantaggio di condurre alla fine a perline che hanno alla superficie una sola specie molecolare (one bead-one compound). A seconda della funzionalizzazione del supporto, la quantità di prodotto su ogni perlina può arrivare a molte nanomoli, una quantità sufficiente sia alla determinazione della attività biologica che alla individuazione del prodotto. Un tipico schema di sintesi di questo tipo è mostrato nella figura

47 Figura Schema di sintesi parcellizzata. Le frecce indicano il susseguirsi di fasi di accoppiamento, mescolamento, separazione, accoppiamento, mescolamento, separazione e così via, fino al completamento della sintesi. 47

48 Sintesi codificata (tag synthesis). Lo schema di sintesi descritto precedentemente può essere utilizzato come tale solo con quei prodotti che si prestano ad essere individuati per sequenziazione (quali oligopeptidi e oligonucleotidi) una volta identificata la perlina contenente il prodotto attivo, essendo impossibile identificare direttamente la struttura del prodotto stesso. Per ovviare a ciò sono stati messi a punto dei metodi di codificazione che permettono di risalire alla struttura del prodotto attivo. Questi metodi sono essenzialmente di due tipi. Nel primo metodo ad ogni passaggio della reazione, utilizzando un linker bifunzionale, vengono eseguite due tipi di reazioni: una consiste nella reazione di costruzione della libreria, l'altra consiste nell'attaccare alla perlina anche un prodotto che permette di riconoscere il reattivo aggiunto in quel passaggio. Questi prodotti sono in genere aminoacidi o nucleotidi inseriti in sequenza. Al termine della sequenza di reazioni ogni perlina conterrà quindi il prodotto voluto e, ad esempio, un peptide che può essere sequenziato secondo Edman per raccontare la storia della perlina e quindi definire la struttura del prodotto attivo (Fig. 1.11). 48

49 Figura Schematizzazione del metodo della sintesi codificata. A-F: blocchi sintetici; a-f: unità codificanti. Come unità codificanti possono essere usati anche nucleotidi; l'oligonucleotide risultante può essere amplificato tramite PCR (polimerase chain reaction) fino a raggiungere la concentrazione adatta ad una facile sequenziazione. Nel secondo metodo, messo a punto da Clark Still, i gruppi codificanti non sono inseriti in sequenza ma si attaccano direttamente alla perlina (Fig. 1.12). E la loro presenza e la loro quantità che codifica con il codice binario (tipo quello commerciale a barre) il prodotto sintetizzato presente sulla perlina attiva. Al termine della sequenza, la perlina trovata attiva viene liberata dalle molecole codificanti le quali vengono identificate e la loro composizione stabilisce la struttura del prodotto sulla perlina. C. Still ha utilizzato una serie di prodotti che si scindono dal supporto per irradiazione e la cui miscela può essere semplicemente risolta per gas 49

50 cromatografia; questi prodotti sono mostrati nella figura, ma è chiaro che il metodo ha una alta flessibilità ed i prodotti possono essere agevolmente cambiati. Tra l'altro non sono necessarie molte molecole e si può calcolare che con solo venti molecole, usate secondo una base di due, si possono codificare (220) prodotti finali. Nell esempio riportato in figura 1.12 un cromatogramma che mostri quantità uguali di T 1, T 2, T 3 e T 4 indica inequivocabilmente il dimero CF. 50

51 Figura Schema di sintesi parcellizzata e codificata secondo Still. Le frecce indicano il susseguirsi delle fasi di mescolamento, separazione e accoppiamento, secondo la normale sintesi parcellizzata. 51

52 Un esempio di questa tecnica, sviluppato dalla Industria farmaceutica Pharmacopeia, che utilizza la scissione successiva di ligando e di codice tramite reazioni fotoossidative è mostrato qui di seguito Metodo degli spilli (Multipin method). In questa metodologia introdotta da Geysen nel 1984, la sintesi (si tratta di una sintesi parallela) si fa avvenire sulla punta (opportunamente modificata ad esempio con l'inserzione di un copolimero di acido acrilico) di piccoli bastoncelli di polietilene, sistemati in modo da poter essere immersi contemporaneamente nei contenitori di una piastra di microtitolazione (Fig. 1.13). Si possono 52

53 produrre fino a 2 µmoli per spillo. Si possono utilizzare formati diversi, ma il più comune è costituito da 96 bastoncelli supportati su una piastra di polietilene che si adattano ad una piastra con altrettante vaschette. Le vaschette sono riempite con il reattivo opportuno, secondo la strategia combinatoriale scelta, e l'operazione viene ripetuta quante volte è necessario. Ogni prodotto finale è univocamente determinato dalla posizione e dalla storia chimica della vaschetta corrispondente. Questo metodo che è naturalmente adatto per costruire un numero limitato di prodotti, si presta ad essere automatizzato. L'analisi biologica può essere fatta sul prodotto legato o su prodotti solubilizzati quando si sia usato un linker opportuno. Figura Attrezzatura per sintesi combinatoriale con il metodo degli spilli. Nella figura 1.14 è esemplificata una semplicissima strategia per questo tipo di approccio. Il disegno mostra la disposizione dei reagenti nelle 53

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