NEXT GENERATION Tavola Rotonda Napoli, 3 dicembre 2012
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1 NEXT GENERATION Tavola Rotonda Napoli, 3 dicembre 2012 IL TRUST NEL PASSAGGIO GENERAZIONALE D IMPRESA a cura del Dottor Salvatore Tramontano Vice Presidente 1
2 NEXT GENERATION Tavola Rotonda Napoli, 3 dicembre 2012 IL TRUST NEL PASSAGGIO GENERAZIONALE D IMPRESA a cura del Dottor Salvatore Tramontano - Vice Presidente Il problema del conflitto generazionale all interno dell impresa è di rilievo quanto mai attuale essendo destinato a spiegare i suoi effetti non solo all interno delle mura domestiche ma anche nel sistema economico industriale del nostro paese. Recenti studi portati avanti da unioni industriali di diverse città italiane hanno dimostrato come il conflitto generazionale produca quasi sempre lo sfaldamento dell impresa e ormai solo il 24% delle imprese italiane riesce ad avere un cambio di timone dalla prima alla seconda generazione in modo indolore e proficuo per l impresa stessa. Probabilmente, per analizzare le ragioni che sottendono a queste dinamiche, occorrerebbe essere più psicologici che economisti o giuristi, ma fatto sta che, una delle principali preoccupazioni dell imprenditore italiano (e non solo) a capo della piccola o media impresa tipica della nostra realtà industriale, è proprio rappresentata dalle sorti della sua azienda dopo di lui. Contribuisce ad alimentare questo stato di cose il nostro sistema successorio che, com è noto, prevede una categorie di persone la cui successione è ineludibile a prescindere dalle volontà del de cuius. Per porre rimedio a questa situazione, il legislatore ha previsto, dopo lunga gestazione, l istituto dei patti di famiglia, di cui agli artt. 768 bis e ss cc, i quali, se da un canto hanno certamente offerto uno spunto di riflessione, d altro canto sul piano pratico hanno dimostrato tutta la loro inadeguatezza quando si è compreso che la liquidazione al discendente non assegnatario avrebbe dovuto avvenire al momento della conclusione del patto. Ma non è tutto posto che l istituzione del patto, quando è in vita l imprenditore, non si presta a risolvere le incertezze tipiche di molte realtà, circa l effettiva capacità di quel dato discendente a portare avanti l impresa dopo la morte dell ascendente. 2
3 Spesso infatti l imprenditore proprio non sa a quale dei suoi discendenti lasciare la conduzione della sua impresa e il ricorso al patto di famiglia, pur consentendogli la scelta fra una rosa di persone (i soli legittimari), non gli permette invece di lasciare la conduzione dell azienda ad un terzo (che ritiene più capace e meritevole) facendo godere ai legittimari i proventi derivanti dalla gestione dell impresa affidata al terzo. Il naturale e purtroppo triste epilogo di queste situazioni è il disfacimento dell azienda che conduce, nei casi più fortunati, alla sua vendita, nei più sfortunati al suo fallimento, comunque avendo lasciato passare invano quel preciso momento in cui invece si sarebbe potuta cedere al meglio, presentando ancora un alto grado di competitività. Non è altresì peregrino rammentare in questa sede come l insorgenza delle liti famigliari, dopo la morte del capostipite, siano raccontate dai tribunali italiani come le vicende più aspre portate al loro vaglio, rispetto alle quali si inseriscono meccanismi psicologici e di personale rivalsa, che rendono impossibile qualsiasi accordo e portano ad un esito della battaglia con nessun vincitore e il patrimonio aziendale e finanziario della famiglia completamente consumato. In questo scenario si può allora ben inserire il ricorso al trust come strumento alternativo al patto di famiglia o come strumento a latere del patto di famiglia, consentendo di raggiungere soluzioni molto più competitive. Attraverso l istituzione del trust, l imprenditore trasferisce al trustee le quote societarie attraverso le quali esercita la sua attività di impresa, rimanendone amministratore e potendo altresì prevedere precisi meccanismi in atto istitutivo che gli assicurano di mantenere questa carica nel tempo, senza incorrere in alcun ostacolo. Una fra le possibili soluzioni è, ad esempio, trasferire la sola nuda proprietà delle partecipazioni, mantenendone l usufrutto. In ogni modo si voglia praticare questa strada, l effetto è sempre il medesimo, fintanto che l imprenditore è in vita questi continua a gestire ed amministrare la sua attività come ha sempre fatto. L efficacia dell operazione è invece data dalle previsioni che vengono enunciate in atto istitutivo circa l attività che il trustee deve porre in essere dopo la morte dell imprenditore, che viene costruita caso per caso e conformata alle specifiche esigenze del caso. Affiancando infatti al trustee una persona di fiducia dell imprenditore, il guardiano, questi potrà sia determinare a quale dei figli passare il timone aziendale (per poi poterglielo togliere in qualsiasi momento) sia lasciare in carica, o nominare in carica, quelle persone il cui nominativo l imprenditore gli avrà dato. In quest ottica, evidentemente, l imprenditore, o il trustee, può nominare chiunque senza avere il 3
4 vincolo, come avviene nel patto di famiglia, che sia sempre e per forza un discendente o il coniuge. Due quindi i grandi vantaggi di immediata percezione: l imprenditore non è costretto a decidere oggi a quale fra i suoi famigliari lasciare il timone dell azienda e, soprattutto, può decidere di lasciarlo anche ad un terzo, del quale si fidi. I famigliari dell imprenditore, invece, dovranno essere nominati sin da subito quali beneficiari del trust e dovrà essere loro garantito il rispetto dei diritti economici loro spettanti sull eredità paterna (diritti però economici non direttamente coinvolgenti l impresa) quindi saranno i soli ai quali verranno destinati i proventi della gestione aziendale come anche il ricavato derivante dalla sua possibile vendita. E infatti buona norma prevedere sempre nei trust per i passaggi generazionale una serie di articoli sulle eventuali modalità da seguire in caso di vendita l azienda: ad esempio specificare come determinarne il prezzo, al fine di evitare che si giunga a questa decisione quando ormai il complesso industriale non vale più nulla. In tal modo quindi per un verso viene garantita la continuità del compendio aziendale in attesa dell individuazione dell erede imprenditore, senza essere costretti ad individuarlo adesso e, per altro verso, ci si assicura che laddove non vi sia, fermo il rispetto dei diritti economici dei figli, il trustee potrà nominare la persona di fiducia dell imprenditore stesso, oppure vendere l azienda in caso di impossibile individuazione di questo soggetto. Ma la garanzia va oltre questi evidenti meccanismi perché viene soprattutto assicurata l unitarietà dell impresa stessa, attraverso la proprietà del 100% delle partecipazioni in capo al trustee, senza assistere al processo di parcellizzazione della stessa per effetto della divisione delle quote fra gli eredi; scenario, è noto, dal quale cominciano poi i dissensi e liti famigliari più aspre, visto anche il coinvolgimento delle famiglie personali di ciascuno degli eredi. La prassi italiana del nord Italia ha visto il ricorso al trust per il passaggio generazionale da parte di un numero elevatissimo di aziende, i cui imprenditori si sono assicurati in tal modo non solo il perseguimento dei fini suddetti ma anche la garanzia del rispetto di loro particolari diritti, in caso ad esempio di sopravvenute esigenze di assistenza e tutela. E infatti tipico di questi trust, prevedere anche obblighi assistenziali in favore dell imprenditore che ad esempio nel tempo si ammali o divenga incapace, per assicurargli la migliore protezione della sua persona, e della sua azienda, a vantaggio suo e dei suoi famigliari, per il tempo che desidera. 4
5 Disciplina Fiscale ed esenzioni Rispetto al passato il trust ha un regime tributario definito soprattutto nel settore delle imposte sui redditi, in cui il legislatore è intervenuto qualificando espressamente i trust quali soggetti passivi IRES (art. 73, Tuir Legge Finanziaria per il 2007). Inoltre, l Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, è intervenuta con la Circolare n. 48/E del 6 agosto 2007 prima, e con la Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 poi, sul tema della disciplina fiscale rilevante ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte indirette del trust. Alla luce di dette normative, i redditi prodotti dai beni segregati o dall attività del trustee saranno tassati direttamente in capo al trust, con l applicazione dell aliquota IRES e con le modalità di determinazione diversi a seconda che si tratti di trust commerciale o non commerciale, residente o non residente. Al tempo stesso, però, l art. 73, comma 2, Tuir, prevede che in taluni casi i redditi conseguiti dal trust siano imputati direttamente ai beneficiari e l art. 44, comma 1, Tuir qualifica tali redditi come redditi di capitale. In altri termini, i redditi prodotti dai trust trasparenti sono redditi di capitale (così li definisce l art. 44, comma 1, TUIR, lettera g-sexies) tassati in base non all ordinario criterio di cassa ma al criterio della competenza (ex art. 73, comma 2, TUIR), stante il quale i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell atto di costituzione del trust. Nei trust senza beneficiari individuati (trust opachi) i redditi vengono tassati direttamente in capo al trust con aliquota IRES (applicata al reddito complessivo del trust). Ai fini dell imposizione indiretta, invece, il trust è stato considerato dall Amministrazione finanziaria (circolari AE n.48/e/2007 e n. 3/E/2008) quale rapporto giuridico complesso con un unica causa fiduciaria ; l atto di costituzione del trust, che realizza il trasferimento della proprietà dei beni segregati, integrerebbe quindi la fattispecie impositiva del tributo sulle successioni e donazioni. L Agenzia, nelle medesime Circolari, ha, inoltre, chiarito che qualora l atto istitutivo di trust non sia anche atto di dotazione patrimoniale, avvenendo la segregazione dei beni in un momento successivo, lo stesso, se redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, è tassato con imposta fissa di registro, ai sensi dell art. 11, Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 1986/131, in quanto atto privo di contenuto patrimoniale. Dalla ricostruzione operata dalla prassi amministrativa deriva: 5
6 - l immediata tassazione del trust, all atto della segregazione dei beni, valorizzando il rapporto tra disponente e beneficiario finale; - l irrilevanza fiscale di ogni successiva attribuzione ai beneficiari, avente ad oggetto gli stessi beni segregati oppure eventuali incrementi del patrimonio del trust. Il CNN (Studio Tributario CNN n /T) si è radicato, però, su una visione diametralmente opposta rispetto alla soluzione seguita dall Agenzia dell Entrate che, seppur apprezzabile in termini di facilità operativa, risulta non priva di elementi di criticità, come già in più sedi evidenziati anche dalla giurisprudenza di merito. La stessa, in varie occasioni, ha evidenziato che i beneficiari del trust sono titolari di una mera aspettativa giuridica. Pertanto la tassazione deve avvenire considerando il diritto del soggetto come sottoposto a condizione sospensiva, mancando del tutto l arricchimento tassabile; con applicazione della imposta fissa di registro, ai sensi dell art. 58, comma 2, D.lgs. n. 346/1990 ed integrazione del presupposto impositivo solo nel momento in cui il trust realizzerà il programma predisposto dal disponente. Ha altresì affermato che la tassazione proporzionale del trust vada applicata solo nel momento in cui effettivamente si realizza il trasferimento definitivo del patrimonio, a conclusione e scioglimento del trust, dato che, fino a quel momento l attribuzione comporta semplicemente una separazione di patrimonio, con una consolidazione finale ed effettiva dell esito traslativo in quel preciso momento. Molto importante risulta l affermazione, da parte dell Amministrazione finanziaria, della possibilità di applicare l esenzione prevista dall art. 3, comma 4-ter, D.lgs. n. 346/1990, all ipotesi di azienda segregata in trust non discrezionale e irrevocabile per almeno cinque anni, con beneficiari finali coniuge e/o discendenti del disponente. In tema di esenzione per i trasferimenti di aziende e partecipazioni sociali Agenzia delle Entrate, risoluzione N. 110/E del 23 aprile 2009 (Istanza di interpello - ART. 11, legge 27 luglio 2000, n Disciplina fiscale del trust ai fini delle imposte indirette Agevolazioni fiscali ex articolo 3, comma 4-ter, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346). In particolare, per quanto attiene al trasferimento d azienda nell ambito del nucleo familiare, l articolo 3, comma 4-ter, del Testo Unico concernente l imposta sulle successioni e donazioni, approvato con DLgs 31 ottobre 1990, n. 346, prevede l esenzione dall imposta sulle successioni e donazioni per: i trasferimenti di aziende effettuati a favore dei discendenti e del coniuge. In caso di quote sociali e azioni (...) il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l esercizio dell attività d'impresa o detengano il controllo per 6
7 un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.... L esenzione in esame, quindi, è riconosciuta in presenza delle seguenti condizioni: - i destinatari del trasferimento devono essere il coniuge o i discendenti; - i destinatari del trasferimento d azienda, o della partecipazione in società, devono proseguire l esercizio dell attività d impresa o mantenere il controllo societario (nel caso di società di capitali) per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento; - l impegno alla prosecuzione dell attività di impresa (o al mantenimento del controllo), infine, deve essere espressamente reso dagli aventi causa, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all atto di donazione. La mancanza di uno dei predetti requisiti comporta l applicazione dell imposta nella misura ordinaria, nonché della sanzione amministrativa prevista dall articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora. La finalità dell articolo 3, comma 4-ter del TUS è, quindi, di favorire, attraverso la leva fiscale, il passaggio generazionale delle aziende di famiglia. In tale prospettiva, anche nel caso di trasferimento dell azienda in trust la costituzione del vincolo di destinazione, qualora sia strumentale alla finalità liberale del passaggio generazionale ai discendenti o al coniuge del disponente, potrà godere dell esenzione in esame purché siano soddisfatte le condizioni prescritte dal predetto art. 3, co. 4-ter (circolare AE n. 48 del 6 agosto 2007). Le condizioni previste dalla norma che prevede l esenzione possono ritenersi soddisfatte qualora: - il trust abbia una durata non inferiore a cinque anni a decorrere dalla stipula dell atto che comporta la segregazione in trust della partecipazione di controllo o dell azienda; - i beneficiari finali siano necessariamente discendenti e/o coniuge del disponente; - il trust non sia discrezionale o revocabile, vale a dire, ad esempio, che non possono essere modificati dal disponente o dal trustee i beneficiari finali dell azienda o delle partecipazioni trasferite in trust; - il trustee deve proseguire l esercizio dell attività d impresa o detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento (individuabile nell atto segregativo dell azienda e/o delle quote) e, a tal fine, deve rendere, contestualmente al trasferimento, apposita dichiarazione circa la sua volontà di proseguire l attività di impresa (o detenere il controllo). 7
8 Infine, nell ipotesi di attribuzione, in favore dei discendenti, e del coniuge di aziende o di un ramo di essa nella quale siano compresi beni immobili o diritti reali immobiliari e per la quale ricorrano le condizioni per l esenzione, le relative formalità di trascrizione e voltura catastale sono esenti dalle imposte ipotecaria e catastale. 8
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