Neuroscienze, fattori umani, conoscenza clinica

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1 Neuroscienze, fattori umani, conoscenza clinica Trattamenti, cambiamenti nella vita di relazione e plasticità neuronale Giovanni Biggio (Dipartimento Biologia Sperimentale, Università degli Studi di Cagliari) Scopo di questa relazione è illustrare come il cervello non sia una struttura statica, ma una struttura dinamica. Questa affermazione è oggi possibile grazie alla rivoluzione avvenuta nell ultimo decennio, sia riguardo le tecniche di brain imaging (risonanza magnetica, sia morfologica che funzionale), sia l epigenetica. Il sequenziamento del genoma, avvenuto circa dieci anni fa, con una spesa di tre miliardi di dollari, ha permesso di scoprire che all interno di ogni gene ci sono tante sequenze che permettono al gene di esprimere molteplici prodotti: queste sequenze che si trovano all interno di ogni gene vengono chiamate marchi epigenetici. Recentemente è partito il programma epigenoma. Il Presidente Obama ha messo a bilancio cinquanta miliardi di dollari per il prossimo decennio ( ), destinati, tra l altro, alla decodificazione dell epigenoma. I geni sono circa venticinquemila anche i genetisti non sanno quanti siano esattamente ed è stato calcolato che i marchi epigenomici siano approssimativamente mila. Evidenze della plasticità neuronale, cambiamenti e trattamenti Numerose evidenze suggeriscono che il cervello sia soggetto a plasticità. La prima risale a dieci anni fa: i tassisti di Londra hanno l ippocampo più sviluppato nella parte posteriore rispetto alla norma. dobbiamo ricordare che questo avveniva prima dell avvento dei navigatori, oggi forse questo risultato non si otterrebbe! Un altro esempio è quello del giocoliere che esegue la sua prestazione: nella corteccia del giocoliere la materia grigia si ispessisce. In questo caso i neuroni si ipertrofizzano, come un muscolo di un atleta che si allena: se invece noi dovessimo ingabbiare il muscolo in un gesso questo si atrofizzerebbe, anche se è un po irriverente comparare il neurone alla cellula muscolare. Nel terzo esempio gli emisferi cerebrali di una donna sana variano di volume durante il ciclo mestruale in funzione dei livelli di ormoni. E stato osservato che gli ormoni, sia il progesterone che Associazione Medicina&Persona 32

2 gli estrogeni, hanno un ruolo importante nel regolare il trofismo: nella donna questi neuroni vanno incontro a cicli di ipertrofia. Questi cambiamenti sono fondamentali per la funzionalità del cervello, in quanto senza questa dinamicità dei neuroni il nostro cervello perderebbe le sue funzioni Nella patologia mentale, infatti,i neuroni si atrofizzano. Questo è vero nel caso della patologia mentale, ma non di quella neurologica, dove c è degenerazione tout court. Negli studenti di medicina che studiano nell ultimo mese di preparazione dell esame di anatomia, si può notare un ispessimento della corteccia frontale. Quando succede questo che cosa avviene nel nostro cervello? I neuroni sono dinamici esprimono delle protuberanze, le spine dendritiche, che servono a mettere in contatto i neuroni stessi ; questi sono i punti in cui il neurone parla con gli altri neuroni, un linguaggio chimico, e quando questo avviene in modo sufficientemente plastico ed elastico l informazione viene captata e viene poi tradotta, in modo ancora per noi misterioso, in emozione, in piacere, in dolore, in sofferenza. Nella scimmia padre che interagisce col suo piccolo la corteccia frontale è caratterizzata da neuroni che possiedono numerose spine dendritiche, le connessioni tra i neuroni sono molto più sviluppate di quelle della corteccia frontale di un maschio che vive da solo. Questa è un interazione di tipo affettivo, emozionale. Il cervello è dinamico anche in risposta a questo tipo di stimoli. Guardate qui le spine dendritiche prima di un apprendimento: questo è un dendrite di un ratto, ci sono queste leggere protuberanze. Dopo l apprendimento guardate come si sono sviluppate e come si modifica l interno di queste protuberanze. Conosciamo almeno 30, 35 molecole, ma ve ne sono sicuramente molte di più, che servono a decodificare il segnale e poi a rilanciarlo nella cellula dove si trova il genoma e poi sarà lì che si decide il destino di quel segnale, attivando o inibendo determinati geni. In questo modo si vanno a produrre delle risposte diverse che poi determinano la funzione dei neuroni di quel nucleo cerebrale e quindi dei nostri comportamenti. Vedete dopo l apprendimento: questo animale ha imparato a fare un certo percorso, riceve un premio, lo fa in modo motivato e il suo cervello risponde aumentando le connessioni. La malattia mentale è associata ad alterazioni funzionali, cioè le sinapsi non funzionano bene, i recettori non sono più quelli: oggi sappiamo qualcosa di più anche a livello strutturale. La risonanza magnetica soprattutto ci ha rivelato che l ippocampo si ipertrofizza, come nel caso del tassista di Londra, oppure si atrofizza quando noi abbiamo, ad esempio, una depressione. In questa metanalisi molto recente si vede che non solo l ippocampo ma anche altre aree cerebrali vanno in atrofia. Questo è l evento più devastante per il cervello perché poi riabilitare quei neuroni, fare riacquistare loro il trofismo diventa estremamente difficile. Associazione Medicina&Persona 33

3 I farmaci che abbiamo ci aiutano, ma hanno dei limiti. Anche gli approcci non farmacologici sono d aiuto ma hanno dei limiti. La combinazione dei due trattamenti è forse la soluzione ideale perché il farmaco scatena delle reazioni chimiche, mentre l approccio psicologico è efficace forse perché fornisce più motivazioni al soggetto. Il cervello va motivato. Associati, in determinate situazioni, i due trattamenti possono dare un risultato migliore. L interazione geni ambiente Consideriamo ora le interazioni tra ambiente e geni. Noi nasciamo avendo ereditato geni più belli o meno belli, e impattiamo con l ambiente. E l impatto con l ambiente che diventa determinante per il nostro fenotipo. Come avviene questo? L ambiente può modificare la funzione, cioè amplificare l attività di un gene o ridurla attraverso meccanismi biochimici: la metilazione riduce l attività di un gene, l acetilazione la amplifica. Questo vuol dire che attraverso meccanismi epigenetici è possibile andare a modificare l attività dei geni, dando loro l input a generare uno o più di quei frammenti di cui prima vi ho parlato, i marchi epigenetici, che sono forse tra i 250 e i 400 mila, un numero straordinario: i geni dunque possono essere regolati in questo modo. Facciamo subito un esempio: prendete due gemelli monocoriali, nei quali il genoma è identico. Uno muore di un tumore alle vie respiratorie, l altro no. Sono nati tutti e due col gene che li predisponeva, ma uno è un grande fumatore, l altro non ha mai visto una sigaretta in vita sua: questo al 99 per cento non svilupperà il tumore, mentre il fratello al 90 per cento sì. Oppure uno dei due va a fare la guerra in Iraq, o nel Vietnam, e l altro sta a New York a fare l avvocato di successo: il primo gemello sviluppa il disturbo postraumatico da stress, l altro gemello non lo sviluppa. Il genoma è identico, quindi c è qualcos altro che crea quella differenza: l ambiente! Quindi gli stili di vita. E allora, come dice un giornalista del Time che ho avuto il piacere di leggere, i geni non sono il nostro destino. Io dico non sono totalmente il nostro destino, sono poi gli stili di vita che possono determinare e accentuare la vulnerabilità di quel gene oppure anche revertirla. Quindi l ambiente può modificare il genoma, reprimendo o rendendo permissivo un gene attraverso delle reazioni biochimiche. Questo avviene a livello del complesso cromatina/dna. La biologia molecolare l ha scoperto anni fa e oggi lo rivendica un po in ritardo. Perché un po in ritardo? Perché intanto altri hanno identificato nell epigenetica, l epicentro della medicina. Se noi dovessimo, con un termine non molto elegante, srotolare un gene, all interno troveremmo tante sequenze limitate, determinate da questi siti, marchi epigenetici, che sono circa mila, Associazione Medicina&Persona 34

4 come abbiamo detto, contro i 25 mila geni: decodificando tutte queste sequenze forse riusciremmo a capire di più, sempre che all interno di queste non ci siano dei codici ancora più complessi che dovranno essere poi decodificati. L impatto dell ambiente può essere recepito non solo a livello delle cellule somatiche, ma anche a livello delle cellule germinali. In questo caso un determinato carattere, quella esperienza del vissuto può essere trasmessa alla prole in tempo reale. Anche la rivista Nature conferma la nascita di una prole segnata da una determinata esperienza reale vissuta precedentemente dai genitori, difficile dire quanto tempo prima incontrati della fecondazione. Questo è certo nell animale, nell uomo non è stato ancora dimostrato ma è plausibile che si possa verificare. In due linee di animali si hanno da una parte una mamma molto affettuosa, che cura molto i suoi piccoli, li stimola, li mordicchia, li lecca in continuazione, soprattutto quelli che percepisce come più deboli, e dall altra una che invece non ha questo affetto, che li alleva pur non avendo questo comportamento così affettuoso. Gli autori comportamentalisti di questo studio hanno scoperto che la prole della mamma non affettuosa é molto vulnerabile all ambiente negativo, quindi sensibile allo stress, ed ha bassi livelli di densità di recettori glucocorticoidi ed un elevato livello di corticosterone, mentre i piccoli della mamma affettuosa presentano esattamente l opposto. I comportamentalisti, per cercare di dare una risposta al perché di queste osservazioni, collaborando con i biologi molecolari identificano hanno identificato un alterazione nel gene che esprime i recettori glucocorticoidi nella prole della mamma poco affettuosa: il gene che esprime i recettori glucocorticoidi ha subìto un processo di metilazione, mentre i recettori glucocorticoidi dell altro gruppo non presentano lo stesso difetto. E una scoperta che si associa al comportamento. Ma l aspetto ancora più affascinante quale è? Che quando gli autori prendono i piccoli di ratto dalla mamma non affettuosa e li fanno adottare dall altra mamma, il gene viene demetilato e il comportamento di questa prole, cioè dei piccoli adottati, non è più simile a quello della loro mamma, ma acquisisce il modello della mamma adottiva buona. Qui non sono coinvolti dei farmaci, ma c è solamente l attività di una mamma che stimola, che mordicchia, che lecca, che dà grande affetto alla sua prole. Questo stesso gene è stato marcato anche nell uomo. Quindi osserviamo che, come dice il Time, i primi nove mesi della vita sono quelli che determinano il destino della nostra intera vita. Il feto recepisce tutto ciò che la mamma gli trasmette, in positivo e negativo, dal cibo alle sostanze che può assumere, al grado di stress lavorativo, per esempio mediante i livelli di glucocorticoidi (parlo dei glucocorticoidi perché sono stati marcati meglio, ma vi sono sicuramente altre molecole che passano la barriera placentare e raggiungono il feto andando a Associazione Medicina&Persona 35

5 modificare la funzione dei geni). Il bambino che è nell utero materno sviluppa tante cellule di grande variabilità, complessità, ed il comportamento, lo stato psicofisico della mamma, una patologia della mamma, una depressione o comunque una patologia, può determinare alterazioni in questi delicati codici. Epigenetica e sviluppo cerebrale Il cervello diventa adulto intorno ai 20 anni di vita. Uno studio del 2004, straordinario, che ha seguito bambini dai tre, quattro anni fino ai diciotto anni, ha stabilito che la corteccia frontale è l ultima area del cervello che si sviluppa; è questa l area che ci fa ponderare meglio una decisione, che ci fa riflettere. Per definizione l adolescente è più disinvolto di un adulto; la ragazzina diventa adulta a anni, a seconda della razza, mentre il maschio intorno ai anni, con due, tre anni di ritardo: gli ormoni, com è noto, giocano un ruolo importante. Nell adolescenza si ha quindi una grande proliferazione di cellule e neuroni, che è seguita dalla potatura, il cervello cioè elimina neuroni con codici che noi non conosciamo (processo apoptotico), in modo non dissimile da quello che si ha nel morbo di Alzheimer. Purtroppo non conosciamo i meccanismi fisiologici che regolano questo processo, quindi non riusciamo neanche a capire la patologia. In questo processo gli input ambientali, gli stili di vita della mamma durante la gravidanza, come poi nella vita neonatale e nell infanzia della prole, diventano determinanti. Se un bambino che va all asilo e ha qualche problema, si isola, non interagisce, é lì che il personale può recuperarlo, mettendolo assieme agli altri, stimolandolo e non lasciandolo da solo, cosa fondamentale. Si sottolinea così un aspetto medico, ma anche un aspetto sociale di grande rilevanza. Ecco qui un esempio di come l epigenetica può modificare il destino delle cellule staminali neuronali, durante lo sviluppo. Nel ratto si è dimostrato che la prima fase di sviluppo della corteccia consiste nella neurogenesi, cioè nella produzione di neuroni, che prevale sulla produzione di glia; con la metilazione invece il gene produce glia. Quando i geni vengono metilati, rallenta la neurogenesi e si sviluppa più glia, il che ci dà un indicazione forte dei possibili meccanismi coinvolti. Un altro esempio è quello dei bambini ai quali si misura il livello di cortisolo nella saliva la mattina al risveglio e durante la notte. I bambini osservati in questo esperimento sono i figli (tra i quali si trovano anche alcune coppie di gemellini) di 36 donne che hanno subito lo stress dell attacco alle torri gemelle. Le donne hanno sviluppato tutte il disturbo postraumatico da stress, con alterazioni del cortisolo. I loro bambini avevano, a due anni circa di età, la stessa alterazione della mamma: quindi con un effetto epigenetico hanno percepito quello che stava succedendo, la mamma ha Associazione Medicina&Persona 36

6 trasmesso loro qualche messaggio chimico. Da un articolo di Nature di settembre comprendiamo come lo stato socio economico sia fondamentale per lo sviluppo del cervello. In questa review, scritta non solo da sociologi ed economisti, ma anche da neuroscienziati, gli autori insieme arrivano a concludere che lo stato socio economico in cui si vive è determinante per quello che sarà lo sviluppo più o meno armonico del cervello. La neurobiologia si avvicina così anche al sociale. Donne depresse, non curate oppure resistenti alla terapia, che stanno per dare al mondo un bambino (che avrà l alterazione nel gene identica a quella osservata nell animale, con espressione dei recettori glucocorticoidi ed alterazioni nelle risposte al cortisolo identiche a quelle della mamma), vanno comunque curate? Se una persona é depressa, devono esserle somministrati i farmaci o deve essere comunque curata in qualche modo: il farmaco interferisce nello sviluppo, ma non somministrarlo quanto interferisce sulla futura patologia? E un grande problema etico. Ecco il caso di una mamma che ha subito un abuso sessuale da bambina e, diventata adulta, presenta un alterazione dell asse cerebrale: essa mette al mondo un bambino che ha un alterazione dell asse identica a quella che ha subito la mamma. Questa non è nata con l alterazione, che è successiva all abuso subìto. Uno stress la letteratura è ricchissima di questi esempi nella prima infanzia è associato non solo a comportamenti alterati, ma anche ad alterazioni morfologiche del cervello, come si può osservare dalle aree ipotrofiche in questi cervelli. Questo titolo bellissimo, L abuso lascia il marchio nel cervello, si riferisce a dei ragazzi abusati ripetutamente da bambini, suicidi tra i 19 e i 23 anni. è un lavoro dello scorso anno, i cui autori dimostrano che tutti questi ragazzi suicidi hanno quel gene metilato e alterato che abbiamo visto prima. Ovviamente questo è un marker di un gene, ma ci sono tante altre alterazioni a livello genico nel cervello di quei soggetti. Neurogenesi, plasticità neuronale, epigenetica e stili di vita Il nostro cervello è incredibilmente plastico: l ippocampo e altre aree producono cellule per tutta la vita. L ippocampo di un gatto che vive in un ambiente stimolante, cioè con tanti giochini nella sua gabbia, si diverte, è motivato e quando è motivato il suo ippocampo esprime cellule che si stanno sviluppando, rispetto all ippocampo di un animale che non ha tutti questi giochi e vive in un ambiente molto spartano. Cosa vuol dire? Nell animale motivato, che si diverte, il cervello risponde prontamente in termini di plasticità. Il cervello umano si presume faccia la stessa cosa. Anche l attività fisica è un fenomeno straordinario nell attivare il cervello. Associazione Medicina&Persona 37

7 Lo stress invece inibisce la neurogenesi, cioè riduce la capacità plastica del cervello. I farmaci, come gli antidepressivi, la stimolano, ma avete visto che anche l ambiente arricchito, non solo i farmaci, è in grado di stimolare la neurogenesi. Gli antidepressivi quindi stimolano la neurogenesi. Quando noi diamo i farmaci in poche ore essi stimolano l attività della sinapsi, ma il miglioramento nel paziente avviene in settimane. Perché? Perché tra questo evento e quello clinico, oltre che biologico, c è in mezzo la capacità di queste molecole e di altre che non conosciamo di andare a modificare l attività di diversi geni e quindi rinormalizzare, entro certi limiti, la funzione di queste cellule, grazie ad un meccanismo epigenetico. Per questo ci vuole tempo, occorrono alcune settimane per riprendere la neurogenesi, ed ecco che finalmente il soggetto inizia a rispondere. Il miglioramento clinico che si rileva dopo il trattamento con antidepressivi non vuol dire guarigione, questa si ha solo quando il neurone ha recuperato il suo trofismo, la sua plasticità. Se ciò non avviene e il farmaco viene interrotto troppo precocemente c è il rischio elevato di recidiva. Le sostanze d abuso in genere inibiscono la neurogenesi, le nostre cellule sono sensibilissime a queste sostanze. Le risposte a oppiacei o a stimolanti come l amfetamina, l ecstasi, ecc., in termini di plasticità e di morfologia neuronale fanno si che le spine dendritiche vengano inibite dagli oppiacei e iperstimolate dagli stimolanti, di conseguenza si ha un alterazione delle funzioni. In coloro che assumono cocaina le spine dendritiche vengono a modificarsi morfologicamente, le connessioni non funzionano più, il cervello non riesce più a connettere tra loro i neuroni. L effetto, mediato da codici che non conosciamo, è il venir meno degli elementi tipici quali l emozione, il dolore, il piacere, la libido, la sofferenza interiore, la gioia. Bisognerebbe ricostruirli, cosa difficilissima da ottenere. I farmaci che abbiamo a disposizione, infatti, hanno dei grossi limiti e le altre terapie non sono risolutive. La cannabis secondo gli scienziati è devastante per il cervello: altri dicono fumatela, tanto non uccide. Purtroppo diffuse anche per televisione, e quindi ancor più devastanti. La cannabis agisce su recettori che sono fisiologicamente presenti, in quanto i recettori della cannabis li abbiamo nel nostro cervello, come abbiamo i recettori dell eroina, solo che il nostro cervello stimola quei recettori attraverso una sua cannabis, si chiama anandamide, un prodotto endogeno che li stimola. Questo sistema dei cannabinoidi endogeni è uno dei più importanti per creare la plasticità neuronale, per far sviluppare in modo armonico i neuroni, e quando noi li forziamo farmacologicamente con la marijuana stiamo alterando totalmente i codici, con il risultato di Associazione Medicina&Persona 38

8 produrre alterazioni cerebrali. A parte l immediato effetto di euforia, che poi può portare a danni durante la guida (danni sia al soggetto che consuma che ad altri), nel tempo si producono modificazioni anche strutturali, osservate con la RMN, che persistono a lungo. Oggi il farmacologo e il neurobiologo non ci dicono solo che a livello delle sinapsi i recettori cambiano, ma che i messaggi trasmessi dai recettori giungono fino al genoma. Il fenomeno epigenetico cioè, modifica la funzione dei geni aumentandola o riducendola, e in tal modo si generano una serie di molecole, di proprietà che alterano la funzione dei neuroni. Ripristinare l omeostasi in questi casi è difficilissimo; i farmaci non ne sono in grado, altri approcci sono da verificare. Voi conoscete un farmaco che curi la tossicodipendenza? Io non ne conosco perché tuttora le nostre conoscenze hanno limiti notevoli. Anche le psicoterapie modificano il cervello. Sayer ci ha dimostrato che un training cognitivo di tre settimane migliora la working memory, ma l aspetto affascinante consiste nel fatto che se si misurano i recettori della dopamina, il tipo D1 nella corteccia frontale, si osserva che sono ridotti del 42 per cento. Il recettore è una proteina: perché quel training cognitivo che non è un farmaco l ha ridotto? Vuol dire che attraverso un fenomeno epigenetico si sta andando a modulare i geni che controllano quelle proteine; quell approccio sta efficacemente modificando la funzione e la struttura del cervello. E allora l ultima dispositiva, un po provocatoria: epigenetica, l epicentro della medicina. Vedete queste due coppie di mamma e bambino: Il bambino della mamma felice i dovrebbe, crescendo, diventare un adolescente sorridente; questa mamma invece, così triste col suo bambino, rischia di vedere il figlio diventare un adolescente triste. Questo non avverrà necessariamente, però esiste un rischio elevato. Un ultimo accenno al cibo, perchè questo è un problema rilevante soprattutto negli Stati Uniti. Un lavoro pubblicato su Nature paragona il formaggio alla cocaina: gli americani ne diventano dipendenti, tale è la quantità che consumano, causando così malattie come diabete, depressione, ecc.. Quindi gli stili di vita sono fondamentali nel rimodulare quelle che sono le nostre più o meno evidenti vulnerabilità ereditate dai nostri genitori. Quindi stili di vita corretti migliorano la nostra salute e fanno vivere bene noi e soprattutto i nostri figli, i nostri bambini, i nostri giovani. Vi ringrazio per l attenzione. Associazione Medicina&Persona 39

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