Congresso Ancalega 2.1. IL BILANCIO DI ESERCIZIO E LA SPECIFICITÀ COOPERATIVA LE FASI METODOLOGICHE 4

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1 INTRODUZIONE SINTESI DEGLI OBIETTIVI DELLA RICERCA IL PROCEDIMENTO IL BILANCIO DI ESERCIZIO E LA SPECIFICITÀ COOPERATIVA LE FASI METODOLOGICHE 4 3. LO STATO DI AVANZAMENTO DEL LAVORO PRIMI RISULTATI E RIFLESSIONI IL PERCORSO EVOLUTIVO E LE SUE FASI IL PERCORSO EVOLUTIVO E LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA IL PERCORSO EVOLUTIVO E IL RAPPORTO CON I SOCI 19 CONCLUSIONI

2 Introduzione Crescere e mantenersi sul mercato, aumentare la competitività e garantirsi livelli adeguati di profitto, fronteggiare e rispondere alle sfide e agli sviluppi dei mercati interni ed esterni: queste sono le regole condivise da ogni tipologia d impresa, sia essa privata, pubblica, capitalista o cooperativa. Si tratta di regole di funzionamento esterno che ogni organizzazione deve rispettare, imperativi univoci per restare sul mercato. Ciò che invece può mutare è il modo in cui un impresa sceglie di operare sul mercato e sul territorio: tale aspetto costituisce una variabile caratterizzante, non soggetta a regole universali, attraverso cui l impresa trova una identità ed esprime la propria utilità. La gestione di un impresa può tendere a minimizzare tutte le voci di costo per ottenere risultati eccellenti (ad esempio, realizzando beni standardizzati ed approvvigionandosi per le materie prime sempre e comunque dai mercati che offrono ai prezzi più bassi); può, ancora, concentrare tutti gli investimenti su una delle variabili di marketing (sul marchio o sulla pubblicità, sul rapporto con la distribuzione ); può organizzare la propria struttura societaria in modelli più o meno complessi, più o meno orientati al coinvolgimento dei soci e degli stakeholders 1 ; può scegliere di stabilire un radicamento col territorio oppure delocalizzare le produzioni laddove sono più convenienti. Possono essere questi gli ambiti in cui vengono alla luce le distinzioni tra le diverse tipologie d impresa ed in cui si può compiere lo sforzo di individuare una differenza tra un modello d impresa agroalimentare tradizionale ed il modello più facilmente perseguibile da un impresa cooperativa agroalimentare. 1. Sintesi degli obiettivi della ricerca Nella ragion d essere dell impresa cooperativa vi è la volontà di manifestare una sua utilità distintiva rispetto all impresa profit. Questo scopo può essere perseguito solo coniugando la dimensione economica 1 Come noto con il termine di stakeholders si indicano i soggetti o i gruppi che hanno interesse nelle prestazioni dell impresa: proprietà/soci/azionisti, dipendenti, clienti, fornitori, amministrazioni pubbliche, comunità locali. Nel caso della cooperativa si aggiungono due categorie specifiche di questa forma giuridica: i soci conferenti ed i soci prestatori. 2

3 con quella sociale e collettiva (nelle sue diverse angolazioni e prospettive). Lo scopo di questa ricerca è fornire un contributo nella valutazione dell utilità distintiva espressa da un gruppo di sei cooperative operanti nella fase della trasformazione alimentare. Questo obiettivo presuppone l analisi di elementi qualitativi e quantitativi della gestione che possano fornire indicazioni sull impatto di queste imprese nei confronti delle diverse categorie di stakeholders coinvolti. Sopra si è detto della necessità di coniugare la dimensione economica con quella sociale. È abbastanza evidente e implicitamente riconosciuto anche dai suoi concorrenti che, per la sua natura giuridica, l impresa cooperativa nasce più aperta al sociale rispetto a quanto non accada all impresa profit. La sua sfida è invece come essa riesce a comportarsi nello spazio economico. La qualità del risultato economico condiziona la qualità di tutti gli altri aspetti dell attività della cooperativa. Le azioni della cooperativa sul sociale hanno un impatto reale e significativo solo se si distribuisce della ricchezza nuova, creata in virtù della propria capacità di operare sul mercato e secondo le sue regole. Una cooperativa che per la sua incapacità economica drenasse risorse dalla collettività, anche se poi ne ridistribuisse in parte al sociale, allungherebbe la catena assistenziale senza aumentare il benessere e con effetti redistributivi tutti da verificare. 2. Il procedimento Per un analisi che ha l obiettivo indicato è evidente che, ancora una volta, il riferimento obbligato da cui partire è rappresentato dal bilancio di esercizio redatto secondo le norme comunitarie ben note Il bilancio di esercizio e la specificità cooperativa Sono note le differenze che intercorrono tra le finalità della cooperativa (scopo mutualistico) e quelle dell impresa privata (scopo di lucro). Ciò rende difficile poter ricavare le informazioni specifiche e appropriate per l una o l altra forma giuridica applicando uno stesso strumento informativo od una stessa metodologia di analisi. Nell impresa profit il bilancio tende ad evidenziare, come noto: 3

4 la remunerazione che può essere distribuita ai soggetti portatori del capitale di rischio senza intaccare l equilibrio dinamico dell impresa; l incremento / decremento che il patrimonio dell impresa ha subito, in un certo periodo, per effetto della gestione del processo produttivo. Nel caso dell impresa cooperativa, e in particolare per le cooperative di trasformazione, agli scopi informativi primari già indicati se ne aggiunge un altro, altrettanto prioritario. Si chiede al bilancio d esercizio la quantificazione dell esito, in valore, della mutualità espressa dai soci. Purtroppo, in molti casi, l adozione di una metodologia tradizionale di analisi di bilancio può non evidenziare pienamente, e talora addirittura distorcere, la dimensione dei risultati effettivamente conseguiti dalla cooperativa sui diversi piani in cui ha un impatto. Per queste ragioni, se pure lo schema di bilancio CEE rimane la base informativa essenziale, si è proceduto ad alcune stime e valutazioni, di concerto con il management aziendale, finalizzate a evidenziare le prestazioni nei confronti degli stakeholder distintivi delle imprese cooperative: i soci conferenti ed i soci prestatori. 2.2 Le fasi metodologiche I bilanci delle sei cooperative sono stati raccolti per il periodo e riclassificati secondo uno schema definito cooperativo (Figura 1.) che, pur aggregando laddove possibile e necessario, lasciava in evidenza le voci più peculiari del bilancio di un impresa cooperativa valore dei conferimenti, prestito sociale, ristorno, servizi ai soci, etc Lo schema cooperativo contiene pertanto i dati così come sono indicati nei bilanci depositati dalle cooperative oggetto dell analisi. Il secondo passaggio è stato quello di ricondurre tale riclassificazione cooperativa ad uno schema chiamato convenzionale (Figura 2.). Questa fase presuppone alcune stime che forniscono una valutazione alternativa di alcune poste dello schema cooperativo. 4

5 Figura 1. Schema Cooperativo Conto Economico Ricavi netti caratteristici Costi variabili della produzione Acquisti materie prime Consumi materie prime Valore dei conferimenti Stima valore dei conferimenti ("a prezzo di mercato") Variazione scorte materie prime e semilavorati 469 Costo del personale (comprensivo di TFR) 8265 Spese generali di cui: costi per servizi ai soci 1577 Quote di ammortamento immob. tecniche 3463 Quote di accantonamento fondo rischi 734 Altre quote di accantonamento 816 Altri costi 1570 Reddito operativo 3961 Saldo gestione accessoria -26 Saldo gestione finanziaria -726 Proventi Finanziari 1303 Interessi passivi sul prestito sociale (effettivi) -602 Stima interessi passivi prestito sociale ("BOT") Stima interessi passivi prestito sociale ("banche") Altri interessi passivi Saldo gestione straordinaria -723 Risultato ante imposte 2486 Imposte pagate 493 Risultato di esercizio 1993 Contributi a Fondo Mutualistico 60 Dividendi su capitale sociale 0 5

6 Figura 2. Schema Convenzionale Conto Economico Ricavi netti caratteristici (prodotti e servizi) + saldo rimanenze prodotti finiti Costi variabili della produzione Acquisti materie prime Consumi materie prime Valore dei conferimenti valutati ai prezzi di mercato Variazione scorte materie prime e semilavorati 469 Costo del personale (al lordo del TFR) 8265 Spese generali Quote di ammortamento immob. tecniche 3463 Stima quota di ammortamento ordinario 3463 Stima quota di ammortamento eccedente 0 Quote di accantonamento fondo rischi 734 Altre quote di accantonamento 816 Altri costi 1570 Reddito operativo 8514 Saldo gestione accessoria -26 Saldo gestione finanziaria -436 Proventi finanziari 1303 Interessi passivi totali Saldo gestione straordinaria -723 Risultato ante imposte 7329 Imposte pagate 493 Risultato di esercizio

7 Tra le voci che vengono ricostruite sulla base di specifiche rilevazioni extra contabili le più importanti sono due: il valore dei conferimenti, i prodotti agricoli consegnati dai soci sono espressi al probabile prezzo di mercato (franco azienda produttrice) 2 ; interessi passivi sul prestito sociale, ora calcolati secondo un tasso d interesse corrente sul mercato per depositi di entità e caratteristiche comparabili a quelle dei soci. Con questi sostanziali adattamenti il bilancio di ogni annata viene ricalcolato in tutte le sue parti e risulta omogeneo, o comunque più omogeneo, a quello di un azienda profit convenzionale. Dai bilanci ricalcolati si ricavano quozienti sufficientemente significativi e comparabili a quelli riferibili a gruppi privati concorrenti (Figura 3.). Con questi stessi dati si può arrivare ad una misura della distribuzione del valore aggiunto (Figura 4.) operata dalla cooperativa. A tal proposito, il prospetto di distribuzione del valore aggiunto viene differenziato in due moduli differenti. Il primo aggregato è definito non discrezionale, perché indica la porzione di valore aggiunto che l impresa distribuisce secondo una logica esogena all impresa seguendo regole che sono o contrattuali o imposte dalla Pubblica Amministrazione (retribuzioni, imposte, interessi passivi). Il secondo aggregato è il valore aggiunto discrezionale, che comprende la quota di ricchezza che la cooperativa sceglie di distribuire ai soci e quella che decide di accumulare internamente. La forma in cui l utile della cooperativa può essere trasferito ai soci non è univoca: può essere tradotto in un valore unitario riconosciuto per i prodotti conferiti superiore al loro probabile prezzo di mercato oppure si può remunerare il prestito sociale al di sopra del tasso corrente per il risparmiatore. È possibile anche una politica ibrida, ad esempio che incentivi il prestito sociale senza riconoscere maggiorazioni nella valorizzazione dei conferimenti. 2 Questo procedimento sconta il fatto che spesso o non esiste o quasi un prezzo di mercato oppure i prezzi di mercato rilevabili (es. dalle mercuriali delle Borse Merci) sono poco significativi poiché si riferiscono a quantità residuali rispetto ai volumi che i soci conferiscono alle loro cooperative di trasformazione. 7

8 Figura 3. Gli indici Indici finanziari Acid ratio (Indice di liquidità) = (Attivo a breve - Rimanenze)/Passivo a breve Leverage = Attivo / Patrimonio netto Indebitamento v/soci prestatori = (Prestito da soci / Attivo) Durata media dei crediti (gg.) Durata media dei debiti (gg.) Indici strutturali Indebitamento corrente = Passivo a breve / Passivo Copertura delle immobilizzazioni = (Patrimonio netto + Passivo a lungo)/immobilizzazioni Autocopertura delle immobilizzazioni = (Patrimonio netto / Immobilizzazioni) Integrazione verticale = Valore aggiunto / Valore della produzione Importanza gestione finanziaria = Proventi finanziari / Ricavi netti caratteristici Dimensione dell'impresa Attività totali (milioni di ) Ricavi netti caratteristici (milioni di ) Immobilizzazioni tecniche lorde (milioni di ) Capacità produttiva Indici di redditività Cash flow (utile +ammortamenti + accantonamenti) (milioni di ) Rotazione degli impieghi = (Ricavi caratteristici / Attivo) ROA (return on assets) = Risultato operativo / Attivo ROS (return on sales) = Risultato operativo / Ricavi caratteristici ROI (return on investment) = Utile esercizio / Attivo ROE (return on equity) = Utile esercizio / Mezzi propri Produttività Produttività del lavoro (Ricavi caratteristici per dipendente in.000 ) Volume di produzione Scomposizione del ROI a1) Prezzo di vendita (Ricavi caratteristici per unità di prodotto) a2) Contributo unitario delle gestioni non caratteristiche a) Ricavo unitario b) Costo unitario c) Grado utilizzazione degli impianti d) Capacità produttiva unitaria delle immobilizzazioni tecniche e) Composizione attivo (Quota delle immobilizzazioni tecniche sul totale dell'attivo) ROI = (a-b) *c*d*e 8

9 Figura 4. Analisi e distribuzione Valore Aggiunto Ricavi Consumi intermedi Valore aggiunto VA "non discrezionale" Salari e stipendi 8265 Stato (=Imposte pagate) 493 Capitalisti 1739 Ammortamenti "ordinari" + altre quote di accantonamento 4279 VA cooperativo "discrezionale" 7570 Soci per capitale investito 0 Soci per conferimenti 4553 Soci per capitale prestato (rispetto al benchmark) 290 Accantonamenti a "fondi rischi" 734 Ammortamenti "straordinari" 0 Contributi a Fondo Mutualistico 60 Utile esercizio 1933 Proventi finanziari per la cooperativa sul prestito sociale 472 9

10 Schema Valore Aggiunto R I C A V I C O N S U M I I N T E R M E D I N U O V A R I C C H E Z Z A P R O D O T T A V A L O R E A G G I U N T O N O N D I S C R E Z I O N A L E V A L O R E A G G I U N T O D I S C R E Z I O N A L E A L L I M P R E S A 10

11 Questa fase conclude la rielaborazione dei dati elementari iniziali. Dall intero procedimento traspare, pertanto, una considerazione di fondo. Ormai da tempo è radicata la consapevolezza che, nello spazio del mercato, i comportamenti di tutte le imprese non possano essere molto diversi. In queste condizioni, la differenza fra le due forme giuridiche può essere ricercata soprattutto nelle modalità di distribuzione della ricchezza prodotta. 3. Lo stato di avanzamento del lavoro L attività svolta sinora è giunta ad uno stadio intermedio. Ha superato una fase iniziale di individuazione ed implementazione delle metodologie da seguire ed ha ormai ultimato il reperimento dei dati e dei documenti necessari. Durante questa fase si è impostato il dialogo con le imprese coinvolte nella ricerca per giungere alla certezza che ci fossero i presupposti per condurre il lavoro. Le visite in azienda hanno agevolato la stesura di documenti e la compilazione concreta di un modello di analisi che potesse aiutare a quantificare la maggior valorizzazione che le imprese organizzate in forma cooperativa possono ambire a conseguire sui propri prodotti. 4. Primi risultati e riflessioni Lo studio rileva che esistono delle imprese cooperative che creano valore, che conferiscono un maggior valore al prodotto e al lavoro dei soci, bisogna individuare il modello e il percorso che permette di giungere a tale risultato. Un analisi del valore aggiunto così pensata consente di verificare l influenza che la cooperativa ha sui soci, sul territorio, sul sistema cooperativo e sulla collettività. Questi molteplici impatti possono essere misurati attraverso: 1. un analisi della redditività per evidenziare la produzione di valore aggiunto e la capacità di accumulazione dell impresa. L osservazione degli indici tradizionali (ROS, ROI e ROE) dimostra che il gruppo di cooperative considerate ha accresciuto, nel periodo , la sua capacità di accumulare ricchezza e di valorizzare gli investimenti (Graff. 1, 2 e 3). I dati evidenziano la tendenza ad un miglioramento della redditività 11

12 delle imprese cooperative con riferimento a tutti gli indicatori tradizionalmente utilizzati per misurarla. Il tasso di redditività delle vendite (ROS) è passato da una media del 2,5% nel biennio al 2,8% nel biennio Nel ROI e, soprattutto, nel ROE l incremento è molto più accentuato. Continuando a fare riferimento ai periodi già indicati, si può constatare, infatti, che la redditività del capitale investito ha raggiunto il 2,6%. Ancora più significativa la performance del ROE che misura la redditività del capitale proprio e compendia, oltre che la gestione economica, anche la strategia di indebitamento scelta dall impresa. Il ROE nell intervallo passa dall 1,1% all 11,7%. 2. un confronto dei dati della cooperativa con quelli di altre imprese loro concorrenti 3. Il confronto con i concorrenti è appropriato e reso possibile dalle stime sommariamente descritte 4 e dal successivo ricalcolo del bilancio complessivo dell azienda. L analisi della situazione di liquidità mostra che il complesso delle imprese cooperative considerate ha, rispetto all aggregato dei concorrenti, una maggiore attitudine a svolgere la gestione in condizioni di liquidità adeguata (Graf.4). Per un confronto della solidità si è analizzato il quoziente di autocopertura delle immobilizzazioni che, poiché considera al numeratore solo il capitale netto, consente un confronto più immediato di quello possibile con il più classico indice di copertura. Si conferma, a questo proposito, la minore patrimonializzazione dell impresa cooperativa, ma la distanza rispetto alle imprese private concorrenti non è particolarmente rilevante e accenna a ridursi negli ultimi tempi (Graf. 5). Il 3 La difficoltà nel confronto con i concorrenti è risultata quello di specificare per la cooperativa (idest per le singole attività o per l attività consolidata nel suo complesso) un parametro benchmark da assumere a riferimento. Tale valore benchmark è stato ricavato dai bilanci di imprese capitalistiche concorrenti scelte con il criterio della massima omogeneità con la cooperativa rispetto al settore di attività ed alla dimensione economica; le cooperative oggetto dell analisi hanno indicato i propri concorrenti. A questo proposito si ringrazia la Dott.ssa P.Petrucci de Centro Studi di Legacoop per la cortese e competente collaborazione prestata. 4 Valore dei conferimenti e tasso d interesse sul prestito sociale sono solo due delle voci maggiormente significative della peculiarità cooperativa. In vero, l analisi porta a ricalcolare anche altre voci di bilancio per rappresentare il diverso impatto della distribuzione del valore aggiunto. 12

13 confronto con le imprese concorrenti sul terreno della redditività (Graff. 1, 2 e 3) non è, per il gruppo delle imprese cooperative, confortante solo per quanto riguarda le variazioni già commentate ma anche, e soprattutto, per il differenziale che si afferma progressivamente rispetto ai competitor. Il ROI è in generale più soddisfacente e, soprattutto, il vantaggio che traspare nella dinamica del ROE sembra imputabile ad una gestione dell indebitamento adeguata e profittevole. 3. un analisi dell evoluzione del valore aggiunto e della sua distribuzione. A questo proposito è estremamente significativa l incidenza media annua del Valore Aggiunto discrezionale (pari al 6% del VA complessivamente generato dalle imprese cooperative), cui si aggiunge il fatto che, nel periodo di tempo considerato, sia la componente discrezionale a risultare costantemente in crescita (Graf. 6). In connessione con la crescita dimensionale del Valore Aggiunto discrezionale è di grande interesse osservare l evoluzione delle poste di bilancio con cui l impresa cooperativa ha deciso, discrezionalmente, di distribuire la nuova ricchezza creata. Il Graf. 7 consente di apprezzare in quali direzioni si orienta la redistribuzione operata dalla gestione cooperativa. Risaltano con grossa evidenza le voci peculiari della mutualità: il prestito sociale e la remunerazione dei conferimenti. Il Graf. 7 mette in evidenza che il gruppo di cooperative osservate, negli undici anni monitorati, ha assicurato ai soci un differenziale positivo (medio annuo) del +2,45% rispetto al valore di mercato delle merci conferite; 4. l approccio implicito nel Valore Aggiunto discrezionale consente, infine, una valutazione più approfondita del prestito sociale. Questo aspetto va crescendo per rilievo e impatto nelle diverse realtà cooperative. Contrariamente a quanto accade per i prodotti conferiti dai soci, nel caso del prestito un miglior favore riconosciuto al socio non implica un corrispondente appesantimento per la gestione cooperativa. È invece possibile modulare il tasso del prestito sociale in modo che rechi un beneficio economico al prestatore e sia, nel contempo, conveniente per l impresa. Il Graf. 8, a questo proposito, confronta il valore assoluto degli interessi passivi effettivamente 13

14 corrisposti per il prestito sociale con due valori stimati. Il primo determina se, durante gli anni considerati, il socio ha tratto un vantaggio dall avere prestato il proprio risparmio alla cooperativa anzi che investirlo in impieghi alternativi (di pari rischio e livello di servizio). Il secondo parametro, altrettanto rilevante, misura i proventi, per la cooperativa, impliciti nel differenziale tra il costo di altre forme di indebitamento e il tasso riconosciuto al socio prestatore. Le stime ottenute mostrano che il socio prestatore, negli anni di maggiore difficoltà, ha contribuito in misura significativa all equilibrio finanziario ed economico della cooperativa. Un beneficio per il socio si manifesta già a partire dal 1996 e si conferma successivamente, soprattutto nell ultimo triennio del periodo considerato. Nonostante il vantaggio che progressivamente emerge anche per il prestatore, il prestito sociale rimane comunque una grande opportunità per la cooperativa. Fino al 2000 le cooperative hanno modulato il tasso sul prestito sociale introitando, ogni anno, almeno l 85% del vantaggio implicito nel differenziale tra il tasso bancario e quello corrisposto ai soci. Solo nell ultimo triennio ( ) le due quote (quella per l impresa e quella destinata al socio) si equivalgono e sembrano testimoniare, nella politica distributiva della cooperativa, un progressivo bilanciamento dei due interessi Il percorso evolutivo e le sue fasi Le cooperative considerate sembrano vivere momenti diversi lungo un percorso evolutivo che vede il passaggio attraverso stadi successivi. Il percorso è generalizzabile all universo delle imprese cooperative, se pure con modalità specifiche e differenziazioni locali che distinguono un impresa dall altra. Non si tratta di una evoluzione determinata solo endogenamente, ma è frutto anche dell interazione dell impresa con l ambiente economico ed il territorio circostante. Si è tentato di sintetizzare i caratteri peculiari di ognuna delle fasi succitate tramite l utilizzo di nomi di fantasia da affiancare alle imprese al fine di individuarne il sistema relazionale nel quale operano. Lo scopo di tutto ciò è quello di enfatizzare l importanza per una 14

15 cooperativa di tentare di percorrere i passi necessari che permettano all impresa stessa di restare sul mercato e soddisfare le esigenze dei soci e della competitività. Tale chiave di lettura per la sua semplicità comporta anche inevitabili schematizzazioni, non perfettamente corrispondenti alla realtà delle cose. Questo percorso evolutivo è segnato dalla costante necessità di creare valore adeguando la struttura e l organizzazione della cooperativa alle nuove condizioni. Il percorso prevede almeno tre stadi fondamentali in cui le cooperative assumono scelte e caratteristiche differenti, tutte ad ogni modo con connotati di distintività. A tal proposito le cooperative si distinguono come segue: L ANTIMONOPOLISTA (COOPERAZIONE AGRICOLA : C ONDIVISIONE) Questa fase comprende la costituzione e l avvio e vede la cooperativa fortemente orientata a massimizzare il valore dei prodotti realizzati e conferiti da soci che hanno prevalenti interessi nella fase agricola (coltivazione e allevamento). L associazionismo è vissuto come mezzo di emancipazione dei produttori che allentano il vincolo del monopolio di figure di intermediazione commerciale che controllano i canali di commercializzazione assorbendo margini senza rendere servizi di utilità corrispondente. La democratizzazione del mercato è un obiettivo tradizionalmente perseguito dal modello cooperativo che, tuttavia, è sempre meno praticabile e realistico, soprattutto per quanto riguarda la strategia antimonopolista. Il processo di sviluppo proprio del sistema agroalimentare non consente una proliferazione di nuove imprese democratizzazione in termini di avvicinamento progressivo ad una situazione di concorrenza più perfetta, ma presuppone viceversa una progressiva concentrazione che porta anche il sistema cooperativo a seguire tale logica. Tuttavia, la specificità cooperativa può manifestarsi in numerosi elementi come l eliminazione di preesistenti rendite di intermediazione commerciale e la riduzione dei costi di transazione. L aspetto che caratterizza la fase della cooperazione agricola e che, quando mutano le condizioni esterne all impresa, si dimostra limitante 15

16 per ulteriori sviluppi, è il carattere sostanzialmente passivo della cooperativa rispetto alla qualità e quantità dei conferimenti dei soci. L analisi del valore aggiunto mostra meccanismi redistributivi semplificati e ancora poco articolati. È spesso del tutto assente ogni forma di prestito sociale, o di remunerazione del capitale dei soci e così la distribuzione del valore aggiunto si esprime quasi univocamente sui conferimenti. Dal confronto con i concorrenti viene fuori un quadro in cui la cooperativa assicura indici di una certa costanza nel tempo, in ordine ad elementi di redditività e di capacità d accumulazione, di conseguenza espleta il ruolo per cui è stata costituita: assicurare una allocazione conveniente dei conferimenti. L A COOPERATIVA ( IMPRESA COOPERATIVA : ORGANIZZAZIONE) La cooperativa prende coscienza di sé come impresa. È superato di fatto il problema della intermediazione commerciale e della democratizzazione del mercato: la cooperativa opera direttamente nel mercato e introduce nel suo funzionamento interno criteri di gestione e di managerialità. Per raggiungere dimensioni efficienti incorpora altre cooperative (più deboli o in difficoltà o che, in ogni caso, costituiscono una dispersione di valore) che operano nello stesso settore. In questa fase l impresa si trova ad aver superato un passo cruciale che la porta a mutare la propria funzione: da semplice centro di raccolta e trasformazione del prodotto dei soci si apre al mercato, anche per l approvvigionamento di altra materia prima. Il conferimento del socio continua ad essere un input indifferenziato, ma su cui s innestano percorsi di standard minimo richiesto, senza ancora avere elementi forti di distintività. La fase di trasformazione è ancora passiva rispetto alla qualità del conferimento del socio e, talvolta, insofferente per la insufficiente dimensione dei lotti che genera appesantimenti organizzativi e gestionali. Anche le fusioni e le incorporazioni conservano un carattere eminentemente quantitativo. Nella destinazione delle componenti discrezionali del Valore Aggiunto cambia radicalmente l importanza delle diverse voci. Si annulla quasi del tutto la predominanza dei conferimenti che caratterizza la fase 16

17 precedente in concomitanza con l emergere di nuovi elementi da cui la cooperativa genera nuova ricchezza, nuove leve da remunerare. Sul versante del prestito sociale si assiste ad una strutturazione iniziale, ma questo fattore non assume ancora il suo ruolo strategico. L A PROMOTRICE (COOPERAZIONE AGROALIMENTARE ( DI FILIERA) : V ALORIZZAZIONE E R ICONOSCIBILITÀ) È il passo più importante e critico. La cooperativa, ormai consolidata in una struttura coesa e compatta, non concentra l attenzione su di sé, ma si apre verso le fasi a valle della filiera agroalimentare e raggiunge una nuova maturità. Si accentua il carattere di mercato dell impresa che inizia a sviluppare gestioni più complesse e rischiose, con una crescente attenzione per il cliente. La cooperativa, che ha ormai raggiunto una maturità nella gestione industriale della trasformazione del prodotto agricolo, allarga lo spettro delle produzioni che realizza, cercando di differenziare i mercati di sbocco, e, spesso, acquisisce aziende o rami d azienda per ridurre il rischio con una presenza in segmenti di mercato diversi da quelli tradizionali e caratteristici. L impresa prende coscienza della potenzialità esprimibile attraverso l organizzazione del lavoro dei soci e la pianificazione del loro conferimento. Il prodotto della fase agricola non è più accolto passivamente, poiché l attività di trasformazione agroalimentare originaria si specializza in attività che valorizzano la possibilità di un coordinamento e di una integrazione della produzione agricola del socio in progetti di valorizzazione specifici. Queste iniziative quasi mai riescono ad interessare il complesso della produzione della cooperativa; tuttavia tendono comunque ad aumentare il loro peso all interno dei ricavi e vengono considerate tra le più importanti leve da gestire. L impresa cooperativa che si trova in questa fase è in grado di creare un imprenditorialità diffusa 5, realizzando una rete con la propria 5 Al socio conferente sono spesso richieste maggiore professionalità ed anche investimenti materiali ed immateriali nella propria impresa per soddisfare gli standard qualitativi e merceologici richiesti al prodotto finale. 17

18 compagine sociale. La definizione degli standard qualitativi sul prodotto conferito dai soci e sui processi di lavorazione si riverbera beneficamente sul territorio, sui soci, sull impresa stessa e sul consumatore. Per l impresa si tratta di compiere lo sforzo di comunicare all esterno la propria utilità. La cooperativa è già diventata un organizzazione in grado di stare sul mercato e di essere competitiva, ma per poter sancire la propria posizione e dare il massimo grado di valorizzazione al prodotto offerto e al lavoro dei soci necessita di un marchio che trasferisca tale idea, di un nome, una riconoscibilità. In tal maniera l impresa può acquisire maggior potere non solo sul mercato con i concorrenti diretti, ma anche al suo interno, nella gestione dei soci, nel dialogo con essi. La strategia di mettere in rete i soci conferenti si traduce in una creazione e diffusione di valore anche all esterno e in una utilità distintiva nell appartenere ad un flusso di scambi così organizzato, che non interessa solo i soci, ma coinvolge tutti coloro che traggono beneficio dall attività produttiva Il Percorso Evolutivo e la Struttura Organizzativa Durante il percorso evolutivo è possibile osservare alcune modifiche che l impresa opera all interno del proprio assetto organizzativo. Queste modifiche della struttura non dipendono solo dalla divisione del lavoro, dall organizzazione e da una più o meno elevata strutturazione dei poteri e delle gerarchie; in molti casi si arriva ad una reale ricostruzione dell impianto societario. Nella prima fase del percorso ci si trova di fronte ad un impresa poco strutturata e con processi produttivi semplificati: i soci conferiscono i prodotti all impresa che provvede a lavorarli e a venderli in modo razionale. Nella seconda fase si assiste ad una concentrazione e riorganizzazione della compagine societaria: una più specifica e articolata divisione dei compiti, in cui l impresa riesce a guardare più chiaramente al mercato e si comporta di conseguenza. È nella terza fase che si assiste ad una complessa riorganizzazione aziendale e a scelte gestionali che portano la cooperativa a sviluppare e specializzare alcune delle attività produttive, facendo spesso ricorso a 18

19 forme societarie non cooperative, e mantenendo altresì il controllo su di esse Il Percorso Evolutivo e il Rapporto con i Soci Il percorso evolutivo è scandito da mutamenti nel rapporto con il socio, il cui approccio varia a seconda dello stadio evolutivo della cooperativa. È un dato di fatto che, nel tempo, la cooperativa perde la caratterizzazione esclusivamente agricola poiché il socio ed i suoi familiari allargano i loro interessi (non hanno più solo la terra, ma sono anche percettori di interessi finanziari e di redditi di origine extraagricola). A fronte di questo cambiamento, che si evolve nella direzione tracciata, la base sociale tende anche a diventare sempre meno omogenea al proprio interno. Alcuni conferenti sono o diventano sempre più degli imprenditori agricoli professionali, che affidano sempre più scientemente alla cooperativa il compito di aggredire un mercato sempre più difficile. Il resto dei soci, per caratteristiche demografiche (età) o socio economiche, non investe più sull attività agricola e si affida alla cooperativa per un reddito sicuro, se pure modesto nel valore assoluto. Spesso questa seconda categoria di socio è più interessata al prestito sociale ed alla remunerazione del risparmio. Gli interessi della base sociale si differenziano polarizzandosi o verso la percezione di proventi finanziari o verso la commercializzazione del prodotto conferito. I soci di maggiore dimensione, o comunque quelli con una visione imprenditoriale, accettano più volentieri un pagamento a prezzo di mercato del conferimento, a fronte di maggiori servizi che la cooperativa offre alla la compagine sociale 6, e sono più propensi alla sottoscrizione di capitale sociale (con eventuali dividendi). L impresa cooperativa, oltre alle sue specificità distributive, presenta, nel suo rapporto con il socio conferente altri due elementi distintivi che meritano un approfondimento. 6 I servizi organizzati dalla cooperativa ed offerti nelle aziende dei soci aumentano e si diversificano progressivamente, non si limitano più unicamente ai mezzi tecnici, ma coinvolgono la gestione e l organizzazione del processo produttivo presso le imprese associate. 19

20 Il rapporto cooperativa socio non è riducibile ad un normale rapporto cliente fornitore. È evidente una dipendenza biunivoca. Il risultato per il socio dipende dalla cooperativa, ma è vero anche l opposto: la cooperativa, nella misura in cui trasforma il prodotto dei soci, ne subisce le sorti economiche e le scelte imprenditoriali (con le ovvie conseguenze in termini di qualità e quantità della materia prima oggetto di conferimento). Il rapporto tra la cooperativa di trasformazione e socio conferente è quindi un processo decisionale più articolato e complesso che, per la sua essenza mutualistica, può dimostrarsi più solido di relazioni contrattuali verticali di tipo tradizionale. Il secondo elemento è che la cooperativa di trasformazione, proprio perché struttura di trasformazione del prodotto dei soci, ha un radicamento obbligato nel territorio circostante con maggiori possibilità di seguire, orientare e valorizzare i prodotti conferiti. Questo vantaggio, ad esempio, rende più praticabili alcune leve di marketing come la tracciabilità e la rintracciabilità di filiera. Conclusioni La metodologia adottata ha portato alla costruzione di un modello di analisi che permette di misurare sia la dimensione della nuova ricchezza creata dall impresa cooperativa, sia la sua distribuzione tra gli stakeholder. Il primo risultato di fondamentale importanza a cui si è giunti è che esistono imprese cooperative che creano valore, e che tale maggior valore è quantificabile. È quantificabile quella parte di accumulazione che la cooperativa riesce ad ottenere per mezzo della propria gestione specifica e grazie all applicazione di prassi e sistemi relazionali volti a ricondurre la nuova ricchezza sui soci, sul territorio e sui prodotti. La seconda conclusione è quella che ci porta a dire che le diverse cooperative osservate lavorano in maniera differente e in modo differente gestiscono la propria struttura e il proprio territorio; ogni impresa, comunque, punta a valorizzare il prodotto a beneficio di un insieme più esteso di individui. Sulla scorta delle prime informazioni e riflessioni si è ritenuto di individuare un percorso evolutivo che l impresa cooperativa può scegliere di intraprendere e attraverso cui può giungere sia alla 20

21 creazione di un prodotto estremamente competitivo e valorizzato, sia alla diffusione di una riconoscibilità che trasferisca tale maggior valore. Una cooperativa può farlo meglio delle altre tipologie d impresa grazie al forte radicamento sul territorio, per il tradizionale rapporto che la lega ai soci, per il ruolo, costituzionalmente riconosciuto, che riveste all interno della società. Quest ultimo è l assunto da cui si parte per affrontare la seconda parte della nostra indagine. Il nostro obiettivo nel prosieguo dello studio sarà quello di porre l accento, oltre che sull analisi dei singoli casi che vedrà l allargamento della platea a cui applicare il modello, anche sui sistemi relazionali tra cooperativa e soci imprenditori, tra cooperativa e territorio. Si tratterà di affrontare il tema di un rinnovato modo di vedere e applicare la mutualità, non più univocamente concentrata sul garantire al socio l allocazione dei propri beni prodotti, ma intenta a sviluppare il sistema di relazioni che deve appartenere al mondo cooperativo, alle imprese che ne fanno parte. Analizzeremo come le imprese (e quali tra esse) riescono ad applicare quella nuova frontiera della mutualità che vede l incremento del valore per l impresa del socio inserita in una rete cooperativa. Mutualità intesa nella sua accezione più larga, come sintesi delle esigenze tipiche dei soci (non certo solo nel breve periodo) e quelle tipiche del mercato. Graf.1 - Redditività delle vendite (ROS) 0,100 0,080 0,060 0,040 0,020 0, ,020-0,040 Competitor Cooperative 21

22 Redditività del capitale investito (ROI) 0,100 0,080 0,060 0,040 0,020 0, ,020-0,040 Competitor Cooperative Redditività del capitale proprio (ROE) 0,150 0,125 0,100 0,075 0,050 0,025 0,000-0, ,050-0,075-0,100 Competitor Cooperative 22

23 Graf. 4 - Quoziente di liquidità primaria ("Acid test") 1,400 1,300 1,200 1,100 1,000 0,900 0,800 0,700 0,600 0,500 0, Competitor Cooperative Graf. 5 - Quoziente di "autocopertura" delle immobilizzazioni 1,600 1,400 1,200 1,000 0,800 0,600 0,400 0,200 0, Competitor Cooperative 23

24 Graf. 6 - Valore Aggiunto "discrezionale" e "non discrezionale" Valori (.000 ) Anno VA "non discrezionale" VA cooperativo (discrezionale) Graf. 7 - Distribuzione Valore Aggiunto "discrezionale" (in.000 ) Soci per conferimenti (differenziale) Soci per capitale investito Accantonamenti a "fondi rischi" Soci per capitale prestato (differenziale) Contributi a Fondo Mutualistico Cooperativa 24

25 Graf. 8 - Prestito sociale: "costo" e proventi (in.000 ) Soci per capitale prestato (differenziale) Interessi passivi sul prestito sociale (effettivi) Proventi finanziari per la cooperativa sul prestito sociale 25

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