COMUNE DI RUSSI Sabato, 31 gennaio 2015

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1 COMUNE DI RUSSI Sabato, 31 gennaio 2015

2 COMUNE DI RUSSI Sabato, 31 gennaio 2015 Prime Pagine 31/01/2015 Prima Pagina Il Resto del Carlino (ed. Ravenna) 1 cronaca 31/01/2015 La Voce di Romagna Pagina 4 Mimi schiavizzati: riuniti i fascicoli ora in assise sono 11 gli imputati 2 cultura e turismo 31/01/2015 Il Resto del Carlino (ed. Ravenna) Pagina 9 Piadaciocka Russi 3 31/01/2015 La Voce di Romagna Pagina 10 Musica 4 31/01/2015 Pagina 1 MORYA LONGO Le parole e la realtà 6 31/01/2015 Pagina 2 Le ricette semplicistiche e le scelte giuste per la crescita 8 31/01/2015 Pagina 3 Visco: «Jobs act nella giusta direzione Segnali di crescita» 10 31/01/2015 Pagina 7 Da giudice l' ultima pronuncia sul taglio dei tribunalini 12 31/01/2015 Pagina 15 Diritti di impianto, faro su 50mila ettari 14 31/01/2015 Pagina 15 Progetto Terrevive, assegnati i primi lotti 15 31/01/2015 Pagina 16 Province, mobilità a quattro vie per il personale 17 31/01/2015 Pagina 18 In Unico PF la verifica sugli 80 euro 19 31/01/2015 Pagina 19 Il sindaco assolto resta incandidabile 21 31/01/2015 Italia Oggi Pagina 8 TINO OLDANI Per rendere la giustizia più efficiente servirebbe un ministro /01/2015 Italia Oggi Pagina 25 ANDREA BONGI Unico 2015 abbraccia gli 80 euro 25 31/01/2015 Italia Oggi Pagina 27 Comuni, il restyling gira a vuoto 26 31/01/2015 Italia Oggi Pagina 29 DANIELE CIRIOLI Contributi ridotti ai neoassunti 27 31/01/2015 Italia Oggi Pagina 30 PAGINA A CURA DI LUCIA BASILE Fisco, troppe scadenze 29

3 Il Resto del Carlino (ed. Ravenna) Prima Pagina 1

4 Pagina 4 La Voce di Romagna cronaca RUSSI Le cinque misure cautelari sono state livellate all' obbligo di dimora. Mimi schiavizzati: riuniti i fascicoli ora in assise sono 11 gli imputati Tutti i fascicolo sono stati riuniti e così ora gli imputati sono in totale 11. Inoltre le misure cautelari per i cinque ai quali erano state applicate, sono state tutte livellate all'obbligo di dimora con divieto di uscire la sera. E' quanto in buona sostanza accaduto ieri mattina in corte d'assise nel processo in corso per associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani e alla riduzione in schiavitù. Si tratta di giovani reclutati in Romania, alle volte anche negli orfanotrofi, perlopiù tra i ragazzi con maggiori problemi, economici o psichici. E poi attirati in Italia con il miraggio di un lavoro ma infine costretti all'accattonaggio travestiti da mimi o con pesanti costumi di animali peluche da indossare anche sotto alla canicola estiva. Secondo le indagini dei carabinieri T del nucleo Operativo coordinate dalla Dda di Bologna, sarebbero stati in totale una trentina i ragazzi sfruttati per chiedere le elemosina in strada. Tre le abitazioni principali nelle quali venivano smistati: a San Pancrazio, a Russi e a Mezzogoro, nel Ferrarese. L'inchiesta era scattata quando il 24 febbraio del 2011 da Milano un romeno aveva riferito di una fuga di un suo conoscente da una sorta di casaprigione nel Ravennate. Prossima udienza a fine marzo (ACo). 2

5 Pagina 9 Il Resto del Carlino (ed. Ravenna) Piadaciocka Russi cultura e turismo AL VIA a Russi PiadaCiock, la Fiera del cioccolato. Il centro si animerà con attrazioni e specialità culinarie a tema. Ci sarà anche il 1 concorso di torte per non professionisti, con premiazione alle 17 in piazza Farini, dove alle 15 si esibirà il duo musicale Il mistico e l' Aviatore'. 3

6 Pagina 10 La Voce di Romagna cultura e turismo Musica Vulcanico e carismatico Jacopo Rivani è un giovane direttore d' orchestra che si divide tra Ravenna e Pesaro alternando la direzione e la docenza Jacopo Rivani, vulcanico venticinquenne direttore d'orchestra di Marina di Ravenna, si divide fra Ravenna dove si è diplomato in tromba e Pesaro dove è laureando in direzione d'orchestra, è docente presso la Scuola Contarini di Russi e il Liceo Pinza di Ravenna ed è sempre pronto a mettersi in gioco. Come tutti i musicisti, vive con la valigia pronta. Rivani si è avvinato alla musica a tre anni e mezzo, studia con passione e il suo entusiasmo trascina anche i giovani musicisti con cui ha fondato a Ravenna nel 2010 l'orchestra Arcangelo Corelli che dal gennaio di quest'anno darà luogo a una realtà ancora più ambiziosa. I suoi progetti a vasto raggio non si pongono limiti di genere: barocco, classico sinfonico, repertorio operistico, jazz e blues, musica leggera e da film purché sia Musica con la maiuscola. M Rivani, perché avete scelto di intestare l'orchestra ad Arcangelo Corelli? Abbiamo cercato un autore del territorio che non fosse solo regionale oppure il troppo sfruttato Gioachino Rossini di Lugo. Corelli, musicista ancora da scoprire, ha ricoperto un ruolo di enorme spessore nel suo periodo storico (Fusignano 1653 Roma 1713). Si è trattato di un tributo a un geniale musicista del territorio. Nell'ultimo acclamato concerto di Natale della Banda Musicale Cittadina di Ravenna ha diretto un solo brano, come mai? Pur non essendo più vicedirettore, ho voluto partecipare a questo concerto perché per tanti anni con la banda sono stato al centro della vita cittadina e ora la mia attività professionale mi sta portando fuori da Ravenna. A quale attività si riferisce? Il 2014 è stato molto importante per tre incarichi: il primo è stata la direzione della produzione sinfonica più grossa della FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana con cui ho diretto la quarta sinfonia di Tchaikovsky a Pesaro, Ancona e Jesi per il progetto Under 35 delle Marche, con cui ho guadagnato la fiducia della direzione artistica dell'istituzione sinfonica. Il secondo è la ripresa dell'opera Zanetto che Pietro Mascagni scrisse per il Conservatorio di Pesaro quando ne era direttore. Ho eseguito l' opera con l'orchestra e il Coro del Conservatorio nel Salone Pedrotti di Pesaro e nell'occasione si è Continua > 4

7 Pagina 10 < Segue La Voce di Romagna cultura e turismo complimentato con me il Maestro Zedda che attualmente è il revisore di tutte le opere di Rossini nonché direttore d'orchestra. Il terzo punto è l'attività svolta come direttore principale dell'orchestra Corelli, nello specifico la produzione del Barbiere di Siviglia, la Messa di Gloria di Puccini e la Nona di Beethoven, tutte prodotte con solisti di alto livello con il supporto della compagine con cui l'intesa è perfetta. Che succede nel 2015? Sulla Corelli non anticipo nulla perché sta per uscire il programma cucito da me con lo staff della produzione, mentre al di fuori di Ravenna sono impegnato proprio in questi giorni al Ciclo tutto Beethoven composto dalla quarta sinfonia e dal quinto concerto per pianoforte e orchestra con la FORM, programma con cui inauguro tre stagioni sinfoniche nelle Marche. Poi, dalla prossima settimana, comincio una nuova produzione che mi vedrà passare anche da Ravenna. Sarò alla guida dell'orchestra 1813 del Teatro Sociale di Como per quattro mesi per la produzione dell'opera Milo, Maya e il Giro del Mondo di Matteo Franceschini. Quando sarà a Ravenna? Il 22 e il 23 di aprile nella programmazione del Teatro Alighieri per il Progetto Opera Domani. Oltre che a Ravenna, dirigerò quest'opera in 120 recite e vedrò bambini in sale di primo ordine come l'arcimboldi di Milano e il Manzoni di Bologna. Altre anticipazioni? Con la Corelli porterò una produzione lirica pocket lungo l'estate e sto lavorando al prossimo concerto di Natale che non sarà sicuramente da meno dell'acclamata Nona di Beethoven dello scorso anno. Attilia Tartagni 5

8 Pagina 1 IL PARAFULMINE DELL' EURO. Le parole e la realtà di Morya Longo Alexis Tsipras, il nuovo premier greco, l' ha sempre detto: Atene non vuole uscire dall' euro. Eppure sui mercati finanziari il solo pensiero che questo possa accadere sta creando una serie di effetti a catena, che rischiano di mettere in ginocchio la Grecia prima ancora che il Governo agisca: la Borsa di Atene è crollata del 15% in tre giorni, il rendimento dei titoli di Stato triennali è lievitato al 19% e le banche greche hanno perso il 10% circa dei depositi. Ecco cosa accade solo a ventilare l' ipotesi dell' uscita di un Paese dall' euro: il mercato lo stecchisce prima ancora che questo accada. Continua pagina 9 Continua da pagina 1 Questo è il vero problema da non sottovalutare nel dibattito su «euro sì euro no» che ormai divide le popolazioni europee come tra moderni guelfi e ghibellini: i mercati finanziari sono così integrati, così giganteschi, così veloci e così cinici che si muovono prima ancora che qualunque Governo possa convocare un consiglio dei ministri. A loro non importa se Tsipras abbia idee valide oppure no, se sia possibile trovare un compromesso sul debito con l' Europa oppure no: i mercati tendono sempre ad anticipare gli eventi. Purtroppo talvolta come disse nel lontano 1994 George Soros contribuiscono a crearli. Così, nonostante le rassicurazioni di Tsipras, gli investitori ma anche i privati cittadini si stanno comportando come se la Grecia dovesse davvero uscire dall' euro. E, a lungo andare, rischiano di mettere Atene con le spalle al muro più della Troika o di Bruxelles. Chiamateli speculatori, locuste, sanguisughe: ma con questo mondo, purtroppo, bisogna confrontarsi. 2015: fuga da Atene Il primo comportamento logico di chi teme che un Paese esca dall' euro è infatti quello di portare via i soldi dalle banche o dai titoli di quel Paese. Dato che l' eventuale «nuova dracma» si svaluterebbe rispetto all' euro (secondo uno studio del Cepr, nella storia l' abbandono di una forma di unione monetaria ha mediamente comportato una svalutazione del 46%), chiunque abbia depositi nelle banche greche o soldi investiti sui mercati greci avrebbe una perdita pari al ribasso della moneta. Questo vale per gli stranieri, per esempio per gli investitori europei o americani che hanno i bilanci in euro e dollari forti. Ma in fondo anche i greci stessi hanno poca convenienza a lasciare i risparmi nelle banche locali: semplicemente trasferendoli in Germania o in Svizzera, infatti, li metterebbero al riparo su valute forti. Anzi: in caso di svalutazione della «dracma», ci guadagnerebbero. Questo è il motivo per cui i capitali fuggono da Atene. E scappano ora, prima che l' estrema ipotesi di «Grexit» si materializzi davvero. Solo a dicembre, quando i sondaggi davano già vincente Syriza, le banche greche hanno perso 4,5 miliardi di euro di depositi (dato Bce). Ma l' emorragia è poi continuata Continua > 6

9 Pagina 1 < Segue e le indiscrezioni, riportate ieri in uno studio di Barclays, indicano nelle ultime settimane un' uscita dagli istituti di credito di 20 miliardi di euro: cifra pari al 10% dei depositi totali. E il salasso continua. Questo fenomeno è da solo in grado di mandare al tappeto un Paese come quello ellenico. Le banche non possono sopportare un' emorragia del genere: la perdita di liquidità, soprattutto per istituti che non hanno accesso al mercato per reperire capitali, si traduce infatti ben presto in insolvenza. Per ora le banche greche stanno in piedi grazie alla «flebo» della Bce, che eroga loro liquidità attraverso la linea di emergenza chiamata «Ela». Ma sono vere e proprie banche zombie. E presto (il 4 febbraio ci sarà la prima decisione in merito) la Bce potrebbe chiudere la «flebo»: in tal caso il default degli zombie sarebbe inevitabile. L' altro problema derivante dalla fuga di capitali è legato agli squilibri che questo crea nel sistema dei pagamenti «Target 2». Ogni euro che esce dalla Grecia per andare per esempio in Germania, crea infatti uno squilibrio a livello di banche centrali: quella greca ha un euro di debito verso l' Eurosistema, mentre la Bundesbank (nel nostro esempio) ha un euro di credito. Più la fuga continua, più il debito greco su «Target 2» cresce. A dicembre il «buco» era già di 49 miliardi di euro, ma ora è verosimilmente molto più grosso. Questo accentua gli squilibri: problema che la Grecia dovrebbe affrontare anche dopo un' ipotetica uscita dall' euro. Ma la fuga di capitali è forte anche sul mercato obbligazionario. Lo dimostra il fatto che i rendimenti dei titoli di Stato greci e delle obbligazioni aziendali sono ormai saliti su livelli estremi. I titoli di Stato triennali rendono ormai il 19%: questo significa che nessuno vuole più prestare soldi al Paese. Quindi neppure alle sue banche, né alle sue imprese. Più che di «credit crunch», si tratta di un «credit crack». Prima ancora che Tsipras abbia iniziato a trattare con Bruxelles, dunque, il mercato (ma anche i risparmiatori greci che hanno ancora soldi) ha tolto la linfa vitale al Paese: la liquidità. Il credito. Insomma: la sopravvivenza. Dibattito su «Eurexit» Quanto sta accadendo in questi giorni deve dunque offrire qualche elemento in più per il dibattito, anche in Italia, sulla permanenza o meno nell' euro. Che le regole europee siano ormai eccessive camicie di forza è fuori dubbio. È dunque comprensibile che tra le popolazioni maturi sempre più la voglia di uscire. Ma prima di valutare un' opzione del genere, bisogna porsi qualche domanda: un Paese in crisi ha le spalle abbastanza larghe per affrontare un' eventuale emorragia di capitali così forte? Anche stampando moneta (debole), sarebbe possibile resistere al contraccolpo? In fondo l' euro rappresenta, pur con tutti i suoi problemi, un parafulmine per tutti. I tuoni che colpiscono Atene, solo perché il mercato sospetta che prima o poi possa uscirne, lo dimostrano. Ma la conferma arriva anche dal fatto che un Paese come l' Italia oggi a differenza del 2012 non sta subendo alcun effetto contagio dalla Grecia: perché oggi c' è la Bce (con il «quantitative easing» e soprattutto con lo scudo Omt) ad annullare i rischi e i contraccolpi. Insomma: è Mario Draghi a parare i fulmini. E in fondo lo stesso concetto è ribadito anche dalle contromosse che Paesi piccoli, fuori dall' euro, hanno dovuto adottare in questi giorni per far fronte agli effetti collaterali (per loro) del «bazooka» della Bce: dalla Svizzera alla Danimarca, fino alla Turchia. Prima ancora di ragionare sui pro e i contro di una vita fuori dall' euro, bisogna dunque porsi il tema degli effetti collaterali immediati. Quelli fulminanti. Perché potrebbero essere non pochi: c' è il problema dei tanti debiti di imprese, banche e Enti locali espressi in obbligazioni, perché queste ultime sono disciplinate dalla legge inglese e andrebbero comunque rimborsate in euro. C' è il problema della fuga di capitali, in grado di ammazzare qualunque banca in pochi giorni. C' è il tema del rifinanziamento del debito pubblico e privato. E c' è il nodo di «Target 2». Tante, forse troppe, incognite. m.longo@ilsole24ore.com RIPRODUZIONE RISERVATA. MORYA LONGO 7

10 Pagina 2 LA LEZIONE GRECA. Le ricette semplicistiche e le scelte giuste per la crescita Mentre la situazione economica in Italia e nella Eurozona sembra schiarirsi, dopo sei anni di crisi, l' esito delle elezioni in Grecia viene considerato da molti come lo strumento per ribaltare le politiche europee con slogan di fine all' austerità e di ristrutturazione del debito. Sono ricette semplicistiche perché la vera parola d' ordine per l' Eurozona (e l' Italia) è quella degli investimenti e della innovazione, delle infrastrutture e del lavoro in un contesto di riforme strutturali convergenti. È questa una direttrice su cui anche il Governo italiano deve insistere. La situazione Greca. Ci vuole innanzitutto concretezza di valutazione su tre elementi. Quello della pessima (e truccata) gestione delle finanze pubbliche greche prima e dopo l' entrata nell' euro, peraltro rilevate solo a crisi esplosa nel 2009 dalle Istituzioni europee. Quello dei prestiti concessi alla Grecia durante la crisi e degli obblighi di rispettare gli impegni rimborsando i creditori e attuando le riforme strutturali. Quello delle attuali drammatiche condizioni di disoccupazione e di indigenza della popolazione greca. Nella sostanza i principali problemi di fronte ai quali la Grecia e l' Eurozona si trovano sono due. Il primo è come Atene potrà risollevarsi stante la situazione della disoccupazione al 26% (con quella giovanile al 50%), la caduta del Pil quasi un quarto dall' inizio della crisi, un debito pubblico sul Pil al 176% (pari a circa 320 miliardi). Il secondo è se una ristrutturazione significativa del debito greco sia realisticamente accettabile. Per rispondere bisogna tenere presente che andrebbe a gravare per il 68% sull' Eurozona (cioè sui fondi Efsf ed Esm nonché Bce), per un altro 12 % sull' Fmi, per il 5% su altri creditori mentre solo il 15% è sul mercato. Né va dimenticato che i prestiti sono stati concessi a condizioni ottime avendo, secondo il presidente del Fondo Salva stati europeo Klaus Regling, una durata media di 32 anni e interessi intorno all' 1,5% dopo che nel 2012 i creditori privati hanno già subito un taglio di 100 miliardi. Continua pagina 2 Alberto Quadrio Curzio Continua da pagina 1 Infrastrutture commissariate. Le risposte a questi quesiti sono state le più varie e anche opposte. Per esempio c' è chi sostiene che l' equità giustifica il condono del debito greco perché gran parte dello stesso verso le istituzioni pubbliche è andato a beneficio dei creditori privati e non dei greci. Con questa affermazione parziale non si tiene conto, tra l' altro, che la crisi del debito sovrano greco sui mercati finanziari non Continua > 8

11 Pagina 2 < Segue lasciava altra scelta se non quella del default con l' effetto domino di scardinare l' euro. La via per risolvere il problema greco non è una nuova ristrutturazione del debito ma un rilancio dell' occupazione e della crescita sia con un piano di investimenti pubblici finanziati e governati in modo commissariale dalla Ue sia con condizioni favorevoli agli investimenti esteri. Da questo punto di vista la notizia che il Governo greco sta bloccando la privatizzazione della compagnia elettrica e del porto del Pireo sono molto preoccupanti perché l' economa reale greca da sola non si risolleverà. La Grecia non ha bisogno di un altro "effetto Olimpiadi" ma di efficienza produttiva con riforme strutturali. L' Eurozona: errori e aperture. Noi abbiamo spesso criticato la Uem per la lentezza nell' intervento sulla Grecia che ha generato una crisi debitoria contagiando anche altri Paesi tra cui l' Italia. Abbiamo anche lamentato l' assenza di un piano europeo di investimenti per bilanciare la ristrutturazione del disastroso apparato pubblico greco. Non ci sentiamo però di bocciare il programma di prestiti alla Grecia e le modalità di rimborso. Per questo dobbiamo valutare con attenzione i pro e i contro di una ulteriore ristrutturazione del debito greco per gli effetti che avrebbe sia sui mercati sia sulla stessa reputazione istituzionale della Uem. Ciò non esclude che aggiustamenti siano possibili tenendo però presente che rilanciare l' economia greca (che pesa meno del 2% del Pil della Uem e il 3,3% della popolazione) non è un' operazione difficile mentre sarebbe molto pericoloso, anche in termini di reputazione istituzionale, soccombere ad una ristrutturazione radicale del debito andando contro tutta la costruzione di salvataggio che la Uem e la Bce (nonché l' Fmi) hanno posto in essere. Gli effetti contagio potrebbero essere gravi. Anche perché l' Eurozona appare adesso più aperta a misure per la crescita sia con regole più flessibili nell' applicazione del patto di stabilità e crescita sia con il piano Juncker sia con il Qe di Draghi L' Italia per gli investimenti. Pensare che l' Italia dovrebbe fare leva sul caso greco per avere più flessibilità sui nostri conti pubblici non ha senso e perciò il Governo deve mantenere quella che per il nostro Paese e la Uem è la migliore linea costruttiva: spingere gli investimenti e continuare sulla strada delle riforme strutturali. Va inoltre rilevato che l' Italia nel caso di ristrutturazione del debito greco dovrebbe ragionare su quanto dei suoi 40 miliardi di crediti diretti e indiretti alla Grecia andrebbe perduto e in questo conto considerare anche che noi ci siamo finanziati sui mercati a tassi ben superiori all' 1,5% dei prestiti concessi ad Atene. L' Italia deve quindi sostenere gli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali finanziati con iniziative europee potenziate e che abbiano, nella misura in cui lo siano a scala nazionale, maggiori flessibilità di bilancio. Bisogna anche rilanciare con forza la proposta degli eurobond (da emettere tramite lo ESM modificato) anche per assorbire una parte dei debiti pubblici della eurozona(di cui beneficerebbe pure la Grecia). L' Italia non può mettesi nella scia della Grecia ma deve spingere le Istituzioni europee su una direttrice di economia reale e di investimenti che genererebbe vantaggi multipli, compresi quelli alla Germania. Un grande Paese europeista che, superate le troppe rigidità, dovrà ritornare ad essere il motore dell' Eurozona. Alberto Quadrio Curzio. 9

12 Pagina 3 Banca d' Italia. «Dopo il Qe prospettive positive» Visco: «Jobs act nella giusta direzione Segnali di crescita» ROMA «Con le più recenti riforme, quella del 2012 e quella in fieri delineata nel Jobs Act, l' Italia ha mosso passi importanti nella giusta direzione nel mercato del lavoro». La promozione dell' azione di riforma del governo viene dal Governatore della Banca d' Italia, Ignazio Visco, che ieri ha tenuto una lezione su "capitale umano e crescita" all' Università Cattolica del Sacro Cuore per celebrare il 15esimo anno della facoltà di Economia di Roma. Una lezione che si è svolta in un' aula gremita di studenti ma anche di esponenti di punta del mondo economico e politico,come il braccio destro di Silvio Berlusconi, Gianni Letta. La lezione è stata introdotta dal rettore, Franco Anelli, secondo il quale «oggi ci sono troppi vincoli burocratici e legislativi che impediscono agli atenei di rinnovare e rimodulare le loro proposte formative». E' toccato poi all' economista Giacomo Vaciago presentare lo studioso Ignazio Visco, che nei suoi libri sul capitale umano si richiama spesso al Keynes delle "Prospettive economiche dei nostri nipoti" e al tema di come fare fronte ai problemi posti dalla disoccupazione tecnologica; e che deve moltissimo al suo insegnante, Federico Caffè(celebrato proprio ieri pomeriggio dal governatore nel paese di nascita, Pescara). Infine, Visco si è pronunciato sul Jobs Act: «Tre punti sono particolarmente importanti» ha spiegato. Si tratta della «riduzione della segmentazione tra diverse categorie di lavoratori, l' aumento della flessibilità in entrata e in uscita, accompagnato da un ampliamento delle misure a sostegno dei lavoratori disoccupati; la revisione, ancora da completare, delle politiche attive». Per Visco «ne possono derivare benefici in termini di una più efficiente allocazione della forza lavoro verso i settori e le imprese più produttive, e di maggiori incentivi, sia dei lavoratori sia degli imprenditori, a investire sull' adeguamento continuo delle competenze e delle conoscenze». Pur essendosi prefisso di non parlare di questioni contingenti, Visco ha comunque sottolineato che sul futuro dell' economia italiana «dobbiamo essere ottimisti» perchè «anche da noi ci sono segnali positivi dopo gli interventi che ci sono stati» con un riferimento al Qe da miliardi deciso la scorsa settimana dal governing council della Bce. D' altro parte, era stato il vicedirettore generale della Banca d' Italia, Fabio Panetta, a chiarire qualche giorno fa che l' intervento di Quantitative easing permetterà di innalzare sensibilmente la crescita quest' anno correggendo al rialzo le previsioni appena presentate da via Nazionale (con ogni probabilità la spinta impressa all' economia, nei calcoli di Bankitalia, non differisce troppo da quell' 1,8 per cento di crescita in più nel biennio formulato da Continua > 10

13 Pagina 3 < Segue Confindustria). E tuttavia, Visco non ha nascosto che «la crisi rischia di lasciare un segno permanente nelle nostre economie, ben oltre il breve termine». Dopo aver ricordato che sette anni di crisi hanno prodotto una riduzione di circa 9 punti nella produzione annuale di beni e servizi, che dal 2007 ad oggi il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato e i disoccupati sono cresciuti di due milioni di unità, il governatore si è soffermato sulle difficoltà di fondo di un' economia che già nei dieci anni precedenti alla crisi aveva mostrato un produttività totale dei fattori a crescita bassissima (0,2 per cento annuo, contro lo 0,7 medio di Eurolandia). «Per tornare a una crescita economica stabile e sostenuta ha affermato non basterà quindi uscire dall' attuale congiuntura, ma occorrerà abbattere gli ostacoli strutturali della nostra economia e società». Bankitalia da tempo nei suoi studi ne ha sottolineati molti, ha ricordato Visco. E ha elencato: «Il difetto di concorrenza nel funzionamento del mercato dei beni e servizi, la bassa efficienza della Pubblica amministrazione, il peso insopportabile della criminalità e della corruzione. Tra questi, rientra tuttavia anche una preoccupante carenza di capitale umano». Agli studenti, Visco ha citato l' esempio della Corea, che nel 1997 fu investita da una crisi drammatica, tanto che, dice, secondo il premio Nobel Paul Krugman era addirittura da ritenersi spacciata. Poi, ha raccontato, evocando ricordi personali di quando era all' Ocse, il paese decise di puntare sull' economia della conoscenza. «E così ha concluso in pochi anni un paese che ancora nel 1980 aveva lo stesso livello tecnologico del Ghana, ha investito moltissimo su scuola e nuove tecnologie e, con la Samsung, ha conquistato il mondo». RIPRODUZIONE RISERVATA R.Boc. 11

14 Pagina 7 Il lavoro alla Consulta. Depositato appena quattro giorni fa lo stop ai referendum delle Regioni per bloccare la riforma Dal 2011 la firma su 39 sentenze e 24 ordinanze. Da giudice l' ultima pronuncia sul taglio dei tribunalini ROMA L' ultima pronuncia della Corte costituzionale redatta dal giudice Sergio Mattarella oggi candidato a presidente della Repubblica è stata depositata appena quattro giorni fa, e certo non piace a Regioni e Comuni (e a molti ordini forensi) che negli ultimi anni hanno lottato contro il taglio, per ragioni organizzative e di spending review, di tribunali e uffici giudiziari sparsi sul territorio. La sentenza n. 5/2015 boccia infatti i tre quesiti referendari promossi da ben cinque regioni (con l' appoggio di altre quattro) per ripristinare i 30 tribunali e procure e le 220 sezioni distaccate di tribunale soppressi nel 2012 dal governo Monti, attraverso l' abrogazione di sedi giudiziarie elencate nelle tabelle dell' Ordinamento giudiziario (la cosiddetta geografia giudiziaria). Richiesta inammissibile, spiega la Corte, coerente con la sua giurisprudenza, «attesa l' inidoneità dello strumento referendario a raggiungere il fine» insito nei quesiti: «fare "rivivere", in tutto o in parte, le disposizioni che prevedevano gli uffici giudiziari soppressi». Avvocato e docente di Diritto parlamentare, oltre che politico di razza, Mattarella siede a palazzo della Consulta dall' ottobre del Uomo notoriamente pacato e riflessivo («Forlani, in confronto a Mattarella, è un movimentista», secondo una battuta attribuita a Ciriaco De Mita), lo stile di Mattarella si riflette nelle "sue" sentenze costituzionali (anche se è bene ricordare che le decisioni della Consulta sono sempre collegiali), generalmente chiare e poco prolisse. Anche per questo spicca, tra le 63 pronunce (39 sentenze e 24 ordinanze) firmate in qualità da relatore in poco più di tre anni alla Corte, la chilometrica sentenza n. 39/2014 sul decreto legge "Salva Enti" (Dl 174/2012), varato dal premier Monti dopo lo scandalo delle spese pazze dei partiti nelle Regioni. Obiettivo: ridurre i costi della politica e soprattutto a introdurre controlli più incisivi su attività e spese dei gruppi politici dei consigli regionali. La sentenza Mattarella salva l' impianto della legge, riconoscendo il suo carattere di norma fondamentale per «l' armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica». Ma dichiara l' illegittimità di numerose disposizioni che pretendevano di regolare le modalità e i rapporti tra giunta e consiglio regionale. Con la sentenza (99/2014), sempre firmata da Mattarella, la Corte ha invece assolto l' obbligo per i consiglieri regionali e i titolari di qualsiasi carica elettiva, di svolgere gratuitamente eventuali altri Continua > 12

15 Pagina 7 < Segue incarichi conferiti proprio in ragione della carica ricoperta, fatte salve le spese e un minimo gettone di presenza. La disposizione, introdotta da un decreto precedente, ha cercato di disboscare la giungla di indennità, gettoni, remunerazioni, costruite da pubblici apparati e gruppi politici. Negli ultimi anni, a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione, uno dei fronti caldi dell' attività della Corte, per numero delle pronunce e dei ricorsi, ha riguardato la definizione, in linea con il dettato costituzionale, degli ambiti d' azione di Stato e Regioni. Un contenzioso infinito, in cui il giudice relatore Mattarella è più volte intervenuto per dichiarare l' illegittimità costituzionale di alcune norme, soprattutto leggi regionali impugnate dal governo. Nessuno strappo, ma un fine lavoro di analisi per circoscrive nel dettaglio le singole norme, talvolta perfino le singole parole, che violano la ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni, stabilita dalla Costituzione. Nelle sentenze redatte da Mattarella non c' è traccia quindi di revirement giurisprudenziali, cambi di rotta rispetto alla linea della Corte, ma un attento lavoro di cesello per distinguere ciò che è costituzionale da ciò che non lo è. All' insegna dell' equilibrio (per Renzi, la necessaria caratteristica di un presidente della Repubblica), che tornerà molto utile se oggi il giudice, uscito dal palazzo della Consulta e attraversata la piazza, si insedierà come nuovo inquilino nel Palazzo del Quirinale. Dal Colle, potrà continuare ad ammonire il Legislatore a fare il proprio dovere, come ad esempio nella sentenza 67/2014. La Corte, si legge nella pronuncia, «non può esimersi dall' affermare l' opportunità che lo Stato provveda sollecitamente» a fissare, nel caso specifico, i criteri per le garanzie finanziere relative alla gestione degli impianti di smaltimento rifiuti, tema delle norme regionali bocciate dalla stessa sentenza. RIPRODUZIONE RISERVATA Vittorio Nuti. 13

16 Pagina 15 Vino. In arrivo un decreto del ministero. Diritti di impianto, faro su 50mila ettari Corsa contro il tempo per utilizzare le «quote» produttive del vino. Nel portafoglio delle regioni ci sono diritti di impianto (le licenze che bisogna detenere insieme alla titolarità del vigneto per produrre vino) per circa 50mila ettari. Un quantitativo pari a quasi l' 8% del vigneto Italia e che se non utilizzato entro il 31 dicembre 2015 sarà perso. Da quella data infatti le licenze lasceranno il passo al sistema delle autorizzazioni all' impianto che non potranno più essere commercializzate, ingessando così il sistema vinicolo nazionale. Il principale vincolo all' utilizzo delle licenze è il blocco della trasferibilità fra regioni previsto da quasi tutte le amministrazioni. In presenza di tale divieto un viticoltore ad esempio veneto, non può acquistare un diritto di impianto in Sicilia ma deve attingere solo alla riserva della sua regione. Col risultato che se in una determinata area non ci sono tanti imprenditori pronti a investire quante sono le disponibilità di diritti tali licenze rischiano di restare inutilizzate. Il ministero per le Politiche agricole, nei mesi scorsi, ha cercato un accordo con gli enti locali per garantire tale mobilità. E nonostante alcune regioni nelle ultime settimane, considerata l' importanza della posta in palio, abbiano provveduto a rimuovere il divieto di trasferimento, a livello di Conferenza Stato Regioni non è stato possibile definire un compromesso valido per tutti. Dopo ben tre tentativi andati a vuoto (l' ultimo per l' opposizione di Puglia, Basilicata, Marche e Abruzzo) il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, ha annunciato a breve un decreto del governo per sbloccare l' empasse. «Il decreto è urgente spiega il segretario generale dell' Unione italiana vini, Paolo Castelletti anche perché in questa situazione di blocco le quotazioni dei diritti di impianto stanno esplodendo visto che in pochi mesi siamo passati dai 3 4mila euro a ettaro degli scorsi anni a quota 10 12mila euro a ettaro. Pertanto bisogna correre ai ripari per calmierare le quotazioni e per evitare di perdere potenziale vitivinicolo». «La mancanza di una soluzione è incomprensibile aggiunge la responsabile vino di Confagricoltura, Palma Esposito anche perché mi risulta che molte regioni abbiano compreso la delicatezza della questione e abbiano in molti casi rimosso il blocco dei diritti. L' opposizione di pochi non può bloccare l' intero sistema». «Speriamo si trovi presto una soluzione aggiunge Domenico Bosco di Coldiretti anche perché il passaggio al nuovo meccanismo di gestione del potenziale ci è stato presentato come una semplificazione in grado di rafforzare la competitività del settore. Ma a giudicare da questi ritardi non credo stiamo andando a favore delle imprese del vino italiano». RIPRODUZIONE RISERVATA Giorgio dell' Orefice. 14

17 Pagina 15 Politiche per i giovani. Il valore totale delle quattro aggiudicazioni sfiora il milione??? Progetto Terrevive, assegnati i primi lotti Tre lotti in Puglia e uno in Toscana: sono stati aggiudicati i primi terreni dismessi dal Demanio. Ed entra così nel vivo l' operazione «Terrevive», lanciata dal ministero delle Politiche agricole per favorire l' accesso alla terra, in particolare ai giovani. In Puglia i tre terreni sono stati assegnati rispettivamente a 205mila euro (lotto in provincia di Taranto con base d' asta ,41); 135mila euro per un compendio di mq. a Carovigno, in provincia di Brindisi (base ,26) e sempre nel brindisino mq a euro (base ). In Toscana è stato venduto un lotto unico di 88 ettari nel comune di Monticiano (Siena) per euro (base 256mila). L' iniziativa è partita il 23 ottobre scorso con la pubblicazione sul sito dell' Agenzia del Demanio degli avvisi d' asta per 12 lotti situati in sette regioni: 1 in Lombardia, 2 in Emilia Romagna, 1 in Toscana, 1 nelle Marche, 2 in Basilicata, 3 in Puglia e 2 in Sicilia, per un totale di 500 ettari circa. I terreni in vendita hanno una base d' asta superiore a 100 mila euro, per un valore complessivo di quasi 3 milioni. Una volta esaurito il patrimonio fondiario del Demanio (2.480 ettari), si passa alla "fase 2" con i terreni del Corpo Forestale (2.148 ha) e del Centro ricerche in agricoltura (882 ha). La dismissione di oltre 5mila ettari, finalizzata ad agevolare l' accesso alla terra che con il credito rappresenta uno snodo del rilancio dell' attività produttiva, è uno degli asset della nuova strategia del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che in sede nazionale ed europea ha deciso di investire sui giovani. Il decreto prevede anche che il 20% delle superfici disponibili sia riservato all' affitto, uno strumento più a misura degli under 40 che spesso non dispongono di capitali sufficienti per acquistare terre ancora troppo care. Quanto alle modalità di vendita è previsto che per le aree agricole di valore superiore a 100mila euro si procede con il tradizionale avviso d' asta pubblica e assegnazione all' offerta più alta. Se il valore è inferiore a 100mila euro scatta la procedura negoziata e la lista viene pubblicata sul sito dell' Agenzia. Le proposte restano in «vetrina» per 90 giorni, quindi nei 45 giorni successivi vanno all' asta telematica. Intanto il ministero delle Politiche agricole ha già siglato un nuovo accordo con la conferenza delle regioni, l' Anci e l' Ismea che dà la possibilità agli enti locali di affidare al Demanio i terreni in vendita e locazione. Si partirà a marzo a conclusione delle dismissioni che molte regioni, dalla Toscana al Lazio, stanno facendo autonomamente. Ed è su questo patrimonio, più ricco e con lotti di qualità superiore, che il Mipaaf gioca la partita più importante. Continua > 15

18 Pagina 15 < Segue RIPRODUZIONE RISERVATA Annamaria Capparelli. 16

19 Pagina 16 Riforma Delrio. Le istruzioni del Governo. Province, mobilità a quattro vie per il personale milano Sono quattro le vie che l' applicazione della riforma Delrio prospetta al personale in uscita dalle Province. Ogni amministrazione dovrà misurare il «peso finanziario» dei dipendenti in eccesso entro il 1 marzo, mentre entro la fine di marzo sarà individuato l' elenco nominativo del personale interessato dalla mobilità. Calendario e procedure per passare dalle regole ai fatti sono scritte nella circolare 1/2015 elaborata dal dipartimento della Funzione pubblica e dal ministero degli Affari regionali, anticipata sul Sole 24 Ore del 29 gennaio e diffusa ieri dal Governo. Le istruzioni ministeriali, prima di tutto, traducono sul piano operativo i percorsi di mobilità del personale, che percorreranno appunto quattro strade principali. La prima è quella che porta alle Regioni, e da questo punto di vista la circolare prospetta una doppia ipotesi: in passato, infatti, alcune Regioni avevano delegato alle Province una serie di funzioni accompagnate dalle risorse finanziarie per il personale chiamato a svolgerle, e in questi casi con la riforma occorrerà fare macchina indietro. Quando invece non c' è questa premessa, scattano i meccanismi scritti nella legge di stabilità (commi ), e il trasferimento del personale in Regione sarà effettuato «a valere sulle risorse destinate alle assunzioni», cioè assorbendo gli spazi di turn over aperti dalle uscite dell' anno precedente. La seconda destinazione è rappresentata dalla Pubblica amministrazione centrale, a partire dagli uffici giudiziari di cui il Governo conferma il ruolo centrale nella riorganizzazione del personale ex provinciale. Sul punto, la circolare interviene sul bando di mobilità volontaria per posti vacanti adottato dal ministero della Giustizia il 25 novembre scorso, e specifica che la mossa serve «a riassorbire il personale degli enti di area vasta e solo in via residuale», in assenza di domande da parte di questi dipendenti, «a processi di mobilità di altro personale». Chi lavora nei servizi per l' impiego, invece, imbocca un' altra prospettiva, che secondo Funzione pubblica e Affari regionali va letta «in chiave sistematica» con il Job Act. La delega sul lavoro prevede infatti la creazione dell' Agenzia nazionale per l' occupazione, e le regole attuative della riforma si preoccuperanno di stabilire «un percorso di ricollocazione separato» per il personale dei servizi per l' impiego. Fuori dai percorsi generali di mobilità, infine, resta la polizia provinciale: «Per questo personale spiegano le istruzioni del Governo saranno definiti specifici percorsi di ricollocazione», in un disegno più complessivo che dovrebbe coinvolgere tutte le funzioni di polizia sul territorio. Per far partire questo complesso meccanismo, ovviamente, è essenziale misurare il personale da destinare alla mobilità, e quindi prima di tutto tradurre in euro il taglio del 50% (30% nel caso delle Città Continua > 17

20 Pagina 16 < Segue metropolitane e delle Province montane che confinano con l' estero) alle dotazioni organiche imposto dalla legge di stabilità. La circolare affronta nel dettaglio anche questo passaggio, e spiega che i calcoli andranno basati sul costo medio di trattamento economico fondamentale e accessorio (compresi gli oneri riflessi) di ogni categoria di personale. Una novità importante arriva poi per le Città metropolitane. La legge di stabilità (comma 420) fissa una serie di blocchi che non permettono assunzioni, contratti a termine, incarichi di studio e consulenza, accensione di mutui, spese di rappresentanza, e il Governo spiega nel documento diffuso ieri che questi vincoli si riferiscono solo alle Province. Sul personale, le Città metropolitane restano strette negli obblighi di riduzione delle dotazioni organiche, per cui l' apertura sulle assunzioni è destinata a rimanere in larga parte teorica, ma sul resto si potrebbe aprire qualche spazio di gestione. Sempre che le sanzioni per il mancato rispetto del Patto di stabilità da parte delle Province non siano applicate alle Città che subentrano ai vecchi enti: il Governo ha annunciato l' intenzione di fermare questa «eredità», ma la norma deve ancora vedere la luce. gianni.trovati@ilsole24ore.com RIPRODUZIONE RISERVATA Gianni Trovati. 18

21 Pagina 18 Dichiarazioni L' agenzia delle Entrate ha approvato le versioni definitive di tutti i modelli da utilizzare quest' anno. In Unico PF la verifica sugli 80 euro Ricalcolo del bonus Renzi Spazio allo sconto per la cultura e alla cedolare secca al 10% Via libera definitivo ai modelli delle dichiarazioni dei redditi, che dovranno essere utilizzati dalle persone fisiche, imprese individuali e professioni, società di persone, di capitali, enti non commerciali e dai gruppi con consolidato fiscale, per tassare i redditi del Sono stati pubblicati ieri sul sito internet delle Entrate, infatti, i modelli definitivi di Unico PF 2015, SP 2015, SC 2015, ENC 2015, CNM 2015 da presentare entro il prossimo 30 settembre 2015 (si veda anche l' articolo qui a fianco). Bonus 80 euro Per le persone fisiche, nel rigo RN43 deve essere ricalcolato l' ammontare del credito degli 80 euro spettante, considerando tutti i redditi dichiarati. Il credito d' imposta (massimo di 640 euro, per il 2014), infatti, spetta solo ai titolari di reddito di lavoro dipendente e assimilato, la cui imposta è di ammontare superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e a quelli con un reddito non superiore a 26mila euro. Può capitare, ad esempio, che, sommando altri redditi, non considerati dal datore, il bonus erogato da quest' ultimo risulti non spettante, in tutto o in parte. Viceversa il credito d' imposta degli 80 euro può non essere stato riconosciuto dal datore di lavoro, come è capitato ad esempio alle lavoratrici domestiche (colf) le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è un sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica (circolare 28 aprile 2014, n. 8/E, paragrafo 5). Visto di conformità In tutti i modelli per il 2014, è stata inserita una nuova casella che, per chi presenta il modello unificato (redditi e Iva), consente di attestare a quale dichiarazione, compresa in Unico, si riferisce il visto di conformità (dichiarazione dei redditi, Iva o entrambe). Questa sarebbe dovuta apparire già nei modelli dello scorso anno, dato che il visto di conformità per i redditi è operativo da quelli relativi al 2013 (si veda del 19 marzo 2104). Peraltro, il prossimo anno questa casella scomparirà, in quanto la dichiarazione Iva dovrà essere presentata obbligatoriamente in via autonoma, entro il 28 febbraio Nuovo regime forfettario Chi, il 1 gennaio di quest' anno, è passato, in automatico, dalla contabilità semplificata od ordinaria al nuovo regime forfettario, introdotto dalla legge di stabilità 2015, deve riportare in appositi righi del modello Unico PF 2015 la somma algebrica delle quote residue dei componenti positivi e negativi di reddito relativi a esercizi precedenti, la cui tassazione o deduzione è Continua > 19

22 Pagina 18 < Segue stata rinviata in più esercizi. Si pensi, ad esempio, alla rateizzazione della tassazione delle plusvalenze o della deduzione delle spese di manutenzione e riparazione. Contabilità, fatture, ddt In tutti i modelli, quest' anno, è stato aggiunto il prospetto «Conservazione dei documenti rilevanti ai fini tributari», che deve essere compilato per comunicare di aver effettuato, nel 2014, la conservazione in modalità elettronica di «almeno un documento rilevante ai fini tributari». Il rigo va compilato con il codice 2 se non vi è stata alcuna conservazione elettronica. Art bonus Il quadro RU di tutti i modelli approvati ieri è stato aggiornato con la possibilità di usufruire del nuovo credito d' imposta per le erogazioni liberali a sostegno della cultura (articolo 1, decreto legge n. 83/2014), il quale incentiva dal 2014 al 2016 gli interventi, tra l' altro, di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici. Per le erogazioni liberali, spetta un credito d' imposta del 65% per il 2014 e 2015 e del 50% il Bonus affitti bassi Nel nuovo rigo RP32 del modello Unico 2015 PF devono essere indicate le spese per l' acquisto o la costruzione di abitazioni date in locazione. Si tratta dalla nuova agevolazione in vigore nel quadriennio , che consente la deduzione dal reddito complessivo delle persone fisiche del 20% del costo di acquisto o di costruzione di abitazioni. Si può ottenere solo se entro 6 mesi dall' acquisto o dalla costruzione sia stato stipulato un contratto con un canone di importo di affitto inferiore al minore dei canoni previsti dai contratti concordati, dall' eventuale "convenzione comunale" (stipulata per il rilascio del permesso di costruire) e dall' eventuale canone "speciale" previsto per le abitazioni nei «Comuni ad alta tensione abitativa». Affitti Per i contratti di locazione a canone concordato, dal 2014 è stata ridotta dal 15% al 10% la percentuale della cedolare secca, cioè l' imposta sostitutiva dell' Irpef, che già dal 1 gennaio 2013 era stata ridota dal 19% al 15 per cento. RIPRODUZIONE RISERVATA Luca De Stefani. 20

23 Pagina 19 Sezioni unite. Cade l' accusa di concorso esterno ma il procedimento penale e quello sulla misura interdittiva sono autonomi. Il sindaco assolto resta incandidabile Il tribunale non forma la sua decisione solo su dati amministrativi. Milano Non si può comunque candidare il sindaco quando il consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, anche se è stato prosciolto dall' accusa di concorso esterno. Lo precisano le Sezioni unite civili della Cassazione con la sentenza n depositata ieri. La Corte ha affrontato il caso di un sindaco di un Comune ligure rimasto in carica fino alla sospensione e al successivo scioglimento del consiglio comunale, disposto sulla base dell' articolo 143 del Testo unico delle leggi sull' ordinamento degli enti locali. Tra i motivi di ricorso, per contestare l' incandidabilità alle successive elezioni locali, aveva trovato posto l' osservazione che il sindaco, in realtà, era stato assolto dalle accuse avanzate dalla Procura. In realtà, replicano le Sezioni unite sul punto, non solo il procedimento sulla incandidabilità è autonomo rispetto a quello penale, ma sono diversi anche i presupposti, perchè la misura interdittiva non richiede che la condotta dell' amministratore integri gli estremi dell' illecito penale di partecipazione ad associazione mafiosa di concorso esterno nella stessa. Perchè possa scattare l' incandidabilità alle elezioni, a rilevare è invece la responsabilità dell' amministratore nello stato di grave degrado amministrativo che motiva lo scioglimento del consiglio comunale; è quindi «sufficiente che sussista, per colpa dello stesso amministratore, una situazione di cattiva gestione della coda pubblica, aperta alle ingerenze esterna e asservita alle pressioni inquietanti delle associazioni criminali operanti sul territorio». E, secondo quanto è stato ricostruito dalla Corte d' appello, è proprio questo che si è verificato, visto che è stato sottolineato il mancato esercizio da parte del sindaco del potere dovere di indirizzo e controllo. E allora deve essere respinta anche l' eccezione di legittimità costituzionale proposta dalla difesa, dal momento che la misura dell' incandidabilità nell' ambito di consultazioni elettorali destinate a svolgersi nel medesimo territorio regionale del Comune il cui Consiglio è stato sciolto, rappresenta un' extrema ratio indirizzata a evitare il ripetersi di situazioni come quella censurata con lo scioglimento. I beni tutelati, sottolineano le Sezioni Unite, accanto alla sicurezza pubblica, sono quelli della trasparenza e del buon andamento delle amministrazioni comunali e il corretto funzionamento dei servizi loro affidati. Le Sezioni unite, di fronte a uno specifico motivo di ricorso, avvertono anche che è legittimo il fatto che il decreto del Tribunale con il quale è stata disposta l' incandidabilità sia fondato non solo sugli elementi Continua > 21

24 Pagina 19 < Segue alla base della proposta di scioglimento del ministero dell' Interno, ma anche, se non soprattutto, su quelli tratti dall' ordinanza del gip che aveva proceduto nei confronti dell' associazione criminale. La sentenza chiarisce che il convincimento del tribunale, chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità degli amministratori sulle condotte che hanno dato origine allo scioglimento, si fonda non solo sul provvedimento del ministero, ma anche sugli esiti probatori acquisiti, nel contraddittorio tra le parti, nel corso del procedimento penale. Via libera infine, nella lettura delle Sezioni unite, anche alla forma speciale di instaurazione del giudizio, affidata all' iniziativa del ministero dell' Interno con la proposta di scioglimento del Consiglio comunale. RIPRODUZIONE RISERVATA Giovanni Negri. 22

25 Pagina 8 Italia Oggi TOrre di controllo. Per rendere la giustizia più efficiente servirebbe un ministro della Pa all' altezza del compito. Purtroppo la Madia non lo è In risposta alle critiche che alcuni magistrati gli hanno mosso nei discorsi inaugurali dell' anno giudiziario, il premier Matteo Renzi ha detto alcune cose sacrosante: «Un paese civile deve avere un sistema giudiziario veloce, giusto, imparziale. Per arrivare rapidamente a sentenza, bisogna semplificare, accelerare, eliminare inutili passaggi burocratici, andare come stiamo facendo noi sul processo telematico (così nessuno perde più i faldoni dei procedimenti, come accaduto anche la settimana scorsa). Bisogna anche valorizzare i giudici bravi, dicendo basta allo strapotere delle correnti, che oggi sono più forti in magistratura che non nei partiti». Un' analisi breve quanto impeccabile sui mali della giustizia. Da applausi. Peccato che l' operato del governo, segnatamente del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, vada in tutt' altra direzione. La cartina di tornasole è proprio il processo telematico. Di fronte a 9 milioni di processi pendenti (5 milioni di cause civili e 4 milioni di penali), e di fronte all' evidente produttività scarsa dei magistrati (che hanno pure la faccia tosta di lamentarsi per la riduzione delle ferie da 45 a 30 giorni), anche un bambino capisce che l' unica soluzione efficace è accelerare il più possibile il processo telematico. Per questo, a partire dal 2010, per sopperire ai 9 mila buchi di organico della macchina amministrativa dei tribunali, sono stati reclutati (prima dalle Regioni, e poi dal ministero della Giustizia) circa 3 mila tirocinanti precari, i quali sono stati prima sottoposti a un adeguato periodo di addestramento, e poi inseriti nei tribunali con lo scopo di aumentarne l' efficienza. Il compito svolto da questi precari, per lo più giovani laureati e disoccupati, è stato di passare allo scanner i fascicoli dei procedimenti, smaltire gli arretrati, inserire le nuove pratiche nei computer e rispondere agli sportelli. Un lavoro prezioso, di cui si è parlato poco sui giornali, ma ben presente al procuratore generale della Cassazione, che ha sollecitato più volte il governo a «non risparmiare gli sforzi a ogni livello, anche legislativo perché le professionalità acquisite da questi lavoratori non si disperdano». Parole al vento. La ministra Madia le ha completamente ignorate. Problema di costi? Non si direbbe. Il mantenimento in servizio dei precari dei tribunali (scesi ora da 3 Continua > 23

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