IL SIGNIFICATO IMPORTANTE

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1 IL LIBERO MASO DE I COI Feudo signorile, del XIV secolo, alle pendici del monte Pelmo Recapiti: Tel SEGRET0d@donfloriano-pellegrini.191.it Comunicato n Giovedì 22 agosto 2013 IL SIGNIFICATO IMPORTANTE DELLA GIORNATA ODIERNA OSSIA, OGNI ANNO, DEL 22 AGOSTO Nella cultura attuale, disastrosamente globalizzata e pianificata dalle lobby mondialiste secondo i loro interessi di controllo delle masse al fine ultimo di controllo delle produzioni e dell uso delle ricchezze derivate, è di vitale importanza difendere, e farlo fino in fino perché è un difendersi (con essa e in essa), la cultura propria di ognuno e da parte di ognuno, soprattutto di ogni comunità storica e, pur senza profonde radici storiche, che sia comunque tale: comunità. 1 Noi di Coi sappiamo benissimo il valore della data odierna: il 22 agosto di ogni anno ci porta e fa tener desta nella memoria quella del 22 agosto 1224, che può ben essere considerato il giorno in cui la comunità di Zoldo venne riconosciuta come tale, assieme a quella dell Agordino, e comunità formata da persone libere, in grado di esprimere sé stesse in termini e in istituzioni di valenza giuridica, di natura sia privata che pubblica. Ci rendiamo sempre più conto che dobbiamo tener desta questa memoria, che dà ragione anche all esistere del piccolo ma non insignificante (tutt altro!) villaggio di Coi, allo sviluppo storico spontaneo 2 del Libero Maso, mai giuridicamente 1 Non è necessario, infatti, che una comunità per esistere sia antica e lo stesso essere antica è un elemento positivo in quanto tale carattere di storicità viene continuamente rielaborato nelle sue componenti, per comprenderle, valorizzarle negli aspetti centrali e anche in quelli secondari purché positivi, e migliorarla, anche in aspetti centrali, che si rivelassero negativi. A volte delle comunità di giovane costituzione, fresche, costituite ex novo, sono in grado di ringiovanire, con il loro vissuto autentico anche le comunità di più vecchia data. Non si tratta, in altre parole, di essere comunità antiche, storiche, importanti, ma reali, vere, anche se recenti, o di poco rilievo nelle macro-storie dei rispettivi territori e costituite da persone che non si distinguono per caratteri di straordinarietà. Il buon stato di salute del dinamismo che fa di un gruppo e di un aggregato anagrafico o sociale una comunità è sempre collegato alla circolazione della consapevolezza di sé tra i membri, che, circolando, rafforza quella dei singoli e si illumina meglio con gli apporti di ognuno e di tutti. 2 Ha un senso esprimersi così, osservando le cose dal fuori; ma, in realtà, la storia non è mai uno sviluppo spontaneo, ma interdipendente, poco o tanto, con quell elemento di volontà e soggettivo, quindi non naturale e oggettivo, che è la scelta, sia pur quotidiana e spicciola, dei 1

2 cessato 3 e, quasi da subito, conglobante famiglie che hanno condiviso il suo territorio e la sua realtà giuridica, a cominciare dalla famiglia dei masieri di Pianaz venuta ad abitare a Coi. 4 Vogliamo, e ne sentiamo il dovere, far essere e far diventare questa memoria un memoriale, il ricordare mnemonico una consapevolezza che smuove il vissuto, impedire sia ridotta da noi e da altri a cultura morta e libresca, ma permettendolo di essere quel che ha senso sia: fatto culturale incarnato nell oggi, vivente di vita presente, base di un futuro ben radicato in una identità, nella possibilità di confronto e di verifica del cammino comunitario che ciò offre e senza della cui memoria si sarebbe irrimediabilmente privi e impoveriti. suoi componenti; questo vissuto quotidiano è l humus di ogni percorso storico non traumatico. 3 Nessuna legge, infatti, e nessun provvedimento amministrativo è andato a intaccare il riconoscimento di soggetti liberi, come fuoco o famiglia, ch era stato dato o, meglio, riconosciuto (ed è una differenza importante), dal conte Gabriele III da Camino con la sentenza del 22 a- gosto 1224, a pro delle comunità di Zoldo [e non si dice Zoldano! ] e dell Agordino, e a danno del vescovo-conte di Belluno (conte non ci sono dubbi e vescovo tanto per dire) e del consiglio dei suoi nobili, che volevano spadroneggiare in Zoldo e nell Agordino, e ci riuscirono, ma, non per questo, riuscirono a trasformare gli abitanti dell Agordino e di Zoldo in loro dipendenti o schiavi; gli abitanti delle due valli, le loro famiglie (allora si badava alla famiglia o, per essere precisi, a quella realtà specifica che sono i fuochi, ancora funzionanti e riconosciuti dalla legge), continuarono a essere liberi. E molto interessante questa sussistenza di un Libero Maso, non tanto nelle forme materiali e abitative e lavorative del maso agrario o- riginario, quanto come coscienza di sé (aspetto soggettivo) e del proprio particolare status giuridico (aspetto oggettivo). E quasi incredibile questa coscienza e questo status si siano potuti perpetuare dalla seconda metà del XIV secolo ad oggi, tra tante vicende e tanto grandi mutamenti istituzionali; è come se, da dopo quel fatidico 1224, nessuna istituzione si fosse più occupata del Libero Maso allora costituito dai De Pellegrin, provenienti da Levazono; né di quello dei De Zanet, fondatori del Libero Maso di Col di Coi, famiglia però poi estintasi. Nel loro tumultuoso trasformarsi, il lontano maso ai piedi del Pelmo venne come dimenticato dai potenti. I masieri, suoi membri, discendenti dei fondatori vennero considerati durante ogni periodo di riforma istituzionale secondo una veste giuridica corrispondente alla cultura e alle categorie giuridiche del momento: nel periodo veneto ( circa) i masieri apparvero, anche a sé stessi, quali regolieri o membri della Regola Grande de I Coi; con l avvento dei comuni, furono inquadrati nella categoria di frazionisti ed essi si sentivano dei regolieri/frazionisti del neo-nato comune di Zoldo Alto, allora denominato Comune di San Tiziano; e con quest ultimo inquadramento pubblicistico, a sua volta inserito in contesti giuridici diversi e più generali, i masieri sono giunti al giorno d oggi, senza osservare, fino a pochi anni fa, che né la qualifica di regolieri, né quella post-rivoluzionaria di cittadini, aboliva, neppure in minima parte, il disposto riconoscimento della sentenza del conte da Camino. Sentenza che fa degli abitanti di Zoldo e dell Agordino dei liberi, che hanno il diritto di organizzarsi anche in ambito pubblico, se solo vogliono farlo, secondo ciò che corrisponde meglio alle esigenze dell una o dell altra comunità di valle. L esercizio di tale diritto, infatti, si attua in forma collettiva, come famiglie unite in comunità, di Zoldo o dell Agordino; ma quest esercizio, nonostante tutte le leggi apparentemente democratiche e auto-proclamatesi tali (i vincitori dicono sempre di essere dei liberatori del popolo!), non è più stato ripreso, per quanto potrebbe esserlo da un momento all altro. Noi, come Libero Maso, iniziamo a riprenderci, nel nome e nella proclamazione dello status giuridico, ciò che è nostro! Noi abbiamo incominciato, come un lievito di democrazia vera, autogestita o, come dicono coloro che si credono «in alto», di democrazia «dal basso». 4 I masieri di Pianaz non erano dei proprietari in senso completo, ma pur sempre dei liberi, in base alla citata sentenza. Erano dei coloni perpetui, per investitura enfiteutica, di un maso dell altare della chiesa cattedrale ossia vescovile di Belluno, altare dedicato all apostolo San Mattia (da non confondere con San Matteo evangelista), costituito e rimasto di giuspatronato della nobile famiglia degli Avogadro degli Azzoni (o Azzoni Avogadro). 2

3 Sottoposta agli attacchi subdoli, perché non immediatamente avvertibili, della cultura mondialista se mai cultura si può chiamare l ideologizzazione di un programma di controllo delle persone e delle loro comunità, isolando le prime e distruggendo le seconde ; minacciata con il tentativo goliardico nelle forme ma tragico nella sostanza di ridurla a folclore; ad una passeggiata sul palco della vita, a divertimento di altri, di forme svuotate di contenuti, di presenze-ombra, di macchiette tra il ridicolo e il penoso; considerata priva di colori luminosi, di forza di abbagliare per la sua bellezza, di appassionare per la sua godibilità, di scaldare con le fiamme che porta in sé; ridotta a scheletro che i tempi morti avrebbero fatto giungere sulla spiaggia dell oggi nel loro irrimediabile naufragio, la storia, l identità, la consistenza delle comunità, si affida alla nostra consapevolezza, alla nostra responsabilità, al nostro dover dire, e dirlo in libertà gioia e gratitudine: «Io voglio che tu esista, che tu continui ad esistere!». E questo lo ripetiamo oggi anche per la nostra comunità, da un po di tempo richiamata a sé stessa, ricordandole il suo nome di nascita, che è tutto suo, per quanto altri liberi masi potrebbero usarlo, nella prima parte, di Libero Maso de I Coi. In questa memoria di libertà, che ha ormai 789 anni, ci sono delle documentazioni cartacee, dei resti di abitazioni antiche, degli attrezzi da lavoro utilizzati, della fede comunitaria vissuta, persino della configurazione del suolo secondo le esigenze della coltivazione. Ci sono un archivio, un portale murato, una casa dalle porte di ferro, una chiesa, una cappellina gentilizia, i gioghi per il trasporto del fieno e l aratura, i fienili, la traccia del pozzo trecentesco, la latteria, delle pietre scavate dal lungo passaggio delle ruote dei carri, un frassino dichiarato monumentale; il profumo stesso della natura che compenetra l aria delle essenze del bosco, del fresco a- rieggiare che scende dai nevai, dai venti implacabili del febbraio, dal rosso dei tramonti e dal rosa delle albe della tarda estate e del primo autunno; un che di silenzio solenne, di attesa prolungata, di sospensione, che s è incerti se sia contemplazione o lieve rimpianto; di mescolarsi di presenze e assenze, di voci, risate, speranze, sudori, gemiti d amore, canti di gioventù, bagliori di focolare, e molto altro. Voci e segni d un mondo che s è strutturato per sé stesso e può essere accolto solo con l umiltà attenta dei saggi, la pazienza nell apprendere dei bambini, il fervore ardimentoso degli adolescenti e dei giovinetti, la mano ferma degli adulti. Uomini e donne di Coi, un po come gli altri, un po unici, come sono uniche le montagne, a guardarle solo un po meglio, per quanto ai più possano sembrare tutte simili tra loro. Luce trasparente e acqua cristallina, nei loro occhi; nelle loro mani; nella purezza del loro vivere, che aprono, che accostano, che confidano con il senso del mistero e del rispetto, della vita stessa, ch altri hanno da lungo tempo perso. E ci sono dei segni, dal parlare sommesso e robusto, come l acqua che scorre nelle cavità profonde; essi ci dicono che la libertà è questo! E solidarietà e auto-responsabilità. Possibile? Sì è così, e così lontano dalla cultura individualista, materialista e menefreghista sparataci in faccia ad ogni piè sospinto da chi dichiara di informarci delle cose che capitano e pretende di indurci a credere sarebbe bene progettarle, per il futuro, come la Grande Mente vede. Non serve pensare in altro modo, dicono; sarebbe tutta fatica inutile; e un giorno ci faranno credere che sognare, amare, giocare sono ingredienti tipici dell epoca da superare, dello stadio infantile della società; forse persino ce lo impediranno, ci colpevolizzeranno, mettendo in noi il dubbio di essere un po così, dei diversi, per il solo fatto di farlo; di farlo ancora; e prima di entrare in 3

4 fabbrica, ci chiederanno se la notte prima abbiamo sognato, ché potrebbe essere pericoloso per l idoneità professionale; e ci programmeranno tutto, persino come piangere e ridere, e perché farlo; e, se non lo faremo, arriverà una multa. Ma noi lottiamo perché ciò non accada e non ci si riduca a credere che la libertà sia una pianta sfiorita, un torrente rinsecchito, un ricordo, un eventualità troppo lontana dal potersi realizzare, un prodotto che, pur desiderato, nessun centro commerciale saprà indicarci. Già ora, io credo, l anima di troppi sta alla finestra di prigioni dorate a sospirare il cielo immacolato di un umanità conforme alle grandi aspirazioni che porta dentro; e gli s affaccia Coi, lassù, amabile possibilità di non smarrirsi, di ripartire! I nostri segni tradizionali della libertà, intesa come solidarietà e come autoresponsabilità, li vedremo un altra volta. Oggi vogliamo festeggiare, brindando al conte Gabriele III da Camino! Sentenza di Gabriele III de Camino del 22 agosto 1224 nella causa tra il comune di Belluno e gli uomini di Agordo e di Zoldo 5 Anno Domini Millesimo Ducentesimo vigesimo quarto Indict. Duodecima die decimo exeunte Augusto, presentia Domini Baldivini Bellun. Ecclesie Decani, Domini Henrieti Canonici Janathasii Canonici Jacobini Jud. de Feltre Manfredini de Castello filii q. Domini Bernardini Carli Not. Manfredini Not. Macelli claudi Not. Alberici Not. et aliorum. Nos Dominus Gabriel de Camino arbiter electus ab Domino Phylippo Dei gratia Belluni atque Feltri Episcopo et ab Domino Tisone Comite Padue et Potestate Belluni nomine communis Civitatis Bell. et pro ipso Communi et ab hominibus Augurdi et ab hominibus Zaudi prout continetur in carta meimet Matthei Not. confecta ad diffiniendum super questione collecte imposite tempore regiminis Tisonis Comitis Padue et Potestatis Bell. super quo homines Augurdi et Zaudi erant excommunicati sive interdicti per dictum Dominum Episcopum et forbanniti per dictum Dominum Tisonem comitem Padue et Potestatem Bell. et plura damna super eis data. Item quia supradicti petebant vocari et eligi ad officium Consulatus istius Civitatis sive sub Potestate sive in Consulatu sine Potestate quando Dominus Episcopus imponeret Consules in dicta Civitate sive pro Communi mitterentur similiter ad legendum Potestatem et Consules interesse collecte ponende et exigende et ad statutum Civitatis faciendum vel mutandum sive confirmandum. Super his itaque plena habita deliberatione et tractatu pro bono pacis et concordie dicimus atque diffinimus quod predicti homines Augurdi et Zaudi debeant dare et solvere de supradicta collecta projecta Domino dicto Episcopo et Potestati recipienti pro Communi Civitatis Bell. usque ad quartum diem post festum Sancti Victoris proxime venturi et sub pena sacramentorum et pene nobis commisse vel cui preciperent recipi, duo millia et centum libras den. ven. A superfluo vero predictos homines Augurdi, et Zaudi in scriptis absolvimus et dicimus quod qui non solverit ad predictum terminum proxime venturum, salva superiori pena quod teneatur in e- xpensis si unde erit alioquin ipsum Commune teneatur dare et solvere cum duplo 5 Il documento si rileva da una copia manoscritta, del 1569, conservata dalla Biblioteca Civica di Belluno (manoscritto 399, f. 305 v. e 306 r.), ricavata a sua volta da G. M. Barcelloni da un esemplare membranaceo del E stata pubblicata da F. PATETTA (Nobili e popolani in una piccola città dell alta Italia, «Annuario accademico della regia Università di Siena», a. a , p. 9 e ss., con precisazioni a p. 57, nota 17) e da don Ferdinando TAMIS (Storia dell Agordino, I; Belluno, Editore Nuovi Sentieri, 1979, p. 235); infine da Pietro MONEGO (In Val di Zoldo nel Medioevo; Centro culturale «Amicizia e Libertà», 1999, p. 153 per il testo in latino e le note sulle fonti e pp per la traduzione). Traduzione nostra. 4

5 quantitatis debiti nec valeat relaxatio bannorum Potestatis ita quod dicta Potestas non obstante nostro arbitrio sua exigat banna pro sua voluntate in illis personis non solventibus et omnes persone que non darent auxilium et consilium ad predictam collectam solvendam subjaceant prefatis bannis Potestatis non obstante nostro auxilio. / Item dicimus et pronuntiamus quod debeant vocari ad electionem Potestatis et Consulum tali modo quod duo homines illarum terrarum anuatim omni anno habeant Consulatum quando erit Regimen et Consulatus in terra ista et in quatuor annis sint Augurdinenses et in quinto anno Zaudonenses. Item dicimus et pronuntiamus quod duo homines Augurdi et duo Zaudi quando fiunt sive fient collecte per Dominum Episcopum sive pro Communi Civitatis Bell. sint ad ponendas collectas et eas exigendas in suis terris cum illis personis que mitterent sive imponerent collectas per Dominum Episcopum et Comitem vel per Commune sive per Potestatem. Actum Civitatis in Curia Majori Belluni. Ego Mattheus sacri palatii Not. interfui rogatus et duas cartas inde uno modo et tenore ex precepto Domini Gabrielis de Camino bona fide scripsi. Nell anno del Signore 1224, indizione dodicesima, il giorno 22 agosto, alla presenza del Signor Baldovino, Decano della Chiesa di Belluno, del Signor Enrieto, Canonico, di Gianatasio, Canonico, di Giacomino, Giudice di Feltre, di Manfredino de Castello, figlio del fu Signor Bernardino, di Carlo, Notaio, di Manfredino, Notaio, di Ma[r]cello di Claudio [?], Notaio, di Alberico, Notaio, e di altri. Noi Signor Gabriele de Camino, arbitro eletto dal Signor Filippo, per grazia di Dio Vescovo di Belluno nonché di Feltre, e dal Signor Tisone, Conte di Padova e Podestà di Belluno, [i quali agiscono] in nome del comune della Città di Belluno e nell interesse di detto Comune, e [eletto] dagli uomini di Agordo e dagli uomini di Zoldo, come si rileva in un documento stilato da me stesso, Matteo, Notaio, [ed eletto] per pronunciar sentenza sulla questione dell imposta stabilita al tempo del governo di Tisone, Conte di Padova e Podestà di Belluno, per il qual motivo gli uomini di Agordo e di Zoldo erano stati scomunicati ovvero interdetti da detto Signor Vescovo ed erano stati posti al bando da detto Signor Tisone, Conte di Padova e Podestà, ed erano state inflitte molte altre restrizioni. E, inoltre, poiché i detti [uomini] chiedevano di essere chiamati ed eletti all ufficio del Consolato della stessa Città, sia quand è diretta da un Podestà, sia quand è sotto il governo del Consolato, per assenza del Podestà, e sia quando il Signor Vescovo abbia ad imporre Consoli in detta Città, sia quando siano designati a nome del Comune, [e,] similmente, [siano eletti sia nel momento] di eleggere il Podestà e i Consoli, quando vi sia bisogno di imporre o riscuotere una tassa, e per stendere, modificare o approvare lo statuto della Città. Avendo dunque avuti sopra questi punti una matura riflessione ed esame, al fine di riportare la pace e la buona armonia, dichiariamo e stabiliamo che i predetti uomini di Agordo e di Zoldo dell antecedente imposta debbano dare e versare al Signor Vescovo e al Podestà, che riscuoterà in nome del Comune della Città di Belluno, [e dare] entro il quarto giorno dopo la prossima festa di San Vittore [=14 maggio], sotto pena di essere esclusi dai sacramenti ed una [ulteriore] ammenda che ci riserviamo [di imporre] e alla quale dovranno sottostare, lire in denari veneziani. Con questo scritto, assolviamo, in vero, dal[l obbligo di pagare il] di più [dell imposta] i ricordati uomini di Agordo e di Zoldo, ma stabiliamo che quanti non versi [il dovuto], entro il predetto termine prossimo venturo, ferma restando l ammenda sopra menzionata, sia tenuto [al pagamento] delle spese in cui si incorrerà; altrimenti il Comune stesso sarà in obbligo di dare [il dovuto] e fare il versamento in quantità doppia del debito, né potrà essere invocata [a proprio pro] l emissione di [eventuali altre] sanzioni [da 5

6 parte] del Podestà, cosicché il detto Podestà potrà esigere, indipendentemente dalla nostra volontà, le sue sanzioni [imposte] alle persone insolventi, e [pure] tutte le persone che non offriranno aiuto e informazione per raccogliere detta tassa, incorreranno nelle indicate sanzioni del Podestà, sebbene [siano ricorse al] nostro interessamento. / Egualmente, diciamo e stabiliamo che [gli uomini di Agordo e di Zoldo] debbano essere convocati all elezione del Podestà e dei Consoli in modo tale che due uomini di quelle zone rivestano ogni anno, e per tutto l anno, l ufficio di Console, quando ci sarà Governo e Ufficio di Consolato in questa stessa terra, e [stabiliamo] che per quattro anni siano Agordini e nel quinto anno Zoldani. Così pure diciamo e stabiliamo che due uomini di Agordo e due di Zoldo, quando sono fatte o meglio saranno raccolte delle tasse, ad opera del Signor Vescovo o a pro del Comune della Città di Belluno, siano presenti, nelle loro terre, al [momento di] imporle e di riscuoterle, con quelle persone che metteranno ossia imporranno le tasse su incarico del Signor Vescovo e Conte o del Comune cioè del Podestà. Stilato nella Curia Maggiore della Città di Belluno. Io Matteo, Notaio del sacro palazzo, fui presente, [come] richiesto, ed ho scritto fedelmente due copie, della stessa forma e del medesimo contenuto, su comando del Signor Gabriele de Camino. 6