IL RISCHIO DI NON AUTOSUFFICIENZA PER GLI ANZIANI TRA RISPOSTE PUBBLICHE E PRIVATE

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1 IL RISCHIO DI NON AUTOSUFFICIENZA PER GLI ANZIANI TRA RISPOSTE PUBBLICHE E PRIVATE Tesi di laurea di Marialuisa Nicotra SLIDE 1 Nell ambito del primo capitolo ci siamo concentrati sull analisi del processo di invecchiamento, che merita oggi notevole attenzione non soltanto dal punto di vista demografico, ma anche per le conseguenze politiche, sociali, economiche che esso comporta. Il processo di invecchiamento della popolazione consiste nella diminuzione del numero e della proporzione delle persone giovani e nel parallelo aumento del numero e della proporzione delle persone anziane (Golini, 2003). Abbiamo visto come questo fenomeno è fortemente collegato alle moderne trasformazioni demografiche, che si sono prodotte a partire dalle transizioni demografiche: La prima ha visto una diminuzione progressiva dei livelli di mortalità, soprattutto grazie alla scomparsa dei fenomeni epidemici, e l allungamento della speranza di vita alla nascita. La seconda caratterizzata da un altrettanto progressiva diminuzione dei tassi di fecondità che nei paesi sviluppati si attesta al di sotto della soglia di rimpiazzo, conducendo ad un tasso di crescita naturale negativo. Tale fenomeno fu determinato anche da cambiamenti della famiglia che hanno avuto luogo a partire dal secondo dopoguerra. In questo lavoro si considererà anziano chi ha più di 65 anni, accogliendo quindi la definizione dell Istituto Nazionale di Statistica italiano (ISTAT). SLIDE 2 UE L Unione Europea sta affrontando in questi anni trasformazioni demografiche senza precedenti che hanno già avuto - e continueranno ad avere nelle prossime decadi - un forte impatto sul sistema sociale, sui modelli di consumo, sugli stili di vita e sul mercato del lavoro. I fenomeni sopra riportati hanno caratterizzato la realtà di tutti i paesi Europei e tale trend demografico determina serie conseguenze da un punto di vista economico e sociale in diversi ambiti e, in particolare, sui sistemi sanitari e assistenziali dei vari stati membri. SLIDE 3 Lo scenario di Eurostat per il 2050, relativo alle proiezioni sulla popolazione del Vecchio

2 Continente, prevede che i paesi dell UE si ritroveranno con 15 milioni di bambini (di età compresa tra 0 e 14) in meno rispetto al 2005; ci sarà, inoltre, un incremento di circa 4 milioni delle persone di età compresa tra i 55 e i 64, e soprattutto la stima più significativa riguarda la previsione di 51 milioni di cittadini di età superiore agli 80 anni! In pratica, mentre oggi la percentuale della popolazione dei paesi dell UE dai 65 anni in su si aggira intorno al 17%, Eurostat prevede che questo dato si innalzerà intorno al 30% nel Secondo le proiezioni Eurostat, l ampiezza relativa della fascia di popolazione in età lavorativa subirà una riduzione ed, entro il 2050, l attuale rapporto di 4 a 1 tra le persone in età lavorativa e quelle di età superiore a 65 anni passerà a 2 a 1. SLIDE 4 ITALIA L Italia è la nazione con la più alta percentuale di anziani. La popolazione ultra sessantacinquenne in Italia ha raggiunto, il 1 gennaio 2008, il 20,1% del totale, il che equivale a dire che nel nostro Paese vivono oltre 11,9 milioni di persone anziane. L 80,7% delle persone definite non autosufficienti ha un età superiore ai 65 anni e ben il 64,6% ha un età superiore ai 75 anni (Istat, 2009). A queste percentuali, possiamo aggiungere il dato numerico relativo alle persone anziane non autosufficienti, che, nel corso degli anni, ha continuato a crescere passando da meno di 2 milioni nel 1994 a 2,14 milioni nel 2005 (Istat, 2007). È questa la realtà che fa da sfondo al presente lavoro di tesi. Nello scenario demografico attuale, il nostro paese si caratterizza per: Un tasso di fecondità tra i più bassi al mondo, che nel 2007, si è attestato su una media di 1,3 figli per donna in età fertile. La più alta speranza di vita per entrambi i sessi tra i paesi europei. I dati Istat relativi al 1 gennaio 2007 confermano una dinamica demografica della popolazione italiana che non ne cambia il profilo strutturale rispetto al passato. Gli individui con 65 anni e più costituiscono il 19,9% della popolazione (erano il 17% nel 1997), mentre i giovani fino a 14 anni sono il 14,1% (15% nel 1996). La popolazione in età attiva (15-64 anni) è pari al 66% (68% nel 1996). L età media della popolazione si avvicina ai 43 anni, aumentando così di due anni rispetto al 1996; il rapporto tra le vecchie e le nuove generazioni ha raggiunto invece il 142% rispetto al 117% del 1996.

3 SLIDE 5 Vengono, dunque, prese in considerazione sia le persone anziane, la cui autonomia motoria o psichica è ridotta o, addirittura, azzerata, sia le persone che, per altre cause, a prescindere dall età anagrafica, si trovano nella medesima condizione. Tuttavia, essendo questo elaborato rivolto allo studio del legame esistente tra la non autosufficienza e il fenomeno dell invecchiamento della popolazione, la nostra attenzione sarà rivolta maggiormente alle problematiche relative alla condizione di non autosufficienza degli anziani. Inoltre, una definizione di natura funzionale è quella proposta da CNEL che fa riferimento alla capacità della persona di svolgere autonomamente o meno le funzioni essenziali della vita quotidiana: Persona non autosufficiente, quindi, è colei che richiede un intervento assistenziale permanente e continuativo, sia nella vita individuale che di relazione e che, in base a tale criterio, ha bisogno d aiuto, anche in parte, per svolgere attività essenziali (alzarsi da un letto o da una sedia, lavarsi, vestirsi, ecc...) 1 Queste persone vivono prevalentemente in famiglia. Il nostro paese, infatti, si caratterizza, nel contesto internazionale, per avere livelli più bassi di istituzionalizzazione rispetto al resto d Europa. I confinati in casa o in istituto sono circa il 2% della popolazione, ma tra le persone ultra ottantenni la quota di confinati, che vivono in un letto o comunque non possono muoversi da un abitazione 2, raggiunge il 4% 3. Il fenomeno dell allungamento della vita espone i cosiddetti grandi vecchi e le loro famiglie ad una condizione di rischio o di forte difficoltà nel dover affrontare l insieme di esigenze, da quelle di tipo socio-sanitario a quelle più prettamente relazionali, che le fasi di vita non autosufficiente degli anziani pongono. Un aspetto fondamentale, legato alla situazione demografica, riguarda non solo l invecchiamento degli individui, ma anche l incrocio tra il loro stato civile e la loro condizione familiare di residenza, distinguendo opportunamente quelle che sono state chiamate famiglie di o famiglie con anziani (Taccani, 1994). Possiamo riconoscere sostanzialmente tre stati di famiglia, a partire da un dato per cui poco meno dei due terzi degli over 65 continuano ad avere un coniuge convivente, mentre la restante parte è sola (in quanto vedovo/a, celibe/nubile, sparato/a, divorziato/a): Le famiglie di anziani, cioè quelle composte da tutti membri ultra sessantacinquenni, cioè perlopiù basate sulla coppia di coniugi anziani conviventi, rappresentano il 37,5%. 1 CNEL, Dati istat La disabilità nelle funzioni è il problema più pervasivo, riguarda oltre persone e, mentre il dato medio è del 3%, oltre i anni si sale enormemente; ci sono poi le disabilità del movimento e le disabilità sensoriali, le prime sono circa mentre le seconde

4 Le famiglie con anziani, in cui si ritrova la coabitazione di uno o più figli con la coppia di genitori anziani si presentano con un valore pari al 20,8%, mentre di un/a anziano/a rimasto solo con i figli e la loro eventuale famiglia rappresenta il 18,1%. Gli anziani che vivono soli sono il 23,6% 4. Appare naturale come tali differenti organizzazioni familiari chiamino in causa diverse opzioni di caring. Queste ultime, infatti, dipendono soprattutto dalle combinazioni disponibili tra risorse economiche e relazionali, anche alla luce delle stime di reddito pro-capite degli anziani che nel 2001 vedevano un oltre 59% al di sotto dei mille ero mensili (Pasquirelli Barbot, 2001). Il crescere, quindi, all interno della popolazione anziana, soprattutto di quella fascia considerata critica in base al fenomeno della perdita di autosufficienza, ha sempre più delineato nel tempo l emergere di una domanda importante. SLIDE 6 FAMIGLIA La famiglia, intesa come istituzione sociale dedita a fornire in prima istanza assistenza ed aiuto ai componenti in difficoltà, è stata protagonista negli ultimi anni di profonde trasformazioni. Tali mutamenti, pur non rappresentando l unica variabile del problema, hanno determinato un influenza rilevante nel fenomeno dell assistenza agli individui non autosufficienti, sia alla luce del fenomeno della disgregazione familiare 5 che dei cambiamenti demografici, i quali hanno influito non poco sulla composizione delle forme di assistenza formali ed informali. In merito a quest ultimo dato si è verificato, infatti, un aumento consistente del numero di anziani che fanno ricorso alla struttura formale di assistenza. Le ragioni già sopra descritte, possono essere riassunte in tre fenomeni principali: 1. L aumento del numero delle persone che vivono da sole. Gli anziani da soli ed abbandonati, con rapporti parentali occasionali e distaccati, si ammalano con maggior facilità. La solitudine, la mancanza di un appoggio o di un sostegno morale producono un indebolimento psicologico nel soggetto che conduce alla perdita di autonomia e, quindi, ad un anticipata socializzazione al ricovero (Micheli, 1997). 2. La scomparsa dei nuclei estesi. In passato, la famiglia era numerosa ed unita. Coloro che divenivano non autosufficienti, erano curati con attenzione da tutto il nucleo familiare. La responsabilità non era trasferita, unicamente, sulle spalle dei familiari più stretti, bensì la solidarietà di molti si spingeva oltre il 4 Istat, Indagine Multiscopo sulla famiglia Italiana, 2005/ Inteso come aumento del numero delle famiglie e drastica riduzione del numero dei componenti all interno di ciascuna di queste.

5 mero vincolo familiare. In questo modo l assistenza ai malati non autosufficienti era garantita, prevalentemente, da una struttura informale forte e ben radicata nei costumi popolari. L evoluzione della società ha condotto alla disgregazione della famiglia. Se, nel passato, l assistenza informale era il frutto dell impegno di più persone, oggi l assistenza può essere garantita da un parente stretto o, al massimo, da un nucleo familiare. Aumenta, quindi, l onere e aumenta la responsabilità di ogni singolo individuo facendo risultare inevitabile un maggior ricorso all assistenza formale. 3. L aumento del tasso di occupazione femminile. Accanto alla disgregazione del modello familiare, si è affermato, e diventa sempre più concreto, un maggiore impegno delle donne in campo lavorativo. In Italia è aumentato il numero di donne che lavorano e che raggiungono l indipendenza economica. Dal momento che, nella maggioranza dei casi, sono le donne ad offrire assistenza informale, l aumento del tasso di occupazione femminile rappresenta un ulteriore causa di diminuzione dell assistenza informale (CNEL 2003). Queste sono le molteplici ragioni che hanno fatto sì che una quota sempre crescente di servizi di assistenza sia passata dall erogazione in ambito informale a quella in ambito formale. Anche in questo caso, dati e conseguenze, variano a seconda del territorio. E corretto pensare ad una riduzione dell assistenza informale meno consistente al Sud che al Nord Italia, per due motivi. In primo luogo, il tasso di disoccupazione è più elevato al Sud e penalizza maggiormente la componente femminile della popolazione: quindi rappresenta un ostacolo all emancipazione femminile ed un incentivo al ruolo di casalinga a tempo pieno. La seconda ragione è di carattere familiare: al Sud la disgregazione familiare è meno accentuata, seppur molti giovani abbandonino queste zone per trasferirsi nel Nord del Paese in cerca di lavoro. In ogni caso, le importanti modificazioni economiche e sociali in corso nella società italiana, fanno sì che la tradizionale rete familiare di sostegno ai non autosufficienti tenda a venir meno, determinando una quota crescente di assistenza che deve essere erogata da strutture formali. Nei prossimi capitoli, analizzeremo quale sia la portata di tale fenomeno, come esso si stia concretamente realizzando in Italia e non solo, e quali siano gli strumenti attualmente presenti e quali quelli auspicabili per fronteggiare le conseguenze di tali trasformazioni. SLIDE 7 Abbiamo visto come la questione dell assistenza ai n.a. rappresenti un nodo critico nell ambito delle politiche sociali di tutti i paesi europei. Ciascuno stato, pertanto, ha deciso di farvi fronte in maniera differente ed in base alle caratteristiche ed ai principi alla base delle varie politiche sociali.

6 Guardando quindi alle varie esperienze internazionali ho deciso di analizzare quella tedesca, che indubbiamente appare una delle proposte più complete che siano state realizzate fino a questo momento per affrontare il problema in questione. Nel 1994 la Germania ha cercato, pertanto, di affrontare in maniera innovativa il problema dell assistenza alle persone non autosufficienti, creando un nuovo schema assicurativo rivolto ai cittadini tedeschi che necessitano di cure assistenziali permanenti o per periodi di tempo prolungati. Tale modello è il risultato di un dibattito sul tema dell assistenza sviluppatosi già a partire dagli anni 70 e che aveva tra i suoi obiettivi quello di alleggerire il carico economico per l assistenza di competenza degli enti locali. Le caratteristiche del Fondo Previdenziale pubblico di assistenza agli individui non autosufficienti creato in Germania nel 1994, possono essere così sintetizzate: il sistema copre l intera popolazione; Il sistema di gestione del Fondo Previdenziale di assistenza è un sistema a Ripartizione: Questo tipo di sistema permette di ripartire equamente il rischio tra tutti gli iscritti esaltando e mettendo in pratica il principio di solidarietà sia a livello intergenerazionale che intragenerazionale. Infatti, un sistema gestito a Ripartizione permette di tutelare i soggetti maggiormente a rischio, quali anziani e persone già affette da patologie, evitando loro di dover sostenere costi aggiuntivi rispetto all entità del contributo, calcolato invece in base a parametri prestabiliti. il sistema è finanziariamente autosufficiente e non richiede interventi pubblici; i contributi crescono in base alla fascia di reddito e pertanto sono sostenibili anche per le fasce economicamente più deboli della popolazione; l assistenza volontaria viene equiparata sotto il profilo pensionistico ed infortunistico a qualsiasi attività retribuita; Lo stato di bisogno viene riconosciuto a livello nazionale attraverso quattro categorie (igiene personale, alimentazione, mobilità e faccende domestiche) e, ai fini dell erogazione delle prestazioni, sono stati previsti tre livelli di necessità; le prestazioni assistenziali si integrano con quelle sanitarie: da un punto di vista organizzativo, gli enti incaricati di gestire il Fondo Previdenziale di assistenza sono le cosiddette Casse di Assistenza : enti autonomi di diritto pubblico istituiti presso le Casse Mutue di Malattia, dotati di una gestione propria e sottoposti a vigilanza pubblica.; in questo modo è stata evitata la creazione di un costoso apparato burocratico grazie all aggancio con le Casse di Malattia; vengono combinate in maniera efficace prestazioni in denaro ed in natura;

7 vi sono margini d intervento per la previdenza privata. (elemento di forte innovazione) Aspetti negativi: il difetto principale di un sistema basato sul principio della Ripartizione è dato dal rischio che l andamento demografico produca un aggravio crescente di costi sulle generazioni future. l impatto sulle modalità di funzionamento e sulle caratteristiche dell assistenza. CONCLUSIONI Con l introduzione della Pflegeversicherung, la non autosufficienza ha avuto, in Germania, un riconoscimento legale come rischio generale della società. Tale riforma appare una risposta moderna ai cambiamenti cui il mondo occidentale è andato e sta tuttora andando incontro. Nel panorama delle politiche sociali europee, il sistema assicurativo tedesco rappresenta una delle esperienze più innovative, sia per la concezione del suo impianto istituzionale, sia per la platea di soggetti coinvolti: infatti, esso vede da un lato l entrata in scena di attori del privato quali i fornitori a scopo di lucro e le compagnie assicurative, dall altro la diminuzione del ruolo giocato dagli enti locali sia come finanziatori sia come fornitori di servizi. SLIDE 8 In Europa, l eterogeneità che caratterizza l organizzazione dei sistemi di protezione sociale all interno dei diversi stati, fa sì che la quantità di denaro pubblico destinata a questa funzione vari da un paese all altro, così come la distribuzione delle risorse tra l una e l altra misura specifica (ad esempio le pensioni piuttosto che la disoccupazione). Tali differenze dipendono da diversi fattori, quali i livelli di ricchezza, le politiche nazionali, gli andamenti demografici, i tassi di occupazione e da altri aspetti sociali, istituzionali ed economici. La spesa sociale per funzioni indica che le voci più consistenti sono quelle per vecchiaia e sanità, in particolare, la voce maggiore è la vecchiaia (40%), mentre la spesa per la sanità è pari al 29,2% della spesa complessiva. Seguono la spesa per le misure di sostegno alla famiglia (8%), per l invalidità (7,5%), per superstiti (6,2%) e per i sussidi contro il rischio di disoccupazione (5,6%). Le spese per l abitazione e per le misure volte a prevenire e attenuare fenomeni di esclusione sociale sono di entità molto ridotta. L Italia si colloca molto in basso nella graduatoria europea per quello che concerne la spesa per famiglia, disoccupazione, casa ed esclusione sociale. Per il sostegno della famiglia l Italia spende l 1,2% del Pil contro il 2,1% della media dell Unione. In percentuale sulla spesa sociale complessiva il nostro paese è quello che spende di meno, 4,4% per il sostegno alla famiglia, superata anche da tutti i paesi dell allargamento.

8 Il risultato di questa assenza di politiche è la minore efficacia della spesa sociale italiana nel ridurre il rischio povertà e rispondere ai bisogni di assistenza rispetto agli altri paesi della UE. SLIDE 9 A LA LEGISLAZIONE ITALIANA IN TEMA DI NON AUTOSUFFICIENZA Ciò che manca, in realtà, sono delle politiche nazionali capaci di fronteggiare efficacemente l assistenza di lunga durata. Long Term Care (LTC): varietà di servizi ed interventi, sociali e sanitari, forniti con continuità a persone che hanno bisogno di assistenza costante a causa di disabilità fisica o psichica. Questi possono essere forniti in strutture residenziali, a domicilio o nel territorio e comprendono assistenza informale offerta da familiari o da altri, così come servizi professionali forniti da singoli o da organizzazioni (Institute of Medicine, 1986). In altri termini, la Long Term Care persegue l obiettivo di soddisfare il bisogno assistenziale, di natura continuativa, determinato dall insorgere della non autosufficienza. Eccezion fatta per l Indennità di accompagnamento che risulta essere l unico intervento assistenziale omogeneo su tutto il territorio nazionale a favore dei soggetti non autosufficienti. L indennità di accompagnamento è un contributo economico erogato a favore della "persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita" e di chi, a prescindere dall età e dalle condizioni economiche, presenti totale disabilità e bisogni di cura continuativa (Da Roit, 2006). Se, infatti, in Sanità i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), introdotti con il Decreto 229/1999 e con il Dpcm 29/11/2001, definiscono quali sono i servizi e le prestazioni che possono essere forniti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) su tutto il territorio dello stato in maniera uniforme, per quanto riguarda i servizi e gli interventi sociali, in altri termini l Assistenza, non esistono di fatto dei livelli essenziali capaci di garantire tale uniformità. Infatti, i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), previsti dalla Legge del 2000, vengono indicati attraverso una definizione generica. In pratica, tale legge, oltre a non fornire nuove norme in tema di esigibilità, dà una definizione dei LEP finanziariamente condizionata e scarsamente operativa (Saraceno, 2005). Infatti, ad ormai diversi anni dall entrata in vigore della Legge 328, l individuazione dei LIVEAS (Livelli essenziali 6 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

9 dell assistenza sociale), da affidarsi alla responsabilità della Conferenza Stato-Regioni- Comuni, non è ancora stata effettuata. Con la riforma del Titolo V 7, l assistenza diviene materia esclusiva delle regioni e allo stato è attribuita la funzione di determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale (Capp, 2006). In questo modo i LEP assumono un nuovo significato e potenzialmente un ruolo importante, in quanto devono definire quanto un cittadino, con un determinato grado di bisogno, deve attendersi, indipendentemente dalla regione o dal comune di residenza. Tuttavia, ancora oggi, la nozione stessa dei LEP non risulta precisamente definita, essa è infatti oggetto di giurisprudenza costituzionale e di discussione; inoltre, le caratteristiche dei servizi e l arretratezza dell offerta dei vari settori sociali rendono l applicazione dei LEP di difficile attuazione. B UNA VALUTAZIONE DEGLI ISTITUTI ASSISTENZIALI ITALIANI Da ormai diversi anni, le politiche assistenziali rivolte alla popolazione anziana si trovano di fronte ad un paradosso: in pratica, in un momento in cui le risorse finanziarie ed organizzative a disposizione delle politiche pubbliche paiono destinate a diminuire, esse si trovano a fronteggiare una poderosa crescita della domanda sociale. - scarsa integrazione - inadeguatezza dello sforzo pubblico - frammentarietà legislativa - forte eterogeneità tra le regioni rispetto all offerta - incertezza nel rapporto tra finanziamento pubblico e offerta privata SLIDE 10 Nel nostro Paese l assistenza degli anziani si è fondata sinora su un sistema misto, che vede la compresenza di un offerta pubblica e privata e di un ampio lavoro di cura di tipo domesticoinformale. Ciò che è emerso chiaramente dall analisi è che le caratteristiche principali di questo sistema sono sostanzialmente tre. 1) un intervento pubblico nei confronti della popolazione anziana ancora troppo scarso, e ampiamente sbilanciato verso l erogazione monetaria a scapito della fornitura di servizi in kind, incapace di raggiunge l intera platea degli aventi diritto. L Italia, infatti, dispone di un sistema 7 Legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.

10 assistenziale di tipo residuale, scarsamente sviluppato rispetto alle componenti più forti del nostro sistema di welfare (nella fattispecie Previdenza e Sanità). 2) un offerta privata di servizi assistenziali fondata in gran parte sul mercato nero. Di fatto, i limiti di sviluppo dell offerta pubblica e le trasformazioni intervenute nella struttura familiare e nella composizione demografica della popolazione hanno sollecitato, nel nostro Paese, la crescita di un ampio mercato privato di cura. Gran parte di questo mercato è costituito da lavoratrici individuali che, però, operano in assenza di un regolare contratto di lavoro. Le motivazioni alla base di questo fenomeno possono essere ricondotte, da una parte ad una scelta, operata dalle famiglie, di figure in grado di garantire una certa flessibilità nell erogazione delle prestazioni a costi inferiori rispetto ai servizi formali forniti da organizzazioni strutturate, dall altra, da una legislazione fiscale e da politiche migratorie che, finora, ne hanno ostacolato la regolarizzazione. In Italia, infatti, la funzione delle famiglie quali potenziali datori di lavoro fatica ancora ad essere riconosciuta e, solo oggi, trova qualche margine di sviluppo. 3) vi è ancora un forte affidamento sulle responsabilità di cura dei familiari che, per i motivi sopra riportati, non risulterà essere perseguibile ancora per molto. Alla luce di questi elementi, da ormai diverso tempo, si è fatta strada in Italia la necessità di mettere mano ad una riforma strutturata dell assistenza che tenga in considerazione i rischi legati allo stato di non autosufficienza, in particolar modo per gli anziani, che appare, ormai, fondamentale e di non più rimandabile attuazione. Obiettivo generale: ricondurre la necessità di cure di lunga durata ad un normale rischio della vita, tale da non implicare costi insostenibili per il singolo individuo. Alla base di questa constatazione, oltre a riconosciuti motivi di equità ed efficienza, vi sono, da una parte, il tentativo di ridefinire finalità e modalità di intervento del settore pubblico tali da determinare l assunzione di nuove responsabilità di garanzia, controllo e sostegno economico da parte di quest ultimo; dall altra, l introduzione di meccanismi competitivi e di forme di regolazione contrattuale nei rapporti tra finanziatori, acquirenti e fornitori; ed infine, il conferimento di maggiori possibilità di scelta per gli utenti tra strumenti di acquisto (assegni di cura o voucher) e servizi forniti dalle strutture pubbliche (assistenza domiciliare e residenziale). Obiettivo specifico: necessità di un intervento pubblico, volto a rendere obbligatoria una forma assicurativa o quantomeno a predisporre strumenti ad hoc per affrontare la questione, fondata su una valutazione di meritorietà che lo stato opera in vece e per conto dei cittadini (Rebba, 2006). Considerando la situazione attuale, si fa strada anche per l Italia l ipotesi di un allargamento dello spazio dell azione pubblica nel settore LTC. Una volta che sarà meglio definito l intervento pubblico al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza alle persone non autosufficienti, le

11 compagnie di assicurazione e i fondi potranno orientarsi verso forme di copertura addizionale o complementare e il mercato potrebbe svilupparsi in ragione dell aumentata consapevolezza riguardo al rischio di non autosufficienza residuo non coperto dallo schema pubblico (Gori, 2006). Di fatto, fino ad oggi, la mancata definizione di uno schema pubblico di copertura universale e obbligatoria del rischio di non autosufficienza ha determinato una situazione di estrema incertezza circa i limiti dell intervento pubblico e di conseguenza circa gli spazi lasciati alla possibile copertura assicurativa privata volontaria. SLIDE 11 A Tale riforma ha il compito di: Accrescere l impegno pubblico nei confronti dei non autosufficienti attraverso il reperimento di nuove risorse, l ampliamento della platea dei beneficiari e la ridefinizione delle politiche sociali in materia, attraverso lo sviluppo di un ottica progettuale maggiormente organica; Ampliare l offerta di servizi ed interventi soprattutto attraverso una maggiore integrazione tra sociale e sanitario, in particolar modo nell ambito della non autosufficienza dove i confini tra le due materie appaiono molto labili; Definire uno strumento di valutazione multidimensionale, dello stato di non autosufficienza, unico e valido su tutto il territorio nazionale; Rafforzare il governo della rete locale di welfare, in modo che essa possa garantire continuità accompagnando l utente in ogni fase della propria esperienza di bisogno tutelando anche le situazioni di maggiore difficoltà; Garantire una presa in carico ed un percorso assistenziale, caratterizzato da un progetto personalizzato e condiviso con l utente e con la sua famiglia; Definire livelli essenziali delle prestazioni assistenziali che siano esigibili ed uniformi su tutto il territorio nazionale; Apportare modifiche in merito all erogazione dei trasferimenti monetari, con particolare riferimento alla necessità di ridisegnare l indennità di accompagnamento. Quest ultima, in quanto principale strumento di sostegno nell ambito delle attuali politiche rivolte agli anziani non autosufficienti, appare assolutamente inadeguata rispetto al grado di copertura dell utenza e non più adatta in termini di efficacia e di efficienza, soprattutto alla luce delle ingenti risorse che in essa vengono investite. Costruzione di un sistema unitario di assistenza continuativa caratterizzato da una maggiore

12 integrazione nel governo della rete, nel profilo dell offerta e nelle linee di finanziamento. B Tuttavia, abbiamo visto come, nonostante le numerose proposte, tale riforma nazionale non è ancora stata attuata. Dall analisi effettuata emerge chiaramente la necessità di realizzare dei programmi per la non autosufficienza che siano il più possibile completi, nell ambito dei quali, cioè, siano pienamente specificati i diritti dei beneficiari (esigibilità dei diritti), le responsabilità degli attori che devono offrire i servizi, le modalità di controllo e le eventuali sanzioni (adeguatezza della capacità produttiva), le fonti del finanziamento necessarie per sostenere l intera gamma dei servizi previsti da un eventuale piano attuativo (copertura finanziaria), in un arco temporale sufficientemente ampio (sostenibilità finanziaria) (CAPP, CER, Servizi Nuovi, 2003). Partendo da questi presupposti, ci siamo resi conto che i modelli di riforma presentati in questi anni nelle varie proposte di legge non possono definirsi completi, dal momento che le risorse necessarie per il sostegno dei programmi non risultano definite all interno di un quadro rigoroso. È necessario che il trattamento della non autosufficienza assuma un carattere multidimensionale ed interdipendente, offrendo non solo prestazioni sociali, sanitarie e abitative, ma riconoscendo una specifica funzione ai fattori relazionali, psicologici, ambientali. In altri termini non si tratta di offrire prestazioni rigide e preconfezionate, ma di collocare, al centro della progettazione del sistema dei servizi, la persona e le sue esigenze, per offrire a tutti l opportunità di vivere nel modo più consapevole, attivo e partecipe possibile. C L ATTIVISMO DELLE REGIONI Un altro elemento da considerare è che, in un panorama segnato dalla complessiva inadeguatezza dello sforzo pubblico e dalla sostanziale frammentarietà legislativa, si presentano realtà locali assai diversificate. Esiste una forte eterogeneità tra le diverse regioni. Di fronte al sostanziale immobilismo dello Stato, negli ultimi dieci anni le regioni e le province autonome, essendo le prime ad essere chiamate in causa nel dover affrontare i bisogni dell utenza non autosufficiente, hanno lavorato nella prospettiva di riformare le proprie politiche, dando vita ad un grande patrimonio di elaborazioni e pratiche di riforma. In assenza, quindi, di politiche nazionali e di risorse specifiche relative alla Long Term Care, le regioni hanno previsto alcuni interventi in materia, introducendo interventi per la non autosufficienza in diverse forme (Contributi economici alle famiglie che gestiscono anziani non autosufficienti; Voucher socio- sanitari; Fondi Regionali per la non autosufficienza). Abbiamo cercato di mettere in risalto come le regioni hanno ormai chiaro, da tempo, il fatto che non è più possibile attendere, e che è, invece, necessario agire. L obiettivo, da perseguire, è, a nostro

13 giudizio, quello di fare in modo che tutte le 21 regioni italiane sviluppino una politica articolata ed integrata di risposta ai bisogni della non autosufficienza, investendo risorse aggiuntive e insieme rivedendo e ricomponendo tutto il sistema dei servizi e degli interventi di fronteggiamento e di sostegno, partendo da un livello locale e con l intento di spronare il livello centrale, cioè lo stato. In questi termini, l unica strada perseguibile, secondo Gori, è quella promossa dal cosiddetto approccio dinamico, secondo il quale le regioni devono collocarsi lungo un medesimo cammino di crescita e per ognuna è necessario definire obiettivi correlati al proprio specifico punto di partenza; l intento deve essere quello di portare le regioni più deboli ad un livello base, che consenta di garantire su tutto il territorio nazionale una certa dimensione di offerta e la tutela delle situazioni più gravi, e, nel contempo, far crescere ulteriormente le regioni più sviluppate, attraverso la promozione di una rete di servizi sempre più avanzata. Nell ultima parte del lavoro, abbiamo messo in luce come un ottimo strumento per procedere in questa direzione possa essere rappresentato dai Fondi Regionali per la non autosufficienza, che in alcune regioni hanno già trovato attuazione (Emilia Romagna). SLIDE 12 RIASSUMENDO SLIDE 13 CONCLUSIONI Al fine di poter assegnare alla n.a., nell ambito delle politiche nazionali, il medesimo peso che ha assunto nella società attraverso: La volontà dei governi e un maggior raccordo tra politiche nazionali e regionali non è possibile prescindere dal problema rappresentato dalla notevole difficoltà che si riscontra nel reperire risorse adeguate per la non autosufficienza. Se da un lato, come abbiamo visto nel quarto capitolo, è lo Stato che ha il compito di garantire i livelli essenziali, secondo molti esperti, esiste un altro livello di azione collettiva che può rappresentare una risorsa importante: si tratta, ad esempio, delle Fondazioni che si occupano nello specifico di perseguire finalità di assistenza attraverso l accumulazione di un patrimonio collettivo (proveniente da Fondazioni bancarie, donazioni private, lasciti, gettito del 5 per mille, ecc,) che viene messo al servizio di un fine statutario ben definito, quale appunto l assistenza alle persone non autosufficienti. Tali Fondazioni potrebbero essere dei reali interlocutori delle regioni nell ambito del finanziamento di programmi locali e, se gestite in maniera adeguata ed efficiente, potrebbero contribuire ad introdurre una dimensione di continuità inter-

14 temporale che manca oggi in tutti i Fondi regionali per la non autosufficienza esiste non trascurare la difficoltà reale che si riscontra nel creare e nel mantenere consenso intorno ai programmi regionali. Il legame esistente tra la sostenibilità finanziaria e l equità tra le generazioni è innegabile, ed è evidente come, nella situazione attuale, diventi sempre più debole la volontà dei più giovani di aderire al patto intergenerazionale implicito in qualunque programma per la non autosufficienza, a causa dei bassi livelli di credibilità delle politiche pubbliche annunciate. Occorrerà, pertanto, individuare e mettere in atto, meccanismi che permettano ai sistemi a ripartizione, quale quello presente in Italia, di garantire un ragionevole livello di equità tra le generazioni anche in presenza di dinamiche demografiche sfavorevoli. Il riconoscimento dell effettiva esigibilità dell ass. a favore degli anziani n.a.. Alla luce di quanto riportato, si può affermare che ci troviamo solo all inizio di un lungo percorso che richiederà lavoro e attenzione, nel tentativo sia di portare avanti un azione di sensibilizzazione capace di rendere massimo lo sforzo pubblico, sia di intraprendere nuove strade al fine di raccogliere nuove risorse soprattutto nell ambito del privato; in pratica la sfida sarà quella di reperire ed utilizzare risorse pubbliche e private in maniera sinergica con la finalità di garantire diritti esigibili ai cittadini. Appare chiaro e diffusamente riconosciuto che, oggi, l offerta di assistenza continuativa a favore degli anziani non autosufficienti risulta essere insufficiente, soprattutto a causa del sempre più evidente incremento della domanda determinato da un aumento della popolazione anziana. In tal senso diventa essenziale incrementare la spesa pubblica dedicata a questa area d intervento ed attuare la tanto attesa e discussa riforma nazionale dell assistenza. Riteniamo, infatti, che sia il sistema di welfare a doversi adeguare al mutato profilo della società e non il contrario e ciò sarà possibile se, e solo se, la volontà politica dei governi andrà in questa direzione. Nel corso dell ultimo capitolo abbiamo visto che numerosi sono i modi per reperire le risorse necessarie, il più è volerlo fare. Si tratta di mettere in atto una scelta: assegnare alla non autosufficienza, nell ambito delle politiche pubbliche, il medesimo rilievo che ha assunto nella società. Inoltre, solo richiamando lo stato alle proprie responsabilità sarà possibile permettere anche lo sviluppo della realtà del privato. Di fatto, fino ad oggi, la mancata definizione di uno schema pubblico di copertura universale e obbligatoria del rischio di non autosufficienza ha determinato una situazione di estrema incertezza sia circa i limiti dell intervento pubblico e di conseguenza circa gli spazi lasciati alla possibile copertura assicurativa privata volontaria. Quest ultima, infatti, a

15 causa dei rilevanti problemi di equità e di efficienza, che, come sopra accennato, amplificherebbero le disuguaglianze esistenti all interno dell utenza, non può pensare da sola di affrontare e risolvere il problema dell assistenza continuativa, né in Italia né altrove; può, tuttavia, svolgere, al fianco dello stato, un importante ruolo complementare ed integrativo. Nella speranza che la situazione possa evolvere in una prospettiva positiva e costruttiva, ci auguriamo che il dibattito sulla non autosufficienza degli anziani possa continuare e raccogliere l interesse di un sempre maggior numero di persone. Ci auguriamo soprattutto che i giovani si sensibilizzino in merito a questi nuovi bisogni e collaborino nel realizzare le riforme necessarie e non solo.

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