Il PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE DELLA REGIONE VENETO

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1 CONFINDUSTRIA VERONA Il PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE DELLA REGIONE VENETO Luca Passadore Verona, 19 maggio 2010 Il Piano di Tutela delle Acque (PTA), previsto dall'art. 121 del d.lgs. n. 152/2006, è stato: adottato dalla Giunta regionale con D.G.R. n del 29/12/2004; trasmesso al Consiglio Regionale per l approvazione con D.G.R. n. 94 del 24/07/2007; approvato dal Consiglio regionale con deliberazione n. 107 del 5/11/2009; pubblicato sul B.U.R.V. n. 100 del 8/12/2009.

2 Il PTA che è composto dai seguenti elaborati: Sintesi degli aspetti conoscitivi Indirizzi di Piano Norme tecniche di attuazione (NTA) è lo strumento con cui la Regione: individua le azioni per la protezione e la conservazione della risorsa idrica; definisce gli interventi di tutela e risanamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei; regolamenta l uso sostenibile dell acqua secondo principi di conservazione, risparmio e riutilizzo. Sintesi degli aspetti conoscitivi Organizzazione attuale e stato della pianificazione nel settore idrico Descrizione generale dei Bacini idrografici Corpi idrici oggetto del Piano di Tutela delle Acque Sintesi delle pressioni e degli impatti esercitati dall attività antropica sullo stato delle acque superficiali e sotterranee Reti di monitoraggio e classificazione dei corpi idrici significativi Applicazione dell indice di funzionalità fluviale nel Veneto Analisi delle criticità per Bacino

3 Indirizzi di Piano Obiettivi del Piano di Tutela delle Acque Aree sensibili, zone vulnerabili e aree di salvaguardia Misure per il raggiungimento degli obiettivi del Piano Sintesi delle misure per le diverse tipologie di corpi idrici Analisi economica Programma di verifica dell efficacia degli interventi previsti Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) Capo I Finalità e contenuti Capo II Obiettivi di qualità Capo III Aree a specifica tutela Capo IV Misure di tutela qualitativa Capo V Misure di tutela quantitativa

4 Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) Allegato A Limiti di emissione per gli scarichi di acque reflue urbane in acque superficiali Allegato B Limiti per gli scarichi industriali Allegato C Limiti per il riutilizzo e limiti allo scarico sul suolo; sostanze per cui non è ammessa deroga ai limiti allo scarico Allegato D Elenco dei comuni dell alta pianura, della Lessinia, dei rilievi in destra Adige e afferenti al bacino del Po in provincia di Verona, il cui territorio è designato vulnerabile da nitrati Allegato E Comuni compresi nelle aree di primaria tutela quantitativa degli acquiferi Allegato F Tipologie di insediamenti di cui all articolo 39 Obiettivi qualitativi Il d.lgs. n. 152/2006, al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, individua due tipi di obiettivi di qualità: 1 obiettivi minimi di qualità ambientale definiti in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate 2 obiettivi di qualità (specifici) individuati per assicurare l idoneità del corpo idrico ad una particolare utilizzazione da parte dell uomo, alla vita dei pesci o dei molluschi rispettivamente per: 1 i corpi idrici significativi 2 i corpi idrici a specifica destinazione (funzionale) (art. 76, comma 1)

5 Obiettivi di qualità ambientale Il Piano indica le misure atte a conseguire, entro il 22 dicembre 2015, i seguenti obiettivi di qualità ambientale: a) i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei devono raggiungere l obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato buono ; b) ove esistente deve essere mantenuto lo stato elevato ; c) devono comunque essere adottate tutte le misure atte ad evitare un peggioramento della qualità dei corpi idrici classificati. Le Regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto antropico o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Obiettivi di qualità specifici Per i corpi idrici a specifica destinazione, e cioè: a) acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile; b) acque destinate alla balneazione; c) acque dolci destinate alla vita dei pesci; d) acque destinate alla vita dei molluschi; Il PTA prevede (art. 9) che le acque individuate alle lett. a), c) e d) devono mantenere o raggiungere gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all allegato 2 della terza parte del d.lgs. n. 152/2006; le acque destinate alla balneazione devono rispondere ai requisiti del D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470.

6 Il PTA individua le seguenti aree a specifica tutela: Aree sensibili Aree a specifica tutela Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano Aree sensibili Ai sensi dell art. 12 del PTA sono aree sensibili: le acque costiere dell Adriatico e i corsi d acqua ad esse afferenti per un tratto di 10 km dalla linea di costa misurati lungo il corso d acqua stesso; i corpi idrici ricadenti all interno del delta del Po; la laguna di Venezia e i corpi idrici ricadenti all interno del bacino scolante ad essa afferente ( Piano Direttore 2000 ); le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar: il Vincheto di Cellarda (Feltre BL) e la valle di Averto (Campagnalupia VE); i laghi di: Alleghe (BL), Santa Croce (BL), Lago (TV), Santa Maria (TV), Garda (VR), Frassino (VR), Fimon (VI) ed i corsi d acqua immissari per un tratto di 10 Km dal punto di immissione misurati lungo il corso d acqua stesso; il fiume Mincio.

7 Aree sensibili Aree sensibili Ai sensi dell art. 12, comma 2, del PTA: gli scarichi di acque reflue urbane che recapitano in area sensibile, sia direttamente che attraverso bacini scolanti, sono soggetti al rispetto delle prescrizioni e dei limiti ridotti per Azoto e Fosforo di cui all art. 25 (Scarichi di acque reflue urbane in aree sensibili); gli scarichi di acque reflue industriali recapitanti direttamente in area sensibile devono rispettare i limiti di concentrazione di P totale e N totale rispettivamente di 1 e 10 mg/l è comunque fatta salva la normativa speciale prevista per la Laguna di Venezia

8 Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola Ai sensi dell art. 13 del PTA sono zone vulnerabili all inquinamento da nitrati di origine agricola: l area dichiarata a rischio di crisi ambientale costituita dal territorio della Provincia di Rovigo e dal territorio del Comune di Cavarzere (art. 6, legge n. 305/ 1989); il bacino scolante in laguna di Venezia (Piano Direttore 2000); le zone di alta pianura-zona di ricarica degli acquiferi (individuate con delib. del Consiglio regionale n. 62 del 17 maggio 2006); l intero territorio dei Comuni della Lessinia e dei rilievi in destra Adige (individuati in allegato D); Il territorio dei Comuni della Provincia di Verona afferenti al bacino del Po (individuati in allegato D). Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola

9 Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola Ai sensi dell art. 13, comma 3, del PTA nelle zone vulnerabili devono essere applicati: i programmi d azione regionali, obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola, di recepimento del D.M. 7 aprile 2006 e le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola Con deliberazione della Giunta regionale n del 7/8/2006 Recepimento regionale del DM 7 aprile Programma d azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto sono stati stabiliti: criteri e norme tecniche per la regolamentazione delle attività di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e aziendali concernenti: limitazioni all utilizzazione di letami e di liquami caratteristiche stoccaggio materiali palabili caratteristiche vasche per stoccaggio materiali non palabili dosi di applicazione

10 Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano L articolo 94 del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che le Regioni, al fine di mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, individuino, su proposta dell Autorità d Ambito, delle aree di salvaguardia dei punti di approvvigionamento, distinte in zone di tutela assoluta (estensione di almeno 10 m di raggio dal punto captazione, deve essere adeguatamente protetta ed adibita solo a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio) e zone di rispetto zone di protezione (queste ultime all interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda). Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano Con gli articoli 15 (Aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano) e 16 (Aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano - Vincoli) la Regione del Veneto ha provveduto ad avviare il processo di delimitazione delle aree di salvaguardia ed ha definito i vincoli applicabili al loro interno.

11 Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano Delimitazione delle aree di salvaguardia la Giunta regionale, entro il 6/6/2010, approva le direttive tecniche per la delimitazione delle aree di salvaguardia; le AATO, entro un anno per gli attingimenti da pozzo e da acque superficiali ed entro due anni per quelli da sorgente, individuano le zone di rispetto delle opere di presa degli acquedotti pubblici e trasmettono la proposta alla Giunta regionale per l approvazione; la delimitazione approvata è trasmessa dalle AATO ai consorzi di bonifica, all ARPAV, alle province ed ai comuni che provvedono a recepire negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, i vincoli derivanti dalla delimitazione delle aree di salvaguardia. In attesa dei provvedimenti di delimitazione delle aree di salvaguardia, la zona di rispetto ha un estensione di 200 metri di raggio dal punto di captazione di acque sotterranee o di derivazione di acque superficiali. Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano Nelle zone di rispetto sono vietati l insediamento e lo svolgimento delle seguenti attività: dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati; accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi; spandimento concimi, a meno di piani; dispersione nel sottosuolo acque meteoriche da piazzali e strade; aree cimiteriali; apertura di cave che possono essere in connessione con la falda; pozzi; gestione di rifiuti; stoccaggio sostanze pericolose e/o radioattive; rottamazione autoveicoli; pozzi perdenti; pascolo e stabulazione bestiame che ecceda i 170 kg/ha di azoto.

12 Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano Inoltre, ai sensi dell articolo 16, comma 3, all interno delle zone di rispetto devono essere adottate le seguenti ulteriori misure: divieto di riutilizzo delle acque reflue per scopi irrigui; alta affidabilità, relativamente alla tenuta, delle condotte fognarie; in relazione al differente grado di vulnerabilità del territorio sul quale è ubicata l opera di presa delle acque sotterranee destinate al consumo umano, l attività agricola deve essere condotta nel rispetto del Codice di Buona Pratica Agricola. Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano Ai sensi dell articolo 15, comma 6, delle N.T.A. per le acque sotterranee sono individuate come zone di protezione le aree di ricarica del sistema idrogeologico di pianura che fanno parte dei territori dei Comuni riportati alle Tabelle 3.21, 3.22, 3.23, 3.24 e 3.25 del paragrafo degli Indirizzi di Piano : per la provincia di Verona: Bovolone, Erbè, Isola della Scala, Mozzecane, Nogarole Rocca, Povegliano Veronese, San Bonifacio, Soave, Sorgà, Trevenzuolo, Vigasio, Zevio. All'interno delle zone di protezione, fino all approvazione del PRAC, è vietata l'apertura di nuove cave in contatto diretto con la falda.

13 Misure di tutela qualitativa I limiti di accettabilità degli scarichi delle acque reflue urbane sono stabiliti in funzione: della zona omogenea nella quale sono ubicati; della potenzialità dell impianto di trattamento, espressa in abitanti equivalenti; del grado di protezione del territorio e delle esigenze di tutela del corpo ricettore. I limiti da rispettare sono stabiliti nell Allegato A, Tabelle 1 e 2. Misure di tutela qualitativa Il territorio regionale, per tener conto delle particolari caratteristiche idrografiche, geomorfologiche e insediative, è stato suddiviso nelle seguenti Zone omogenee di protezione : zona montana zona di ricarica zona di pianura ad elevata densità insediativa zona di pianura a bassa densità insediativa zona costiera.

14 Zone omogenee di protezione Misure di tutela qualitativa Per ogni zona omogenea di protezione l art. 22 individua soglie di popolazione (S) sotto alle quali è ritenuto appropriato un trattamento primario delle acque reflue urbane: zona montana: 500 A.E. zona di ricarica: 100 A.E. zona di pianura ad elevata densità insediativa: 200 A.E. zona di pianura a bassa densità insediativa: 500 A.E. zona costiera: 200 A.E. Per la laguna di Venezia e il suo bacino scolante la soglia S è 100 A.E.. Nelle reti fognarie servite da tali sistemi di trattamento primari, di potenzialità inferiori alla soglia S, è ammesso lo scarico delle sole acque reflue domestiche o assimilate o di acque provenienti da servizi igienici anche annessi ad attività produttive o di servizio.

15 Misure di tutela qualitativa L art. 20 disciplina gli obblighi di collettamento e, tra l altro, prevede che: gli agglomerati con più di A.E. devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane; gli agglomerati con meno di A.E. devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane entro il 31/12/2014 (deroghe in caso di rapporto sfavorevole fra costi e benefici o di impossibilità tecnica); le nuove reti fognarie devono essere di tipo separato e le reti miste esistenti devono essere separate e risanate a cura delle AATO (a meno di impossibilità tecnica e/o economica); le acque non inquinate non possono in fognatura nera o mista; gli scarichi industriali devono allacciarsi alla pubblica fognatura purché non vi ostino motivi tecnici o gli oneri economici siano eccessivi rispetto ai benefici ambientali conseguibili e purché il carico inquinante e idraulico sia compatibile con la potenzialità e tipologia dell impianto di depurazione. art. 34 Scarichi assimilati ai domestici L articolo 101 del d.lgs. n. 152/2006 nel dettare i Criteri generali della disciplina degli scarichi individua, al comma 7, una serie di casi in cui le acque reflue provenienti da edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni (cioè attività che tipicamente danno luogo a scarichi di acque reflue industriali) sono assimilate, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, alle acque reflue domestiche e rinvia alla disciplina regionale l individuazione di ulteriori tipologie di acque reflue con caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche.

16 art. 34 Scarichi assimilati ai domestici L art. 34 del P.T.A. al comma 1 riproduce i casi previsti dall articolo 101, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006, relativi ad acque reflue provenienti da: a) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura; b) imprese dedite ad allevamento di animali; c) imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e di complementarietà funzionale del ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità; d) impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d acqua o in cui venga utilizzata una portata d acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo. art. 34 Scarichi assimilati ai domestici Inoltre, sempre l art. 34, riporta ulteriori tipologie di acque reflue con caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche, e cioè: e.1) acque reflue provenienti dagli insediamenti adibiti ad attività alberghiera e della ristorazione, ricreativa, turistica e scolastica, commerciale e di servizi quali: 1) stabilimenti termali; 2) magazzinaggio; 3) comunicazioni; 4) intermediazione monetaria, finanziaria, immobiliare; 5) informatica e studi professionali; 6) pubblica amministrazione e difesa, con esclusione dei laboratori scientifici, anche di quelli a carattere didattico, e purché all interno dei vari insediamenti non si svolgano attività diverse da quelle previste dal codice ISTAT principale;

17 art. 34 Scarichi assimilati ai domestici 7) altri servizi pubblici, sociali e personali, e ad esclusione dei laboratori scientifici, anche di quelli a carattere didattico; 8) laboratori di parrucchiere, barbiere e istituti di bellezza; 9) lavanderie e stirerie che siano rivolte esclusivamente all utenza residenziale e che utilizzino lavatrici ad acqua con capacità complessiva massima di carico pari a 20 kg; 10) attività di vendita al dettaglio di generi alimentari o altro commercio al dettaglio, anche con annesso laboratorio di produzione finalizzato alla vendita stessa; e.2) acque reflue provenienti dai servizi igienici annessi a stabilimenti industriali, qualora siano collettate e scaricate con rete separata da quella delle acque reflue industriali; art. 34 Scarichi assimilati ai domestici e.3) altre acque reflue che, prima di ogni trattamento depurativo, siano caratterizzate da parametri contenuti entro i limiti della seguente tabella: Temperatura 30 C ph 7,5 8,5 Solidi sospesi COD BOD 5 N totale N ammoniacale P totale Tensioattivi Oli e grassi 200 mg/l 500 mg/l 250 mg/l 80 mg/l 30 mg/l 10 mg/l 4 mg/l 40 mg/l Altri inquinanti, qualora presenti, devono essere contenuti entro i limiti di emissione previsti dalla tabella 1 allegato B, colonna scarico in acque superficiali, nel caso di scarico in acque superficiali, o entro i limiti previsti dalla tabella 2 allegato C, integrati dalle disposizioni previste all art. 30 comma 7 delle presenti norme tecniche, nel caso di scarico sul suolo.

18 art. 34 Scarichi assimilati ai domestici Gli scarichi di acque reflue assimilate alle domestiche: a) se recapitanti in fognatura sono comunque «sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall Autorità d ambito competente» (articolo 107, comma 2, d.lgs. n. 152/2006); b) se non recapitanti in fognatura: sono sempre e comunque ammessi qualora abbiano potenzialità inferiore o uguale a 50 A.E., previo utilizzo dei sistemi di trattamento delle acque reflue domestiche previsti all articolo 21 (Sistemi di trattamento individuale delle acque reflue domestiche); devono rispettare quanto previsto per gli scarichi di acque reflue urbane qualora abbiano potenzialità superiore a 50 A.E.. art. 11 Sostanze pericolose L articolo 11 (Adempimenti finalizzati alla riduzione o all eliminazione delle sostanza pericolose) prevede una serie di misure, da porre in essere con diverse tempistiche, tese a ridurre o ad eliminare dai corpi idrici la presenza di determinate sostanze pericolose al fine di raggiungere i previsti standard di qualità nelle acque superficiali.

19 Le sostanze pericolose da prendere in considerazione ai sensi dell art. 11 delle N.T.A. sono quelle elencate in: tabella 2 all. B al P.T.A. (Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi) tabella 3 all. C al P.T.A. (Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi per lo scarico in acque superficiali, in fognatura e sul suolo) tabella 1/A all. 1 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 (Parametri di base da controllare nelle acque superficiali) tabella 1/B all. 1 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 (Parametri aggiuntivi da monitorare nelle acque superficiali) tabella 3/A all. 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 tabella 5 all. 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 art. 11 Sostanze pericolose a) dall 8/12/2009: i produttori di rifiuti liquidi, contenenti sostanze pericolose, che li conferiscono ad impianti di depurazione di acque reflue urbane devono effettuare una caratterizzazione quali-quantitativa di tali rifiuti almeno una volta all anno e ogniqualvolta avvenga una variazione significativa del processo da cui derivano i rifiuti; i gestori degli impianti di depurazione di acque reflue urbane autorizzati al trattamento di rifiuti liquidi contenenti sostanze pericolose devono effettuare una verifica di conformità, con installazione all ingresso e all uscita dell impianto di pretrattamento, di misuratori di portata e campionatori in automatico e devono predisporre idonei sistemi di stoccaggio dei rifiuti liquidi da trattare; non possono essere rilasciate autorizzazioni al trattamento di rifiuti liquidi contenenti sostanze pericolose qualora lo scarico dell impianto recapiti in corpi idrici con portata nulla per oltre 120 giorni all anno o con scarsa capacità depurativa.

20 b) entro l 8/12/2010: art. 11 Sostanze pericolose gli enti che hanno rilasciato agli impianti di depurazione di acque reflue urbane le autorizzazioni al trattamento di rifiuti liquidi contenenti le sostanze pericolose (autorizzazioni concesse in deroga ai sensi dell articolo 110, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006), devono: rivalutare, sentita l AATO competente, le autorizzazioni rilasciate e qualora l impianto non consenta un adeguato trattamento dei rifiuti liquidi contenenti le sostanze pericolose devono prevedere l adozione di idonei sistemi di pretrattamento dedicati ed adeguati alle tipologie di rifiuti liquidi da trattare, fissare le concentrazioni delle sostanze pericolose nel rifiuto liquido conferito all impianto, in ragione della capacità dell impianto di pretrattamento. art. 11 Sostanze pericolose c) entro l 8/6/2011: la Giunta Regionale disciplina i tempi ed i modi per l effettuazione, da parte dei titolari degli stabilimenti che producono, trasformano o utilizzano le sostanze pericolose e nei cui scarichi vi è la presenza di tali sostanze in concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche analitiche APAT-IRSA, di un autocontrollo delle acque reflue da trasmettere al dipartimento ARPAV competente per territorio e all autorità che ha autorizzato lo scarico (qualora le analisi confermino la presenza delle sostanze pericolose l autorità che ha autorizzato lo scarico, in funzione della concentrazione rilevata, può prescrivere l installazione di idonea strumentazione di monitoraggio e individuare gli adempimenti e in generale le misure tese a consentire il raggiungimento o il mantenimento degli standard di qualità del corpo idrico significativo recettore dei reflui).

21 Limiti agli scarichi di acque reflue industriali tabella 1 all. B al P.T.A. (Limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura) tranne parametro n. 49 (da solventi clorurati a composti organici alogenati) tabella 2 all. B al P.T.A. (Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi) tranne voce Produzione di tetracloruro di carbonio e di percloroetilene tabella 2 all. C al P.T.A. (Limiti di emissione per le acque reflue urbane e industriali che recapitano sul suolo) corrispondono corrispondono tabella 3 all. 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 (Valori limite di emissione in acque superficiali e in fognatura) tabella 3/A all. 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 (Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi) tabella 4 all. 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 (Limiti di emissione per le acque reflue urbane e industriali che recapitano sul suolo) Limiti agli scarichi di acque reflue industriali L articolo 2 (Efficacia del Piano) al comma 6 prevede che «Per la Laguna di Venezia resta salvo quanto disposto dalla specifica normativa vigente e dal Piano per la Prevenzione dell inquinamento ed il risanamento delle acque del bacino idrografico immediatamente sversante nella laguna di Venezia Piano Direttore 2000 Per quanto non previsto dalla suddetta disciplina, si applica quanto disposto dal presente Piano.» Quindi agli scarichi recapitanti nel Bacino Scolante in laguna di Venezia si applicano i valori limite previsti dal decreto ministeriale 30 luglio 1999 «Limiti agli scarichi industriali e civili che recapitano nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, ai sensi del punto 5 del decreto interministeriale 23 aprile 1998 recante requisiti di qualità delle acque e caratteristiche degli impianti di depurazione per la tutela della laguna di Venezia».

22 Limiti agli scarichi di acque reflue industriali Gli articoli 12 (Aree sensibili), comma 2, e 37 (Acque reflue industriali), comma 1, prevedono che «gli scarichi di acque reflue industriali recapitanti direttamente in aree sensibili, la concentrazione di fosforo totale e di azoto totale deve essere rispettivamente di 1 e 10 mg/l» Limiti agli scarichi di acque reflue industriali L articolo 38 (Scarichi di acque reflue industriali che recapitano in pubblica fognatura) conferma quanto già previsto dal d.lgs. n. 152/2006, in particolare all articolo 107 (Scarichi in reti fognarie), prevedendo che: tali scarichi devono rispettare le norme tecniche, le prescrizioni e i valori limite adottati dal gestore del Servizio Idrico Integrato e qualora il gestore non provveda a stabilire limiti di emissione devono essere rispettati i limiti della tabella 1, colonna Scarico in fognatura, dell allegato B (Limiti per gli scarichi industriali) delle N.T.A.

23 Scarichi sul suolo di acque reflue industriali L articolo 37 (Acque reflue industriali), commi da 2 a 5, conferma quanto previsto dal d.lgs. n. 152/2006 (art. 103 e allegato 5) e, a fronte del generale divieto di scarico sul suolo e delle deroghe a tale divieto stabilite dalla disciplina nazionale, prevede un ulteriore deroga relativa alle: «acque utilizzate per scopi geotermici o di scambio termico provenienti da attività industriali purché non contaminate o potenzialmente contaminabili». Scarichi nel sottosuolo di acque reflue industriali L articolo 31 (Scarichi nel sottosuolo) conferma le previsioni del d.lgs. n. 152/2006 (art. 104 e allegato 5) per quanto riguarda il generale divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo e la previsione di deroghe, inoltre introduce le seguenti nuove previsioni: all istanza di autorizzazione deve essere allegata una valutazione di impatto sulla falda dalla quale risulti la compatibilità ambientale dello scarico nel corpo recipiente; l autorizzazione allo scarico in falda deve prescrivere dei controlli qualitativi sull acqua prelevata e su quella restituita, specificandone frequenza e modalità; in caso di scarico di acque nel sottosuolo deve essere assicurato l isolamento degli acquiferi non interessati dallo scarico stesso; la realizzazione di sistemi di scambio termico con il sottosuolo che non prevedano movimentazione di acqua di falda è autorizzata dalla Provincia.

24 art. 39 Acque meteoriche L articolo 113 del d.lgs. n. 152/2006 prevede che le Regioni disciplinino gli aspetti relativi alle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia. Il Piano disciplina tali aspetti all articolo 39 delle N.T.A. nel quale sono definiti, tra l altro, tre specifici casi (commi 1, 3 e 5) individuati a seconda della tipologia di attività svolta negli insediamenti, della presenza di sostanze pericolose e della dimensione delle superfici. Acque meteoriche art. 6 Definizioni c) acque di lavaggio: acque, comunque approvvigionate, attinte o recuperate, utilizzate per il lavaggio delle superfici scolanti; d) acque di prima pioggia: i primi 5 mm di acqua meteorica di dilavamento uniformemente distribuita su tutta la superficie scolante servita dal sistema di collettamento; e) acque di seconda pioggia: le acque meteoriche di dilavamento che dilavano le superfici scolanti successivamente alle acque di prima pioggia nell ambito del medesimo evento piovoso; f) acque meteoriche di dilavamento: la frazione delle acque di una precipitazione atmosferica che, non infiltrata nel sottosuolo o evaporata, dilava le superfici scolanti;

25 art. 39 Acque meteoriche CASO 1 Le acque meteoriche di dilavamento (e quindi le acque sia di prima che di seconda pioggia) sono equiparate alle acque reflue industriali qualora nell insediamento ricorrono tutte le seguenti condizioni: si svolgono le attività elencate nell allegato F alle N.T.A., sulle superfici scoperte di tali attività vi è la presenza di depositi di rifiuti, materie prime, prodotti, non protetti dall azione degli agenti atmosferici e/o lavorazioni e/o ogni altra attività o circostanza, si verifica il dilavamento, non occasionale e fortuito, delle sostanze pericolose indicate nelle tabelle 3/A e 5 dell allegato 5 alla Parte III del d.lgs. n. 152/2006, il dilavamento delle sostanze pericolose non si esaurisce con le acque di prima pioggia. art. 39 Acque meteoriche CASO 1 Nel CASO 1 le acque meteoriche di dilavamento : sono soggette al rilascio dell autorizzazione allo scarico e al rispetto dei limiti di emissione in funzione del corpo ricettore; sono trattate con idonei sistemi di depurazione, che devono almeno comprendere sistemi di sedimentazione accelerata o altri sistemi equivalenti per efficacia e, se del caso, deve essere previsto anche un trattamento di disoleatura. In sede di rilascio dell autorizzazione allo scarico l autorità competente: può determinare le quantità di acque meteoriche di dilavamento, oltre a quelle di prima pioggia, da raccogliere e trattare; deve accertare che la realizzazione degli interventi previsti non sia impedita da motivi tecnici e che gli oneri economici non siano eccessivi rispetto ai benefici ambientali conseguibili.

26 art. 39 Acque meteoriche CASO 1 Al fine di ridurre i quantitativi di acque meteoriche di dilavamento da trattare, i titolari degli insediamenti possono prevedere il frazionamento della rete di raccolta delle acque in modo che la stessa sia limitata alle sole zone dove effettivamente sono eseguite le lavorazioni o attività all aperto o ricorrono le varie circostanze sopraindicate, e possono anche prevedere l adozione di misure atte a prevenire il dilavamento delle superfici (articolo 39, comma 2). art. 39 Acque meteoriche CASO 1 Le superfici scoperte interessate dal dilavamento delle sostanze pericolose devono essere opportunamente pavimentate al fine di impedire l infiltrazione nel sottosuolo delle sostanze stesse (articolo 39, comma 4).

27 art. 39 Acque meteoriche CASO 1 Il titolare dell insediamento può presentare all autorità competente al rilascio dell autorizzazione allo scarico un apposita relazione tesa a dimostrare che non vi è dilavamento di sostanze pericolose o pregiudizievoli per l ambiente o che il dilavamento si esaurisce con le acque di prima pioggia. Qualora i contenuti della relazione siano accolti dall autorità competente la gestione delle acque meteoriche va effettuata secondo quanto previsto dai commi 3 o 5 dell articolo 39. art. 39 Acque meteoriche CASO 2 Le acque meteoriche di prima pioggia e quelle di lavaggio sono equiparate alle acque reflue industriali qualora provengano da: a) piazzali di estensione superiore o uguale a 2000 m 2 a servizio di autofficine, carrozzerie, autolavaggi e impianti di depurazione; b) superfici, di insediamenti del CASO 1, destinate esclusivamente a parcheggio degli autoveicoli delle maestranze e dei clienti con una superficie complessiva superiore o uguale a 5000 m 2 ; c) superfici scoperte degli insediamenti del CASO 1, ma diverse da quelle indicate alla lettera b), in cui il dilavamento delle sostanze pericolose può ritenersi esaurito con le acque di prima pioggia; d) parcheggi e piazzali di zone residenziali, commerciali o analoghe, depositi di mezzi di trasporto pubblico, aree intermodali, di estensione superiore o uguale a 5000 m 2 ; e) superfici di qualsiasi estensione destinate alla distribuzione dei carburanti nei punti vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli.

28 art. 39 Acque meteoriche CASO 2 Nel CASO 2 le acque meteoriche di prima pioggia e di lavaggio sono equiparate alle acque reflue industriali e quindi: sono soggette al rilascio dell autorizzazione allo scarico e al rispetto dei limiti di emissione in funzione del corpo ricettore; devono essere stoccate in un bacino a tenuta, e prima dello scarico devono essere opportunamente trattate, almeno con sistemi di sedimentazione accelerata o altri sistemi equivalenti per efficacia; se del caso, deve essere previsto anche un trattamento di disoleatura. L autorizzazione allo scarico, una volta ottenuta, è tacitamente rinnovata se non intervengono variazioni significative della tipologia dei materiali depositati, delle lavorazioni o delle circostanze che possono comportare variazioni significative della qualità delle acque di prima pioggia. art. 39 Acque meteoriche CASO 3 Nel CASO 3 rientrano le acque meteoriche di dilavamento (acque sia di prima che di seconda pioggia) e quelle di lavaggio che provengono da: a) strade pubbliche e private; b) piazzali, di estensione inferiore a m 2, a servizio di autofficine, carrozzerie e autolavaggi e impianti di depurazione; c) superfici destinate esclusivamente a parcheggio degli autoveicoli delle maestranze e dei clienti, degli insediamenti di cui al comma 1, aventi una superficie complessiva inferiore a 5000 m 2 ; d) parcheggi e piazzali di zone residenziali, commerciali o analoghe, depositi di mezzi di trasporto pubblico, aree intermodali, di estensione inferiore a m 2 ; e) tutte le altre superfici non previste ai commi 1 e 3.

29 art. 39 Acque meteoriche CASO 3 Le acque meteoriche di dilavamento (acque sia di prima che di seconda pioggia) e quelle di lavaggio che rientrano nel CASO 3 possono essere recapitate in corpo idrico superficiale o sul suolo, a condizione che siano convogliate in condotte ad esse riservate, fatto comunque salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di nulla osta idraulico, relativamente agli insediamenti esistenti, qualora il recapito in corpo idrico superficiale o sul suolo non possa essere autorizzato dai competenti Enti per scarsa capacità dei recettori o non sia convenientemente praticabile, il recapito può avvenire anche negli strati superficiali del sottosuolo, purché sia preceduto da un idoneo trattamento in continuo di sedimentazione e, se del caso, di disoleazione delle acque ivi convogliate. art. 39 Acque meteoriche Nei CASI 1 e 2 i titolari degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti devono adeguarsi alle disposizioni previste entro l 8 dicembre 2012 (articolo 39, comma 6).

30 art. 6 Definizioni w) scarico: qualsiasi immissione di acque reflue, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione, in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo o in rete fognaria, effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione delle acque reflue con il corpo recettore o con la rete fognaria. Sono esclusi i rilasci di acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché, nelle aree non individuate ai fini di bonifica ambientale, delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni di carattere temporaneo, realizzati allo scopo di deprimere la falda, per il tempo strettamente necessario a realizzare le opere soggiacenti al livello della falda; Misure di tutela quantitativa Il sistema idrogeologico non è in grado di sopportare il prelievo delle attuali portate e mostra chiari segni di sofferenza quantitativa, che denotano una lenta ma progressiva diminuzione delle riserve d acqua sotterranea, in atto dagli anni 60 (ad es. l abbassamento della superficie freatica in area di ricarica, nella conoide del Brenta, è di 7-8 m). Molti fontanili sono scomparsi e per altri la portata si è molto ridotta. Aumentando i prelievi per soddisfare la crescente richiesta d acqua, la tendenza delle falde ad impoverirsi sarà evidentemente accelerata e quindi è necessario limitare al massimo l emungimento per contenerne gli effetti negativi. Per questi motivi il PTA individua (art. 40) le AREE DI PRIMARIA TUTELA QUANTITATIVA DEGLI ACQUIFERI (Allegato E) e LE RELATIVE MISURE DI TUTELA

31 Misure di tutela quantitativa Le Aree di primaria tutela quantitativa (Allegato E) sono Alta Pianura Alluvionale tra le colline moreniche dell anfiteatro del Garda ad Ovest fino al fiume Livenza ad Est (pianura del Leogra, Astico, Brenta, Piave e Livenza), che costituisce l area di ricarica dell intero sistema idrogeologico della Pianura Veneta in senso stretto; Media Pianura tra i Monti Lessini e il fiume Livenza, dove si collocano la fascia delle risorgive ed il sistema multifalde artesiano che alimenta i grandi acquedotti del Veneto. Alta e Media Pianura Veronese, dall uscita dell Adige dal tratto montano a Pescantina fino al limite inferiore del sistema multifalde in pressione. Misure di tutela quantitativa Ai sensi dell art. 40 nei comuni indicati nell allegato E possono essere rilasciate nuove concessioni solo per domande di derivazione di acque sotterranee per uso termale e minerale; per uso potabile, igienico sanitario e antincendio, presentate da soggetti pubblici; per uso potabile, igienico sanitario e antincendio, avanzate da soggetti privati qualora relative ad aree non servite da acquedotto; per uso antincendio, avanzate da soggetti privati, qualora non esistano alternative per l approvvigionamento idrico necessario; per uso irriguo avanzate da Consorzi di Bonifica, nel limite di una portata media, su base annua, non superiore a 6 l/s, previa installazione di idonee apparecchiature per la registrazione delle portate istantanee estratte;

32 Misure di tutela quantitativa. per usi geotermici o di scambio termico, con esclusione dei territori dei comuni di cui alle tabelle 3.21, 3.22, 3.23, 3.24 e 3.25 del paragrafo degli Indirizzi di Piano ; per impianti funzionali all esercizio di un pubblico servizio; riconoscimento o concessione preferenziale di cui all articolo 4 del R.D. n. 1775/1933 e s.m.i; per uso irriguo relative a interventi di miglioramento fondiario ammessi a contributo dal Piano di Sviluppo Rurale, che comportino un effettivo e documentato risparmio della risorsa idrica. Misure di tutela quantitativa Nel territorio dei comuni indicati nell allegato E : le concessioni esistenti, relative a qualsiasi tipologia di uso, possono essere rinnovate, ma senza varianti in aumento della portata concessa e fatte salve le verifiche di sostenibilità con la risorsa disponibile; i prelievi per uso domestico non possono superare il limite di 0,1 l/s, quale portata media giornaliera; i pozzi ad uso domestico devono essere dotati di apparecchi di misura dei consumi, in portata o volume. I dati dei consumi in termini di volume annuo, dovranno essere trasmessi annualmente all AATO territorialmente competente, che provvederà all inoltro in Regione; per i pozzi a salienza naturale dovranno essere installati dispositivi di regolazione atti a impedire l erogazione d acqua a getto continuo, limitandola ai soli periodi di effettivo utilizzo;

33 Misure di tutela quantitativa Nel territorio dei comuni non indicati nell allegato E possono essere rilasciate concessioni relative a tutti i casi indicati in precedenza ed anche quelle relative a derivazioni di acque sotterranee per: uso irriguo avanzate da Consorzi di Bonifica; altri usi diversi da quelli indicati alla lett. a), nel limite di una portata media, su base annua, non superiore a 3 l/s. Per gli utilizzi industriali, l istanza di derivazione può essere assentita solo in aree non servite da acquedotto industriale. Per gli usi potabile, igienico sanitario e antincendio, l istanza può essere assentita soltanto in aree non servite da acquedotto civile. Misure di tutela quantitativa Il PTA individua altre misure di tutela quantitativa: Deflusso Minimo Vitale (DMV) e cioè la portata istantanea da determinare in ogni tratto omogeneo del corso d acqua, che deve garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corpo idrico, chimico-fisiche delle acque, nonché il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali Regolazione derivazioni in atto

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