GRUPPO di LAVORO ADM

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1 GRUPPO di LAVORO ADM La focalizzazione sulla famiglia: cosa introduce, cosa fa cambiare, di cosa necessita per declinare l ADM? Il coordinamento pedagogico come può essere sviluppato? Che funzioni ulteriori può avere oltre al coordinamento degli educatori? Gli stimoli dai quali siamo partite per approfondire la riflessione su questa tematica che ci interessa in modo particolare sono nati da pensieri relativi alla famiglia e al ruolo del coordinatore educativo: Quale ruolo può essere dato alla famiglia che vive il servizio di ADM, quale può essere la sua possibilità di protagonismo? In quale forma, modalità, possibilità? Si deve allora approfondire il concetto di famiglia partner, chiarire cosa si intende per poterlo calare nella prassi educativa. Cosa c è già in atto e cosa si potrebbe fare. Riflessioni sui 4 modelli di ADM. Di conseguenza la riflessione si sposta poi su cosa cambia quando si condivide il progetto educativo con la famiglia. Altro elemento di riflessione è il ruolo specifico del coordinatore nel servizio di ADM. I territori presentano, a prima vista, tipologie di ingaggio del coordinatore diversificate, nelle modalità e nei significati. Quale può essere il suo ruolo pedagogico condivisibile? Quale la sua specificità nel servizio di ADM? Quale ruolo può avere nella fase di ingaggio con le famiglie, anche alla luce della scelta di rendere la famiglia stessa più protagonista nell ADM? PRIMA PARTE: I RUOLI Riflessioni sul ruolo educativo del Coordinatore Dalla condivisione delle esperienze emerge che il Coordinatore ha primariamente il compito di tenuta tecnica per gli educatori; si occupa delle equipe educative e, in più casi, presenzia all incontro di presentazione dell educatore ADM alla famiglia, insieme all Assistente Sociale e/o allo psicologo di riferimento. Come primo punto ci preme quindi portare alla luce la consapevolezza che esercitare le funzioni del coordinatore non significa sopperire ad una mancanza, ma introdurre una competenza che possa trattare una area di bisogni in autonomia. Ci siamo quindi immaginate delle possibilità di rinnovo e chiarificazione del coordinatore: 1. Un ruolo di counseling educativo- ossia un apporto specifico di potenziale centratura sull educativa- all interno dell equipe psico-sociale nel momento della valutazione dei casi, partecipando così ad una visione globale territoriale, al di là del singolo caso; al coordinatore appartiene quindi uno sguardo sul territorio che è memoria e raccordo, con una triplice funzione: a. Di conoscenza bagaglio del territorio b. Di conoscenza globale della casistica, dell azione sui bisogni e della lettura del territorio c. Dettagliare i bisogni evolutivi (educativi)sia della famiglia che del contesto territoriale specifico. 2. Garanzia di uno sguardo sul territorio e sulle situazioni individuali tanto per il proprio staff educativo quanto per l equipe di riferimento della Tutela Minori; 1

2 La riflessione si intreccia poi sui nuovo sguardi alla famiglia ADM Dalla riflessione suoi diversi ruoli in gioco, siamo partite dall analisi delle professionalità, per cercare di definire con chiarezza chi fa che cosa e con la volontà di osservare poi gli intrecci tra i ruoli e di definire gli oggetti di trattamento. Minori Famiglia - rete familiare Educatore professionale Coordinatore pedagogico Assistente Sociale Psicologo Territorio/rete informale (vicinato, scuola, sport, parrocchia.). I RUOLI EDUCATORE PROFESSIONALE Accompagnamento e sostegno educativo al minore, presso il domicilio ; Promuove le competenze/risorse genitoriali eventualmente con momenti specifici dedicati; Si rivolge al contesto familiare, orientando e facilitando le relazioni; Aiuta ad elaborare congiuntamente i possibili stili educativi; Osserva; Elabora la documentazione dell intervento; Partecipa alle equipe interne ed esterne ; COORDINATORE PEDAGOGICO E il responsabile tecnico dello staff educativo: Grazie a questo aiuta ogni singolo educatore ad approfondire l intervento specifico, ma lo aiuta anche ad interconnetterlo con elementi categoriali che rendano il singolo progetto meno solitario ; Si occupa della programmazione/delle verifiche con il Servizio Sociale inviante; E responsabile della documentazione/archiviazione e trasmissione periodica dei report; Garantisce la formazione agli educatori; E garante del modello pedagogico : cerca di tradurre un piano di sviluppo anche in merito ad obiettivi evolutivi del contesto territoriale coinvolto. Raccoglie elementi di prospettiva per collocare il servizio all interno di una panoramica più ampia di interventi, garantendo i passaggi e le mutazioni necessarie alla stessa efficacia dell intervento; LO PSICOLOGO Può accogliere la richiesta di aiuto di una famiglia in difficoltà (attraverso i colloqui agli sportelli di sostegno familiare in seguito ad una azione di filtro) e indirizzare o suggerire la possibilità di un intervento in famiglia come l ADM; Fa parte dell equipe che valuta la necessità/possibilità di avviare una ADM; Si occupa di stendere, insieme all assistente sociale, la relazione sulla famiglia ADM;

3 Incontra, insieme all assistente sociale, la famiglia per illustrare le modalità del servizio di ADM e presentare l educatore ADM, nonché illustrare e condividere gli obiettivi dell intervento; Discute, insieme alla Assistente Sociale e all educatore ADM, le linee di intervento da assumere all interno della famiglia ADM (obiettivi, strategie, passaggio di comunicazioni); Aiuta l educatore ADM a leggere le situazioni da un punto di vista psicologico; Partecipa alle verifiche in itinere con l educatore e l assistente sociale; Effettua colloqui con la famiglia ADM, insieme all assistente e sociale (in alcuni casi) con l educatore ADM; Può effettuare colloqui regolari con il/i minori della ADM a sostegno della riuscita dell intervento stesso. ASSISTENTE SOCIALE è il referente istituzionale del caso, ha la titolarità del progetto complessivo sul minore e sulla sua famiglia e quindi tiene la regia; effettua, insieme alla famiglia, l indagine sociale e effettua una valutazione del bisogno del nucleo e del/i minori predispone il progetto di lavoro insieme alla famiglia partendo da una lettura condivisa del bisogno e sulla scorta di quanto la famiglia è in grado di condividere; verifica insieme alla famiglia e agli operatori dell ADM l andamento dell intervento supporta il nucleo sulla tenuta del progetto condiviso mantiene raccordi periodici con i servizi esterni coinvolti nel caso mantenendo costante il collegamento con la famiglia; predispone periodiche relazioni di aggiornamento e verifica del progetto complessivo che condivide con la famiglia. IL TERRITORIO inteso come l'insieme delle agenzie formali ed informali del luogo di vita del nucleo famigliare : è necessario valutare, accanto al bisogno del minore, la visione che del territorio ha la famiglia e che della famiglia ha il territorio: prima di proporre attività, esperienze di uscita, è importante comprendere quali immaginari susciti l'uscire, quali paure, attese, emozioni vengono mosse non solo nel minore, ma anche negli altri membri del nucleo. L'intervento di ADM può essere un'occasione per incontrare a far incontrare chi vede i minori, chi si rapporta con loro. Ogni agenzia può portare una visione di quel minore e di quel nucleo, è importante cogliere connessioni e scarti, restituire un'immagine il più possibile complessa, per arrivare a condividere quali sono i bisogni che il nucleo porta nei diversi luoghi che attraversa, e quali sono le modalità di ingaggio più adeguate per agganciare quella famiglia e quei minori. Il servizio di ADM, congiuntamente con il Servizio Sociale, può porsi al centro di queste connessioni nominandole e rendendole visibili alle diverse parti di questa rete. Il territorio può essere luogo privilegiato di presa in carico del nucleo

4 soprattutto nel futuro, immaginando la chiusura dell'intervento di ADM. È significativo creare ipotesi di proposte tra loro integrate ed analogiche rispetto ai diversi membri del nucleo. Se per esempio lavoriamo su una maggiore capacità dei genitori di esserci per i propri figli, si possono promuovere occasioni di accompagnamento e in cui siano previste compresenze e ruoli attivi da parte della famiglia. Se è prioritario puntare sull'autonomia è importante ricercare esperienze particolarmente pregnanti dal punto di vista educativo e più o meno strutturate a seconda dell'età del minore, ma che possano essere significative di per se stesse. È sempre importante considerare la ripetibilità dell'esperienza (o per il minore in autonomia o per il nucleo stesso), tenendo conto della distanza, dei costi, della continuità della proposta. L'ADM rispetto al territorio deve lavorare continuamente fuori e dentro casa, condividendo con minori ed adulti i significati delle proposte, tematizzando alcuni argomenti necessari ad aprirsi all'idea di uscire dal domicilio (orari, accordi, autonomia, fiducia, regole presenti nei diversi luoghi), aiutando i singoli a mostrare gli uni agli altri la propria esperienza e a renderla patrimonio condiviso. LA FAMIGLIA I servizi sociali e gli operatori devono dotarsi di strumenti per permettere alla famiglia di esprimersi, di affermare il proprio desiderio, il proprio modo di intendere il futuro dei propri figli. Possiamo lavorare solo su ciò che è condiviso, sui cambiamenti che tutte le parti riconoscono come importanti. Riteniamo fondamentale il lavorare con la famiglia perché ciò permette di lavorare sul concreto, sul percepito dagli stessi e non quello del servizio e sulle loro reali risorse. Questo dà una connotazione agli interventi di autenticità e di realtà mediata tra quello che i servizi vorrebbero e quello che le famiglie possono: è una funzioneponte indispensabile per attivate risorse, possibilità e protagonismi. Le famiglie non si sentono giudicate ma valorizzate, sentono che hanno un valore esperienziale che gli operatori riconoscono e valorizzano e che insieme a quello professionale può permettere di risolvere una situazione di disagio Lavorare CON le famiglie richiede agli operatori sociali competenze specifiche, la capacità di sospendere il giudizio, di riconoscere e decodificare la realtà di ogni contesto, di cui la complessità è fondante, la capacità di esplorare significati e possibilità, di sostare, ascoltare, sentire, riconoscere emozioni, relazioni, legami. Essa è partner del progetto, è coinvolta in tutte le fasi dell intervento, dalla presa in carico, alla definizione degli interventi. La famiglia è coinvolta fin dalla fase della conoscenza, che deve essere approfondita, e riguardare tutti i componenti della stessa e la rete allargata familiare. Ogni famiglia è diversa, ha la sua storia e la sua identità, ha le sue fragilità e si suoi punti di forza. Tutti gli attori dell intervento, compresa la famiglia, cercheranno di orientarsi alle risorse, alle competenze, allo sviluppo del possibile. La famiglia dovrà definire gli obiettivi dell intervento insieme agli operatori, i tempi, i luoghi, i ruoli, le fasi del progetto. Contribuirà a offrire spunti di soluzione concreta ai problemi rilevati. Il presupposto è la trasparenza di ogni passaggio e lo svelamento delle aspettative reciproche (cosa mi aspetto da ciascun ruolo, cosa mi aspetto di guadagnare, cosa sono disposto a cambiare.)

5 La famiglia dovrà sapere e accettare che gli interventi attivati potrebbero creare una situazione di disequilibrio iniziale, una perturbazione dell esistente, ma devono poter sentire che nella creazione del nuovo equilibrio possibile non saranno soli. La famiglia può essere coinvolta in pratiche di auto-osservazione, automonitoraggio e auto-valutazione dell intervento e degli obiettivi che ci si è dati. Ciò significa anche raccogliere e confrontare osservazioni differenti, punti di vista diversi, da rifocalizzare insieme, riconsolidandone la prospettiva e l orientamento successivo. Si dovranno creare luoghi di partecipazione attiva, utilizzando più linguaggi: verbale, narrativo, estetico, artistico, a seconda della specificità di ogni singola famiglia. Anche i gruppi tra famiglie* possono essere una risorsa importante per attivare processi di supporto reciproco, auto-aiuto, circolarità. SECONDA PARTE Riflessioni sui 4 modelli di ADM: uno sguardo aggiornato SOLLIEVO E TUTOR-SHIP: proprio perché in questo caso si fa riferimento ad un momento di particolare fatica di un nucleo, e si auspica una sorta di delega condivisa, è importante tuttavia trovare dei modi per permettere un domani una ricomposizione del percorso fatto in ADM che possa essere riconsegnata al nucleo famigliare. Ci sono diversi strumenti, dal diario fotografico alla proposta o costruzione di oggetti utili alle autonomie che si cerca di promuovere, che possono essere successivamente socializzati e condivisi con gli adulti di riferimento. E importante lavorare non sulla delega di parti genitoriali ma sul rafforzamento e sostegno di quelle esistenti e sane; nella costruzione del progetto la famiglia deve essere partner sin dall inizio della lettura del bisogno interno ad esso e soprattutto del riconoscimento del bisogno/diritto dei minori che deve essere garantito dagli stessi genitori anche in situazioni di temporanea difficoltà. In questo intervento è dunque prioritario il consenso dei genitori a lavorare insieme; pensando con loro di costruire una rete allargata di fronteggiamento in cui ognuno può attivare delle risorse o pensare a delle soluzioni per risolvere il problema ( di cui l ADM potrebbe essere una e una parte ). Le soluzioni si costruiscono insieme a loro partendo da quello che ognuno porta in termini di risorsa. DIAGNOSTICO-ORIENTATIVO: questo modello fa riferimento a situazioni molto diverse fra loro, è difficile fare un discorso generale su una maggior focalizzazione sulla famiglia. Sembra però importante che al procedere della diagnosi corrisponda una sempre maggior centratura sulla preparazione di ciò che sarà. È importante trovare luoghi (come la verifica al Servizio Sociale) in cui nominare, spiegare, significare le ipotesi che stanno prendendo piede, per far sì che ci sia una preparazione a quello che potrebbe essere e che, a conclusione del percorso osservativo, si possa effettivamente agire l'intervento che è stato valutato come più idoneo perché si è pronti (quindi non sono solo pronti i minori e gli operatori, ma anche i famigliari), chiarendo e concordando anche la tempistica. E preludio di questo modello l assenza di una conoscenza servizio-famiglia o l esistenza di una difficoltà nel collaborare insieme e una forte resistenza della famiglia nel definire e condividere con l esterno il suo stato di bisogno/problema. Possibili strumenti possono essere il diario dell educatore, l intervento del mediatore culturale, verifiche più ravvicinate nel tempo.

6 Qui sarebbe opportuno valorizzare il ruolo dell educatore dentro la famiglia come colui che insieme al servizio sociale ha il compito di approfondire, con uno sguardo più vicino, le risorse presenti nella famiglia e nella rete, le modalità educative presenti e giocate da ogni membro della famiglia al fine di avere maggiori informazioni per costruire, insieme a loro, un ipotesi progettuale più orientata. CONTENIMENTO E RIDUZIONE DEL DANNO: in queste situazioni in cui si presuppone una gravità manifesta, una funzione importante dell'educatore riguarda la possibilità di introdurre un taglio narrativo nella visione che il nucleo produce di se stesso. Il rischio è infatti quello di proporre una visione unica di un nucleo difficile e non competente, mentre l'idea di una storia, che non ha certo un finale scritto, può aiutare i membri del nucleo a produrre un'immagine di sé non tutta schiacciata sul disagio. Questo non riguarda solo il minore, ma anche gli adulti e le loro competenze. Spesso noi intercettiamo un minore che manifesta il disagio del nucleo stesso, ma sono presenti anche altri minori, magari più piccoli. Se l'adm si colloca dentro un percorso, potrà mostrare che gli esiti non sono scontati, che chi è stato un genitore inadeguato o in sofferenza per un figlio potrebbe essere diverso per gli altri, e che il tempo e il lavoro congiunto possono mostrare altre modalità di essere genitori anche di quel minore rispetto al quale si vive un senso di fallimento e di incapacità. E il modello in cui maggiormente la famiglia assume il ruolo di destinataria più che di partner dei servizi. La famiglia deve comunque essere riconosciuta dagli operatori come riferimento per i propri figli e quindi tenuta dentro in tutti i passaggi anche solo in termini di restituzione/informazione di quello che si fa con i minori. Individuare dei micro obiettivi su cui lavorare con i genitori partendo sempre da ciò che loro riconoscono come problema o che individuano come risorsa. Si dovrebbe inoltre pensare di lavorare sulla costruzione di una rete non solo per i figli ma anche per gli adulti e, come strumento, valutare la possibilità di condivisione storica del nucleo familiare. COSTRUZIONE/(RECUPERO-RIPARAZIONE) in questo caso, guardando al lavoro già svolto l'anno scorso, sembra importante, nel rifocalizzare l'attenzione sulla famiglia, pensare che quello che veniva definito dispositivo accessorio, e cioè una consapevolezza iniziale delle difficoltà educative da parte dei genitori possa il più possibile diventare una condizione di partenza dell'intervento. Risignificare l'ingaggio con la famiglia a partire da un'assunzione condivisa di responsabilità, intendendo assunzione di ciascuno su di sé non di una colpa quanto di un potere rispetto ad un cambiamento futuro, rende possibile lavorare da subito non sul minore da aggiustare, ma con un intero nucleo portatore di competenze e risorse da attivare. Riflessioni sulla famiglia: nuove possibilità Sembra possibile pensare ad altre forme di intervento per la famiglia, perché possano essere interventi con la famiglia: un esempio è dato dai laboratori di genitorialità (es.: Laboratorio delle Famiglie al Cortile), nei quali un gruppo di famiglie, che ha accolto l invito della Tutela Minori dell Ambito, partecipa ad una serie di dieci incontri a cadenza mensile, condotti da tre figure professionali (educatrice e psicologhe)all interno dei quali possono attivarsi delle comunicazioni tra genitori e figli, per stare insieme con nuove modalità, fare qualcosa insieme, provare ad ascoltarsi. Con questo tipo di servizio, le famiglie assumono un ruolo più protagonista, si incontrano, si confrontano, si stimolano a vicenda mettendo in campo le proprie risorse, conoscenze, esperienze. Al singolo nucleo familiare si potrebbe offrire un momento laboratoriale simile a quello dei gruppi di famiglie, dove poter sperimentare momenti significativi.

7 In entrambi i casi si parte dalle competenze dalle competenze delle famiglie e da cosa possono fare insieme.

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