L internazionalizzazione delle imprese attraverso il consignment stock. Dott.ssa Noemi Graceffo
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1 L internazionalizzazione delle imprese attraverso il consignment stock. Dott.ssa Noemi Graceffo Tra i contratti d impresa, il consignment stock agreement, o più semplicemente consignment stock, si sta rivelando la formula vincente per il commercio internazionale. Si tratta, invero, di una tipologia contrattuale che, negli ultimi tempi, ha riscosso un considerevole successo, dovuto, in parte, alla sua struttura ed, in parte, al trattamento fiscale ad esso riservato. Lo schema negoziale del consignment stock si basa sul trasferimento di beni di proprietà del fornitore presso un deposito del cliente, o anche di un terzo, situato in uno Stato diverso da quello del fornitore. In tal modo, il cliente potrà, in base alle sue esigenze, effettuare i prelievi in qualsiasi momento ne abbia effettivamente bisogno. In virtù di questo
2 P. 2 meccanismo, il consignment stock si configura come un contratto di fornitura con effetti reali differiti, poiché il diritto di proprietà relativo ai beni introdotti nel deposito del soggetto acquirente, ovvero di un terzo, si trasferisce, in capo al cliente, solamente nel momento in cui quest ultimo effettua il prelievo, in ragione delle esigenze produttive e commerciali. La Dottrina e la Giurisprudenza, come per ogni contratto atipico, hanno cercato di far rientrare il contratto di consignment stock in figure contrattuali tipiche ed, in particolare, hanno ravvisato delle somiglianze con il contratto estimatorio, come disciplinato dagli artt e ss. c.c.. Con il contratto estimatorio, infatti, il produttore di determinati beni li cede al cosiddetto venditore al dettaglio, che si obbliga al pagamento del prezzo, salva la facoltà di quest ultimo di restituirli. Il pagamento, quindi, diviene esigibile nel momento in cui l affidatario aliena le cose a terzi, ovvero quando la restituzione diviene impossibile o, comunque, è scaduto il termine stabilito per la restituzione dei prodotti. Come si avrà modo di illustrare, a differenza di quanto accade con il contratto di consignment stock, il pagamento del prezzo determina il sorgere dei rispettivi obblighi di adempimento dei doveri tributari. Pertanto, tale tipologia contrattuale è destinata a rimanere confinata nel territorio nazionale, poiché non risolve i problemi propri del commercio internazionale. Diversamente, il consignment stock agreement risponde alle esigenze dell'acquirente, il quale ha la necessità di poter disporre prontamente dei beni, senza per questo doverne acquisire, con largo anticipo, la proprietà. Quanto ai profili fiscali del consignment stock, l Amministrazione Finanziaria si è pronunciata più volte in merito al trattamento Iva applicabile a tale formula contrattuale. I primi casi affrontati dall Amministrazione, riguardavano dei contratti di consignment stock stipulati tra soggetti appartenenti a Paesi membri della Comunità Europea. Con due Risoluzioni Ministeriali, rispettivamente quella del , n. 235/E, e quella del , n. 44/E, l Amministrazione ebbe a precisare che, nel caso di consignment stock intracomunitario, si era in presenza di un unica operazione, in considerazione della particolare clausola utilizzata per la vendita delle merci, che comporta uno stoccaggio presso i locali dell'acquirente, il quale ha l'esclusiva dell'acquisto. Pertanto, l operazione si considera realizzata solo (ed
3 P. 3 eventualmente) nel momento in cui si produce l effetto traslativo della proprietà, ovvero a seguito del prelievo dei beni dal deposito. Ai fini IVA, tale operazione integra una cessione intracomunitaria, non imponibile Iva, ex art. 41, lett. a), del D.L. 331/93, a condizione che i beni introdotti nel deposito vengano prelevati dal cliente. La fatturazione, in questo caso, è differita al momento dell'estrazione o, comunque, entro il termine massimo di un anno dall'invio. Inoltre, all'atto del verificarsi del prelievo, e quindi della cessione intracomunitaria, viene a costituirsi il plafond di cui all'art. 8, comma 2, D.P.R. n. 633/1972. In ambito comunitario, tuttavia, è prevista un eccezione. Infatti, con riferimento alle cosiddette triangolazioni comunitarie, è stato escluso il differimento del regime di non imponibilità IVA. È quanto è stato affermato con la risoluzione dell Agenzia delle Entrate n. 49 del 15 febbraio Il caso riguarda un cessionario comunitario che acquista beni dal cedente italiano, il quale deve consegnarli ad un soggetto terzo. In tale ipotesi, il consignment stock agreement stipulato tra cessionario e terzo non rileva per il cedente italiano, il quale deve identificarsi ai fini IVA nel Paese di destinazione. Infatti, a parere dell Amministrazione Finanziaria, la circostanza che, nel caso in esame, il passaggio di proprietà non si realizza all atto della spedizione dei beni mette in dubbio la configurabilità dell operazione come cessione intracomunitaria in partenza dall Italia, sicché la cessione effettuata dal cedente italiano nei confronti dell acquirente comunitario non può essere qualificata come non imponibile, ai sensi dell art. 41 del D.L. n. 331 del A conclusioni analoghe a quelle prima esposte, a fronte di agreement stipulati tra Paesi membri dell Unione Europea, è giunta l Amministrazione Finanziaria, a proposito di un contratto di consignment stock stipulato nei confronti di operatori stabiliti al di fuori della Comunità Europea. Invero, in tale caso, era stato sollevato un problema, poiché il regime di non imponibilità Iva è subordinato alla sussistenza di due condizioni: il trasferimento fisico dei beni fuori dal territorio dello Stato e il fatto che ciò avvenga contemporaneamente al trasferimento della proprietà dei beni stessi. Quest ultima circostanza non veniva realizzata attraverso lo schema del consignment stock, in virtù del quale la proprietà dei beni si trasferisce solo al momento del prelievo delle merci dal magazzino da parte del cliente.
4 P. 4 Tuttavia, l Amministrazione, con la Risoluzione 58/E/2005, assimilò questa operazione alla cessione all esportazione. Ciò perché, in presenza del contratto di consignment stock, l operatore nazionale era obbligato a vendere i propri prodotti all operatore extracomunitario, nonostante la cessione vera e propria si sarebbe realizzata in un secondo momento, appunto all atto del prelievo dal deposito. Quindi, anche in questa ipotesi, a parere dell Amministrazione Finanziaria, si realizzano i presupposti per inquadrare l'operazione come cessione all'esportazione non imponibile ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera a, D.P.R. n. 633/1972. Quanto al plafond, di cui all'art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, esso si costituirà solo nel momento e nella misura in cui le merci oggetto della cessione risultino prelevate dall'acquirente e debitamente fatturate dal fornitore. La questione si complica ulteriormente nel caso di esportazioni franco valuta. Si tratta di operazioni utilizzate per inviare beni presso propri depositi all'estero e non, invece, presso depositi del cliente o di terzi; in tal caso il corrispettivo viene incassato al momento della vendita in base alle condizioni previste. Un primo orientamento riteneva che con queste operazioni, all'atto dell'esportazione delle merci, non si verificasse alcuna cessione a titolo oneroso e che, quindi, la rivendita effettuata nel paese terzo non avesse alcuna rilevanza agli effetti dell'iva ai sensi dell'art. 7, comma secondo, D.P.R. n. 633/1972. Una recente risoluzione dell'agenzia delle Entrate ha esaminato tale fattispecie, dettando la nuova disciplina applicabile alle suddette operazioni. Infatti, l Amministrazione Finanziaria, con la Risoluzione 94/E/2013, ha qualificato come non imponibili Iva le cessioni di beni in un Paese extra Ue effettuate successivamente all'invio in regime di franco valuta, purché in presenza di un impegno contrattualmente vincolante assunto fin dal principio con il cliente. In pratica, con il pronunciamento de quo, è stato esteso, a tali cessioni, il trattamento per l'imposta sul valore aggiunto applicabile nel caso del tradizionale consignment stock. Ciò perché, secondo il disposto dell art. 8 del D.P.R. 633/1972, per considerare un operazione come cessione all esportazione, e non come cessione extraterritoriale, è necessario dimostrare, fin dall inizio, il vincolo finalistico dell operazione, ovvero che essa è stata concepita in vista del definitivo trasferimento all estero delle merci oggetto di cessione (Cass. n /2012). In tal
5 P. 5 modo, quindi, con il prelievo dei beni da parte dell acquirente, si dà esecuzione alla compravendita, realizzandosi i presupposti per la qualificazione dell operazione come non imponibile, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera a, D.P.R. n. 633/1972. In conclusione, all'atto delle singole vendite, il cedente dovrà emettere una regolare fattura (non imponibile, ex articolo 8, comma 1, lettera a, del D.P.R. 633/72) con la dicitura «operazione non imponibile», annotandola sul registro di carico/scarico. A questo punto, le vendite concorreranno alla formazione del volume d'affari e del plafond. Si resta a disposizione per qualsivoglia approfondimento in merito a quanto argomentato. Per ulteriori informazioni contattare: Dott.ssa Noemi Graceffo Tel (+39) noemi.graceffo@ssalex.com
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