TESTO 1 Signoria e servitù: il duplice rapporto del signore verso la cosa e verso il servo

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1 TESTO 1 Signoria e servitù: il duplice rapporto del signore verso la cosa e verso il servo Il brano proposto fa parte della sezione A del capitolo sull Autocoscienza presente nella Fenomenologia dello Spirito. In essa riveste un ruolo centrale la dialettica del servo-signore che ha come riferimento storico il mondo degli schiavi greco-romano. Con l autocoscienza, afferma Hegel «siamo entrati nel regno originario della verità [ ] la coscienza ha la propria chiave di volta solo nell autocoscienza in quanto concetto dello Spirito». La prima manifestazione dell autocoscienza si ha, per Hegel, nel desiderio attraverso cui l uomo tende a imporsi su un altro uomo costringendolo a riconoscere il proprio dominio. L autocoscienza si dimostra dunque appagata solo nel momento in cui viene riconosciuta da un altra autocoscienza, generando un conflitto in cui il più debole accetta di diventare servo dell altro. Nel brano che segue Hegel: analizza il carattere coscienziale delle figure del servo e del padrone; descrive la dinamica e la peculiarità del rapporto tra le due autocoscienze. Il signore è la coscienza essente per sé. Non si tratta più soltanto del concetto della coscienza essente-per-sé, bensì della coscienza che è per sé in quanto mediata con sé da un altra coscienza; e all essenza di quest altra coscienza appartiene l essere sintetizzata come un essere autonomo, cioè con la cosalità in generale. Il signore si rapporta a questi due momenti: a una cosa in quanto tale, cioè all oggetto del desiderio, e all autocoscienza cui la cosalità è l essenziale. Il signore si rapporta (a) immediatamente a entrambi i momenti e (b) mediatamente a ciascuno di essi attraverso l altro, in quanto egli stesso è ormai a un tempo: a) concetto dell autocoscienza, e perciò rapporto immediato dell essere per-sé; b) mediazione, cioè essere-per-sé che è per sé solo mediante un altro. Il signore si rapporta dunque mediatamente al servo attraverso l essere autonomo. Il servo, infatti, è legato proprio a questo essere, da cui non ha potuto astrarre nel corso della lotta e che adesso costituisce la sua catena: egli si è rivelato non-autonomo proprio perché ha voluto avere la propria autonomia nella cosalità. Il signore, invece, avendo dimostrato nella lotta di considerare l essere autonomo soltanto come un negativo, è la potenza che domina su questo essere, e questo essere è a sua volta la potenza che domina sull altro, cioè sul servo, ecco allora che la conclusione di questo sillogismo è: il signore domina su questo altro. In parallelo, il signore si rapporta mediatamente alla cosa attraverso il servo. Anche il servo, infatti, in quanto autocoscienza in generale, si rapporta negativamente alla cosa e la rimuove; per lui, però, la cosa è a un tempo autonoma, ed egli pertanto, pur negandola, non può annientarla del tutto: il servo può solo elaborare la cosa, trasformarla col proprio lavoro. In virtù di questa mediazione del servo, per converso, il rapporto immediato diviene per il signore la negazione pura della cosa, diviene cioè il godimento; e ciò che non era riuscito al desiderio - annientare la cosa e appagarsi nel goderne -, riesce adesso al godimento del signore. Il fallimento del desiderio era dovuto all autonomia della cosa; adesso, invece, inserendo il servo tra la cosa e se stesso, il signore si conclude sillogisticamente solo con la non-autonomia della cosa, e quindi ne gode allo stato puro. Il lato dell autonomia della cosa egli lo lascia al lavoro del servo. In questi due momenti, per il signore si viene attuando il suo essere-riconosciuto da parte di un altra coscienza. Quest altra coscienza, infatti, si pone come inessenziale, una volta, nell elaborazione

2 della cosa, e, un altra volta, nella dipendenza da un esistenza determinata. In nessuno dei due momenti, dunque, questa coscienza può dominare sull essere e pervenire alla negazione assoluta. Qui è dunque dato quel momento del riconoscimento in cui l altra coscienza rimuove se stessa come essere-per-sé e fa la stessa cosa che la prima coscienza fa verso di essa. A un tempo, è dato anche l altro momento, quello cioè in cui il fare della seconda coscienza è il fare proprio della prima: ciò che fa il servo, infatti, è propriamente il fare del signore. Il signore è soltanto l essereper-sé, l essenza, la pura potenza negativa agli occhi della quale la cosa non è nulla e il suo è dunque un fare puro ed essenziale all interno di questo rapporto; il fare del servo, invece, non è puro ma è inessenziale. Al riconoscimento vero e proprio, tuttavia, manca il momento in cui ciò che il signore fa verso l altro, lo fa anche verso se stesso, e ciò che il servo fa verso se stesso, lo fa anche verso l altro. Mancando questo momento, pertanto, è sorto un riconoscimento unilaterale e disuguale. Per il signore, in tal modo, la coscienza inessenziale è l oggetto che costituisce la verità della certezza di se stesso. È chiaro, però, che questo oggetto non corrisponde affatto al suo concetto. Proprio quando il signore si realizza compiutamente come signore, egli vede dinnanzi a sé tutt altro che una coscienza autonoma, ma piuttosto una coscienza nonautonoma. Il signore, dunque, non è certo dell essere-per-sé come verità, al contrario: la sua verità è la coscienza inessenziale e il fare inessenziale di questa coscienza. Di conseguenza, la verità della coscienza autonoma è la coscienza servile. Certo, questa appare inizialmente fuori di sé e non come la verità dell autocoscienza. Come però la signoria ha mostrato che la sua essenza è proprio l inverso di ciò che la signoria stessa vuole essere, così anche la servitù, una volta compiuta, diventerà il contrario di ciò che è immediatamente. Tornata al proprio interno come autocoscienza risospinta entro sé, la servitù si trasformerà allora nel proprio rovescio, e diverrà la vera autonomia. G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, trad. it. E. Arrigoni, Armando Editore, Roma 2000 GUIDA all ANALISI 1-4 Hegel afferma sin dal principio il tema del riconoscimento secondo cui, per essere tale, l autocoscienza deve essere riconosciuta da un altra autocoscienza senza la quale essa non può essere considerata in sé e per sé. L autocoscienza è destinata a perdere se stessa ritrovandosi come un altra essenza e al tempo stesso porta via l altro pur accogliendolo in sé. Sia la vita che l autocoscienza pura sono essenziali per l autocoscienza poiché la prima costituisce l essenza della coscienza non autonoma che viene rappresentata dalla figura del servo (essere-per-l altro) mentre la seconda costituisce la coscienza autonoma rappresentata dal signore (essere-per-sé). Il signore è dunque tale grazie al servo, il quale dipende dal signore per giungere all essere autonomo Il signore si rapporta al servo attraverso la mediazione dell essere-per-sé che sussiste solo grazie all altro. Il servo, incapace di giungere all astrazione, è legato alla cosalità e sottomesso all essere autonomo che risulta, a sua volta, dipendente dal signore, il quale lo considera come momento puramente negativo. 19, 22, Così come l essere autonomo rappresenta la mediazione tra il signore e il servo, così il servo costituisce la mediazione tra il signore e la cosa. Il signore infatti si rapporta alla cosa attraverso il lavoro del servo mentre quest ultimo si rapporta alla cosa in modo immediato. La cosalità assume dunque valore autonomo per il servo che la elabora trasformandola con il proprio lavoro, ma non per il signore che può godere della cosa solo mediante il lavoro del servo.

3 39-42 Il signore realizza attraverso questi due momenti il suo essere riconosciuto da parte di un altra coscienza che si pone in modo inessenziale prima nell elaborazione delle cose e poi nella dipendenza dal signore. Nel momento del riconoscimento del signore, la coscienza del servo rimuove se stessa come essere-per-sé e compie la medesima cosa che la coscienza del signore fa verso di essa. Il signore è solo l essenza agli occhi della quale la cosa non è nulla e il suo è un fare puro ed essenziale all interno di questo rapporto. Invece il servo, che non ha ancora coscienza del proprio operato e non ha ancora raggiunto l autocoscienza di sé, non ha niente di puro e risulta dunque inessenziale. Solo attraverso il lavoro del servo il signore può godere delle cose mantenendo la propria autonomia, ovvero non sentendosene dipendente Il dominio e l autonomia del signore risultano essere apparenti perché egli, realizzandosi come signore, vede davanti a sé una coscienza non autonoma, perciò la verità della coscienza autonoma appare come coscienza servile che è inizialmente fuori di sé. Ma così come la signoria ha mostrato che la sua essenza è l opposto di ciò che vuole essere, allo stesso modo anche la servitù, una volta compiuta, è destinata a trasformarsi nel suo opposto divenendo autonomia. LABORATORIO 1. Dal testo al contesto Inserisci l articolazione del rapporto tra servo e padrone all interno della dialettica hegeliana che conduce dalla coscienza all autocoscienza. 2. La struttura del testo Rappresenta attraverso una mappa concettuale i passaggi che determinano la dinamica tra servo e padrone. 3. L interpretazione del testo In che cosa consiste la dinamica del riconoscimento? Descrivi il rapporto del servo con la cosa e del padrone col servo. Perché, nella dinamica tra servo e padrone, la verità della coscienza si rivela opposta all essenza che essa vuole essere? TESTO 2 La conciliazione della coscienza infelice La contraddizione intrinseca dell autocoscienza enunciata attraverso la dinamica servo-padrone, genera nell individuo una lacerazione interiore che lo conduce all incapacità di conciliare la propria essenza limitata con l essenza immutabile e infinita di Dio. Nell estratto che segue, tratto dalla sezione relativa all Autocoscienza della Fenomenologia dello Spirito, l autore: descrive la scissione della coscienza infelice ; espone il movimento di riconciliazione delle due autocoscienze. Questa coscienza infelice scissa entro se stessa è così costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza una coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche l altra; e in tal modo, mentre essa ritiene di aver già conseguita la vittoria e la quiete dell unità, deve immediatamente venir cacciata da ciascuna [delle due coscienze]. Ma il suo vero ritorno in se

4 stessa, o la sua conciliazione con sé, rappresenterà il concetto dello spirito, che, ormai vitale, è entrato nella sfera dell esistenza: e ciò perché essa in lei, come una coscienza indivisa, è nel medesimo tempo coscienza duplicata; essa stessa è l intuirsi di un autocoscienza in un altra; essa stessa è l una e l altra autocoscienza, e l unità di entrambe le è anche l essenza: ma essa per sé non è ancora questa essenza medesima; essa per sé non è ancora l unità di tutte e due le autocoscienze. Essendo essa da prima solo l unità immediata di entrambe le autocoscienze, ma non essendo entrambe per lei lo stesso; per lei anzi essendo opposte; l una, quella semplice e intrasmutabile, le è l essenza; mentre l altra, quella che si trasmuta per molte guise, le è l Inessenziale. Ambedue sono per essa essenze reciprocamente estranee; essa stessa, essendo la coscienza di questa contraddizione, si pone dal lato della coscienza trasmutabile ed è a se stessa l Inessenziale; ma come coscienza dell intrasmutabilità o dell essenza semplice deve in pari tempo procedere a liberarsi dell Inessenziale, vale a dire a liberare sé da se stessa. [ ] Ma in questo movimento la coscienza duplicata fa esperienza appunto di quello scaturire della singolarità nell intrasmutabile e dell intrasmutabile nella singolarità. Si attua per essa la singolarità in genere nell essenza intrasmutabile, e si attua in pari tempo la sua in lei. Giacché la verità di siffatto movimento è appunto l esser-uno di questa coscienza duplicata. G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, trad. it. E. De Negri, La Nuova Italia, Firenze 1973 GUIDA all ANALISI 1-4, 7-10 Per Hegel il rapporto tra le due autocoscienze all interno della coscienza infelice si costituisce come rapporto tra l essenza (identificabile con l infinito o con Dio) e l inessenziale (il finito o l uomo). Davanti all infinito la coscienza religiosa deve riconoscere il proprio nulla se vuole diventare veramente se stessa. Ma siccome le due autocoscienze sono ugualmente essenziali e contraddittorie, la coscienza infelice è costretta a vivere nella lacerazione e nell inquietudine. Le due autocoscienze, apparentemente distinte e contrapposte nella coscienza infelice, sembrano intuirsi l un l altra ma sono in realtà una cosa sola priva però della consapevolezza dell essenza unitaria che verrà raggiunta solo attraverso il passaggio allo Spirito Le due autocoscienze non concepiscono ancora la propria unità essenziale all interno della coscienza infelice ma si considerano come estranee e contrapposte poiché una di esse si definisce come essenza sempre uguale a se stessa (quella divina) mentre l altra si concepisce come mutevole e inessenziale (quella umana) La coscienza mutevole e finita dell uomo percepisce l immutabile come qualcosa di lontano, inaccessibile e trascendente. Questa opposizione tra finito e infinito viene percepita dalla coscienza infelice che diviene consapevole della contraddizione e si pone dalla parte del finito. Essa deve liberarsi da se stessa poiché, sebbene per sé essa sia soltanto una coscienza mutevole e la coscienza immutabile appaia come qualcosa di estraneo, è consapevole che la propria essenza è costituita proprio dalla coscienza immutabile. La coscienza infelice si trova in uno stadio intermedio in cui il pensiero astratto raggiunge il contatto con la singolarità. In quanto coscienza pura, la coscienza infelice cerca di raggiungere l immutabile, il pensiero puro, ma non lo può raggiungere poiché non è ancora consapevole che l immutabile non è altro che se stessa. LABORATORIO

5 1. Dal testo al contesto Attraverso la figura della coscienza infelice si giunge in modo dialettico alla fusione di infinito e finito, di coscienza immutabile e coscienza mutevole. Spiega in che modo Hegel trasferisce questa figura filosofica al livello storico-religioso e socio-politico. 2. La struttura del testo Evidenzia nel testo i caratteri della coscienza infelice e raccoglili in uno schema che, partendo dal contrasto tra le due autocoscienze, conduca allo sviluppo finale nella figura dello Spirito. 3. L interpretazione del testo Perché, all interno della coscienza infelice, le due autocoscienze si percepiscono come separate e opposte? Come avviene, per Hegel, la conciliazione della coscienza infelice? 4. L attualizzazione del testo La figura della coscienza infelice è utilizzata da Hegel per indicare lo stato di lacerazione interiore e di scissione tra l essenza finita dell uomo e quella infinita di Dio. Rifletti sulla tua concezione del rapporto dell uomo con l infinito al di là di ogni specifico credo religioso.

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