L'edificio dell'istituto tecnico per le attività sociali Padre Matteo Ricci di Macerata, ultimo realizzato in ordine di tempo dalla Provincia di

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4 L'edificio dell'istituto tecnico per le attività sociali Padre Matteo Ricci di Macerata, ultimo realizzato in ordine di tempo dalla Provincia di Macerata, dopo essere stato giudicato tra i migliori d'italia per qualità e sicurezza delle strutture (indagine Cittadinanzattiva 2008), ora può vantare di essere anche un prezioso scrigno d'arte. Grazie alla sensibilità dell'artista di fama internazionale, Enzo Cucchi, la scuola custodisce un prezioso mosaico concepito per celebrare il grande missionario maceratese Padre Matteo Ricci, di cui Macerata, le Marche, l'italia, l'europa e la Cina si apprestano a celebrare il IV centenario della morte. L'Itas di Macerata può quindi onorare il gesuita del XVI secolo, non solo con l'intitolazione della scuola, ma anche con un'opera d'arte al suo interno che, celebrano il percorso missionario e di evangelizzazione compiuto da Padre Matteo Ricci,

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8 L anima vuole le sue immagini e quando non le trova crea dei sostituti: tabelloni e graffiti, per esempio. Spesso questi segni sono fatti in luoghi pubblici e vengono ad essere in certi casi deturpazione dei monumenti, in realtà vorrebbero dare un volto a un muro impersonale. Il Titolo che non c'è Il mosaico di Enzo Cucchi non ha nessun titolo. Quando il mosaico fu installato, chiesi a Cucchi, con un pizzico di ingenuità forse, se intendeva dare un titolo alla sua opera. La risposta fu: Gli artisti creano, non danno titolo alle opere; metti pure il titolo che credi. Certo il titolo è una specie di bussola per orientarsi, una chiave per disserrare meglio il viaggio dentro l'immagine, la combinazione per aprire la cassaforte dei segreti, ma nella risposta di Cucchi c'è una grande verità: i titoli stanno comunque fuori dall'immagine, sono altro che a volte si mescola inopinatamente all'opera fino a confondere e ad alterare i sensi e le verità artistiche.

9 I titoli stanno sempre all'inizio di qualcosa, difficilmente dentro, sono quindi pensati non in seno all'immagine, che è sempre fine a se stessa, ma in un dopo che può non appartenere all'artista. Tutto ciò lo capii, o meglio, mi pare di averlo capito nel momento in cui cominciai a giocare con l'idea del titolo, che ovviamente sarebbe stato solo il mio. Cucchi nasce anche come poeta, i suoi anni giovanili parlarono con questa lingua. Questo tratto dismesso nei fatti e nelle scelte, ha però lasciato un'evidente traccia sulle sue immagini e idee pittoriche. É evidente lo spirito narrativo composto da monomi ancestrali che, anche quando si reiterano, scompongono e ricompongono sempre espressioni e tracciati dove è percepibile una incandescente sintassi linguistica. La montagna, il mare, la mancanza assoluta di confini: un'unica formula, quasi metafisica, intesa come finitezza senza confini che ci riconsegna la tragedia personale di Cucchi e dell'uomo; proprio in questo senso la traccia gialla del mosaico assomiglia al <<varco>> della Casa dei doganieri di Montale: il varco tra passato ed essere, tra tragedia e sopravvivenza.

10 La speranza dell'indicazione del braccio che salva, come un angelo o una statua della libertà è dettaglio, sogno, aspirazione: una forza pulsante di un'energia esistenziale che si autoalimenta e sopravvive alla distruzione e all'esaurimento. Nel bozzetto che Cucchi mandò il braccio era giallo, di un giallo elettrico e incandescente, sullo sfondo erano presenti dei cipressi che richiamavano inesorabilmente la morte, la fine, i teschi, le crocifissioni dell'esistenza. Nel mosaico il braccio ha perso il suo giallo ed è diventato di un blu che sfuma quello del contesto circostante, dove il mare, il nostro, quello delle Marche, diviene specchio, emozione necessaria e quindi la montagna che scende al mare segna il superamento di tutti i confini o meglio il rovesciamento, senza paradossi del nostro reale percepire. Questo gioco, queste mie considerazioni mi portarono a pensare ad un titolo, che rovesciasse, che recuperasse i luoghi comuni della realtà e del mito a cui siamo incollati. Pensai quindi, per finire il gioco, a: gli dei non abitano più sulle montagne, né in fondo al mare, si incontrano sulle colline. Ma il titolo non c'è e forse neanche le mie parole e i mie pensieri. C'è l'immagine di Cucchi.

11 Il progetto: i doni che ancora non ci sono, ma che forse arriveranno. L'idea della bellezza come fatto politico, pensata a scuola e per la scuola, non si vuole esaurire. Speriamo che il dono di Cucchi possa alimentare altri doni, convincere altri a queste dolci provocazioni, fare in modo che la bellezza possa riorientare i nostri passi, i nostri pensieri, la nostra esistenza. Non vogliamo più restare soli con le indicazioni astratte dei piani di evacuazione antincendio. Alla prossima opera. Il Dirigente scolastico Alfio Albani

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