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1 Gli Amministratori della scuola di ANCI, UPI e Legautonomie dell Emilia Romagna, riunitisi il 31 ottobre 2012 per affrontare il tema del sistema delle scuole d infanzia analizzati i dati regionali che vedono nella nostra regione il 47,06% di bambini iscritti nelle sezioni di scuole d infanzia statali, mentre il 52,94% dei bambini è iscritto in scuole non statali di cui il 36,41 % frequenta scuole paritarie comunali e il 62,86 scuole paritarie private.(dati a.s ). Confrontati questi dati con quelli ricavati dal sito MIUR aggiornati al 2008/09 che ci riportano una media nazionale d offerta statale che si attesta intorno al 58,09% e una forbice che va dalla percentuale minima del 32,15% della regione Veneto alla massima dell 80% delle Marche e vede cinque regioni al di sotto della media: Lazio -2,3%; Liguria -4,7%; Emilia Romagna -11,3%; Lombardia -15,7%; Veneto -26,6%. Tenuto conto che, in Emilia-Romagna, la copertura del servizio (bambini accolti) risulta intorno al 92,5% dell utenza potenziale (residenti per classe d età) e che le norme nazionali vigenti (D.Lgs. 59/2004 art.1) pur definendo la scuola d infanzia non obbligatoria e di durata triennale, ne assicurano la generalizzazione dell offerta formativa e della possibilità di frequenza, e a tal fine prevede anche la possibilità di accordi fra uffici scolastici regionali (USR) e competenti uffici delle regioni e dei comuni Denuciano la scelta di politica nazionale che ha bloccato la consistenza degli organici esistenti nell anno , fortemente ridimensionati per effetto dell applicazione triennale dell art. 64 del DL 112 del 25 giugno 2008, che ci consegna un organico nazionale che nei totali per il 2012 appare invariato sul 2011 per tutti gli ordini e gradi di scuola tranne che per la materna, dove invece è in calo di 167 unità (calo che si assomma ad altri cali di organico operati di fatto negli anni precedenti senza evidenziarlo esplicitamente per un totale di circa 600 posti nel triennio - Fonte Tuttoscuola). 1

2 Ritengono necessario un piano concertato fra Stato, Regioni ed Enti Locali che, partendo dai dati reali e aggiornati e tenendo conto anche della tendenza demografica, si ponga come obiettivo un riequilibrio della distribuzione dell organico che lo stato impegna per la generalizzazione della scuola d infanzia, definendo un piano temporale certo e scandito in un periodo definito (triennio/quinquennio). Ritengono di riaffermare la scelta politica della regione Emilia-Romagna della generalizzazione del servizio attraverso un sistema integrato d istruzione normato dalla legge regionale 12/2003, che ha dato origine a un modello di gestione che vede il confronto positivo e stimolante di tre diverse offerte formative nella scuola d infanzia. In Emilia-Romagna sono 33 i comuni che hanno scuole d infanzia con tre sistemi di gestione: statali, comunali, private; sono 49 i comuni che hanno la gestione diretta di scuole d infanzia (di cui uno ha solo scuole comunali). Sono 11 su 348 i comuni dell Emilia-Romagna che non hanno nessuna scuola d infanzia, 158 i comuni hanno due tipi di gestioni;146 comuni hanno un solo tipo di gestione; 113 comuni (33%) hanno esclusivamente scuole statali su 289 comuni (83%) in cui è presente lo stato; 32 comuni hanno esclusivamente scuole private su 226 comuni (65%) con private. Sottolineano il valore del sistema integrato che vede in diverse città una quota di scuole comunali di circa un terzo e comunque mai inferiore al 20%, che favorisce nel sistema il confronto qualitativo, la qualificazione dei modelli e il coordinamento da parte di qualificati pedagogisti in rapporto con le università. Chiedono di salvaguardare l autonomia politica delle regioni nella scelta del modello più rispondente ai bisogni e alla storia del proprio territorio, definendo uno strumento che riconosca il valore delle scuole paritarie e del modello integrato assumendolo come strumento per il raggiungimento della generalizzazione del sistema d istruzione. Peraltro, ad una attenta analisi dei costi di gestione è facilmente dimostrabile la maggior sostenibilità di un sistema misto rispetto alla sola statizzazione. 2

3 Rivendicano La necessità di riconoscere la funzione sussidiaria del sistema integrato garantendo: il trasferimento di risorse economiche congrue partendo dalla definizione concordata dei livelli e degli standard delle prestazioni. L attuale trasferimento di risorse rappresenta circa l 8% dei costi reali e se non rivisto rischia di far fallire il sistema; un quadro normativo che equipari le regole per la spesa e le assunzioni di personale delle scuole dei comuni a quelle relative alle scuole dello Stato, quantificando l organico in rapporto alle sezioni e al numero di iscritti, e svincolandolo totalmente dai limiti posti al bilancio dei singoli comuni; l esclusione dai vincoli del patto di stabilità della spesa corrente e d investimento riferita alla scuola; un piano straordinario nazionale d investimenti sull edilizia scolastica, per manutenzioni e adeguamento strutturale antisismico e sicurezza, considerate le norme in continuo cambiamento e sempre più esigenti, senza relativi finanziamenti e con vincoli di bilancio dati dal rispetto del patto di stabilità. Chiedono sia data una particolare attenzione all organico della scuola d infanzia, che necessita di un piano di riequilibrio sul territorio nazionale in presenza di: una significativa percentuale d aumento demografico, che richiederebbe un utile confronto fra nati e iscritti per avere un quadro oggettivo, completando i dati degli organici coi dati del sistema integrato nel suo insieme; un aumento della domanda segnatamente di nati da stranieri, che necessitano ancor più di più tempo scuola e più alfabetizzazione e inclusione. Non trascurabile per le comunità il valore d'inclusione anche fra genitori attraverso la scuola d'infanzia; situazioni in cui, pur in presenza di un sistema integrato costituito da paritarie e statali, si verifica in alcune città, che bambini che trovano posto al nido vengano poi esclusi dalla scuola d infanzia per mancanza di posti; una funzione di supplenza dei comuni dell'emilia Romagna che in 120 sezioni statali a orario ridotto garantiscono, su molte di queste, il completamento orario pomeridiano; una incoerente applicazione di programmi governativi dichiarati all'inizio della riorganizzazione voluta dal ministro Gelmini, che per quanto riguardava la scuola 3

4 d infanzia aveva per lo meno escluso qualunque taglio di posti già esistenti (garantendo possibili redistribuzioni territoriali perequative fra Regioni laddove vi fosse un effettivo calo demografico) norme sul personale degli enti locali che, fino ad ora, NON riconoscono alla scuola d'infanzia (e ai nidi) dei comuni, che assolvono a una funzione sostitutiva dello Stato, la medesima dignità della scuola statale, impedendo di fatto le assunzioni a termine e a tempo indeterminato. Appare perciò evidente non soltanto la volontà di non generalizzare la scuola d'infanzia ma di ridurla e, addirittura, di perseguitare i comuni che garantiscono servizi suppletivi su funzioni dello Stato; calendario scolastico che, per la scuola d infanzia, registra significative differenze fra paritarie e statali a danno dell esigenze dei genitori che lavorano e che vede di nuovo un impegno organizzativo ed esposizione economica degli enti locali a supplenza dello Stato, a fronte di trasferimenti calanti sia sulla qualificazione del sistema delle scuole d infanzia, sia sui trasferimenti ai dirigenti statali per potenziare l organico; mancanza di un quadro di prospettiva certo sulle sezioni primavera e interruzione del finanziamento e della loro possibile estensione. ANCI, UPI e Legautonomie intendono farsi carico di rappresentare le difficoltà di quei comuni che se non si applicano alle scuole comunali le stesse regole dello Stato saranno costretti a scelte devastanti. Ma va sottolineato che anche i nidi, che sono a carico solo dei bilanci dei comuni, hanno lo stesso problema. Le novità introdotte nella legge 27/2012 per le aziende speciali e le istituzioni, nonché quelle inserite nella conversione del decreto fiscale, attenuano il problema pur non risolvendolo definitivamente. La vera soluzione sarebbe togliere la scuola e i nidi dal patto di stabilità (sia spesa corrente che investimenti) e per le sostituzioni estendere ai comuni l applicazione delle norme delle scuole statali. È già in atto da parte dei comuni un forzato disimpegno sul fronte dei servizi all infanzia, per rispettare i vincoli di bilancio imposti con tagli lineari che danneggiano principalmente e paradossalmente proprio quei comuni che offrono più servizi educativi. E quindi importante che lo Stato sia consapevole che questo comporterà un arretramento rispetto sia agli impegni di Lisbona sui nidi sia alla generalizzazione del servizio sulle scuole d infanzia. Questo costringerà lo Stato a dover ripristinare i servizi con un significativo aggravio per il bilancio statale e un elevato aumento di costi per un servizio a quel punto totalmente statizzato rispetto all attuale funzionante sistema integrato. 4

5 Ecco perché chiediamo di essere ascoltati. Decidere di non sostenere gli Enti Locali oggi significa di fatto chiudere i servizi per l infanzia o prevedere un insostenibile aggravio di spesa. Chiediamo di tutelare l educazione della nostra infanzia. Stiamo rivendicando una sostenibilità normativa ed economica dei servizi per l infanzia, disponibili ad analizzare e confrontare diversi modelli di gestione e consapevoli che i costi devono essere distribuiti su Stato, Enti Locali e famiglie, ma devono essere sostenibili per tutti, pena l arretramento della società nel suo insieme. COORDINAMENTO REGIONALE UNITARIO DEGLI ASSESSORI ALLA SCUOLA DI ANCI, LEGAUTONOMIE E UPI DELL EMILIA-ROMAGNA 5

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