LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI

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1 LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI 5 C A P I T O L O Esistono particolari situazioni fisiologiche o patologiche, o alcune circostanze della vita, o alcuni mestieri e professioni, nei quali per le vaccinazioni vanno seguite specifiche precauzioni e quindi si richiedono alcune particolari conoscenze (Principi N et al., 1996; Siegrist CA, 1997). L elenco è un po lungo, ma le circostanze e i problemi che si pongono al medico, e al pediatra in particolare, al momento della vaccinazione, sarebbero in effetti molti di più. NATI DA PARTO PREMATURO E PICCOLI PER L ETÀ GESTAZIONALE I nati pretermine e i nati di basso peso per l età gestazionale sono più a rischio di sviluppare complicazioni di malattie prevenibili con le vaccinazioni, ma sono anche più a rischio di non ricevere le vaccinazioni alle età indicate nel Calendario nazionale (Saari TN e Committee on Infectious Diseases, 2003). Nei nati da parto prematuro e nei piccoli per la data, l inizio della vaccinazione deve seguire semplicemente l età cronologica postnatale, senza ritardare, come veniva consigliato in passato, l inizio della vaccinazione a seconda del peso alla nascita o del grado di prematuranza. Anche quei bambini che hanno avuto un emorragia intracranica o altri eventi neurologici gravi dopo la nascita devono seguire per l inizio delle vaccinazioni solo l età cronologica (Pullan CR et al., 1989; Conway SP et al., 1993). Va tenuto presente che a volte, poiché questi bambini soggiornano in ospedale per qualche mese, in attesa di aver raggiunto un peso sufficiente per tornare a casa, ci si può trovare di fronte alla necessità di eseguire le vaccinazioni del terzo mese di vita mentre il bambino è ancora ricoverato. In tutti i casi le dosi impiegate sono quelle previste per i singoli vaccini nella vaccinazione primaria, in uso per i nati con peso normale (tab. 5.1) e quindi non dosi ridotte, come da qualcuno veniva praticato nel passato. Tabella 5.1 Vaccinazioni di neonati pretermine Vaccino Età Dose Modalità di somministrazione DTPa 2-3 mesi Piena Può essere somministrata anche al secondo mese Polio IPV 2-3 mesi Piena Epatite B 2-3 mesi* / ** Piena Hib 2-3 mesi Piena Serie di due dosi più un richiamo Influenza > 6 mesi Mezza dose Prima dei 6 mesi di età, se necessario, vaccinare i membri della famiglia BCG > 3-9 mesi Piena Se il rischio è basso ritardare la vaccinazione * Anche se il peso alla nascita era inferiore ai 2 kg ** Se si tratta di figli di madre HBsAg positiva, la vaccinazione va eseguita il prima possibile, indipendentemente dal peso Nonostante queste raccomandazioni si è visto che per la vaccinazione con DTPa, polio e la prima dose di MPR, i bambini con peso molto basso alla nascita vengono vaccinati negli Stati Uniti con un certo ritardo: tale metodica in casi particolari potrebbe comportare dei rischi (Longkamp DL et al., 2001). Anche se nei nati prima della 27 a settimana di gestazione, le risposte immunologiche alla vaccinazione con anatossine contro la difterite e il tetano sono caratterizzate da un livello anticorpale più basso alla fine della vaccinazione primaria, essa è comunque sufficiente per la protezione (Bernbaum JC et al., 1985). Infatti, per il basso rischio di una precoce esposizione verso questi agenti nei paesi industrializzati, è difficile che questa bassa sieroconversione abbia una qualche conseguenza clinica (Davis RL et al., 1999). Lo stesso dicasi per la vaccinazione contro la polio. Anche per quanto riguarda il vaccino contro l Haemophilus influenzae tipo b (Hib), pur essendo le risposte anticorpali più basse, almeno alle dosi iniziali (Heath PT et al., 2003), la maggior parte dei nati di peso molto basso può beneficiare della vaccinazione contro l Hib, quando la prima somministrazione avvenga alla stessa età cronologica dei nati a termine. La risposta al vaccino contro l Hib è discreta anche

2 LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI quando vengano usati vaccini combinati (Slack MH et al., 2003). La risposta dei bambini pretermine alla vaccinazione contro l epatite B è stata molto studiata: ancora non è stato stabilito quale sia il periodo ottimale per iniziare la vaccinazione contro l epatite B nei prematuri con peso inferiore ai 2 kg, per i quali sono stati riportati tassi di sieroconversione più bassi che nei nati a termine, soprattutto quando il peso sia inferiore a 1000 g (Chirico G et al., 1993; Huang FY et al., 1997; Kim SC et al., 1997; Patel DM et al., 1997). Per tale ragione l American Academy of Pediatrics ha suggerito di ritardare la vaccinazione contro l epatite B nei neonati con peso inferiore ai 2000 g (American Academy of Pediatrics, 2003). In caso di vaccinazione ritardata al momento della dimissione dall ospedale è stata riscontrata una risposta positiva nel 90% dei soggetti, con valori di anticorpi uguali o superiori a 10 miu/ml. Tuttavia, a distanza di tre anni dalla vaccinazione i pretermine immunizzati hanno mostrato risposte anticorpali simili a quelle dei nati a termine, anche se a un livello lievemente più basso (Khalak R et al., 1998; Kesler K et al., 1998) per la maggior parte degli antigeni usati. Anche dopo sette anni dalla vaccinazione, la maggior parte dei nati da parto estremamente prematuro aveva mantenuto livelli anticorpali entro i limiti considerati protettivi. Inoltre l avidità degli anticorpi, elemento essenziale nella valutazione delle difese conferite dalla vaccinazione, è in questi bambini confrontabile con quella dei nati a termine (Kirman KI et al., 2002). Solo le risposte al vaccino contro l Hib e al sierotipo 3 del virus polio furono meno intense di quelle notate nei nati a termine (Munoz A et al., 1995; Kristensen K et al., 1996) (tab. 5.2). Nonostante tutte queste conoscenze, come abbiamo visto, tutti i nati da madri HBsAg positive devono essere sottoposti, al più presto possibile, a profilassi (immunoglobuline e vaccino), seguita da controlli immunologici dopo il completamento della vaccinazione (tab. 5.3). Tabella 5.2 Risposte immunologiche nei nati da parto estremamente prematuro (PP) e in quelli nati a termine (T), per diversi vaccini (Kirman KI et al., 2002) Vaccino Media geometrica anticorpale Soggetti con titolo maggiore dei livelli di riferimento* Nati a termine Nati da parto estremamente prematuro Difterite Minore Tutti 13/16 Tetano Minore Tutti Tutti Hib Simile 12/16 10/16 Pertosse Simile = = Polio 1-2 Simile Tutti Tutti Polio 3 Minore Tutti 12/16 Epatite B Simile 11/16 12/14* * Per livelli di riferimento s intendono quelli al di sopra dei quali si manifesta la protezione Tabella 5.3 Immunoprofilassi contro l epatite B nei pretermine e nati con basso peso alla nascita per l età gestazionale (Saari TN et al., 2003) Situazione della madre Nati di peso > 2000 g Nati di peso < 2000 g HBsAg positiva Stato di HBsAg sconosciuto HBsAg negativa Vaccino contro l epatite B + IgHB (entro 12 ore dalla nascita) Immunizzare con quattro dosi a 0, 1, 2 e 6 mesi di età cronologica* Determinare il livello di anti-hbs entro un mese dalla quarta dose Se il lattante è HBsAg e anti-hbs negativo, va rivaccinato con tre dosi a due mesi di intervallo e successivamente di nuovo saggiato Vaccino contro l epatite B (entro 12 ore dalla nascita) e IgHB (entro sette giorni) se la madre risulti HBsAg positiva Determinare immediatamente l HBsAg nella madre Vaccinare con tre dosi: a 2, 4 mesi e dopo il compimento dell anno** Può essere usato un vaccino combinato Non è necessario controllare successivamente il livello di anti-hbs e di HBsAg Vaccino contro epatite B + IgHB (entro 12 ore dalla nascita) Immunizzare con quattro dosi a 0, 1, 2 e 6 mesi di età cronologica Determinare il livello di anti-hbs entro un mese dalla quarta dose Se il lattante è HBsAg e anti-hbs negativo, va rivaccinato con tre dosi a due mesi di intervallo e successivamente di nuovo saggiato Vaccino contro l epatite B + IgHB (entro 12 ore dalla nascita) Determinare immediatamente l HBsAg nella madre e se i risultati non sono disponibili entro 12 ore dare al neonato anche le IgHB Vaccinare con tre dosi: a 2, 4 mesi di età e dopo il compimento dell anno** Può essere usato un vaccino combinato Non è necessario controllare successivamente il livello di anti-hbs e di HBsAg * Questa è la schedula italiana. Quella degli Stati Uniti prevede solo tre dosi ** Schedula italiana: quella degli Stati Uniti prevede una prima dose durante il primo mese di vita, seguita da una dose dopo uno-tre mesi e da una terza a 6-18 mesi di età

3 5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI Si è osservato che a distanza di tre anni dalla vaccinazione, eseguita all età cronologica, di lattanti con peso alla nascita inferiore a 1000 g, il livello anticorpale ottenuto è simile a quello rilevato nei nati a termine per la maggior parte degli antigeni usati: come abbiamo visto, le risposte al vaccino contro l Hib e al sierotipo 3 del virus polio furono meno intense di quelle riscontrate nei nati a termine (Munoz A et al., 1995; Kristensen K et al., 1996). Per il nostro Paese, tutte queste discussioni hanno un valore puramente teorico, perché la nostra legislatura prevede l inizio della vaccinazione contro l epatite B al terzo mese, cioè in un periodo che può andar bene anche per i prematuri di peso più basso. Le risposte del pretermine alla vaccinazione alla nascita con BCG sono fortemente ridotte: solo il 32% dimostra una positività alla prova con PPD da due a quattro mesi dopo la vaccinazione. Per tale ragione sembra corretto rimandare la vaccinazione con BCG dei neonati pretermine a 3-9 mesi, quando essi si trovino a basso rischio per una precoce esposizione (Sedaghatian MR et al., 1993). La vaccinazione contro l influenza sarebbe molto utile nei pretermine con malattie croniche polmonari, come la displasia broncopolmonare. Tuttavia, poiché il vaccino contro l influenza non può essere somministrato prima del 6 mese, anche perché gli effetti collaterali sembrano essere più imponenti nel lattante di pochi mesi, per proteggere i pretermine, i piccoli per l età gestazionale o comunque quelli con malattie croniche gravi, si preferisce vaccinare i conviventi. I vaccini da consigliare oltre il 6 mese sono quelli a subunità o split. Rimane da discutere sui nuovi vaccini: quello contro lo pneumococco, il meningococco e la varicella. Poiché la prima dose del vaccino contro la varicella viene eseguita dopo l anno di età, non è qui il caso di discutere sulla sua somministrazione nei primi mesi. Invece per lo pneumococco e il meningococco va ricordato che sono state dimostrate una maggiore frequenza e gravità nei pretermine e nei piccoli per la data della patologia invasiva, da parte di questi due agenti infettivi; questi soggetti vanno infatti inclusi nelle categorie considerate a rischio (Principi N et al., 2005), con la raccomandazione di associare la somministrazione del vaccino eptavalente contro lo pneumococco e del vaccino coniugato contro il meningococco C all esavalente, ormai entrato di routine in tutti i centri vaccinali. Poiché è molto difficile eseguire tre somministrazioni di vaccino per via intramuscolare nella stessa seduta vaccinale, è possibile combinare la vaccinazione in vario modo: esavalente + vaccino contro lo pneumococco e dopo qualche giorno vaccino contro il meningococco, oppure esavalente + vaccino contro il meningococco e dopo qualche giorno vaccino contro lo pneumococco o, infine, il vaccino esavalente da solo e dopo qualche giorno gli altri due vaccini. DURANTE GRAVIDANZA E PUERPERIO 157 I neonati e i lattanti sono suscettibili a numerosi agenti infettivi, che aumentano la morbilità e la mortalità. Gli anticorpi materni trasmessi dalla madre, attraverso la placenta, prima della nascita conferiscono protezione verso malattie virali e batteriche, che sono spesso gravi nel primo mese di vita. In generale l immunizzazione attiva non viene praticata con successo in epoca neonatale per l immaturità della risposta immune, la lunghezza del tempo richiesto per lo sviluppo di un immunità attiva e per l interferenza degli anticorpi di origine materna (cap. 2, pag. 87). Ogni sforzo deve essere fatto perché la donna, prima di entrare in gravidanza, conosca in modo preciso e completo la sua situazione immunologica, nei confronti delle più rischiose malattie infettive: indicatori dell epatite B, sierologia della sifilide, della rosolia, della toxoplasmosi, del CMV, ma anche del morbillo, della parotite e della varicella. Per quelle malattie, verso le quali si dimostri suscettibile e per la quali esista una vaccinazione, è bene che si provveda tempestivamente (soprattutto rosolia ed epatite B). Per le malattie verso le quali non esista vaccinazione debbono essere prese tutte quelle misure preventive, ormai ben conosciute e sistematizzate. Nel caso che una donna in età fertile venga vaccinata contro la rosolia, va avvertita che deve aspettare un mese prima di entrare in gravidanza. Con Decreto Legge (GU 245 del ), Donne in gravidanza e tutela della maternità è stata stabilita l esenzione dai ticket in gravidanza per numerosi esami e prestazioni specialistiche, fra i quali la ricerca degli anticorpi verso il virus della rosolia (IgG e IgM) e verso il toxoplasma (EIA, IgG e IgM), entro la 13 a settimana e comunque al primo controllo; l antigene HBsAg va ricercato fra la 33 a e la 37 a settimana di gestazione. L IMMUNITÀ E L IMMUNIZZAZIONE DELLA DONNA IN STATO DI GRAVIDANZA La gravidanza si associa a lievi modificazioni del sistema immune, specialmente dell immunità cellulomediata, mentre la risposta umorale all immunizzazione è invece usualmente normale. Le risposte immuni della madre in gravidanza sono buone nella difesa verso patogeni extracellulari, che innescano difese che interessano l immunità umorale (anticorpi) con risposte del tipo Th2, nelle quali giocano un ruolo determinante le citochine IL-4, IL-5, IL-6, IL-9 e IL-10. Gli anticorpi della classe IgG, preferibilmente della sottoclasse IgG1, passano facilmente al feto durante tutta la gravidanza, ma il passaggio transplacentare aumenta

4 LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI nelle ultime quattro-sei settimane di gestazione con l ingrandimento della placenta. Le concentrazioni di anticorpi, particolarmente della sottoclasse IgG1, possono addirittura essere più elevate nel nato a termine che nella madre, per effetto della pompa placentare. Le immunoglobuline della sottoclasse IgG1 sono trasportate attraverso la placenta prima delle IgG2 e sempre esse sono le preferite nel trasferimento dalla madre al feto (Malek A et al., 1996; Simister NE, 2003; Malek A, 2003). Il passaggio attraverso il sinciziotrofoblasto del villo coriale è mediato dal recettore Fc del neonato (FcRn) (Simister NE, 2003). Le IgG materne hanno un tempo di dimezzamento di tre-quattro settimane nel neonato, rimanendo pertanto per tutti i primi sei mesi di vita e oltre. La durata della protezione si correla con il livello di anticorpi presenti alla nascita. Le difese legate invece all immunità cellulomediata, diretta verso agenti intracellulari, con risposte del tipo Th1 e con citochine INF-g, TNF-b e IL-2, è risultata poco efficiente e comunque, in linea di massima, non è trasferibile al feto. Nella donna in gravidanza esiste un fine gioco multidirezionale, fra le risposte immuni della madre al feto e all infezione, la risposta locale all infezione nella placenta e la risposta immune del feto (Reid TMS, 1998). Come si sa, anche il feto riesce a rispondere agli stimoli antigenici, ma in modo molto ridotto, in confronto all adulto. Comunque l immunità umorale acquisita dalla madre è essenziale per la protezione del lattante, dopo la nascita, verso una gran quantità di agenti virali e batterici (Halsey NA et al., 1990). Vi sono alcune prove che in qualche caso viene trasferita anche l immunità cellulomediata, ma non si conosce ancora il meccanismo di trasferimento. I lattanti con alte concentrazioni di anticorpi di origine materna sono protetti per tutto il tempo che è richiesto al loro sistema immune per rispondere adeguatamente ai vaccini. I nati da parto prematuro è difficile che possano beneficiare dell immunizzazione materna perché il trasferimento di anticorpi attraverso la placenta, prima del terzo trimestre di gravidanza, è basso. Una volta che la donna sia già entrata in stato di gravidanza debbono essere limitati al massimo i rischi connessi alla vaccinazione, cercando di evitare i vaccini che la pratica ha dimostrato essere molto reattogeni o a maggior rischio per il feto (rosolia), ma anche quelli per i quali esiste soltanto un rischio teorico, non ancora avvalorato dalla pratica. Per questo vanno evitati tutti i vaccini preparati con virus o batteri vivi attenuati, mentre saranno permessi, se se ne ravvisi la necessità, il vaccino contro il tetano e il vaccino contro l epatite B. Il vaccino antipolio inattivato, tipo Salk, può essere somministrato a una donna in gravidanza. Non vi sono prove che i vaccini, a esclusione di quelli costituti da agenti vivi attenuati, determinino effetti indesiderati sulla madre o sul feto; l anatossina tetanica è comunemente usata in gravidanza nelle zone ad alta incidenza di tetano neonatale: va bene sia iniziare la vaccinazione che eseguire un iniezione di richiamo in un soggetto che abbia già completato da tempo la vaccinazione primaria. Comunque quando si decida di somministrare un vaccino in gravidanza è meglio aspettare, quando è possibile, fino al 2 trimestre, come precauzione per ridurre il rischio di effetti teratogeni. Poiché le donne in stato di gravidanza sono usualmente escluse dalla partecipazione alle prove cliniche, le conclusioni sui rischi connessi alla vaccinazione sono spesso basati solo sui dati ricavati negli animali (Gruber MF, 2003; Brent RL, 2003). Sono preferiti anche i vaccini che elicitano alte risposte in anticorpi della sottoclasse IgG1, che, come abbiamo visto, passano facilmente attraverso la placenta. Per sfruttare al massimo la risposta l intervallo fra la somministrazione del vaccino e il parto deve essere superiore alle due settimane. Meglio se i componenti del vaccino sono antigeni specifici e altamente purificati, cercando di evitare quelli costituiti da cellule batteriche intere o, come abbiamo visto, virus vivi (tab. 5.4). I vaccini vivi attenuati debbono essere infatti sempre e in ogni caso proscritti: unica eccezione nei casi in cui la suscettibilità e l esposizione siano altamente probabili, per cui la minaccia della malattia naturale sia obiettivamente superiore ai rischi della vaccinazione. Il vaccino contro la febbre gialla, per esempio, può essere usato nelle donne in stato di gravidanza, qualora si accingano a fare un viaggio, che non possa essere in alcun modo rimandato, in aree di alta endemia dove si ritenga che il rischio sia molto alto. I vaccini, anche quelli inattivati, che si accompagnano con frequenza a effetti collaterali spiacevoli, come febbre o reazioni sistemiche, vanno valutati caso per caso, come per esempio l IPV e il vaccino contro l epatite A (Munoz FM e Englund JA, 2000; Munoz FM e Englund JA, 2001). Di recente da parte di alcuni ostetrici sono stati sollevati dubbi sulla vaccinazione in gravidanza, per la possibilità, tutta da dimostrare, che il feto, venuto in contatto precocemente con l antigene, possa manifestare fenomeni di tolleranza immunologica. Come si sa, s intende con questo nome la comparsa di un inibizione specifica e centrale della risposta immunitaria nei confronti dell antigene, successiva a un precedente contatto con lo stesso antigene. In generale il fenomeno della tolleranza si manifesta tanto più facilmente, e in modo più profondo e persistente, quanto più elevata è la dose di antigene e per quante volte essa è stata ripetuta. Fino a oggi le esperienze sono state condotte nell animale da esperimento e non nell uomo; d altra parte, nonostante il largo impiego di vaccini in corso di gravidanza, non sono state mai rilevate prove sicure dell induzione di una tolleranza immunologica nel prodotto del concepimento.

5 5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI 159 Tabella 5.4 Vaccini da usare in gravidanza Vaccini Rischio per il feto Commenti Da somministrare routinariamente Vaccino inattivato contro l influenza Nessun dato Per tutte le donne al 2 e 3 trimestre di gravidanza, du- (intero, split o subunità) rante la stagione influenzale Anatossina tetanica e difterica Nessuna conferma Da dare dopo il 1 trimestre di gravidanza, quando necessario Da somministrare, se indicato, in speciali circostanze Polisaccaridi del meningococco Nessun dato Meningococco C coniugato Polisaccaridi dello pneumococco Nessun dato Pneumococco eptavalente coniugato Febbre tifoide Nessuna conferma Peste Nessun dato Colera Sconosciuto Vaccino di scarsa efficacia Epatite A e B Nessuna conferma Le solite indicazioni per la profilassi Rabbia Sconosciuto Le solite indicazioni per la profilassi Encefalite giapponese Sconosciuto Poliovirus inattivato Sconosciuto Febbre gialla Nessuna conferma Meglio posporre il viaggio Controindicati Morbillo, parotite, rosolia Nessuna conferma Varicella Nessuna conferma Vaccini del futuro Streptococco gruppo B Attualmente prove cliniche Virus respiratorio sinciziale, HIV, virus parainfluenzale, virus herpes simplex, influenza attenuato I due vaccini da usare routinariamente nelle donne in stato di gravidanza sono quello contro il tetano e quello contro l influenza: le altre vaccinazioni non sono in genere consigliate in gravidanza (Faix RG, 2002), anche se non vi è dubbio che i rischi associati alla malattia siano più gravi dei rischi dovuti alla vaccinazione. Fra le malattie prevenibili vi sono quelle nelle quali la vaccinazione postesposizione si sia dimostrata utile, come la rabbia, l epatite A e B, la difterite e altre: in questi casi è importante valutare l entità dell esposizione e del periodo d incubazione della malattia. Se l esposizione è certa e il periodo d incubazione è superiore a quello richiesto per indurre l immunità, le donne non immuni andrebbero immunizzate. La scelta fra l immunizzazione passiva o attiva o la combinazione delle due va valutata caso per caso, in base alla disponibilità. La vaccinazione preesposizione viene consigliata in caso di soggetti appartenenti alle categorie a rischio: patologie cardiache e renali, diabete mellito, anemie croniche gravi, asplenia anatomica o funzionale. Vaccino contro il tetano La vaccinazione di una donna in stato di gravidanza con anatossina tetanica, almeno sei settimane prime del parto, protegge il neonato dal tetano neonatale, stimolando la produzione di anticorpi specifici IgG, che attraversano la placenta. Nello stesso tempo essi difendono la donna dal tetano puerperale. L immunizzazione della madre contro il tetano è praticata largamente in tutto il mondo, tanto da determinare una riduzione molto evidente nell incidenza del tetano dei neonati nella maggioranza dei paesi, senza presentare alcuna conseguenza per la madre o per il feto. Vaccino contro l influenza Sia la donna in stato di gravidanza che il lattante mostrano un aumentata morbilità verso le infezioni da virus dell influenza. Il rischio di ospedalizzazione è infatti più alto nelle donne in stato di gravidanza che nei giovani adulti: il rischio è maggiore nel terzo trimestre di gravidanza e in presenza di altre situazioni patologiche associate. Anche il lattante dei primi sei mesi di vita ha un alta frequenza d infezioni relativamente gravi, tanto da richiedere spesso l ospedalizzazione (Neuzil KM et al., 2000). Il vaccino inattivato trivalente contro il virus dell influenza viene raccomandato dall Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) e dal CDC per tutte le donne che si trovino nel secondo o terzo trimestre di gestazione durante la stagione influenzale e per quelle che si trovino in una situazione associata ad aumentato rischio, indipendentemente dallo stadio della loro gestazione. La vaccinazione è infatti sicura in ogni stadio della gravidanza sia per la madre che per il feto. Le donne vaccinate in stato di gravidanza presentano risposte immuni simili a quelle di donne di controllo, al di fuori della gravidanza: esse trasferiscono anticorpi virus-specifici ai loro prodotti del concepimento. In tal modo i neonati ricevono alti livelli di

6 LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI anticorpi, che persistono per almeno due mesi. Purtroppo la vaccinazione contro l influenza delle donne in stato di gravidanza è ancor oggi poco diffusa, per cui la morbilità, peraltro prevenibile, continua a essere presente nei lattanti dei primi mesi. D altra parte le donne in stato di gravidanza possono essere vaccinate quando necessario in speciali circostanze, contro la polio con IPV, l epatite A, la febbre gialla e il meningococco, l epatite B e lo pneumococco. La vaccinazione contro la pertosse potrebbe fornire una protezione precoce al neonato e al lattante, prima che venga iniziata la vaccinazione a 2 e 4 mesi, capace di conferire una più durevole protezione (Edwards KM, 2003). Fra i vaccini del futuro è particolarmente atteso il vaccino contro lo streptococco gruppo B (GBS), un frequente patogeno nel periodo neonatale, che rappresenta la malattia maggiormente invasiva nei lattanti al di sotto dei 3 mesi di età. Un vaccino multivalente GBS sarebbe l ideale per fornire protezione sia alla madre che al figlio contro la malattia, così comunemente causata dai sierotipi Ia, Ib, II, III e V (cap. 30, pag. 828). Gli anticorpi acquisiti dal neonato attraverso la placenta sono importanti per la protezione del lattante nei primi mesi di vita: essi tuttavia smorzano spesso la risposta anticorpale, del bambino dei primi mesi, all infezione o alla vaccinazione (cap. 2, pag. 87). A differenza di quanto avviene negli animali, le immunoglobuline presenti nel latte umano non possono essere trasportate attraverso l epitelio intestinale nella circolazione del neonato e del lattante. La maggior parte di queste immunoglobuline è della classe IgA e protegge le superfici epiteliali. La ghiandola mammaria della donna che allatta fa parte del sistema immune mucosale integrato, che porta alla sintesi di anticorpi locali (IgA). Questi anticorpi generalmente riflettono la stimolazione antigenica del tessuto linfoide associato alle mucose (MALT) da parte dei patogeni intestinali e respiratori. Così gli anticorpi presenti nel latte della madre sono diretti principalmente verso gli agenti infettivi presenti nell ambiente della madre e del lattante (Brandtzaeg P, 2003). SOGGETTI TRATTATI CON IMMUNOGLOBULINE O ALTRI DERIVATI DEL SANGUE In linea di massima i vaccini costituiti da virus vivi attenuati (come quelli contro morbillo, parotite e rosolia) non vanno somministrati a soggetti che abbiano ricevuto nei mesi precedenti immunoglobuline, perché la risposta immunitaria al vaccino in questi soggetti potrebbe essere ridotta. D altra parte le immunoglobuline possono essere usate solo in soggetti che siano stati vaccinati da più di 14 giorni, perché prima delle due settimane è possibile che ci sia una neutralizzazione dell efficacia del vaccino vivo attenuato somministrato in precedenza. Fino a qualche anno fa il tempo richiesto fra la somministrazione di immunoglobuline (Ig) e la vaccinazione contro il morbillo era genericamente indicato fra i 2 e i 3 mesi. Recenti ricerche hanno invece dimostrato che quando si usino dosi elevate e soprattutto quando venga usata la via endovenosa sono necessari tempi più lunghi dei classici tre mesi. Anche se l effetto inibitorio sul vaccino è più alto per il morbillo, la somministrazione di Ig inibisce la risposta anche al vaccino contro la varicella e quella al vaccino contro la parotite (Principi N et al., 1996; American Academy of Pediatrics, 2003a). Ma a parte le immunoglobuline, standard o specifiche, per IM o per EV, anche il sangue (sia sangue intero, che globuli rossi concentrati o plasma) e altri derivati del sangue possono diminuire le risposte immuni al vaccino MPR o ad altri vaccini. La somministrazione di emazie irradiate equivale alla somministrazione di emazie lavate, nei confronti del contenuto in immunoglobuline (CDC, 2002). Gli intervalli che oggi sono considerati sufficienti sono riportati Tabella 5.5 Intervallo di tempo che deve intercorrere fra la somministrazione di immunoglobuline per via IM e la vaccinazione contro il morbillo (CDC, 2002) Indicazione Unità o ml Dose in mg di Ig/kg Intervallo in mesi Profilassi del tetano (Ig) 250 U circa 10 3 Profilassi epatite A (Ig) contatti 0,02 ml/kg 3,3 3 viaggi internazionali 0,06 ml/kg 10 3 Profilassi epatite B (HBIG) 0,06 ml/kg 10 3 Profilassi rabbia (RIG) 20 UI/kg 22 4 Profilassi morbillo (Ig) standard 0,25 ml/kg 40 5 ospite immunocompromesso 0,50 ml/kg 80 6 Profilassi varicella (VZIG) 125 U/10 kg Profilassi VRS (palivizumab) 15 Nessuno

7 5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI 161 Tabella 5.6 Intervallo di tempo che deve intercorrere fra la somministrazione di immunoglobuline per via EV e la vaccinazione contro il morbillo Indicazione Unità o ml Dose in mg di Ig/kg Intervallo in mesi Trasfusioni di sangue globuli rossi lavati 10 ml/kg Trascurabile 0 GR con aggiunta di soluzione salina/adenina 10 ml/kg 10 3 concentrato di GR 10 ml/kg sangue intero 10 ml/kg plasma/preparati di piastrine 10 ml/kg Terapia sostitutiva dei difetti immunitari Porpora piastrinopenica idiopatica Virus respiratorio sinciziale (VRS-IgEV) Malattia di Kawasaki Tabella 5.7 Linee guida per stabilire l intervallo fra la somministrazione di Ig e vaccini contenenti virus vivi attenuati del morbillo Somministrazione contemporanea Ig e vaccino non vanno in generale somministrati contemporaneamente. Se la somministrazione contemporanea non può essere evitata, va eseguita in differenti sedi ed è necessario rivaccinare o eseguire le prove di sieroconversione dopo gli intervalli raccomandati (vedi tabb e 5.3) Somministrazione non contemporanea Preparato Intervallo minimo somministrato fra le dosi Primo Secondo Immunoglobuline Vaccino In relazione alla dose Vaccino Immunoglobuline 2 settimane nelle tabelle 5.5, 5.6 e 5.7: essi, come si può rilevare, sono strettamente collegati alla quantità di Ig e quindi di anticorpi somministrati, mentre l intervallo necessario sarà quindi più lungo quanto maggiore è la quantità. Fanno ovviamente eccezione le Ig anti-rho (D) per la loro bassa concentrazione e il vaccino palivizumab. Se la somministrazione di Ig diventa necessaria a breve distanza dall inoculazione del vaccino MPR o dei singoli componenti, può verificarsi un interferenza con l efficacia del vaccino. Infatti la moltiplicazione del virus del vaccino e la stimolazione dell immunità avvengono dopo uno-due settimane dalla vaccinazione. Ne consegue che se l intervallo di tempo fra vaccino e uso delle Ig è inferiore ai 14 giorni, la vaccinazione deve essere ripetuta dopo gli intervalli, ricordati nelle tabelle 5.5, 5.6 e 5.7, a meno che le prove sierologiche non dimostrino che sono stati prodotti anticorpi specifici. Diversamente da quanto avviene con i vaccini vivi, non è stato dimostrato che la somministrazione di Ig, anche a distanza di tempo possa causare una diminuzione della risposta a vaccini inattivati o alle anatossine tetanica e difterica. Se la somministrazione del vaccino è contemporanea a quella delle immunoglobuline, come avviene in pratica nella profilassi della rabbia, del tetano, o dell epatite B, nel neonato o in altre circostanze, la risposta immune non viene alterata e si ha il vantaggio di ottenere una difesa immediata da parte delle immunoglobuline e una difesa attiva, in ritardo di giorni, ma che dura per anni. Le dosi dei vaccini debbono essere quelle usualmente impiegate per la vaccinazione. L unico accorgimento da prendere è di non mescolare nella stessa siringa immunoglobuline e vaccino, ma di adoperare non solo due siringhe, ma anche due diversi distretti. Altri vaccini che non risentono dell uso delle immunoglobuline, qualunque sia il lasso di tempo intercorso fra la somministrazione dell uno e delle altre, sono il vaccino contro la polio per bocca (OPV), tipo Sabin, e il vaccino contro la febbre gialla. Questa opportunità può risultare importante nel caso si voglia intraprendere un viaggio. Analogamente le immunoglobuline non interferiscono con la vaccinazione DTPa, almeno in modo significativo. Infatti il calendario vaccinale in bambini che abbiano ricevuto le immunoglobuline non subisce alcuna modificazione per quanto riguarda la vaccinazione DTPa, l Hib e la vaccinazione contro l epatite B e la polio in seguito alla somministrazione di Ig. LA VACCINAZIONE DI SOGGETTI NON-RESPONDER La parola non-responder viene usata in immunologia per indicare un soggetto, che, per ragioni genetiche, mostri un incapacità totale o parziale (low-responder) a produrre cloni linfocitari attivi e quindi anticorpi, in risposta a uno stimolo antigenico adeguato. Le ragioni della mancata risposta possono essere molteplici: l età

8 LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI del vaccinato, la via di somministrazione, la dose usata, l inattivazione del vaccino, una situazione transitoria di anergia o, come sopra, una vera e propria incapacità genetica a rispondere a quello stimolo antigenico. Secondo Plebani e Ugazio possiamo suddividere i non-responder in vari gruppi (Plebani A e Ugazio AG 1991): a) Non-responder apparenti e transitori È conoscenza comune che dopo una qualsiasi vaccinazione (morbillo, parotite per esempio) una piccola percentuale di soggetti (intorno al 3-5%) non mostra successivamente anticorpi specifici, ma talvolta è capace di rispondere bene a una seconda somministrazione, a distanza di tempo. Dalla quantità di anticorpi che si viene a formare, dopo questa seconda dose di vaccino, è risultato che una parte dei non-responder lo era solo in modo transitorio e mostrava successivamente un tasso anticorpale elevato, con anticorpi della classe IgG, un altra parte mostrava invece una risposta anticorpale in IgM, a testimonianza che in occasione della prima vaccinazione si era verifica una transitoria fase di anergia, presto superata; un altra possibilità è che il vaccino alla prima somministrazione non avesse più o non avesse mai avuto i requisiti richiesti per indurre una risposta immunologicamente attiva. b) Non-responder legati all età (la vaccinazione con antigeni polisaccaridici) Come ormai è stato ben accertato, con la vaccinazione contro l Haemophilus influenzae tipo b, o contro il meningococco o contro lo pneumococco, quando viene usato il polisaccaride capsulare da solo, cioè senza supporto proteico, si ha una mancanza di risposta in bambini al di sotto dell età di 4-5 anni, mentre la risposta compariva nelle età successive. Questa mancata risposta immunologica non avviene solo con i vaccini, ma riguarda anche la malattia naturale, che spesso proprio per questo, nei primi anni di vita, mostra una gravità estrema. Da un punto di vista immunologico, i polisaccaridi capsulari sono antigeni T-indipendenti, in grado di attivare direttamene i linfociti B, senza la funzione helper dei linfociti T. La scarsa rappresentazione delle cellule B, deputate alla risposta diretta agli antigeni polisaccaridici, nelle prime età della vita e il mancato stimolo sulle cellule T ci rende ragione dello scarso effetto immunizzante di questi antigeni. I polisaccaridi semplici sono anche sprovvisti del requisito, essenziale in immunologia, di indurre la memoria immunologica delle cellule B e delle cellule T. La scarsa tendenza alla risposta immunologica verso gli antigeni polisaccaridici è stata di recente aggirata (almeno per quanto riguarda la preparazione dei vaccini), usando proteine legate in modo covalente con i polisaccaridi. L unione proteina-polisaccaridi viene a configurare un antigene timo-dipendente e quindi in grado di ottenere una risposta immunologica fin dai primi mesi di vita. c) I veri non-responder (la vaccinazione contro l epatite B) Si sa oggi sull HBV e sulla vaccinazione contro l HBV, più di quanto non si sappia per altri agenti infettivi e per malattie di più vecchia identificazione. Ebbene, circa il 4% dei soggetti adulti vaccinati con HBsAg non risponde alla vaccinazione. Nel neonato e nei primi anni di vita la risposta immunologica viene a mancare in un minor numero di soggetti (1-2% dei vaccinati). Ma questi, sia bambini che adulti, a differenza di quanto abbiamo visto avvenire col vaccino del morbillo o della parotite, non sieroconvertono anche dopo ulteriori dosi di HBsAg, o se questo avviene si tratta di percentuali molto basse. Lo studio dell assetto HLA di questi soggetti ha mostrato che un particolare aplotipo (B8, SCOI, DR3), soprattutto in omozigosi, si associa alla caratteristica dei non-responder (Alper CA et al., 1989). Nei nonresponder è stato trovato un difetto delle cellule T che non proliferano e non secernono IL-2 in risposta alla stimolazione con HBsAg (Chedid MG et al., 1997). Successivamente si è visto che le risposte immuni al vaccino contro l epatite B sono largamente determinate anche da altri geni, come HLA-DR, -DP e -DQ (Peces R et al., 1997; Desombere I et al., 1998). Se ne può concludere che anche la risposta alla vaccinazione con HBsAg è sotto controllo genico, esercitato soprattutto dal complesso di istocompatibilità maggiore e che di conseguenza i non-responder a questa vaccinazione sono dei veri non-responder, geneticamente determinati (cap. 15, pag. 376). La modificazione dello stato di non-responder Abbiamo visto che spesso basta sottoporre i non-responder apparenti e transitori a una nuova vaccinazione, per avere una risposta: è quello che viene attuato, per esempio contro il morbillo, utilizzando una nuova dose di MPR a 4-6 anni; abbiamo visto che per i nonresponder legati all età basta legare l antigene polisaccaridico in modo covalente a una proteina per renderlo immunogeno anche al di sotto dei 2 anni di vita. Cosa fare nei veri non-responder per cercar di superare questa loro situazione? In questo caso il problema è più complesso e ha richiesto più tempo e più impegno per essere risolto: in gran parte di quella piccola percentuale di non-responder è possibile avere una risposta utile, ricorrendo ai cosiddetti vaccini di terza generazione, costituiti da antigeni che contengono oltre alla proteina S anche le proteine pre-s (pre-s1 e pre-s2). L HBsAg, ottenuto con l attuale tecnologia del DNA ricombinante e attualmente usato per la vaccinazione, è esclusivamente composta dalla proteina S; si tratta di ottenere un vaccino comprendente, oltre alla proteina S, anche le proteine pre-s per risolvere il problema. La ricerca è ora impegnata in tal senso e già sono comparse pubblicazioni che dimostrano la validità di questa impostazio-

9 5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI 163 ne, anche usando due sole somministrazioni (Zuckerman JN, 1996; Young MD et al., 2001). Comunque erano già stati fatti alcuni tentativi per ottenere una risposta anticorpale anche nei non-responder veri: da alcuni era stato suggerito di ricorrere alla vaccinazione con vaccino anti-hbv sieroderivato, in quanto in questo sarebbero presenti minime quantità di antigene pre-s1 e pre-s2 utili per stimolare cellule immunocompetenti, geneticamente incapaci di rispondere all HBsAg. Un altra strada è stata tentata, con qualche successo, utilizzando la via intradermica, invece della via intramuscolare, come di norma. Nel derma verrebbero stimolate cellule immunitarie (cellule di Langerhans), che pur facendo parte delle cellule presentanti l antigene avrebbero caratteristiche immunologiche diverse. Va ricordato che la ricerca della capacità di risposta al vaccino contro l epatite B viene al momento attuale limitata ai soggetti appartenenti alle categorie a rischio cronico, mentre, almeno per ora, non deve assolutamente riguardare le modalità di risposta della popolazione in generale. DOPO LA PUNTURA CON UN AGO SOSPETTO Nel caso di puntura con aghi isolati o con siringhe, abbandonati in luoghi pubblici, in generale da tossicodipendenti, la persona è esposta al rischio di trasmissione per via ematica d infezione, specie da HIV. Una stima, molto approssimativa, delle probabilità che l ago abbandonato contenga patogeni a trasmissione ematica si può fare sulla base della prevalenza di queste infezioni nella comunità, ma spesso neanche questo serve a convincere la persona che si è punta dell inutilità di ulteriori indagini. In questi casi è necessario procedere: al trattamento immediato della ferita; alla profilassi e; alla prevenzione. Il rischio di acquisire un patogeno dipende (American Academy of Pediatrics, 2003): dalla natura della ferita; dalla capacità del patogeno di sopravvivere nell ambiente; dalla prevalenza dell infezione nella comunità dei tossicodipendenti locali. Il trattamento della ferita è relativamente facile, perché non richiede quasi mai punti di sutura; da ricordare la somministrazione di anatossina tetanica o le Ig antitetano, a seconda della situazione vaccinale del soggetto (cap. 31, pag. 840). Più problematica è la profilassi delle infezioni a trasmissione ematica, come l epatite B, C e l HIV, perché non siamo sicuri né sulla possibilità di un infezione, né sulla sorgente dell eventuale agente patogeno. Fra tutti i patogeni il virus dell epatite B è il più resistente, perché può sopravvivere per almeno sette giorni sugli oggetti. È quindi necessario considerarlo per primo. Dopo l esposizione accidentale percutanea, attraverso la puntura di un ago, a sangue sospetto, la decisione di somministrare immunoglobuline specifiche e il vaccino deve tener conto di alcune considerazioni (American Academy of Pediatrics, 2003g, American Academy of Pediatrics, 2003b): condizione nei confronti dell HBsAg della persona che è stata l origine dell esposizione, attraverso l ago usato; condizione vaccinale per l epatite B e risposta alla vaccinazione della persona esposta. La somministrazione di immunoglobuline non è indicata in un bambino che abbia ricevuto la vaccinazione anti-hbv con tre dosi. Se il bambino ha ricevuto solo due dosi del vaccino da quattro mesi o più, l immediata somministrazione di una terza dose è sufficiente nella maggioranza dei casi. Se il lasso di tempo è inferiore viene considera utile, accanto alla somministrazione del vaccino, una dose di immunoglobuline antiepatite B. I bambini che non abbiano completato l immunizzazione con tre dosi devono ricevere una dose di vaccino e, se indicato, devono seguire il Calendario per completare la vaccinazione con tre dosi (tab. 5.8). Per ogni tipo di esposizione di un soggetto che non sia stato vaccinato in precedenza viene sempre raccomandata la vaccinazione. Tuttavia è sempre utile saggiare il sangue, se è presente sulla punta dell ago. Esistono in proposito norme ben precise (CDC, 1997) (vedi tab. 5.8). Ma per la persona esposta o per i suoi familiari la maggiore preoccupazione è l HIV. Il rischio d infezione da HIV dopo puntura con un ago è basso (inferiore allo 0,3%) e non sono disponibili dati sull efficacia nei bambini di farmaci antivirali specifici nella profilassi postesposizione, per cui la profilassi con farmaci non viene raccomandata dalle autorità sanitarie americane, anche per gli effetti collaterali dei farmaci. Solo se si riscontra nella siringa del sangue fresco di un soggetto HIV positivo va presa in considerazione la profilassi con farmaci antivirali. Testare la siringa per l HIV non è né pratico né reale, per cui non viene raccomandato (CDC, 2001a). Mentre la ricerca immediata dell HIV nel sangue del soggetto vittima della puntura è controversa, perché dovrebbe risultare sempre negativa, nella maggior parte dei casi viene consigliato un prelievo di sangue da conservare. La ricerca dell HIV in questo sangue viene eseguita solo quando, dopo sei mesi, a un controllo del sangue della persona vittima, risultasse una positività. C è un accordo generale sulla necessità di praticare in tutti i soggetti punti con un ago la ricerca

10 LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI Tabella 5.8 Raccomandazioni per la profilassi contro l epatite B dopo esposizione percutanea a sangue possibilmente infetto Persona esposta Trattamento a seconda delle caratteristiche della fonte HBsAg positiva HBsAg negativa Non testata o non nota Non vaccinata HBIG e vaccino anti-hbv Vaccino anti-hbv Vaccino anti-hbv Precedente vaccinata: responder Non trattare Non trattare Non trattare non-responder HBIG* (1 o 2 dosi) la rivaccinazione Non trattare Se ad alto rischio, fare come se fosse HBsAg+ o HBIg (due dosi)** risposta non nota Ricerca dell anti-hbs: Non trattare Testare la persona esposta: se inadeguati HBIG + dose di richiamo se inadeguati HBIG + dose di richiamo se adeguati***, non trattare se adeguati, non trattare * La dose di HBIg è di 0,06 ml/kg IM ** L opzione di usare una dose di HBIg (0,06 ml/kg) e di ricomunicare la serie è preferibile per i non-responder che non abbiano completato la seconda serie di tre dosi. Per chi ha completato la seconda serie e non ha di nuovo risposto, due dosi di HBIg (0,06 ml/kg) sono preferibili: una dose il prima possibile e una dose dopo un mese *** Sono considerati titoli anticorpali adeguati, livelli uguali o superiori a 10 mui/ml. I titoli vanno rivalutati dopo la dose di richiamo. Nei soggetti che abbiano ricevuto le HBIg in una dose, il titolo anticorpale va controllato quando gli anticorpi passivi non siano più misurabili, cioè dopo quattro-sei mesi. Se non sono state somministrate HBIg, il titolo deve essere misurato dopo uno-due mesi dal vaccino. Se gli anticorpi non sono adeguati (< 10 mui/ml) dopo la dose di richiamo vanno somministrate altre due dosi dell HIV dopo sei mesi dalla puntura. Tuttavia le prove per la diagnosi di infezione da HIV sono indicate anche dopo 6-12 settimane dalla lesione, se compare un quadro clinico che sia compatibile con una sindrome acuta da HIV. Il terzo patogeno da considerare è il virus dell epatite C. Anche in questo caso il rischio è basso, anche per la scarsa capacità di sopravvivenza del virus. Farmaci e immunoglobuline non si sono dimostrati protettivi nei confronti del virus dell epatite C. La necessità di una ricerca immediata dell HCV è controversa; meglio eseguire il prelievo al momento della ferita e conservare il sangue. Un controllo, anche in questo caso, va eseguito dopo sei mesi. In molti paesi, compresa l Italia, è in atto un programma di scambio gratuito di aghi e siringhe usati dai tossicodipendenti, con aghi e siringhe sterili; in tal modo si riduce il rischio di trasmissione, riducendo il numero delle siringhe gettate. Utile è anche un impegno nella raccolta di aghi e siringhe nei giardini pubblici frequentati dai bambini. VACCINAZIONE DI BAMBINI CHE ABBIANO AVUTO REAZIONI ALLA PRIMA VACCINAZIONE Le reazioni alla vaccinazione, in particolare le reazioni che riconoscono o meno una base allergica, vanno affrontate in tre direzioni (Novembre E et al., 1993): un esatta storia clinica, per essere in possesso di tutti i dati dai quali stabilire se c è in effetti una dipendenza precisa fra vaccinazione e reazione e a quale tipo di reazione si debbano attribuire i sintomi e i segni; indagine allergologica, allo scopo d individuare la componente del vaccino, responsabile della reazione; utilizzazione del vaccino secondo la procedura ritenuta più idonea o passaggio a un vaccino alternativo, privo della componente reattogena, oppure applicazione di schemi di somministrazione, che permettano d indurre un adeguata produzione di anticorpi senza pericolosi effetti collaterali (tab. 5.9). Per ridimensionare il problema conviene ricordare quanto osservato, una decina di anni fa, a proposito delle reazioni, in risposta alla vaccinazione contro il tetano: su 740 soggetti con storia di reazioni, il 33% aveva una storia di reazioni anafilattoidi. Però meno dell 1% aveva prove cutanee positive e tutti tollerarono il vaccino in dosi refratte (Jacobs RL et al., 1982). Un esperienza più recente (Gold M et al., 2000) è ancora più tranquillizzante. In tre servizi di vaccinazione di Adelaide in Australia sono stati rivisti 469 Tabella 5.9 Approccio al bambino che ha avuto reazioni di tipo anafilattico a una precedente somministrazione di vaccino Storia clinica La reazione è realmente da mettere in rapporto con la vaccinazione? È stata davvero una reazione allergica o allergosimile? Il bambino in precedenza aveva avuto manifestazioni allergiche di qualsiasi tipo? Il vaccino usato si accompagna di frequente a manifestazioni allergiche? Indagine allergologica Prick test e intradermoreazioni, anche col vaccino Patch test RAST, ELISA Prova di Prausnitz-Kustner Immunoblot Metodi per continuare Somministrazione del vaccino o di la vaccinazione vaccino alternativo, in ambiente ospedaliero, adatto alla risoluzione di problemi di anafilassi Applicazione degli schemi di desensibilizzazione

11 5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI 165 bambini che avevano presentato eventi avversi dopo la vaccinazione: di questi 293 avevano avuto effetti collaterali minori e 176 avevano presentato reazioni di tipo allergico o neurologico. La maggioranza di loro venne rivaccinata (421/469) e solo un soggetto presentò un significativo evento neurologico, che fu assolutamente transitorio e che si risolse spontaneamente. Da questa ricerca è stata tratta una precisa indicazione in Australia: A eccezione dell anafilassi e della encefalopatia, tutti gli altri eventi avversi alla vaccinazione non debbono essere considerati più come una controindicazione assoluta a continuare la vaccinazione con il vaccino sospetto. VACCINAZIONE DOPO ESPOSIZIONE A UN AGENTE INFETTIVO Ovviamente dovranno essere sottoposte a profilassi solo le malattie di una certa gravità, per le quali vi siano probabilità di complicanze importanti e per le quali a volte sia previsto il pericolo di vita. Da un punto di vista pratico le possibilità di prevenzione sono fondamentalmente di tre tipi: antibiotici; vaccini; immunoglobuline. Tralasciando le malattie prevenibili con gli antibiotici e con le immunoglobuline, mi soffermerò su quelle nelle quali è possibile la profilassi con i vaccini (tab. 5.10). Tabella 5.10 Patologie per le quali è possibile una profilassi postesposizione (Principi N e Esposito S, 2002) Tipo di malattia Malattie batteriche Malattie virali Agente infettivo Pertosse Malattie invasive da Neisseria meningitidis Malattie invasive da Haemophilus influenzae tipo b Streptococco gruppo B (Streptococcus agalactiae) Infezioni gonococciche Sifilide Infezioni da Chlamydiae Infezioni trasmesse da morso di animali Tetano Morbillo Varicella Epatite A Epatite B Rabbia Infezione da HIV Non è sempre possibile vaccinare prima che si verifichi il contatto con l agente patogeno specifico. Bisogna quindi prevedere che in alcuni casi specifici sia necessaria la vaccinazione, una volta che sia già avvenuto il contatto fra l agente infettivo e il soggetto suscettibile. La vaccinazione dopo esposizione va attentamente valutata ed è diversa da un caso all altro e da una malattia all altra. Rabbia. La vaccinazione postesposizione è necessaria nei casi in cui sussista effettivamente un rischio reale. Da tener presente che in Italia non si verificano casi di rabbia da decenni. A seconda delle circostanze (cap. 27) alla vaccinazione vanno associate le immunoglobuline iperimmuni, di origine umana. Morbillo. È ormai dimostrato che il vaccino del morbillo, somministrato entro tre giorni dall esposizione, è efficace nel prevenire la malattia e nello stesso tempo è efficace nell indurre difese immunitarie permanenti. Responsabile dell effetto protettivo è la più rapida induzione dell immunità da parte di un agente virale, introdotto per via parenterale, in confronto a quello naturale che si deve fare strada attraverso le mucose, moltiplicarsi attivamente e indurre la viremia primaria. Se sono passati più di tre giorni dall esposizione, ma meno di sei o se si tratta di un soggetto nel primo anno di vita, la cosa migliore è la somministrazione d immunoglobuline iperattive (0,25 ml/kg), per rimandare la vaccinazione a tempi successivi ai cinque mesi (vedi tabb. 5.5 e 5.6). Soggetti immunodeficienti o immunodepressi non debbono ricevere il vaccino del morbillo (a meno che non siano HIV positivi), ma immunoglobuline a dosaggio doppio (0,5 ml/kg). Per i lattanti al di sotto dell anno di età è necessario fare una distinzione: per quelli che hanno meno di 6 mesi le immunoglobuline specifiche rappresentano il tipo preferito di prevenzione, mentre nel secondo semestre può essere usato anche il vaccino, tenendo conto che una sufficiente risposta immunologica non è sempre possibile, per cui questa vaccinazione non deve essere conteggiata come la prima dose, ma come una dose in più, seguita dopo il compimento dell anno dalla prima vera dose e a 5-6 anni dalla seconda dose di MPR. Parotite. L uso del vaccino antiparotite, somministrato precocemente a soggetti che abbiano avuto un esposizione, non protegge dalla malattia. Nonostante questa constatazione è sempre bene procedere alla vaccinazione dei soggetti suscettibili, esposti alla parotite, perché comunque si ottiene una difesa permanente. Il vaccino è consigliato nel caso di dubbio sia sul superamento della malattia sia su un eventuale vaccinazione. La somministrazione d immunoglobuline non è protettiva.

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