La disciplina dei prodotti alimentari

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1 Associazione Italiana di Diritto Alimentare La disciplina dei prodotti alimentari Etichettatura, marchi e pubblicità dei prodotti alimentari Le normative europee e nazionali (Stefano Masini) Roma, Cassa Avvocati, ottobre 2010

2 Le informazioni contenute nell etichetta consentono al consumatore di acquistare un prodotto alimentare in modo consapevole e, dal momento in cui circolano, figurando sull imballaggio, provocano effetti rilevanti sul mercato in quanto potrebbero rappresentare uno strumento di discriminazione arbitraria degli scambi tra gli Stati membri.

3 La direttiva 79/112/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1978 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, considerando le differenze esistenti fra le disposizioni legislative degli Stati membri, si è posta, quale primo e necessario obiettivo, quello del ravvicinamento di dette disposizioni per contribuire al funzionamento del mercato comune.

4 A seguito di successive e ripetute modifiche anche sostanziali si è provveduto alla codificazione con la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, che fonda la relativa disciplina sulla necessità di informare e tutelare i consumatori.

5 Utile è la lettura del considerando (8): Un etichettatura adeguata concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto, che consente al consumatore di operare la sua scelta con cognizione di causa, è il mezzo più adeguato in quanto crea meno ostacoli alla libera circolazione delle merci.

6 Un aspetto da sottolineare riguarda, in proposito, l uso della lingua, posto che occorre contemperare la necessità di protezione del consumatore informandolo della natura, composizione, condizioni di uso e di garanzia del prodotto, con il divieto di creare ostacoli al commercio. Sì che il principio elaborato in giurisprudenza è che sia consentito l uso di una determinata lingua (italiana), ove sia ammesso, del pari, l uso di un altra lingua facilmente compresa.

7 Il d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 109 Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernente l etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari oltre a contenere la definizione di etichettatura di prodotto alimentare preconfezionato e di presentazione dei prodotti alimentari e ad elencare le indicazioni che devono essere inserite in adempimento di un obbligo legale di informazione contempla una serie di limiti e divieti che valgono quali indici significativi di interpretazione del messaggio al fine di assicurare la corretta e trasparente informazione al consumatore.

8 L etichettatura e le relative modalità di realizzazione, in particolare, non devono: a) indurre in errore l acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare (natura, identità, qualità, composizione, origine o provenienza, etc.); b) attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede; c) suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche; d) non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà.

9 Tra i principi del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare occorre menzionare, per quanto riguarda la tutela degli interesse dei consumatori, quello di non ingannevolezza :...l etichettatura, la pubblicità e la presentazione degli alimenti ( ), compresi la loro forma, il loro aspetto o confezionamento, i materiali di confezionamento usati, il modo in cui gli alimenti ( ) sono disposti, il contesto in cui sono esposti e le informazioni rese disponibili su di essi attraverso qualsiasi mezzo, non devono trarre in inganno i consumatori.

10 La consapevolezza percettiva che il consumatore si forma attraverso l esame delle informazioni contenute nell etichettatura richiede, pertanto, di attribuire ad ogni singolo prodotto alimentare precise caratteristiche ai fini della identificazione delle qualità obiettive (ed osservabili) e, insieme, di segnalarne il valore d uso in vista della soddisfazione di bisogni e desideri salutistici e nutrizionali.

11 La protezione del consumatore contro pratiche commerciali scorrette si ricostruisce sul piano del sacrificio dell interesse dell affidamento, in quanto ogni erronea (e non veritiera) rappresentazione del prodotto costituisce un attentato alla sicurezza del traffico giuridico.

12 Tenuto conto della diversità delle disposizioni nazionali da applicare alle pratiche commerciali lesive degli interessi economici dei consumatori è stata adottata la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell 11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento CE n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ( direttiva sulle pratiche commerciali sleali ).

13 La direttiva si suddivide in due parti: la prima contiene la regolamentazione delle pratiche commerciali sleali; la seconda, prevede l introduzione di una serie di modifiche a provvedimenti già vigenti. Si precisa, in proposito, che la direttiva non riguarda e lascia impregiudicate sia le norme nazionali riguardanti le pratiche commerciali che risultino lesive unicamente di interessi economici dei concorrenti o siano connesse esclusivamente a contratti conclusi tra professionisti, sia le disposizioni della direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole (per i professionisti) e di pubblicità comparativa.

14 Sul piano del recepimento sono state, dunque, distinte le disposizioni sulle pratiche commerciali sleali riguardanti i soli rapporti fra professionisti e consumatori e dettate esclusivamente in funzione della protezione degli interessi economici dei consumatori dalle disposizioni relative alla pubblicità ingannevole e comparativa rivolta a tutelare soltanto gli interessi dei professionisti: - d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146 Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento CE n. 2006/ d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145 Attuazione dell art. 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole.

15 Le nuove norme in materia di pratiche commerciali scorrette risultano quindi inserite, sotto il profilo sistematico, nel Titolo III (Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali) del Codice del Consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) (artt ) e trovano applicazione rispetto a qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale, compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista prima, durante e dopo un operazione di promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.

16 Una pratica commerciale, per poter essere considerata scorretta deve essere contraria alla diligenza professionale non che falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge ovvero, quando sia diretta ad un gruppo determinato di consumatori, del componente medio di tale gruppo.

17 La definizione è poi concretizzata attraverso la specificazione di due categorie di pratiche scorrette, ingannevoli e aggressive, non ché mediante l analitica e puntuale individuazione di singole fattispecie di pratiche considerate, in ogni caso, o ingannevoli o aggressive.

18 Occorre, pertanto, stabilire se la pratica commerciale si presti o meno ad essere inserita in una delle liste nere e, in caso di esclusione, si tratta di verificare se possa essere considerata ingannevole ovvero aggressiva.

19 Per quanto riguarda la pubblicità ingannevole nei confronti dei professionisti e le condizioni di liceità della pubblicità comparativa (d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145) si osserva che il recepimento delle norme comunitarie è stato operato tenuto conto della versione codificata della direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 concernente la pubblicità ingannevole e comparativa.

20 La pubblicità, da intendere come qualsiasi messaggio diffuso nell esercizio di un attività commerciale o professionale, allo scopo di promuovere il trasferimento o la prestazione di servizi, deve essere palese, veritiera e corretta; mentre è riconosciuta ingannevole quando sia idonea a indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta e, in quanto tale, possa pregiudicare il comportamento di acquisto ovvero sia idonea a ledere un concorrente.

21 La pubblicità deve essere riconoscibile ed è vietata ogni forma di pubblicità subliminale.

22 L esibizione o la citazione, a fini promozionali, di un prodotto in un contesto informativo o di intrattenimento devono essere conformi alla disciplina sul product placement attraverso l accertamento di un rapporto di committenza rinvenibile da una serie di indici presuntivi: natura specifica delle inquadrature, relativo carattere ravvicinato o reiterato, leggibilità o riconoscibilità dei marchi commerciali, assenza di concrete esigenze narrative.

23 E opportuno ricordare la particolare disciplina prevista dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 sull inquadratura di marchi e prodotti, coerenti con il contesto normativo nei film) e dal d.m. 30 luglio 2004 Modalità tecniche di attuazione del collocamento pianificato di marchi nelle scene di un opera cinematografica product placement. La direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell 11 dicembre 2007 che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l esercizio dell attività televisiva vieta, d altra parte, le comunicazioni commerciali audiovisive occulte e disciplina il legittimo inserimento di prodotti nello svolgimento di programmi televisivi.

24 Anche il marchio è uno strumento essenziale di comunicazione tra le imprese e i consumatori, in quanto consente di operare scelte di acquisto consapevoli attraverso l identificazione dei prodotti. Il marchio è, cioè, un segno distintivo, dato che, contrassegnando un prodotto ed essendo, poi, percepito e memorizzato dai consumatori, consente di distinguere tale prodotto da quelli che hanno un segno diverso.

25 Il marchio, peraltro, quando si combina con altre informazioni desumibili dell etichettatura o dalla pubblicità acquista una funzione più complessa: quella di comunicare un messaggio, spostando l attenzione sulle modalità ed il contesto in cui sia utilizzato al fine di valutare se la comunicazione sia contraria all interesse di concorrenti e consumatori. Si parla di funzione suggestiva, attrattiva o pubblicitaria del marchio e del suo impiego come collettore di clientela.

26 Le fonti della disciplina dei marchi si trovano nelle leggi nazionali, nell ordinamento comunitario e in alcune convenzioni internazionali. In specie, è utile citare: - d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 Codice della proprietà industriale (artt. 7-28) - regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario.

27 I marchi rientrano nella categoria della proprietà industriale e si acquistano attraverso un procedimento amministrativo di accertamento costitutivo (registrazione) dei requisiti di novità e di capacità distintiva.

28 Il diritto di marchio consiste nella facoltà, da parte del titolare, di farne un uso esclusivo, vietando ai terzi la registrazione e l uso dello stesso segno o di segni interferenti con la sua sfera di rilevanza in base ad un giudizio di confondibilità. Non possono, invece, costituire oggetto di registrazione i segni privi di carattere distintivo come quelli costituiti da denominazioni generiche (nomi) di prodotti o da indicazioni descrittive (provenienza geografica).

29 Se il marchio assolve, al presente, una funzione distintiva del prodotto tra gli altri che il consumatore può scegliere sul mercato, in origine esso esplicava una funzione di responsabilità attraverso la garanzia dell osservanza delle regole dell arte richieste agli appartenenti alla corporazione e l uso era obbligatorio. A quella funzione di garanzia di origine, natura o qualità attraverso il rinvio alle regole fissate in un apposito regolamento risponde, diversamente, il marchio collettivo il cui impiego, nel commercio di prodotti alimentari, è assai rilevante in quanto serve a designare la relativa provenienza geografica.

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