Le SOLUZIONI soluzione di un solido in un altro solido soluzione di un solido in un liquido soluzione di un liquido in un altro liquido

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1 Le SOLUZIONI Una soluzione è una miscela omogenea di due o più sostanze: l aggettivo omogenea indica che all interno della soluzione non si distinguono superfici di separazione fra una sostanza e l altra, o fra una regione e l altra. Una soluzione ha quindi la stessa composizione e le stesse caratteristiche in tutti i suoi punti. Le sostanze che si mescolano per formare una soluzione possono trovarsi inizialmente in diversi stati di aggregazione; passiamo rapidamente in rassegna le varie possibilità: - soluzione di un solido in un altro solido: queste sono soluzioni di tipo particolare, il cui esempio più comune è quello delle leghe metalliche; - soluzione di un solido in un liquido: sono fra le soluzioni che si incontrano più frequentemente (come esempi, possiamo considerare una soluzione di sale in acqua, o una soluzione di zucchero in acqua); - soluzione di un liquido in un altro liquido: molti liquidi possono mescolarsi fra di loro dando luogo a soluzioni (un esempio tipico può essere quello di una miscela di acqua e alcol etilico); - soluzione di un gas in un liquido: le acque potabili, o le acque dei fiumi, dei laghi e del mare, contengono ad esempio disciolta una certa quantità di ossigeno, e questo permette la vita agli organismi acquatici; - soluzione di un gas in un altro gas: queste soluzioni vengono più spesso chiamate miscele gassose (l aria ne è l esempio più tipico, essendo costituita da una miscela di azoto, ossigeno, e alcuni altri gas presenti in quantità minori). È abitudine distinguere i componenti di una soluzione come solvente e soluto: in generale, il solvente è la sostanza presente in quantità maggiore, il soluto è la sostanza presente in quantità minore. Ci sono dei limiti alla quantità di soluto che si può sciogliere in una certa quantità di un dato solvente: esiste in altre parole una quantità massima, superata la quale non è possibile sciogliere dell altro soluto. L ultima quantità di soluto aggiunta rimane sul fondo del recipiente: rimane cioè come corpo di fondo; in tali condizioni diciamo che la soluzione è satura. In altre parole, una soluzione è satura quando non è possibile sciogliere in essa ulteriori quantità del soluto già presente. 44

2 La CONCENTRAZIONE di una SOLUZIONE Da quanto abbiamo detto è evidente che soluzioni costituite da uno stesso solvente e da uno stesso soluto possono avere composizione diversa, a seconda delle quantità di soluto e di solvente presenti; per caratterizzare una soluzione è quindi necessario specificare sia quali sostanze sono presenti, sia in quale quantità: la composizione quantitativa di una soluzione è espressa in termini di concentrazione. La concentrazione di una soluzione può essere espressa in vari modi: la scelta è spesso legata a ragioni di convenienza in riferimento alla situazione considerata. Percentuale in massa (spesso detta in peso): indica quanti sono i grammi di soluto presenti in esattamente 100 grammi di soluzione. massasoluto( g) % m 100 massa ( g) soluzione Percentuale in volume: indica quanti ml di soluto sono presenti in esattamente 100 ml di soluzione. Vsoluto( ml) % v 100 V ( ml) soluzione Molarità: è il numero di moli di soluto presenti in un litro di soluzione; è denotata con la lettera M e ha le dimensioni di mol/l. n M V soluto soluzione ( mol) ( L) Un modo molto comune per indicare che la concentrazione si esprime come molarità è quello di porre fra parentesi quadre il simbolo della sostanza considerata: così, ad esempio, la notazione [HCl] viene utilizzata per indicare la concentrazione di acido cloridrico espressa in termini di molarità. Molalità: è il numero di moli di soluto presenti in un chilogrammo di solvente; è denotata con la lettera minuscola m e ha le dimensioni di mol/kg. n m massa soluto ( mol) ( Kg) solvente Frazione molare: è definita per ogni singolo componente della soluzione ed è data dal rapporto fra il numero di moli di quel componente e il numero totale di moli presenti. X i ni ( mol) n ( mol) tot 45

3 Oltre alle concentrazioni sopra riportate, ricordiamo brevemente la normalità (N), un modo largamente usato fino a pochi anni fa e ora in disuso: la normalità era definita soprattutto in relazione a soluzioni di acidi e di basi. Per una soluzione acida, è uguale alla molarità moltiplicata per il numero di atomi di idrogeno presenti nella molecola dell acido; per una soluzione basica, è uguale alla molarità moltiplicata per il numero di gruppi (OH) presenti nella molecola della base. Così, ad esempio, una soluzione l M di HCI è anche l N ed una soluzione l M di H2SO4 è 2 N; analogamente una soluzione 0,1 M di NaOH è anche 0,1 N ed una soluzione 0,1 M di Mg(OH)2 è 0,2 N. PROBLEMI sulla CONCENTRAZIONE di una SOLUZIONE Nella pratica di laboratorio si possono presentare diverse situazioni in cui si utilizza il concetto di concentrazione: la risoluzione di questi problemi è semplice, in quanto basta tenere presente il significato sia del concetto di concentrazione in generale, sia dei vari modi in cui essa può essere espressa. Alcuni esempi rappresentativi delle situazioni più comuni sono qui di seguito riportati: - descrivere in quale modo è necessario procedere per preparare 250 cm 3 di soluzione di NaCl avente concentrazione 0,8 M; - calcolare quanti grammi di H2SO4 sono contenuti in 350 ml di una soluzione 1,4 M di tale composto; - si è preparata una soluzione di solfito di sodio prendendo 45,45 g del sale e aggiungendo acqua fino a ottenere un volume di 420 ml: calcolare la molarità della soluzione; - sciogliendo del glucosio in acqua si ottiene una soluzione al 13,21% in massa, con una densità di 1,04 g/ml: trovare la molalità e la molarità della soluzione, oltre alla frazione molare dello zucchero e dell acqua; - a 400 ml di una soluzione 1,2 M di HCl si aggiungono 200 cm 3 di acqua: calcolare la molarità della soluzione risultante; - si mescolano 200 ml di una soluzione 0,8 M di HCl e 400 ml di una seconda soluzione 1,2 M di HCl: calcolare la molarità della soluzione risultante; - si mescolano 220 ml di una soluzione 1,4 M di alcol etilico in acqua e 140 ml di una soluzione 0,8 M di glucosio in acqua: calcolare la concentrazione dei due soluti nella soluzione risultante. 46

4 Il PROCESSO di SOLUZIONE Quando una sostanza si scioglie in un altra, le particelle che la costituiscono (molecole oppure ioni) devono separarsi le une dalle altre, e mescolarsi con le molecole del solvente; il meccanismo con cui avviene questo processo dipende dal tipo di interazioni che si possono stabilire fra le molecole del solvente e quelle del soluto. A loro volta, tali interazioni dipendono dai tipi di legame presenti nelle molecole del solvente e nelle molecole del soluto. Un composto ionico è formato da ioni positivi e ioni negativi tenuti insieme da forze di attrazione elettrostatica (attrazione fra cariche elettriche di segno opposto); i composti ionici sono tutti solidi a temperatura ambiente: essi tuttavia si sciolgono facilmente in solventi polari come l acqua. Il meccanismo del processo è schematizzato nella figura qui a fianco: nella molecola di acqua sono presenti due legami covalenti polari. Quando un solido ionico viene messo in acqua, le molecole di acqua che sono vicine alla superficie del solido si orientano in modo da presentare l ossigeno verso gli ioni positivi del solido, e l idrogeno verso gli ioni negativi: si instaurano così delle forze di attrazione elettrostatica fra gli ioni del soluto e le molecole di acqua. Se tali forze superano le forze di attrazione fra gli ioni del solido, gli ioni si separano, uno alla volta, dal solido e vengono immediatamente circondati da molecole di acqua, orientate come appena descritto: si dice che lo ione è solvatato; lo ione solvatato è, a sua volta, circondato da molte altre molecole di acqua. L essere circondati da molecole di acqua impedisce agli ioni del soluto di unirsi fra di loro per formare di nuovo il solido: questo è il meccanismo con cui, ad esempio, si scioglie in acqua il sale da cucina (cloruro di sodio). Il processo può essere rappresentato mediante l equazione: NaCl(s) Na + (aq) + Cl (aq) Non tutti i composti ionici sono però solubili in acqua: in parecchi casi l attrazione che si instaura fra gli ioni che costituiscono il composto e le molecole di acqua non è sufficiente a vincere l attrazione fra gli ioni all interno del solido e, allora, soltanto quantità estremamente basse del composto riescono a passare in soluzione. 47

5 Le sostanze polari (come HCl, HBr, e così via) si sciolgono facilmente in solventi polari come l acqua: le molecole polari hanno una parziale carica positiva a un estremità e una parziale carica negativa all altra estremità. In vicinanza delle molecole di soluto, le molecole di acqua si orientano in modo da presentare verso la molecola del soluto la polarità di segno opposto: si instaurano così delle forze di attrazione fra le molecole di acqua e quelle del soluto che sono in grado di far rompere il legame covalente polare all interno della molecola di soluto. Il legame si rompe in modo ineguale, in altre parole gli elettroni di legame rimangono entrambi sull atomo più elettronegativo: così, con la rottura del legame l atomo (o il raggruppamento di atomi) più elettronegativo viene ad essere carico negativamente, mentre l altro viene ad essere carico positivamente. In questo modo, le molecole della sostanza polare si dissociano in due ioni di segno opposto per effetto dell azione dell acqua. La soluzione degli acidi in acqua avviene sempre con un processo di questo tipo: nel caso dell acido cloridrico e degli altri acidi qualificati come forti, praticamente tutte le molecole di acido si dissociano in ioni; nel caso di altri acidi (qualificati come deboli), alcune molecole si dissociano in ioni mentre altre rimangono non dissociate, ma circondate anch esse da molecole di acqua. Ricordiamo anche che lo ione H +, essendo piccolissimo (perché è costituito da un solo protone) si unisce ad una molecola di acqua. Alcuni composti si sciolgono in acqua perché le loro molecole riescono a formare legami a idrogeno con le molecole di acqua: nelle molecole degli alcoli e degli zuccheri sono presenti atomi di idrogeno legati a un atomo di ossigeno. Tali molecole sono quindi in grado di formare legami a idrogeno: in un alcol puro, o in uno zucchero puro, le molecole sono legate l una all altra mediante legami a idrogeno: quando un alcol viene a contatto con l acqua, si formano legami a idrogeno fra le molecole dell alcol e quelle dell acqua; in questo modo, le molecole di acqua riescono a separare le molecole di alcol l una dall altra e a farle passare in soluzione. 48

6 Analogamente, quando si mette dello zucchero in acqua le molecole di acqua formano legami idrogeno con le molecole di zucchero che si trovano sulla superficie (lo zucchero è solido); in questo modo, riescono a staccarle dalle altre molecole di zucchero e a portarle in soluzione. Una molecola di zucchero contiene diversi gruppi O-H, e quindi può formare legami a idrogeno con diverse molecole di acqua. I composti non polari si sciolgono facilmente in solventi non polari: così, ad esempio, i grassi si sciolgono nella benzina o nel tetracloruro di carbonio (CCl4), la naftalina si scioglie nel benzene, e così via. Nelle sostanze non polari, siano esse solide o liquide, le forze che tengono insieme le molecole (interazioni intermolecolari) sono fondamentalmente della stessa natura, e cioè forze di London: quindi, nel caso di un solvente non polare e di un soluto non polare i legami esistenti fra le molecole del solvente e i legami esistenti fra le molecole del soluto sono dello stesso tipo. Legami analoghi possono allora instaurarsi fra le molecole del solvente e quelle del soluto, permettendo così la formazione della soluzione: in queste soluzioni le molecole di soluto non si dissociano in ioni. ELETTROLITI e NON ELETTROLITI Lo studio dei meccanismi con cui avviene il processo di soluzione mostra che alcune sostanze si dissociano in ioni in un solvente liquido, mentre per altre le molecole rimangono indissociate: le sostanze che si dissociano in ioni in soluzione acquosa vengono chiamate elettroliti e le loro soluzioni vengono chiamate soluzioni elettrolitiche. Se tutte (o quasi) le molecole dell elettrolita si dissociano in ioni, si dice che l elettrolita è forte; se invece solo una piccola parte delle molecole dell elettrolita si dissocia in ioni, si dice che l elettrolita è debole. Sono elettroliti forti i sali, gli idrossidi e gli acidi forti; sono invece elettroliti deboli gli acidi deboli, l ammoniaca e le basi organiche. Le soluzioni elettrolitiche conducono la corrente elettrica: infatti, gli ioni in esse presenti sono particelle elettricamente cariche e sono in grado di muoversi attraverso la soluzione traspor- 49

7 tando così la corrente; poiché la corrente elettrica è associata al moto di ioni, questo modo di conduzione viene chiamato conduzione ionica. Le sostanze che in soluzione acquosa non si dissociano in ioni vengono chiamate non elettroliti: tutti i soluti non polari sono non elettroliti; le soluzioni di non elettroliti non conducono la corrente elettrica, non essendovi in esse particelle cariche che possano trasportarla. La VELOCITA del PROCESSO di SOLUZIONE Il processo di soluzione non è istantaneo: occorre un certo tempo affinché il soluto si sciolga completamente; la velocità con cui ciò avviene dipende da alcuni fattori: la natura del soluto e del solvente, la superficie di contatto fra soluto e solvente (quando i due sono inizialmente in fasi diverse) e la temperatura. È possibile aumentare la velocità del processo di soluzione intervenendo sui due ultimi fattori oppure usando alcuni accorgimenti, come quello di mescolare la soluzione. Velocità del processo e superficie di contatto fra le fasi Consideriamo il caso in cui il soluto sia inizialmente allo stato solido e il solvente allo stato liquido; il soluto si scioglie perché si stabilisce una interazione fra soluto e solvente: le molecole del solvente vengono a contatto con le molecole che si trovano sulla superficie del soluto, le attirano, le staccano dalle altre molecole del soluto, e poi le circondano. È chiaro, a questo punto, che tanto maggiore è la superficie di contatto fra soluto e solvente, tanto più alto è il numero di molecole di soluto che possono venire a contatto con il solvente in un dato intervallo di tempo e tanto più rapido è quindi il processo di soluzione. Per aumentare la superficie di contatto fra solvente e soluto si usa suddividere finemente il soluto: l esperienza diretta ci mostra che si scioglie più rapidamente in acqua un cucchiaino di zucchero in polvere che un cubetto intero di zucchero. 50

8 Velocità del processo e operazione di mescolamento Anche questo fa parte dell esperienza comune: in una tazza di tè (o di altre bevande) lo zucchero si scioglie molto più rapidamente se mescoliamo con il cucchiaino; la ragione è che le molecole di soluto passate in soluzione restano per un certo tempo vicine al soluto, e ne rallentano così il processo di solubilizzazione. Se si mescola, queste molecole vengono distribuite per tutta la soluzione e, quindi, diviene più facile per altre molecole del soluto passare a loro volta in soluzione. Velocità del processo e temperatura La velocità con cui avviene un processo di soluzione aumenta anche all aumentare della temperatura: infatti, quando aumenta la temperatura aumenta l agitazione termica delle molecole (aumenta la loro velocità, e quindi la loro energia cinetica) e, di conseguenza, aumenta la velocità di tutti i processi che sono coinvolti nel passaggio in soluzione di una sostanza. Facciamo tuttavia notare che qui stiamo parlando della velocità con cui avviene i1 processo di soluzione, non della quantità di soluto che si sciogliere: la velocità del processo di soluzione aumenta sempre all aumentare della temperatura; la massima quantità di soluto che può sciogliersi in una data quantità di solvente può invece aumentare oppure diminuire all aumentare della temperatura. CALORE di SOLUZIONE e VARIAZIONE di VOLUME Il processo di soluzione comporta fondamentalmente due fenomeni: la rottura dei legami esistenti fra le molecole (o gli ioni) del soluto e solvatazione di queste molecole (o ioni) da parte delle molecole del solvente. Il primo di questi processi richiede energia, il secondo invece sviluppa energia: il processo di soluzione è quindi accompagnato da una variazione di energia, che si manifesta come emissione o come assorbimento di calore a seconda che sia maggiore l energia necessaria per rompere i legami fra le molecole del soluto oppure l energia di solvatazione. Se l energia necessaria per rompere i legami fra le molecole del soluto è maggiore dell energia di solvatazione, il processo di soluzione richiede (assorbe) energia e, quindi, è endotermico; se, al contrario, l energia di solvatazione è maggiore dell energia necessaria per rompere i legami fra le molecole del soluto, il processo di soluzione sviluppa energia, cioè è esotermico. La quantità di calore che si sviluppa, o che viene assorbita, quando una mole di soluto si scioglie in una certa quantità di solvente viene chiamata calore di soluzione. 51

9 Il volume di una soluzione non è quasi mai uguale alla somma dei volumi che il soluto e il solvente avevano prima del mescolamento, ma è leggermente diverso: per comprendere questo fenomeno, teniamo presente che il volume occupato da una certa quantità di una data sostanza (ad esempio, il volume occupato da una mole di sostanza) dipende anche dal modo in cui le molecole di quella sostanza interagiscono fra di loro. Quando due sostanze vengono mescolate, si stabiliscono delle interazioni fra le molecole del solvente e quelle del soluto: queste interazioni sono quasi sempre diverse (per natura o per intensità) dalle interazioni che esistevano fra le molecole del solvente puro, o tra le molecole del soluto puro. È tale diversità che fa sì che il volume della soluzione risulti leggermente diverso dalla somma dei volumi delle sostanze di partenza: la differenza fra la somma dei volumi che il solvente puro e il soluto puro avevano prima del mescolamento e il volume della soluzione che si ottiene dopo il mescolamento non è sempre la stessa. Di solito, quando si risolvono problemi sulle soluzioni si considera per approssimazione che il volume di una soluzione sia uguale alla somma dei volumi del solvente e del soluto, e si trascura la variazione di volume dovuta al formarsi della soluzione: quando però è richiesta una maggior precisione, diviene necessario tenere conto di questa variazione. La SOLUBILITA Abbiamo visto che non è possibile sciogliere un soluto in un dato solvente senza limiti di quantità, perché a un certo punto la soluzione diviene satura: la concentrazione della soluzione satura viene chiamata solubilità del soluto in un certo solvente. Quindi la solubilità di una certa sostanza in un dato solvente è la quantità massima di quella sostanza che si può sciogliere in una quantità specificata di quel solvente: in genere la solubilità viene espressa in termini di molarità (cioè come mol/l), ma può anche essere espressa in g/l. I valori di solubilità vengono determinati sperimentalmente: nel riportarli, bisogna specificare il soluto, il solvente, la temperatura alla quale sono stati determinati e, se il soluto è un gas ed il solvente un liquido, la pressione; la solubilità dipende infatti dai fattori citati. In generale possiamo affermare che soluti diversi hanno una diversa solubilità in uno stesso solvente e, analogamente, uno stesso soluto ha solubilità diverse in solventi diversi: in genere si dice che il simile scioglie il simile, intendendo con questo il fatto che solventi polari sciolgono facilmente sostanze polari o ioniche e solventi non polari sciolgono facilmente sostanze non polari. Questo criterio non è però sufficiente per permetterci di prevedere se una certa sostanza si scioglie o meno in un certo solvente: non tutti i composti ionici, ad esempio, si sciolgono in 52

10 acqua; alcuni sali, come il solfato di bario o il cloruro di argento (e anche alcuni idrossidi), non si sciolgono in acqua, pur essendo l acqua un solvente polare. Oltre al criterio in base al quale il simile scioglie il simile, nel determinare la solubilità interviene infatti anche il bilancio energetico del processo di soluzione: se l energia necessaria per separare le molecole (o gli ioni) del soluto l una dall altra è troppo grande rispetto all energia che si libera nella solvatazione, la solubilità di quella sostanza è molto bassa. In alcuni solidi, come il diamante e il quarzo, i legami fra tutti gli atomi, in tutte le direzioni, sono così forti che queste sostanze non si sciolgono in nessun solvente. Come abbiamo visto, il processo di soluzione può avvenire con sviluppo di calore oppure con assorbimento di calore, può cioè essere esotermico o endotermico: se una sostanza si scioglie in un dato solvente sviluppando calore, la sua solubilità in quel solvente diminuisce quando la temperatura aumenta; se, invece, una sostanza si scioglie in un solvente assorbendo calore, la sua solubilità aumenta all aumentare della temperatura. Per quanto riguarda la solubilità di un gas in un liquido, invece, essa diminuisce sempre all aumentare della temperatura: quando infatti facciamo bollire dell acqua minerale gassata, tutto il gas in essa contenuto si libera nell aria. La dipendenza della solubilità dalla pressione è importante soprattutto quando il soluto puro è un gas: maggiore è la pressione di quel gas al di sopra del liquido in cui si vuole scioglierlo, maggiore è la sua solubilità. Un esempio familiare è quello delle acque minerali gasate: per renderle effervescenti, a queste acque viene aggiunta anidride carbonica sotto pressione; fin quando la bottiglia non viene stappata, la pressione del gas che si raccoglie nello spazio compreso fra la superficie dell acqua e il tappo è piuttosto elevata: è quindi elevata anche la quantità di anidride carbonica disciolta nell acqua. Quando invece si stappa la bottiglia, la pressione sopra l acqua diminuisce: diminuisce di conseguenza anche la solubilità dell anidride carbonica in acqua, e si vedono le bollicine di anidride carbonica che salgono dall acqua verso l alto, liberandosi nell aria. 53

11 Le PROPRIETA COLLIGATIVE La presenza del soluto in un solvente determina dei cambiamenti all interno del solvente: le proprietà di una soluzione sono quindi diverse da quelle del solvente puro; alcuni effetti della presenza del soluto dipendono inoltre dal numero totale di particelle disciolte, e non dalla loro natura. Tali effetti vengono chiamati proprietà colligative; tre di queste proprietà sono l abbassamento del punto di fusione, l innalzamento del punto di ebollizione e la pressione osmotica. Abbassamento ed innalzamento ebullioscopico In una soluzione in cui il soluto è costituito da un composto non-volatile, la temperatura di congelamento è più bassa di quella del solvente puro, mentre la temperatura di ebollizione è più alta di quella del solvente puro: questo è il caso delle soluzioni in cui un solido è stato disciolto in un liquido. La differenza fra la temperatura di congelamento della soluzione (Tf) e quella del solvente puro (Tt*) viene chiamata abbassamento crioscopico della soluzione e indicata come Tcr: Tcr = Tf Tf* La differenza fra la temperatura di ebollizione della soluzione (Teb) e quella del solvente puro (Teb*) viene chiamata innalzamento ebullioscopico della soluzione e indicata come Teb: Teb = Teb Teb* L abbassamento crioscopico e l innalzamento ebullioscopico dipendono dalla natura del solvente e dal numero di particelle di soluto presenti in soluzione (cioè dalla concentrazione del soluto): non dipendono, invece, dalla natura del soluto; questo significa che soluti diversi, ma con la stessa concentrazione, provocano lo stesso abbassamento crioscopico e lo stesso innalzamento ebullioscopico in uno stesso solvente. Solventi diversi hanno inoltre abbassamenti crioscopici e innalzamenti ebullioscopici diversi per uguali concentrazioni di soluto: l abbassamento del punto di congelamento che si osserva quando una mole di particelle di soluto è disciolta in un chilogrammo di un dato solvente è per definizione la costante crioscopica di quel solvente; analogamente l innalzamento del punto di ebollizione che si verifica quando una mole di particelle di soluto è disciolta in un chilogrammo di un dato solvente è la costante ebullioscopica di quel solvente. Come si deduce da queste definizioni, l abbassamento crioscopico e l innalzamento ebullioscopico dipendono dalla molalità della soluzione. Ogni solvente ha una sua costante crioscopica e una sua costante ebullioscopica: queste costanti esprimono la dipendenza dell abbassamento crioscopico e dell innalzamento ebullio- 54

12 scopico dalla natura del solvente; per l acqua le costanti crioscopiche ed ebullioscopiche hanno i seguenti valori: Kcr = 1,86 K kg/mol Keb = 0,51 K kg/mol Conoscendo la costante crioscopica e quella ebullioscopica del solvente e la molalità della soluzione è possibile calcolare il punto di congelamento e il punto di ebollizione della soluzione stessa; a tale scopo si calcola innanzitutto il Tcr o il Teb mediante le relazioni: Tcr = Kcr m Teb = Keb m Come abbiamo già detto, l abbassamento crioscopico e l innalzamento ebullioscopico dipendono dal numero di particelle effettivamente presenti in soluzione: il termine di molalità m nelle equazioni sopra riportate va interpretato quindi in riferimento al numero totale di particelle presenti. Questo fatto ci obbliga a fare una distinzione tra soluzioni elettrolitiche e soluzioni non elettrolitiche: quando una mole di un non elettrolita passa in soluzione, nella soluzione stessa sarà presente una mole di particelle di soluto; quando, invece, passa in soluzione una mole di un elettrolita, il numero di particelle presenti in soluzione è maggiore di una mole, perché le molecole dell elettrolita si dissociano in ioni. Nel calcolare l abbassamento crioscopico e l innalzamento ebullioscopico è quindi necessario tenere presente la dissociazione, e considerare quante moli di particelle si originano da una mole del dato elettrolita. L abbassamento crioscopico o l innalzamento ebullioscopico di una soluzione forniscono un metodo per la determinazione della massa molecolare del soluto, purché siano note le rispettive costanti del solvente: il metodo è ampiamente utilizzato, soprattutto per soluti le cui molecole non si dissociano in soluzione acquosa; in questi casi infatti il procedimento è più semplice, perché non c è bisogno di determinare l entità della dissociazione elettrolitica e di tenerne conto nei calcoli. Si è rivelato inoltre molto utile per la determinazione della massa di grosse molecole organiche, comprese le molecole dei polimeri, la cui massa può raggiungere valori di centinaia di migliaia di u.m.a. Il procedimento sperimentale è semplice: si scioglie in acqua, o in un altro solvente opportuno, una quantità nota della sostanza di cui si vuole trovare la massa molecolare, e poi si determina l innalzamento ebullioscopico o l abbassamento crioscopico della soluzione ottenuta; da questo valore si risale alla massa molecolare del soluto. 55

13 Pressione osmotica Esistono membrane, dette semipermeabili, che consentono il passaggio di alcuni tipi di molecole o di ioni ma non di altri: spesso, ad esempio, molecole che non superano certe dimensioni possono attraversare una membrana, mentre molecole più voluminose non possono farlo (anche la membrana che riveste le singole cellule degli organismi viventi è semipermeabile). Consideriamo un esperimento significativo: supponiamo di prendere un recipiente e di dividerlo in due settori, A e B, separandoli mediante una membrana semipermeabile che permetta il passaggio alle molecole del solvente e non a quelle del soluto; nel settore A mettiamo dell acqua pura, nel settore B una soluzione di acqua e sale. Dopo un certo tempo è possibile notare che il livello del liquido nel settore B si è alzato, mentre quello nel settore A si è abbassato: questo significa che un certo numero di molecole di acqua sono passate dal settore A al settore B attraverso la membrana. Se vogliamo impedire che avvenga tale passaggio, dobbiamo esercitare sul settore B una certa pressione dall esterno: - il passaggio delle molecole da un settore all altro attraverso la membrana semipermeabile viene chiamato osmosi; - la pressione che deve essere esercitata su una soluzione per impedire che verso di essa migrino delle molecole di solvente si chiama pressione osmotica della soluzione e viene indicata con la lettera (la pressione osmotica viene generalmente espressa in pascal o in atmosfere). Il termine pressione evidenzia una certa analogia fra la situazione di un soluto in soluzione e quella di un gas: le molecole del soluto possono muoversi attraverso la soluzione, e accade che si urtino fra di loro e che urtino le pareti del recipiente che contiene la soluzione. I fenomeni osmotici sono molto importanti sia per le singole cellule sia per gli organismi viventi nel loro complesso: ad esempio, il processo di purificazione del sangue da parte dei reni è basato fondamentalmente su fenomeni di osmosi; le cellule si nutrono assorbendo 56

14 sostanze dall esterno attraverso la membrana semipermeabile che le riveste grazie a processi osmotici. La pressione osmotica di una soluzione dipende dalla concentrazione e dalla temperatura della soluzione: se la concentrazione è maggiore, anche la pressione osmotica è maggiore; inoltre, se la temperatura della soluzione aumenta, anche la pressione osmotica aumenta. La dipendenza da questi fattori segue una legge molto simile a quella dei gas ideali, legge che può essere espressa per mezzo della seguente relazione, in cui è la pressione osmotica, V è il volume della soluzione, n è il numero di moli di particelle presenti in soluzione, R è la costante dei gas e T è la temperatura assoluta: V = n RT Poiché la pressione osmotica dipende dal numero di particelle presenti in soluzione, per le soluzioni di elettroliti si deve tenere conto del numero di ioni che derivano dalla dissociazione (analogamente a quanto visto per l abbassamento crioscopico e per l innalzamento ebullioscopico). La determinazione sperimentale della pressione osmotica di una soluzione fornisce un metodo per risalire alla massa molecolare di un soluto, purché sia nota la massa di soluto usata per preparare la soluzione: infatti, mediante l equazione sopra riportata si ricava il numero di moli, n, e poi si trova la massa molare come rapporto fra la massa del soluto ed n. Supponiamo ora di ripetere l esperimento descritto in precedenza, questa volta mettendo nel settore A una soluzione più diluita e nel settore B una soluzione più concentrata dello stesso soluto; le due soluzioni, avendo concentrazioni diverse, avranno anche pressione osmotica diversa: quella nel settore A ha una pressione osmotica minore e quella nel settore B ha una pressione osmotica maggiore. L andamento dell esperimento è analogo al caso precedente: il livello del liquido si alza nel settore B, e si abbassa nel settore A; quanto più grande è la differenza di concentrazione fra le due soluzioni, tanto maggiore diviene il dislivello fra i due liquidi (pur restando sempre minore di quello che si veniva a creare quando il settore A conteneva il solvente puro). Possiamo quindi concludere che, grazie alla differenza di pressione osmotica fra le due soluzioni, un certo numero di molecole di solvente migra dalla soluzione più diluita a quella più concentrata. Se le due soluzioni A e B hanno la stessa pressione osmotica, non si osserva la comparsa di nessun dislivello: due soluzioni che hanno la stessa pressione osmotica vengono chiamate isotoniche. 57

15 SEPARAZIONE dei COMPONENTI di una SOLUZIONE In molti casi è importante far avvenire il processo inverso a quello di soluzione, cioè separare i componenti di una soluzione: questo è essenziale, ad esempio, nei processi industriali, per separare il prodotto che interessa dalle altre sostanze che possono essere ad esse mescolate e che escono tutte insieme dal reattore. Due dei procedimenti impiegati più ampiamente a tale scopo sono la distillazione e la cristallizzazione; la distillazione serve per separare i componenti di soluzioni liquide e consiste nel far avvenire, l uno di seguito all altro, due passaggi di stato opposti: l ebollizione e la liquefazione. Il liquido da distillare viene messo in un palloncino di vetro: il palloncino è chiuso da un tappo forato, nel quale è inserito un tubicino che si piega e continua per un tratto piuttosto lungo (in alcuni apparecchi continua a forma di serpentina, per avere una lunghezza maggiore). In questo tratto, il tubo è circondato da un altro tubo di vetro, molto più largo, nel quale si fa scorrere continuamente acqua fredda, e che presenta due aperture: una viene collegata a un rubinetto, l altra serve per lo scarico dell acqua. Il liquido nel palloncino viene portato a ebollizione: il vapore che si forma entra nel tubicino ed è costretto a seguirne il percorso; l acqua fredda che scorre attorno al tubicino raffredda il vapore, che finisce col condensare (cioè col tornare allo stato liquido) e col cadere in goccioline dall altra estremità del tubo, sotto la quale viene posto un recipiente per raccoglierlo. Se la soluzione da distillare è costituita da un solvente liquido e da uno o più soluti che sono solidi a temperatura ambiente quando sono puri, l ebollizione fa passare allo stato di vapore il solo solvente: il liquido che si raccoglie all altra estremità del tubo è quindi costituito dal solvente puro. Se una soluzione è invece costituita da due o più liquidi mescolati insieme, la distillazione può essere utile per separare i liquidi l uno dall altro: quanto più i punti di ebollizione di due liquidi sono diversi, tanto più efficacemente si riesce a separarli con la distillazione; spesso, però, è necessario ripetere più volte il processo per ottenere una separazione soddisfacente. 58

16 Per alcune soluzioni, col procedere della distillazione si arriva a un valore della concentrazione della soluzione di partenza per il quale la percentuale di molecole di A e B che passano allo stato vapore è uguale alla percentuale di molecole di A e B presenti nel liquido: in queste condizioni la composizione della soluzione che si ottiene dalla distillazione è uguale alla composizione della soluzione di partenza e, quindi, non ha senso procedere oltre con la distillazione. Quando questo avviene, si dice che la soluzione dei due liquidi è un azeòtropo; una miscela contenente il 95% di alcol etilico ed il 5% di acqua è un azeòtropo che bolle a 78,15 C. La tecnica della cristallizzazione viene utilizzata nei casi in cui un solido è disciolto in un liquido, e permette di ottenere il soluto puro, in forma di piccoli cristalli; la soluzione viene lasciata all aria aperta, o anche fatta bollire: a causa dell evaporazione del solvente, la soluzione diviene sempre più concentrata, fino a raggiungere la saturazione. A questo punto, una parte del soluto comincia a separarsi e si deposita sul fondo del recipiente: con il procedere dell evaporazione del solvente, aumenta la quantità di soluto che si separa e quando tutto il solvente è evaporato, rimane il soluto puro (questo procedimento viene utilizzato su scala industriale per ricavare il sale da cucina). Le MISCELE GASSOSE Le miscele di due o più gas sono miscele omogenee e, quindi, possono essere considerate soluzioni di un gas in un altro gas: due o più gas sono sempre in grado di mescolarsi fra loro in qualsiasi proporzione. Ciò è conseguenza diretta della natura dello stato gassoso: le molecole di un gas sono separate le une dalle altre, e la distanza fra le singole molecole è molto grande rispetto alle dimensioni delle molecole stesse; se si ha un recipiente contenente un gas e vi si introduce un secondo gas, le molecole di quest ultimo saranno sempre in grado di trovare spazio fra le molecole del primo gas e lo stesso fenomeno si verifica anche se si introduce un terzo o un quarto gas. 59

17 La composizione quantitativa delle miscele gassose si esprime in modo analogo a quello delle soluzioni liquide e, quindi, in termini di percentuale (in massa o in volume) di ciascun componente della miscela, in termini di numero di moli di ciascun componente presenti in un litro di miscela oppure in termini di frazioni molari. All interno di una miscela gassosa ogni gas esercita una pressione: nei gas ideali, le molecole sono indipendenti l una dall altra e la pressione esercitata dal gas dipende soltanto dal numero di molecole di gas presenti, non dalla natura chimica del gas. Di conseguenza, in una miscela di gas ideali ogni gas dà alla pressione un contributo che dipende soltanto dal numero di molecole con cui esso è presente nella miscela stessa. Se ad esempio, abbiamo un recipiente contenente mezza mole di un gas A e mezza mole di un gas B, i due gas danno contributi uguali alla pressione totale della miscela, perché sono presenti con lo stesso numero di particelle; se, invece, abbiamo due moli del gas A e mezza mole del gas B, il contributo di A sarà quattro volte superiore al contributo di B. Il contributo che ogni gas dà alla pressione totale di una miscela gassosa si chiama pressione parziale del gas: la pressione parziale di un gas in una miscela gassosa è uguale alla pressione che quel gas eserciterebbe se occupasse da solo l intero volume a disposizione. Questo significa che la pressione che un gas esercita quando si trova in un recipiente non viene modificata dalla presenza di altri gas nello stesso recipiente: ciò è conseguenza del fatto che fra le molecole di gas ideali non esistono interazioni. La pressione totale di una miscela gassosa è data dalla somma delle pressioni parziali dei singoli gas che la costituiscono: questa legge è chiamata legge di Dalton delle pressioni parziali. Se indichiamo con Ptot la pressione totale di una miscela gassosa costituita dai gas A, B e C, con PA la pressione parziale del gas A, con PB la pressione parziale del gas B e con PC la pressione parziale del gas C, la legge di Dalton si esprime tramite la relazione: Ptot = PA + PB + PC Ogni gas contribuisce alla pressione totale in modo proporzionale al numero di moli con cui è presente: quindi, il rapporto fra la pressione parziale di un gas e la pressione totale della miscela è uguale al rapporto fra il numero di moli di quel gas e il numero totale di moli presenti nella miscela, cioè è uguale alla frazione molare di quel gas. 60

18 VERIFICA delle CONOSCENZE 1. Che cosa è una soluzione? 2. Che cosa è il solvente in una soluzione? E che cosa è il soluto? Se sciogliamo dello zucchero in acqua, qual è il solvente e qual è il soluto? Perché? 3. Quando una soluzione è satura? Che cosa ci segnala visivamente che una soluzione è satura? 4. Che cosa si intende per concentrazione di una soluzione? Spiega come varia la concentrazione di una soluzione se ad essa si aggiunge dell altro solvente o dell altro soluto. 5. Si preparano due soluzioni A e B: la soluzione A è stata ottenuta sciogliendo 8 g di cloruro di sodio in 50 cm 3 di acqua; la soluzione B è stata ottenuta sciogliendo 32 g di cloruro di sodio in 100 cm 3 di acqua. Quale delle seguenti affermazioni è corretta? A. le due soluzioni hanno la stessa concentrazione; B. la concentrazione della soluzione A è doppia rispetto alla concentrazione della soluzione B; C. la concentrazione della soluzione B è doppia rispetto alla concentrazione della soluzione A. 6. In quale delle seguenti soluzioni è maggiore la concentrazione degli ioni H + : A. in una soluzione 0,5 M di HCl; B. in una soluzione 0,5 M di H2SO4. 7. Spiega in quale delle seguenti soluzioni si ha una concentrazione maggiore di ioni cloruro: A. in 200 cm 3 di una soluzione 0,6 M di NaCl; B. in 350 cm 3 di una soluzione 0,6 M di NaCl; C. in 500 cm3 di una soluzione 0,3 M di CaCl2. 8. In una miscela di acqua, metanolo ed etanolo, la frazione molare dell acqua è 0,45 e quella dell etanolo è 0,33: qual è la frazione molare del metanolo? 9. Si preleva un campione da una soluzione per determinarne la concentrazione; spiega quali delle seguenti affermazioni sono vere riguardo alla soluzione che resta: A. il suo volume è diminuito; B. la quantità totale di soluto presente è diminuita; C. la concentrazione della soluzione è diminuita. 61

19 10. Che cosa significa diluire una soluzione? Quando una soluzione viene diluita, la sua concentrazione aumenta o diminuisce? 11. Si prendono 50 cm 3 di una soluzione 1 M di NaCl e vi si aggiungono 150 cm 3 di acqua; stabilire quali delle seguenti affermazioni sono corrette: A. la soluzione finale è più concentrata della soluzione iniziale; B. la soluzione finale è meno concentrata della soluzione iniziale; C. la soluzione finale è più diluita della soluzione iniziale; D. l operazione effettuata si chiama diluizione di una soluzione; E. la concentrazione della soluzione finale è: a. 2 M; b. 1 M; c. 0,5 M; d. 0,25 M; e: 0,1 M. F. la quantità di solvente è aumentata; G. il numero totale di moli di soluto è aumentato; H. il numero totale di moli di soluto è rimasto lo stesso. 12. Si sciolgono 0,1 moli di KCl e 0,1 moli di NaCl in 1 L di acqua: entrambi questi composti sono sali, e si dissociano in ioni in soluzione acquosa; quante moli di ioni Cl sono presenti nella soluzione? 13. Descrivi in termini generali il meccanismo con cui un composto ionico si scioglie in acqua. 14. Quali delle seguenti sostanze possono sciogliersi nel solvente indicato? A. glucosio in acqua; B. alcol etilico in acqua; C. un grasso in acqua; D. cloruro di potassio in acqua; E. tetracloruro di carbonio in acqua; F. benzene in acqua. 15. Che cosa si intende per solvatazione delle molecole o degli ioni del soluto? 16. Considera gli aspetti energetici del processo di soluzione. Quali eventi del processo richiedono energia? Quali eventi del processo liberano energia? Se un processo di soluzione è esotermico, che cosa puoi dire a proposito dell energia necessaria per rompere i legami fra le molecole del soluto e a proposito dell energia di solvatazione? 17. Quando si scioglie un soluto in un solvente, si sviluppa o viene assorbita una certa quantità di calore. Da quali fattori dipende tale quantità? 18. Perché un cubetto di zucchero si scioglie in acqua più lentamente dello zucchero in polvere? 19. Quando si mescolano due liquidi, il volume della soluzione è uguale alla somma dei volumi dei liquidi di partenza? Perché? La massa della soluzione è uguale alla somma delle masse iniziali? 62

20 20. Quali sostanze vengono chiamate elettroliti? E quali vengono chiamate non elettroliti? 21. Che cosa si intende per solubilità? Da quali fattori dipende la solubilità? Quali informazioni si devono fornire quando si riportano valori di solubilità? Perché? 22. Come si determina sperimentalmente la solubilità di una sostanza in un certo solvente? 23. Come varia la solubilità di una sostanza al variare della temperatura? In quali casi la pressione gioca un ruolo importante nel determinare la solubilità di una sostanza in un certo solvente? 24. Consideriamo due recipienti chiusi, riempiti di acqua per un terzo del loro volume, e contenenti ossigeno al di sopra dell acqua: nel primo recipiente la pressione dell ossigeno è 1 atm, nel secondo recipiente è 2 atm; in quale recipiente la solubilità dell ossigeno in acqua è maggiore? 25. La concentrazione di ossigeno disciolto è maggiore nell acqua calda o nell acqua fredda? 26. La nostra atmosfera contiene una certa percentuale di anidride carbonica: una parte di essa si discioglie nelle acque dei mari. Negli ultimi decenni, varie attività umane hanno provocato e continuano a provocare l immissione nell aria di forti quantità di anidride carbonica. Questo significa che la concentrazione di anidride carbonica nell aria aumenta e, quindi, aumenta anche la sua pressione parziale. La quantità di anidride carbonica che si scioglie nelle acque del mare aumenta o diminuisce in conseguenza di questo fatto? 27. Le proprietà colligative sono proprietà: A. del soluto B. del solvente C. della soluzione 28. La costante crioscopica è una proprietà: A. del soluto B. del solvente C. della soluzione. 29. L entità delle proprietà colligative di una soluzione dipende: A. alla natura del soluto; B. dalla natura del solvente; C. dalla concentrazione della soluzione in termini di numero di moli di soluto; D. dalla concentrazione della soluzione in termini di numero totale di moli di particelle di soluto. 30. Quali informazioni sono necessarie per poter calcolare il punto di congelamento di una soluzione? 31. Perché, nel calcolare il punto di congelamento di una soluzione, è necessario sapere se il soluto è un elettrolita o un non elettrolita? 32. Una soluzione acquosa di cloruro ferrico ha lo stesso punto di fusione di una soluzione 1,6 m di saccarosio. La concentrazione della soluzione di cloruro ferrico è: A. 1,6 m; B. 2,4 m; C. 3,2 m; D. 4,8 m; E. 0,8 m; F. 0,4 m; G. 0,2 m. 33. Quando una membrana viene qualificata come semipermeabile? 63

21 34. Disponi le seguenti soluzioni acquose in ordine di punto di ebollizione decrescente (tieni presente che alcune di loro potrebbero avere lo stesso punto di ebollizione ): A. soluzione 0,5 m di glucosio; B. soluzione 0,5 m di cloruro di sodio; C. soluzione 0,5 m di saccarosio; D. soluzione 0,5 m di nitrato d argento; E. soluzione 0,5 m di cloruro di magnesio; F. soluzione 0,5 m di solfato di sodio; G. soluzione 0,5 m di alcol etilico; H. soluzione 0,5 m di acido cloridrico; I. soluzione 0,5 m di cloruro di alluminio; J. soluzione 0,5 m di metanolo. 35. Il punto di fusione di una sostanza organica 35,4 C; un campione di quella sostanza viene preparata in laboratorio, e il suo punto di fusione risulta 34,8 C: la sostanza nel campione è pura oppure no? Perché? 36. Una soluzione acquosa di nitrato di magnesio è isotonica a una soluzione 1,8 M di glucosio; la concentrazione della soluzione di nitrato di magnesio è: A. 1,8 M; B. 3,6 M; C. 5,4 M; D. 0,9 M; E. 0,6 M. 37. Spiega a quale procedimento di separazione ricorreresti nelle seguenti situazioni: A. un sale è disciolto in acqua, e ci interessa recuperare il sale; B. ci interessa ottenere acqua in cui non sia disciolto nulla (ad esempio, a partire dall acqua del rubinetto); C. due liquidi a diversa volatilità sono mescolati insieme. 38. Spiega che cosa si intende per azeotropo (o soluzione azeotropica). 39. Considera le seguenti miscele gassose, tutte alla stessa temperatura e poste in recipienti di ugual volume; raggruppa insieme quelle che hanno la stessa pressione totale: A. 0,4 moli di argon, 0,4 moli di azoto e 0,4 moli di ammoniaca; B. 0,5 moli di anidride carbonica e 0,6 moli di ossigeno; C. 0,1 moli di azoto e 0,8 moli di neon; D. 0,4 moli di idrogeno, 0,3 moli di argon e 0,2 moli di elio; E. 0,3 moli di azoto, 0,3 moli di metano e 0,5 moli di ossigeno; F. 0,2 moli di anidride carbonica, 0,3 moli di monossido di carbonio e 0,6 moli di azoto; G. 0,2 moli di cloro, 0,3 moli di azoto e 0,3 moli di xenon. 40. Discuti le seguenti affermazioni: A. la solubilità di una sostanza aumenta all aumentare della pressione atmosferica; B. la solubilità di un gas in un liquido aumenta all aumentare della pressione di quel gas sopra il liquido; C. la solubilità di un solido in un liquido aumenta all aumentare della temperatura; D. una sostanza ionica si scioglie sempre in acqua in quantità considerevole; E. due liquidi possono sempre mescolarsi fra di loro; F. due gas possono sempre mescolarsi fra di loro; 64

22 ESERCIZI 1. Calcola la molarità delle seguenti soluzioni acquose, per le quali è data la massa di soluto disciolta in 200 cm 3 di soluzione: a) 20 g di NaCl; b) 20 g di HCl; c) 20 g di H2SO4 Risposta: a. 1,71 M; b. 2,74 M; c. 1,02 M 2. Calcola quanti grammi di KCl sono necessari per preparare le seguenti soluzioni acquose: d) 200 cm 3 di soluzione 0,4 M e) 300 g di soluzione al 15% in peso; f) 300 cm 3 di soluzione 1,2 M; g) 400 g di soluzione 1,6 m. Risposta: a. 5,96 g; b. 45,00 g; c. 26,84 g 3. Calcola quanti grammi di soluto sono contenuti nelle seguenti soluzioni acquose: a) 250 cm 3 di soluzione 0,8 M di NaOH; b) 300 cm 3 di soluzione 1,2 M di H2SO4; c) 600 g di una soluzione di alcol metilico (CH3OH) al 40% in peso. Risposta: a. 8 g; b. 35,28 g; c. 240 g 4. Si è preparata una soluzione acquosa di cloruro di calcio, partendo da 80 g di CaCl2 e portando il volume della soluzione a 320 cm 3 : calcola la molarità della soluzione. Risposta: 2,25 M 5. Si mescolano 20,0 g di alcol etilico C2H5OH e 80,0 g di acqua; esprimi la concentrazione della soluzione in termini di: percentuale in massa, frazioni molari. Risposta: 20%; 0,91 e 0,09 6. Calcola la molalità, la molarità e le frazioni molari dei componenti nelle seguenti soluzioni acquose: a) soluzione di H2SO4 al 32% in peso con densità della soluzione pari a 1,23 g/cm 3 ; b) soluzione di HCI al 20% in peso con densità della soluzione pari a 1,1 g/cm 3. Risposta: a. 4,8 m; 4,00 M; 0,92-0,08 65

23 7. Calcolare quanti grammi di NaCl occorrono per preparare: a. un litro di soluzione 0,025 M; b. 25,0 ml di una soluzione 2,50 M. Risposta: a. 1,45 g; b. 3,25 g 8. Avendo a disposizione 250 g di Na2SO4, calcolare il volume di una soluzione 0,750 M che si può ottenere per diluizione con acqua. Risposta: 2,35 L 9. Una soluzione acquosa contiene 1 8,0% in peso di zucchero e ha densità di 1,03 g/ml; calcolare: a. quanti grammi di zucchero vi sono in 400 ml di soluzione; b. sapendo che il peso molecolare dello zucchero è 360, calcolare la molarità della soluzione. Risposta: a. 33,0 g; b. 0,23 M 10. Calcolare il volume di una soluzione 1,80 M di KOH che occorre diluire a un litro con acqua per avere una soluzione 0.1 M. Risposta: 55,5 ml 11. Avendo a disposizione una soluzione di HCl al 36% in peso (densità 1,18 g/ml) e acqua distillata, preparare un litro di soluzione di HCI 0,1 M. Risposta: 8,6 ml HCl, 991,4 ml H2O 12. Avendo a disposizione una soluzione di H2SO4 al 96% in peso (densità 1,84 g/ml) e acqua distillata, preparare 1 L di soluzione di H2SO4 M/50. Risposta: 0,3 ml H2SO4 13. L acqua del mare contiene il 3,5% in massa di sali: di questi, il 55,3% in massa è costituito da cloro e il 30,6% da sodio. Supponi che una persona consumi 10 g di NaCl al giorno: calcola la quantità di acqua di mare che si deve utilizzare per ricavare la quantità di sale necessaria in un anno in Italia (57 milioni di abitanti). Risposta: 7,7 milioni di tonnellate cm 3 di una soluzione acquosa 2 M di AgNO3 vengono diluiti fino a un volume di 500 cm 3 : calcola la molarità della nuova soluzione. Risposta: 1,2 M cm 3 di una soluzione acquosa 2,5 M di MgCl2 vengono diluiti fino a un volume di 400 cm 3 : calcola la molarità della nuova soluzione. Risposta: 1,56 M 66

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