INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA CHIMICA

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1 INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA CHIMICA La chimica si interessa dello studio della materia, delle sue proprietà, della sua struttura e delle trasformazioni che avvengono in essa. Materia è tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che ha una massa, occupa un volume e possiede energia. Le trasformazioni che avvengono nella materia possono essere fisiche e chimiche. La trasformazione fisica non cambia le proprietà della materia e provoca soltanto una variazione di forma, volume o stato di aggregazione. La trasformazione chimica è quella che porta ad un netto cambiamento delle proprietà delle sostanze che vi prendono parte, cioè una sostanza si trasforma in un'altra. La chimica si interessa quindi dello studio delle trasformazioni chimiche. La materia si può presentare in tre stati di aggregazione: Solido liquido aeriforme. Il primo quesito che ci poniamo riguarda la struttura della materia, cioè ci chiediamo se essa ha una struttura continua o discontinua detta anche particellare. Lo studio del comportamento della materia nei tre stati di aggregazione porta alla conferma che la materia ha una struttura particellare. LO STATO AERIFORME Lo stato aeriforme comprende gas e vapore, il gas può essere portato allo stato liquido abbassando la temperatura al di sotto della sua temperatura critica (ogni gas ha una propria temperatura critica) e aumentando la pressione, il vapore passa allo stato liquido. II vapore diventa gas se viene riscaldato portando la temperatura al di sopra di quella critica. Il comportamento della materia nello stato aeriforme viene descritto dalle tre leggi e vedremo che esse possono essere spiegate solo se si attribuisce alla materia una struttura particellare. LEGGE DI BOYLE La legge di Boyle si applica ad una trasformazione fisica isoterma, cioè ad una temperatura costante. La legge di Boyle dice che in una trasformazione fisica isoterma la pressione e il volume sono inversamente proporzionali. Matematicamente si scrive: P V=K Dove P è uguale alla pressione generalmente espressa in atmosfere ( l atm == 760 mm di mercurio), V è uguale al volume generalmente espresso in litri ( 11itri = 1000 cc) con K è uguale ad una costante di proporzionalità. La legge di Boyle può essere rappresentata in un sistema di assi cartesiani portando ad esempio il volume sulle ascisse e la pressione sulle ordinate. La curva è chiamata iperbole equilatera. In ogni punto di questa curva la pressione per il volume è uguale ad una costante. Ammettiamo che il gas si trovi ad una pressione P1 il volume 1

2 corrispondente sarà V1. Aumentando la pressione fino P il volume diminuisce fino al valore V. Possiamo scrivere che: P1 V1 = P V =... Pn Vn = K La legge di Boyle può essere applicata se si attribuisce alla materia una struttura particellare. Consideriamo un gas contenuto in un cilindro munito di pistone scorrevole. Inizialmente il gas si trova alla pressione P1 e occupa il volume V1, mediante trasformazione isoterma (stessa temperatura) diminuiamo il volume fino al valore V.La pressione aumenterà fino a P. Sappiamo che la pressione è data dagli urti delle particelle contro le particelle del recipiente, più frequenti e più energetici saranno questi urti più elevata sarà la pressione. Diminuendo il volume diminuisce anche la superficie d'urto, gli urti contro le pareti del cilindro diventano più frequenti con conseguente aumento della pressione. Considerando la materia con una struttura continua la legge di Boyle non può essere spiegata. La legge di Boyle è valida per i gas ideali o anche per i gas reali che si trovano nelle condizioni ideali. Il gas ideale è un gas ipotetico e si immagina costituito da particelle puntiformi cioè prive di volume tra le quali non si esercitano interazioni, cioè non si attraggono ne si respingono. Il gas reale si comporta da ideale quando si trova a bassa pressione o ad elevata temperatura. A bassa pressione le particelle sono più lontane tra loro e quindi le interazioni possono essere trascurate. Ad elevata temperatura le

3 particelle si muovono con maggiore velocità e anche in questo caso le interazioni possono essere trascurate. SECONDA LEGGE O LEGGE A PRESSIONE COSTANTE DI CHARLES Una trasformazione fisica a pressione costante si chiama isobara. Questa legge dice che riscaldando un gas, mantenendo costante la pressione, per ogni grado di temperatura il volume aumenta di 1/73 del volume a 0 C. Indicando con V0 il volume del gas ( a 0 C) e con V il volume del gas (ad una qualsiasi temperatura) possiamo scrivere Questa equazione può essere rappresentata in un sistema di assi cartesiani portando la temperatura sulle ascisse e V sulle ordinate si ottiene una retta che parte da V0 ed è diretta verso l'alto Le due grandezze temperatura e volume sono direttamente proporzionali. Il prolungamento incontra il semiasse negativo delle temperature in un punto corrispondente a -73,15 C. Questa temperatura è la minima raggiungibile perché al di sotto avremo volumi negativi. Questa temperatura rappresenta lo 0 di una nuova scala riamata scala delle temperature assolute o scala Kelvin. La temperatura assoluta si indica con T ed è legata alla temperatura centigrada dalla seguente relazione: 3

4 La seconda legge si può anche enunciare affermando che in una trasformazione fisica isobara Volume e temperatura sono direttamente proporzionali. Anche questa legge può essere spiegata attribuendo alla materia una struttura particellare. Consideriamo un gas contenuto in un cilindro munito di pistone scorrevole. Aumentando la temperatura le particelle del gas si muoveranno con maggiore velocità e i loro urti diventano più frequenti e più energetici provocando l'innalzamento del pistone con l'aumento del volume. Questa legge non può essere spiegata attribuendo alla materia una struttura continua. Anche questa legge è valida per gas ideali o anche per gas reali che si trovino nelle condizioni ideali. TERZA LEGGE O LEGGE A VOLUME COSTANTE DI GAY LUSSAC Una trasformazione fisica a volume costante si chiama isocara. Questa legge dice che riscaldando un gas, mantenendo costante il volume, per ogni grado di temperatura la pressione aumenta 1/73 del valore a 0 C. Indichiamo con P0 la pressione del gas a 0 C e con P la pressione ad una qualsiasi temperatura. Anche questa equazione si può rappresentare in un sistema di assi cartesiani portando la temperatura espressa in C sulle ascisse e la pressione sulle ordinate. A 0 C la pressione del gas è PO e da questo punto parte una retta orientata verso l'alto che indica la diretta proporzionalità tra pressione e temperatura. Il prolungamento di questa retta incontra il semiasse negativo delle temperature nel punto corrispondente a -73,15 C, questa temperatura è la minima raggiungibile perché al di sotto avremo pressioni negative. Consideriamo l'equazione precedente: 4

5 Questa legge si può anche enunciare affermando che in una trasformazione fisica isocara, la pressione e la temperatura sono direttamente proporzionali. Assumendo una struttura particellare riusciamo a spiegare anche questa legge. Consideriamo un gas contenuto in un cilindro munito di pistone fisso che si trova alla temperatura T1 e pressione P1 Mediante una trasformazione isocara aumentiamo la temperatura fino a T, la pressione aumenterà fino a P. Aumentando la temperatura aumenta la velocità delle particelle e i loro urti contro le pareti diventano più frequenti e più energetici causando l'aumento di pressione. Attribuendo alla materia una struttura continua questa legge non può essere spiegata. Anche questa legge è valida per i gas ideali o anche per gas reali che si trovano in condizioni reali. GRAHM Un gas messo in un recipiente tende ad occupare tutto il volume a sua disposizione e il tempo impiegato dipende dalla sua densità. A tal proposito la legge di Grahm che la velocità di diffusione di un gas è inversamente proporzionale alla radice quadrata della sua densità. 5

6 Dove p è la densità del gas. Più elevata è la densità del gas più bassa sarà la sua velocità di diffusione più tempo impiegherà per diffondere cioè per occupare tutto il volume a sua disposizione. STATO LIQUIDO Nello stato aeriforme le particelle sono distanti tra loro. Le attrazioni elettrostatiche sono deboli e legate alla legge di Coulomb. E si muovono liberamente con velocità elevate. Passando allo stato liquido diminuisce la distanza tra le particelle le attrazioni elettrostatiche (legge di Coulomb) diventano più intense e più alte, ed esse si muovono ancora con velocità più bassa. Il contenuto energetico nello stato liquido è minore di quello aeriforme. STATO SOLIDO Nello stato solido la distanza tra le particelle diventa ancora più piccola e le attrazioni elettrostatiche sono così intense da impedire ogni spostamento. Quindi nello stato solido le particelle sono fisse in determinate posizioni e possono solo oscillare o vibrare. Il contenuto energetico nello stato solido è minore dello stato liquido. PASSAGGI DI STATO La materia può passare da uno stato ad un altro, questo avviene mediante scambio energetico. 6

7 Questa energia scambiata si chiama calore latente che è riferito ad un kg di sostanza. I passaggi di stato sono: Solido/liquido:si chiama fusione e l'energia necessaria si chiama calore latente di fusione. Solido/aeriforme:si chiama sublimazione e l'energia necessaria si chiama calore latente di evaporazione. Liquido/aeriforme: si chiama evaporazione e l'energia necessaria si chiama calore latente di evaporazione. Liquido/solido:si chiama solidificazione e l'energia ceduta si chiama calore latente di solidificazione uguale,ma di segno contrario, al calore latente di fusione. Aeriforme/solido:si chiama sbrinamento e l'energia ceduta si chiama calore latente di sbrinamento.uguale ma di segno contrario al calore latente di sublimazione. Aeriforme/liquido:si chiama condensazione e l'energia si chiama calore latente di condensazione uguale, ma di segno contrario al calore latente di evaporazione. SPECIE ELEMENTARI DELLA MATERIA Con lo studio nel comportamento della materia dei tre stati di aggregazione si giunti alla conclusione che essa ha una struttura particellare. Ci chiediamo ora se tutte le particelle che costituiscono la materia sono uguali tra loro o sono diverse. Appare subito evidente che tutte le particelle non sono uguali tra loro. Ad esempio le particelle che costituiscono un pezzo di gesso sono diverse da quelle che costituiscono un pezzo di ferro. In natura esistono 9 particelle diverse chiamate specie elementari della materia o elementi chimici. Inoltre sono state scoperte in laboratorio altre 13 particelle diverse che non esistono in natura e vengono chiamati elementi artificiali. Complessivamente conosciamo oggi 105 particelle diverse o elementi chimici. I nomi degli elementi artificiali derivano dai nomi dei pianeti (il nettuno, il plutonio) da nomi di scienziati che hanno partecipato alla loro scoperta (Einstenio, Fermio) o anche da nomi di paese (Californio,Americio). Ad ogni elemento è stato attribuito un simbolo che generalmente deriva dalle prime lettere del suo nome latino. Oto Aurum Au Rome Cupruim Cu Sodio Natrium Na Potassio Kalium K Idrogeno Hidrogenum H Tutti gli elementi chimici sono stati sistemati in una tabella chiamata tabella periodica degli elementi. La prima tavola è dovuta a Mendeleev, il quale ha tenuto conto delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi. La sua tavola periodica risulta costituita da gruppi e periodi. I gruppi sono otto ed ogni gruppo comprende l'insieme degli elementi che si trovano sulla stessa linea verticale. I periodi sono sette e comprendono gli elementi che si trovano sulla stessa linea orizzontale. Mendeleev sistemò nello stesso gruppo elementi con proprietà chimiche e fìsiche simili. I metalli si trovano nei primi gruppi e i non metalli negli ultimi gruppi. Nel periodo le proprietà fìsiche e chimiche degli elementi variano gradualmente andando da sinistra verso destra si passa dai metalli ai non metalli. Successivamente la tavola periodica di Mendeleev ha subito alcune modifiche fino ad arrivare a quella attuale. Consideriamo i principali elementi della tavola periodica. 7

8 PRIMO GRUPPO O GRUPPO DEI METALLI ALCALINI In questo gruppo si trovano anche l'idrogeno pur non essendo un metallo, vedremo in seguito il perché. H idrogeno K potassio Li Litio SECONDO GRUPPO O GRUPPO DEI METALLI ALCALINO-TERROSI Be berillio Sr stronzio Mg magnesio Ba bario Ca calcio Ra TERZO GRUPPO O GRUPPO DEL BORO B boro Al QUARTO O GRUPPO DEL CARBONIO C carbonio Si silicio Gè germanio Sn stagno Pb QUINTO GRUPPO O GRUPPO DELL'AZOTO N azoto P fosforo As arsenio Sb Antinomie Bi SESTO GRUPPO O GRUPPO DELL'OSSIGENO O ossigeno alluminio piombo bismunto S zolfo SETTIMO GRUPPO O GRUPPO DEGLI ALOGENI F fluoro CI doro Br bromo I OTTAVO GRUPPO O GRUPPO DEI GAS NOBILI O INERTI He elio Kr cripto Ne neon Xe xeno Ar argo Rn rodo radio iodio o radon Questi ultimi elementi si chiamano nobili o inerti perché soo molto stabili e non reagiscono con gli altri elementi, il perché lo capiremo in seguito. ELEMENTI DELLA PRIMA SERIE DI TRANSIZIONE DEL QUARTO PERIODO Se scandio Fé ferro Ti titanio Co cobalto V vanadio Ni nichelcu rame Cr cromo Zn zinco Mn manganese 8

9 ELEMENTI DELLA SECONDA SERIE DI TRANSIZIONE DEL QUINTO PERIODO Mo molibdeno Ag argento Pd palladio Cd ELEMENTI DELLA TERZA SERIE DI TRANSIZIONE DEL SESTO PERIODO W tungsteno Os osnio Ir iridio Pt platino Au oro Hg mercurio 9

10 In fondo alla tavola periodica ci sono le cosiddette terre rare o terre nere. Gli elementi del sesto gruppo si chiamano lantanidi, mentre quelli del settimo periodo si chiamano attinidi. Nel settimo periodo si trovano gli elementi artificiali. La reazione chimica è una trasformazione che porta ad un netto mutamento delle proprietà delle sostanze che vi prendono parte, una sostanza si trasforma in un altra. Siano A e B le due sostanze di partenza, siano C e D le due sostanze ottenute in seguito alla reazione chimica. In generale la reazione chimica si scrive: A + B C + D Reagenti prodotti I reagenti sono le sostanze di partenza mentre i prodotti sono le sostanze ottenute in seguito alla reazione chimica. Tra i reagenti e i prodotti si usa mettere una singola freccia o una doppia freccia. Si usa una singola freccia quando la reazione ha un elevata tendenza ad andare nel senso indicato, cioè A e B si trasformano completamente in C e D. Si usa la doppia freccia quando la reazione può andare nei due sensi (cioè C e D in A e B), e si distinguono tre casi: 1) la reazione può andare nei due sensi però ha maggiore tendenza da sinistra verso destra, cioè da A + B verso C + D; ) la reazione può andare nei due sensi però ha maggiore tendenza da destra verso sinistra, cioè da C + D verso A + B; 3) la reazione può andare con uguale tendenza in tutti e due i sensi. Ogni reazione chimica avviene con scambio energetico e si distinguono 3 casi: 1. Reazioni esotermiche, sono quelle che avvengono con sviluppo di energia;. Reazioni endotermiche, sono quelle che avvengono con acquisto di energia; 3. Reazioni atermiche, sono quelle che avvengono senza scambio energetico (rare). Lo studio delle reazioni chimiche fornisce un altro contributo per stabilire le proprietà e la struttura della materia. I risultati di questo studio sono contenuti nelle leggi delle combinazioni chimiche, studieremo tre di queste leggi e vedremo che la loro interpretazione è possibile soltanto se si attribuisce alla materia una struttura particellare o atomistica. 1ª Legge: Legge di Lavoisier Legge della conservazione della massa In una reazione chimica la somma delle masse delle sostanze reagenti è uguale alla somma delle masse delle sostanze prodotte. Consideriamo la reazione A + B C + D 10

11 Siano ma, mb, mc, md le rispettive masse delle sostanze A, B, C, D, per la legge di Lavoisier possiamo scrivere ma + mb = mc + md La legge di Lavoisier dice anche che la materia non si crea né si distrugge in quantità rilevabile. La reazione di Einstein è uguale a E = mc² E = energia m = massa c = velocità della luce nel vuoto e dice che l energia può essere trasformata in massa e la massa può essere trasformata in energia. Nelle reazioni esotermiche, cioè quelle che cedono energia, si ha una diminuzione di massa (la massa si è trasformata in energia). Nelle reazioni endotermiche, cioè che avvengono con acquisto di energia si ha un aumento di massa (l energia si trasforma in massa). Nelle reazioni chimiche l energia scambiata non è elevata e le variazioni di massa non sono evidenti. Soltanto nelle reazioni in cui lo scambio energetico è elevato (reazioni nucleari) le variazioni di massa sono evidenti. La Legge di Lavoisier può essere verificata in laboratorio facendo avvenire la reazione in un recipiente chiuso e pesandolo prima e dopo la reazione stessa. Le due pesate saranno uguali: A + B peso 1 = C + D peso ª Legge: Legge di Proust Legge delle proporzioni definite La legge di Proust dice che quando due elementi si combinano tra loro per dare origine ad un composto, questo avviene secondo un rapporto definito e costante. Siano A e B due elementi e AB il composto che si forma in seguito alla reazione chimica 4A + 6B 8A + 5B 4AB + B 5AB + 3A Variando le quantità di A e B si ottiene sempre il composto AB. L eccesso di A o di B non reagisce. Consideriamo il composto HO che si forma in seguito alla reazione di H + O 6H + 4O HO 3H + O Con la Legge di Proust nasce il concetto di composto chimico. Il composto chimico è un insieme di due o più elementi con una composizione ben definita e costante. 3ª Legge: Legge di Dalton Legge delle proporzioni multiple La Legge di Dalton dice che quando due elementi combinati fra loro possono dare origine a due o più composti la quantità di un elemento che si combina con una quantità fissa dell altro stanno tra loro secondo un rapporto espresso da numeri interi. Consideriamo il Carbonio C e l Ossigeno O che combinandosi tra loro possono formare due composti: C + O C + O CO (ossido di carbonio) CO (biossido di carbonio) La quantità di Carbonio nelle due reazioni è fissa mentre quella dell Ossigeno varia secondo il rapporto dei numeri interi 1 :. 11

12 Consideriamo Idrogeno H e Ossigeno O, combinandosi tra di loro formano due composti: H + O H + O HO (acqua) HO (acqua ossigenata) La quantità di Idrogeno nelle due reazioni è fissa mentre quella dell Ossigeno varia secondo il rapporto dei numeri interi 1 :. Consideriamo il Cloro Cl e l Ossigeno O che reagendo tra loro formano quattro composti: Cl Cl Cl Cl + O + 3O + 5O + 7O ClO ClO3 ClO5 ClO7 Nelle quattro reazioni la quantità di Cloro è fissa mentre quella dell Ossigeno varia secondo i rapporti 1 : 3, 3 : 5, 5 : 7. Teoria atomica di Dalton Dalton per dare una spiegazione alle tre leggi delle combinazioni chimiche formulò una sua teoria atomica i cui punti principali sono: 1. la materia è costituita da particelle indivisibili chiamate atomi;. l atomo è la più piccola parte di un elemento, atomi di uno stesso elemento sono uguali tra loro e hanno la stessa massa, mentre atomi di elementi diversi sono diversi tra loro e hanno masse diverse; 3. il più piccolo aggregato di atomi si chiama molecola; 4. le reazioni avvengono tra atomi interi e non tra porzioni di atomo; 5. gli atomi degli elementi che si combinano per formare un composto conservano la loro identità e sono indistruttibili. Mediante questa teoria possiamo così spiegare le tre leggi precedenti: la Legge di Lavoisier si spiega con il 5 punto della teoria: gli atomi sono indistruttibili e quindi la massa prima della reazione è uguale alla massa dopo la reazione. La Legge di Proust può essere spiegata con il 4 punto della teoria: il composto AB può essere costituito da un atomo di A e un atomo di B, eventuali frazioni presenti non reagiscono. Con lo stesso punto si spiega la Legge di Dalton: la quantità di un elemento rimane fissa, mentre quella dell altro varia secondo un rapporto di numeri interi, infatti le reazioni avvengono tra atomi e non tra porzioni di atomi. Masse atomiche assolute e relative Dalton con la sua teoria atomica ha definito l atomo e la molecola. Vogliamo ora sapere quanto pesa un atomo e anche quanto pesa una molecola. L atomo è una quantità piccolissima e quindi è impossibile pesarlo direttamente cioè avere il peso atomico assoluto. Si ricorre quindi ai pesi atomici relativi, cioè viene scelto l atomo di un elemento al quale si assegna un valore di peso atomico relativo. Quello di tutti gli altri elementi della tavola periodica si ottiene per confronto. Il primo riferimento scelto è stato l atomo di Idrogeno con valore di peso atomico assegnato = 1 H P.a. = 1 Successivamente come riferimento è stato scelto l atomo di Ossigeno con valore di peso atomico assegnato = 16 O P.a. = 16 Infine per unificare le scale dei pesi atomici usate dai chimici e quelle usate dai fisici, come riferimento è stato scelto l atomo di Carbonio C, con peso atomico = 1 C P.a. = 1 u.m.a. (unità di massa atomica) C x 1 1

13 Quindi un unità di massa atomica è uguale a 1/1 di C. I pesi atomici relativi riferiti al Carbonio di tutti gli elementi sono riportati sulla tavola periodica. Es. Al P.a. = 7 Grammo Atomo Per grammo atomo si intende una quantità in grammi numericamente uguale al peso atomico relativo o anche il grammo atomo è il peso atomico relativo espresso in grammi, così 1 grammo atomo di Sodio = 3 grammi: Na Al 1 grammo atomo = 3 grammi 1 gr.at. = 7 gresercizi 300gr di Ca PArel=40uma 1gr.at=40gr gr.at =? 1: 40 =x : 300 x 300 7,5 gr.at 40 Formula = gr.at= gr PArel 30gr.at PArel=39 uma 1gr.at=39gr 1:39=30 :x di K gr? x= 39 30= 1770 gr Formula gr = gr.at * PArel PESO MOLECOLARE Il peso molecolare è dato dalla somma dei pesi atomici relativi degli atomi contenuti in una molecola, preventivamente moltiplicati per il numero di volte che essi compaiono Consideriamo una molecola di acqua HO Pm rel = =18 u.m.a H = Pa rel = 1 u.m.a O = Pa rel = 16 u.m.a. - Consideriamo una molecola di acido solforico (HSO4) H = Pa rel = 1 u.m.a O = Pa rel = 16 u.m.a S = Pa rel = 3 u.m.a Pm rel = = 98 u.m.a 13

14 GRAMMO MOLE Per grammo mole o mole si intende una quantità in grammi numericamente uguale al peso molecolare relativo o anche al grammo mole o mole è il peso molecolare relativo espresso in grammi. 1 mole di HO = 18 g 1 mole di HSO4 = 98 g 00g di idrossido di alluminio Al (OH)3? = n di mole Pa rel = (16 +1) = 78 u.m.a 1 mole = 78 g 1 mole : 78 g = x : 00g 00 g x=,56mole 78 g gr Formula : moli = PMgr.at 0 moli di H CO3 acido carbonico gr? P.M. = * *16 =6 uma 1mole =63gr 1 : 6 = 0 : x x= 6 * 0 = 140 gr Formula : gr = mole * P.M rel NUMERO DI AVOGADRO Il numero di avocado è e rappresenta il numero di atomi contenuti in un grammo atomo. Così un grammo atomo di ossigeno = 16g contiene atomi. Mediante il numero di Avogadro possiamo calcolare il peso atomico assoluto Parel P ass = g di magnesio (Mg) Pa rel = 4 u.m.a 1 grammo atomo o mole = 4g 1 mole: 4g = x : 100g 100 g x= 4, grammoatomo 4 g 1 g a : = 4, : x x = , 5, atomi Parel 4 Pa ass = = = 3, atomo di Mg = 3, gr Esercizi atomi di N gr? PArel = 14 uma 1:6, = x : 5 *

15 ,83 * , : 14 = 83 : x x= 14 * 83 = 116 gr x= Possiamo anche calcolare il peso atomico assoluto PArel 14 PAass =,3 * 10 3 uma 3 6,03 * 10 6,03 * atmo di N =, gr Esercizi 00 gr Zn atomi di As 400 gr Al(SO4 )3 60 moli H3 PO4 atomi =? gr =? moli =? gr=? 00gr Zn PArel =65 uma 1gr.at= 65gr 1:65 = x : ,07 gr.at 65 1: 6,03 103= 3,07 : x x= 6, ,07 =18, PArel =75 u.ma 1gr.at=75gr 1:6, = x: atomi =? atomi di As gr? 8 * , 6,03 * : 75 = 13, : x x= 13, * 75=990 gr x 400 gr di Al(SO4)3 Al= 7uma S=3uma O=16uma 16 * 4 = =96 96 * 3 =88 PMrel= 7* + 96 *3= 34uma 1mole = 34gr 1: 34 = x: 400 x=1,16moli 60 moli H3PO4 moli? gr? 15

16 PMrel = =98 uma H= 1*3 P=31 O=16 * 4=64 1mole =98 gr 1: 98 = 60 : x x= 60 *98= 5830 Ipotesi di Avogadro Volume molare dei gas L ipotesi di Avogadro dice che : Volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di pressione e temperatura, contengono lo stesso numero di molecole. Consideriamo recipienti uguali contenenti gas diversi, il primo O il secondo H O V1=V P1=P H T1=T Necessariamente il numero di molecole O è uguale al numero di molecole di H Consideriamo un cilindro munito di pistone scorrevole, nel quale immettiamo un gas, mantenendo la pressione ad 1atm e la temperatura a 0 C il volume occupato è pari a,414 litri V=,414 l 1mole gas = 6, Se aumentiamo il volume quando la quantità di gas aggiunta è pari ad una mole o 6, molecole il volume è pari a,414 litri. Ripetendo l esperienza con un gas diverso si trova sempre lo stesso volume. Possiamo quindi concludere che il volume molare di un qualsiasi gas è pari a,414 litri Esercizi 50 gr di CO PArel=8uma V? 1mole = 8gr 1:8 = x :50 16

17 50 1,7 moli 1:,414 =1,7: x 8 x=1,7,414 =38,1litri x= EQUAZIONE GENERALE DEI GAS L equazione generale dei gas può essere anche espressa nel seguente modo: P٠V=nRT Dove P è la pressione espressa in atmosfere (atm),v è il volume espresso in litri (l),n è il numero di moli (moli),r è una costante pari a 0.08 (atm٠l/ K) e T è la temperatura espressa in K. Esercizio Supponiamo di avere CO(ossido di carbonio)=10gr alla T(temperatura)=40 C.Se portiamo il volume di questo gas e lo comprimiamo e portiamo il volume a 5l. P٠V=nRT P=nRT/V=4,3٠0.08٠313/5=.07atm T=40 C=37+40=313 K PMr=8uma 1mole=8gr 1:8=x:10 x=10/8=4.3moli 4,3 * 0,08 * 313 P=,07 atm 5 CALCOLO DELLA PERCENTUALE DI UN ELEMENTO IN UN COMPOSTO Consideriamo il composto HO e calcoliamo le percentuali di idrogeno e di ossigeno in esso contenuti. PMr=٠1+16=18 1mole=18gr H O :18=x:100 16:18=x:100 x=00/18=11.1% x=1600/18=88.8% Esercizio Consideriamo il composto HSO4 (acido solforico) e calcoliamo le percentuali di idrogeno e di ossigeno in esso contenuti. PMr=٠1+3+4٠16=98uma 1mole=98gr 17

18 H S O :98=x:100 3:98=x:100 64:98=x:100 x=00/98=.04% x=300/98=3.6% x=6400/98=65.3% 18

19 CALCOLO DELLA FORMULA MINIMA DI UN COMPOSTO Conoscendo le percentuali degli elementi contenuti in un composto la formula minima si ricava usando il seguente procedimento: 1. si dividono le percentuali degli elementi con i rispettivi pesi atomici. si dividono i risultati ottenuti con il più piccolo di essi 3. questi risultati indicano il numero di volte che ogni elemento è contenuto un composto. Prendiamo in considerazione il composto HO (acqua) H O 11.1% 88.8% 1. H 11.1/1= /5.5= O 5.5/5.5=1 88.8/16=5.5 Esercizi 150 gr di HCO3 molecole? PArel H=1 PArel C=1 PArel O=16 PMrel= 1*+1*16*3=6uma 1mole=6gr 1:6= x: x= 6 1:6,03*103= : x x= 6,03 103* =1,046 * : 6 = x : * 48 x 6 STRUTTURA ATOMICA Dalton nella sua teoria atomica ha definito l atomo una particella piccolissima e indivisibile.in seguito alcune esperienze hanno dimostrato che l atomo è a sua volta costituito da particelle ancora più piccole particelle subatomiche. Altre esperienze hanno dimostrato che queste particelle subatomiche possiedono carica elettrica, cioè: l atomo ha una natura elettrica. La prima particella subatomica scoperta presentava una carica negativa pari a 1,6x10-19 Coulomb e una massa di 9,1 x10-8 gr: questa particella subatomica fu chiamata elettrone. La seconda particella subatomica scoperta presentava una carica positiva pari a + 1,6x10-19 Coulomb e una massa di 1,67x10-4 gr: questa seconda particella subatomica fu chiamata protone. 19

20 In seguito è stata scoperta una terza particella subatomica priva di carica e con una massa quasi uguale a quella del protone.questa terza particella subatomica è stata chiamata neutrone. Consideriamo la seguente tabella: massa Particella subatomica massa in grammi ELETTRONE 9,1٠10 PROTONE NEUTRONE ,67٠10-4 1,67٠10 carica Coulomb 0,0005 ~1 ~ ,6 10 C -19 carica in unità di i carica -1 1,6 10 C Notiamo che il protone è più pesante dell elettrone e precisamente pesa 1835di più. MODELLO ATOMICO DI THOMPSON Il primo modello atomico è dovuto a Thompson(1898 d.c.) Secondo Thompson l atomo può essere immaginato come una sfera sulla cui superficie esterna sono uniformemente distribuite le cariche positive (protoni) all interno dispersi gli elettroni MODELLO ATOMICO DI RUTHERFORD Rutherford dimostrò con una sua esperienza che il modello atomico di Thomson non era valido.per fare la sua esperienza Rutherford utilizzò la seguente apparecchiatura. 1.Una sorgente di radiazioni α (in natura esistono sostanze che emettono spontaneamente radiazioni e vengono chiamata sostanze radioattive).le principali radiazioni che una sostanze radioattiva può emettere sono α, β+, β-, γ. Le radiazioni α sono positive e hanno una carica doppia rispetto al protone cioè C.Le radiazioni β+ hanno la massa dell elettrone e la carica del protone e vengono chiamate positroni.le radiazioni β- hanno massa e carica dell elettrone cioè sono elettroni.le radiazioni γ hanno massa e carica non determinate,sono ad elevata energia come i raggi X.Quando un elemento radioattivo emette spontaneamente radiazioni si trasformano in un altro elemento e si ha processo di trasformazione.la sorgente di Rutherford contiene l elemento radioattivo Po che emette radiazioni α; 1.Una lastra di piombo forata che permette di ottenere un fascio ordinato di radiazioni α;.un foglio d oro molto sottile; 3.Un schermo che permette di rilevare la presenza di radiazione (quando una radiazione α colpisce lo schermo appare un punto luminoso). 0

21 Po α Punto luminoso α Piombo oro schermo Le radiazioni α emesse dal Po passano attraverso il foro dalla lastra di piombo,attraverso il foglio d oro e arrivano sullo schermo. Rutherford notò che la maggior parte delle radiazioni α attraversava il foglio senza subire alcuna deviazione,notò anche che alcune di esse attraversando il foglio d oro subirono una deviazione di un certo angolo e altre (rare) arrivate sul foglio d oro tornarono indietro. Se il modello atomico vero è quello di Thompson tutte le radiazioni α dovevano attraversare il foglio senza aver subito alcuna deviazione. Una radiazione α che attraversa l atomo di Thompson incontra la stessa carica a destra e a sinistra del suo percorso e quindi non subisce deviazioni. Per dare una spiegazione alla deviazione o alle riflessioni subite dalle particelle α Rutherford ideò il suo modello atomico.rutherford affermò che l atomo risulta costituito da una zona centrale molto piccola rispetto all intero volume atomico in cui si trovano le cariche positive cioè i protoni (successivamente si è visto che che vi sono anche i neutroni) in questa zona centrale chiamata nucleo concentrata quasi tutta la massa dell atomo.il restante volume atomico è occupato dagli elettroni 1

22 protoni elettroni nucleo neutroni Rutherford spiega così la sua esperienza. Le radiazioni α che attraversano l atomo lontano dal nucleo non vengono deviate,le radiazioni α che passano vicino al nucleo vengono deviate di un certo angolo e infine le radiazioni α dirette contro il nucleo tornano indietro α α α α + α α α NUMERO ATOMICO, NUMERO DI MASSA, ISOTOPI In ogni atomo il numero degli elettroni deve essere uguale al numero dei protoni perché esso sia elettricamente neutro. Si definisce numero atomico e si indica con la lettera Z il numero di elettroni presenti in un atomo.ad esempio per l ossiggeno Z=8 vuol dire che l atomo di ossigeno contiene otto elettroni e otto protoni. Si definisce numero di massa e si indica con la lettera A la somma dei protoni e dei neutroni presenti nel nucleo di un atomo. A=Z+N dove Z è il numero atomico uguale anche al numero dei protoni e N è il numero dei neutroni.

23 In alcuni casi i valori del numero atomico e del numero di massa vengono indicati sul simbolo dell elemento (ad esempio l ossiggeno Z=8A=16O 816O). L atomo di ossigeno contiene otto elettroni,otto protoni e otto neutroni. A=Z+N quindi N=A-Z ( 1735 Cl ad esempio nel cloro Cl son presenti 17 elettroni,17protoni e 18 neutroni) Il numero di massa è quasi uguale al peso atomico relativo. Isotopi Gli isotopi sono atomi di uno stesso elemento aventi stesso numero atomico ma diverso numero di massa cioè hanno stesso numero di elettroni,stesso numero di protoni ma diverso numero di neutroni. Ad esempio l idrogeno presenta tre isotopi Possiamo creare la seguente tabella: 1 1H 1 1 H 3H. E(elettroni) P(protoni) N(neutroni) H elettrone neutrone H 1 3H protone L idrogeno più diffuso è 11H meno diffuso è 1H chiamato deuterio e ancora meno diffuso 13H chiamato trizio.il cloro (Cl) presenta due isotopi 17 35Cl 17 37Cl Possiamo creare la seguente tabella: E(elettroni) P(protoni) N(neutroni)

24 MODELLO ATOMICO DI BOHR Rutherfold nel suo modello atomico non ha dato indicazioni precise sul comportamento dell elettrone.possiamo fare due considerazioni: 1) se ammettiamo che l elettrone è fermo ad una certa distanza dal nucleo per l attrazione elettrostatica dovrebbe cadere sul nucleo causando l annullamento dell atomo (annichilamento) e (elettrone) +(protone) ) se ammettiamo che l elettrone è in movimento ad esempio ruota intorno al nucleo, la fisica insegna che qualsiasi carica elettrica(elettrone) in movimento sotto l influenza di un attrazione elettrostatica perde energia quindi l energia dell elettrone e cioè la sua velocità dovrebbe via via diminuire e con un moto aspirale anche in questo caso cadere sul nucleo causando l annullamento dell atomo e (elettrone) Entrambe le considerazioni portano all annullamento dell atomo ma dato che l atomo ha una sua esistenza esse non si possono ritenere valide.informazioni molto utili sul comportamento dell elettrone si hanno dallo studio delle radiazioni che le sostanze emettono quando vengono portate all incandescenza. 4

25 Ogni radiazione luminosa si propaga come un onda elettromagnetica ed è caratterizzata da una lunghezza d onda,una frequenza e un energia Lunghezza d onda Si definisce lunghezza d onda la distanza tra due creste successive e si indica con la lettera λ(lambda) e si misura in cm. Frequenza La frequenza è data dal N di onde che passano per un dato punto in un secondo, si indica con f e si misura in sec -1 o Hz. La lunghezza d onda e la frequenza sono legate tra loro dalla seguente relazione c f= dove c è la velocità della luce nel vuoto cioè lunghezza d onda e frequenza sono inversamente proporzionali. Ogni radiazione e quindi ogni onda possiede un energia che è data dalla seguente relazione E=hf Dove h è la costante di Plank. Energia e frequenza sono direttamente proporzionali, le onde lunghe sono a bassa energia mentre le onde corte sono ad elevata energia. La luce bianca è costituita da un insieme di radiazioni e quindi di colori che vanno dal rosso al violetto. 5

26 Possiamo rappresentare sinteticamente lo spettro elettromagnetico esprimendo le lunghezze d'onda su una scala esponenziale. I tipi di radiazione che interessano di più al chimico sono: radiazione lunghezza d'onda infrarosso (IR) 9 x cm 8 x visibile (Vis) 8 x cm 4 x ultravioletto (UV) 4 x cm x per il settore della strutturistica chimica (indagini roentegenografiche su cristalli), interessano al chimico anche i raggi X, di energia molto più elevata. Ogni radiazione è legata ad una energia secondo la relazione E = h quantizzata secondo la costante di Planck h ( ; premio Nobel nel 1918) che vale h = 6,66196 x J s L'interazione luce-materia comporta scambi di E ed avviene per quanti o fotoni, pacchetti di energia h 6

27 Fig.4.3 Dispersione di luce visibile nelle sue radiazioni componenti Le radiazioni non monocromatiche (che non sono caratterizzate cioè da una singola ) possono venire disperse (o scomposte) nelle componenti, mediante prismi o reticoli. Lo schema rappresenta la dispersione della luce visibile, da parte di un prisma, nelle sue radiazioni componenti. Ovviamente lo schema indica soltanto alcune radiazioni; in effetti la dispersione dà luogo ad una successione continua di lunghezze d'onda (come nell'arcobaleno). Se eccitiamo degli atomi (sono gli elettroni a subire l'eccitazione, passando a livelli più alti di energia) questi, tornando al loro stato iniziale, emettono radiazioni che possiamo analizzare con un metodo che le disperda: può essere un prisma (per il visibile), come nello schema precedente, oppure un appropriato reticolo (per altre radiazioni). Le radiazioni emesse dalla sorgente di luce bianca possono attraverso il diagramma, giungono sul prisma ottico che provvede a separare le varie radiazioni e quindi i vari colori che arrivano sulla lastra fotografica evidenziando i vari colori dal rosso al violetto. Si ottiene quello che si chiama Spettro continuo. Uno spettro continuo contiene per ogni colore tutte le possibili radiazioni e quindi tutti i possibili valori di energia ( i colori non sono ben distinti l uno dall altro ma sfumano l uno nell altro). Ripetiamo l esperienza precedente sostituendo alla sorgente di luce bianca una fiamma con dentro un sale vaporizzabile. Analizzando lo spettro emesso dall'idrogeno nella zona del visibile, Johann Jacob Balmer ( ), fisico svizzero, scoprì l'esistenza di una certa regolarità nelle righe dello spettro: 7

28 Fig.4.4 Spettro dell'idrogeno nella zona del visibile. Partendo da destra, la prima riga è molto intensa; la seconda, molto lontana, è più debole; le altre, successivamente, sempre più vicine l'una all'altra e sempre più deboli, fino ad un limite (a), vicino al quale le righe sono così fitte che non si riesce a distinguerle. Oltre il limite non esiste più questa regolarità. Balmer, cercando di trovare una relazione matematica che legasse le frequenze delle righe dello spettro, trovò che esse rispettavano rigorosamente la relazione ' = R(1/4-1/n) 8

29 9

30 Scala esponenziale relativa alle lunghezze d'onda e tipi di radiazioni secondo l'abituale classificazione usata dai chimici. La scala è esponenziale poiché i numeri della scala corrispondono agli esponenti in base dieci che danno l'ordine di grandezza delle lunghezze d'onda. Sulla lastra fotografica vedremo delle righe colorate separate da spazi neri, si ha il cosiddetto spettro a righe. Cambiando il sale vaporizzabile si ottiene sempre uno spettro a righe però le righe hanno un colore diverso e occupano una posizione diversa. Ogni elemento partecipa alla formazione dello spettro con proprie righe e quindi uno spettro può anche servire per scopi analitici. Uno spettro a righe non contiene tutti i colori ma solo alcuni cioè non sono tutte le possibili radiazioni e quindi tutti i possibili valori di energia, ma solo alcuni valori di energia. 30

31 Cenni di spetroscopia Sono l'insieme delle radiazioni elettromagnetiche emesse da una sostanza costituiscono gli SPETTRI ATOMICI e si dividono in: Spettri di emissione continui: Hanno la caratteristica di avere la presenza tutti i colori dal rosso al violetto. In questi spettri non ci sono interruzioni tra un colore ed un altro e di conseguenza si notano sfumature di colore Sono emessi da corpi solidi, incandescenti, liquidi o gassosi, fortemente compressi; sono esempi lo spettro solare e quello emesso da una lampada ad incandescenza. spettro continuo dell'idrogeno Spettri di emissione a righe: questi spettri si presentano come righe colorate su sfondo nero; sono emessi da sostanze gassose o rese gassose a bassa pressione. Ogni spettro è caratteristico di ogni sostanza. spettro di emissione dell'idrogeno 31

32 Spettri di assorbimento: se un gas o una sostanza resa gassosa che si trova a temperatura inferiore a quella di una sorgente di luce bianca, è interposto tra detta sorgente ed uno spettroscopio si ottiene uno spettro di assorbimento; esso è caratterizzato da uno sfondo colorato continuo e dalle righe di assorbimento. Per una stessa sostanza le righe di assorbimento sono sovrapponibili, ovvero hanno la stessa lunghezza d'onda delle righe colorate dello spettro di emissione. spettro di assorbimento dell'idrogeno Le frequenze della radiazione che può emettere un' atomo di un elemento quando viene eccitato sono uniche per cui ogni elemento possiede uno spettro caratteristico formato da ben definite righe; in altre parole per ogni atomo sono possibili solo caratteristiche variazioni di energia. La spettroscopia: Applicando una tensione elevata ad un tubo di scarica contenente idrogeno rarefatto, vengono eccitati un gran numero di atomi e si ha una emissione di energia radiante percepita dall'occhio sotto forma di una luce con colore caratteristico. L'elettrone di ogni atomo prima dell'eccitazione si trovava allo stato fondamentale ( o livello energetico ) n=1, ovvero in posizione più vicina al nucleo; in seguito alla somministrazione di energia l'elettrone passa a un livello energetico superiore. Non sempre, l'elettrone passa allo stesso livello energetico superiore: in molti salta a n=, in altri salta a n=3 e così via. Al termine dell'eccitazione l'elettrone ritorna allo stato fondamentale n=1 restituendo l'energia che gli era stata fornita sotto forma di radiazione luminosa. Poiché i percorsi di ritorno dagli stati eccitati ( n=, n=3, ecc.) hanno percorsi diversi, si ha una contemporanea emissione di diverse frequenze. L'insieme di queste frequenze formano lo spettro di emissione caratteristico dell'atomo di idrogeno ( atomo di Bohr ). La lettera n rappresenta il numero quantico principale che definisce il livello energetico ove si trova l'elettrone. Il modello atomico di Bohr del 1913 fu il primo modello atomico che ben riusciva a descrivere le serie spettrali dell atomo di idrogeno conosciute (la serie di Balmer del 1885 e di Paschen del 1908), prevedendo al contempo nuove serie identificate in seguito ( da Lyman nel 1914,le altre nell infrarosso dopo il 190). Vediamo in breve le ipotesi assunte da Bohr a fondamento del suo modello: per l elettrone vi sono delle orbite di equilibrio stabili sulle quali non irradia, tali orbite possono essere calcolate assumendo che il momento angolare dell elettrone sia un multiplo intero di (h/(*3.14) ), le leggi a cui obbedisce l elettrone nel suo movimento su un orbita qualunque sono quelle della fisica classica (compresa la legge di attrazione coulombiana) e in ultimo, che la transizione da un orbita superiore ad un orbita inferiore è accompagnata dall emissione di radiazione di frequenza 3

33 con E e E1 si indicano rispettivamente le energie dell elettrone nell orbita di partenza e di arrivo, h è il valore della costante di Planck. Se l ipotesi presa in prestito dalla teoria del corpo nero di Planck non era nuova, l idea che un elettrone su un orbita stazionaria non irradia e che le frequenze di emissione erano diverse dalle frequenze di rotazione dell elettrone intorno al nucleo erano del tutto innovative. Con semplici calcoli, seguendo le ipotesi di Bohr, si trova che le orbite elettroniche nel caso dell atomo di idrogeno hanno raggio dove a 0 raggio della prima orbita vale Mentre l energia e la velocità di un elettrone su una particolare orbita sono date rispettivamente da: Dal calcolo dell energia, secondo le ipotesi di Bohr è possibile calcolare la frequenza della radiazione emessa,in accordo col principio di Ritz si trova che:. Dove R e c sono i valori della costante di Rydberg e della velocità la luce nel vuoto. Il modello di Bohr riusciva a spiegare abbastanza bene lo spettro di emissione dell'idrogeno; per atomi con più di un elettrone si osservavano delle righe formate da " multipletti " ovvero righe secondarie molto vicine tra loro. La differenza di frequenza tra le righe secondarie è molto piccola per cui è possibile che, ad esempio, tra lo stato fondamentale e lo stato eccitato n = siano possibili diverse transizioni rilevabili dalle righe secondarie dello spettro. 33

34 Sommerfeld propose allora una teoria in cui sostituiva le orbite circolari di Bohr, definite solo dal parametro raggio, con orbite ellittiche definite da due parametri, ad es. gli assi, di cui il nucleo occupa uno dei fuochi. Anche questo sistema, al pari di quello di Bohr, è quantizzato, per cui Sommerfeld definì un secondo numero quantico, il numero quantico angolare ( l ) che determina la " quantizzazione dell'eccentricità dell'ellisse " che l'elettrone può percorrere nei suoi stati stazionari. In altre parole il numero quantico angolare definisce la forma dell'orbitale ; esso può assumere, per ogni valore di n i valori interi compresi tra 0 e n-1. Di conseguenza ogni livello energetico è formato da più sottolivelli che differiscono per piccole quantità di energia. In questo modo aumentano i salti energetici possibili per gli elettroni. Ad es. per un elettrone in cui n= l può assumere i valori di 0 e 1 e a questi valori corrispondono due orbite: n= e l=0 e n= e l=1. Queste orbite sono lievemente differenti per forma e valori di energia. In questo modo è possibile interpretare i raggruppamenti di linee vicine negli spettri: Linee di uno spettro Per certi gruppi di righe quanto sopra esposto è, però, insufficiente, come ad es. per spettri di atomi eccitati e sottoposti a campi magnetici esterni ( effetto Zeeman ). Per questo motivo si ipotizzò che un elettrone percorrendo la sua orbita generasse un campo magnetico, per cui fu introdotto il numero quantico magnetico ( m ) che può assumere i valori di 0, 1,, 3,..., ± l. In ultimo, altri particolari sdoppiamenti delle righe spettrali fecero pensare che l'elettrone nella sua orbita ruotasse anche sul proprio asse, in senso orario ed antiorario, generando un altro campo magnetico. Perciò fu introdotto il numero quantico magnetico di spin ( ms ), che può assumere valori di +½ e -½. In assenza di campo magnetico esterno solo i valori di n e l determinano i valori energetici degli elettroni dell'atomo. In presenza di un campo magnetico esterno anche i numeri quantici m e ms influenzano relativamente i valori delle energie, causando gli sdoppiamenti delle righe. Il modello di Bohr - Sommerfeld non riesce però a spiegare molti fenomeni fisici, tra i quali gli spettri a righe di elementi con più elettroni per cui lo stesso è superato dal modello ad orbitali introdotto dalla meccanica quantistica. Per una trattazione di questo si rimanda ai vari testi di chimica e chimica-fisica. 34

35 35

36 L'apparato sperimentale Nell'insieme l'apparato è quello descritto alternativamente da una delle seguenti immagini. fig. 1 a), b) I due sistemi funzionano in base allo stesso principio e cioè quello del reticolo di diffrazione, elemento fondamentale per ottenere la dispersione della luce, ovvero lo spettro. L'unica differenza, che peraltro si coglie dalla differente posizione della sorgente rispetto al reticolo ed allo schermo, sta nel fatto che con il primo sistema semplificato l'osservatore vede lo spettro soltanto se appoggia l'occhio dietro il reticolo. Nel secondo caso, attraverso le lenti si ottiene la focalizzazione di un fascio di luce un pò più intenso sul reticolo al punto che la disperde poi sullo schermo in modo direttamente visibile. Elenco dei materiali 1 tubo spettale H; 1 sostegno per tubi spettrali; 1 tubo di protezione per 1 alimentatore per tubi spettrali (0 10 kv continui); 1 reticolo di Rowland con relativo supporto (o equivalente); 1 schermo; tubi spettrali; 36

37 1 listello graduato con cursori; 1 metro; fili di collegamento. La figura mostra l'assemblaggio del materiale necessario per l'esecuzione dell'esperimento. Si fissano su un tavolo il tubo spettrale di idrogeno ed il portalastre con la copia del reticolo di Rowland. Immediatamente dietro al tubo si dispone uno schermo in posizione verticale su cui viene sistemato un listello graduato con due cursori. Il tubo spettrale è collegato con due cavetti per alta tensione all'alimentatore specifico per tubi a scarica nei gas. Il tubo spettrale si dispone in modo che la parte capillare venga a trovarsi immediatamente davanti al listello graduato. Le graduazioni del listello, la regione capillare del tubo e i tratti del reticolo devono risultare paralleli fra loro ed allo stesso livello rispetto alla superficie di appoggio. fig. La parte capillare del tubo di scarica emette, oltre alle più importanti e più intense righe di Balmer, anche lo spettro a bande delle molecole H. Sullo spettro a bande quasi continuo che fa da sfondo, spiccano le tre righe dello spettro dell'atomo di idrogeno. Il procedimento operativo Si misura la distanza x per ogni riga del primo ordine (conviene misurare la distanza corrispondente a x e dividere per ) e si misura la distanza L fra il reticolo con un punto dello spettro a righe che si raccoglie sullo schermo. Si osservi che se la distanza d dello schermo dal reticolo di diffrazione è sufficientemente elevata, accade che L d. Le precedenti misure consentono di risalire all'angolo che definisce la direzione dei raggi diffratti dal reticolo. Quindi mediante la relazione psin( ) = e tenendo conto del passo p del reticolo di diffrazione, si può calcolare la lunghezza d'onda caratteristica della radiazione osservata in corrispondenza delle righe. Successivamente si passa alla elaborazione dei dati fin qui disponibili allo scopo di raggiungere gli obiettivi prefissati. I dati e la loro elaborazione in grafici Le figure che si osservano simmetricamente rispetto al centro sullo schermo, al primo ordine di diffrazione, sono del tipo della figura 3. 37

38 fig. 3 Con esse si ottengono le misure eseguite come sopra descritto e corrispondono ai dati delle colonne evidenziate nella seguente tabella da cui, con le equazioni dell'onda, di Balmer e di Planck si ottengono tutte le altre. riga Ha Hb Hg Hd n m d (m) 1,119 1,119 1,119 x (m) ( nm) (Hz) hn( ) ,5 67,4 4,46 10, ,16 490,0 6,1 10 4, , ,8 6, , Praticamente invisibile, specie con il primo metodo C -7 3, , ,

39 Nel 1913 Bohr esaminando gli spettri continui e a righe, affermò che l energia di un elettrone è quantizzata cioè l elettrone non può avere qualsiasi valore di energia, ma soltanto alcuni ( se l elettrone potesse avere tutti i valori di energia anche il sale vaporizzabile dovrebbe dare spettro continuo ). Bohr lasciò inalterato il nucleo e tracciò intorno ad esso delle orbite circolari che chiamò orbite stazionarie o ad energia costante. Un elettrone che ruota su un orbita stazionaria mantiene costante la sua energia e quindi la sua velocità e per questo non cade sul nucleo. Bohr indicò le sue orbite con le lettere dell alfabeto a partire da K L M N O Ad ogni orbita corrisponde una energia e quindi Bohr ricavò il diagramma dei livelli energetici. Bohr indicò anche le sue orbite con il numero quantico principale. n minuscolo che assume valori interi a partire da 1 così avremo: K n = 1 con energia E1 L n = con energia E M n= 3 E3 N n= 4 E4 O n= 5 E5 Su ogni orbita di Bohr si sono n elettroni L orbita K può contenere elettroni L orbita L 8 elettroni L orbita M 18 elettroni L orbita N 3 elettroni L orbita O 50 elettroni Fig Quando l atomo viene portato sulla fiamma l elettrone acquistando energia salta su un orbita successiva, cessando l effetto della fiamma l elettrone ritorna sull orbita primitiva cedendo l energia prima acquistata sotto forma energia luminosa ( ad ogni salto dell elettrone corrisponde l emissione di un colore, e quindi nello spettro vedremo la riga corrispondente) Ammettiamo che l elettrone acquistando energia passi dall orbita K sull orbita L nello spettro vedremo una riga e la frequenza della radiazione emessa sarà f E E1 = h f E E1 h Se l elettrone acquistando energia salta dall orbita K sull orbita M nello spettro vedremo 3 righe e le frequenze delle radiazioni saranno Fig f1 E3 E h f E E1 h f3 E3 E1 h 39

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