I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica

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1 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica Antonio Sebastiano* ABSTRACT 1.1. Il benessere organizzativo: un breve framework di riferimento Nella sua accezione emotiva, il benessere organizzativo è stato spesso associato al concetto di felicità sul luogo di lavoro. In termini più ampi, il benessere organizzativo (o lavorativo) può essere definito come l insieme di sentimenti, percezioni e valutazioni che i lavoratori elaborano in relazione a quanto svolgono quotidianamente per far fronte alle richieste lavorative (Warr, 1987; Karasek, 1998; Sevastos, 1996; Daniels, 2000). Questa definizione mette subito in evidenza la possibile ampiezza del campo di indagine, al punto che il benessere organizzativo è stato oggetto di studio da parte di molteplici ed eterogene discipline, che vanno dalla psicologia all organizzazione aziendale, dalle scienze tecnologiche alla sociologia, per altro con modesti margini di integrazione (Avallone e Paplomatas, 2005). Le stesse dizioni utilizzate in letteratura per riferirsi al concetto di benessere lavorativo sono molteplici e non sempre convergenti: [ ] pleasure, satisfaction, social well-being, subjective wellbeing, psychological well-being and quality of life are among those notions [ ] (Duyan et al., 2013, pag. 108). Va poi sottolineato che la dizione di benessere organizzativo è prevalentemente riscontrabile nel contesto italiano (es: Avallone e Bonaretti, 2003; Bonaretti e Testa, 2003; Spaltro, 2004; Avallone e Paplomatas, 2005), sebbene identifichi tendenzialmente il medesimo quadro concettuale che nella letteratura organizzativa anglosassone viene frequentemente tradotto con la nozione di affective wellbeing o job related affective wellbeing (Warr, 1990b; Hosie, Sevastos e Cooper, 2006). Alla luce di queste preliminari considerazioni e seguendo il quadro concettuale proposto da Warr (1987), risulta quindi essenziale distinguere il benessere emotivo percepito dal lavoratore nelle situazioni in cui non dipende da elementi di contesto (context-free), da quelle in cui è invece vissuto in relazione a specifici fattori del lavoro (job-related oppure facet-specific). Una certa unanimità si osserva invece in riferimento al fatto che il benessere è stato concettualizzato prima e operazionalizzato poi, secondo una logica polarizzata che di- L articolo presenta uno studio empirico sul benessere emotivo all interno del settore socio-sanitario, con particolare riferimento al contesto delle Residenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.). L indagine ha coinvolto un ampissimo campione di lavoratori (2.158) riconducibile a 42 differenti R.S.A. lombarde. Dopo aver descritto brevemente il disegno della ricerca e la concettualizzazione e l operazionalizzazione di tutte le variabili impiegate nell indagine, vengono presentati i risultati ottenuti, soffermandosi successivamente sulle implicazioni teoriche e pratiche che discendono dal modello di ricerca testato e validato nell ambito dello studio. Parole chiave Benessere organizzativo, Benessere emotivo, R.S.A. * Direttore Osservatorio Settoriale sulle RSA, LIUC Università Cattaneo. MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 47

2 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica stingue tra elementi positivi ed elementi negativi, seguendo la direzione tracciata dal pioneristico studio di Bradburn (1969). Sono infatti molteplici le ricerche che hanno sviluppato ed approfondito quest area di ricerca ricorrendo ad una concettualizzazione bipolare, sebbene siano state successivamente utilizzate differenti denominazioni per identificare gli assi positivi e negativi del dominio indagato (es: Mackay et al., 1978; Watson, 1988; Burke et al., 1989). Il benessere dei lavoratori è stato oggetto di un apprezzabile attenzione anche da parte degli scholar riconducibili all area dell organizzazione aziendale e della gestione delle risorse umane, che hanno notevolmente contribuito ad arricchire la letteratura in materia, al punto che l analisi e la schematizzazione del benessere emotivo comporta necessariamente la discussione di specifiche complessità che hanno caratterizzato alcuni dei più significativi studi di matrice organizzativa prodotti in materia (Della Torre, 2011; 2012). Si consideri a titolo esemplificativo la ricerca di Kalleberg (1977); nonostante l autore arrivi ad identificare ben 34 singole caratteristiche del lavoro identificabili come antecedenti della soddisfazione lavorativa, lo studio soffre di un parziale problema di generalizzazione dei risultati ottenuti, ascrivibile principalmente alle peculiarità del contesto storico, sociale ed economico in cui è stata condotta l investigazione empirica (Della Torre, 2011). Un limite del tutto analogo, sempre a titolo di esempio, interessa anche il lavoro di Berg (1999), condotto su un campione di lavoratori statunitensi impiegati nel settore dell acciaio. Un altro problema rilevante che caratterizza la letteratura sul benessere organizzativo, concerne le metodologie utilizzate per misurarne l andamento. La tendenza generale è stata spesso quella di semplificare eccessivamente la portata della misurazione del benessere emotivo attraverso l utilizzo di semplici situazioni che combinano elementi di soddisfazione del lavoro e condizioni di stress lavoro correlato o, comunque, di usare un numero molto limitato di variabili esplicative (Della Torre, 2011). Questo limite è riscontrabile anche negli studi a carattere più strettamente psicologico, dove molto spesso soddisfazione e stress vengono approcciati come gli estremi di uno stesso continuum, mentre altri autori (Diener et al., 1985; Watson, 1988; Watson, Clark e Carey, 1988; Togni, 2010) ritengono che si tratti di variabili distinte, ognuna delle quali può assumere, a sua volta, caratterizzazioni positive e negative. Un ulteriore complessità nell operazionalizzazione e nella misurazione del benessere organizzativo si legge nella natura potenzialmente ambivalente di alcuni antecedenti. Infatti, determinati fattori esplicativi, se da una parte contribuiscono positivamente al benessere degli individui (soddisfazione), dall altra possono determinare degli effetti esattamente opposti, agendo negativamente sullo stato emotivo del medesimo soggetto (stress). L ottenimento di una promozione è l esempio per eccellenza: un percorso di carriera è sicuramente da interpretare come un fattore di soddisfazione per l individuo, che oltre a migliorare la propria posizione economica, ne trae anche un giovamento in termini di stima e status sociale; tuttavia, l aumento di responsabilità che ne consegue può anche agire nella direzione opposta, fino a diventare una rilevante fonte di stress (Appelbaum, 2002). Evidenziate brevemente quelle che sono le principali complessità che ruotano attorno alla concettualizzazione del benessere organizzativo, il successivo paragrafo approfondirà gli approcci di ricerca prevalenti, ed i relativi limiti, negli studi che interessano il settore sanitario e sociosanitario Il benessere organizzativo nel settore sanitario e sociosanitario: limiti e prospettive dominanti La scelta di contestualizzare lo studio del benessere organizzativo al settore socio-sanitario e, più in particolare, al segmento occupato dalle Residenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.), dipende da una serie di motivi. In primo luogo, è sembrato particolarmente interessante concentrare l attenzione sullo studio del benessere organizzativo all interno di un settore in cui il lavoro di tutti gli operatori, direttamente o indirettamente, dovrebbe essere finalizzato a promuovere il benessere psico-fisico e sociale di altri individui, rappresentati, nello specifico, dagli ospiti delle R.S.A.; posto, infatti, che il legame che intercorre tra la soddisfazione/benessere dei lavoratori ed i relativi livelli di performance alimenta gli studi organizzativi da oltre mezzo secolo (Staw, 1986; Cropanzano e Wright, 1999 e 2001; Wright e Staw, 1999a e 1999b; Wright et al., 2002), è indubbio che esista una relazione particolarmente significativa tra il benessere degli operatori ed quello dell utenza (Maslach, 1976 e 1981; Cropanzano e Wright, 2001; Kane, 2003; Kane et al., 2003; Wright, Cropanzano e Douglas, 2007). Chiaramente questo aspetto ha una valenza maggiormente significativa per le diverse famiglie professionali direttamente coinvolte nella cura e nell assistenza degli ospiti che, tuttavia, rappresentano normalmente almeno i 2 / 3 della complessiva forza lavoro di queste unità di offerta. Secondariamente, il settore sanitario e socio-sanitario, benché oggetto di grande attenzione da parte degli scholar focalizzati sul tema del benessere e dello stress lavoro correlato, è stato principalmente indagato assecondando una prospettiva negativa, peraltro spesso parziale. Con riferimento al primo limite (prospettiva negativa), ci si riferisce in particolare al vasto e lungo filone di studi focalizzati sulla problematica del burn-out, definibile come una «[ ] forma di stress interpersonale che comporta il distacco dall utente [ ]» (Maslach, 1976, pag.16) o, ancora, «[ ] come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti i quali, per professione, 48 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

3 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI si occupano della gente [ ]» (Maslach, 1992, pag. 20). Salvo un successivo e forse tardivo ripensamento (Maslach e Leiter, 1997), la ricerca sul burn-out è stata circoscritta quasi esclusivamente alle cosiddette helping profession; questa tendenza ha fatto sì che anche il settore socio-sanitario sia stato spesso approcciato indirizzando l attenzione prevalentemente sulle condizioni di malessere (es.: stress lavoro correlato e burn-out), con l intento di studiare le differenti reazioni individuali nell affrontare e gestire situazioni stressanti e/o quello di riconoscere e prevenire le condizioni ambientali causa di stress fisico e/o piscologico (Spaltro, 2004; Avallone e Paplomatas, 2005). Tale prospettiva dominante, che indubbiamente ha portato a dei risultati interessanti sia sotto il profilo teorico, sia dal punto di vista delle ricadute pratiche, ha notevolmente ridotto la presenza di studi orientati ad indagare il benessere organizzativo nel settore socio-sanitario abbracciando una chiave di lettura maggiormente organica, ovvero capace di considerare congiuntamente sia le componenti positive del benessere, sia quelle negative, senza formulare giudizi aprioristici sulla possibile relazione tra le dimensioni negative e le helping profession. Tutto ciò ha fatto sì che gli interventi suggeriti alle organizzazioni fossero maggiormente orientati a produrre i loro effetti sulle conseguenze dello stress, che non ad agire in logica preventiva sulle cause scatenanti, ovvero sui fattori organizzativi identificabili come la fonte delle risposte disfunzionali allo stress osservate nei lavoratori (Sebastiano, 2013), anche se questo è un limite piuttosto trasversale e intersettoriale nella letteratura di riferimento (Spaltro, 2004; Avallone e Paplomatas, 2005). Il secondo limite molto comune nella letteratura riconducibile al settore sanitario e socio-sanitario, che risulta diretta conseguenza di quello precedente, concerne la frequente esclusione dal campo di indagine di quelle famiglie professionali che, pur essendo presenti all interno del settore, operano in comparti organizzativi in cui non sussiste una relazione diretta e stabile con l utenza (es.: servizi generali e di supporto). In altri termini, a causa della focalizzazione pressoché esclusiva sulle helping profession, risultano piuttosto rari gli studi che hanno indagato il benessere organizzativo considerando congiuntamente tutte le diverse figure professionali presenti all interno del settore sanitario e/o socio-sanitario (Sebastiano, 2013). L esistenza di un oggettivo limite di parzialità nello studio del benessere organizzativo in tali contesti settoriali, è confermato anche se si isolano i soli studi centrati sulle helping profession, che essendo fortemente sbilanciati sulle figure mediche ed infermieristiche, hanno trascurato in maniera più o meno marcata altre famiglie professionali che operano all interno delle R.S.A. o di altre unità di offerta similari. Alla luce di tutte le argomentazioni esposte, si è ritenuto che assecondare lo studio del benessere organizzativo in una prospettiva organica, ovvero non circoscritta alle sole condizioni di malessere, e, al tempo stesso, capace di coinvolgere contemporaneamente tutte le figure potenzialmente presenti all interno delle R.S.A., non limitando quindi l indagine alle sole helping profession, fossero delle condizioni di partenza tali da poter garantire, almeno in via potenziale, una certa originalità del contributo generabile dalla ricerca, limitando fortemente il rischio di produrre dei risultati ridondanti e scarsamente innovativi rispetto alla ricca letteratura di riferimento già esistente. 2. L investigazione empirica: il disegno della ricerca 2.1 Obiettivo, strumento di indagine e caratterizzazione del campione Attraverso il ricorso ad un ampia e strutturata indagine empirica, la ricerca oggetto del presente contributo si è focalizzata sullo studio del benessere organizzativo all interno di un esteso campione di lavoratori afferenti a numerose R.S.A. attive sul territorio lombardo. L obiettivo della ricerca è stato quindi quello di identificare i determinanti jobrelated del benessere organizzativo nelle R.S.A., testando empiricamente la loro validità. L approccio seguito in relazione a questo obiettivo ha portato ad escludere sin dal principio l ipotesi di considerare anche determinanti afferenti alle caratteristiche individuali del singolo lavoratore. Infatti, sebbene il benessere organizzativo non dipenda solo ed esclusivamente da fattori legati al contesto di lavoro, ma anche da fattori context-free, come, ad esempio, alcuni tratti dominanti di personalità (Hosie, Sevastos e Cooper, 2006; Pilati, 2009), piuttosto che la qualità della propria vita sociale e/o familiare (Cooper 1996; Spector et al., 2004), era preciso interesse concentrare l attenzione solo su quei determinanti rispetto ai quali l organizzazione possiede dei margini di intervento sufficientemente efficaci. La volontà di coinvolgere un elevato numero di lavoratori afferenti a molteplici strutture ha portato inevitabilmente a propendere per l utilizzo di un questionario di self report, che peraltro risulta certamente l approccio più seguito nella letteratura accreditata sullo studio del benessere organizzativo (Karasek, 1979; Warr, 1990a e 1990b; Sevastos, 1996; Daniels, 2000). Fatte queste premesse, il questionario è stato organizzato in tre distinte sezione. La prima parte, denominata sezione anagrafica, è stata predisposta per acquisire una serie di informazioni socio-anagrafiche e lavorative del singolo compilatore che hanno dato origine a 14 distinte variabili di controllo. La seconda sezione è stata indirizzata a catturare la percezione dei lavoratori rispetto alle 10 variabili indipendenti selezionate per lo studio. Ogni item è stato posto sotto forma di affermazione rispetto alla quale il compilatore doveva esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo attraverso una scala di Likert a 5 modalità. Gli item delle singole scale sono stati volutamente disposti in ordine casuale così da contenere o, quantomeno, verificare il rischio di possibili distorsioni legate alla tecnica di scaling utilizzata, come, ad esempio, il co- MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 49

4 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica Tabella 1 Caratterizzazione del campione per le principali variabili di controllo Variabili di controllo Distribuzione del campione (1) Sesso 88,06% Femmine; 11,94% Maschi. Età 42,33 Media; 43,00 Mediana; 8,86 Std. Dev.; min-max: Stato civile 66,32% Coniugati; 33,68% Liberi. Figli 76,14% con figli; 23,86% senza figli. Nazionalità 90,00% italiana; 3,64% europea; 6,37% extra europea. Profilo professionale 57,73% Personale Assistenziale; 10,90% Infermieri; 5,89% Amministrativi; 5,45% Ausiliari; 5,40% Tecnici della Riabilitazione; 4,37% Servizi Generali e di Supporto; 4,17% Medici; 3,73% Personale Educativo-Animativo; 1,08% Ruoli Dirigenziali; 0,59% Figure di Coordinamento; 0,69% Altro. Tipologia di contratto 83,43% indeterminato; 9,17% determinato; 7,40% altro. Datore di lavoro 83,92% RSA; 14,45% Cooperativa; 1,63% Altro. Regime orario 77,16% full-time; 22,84% part-time. Turnazione 70,95% si; 29,05% no. Anzianità di servizio totale 8,53% meno di 3 anni; 24,72% da 3 a 10 anni; 34,36% da 11 a 20 anni; 22,70% da 21 a 30 anni; 9,69% oltre 30 anni. Anzianità di servizio c/o Ente attuale 22,71% meno di 3 anni; 40,07% da 3 a 10 anni; 27,82% da 11 a 20 anni; 8,29% da 21 a 30 anni; 1,11% oltre 30 anni. Tempo tragitto casa-lavoro 49,81% <15min; 39.9% 16-30min; 10,20% >30min. (1) I valori percentuali rappresentano le frequenze percentuali valide, ovvero calcolate al netto dei missing value. siddetto response set, ovvero una compilazione meccanica che porta a ripetere la scelta della medesima modalità indipendentemente dal contenuto del singolo item (Selltiz e Jahoda 1963; Marradi 1981). La terza ed ultima sezione è stata specificatamente predisposta per la misurazione della variabile dipendente attraverso la scala scelta per la sua operazionalizzazione ( Job Related Affective Wellbeing Scale ). Anche in questo caso si è ricorsi ad una scala di Likert a 5 modalità, mediante la quale indicare la frequenza con cui, nell ultimo mese, si sono provati 12 differenti stati emotivi a causa del proprio lavoro. Per ovvie ragioni professionali, il questionario è stato strutturato in modo da garantire il più completo anonimato del rispondente; a tale fine, nella sezione anagrafica si è cercato di contenere il numero di informazioni che, lette congiuntamente, potevano eventualmente consentire di risalire al soggetto compilatore. L indagine è stata proposta a tutte le R.S.A. che aderivano all Osservatorio Settoriale sulle R.S.A. 1 nell anno A seguito di questo incontro, 42 delle 46 R.S.A. iscritte in quel momento all Osservatorio Settoriale sulle R.S.A. hanno scelto di aderire allo studio, arrivando a raccogliere questionari validi, con un tasso medio di redemption del 50% circa. Stante l elevato numero di strutture coinvolte, il processo di somministrazione è avvenuto in maniera indiretta. La somministrazione dei questionari è avvenuta nel periodo giugnosettembre 2008, arrivando alla complessiva restituzione dei risultati emersi nell ambito dell indagine nel giugno La tabella 1 restituisce la caratterizzazione del campione rispetto alle principali variabili di controllo previste dal- 1 Istituito nel gennaio del 2006 presso il Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale (CREMS) della LIUC Università Cattaneo, l Osservatorio vanta ad oggi (2014) la partecipazione istituzionale di 4 Province (Varese, Milano, Monza-Brianza e Como) e 6 A.S.L. (Varese, Milano, Milano n.1, Monza-Brianza, Pavia e Lecco) e conta oltre 120 RSA associate, rappresentative di più di posti letto, rappresentativi del 30% circa della complessiva offerta di posti letto in R.S.A. della Regione Lombardia. lo strumento di indagine. Tralasciando le evidenze particolari emerse in relazione alle singole variabili di controllo previste dal questionario ed abbracciando una prospettiva di analisi di più ampio respiro, la fotografia che emerge dal campione tende a rispecchiare piuttosto fedelmente la connotazione tipica della forza lavoro che è normalmente possibile riscontrare all interno delle R.S.A. lombarde. I trend che suffragano maggiormente questa considerazione sono da ricercare soprattutto nell elevatissima presenza di lavoratrici di media maturità professionale, in larga parte concentrate nell ambito delle figure assistenziali di base, nella prevalenza assoluta di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e nella diffusissima ricorrenza del lavoro a turni per le famiglie professionali direttamente coinvolte nell erogazione dei servizi core. Al contrario, il campione restituisce una sicura sotto rappresentazione dei lavoratori stranieri e dei profili professionali con funzioni direttive e di coordinamento. È quindi verosimile supporre che molti lavoratori stranieri non abbiano compilato il questionario, probabilmente anche a causa di difficoltà linguistiche, così come è plausibile pensare che in diverse strutture le figure direttive e di coordinamento hanno scelto di non compilare il questionario o, più verosimilmente, hanno omesso di specificare il proprio profilo professionale. Rispetto a questa variabile, infatti, si registra oltre il 5% di missing value; potrebbe, quindi, aver prevalso la paura di poter essere facilmente riconosciuti nonostante l anonimato garantito dal questionario. 2.2 Concettualizzazione e operazionalizzazione della variabile dipendente Nel modello di ricerca la variabile dipendente è stata misurata attraverso la Job Related Affective Wellbeing Scale, proposta originariamente da Warr (1990a e 1990b) e successivamente ripresa e validata in numerosi altri studi (Sevastos, Smith e Cordery, 1992; Sevastos, 1996; Daniels et al., 1997; Gonçalves e Neves, 2011), trovando riscontri positivi anche in contesti socio-economici molto 50 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

5 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI differenti da quello originario (Duyan et al., 2013). La scala si compone di 12 differenti item, 6 positivi ( entusiasta, ottimista, motivato, calmo, riposato e rilassato ) e 6 negativi ( triste, depresso, avvilito, ansioso, preoccupato e teso ), ognuno dei quali esprime un emozione sperimentabile come conseguenza del proprio lavoro. Per le 6 emozioni negative si è proceduto ad invertire il punteggio; così facendo, i singoli item, e di conseguenza i 2 stati emotivi a cui sono riconducibili ( ansia e depressione ), seguono la stessa direzione degli item e dei fattori positivi: più è alto il valore medio e più si è in presenza di una situazione positiva (e viceversa). L analisi fattoriale condotta separatamente sui 4 stati emotivi ha dato esito positivo, ovvero ognuno dei 4 fattori è stato saturato dai rispettivi item secondo quanto previsto a livello teorico. Considerando congiuntamente tutti e 12 gli item della scala, e senza forzare il numero dei fattori da estrarre, si ottengono 2 soli fattori, che identificano le 2 separate variabili dipendenti del nostro modello di ricerca, denominate rispettivamente Indicatori Positivi di Benessere, fattore saturato dai 6 item positivi, e Indicatori Negativi di Benessere, fattore saturato dai 6 item negativi. La tabella 2 riepiloga gli esiti del reliability test e la statistica descrittiva prodotta sia sui 4 fattori originari, sia sulla variabile dipendente nella sua duplice veste di indicatori positivi e negativi di benessere organizzativo. Il reliability test condotto sui primi 4 fattori ha restituito sempre un livello soddisfacente o comunque accettabile di affidabilità interna (alpha 0,7), peraltro sostanzialmente in linea con quanto rinvenibile in altri studi analoghi (Mäkikangas, Feldt e Kinnunen, 2007; Duyan et al., 2013), anche se è in corrispondenza degli indicatori positivi e negativi di benessere che si osserva la più alta consistenza interna. Tabella 2 Reliability test, media e standard deviation della variabile dipendente Variabili Reliability Test Media Std. Dev. Entusiasmo (3 item) 0,80 3,36 0,97 Rilassatezza (3 item) 0,70 2,81 0,92 Ansia (3 item) 0,75 3,43 0,90 Depressione (3 item) 0,78 4,02 0,92 Indicatori Positivi di Benessere (6 item) Indicatori Negativi di Benessere (6 item) 0,82 3,10 0,84 0,84 3,72 0,82 Per quanto attiene alla statistica descrittiva, soffermandosi brevemente solo sugli esiti registrati con riferimento agli indicatori positivi e negativi di benessere, che si avvantaggiano degli effetti di compensazione delle medie dei singoli fattori da cui originano, si può osservare che all interno del campione rileva maggiormente l assenza degli stati emotivi negativi piuttosto che la presenza di quelli positivi. La media degli indicatori negativi di benessere è, infatti, pari a 3,72, mentre quella degli indicatori positivi è pari a 3,10. In entrambi i casi si osserva anche una riduzione della standard deviation rispetto a quanto emerso con riferimento ai precedenti 4 fattori. 2.3 Concettualizzazione e operazionalizzazione delle variabili indipendenti Partendo dall analisi della letteratura, il questionario è stato strutturato in modo da testare 10 variabili indipendenti potenzialmente in grado di palesare un effetto predittivo sulla variabile dipendete, che, a loro volta, possono essere concettualmente raggruppate in tre differenti aree: a) l area relazionale, alla quale fanno riferimento 3 distinte variabili: 1. la relazione con l utenza (4 item); 2. l accesso alle informazioni (4 item); 3. le relazioni interpersonali (4 item). b) L area organizzativa, alla quale appartengono 4 ulteriori variabili: 1. il risk management (4 item); 2. il supporto organizzativo (5 item); 3. la giustizia organizzativa (3 item); 4. le progressioni di carriera (3 item). c) L area del ruolo, a cui sono associate le restanti 3 variabili: 1. la chiarezza del ruolo (7 item); 2. il supporto al lavoro (7 item); 3. il carico di lavoro (5 item). Tutti gli item previsti dal questionario sono stati formulati sotto forma di affermazioni rispetto alle quali il compilatore era chiamato ad esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo attraverso una scala di Likert a 5 modalità (da Totale accordo punteggio pari a 5 a Totale disaccordo punteggio pari a 1). In tutti i casi in cui l affermazione esprimeva un atteggiamento negativo, in fase di elaborazione dei dati si è proceduto ad invertire il punteggio, in modo tale che fosse successivamente sommabile a quello degli item rappresentanti atteggiamenti positivi riferiti alla medesima variabile; in sostanza, invertendo il punteggio viene rappresentata l assenza dell atteggiamento negativo. Così facendo, per tutte le variabili indipendenti, analogamente a quanto visto per la variabile dipendente, più è alto il valore medio e più si è in presenza di una situazione positiva (e viceversa). L analisi fattoriale condotta sulle singole scale previste nel questionario ha sempre dato esito positivo, confermando in prima istanza la bontà dei costrutti impiegati per la misurazione delle variabili indipendenti. In altri termini, gli item della medesima scala hanno sempre saturato lo stesso ed unico fattore. Il reliability test condotto sui fattori identificati ha restituito quasi sempre un livello soddisfacente o comunque accettabile di affidabilità interna (alpha 0,7). Tre variabili ( relazione con l utenza, risk management e progressioni di carriera ) hanno evidenziato un valore dell alpha test appena inferiore alla soglia di tolleranza (alpha 0,7), ma si è comunque deciso di includerle nel modello di ricerca per due ordini di ragioni. La prima mo- MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 51

6 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica tivazione risiede nel fatto che il test di Cronbach tende a crescere all aumentare del numero di item (Cortina, 1993; Field, 2005) e tutte e 3 le scale considerate sono composte da un numero limitato di affermazioni. La seconda ragione, a carattere più sostanziale, riguarda l importanza che le suddette variabili ricoprono nel modello di ricerca, dato che riflettono tre aspetti assolutamente peculiari del settore in cui si è scelto di sviluppare l indagine. Le variabili che hanno superato il test di significatività sono state costruite come media degli item di cui si compone la singola scala di volta in volta presa in considerazione. La tabella 3 riepiloga gli esiti del reliability test per ogni singolo e possibile antecedente del benessere organizzativo previsto nel questionario. Tabella 3 Reliability test, media e standard deviation delle variabili indipendenti Variabili Reliability Test Media Std. Dev. Relazione con L utenza 0,68 4,22 0,67 Accesso alle Informazioni 0,75 3,78 0,88 Relazioni Interpersonali 0,80 3,62 0,87 Risk Management 0,69 3,78 0,88 Supporto Organizzativo 0,75 2,94 1,09 Giustizia Organizzativa 0,87 2,59 1,16 Progressioni di Carriera 0,67 2,30 1,03 Chiarezza del Ruolo 0,75 3,99 0,67 Supporto al Lavoro 0,76 3,25 0,81 Carico di Lavoro 0,75 2,59 0,89 Di seguito, per ciascuna variabile indipendente considerata nello studio si offre un sintetico inquadramento concettuale; si precisa che l individuazione e la costruzione delle scale da impiegare nell indagine è avvenuta sulla base di un approfondita analisi della letteratura in materia, nonché tenuto conto delle peculiarità del contesto settoriale in cui è stata condotta l indagine Relazione con l utenza La variabile in esame, la cui scala è stata costruita ad hoc, è finalizzata a misurare l atteggiamento nei confronti dell utenza complessivamente intesa, che con riferimento alle R.S.A. è costituita sia dagli ospiti, sia, in subordine, dai familiari degli ospiti. Ovviamente, a seconda della posizione che il singolo lavoratore occupa all interno dell organizzazione, questo rapporto assume connotati di maggiore o minore intensità e durata. Per tutte le famiglie professionali impiegate nei servizi core, sebbene con diversi livelli di intensità, si tratta di un rapporto quotidiano sostanzialmente privo di soluzioni di continuità. Diversamente, per il restante personale operante a vario titolo in R.S.A., si configura spesso come un rapporto mediato e non continuativo, in alcuni casi limitato ai soli familiari, come di norma avviene per i servizi amministrativi. Per quanto attiene al personale complessivamente dedito alla cura e all assistenza dell ospite, va ricordato che la relazione con l utenza, sia pur con strumenti e livelli di complessità che variano in funzione delle singole famiglie professionali, è riconducibile al quadro concettuale della relazione d aiuto, che per l operatore implica il mettere in gioco le proprie potenzialità, le proprie risorse, ma anche la propria storia ed il proprio vissuto personale, con tutto il carico emotivo che ne può derivare (Mengheri, 2010) Accesso alle informazioni L accesso alle informazioni esplora l area relativa alla disponibilità di dati funzionali allo svolgimento delle proprie attività lavorative, analizzando, in particolare, la percezione del lavoratore circa la facilità nel reperire le informazioni di cui necessita, grazie alla presenza di punti di riferimento certi, nonché la presenza di un contesto di lavoro in cui le informazioni circolano e vengono messe a disposizione di tutti i potenziali destinatari. Da sottolineare che la scala in esame, a differenza di quella originaria da cui è tratta (Avallone e Paplomatas, 2005), chiede anche una valutazione sulla chiarezza degli obiettivi organizzativi, ritenendo che la relativa comunicazione costituisca l informazione per eccellenza a cui ogni lavoratore, pur con tempi e modalità differenti, dovrebbe avere accesso. Nel contesto delle RSA l informazione è una risorsa preziosissima per il corretto svolgimento delle routine di lavoro e deve circolare a tutti i livelli indipendentemente dall assetto gerarchico o funzionale della singola struttura. Questo requisito è particolarmente stringente per ciò che concerne il nucleo operativo di base, dove sia la valutazione dello stato di fragilità dell ospite, sia il sistema delle risposte personalizzate che vengono messe in atto, richiedono sempre un approccio multidimensionale, frutto dell integrazione delle competenze specialistiche detenute dalle singole famiglie professionali impiegate nell erogazione dei servizi core (Sebastiano, 2013) Relazioni interpersonali La scala riprende in parte il costrutto proposto da Avallone e Paplomatas (2005), ma con l introduzione di sostanziali adattamenti finalizzati a circoscrive il fenomeno in esame ai rapporti con i propri pari, ovvero considera le relazioni tra colleghi. La scelta di esaminare questa particolare sfumatura del sistema delle relazioni è ancora una volta riconducibile alle peculiarità del settore socio-sanitario ed in particolare del nucleo operativo di base, dove interagiscono numerose famiglie professionali, spesso in assenza di precisi rapporti di subordinazione gerarchica. In tale quadro, sono l organizzazione ed il contenuto stesso del lavoro a richiedere continue interazioni sociali tra gruppi di pari, per cui la correttezza e l efficacia delle relazioni interpersonali, oltre a incidere sullo stato motivazionale dei singoli (Herzberg, 1959 e 1966), costituiscono anche una premessa strumentale all efficacia delle performance lavorative, sia di carattere individuale, sia, soprattutto, di natura gruppale (Boscardini, 2013). 52 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

7 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI Risk management Posto che il settore socio-sanitario presenta tendenzialmente una minor esposizione a situazioni di pericolo per il paziente rispetto a quelle che contraddistinguono le cure ospedaliere, è sicuramente molto lacunoso su questo versante e ciò, soprattutto in divenire, può costituire un limite pesante, specie se si considera il livello di sanitarizzazione crescente che si è registrato all interno delle R.S.A. (Gutierrez et al., 2011). Alla luce di queste considerazioni, si è ritenuto interessante verificare la percezione dei lavoratori rispetto alle politiche promosse dalle R.S.A. in materia di gestione del rischio clinico, verificando se questo sistema di tutele, che va ovviamente a vantaggio degli ospiti, ma anche degli operatori, potesse avere un impatto sulla percezione di benessere organizzativo. La scala utilizzata per misurare la dimensione in esame è stata costruita ad hoc con il supporto di un dirigente medico specializzato nella gestione del rischio clinico Supporto organizzativo A differenza del supporto al lavoro, che fa riferimento a condizioni di contesto piuttosto tangibili, se non addirittura di carattere materiale (accesso alle risorse), il supporto organizzativo chiama in causa elementi molto più soft e meno direttamente osservabili, pur essendo sempre riconducibile alle generali condizioni organizzative di contesto all interno delle quali poter svolgere il proprio lavoro. Facendo riferimento agli autori da cui trae origine la scala impiegata, il supporto organizzativo riflette la percezione [ ] riguardante il grado in cui l organizzazione valorizza i contributi del dipendente e si preoccupa del suo benessere [ ] (Eisenberger et al., 1986, pag. 501). Il costrutto rimanda, quindi, a quanto il lavoratore si sente ricompensato, rafforzato e sostenuto dall organizzazione (Eisenberger, Fasolo e Davis-LaMastro, 1990a; Eisenberger et al., 1997). Si tratta di una percezione molto importante non solo ai fini del benessere organizzativo; infatti, è stata dimostrata una relazione positiva tra supporto organizzativo percepito e prestazione di lavoro (Eisenberger, Fasolo e Davis-LaMastra, 1990a e 1990b) o, ancora, un legame negativo con l intenzione di cambiare organizzazione (Shore e Tetrick, 1991) Giustizia organizzativa La giustizia organizzativa indaga la percezione di lavorare in un contesto organizzativo in cui le complessive politiche di gestione del personale sono caratterizzate da equità ed in cui, in particolare, gli individui vengono premiati sulla base di criteri oggettivi e non arbitrari. Il costrutto a cui si è ricorsi per misurare questo atteggiamento è quello testato e validato da Giangreco (2001). Con riguardo al fenomeno indagato, purtroppo nel caso delle R.S.A si sommano due effetti negativi. Da un lato, le leve del sistema incentivamene sono piuttosto limitate, specie per ciò che concerne la remunerazione variabile ed i percorsi di carriera, mentre dall altro, si sconta un basso tasso di diffusione dei sistemi di valutazione del personale che, anche laddove presenti, sono spesso orientati a garantire la pace sociale attraverso ben noti meccanismi di incentivazione a pioggia (Giangreco et al., 2012; Sebastiano, 2012) Progressioni di carriera Il costrutto impiegato nello studio (Giangreco, 2001) misura la percezione che hanno i lavoratori sulla possibilità di compiere dei formali percorsi di carriera all interno della propria organizzazione. Il possibile legame con il benessere organizzativo è tendenzialmente caratterizzato in senso positivo, ovvero più si ha la possibilità di avanzare nella scala gerarchica, più ciò dovrebbe migliorare la percezione di benessere organizzativo (Della Torre, 2009). In realtà, le R.S.A., salvo rare eccezioni, sono caratterizzate da strutture organizzative molto piatte, in cui le figure di middle management, per lo più circoscritte alle professioni sanitarie, sono numericamente molto esigue. In ragione di queste peculiarità, la possibilità di compiere delle progressioni verticali interessa un numero estremamente limitato di lavoratori e, in ogni caso, il personale assistenziale di base, dove si concentra almeno la metà della complessiva forza lavoro, è quasi sempre escluso da questi percorsi. Parallelamente, le progressioni orizzontali, il cui impiego è spesso impedito da problematiche di carattere economico, rappresentano un istituto che, quando utilizzato, non sempre prevede una reale e stretta connessione con le performance individuali Chiarezza del ruolo La chiarezza del ruolo esamina quegli atteggiamenti che nella letteratura sul comportamento organizzativo vengono spesso ricondotti sotto la denominazione di esperienze lavorative (Meyer e Allen, 1991 e 1997) o di caratteristiche del lavoro (Glisson e Durick, 1988; Mathieu e Zajac, 1990). La coesistenza di diverse denominazioni sulle caratteristiche del ruolo rimanda ad interpretazioni differenti del fenomeno indagato, anche se non necessariamente dicotomiche. Se infatti le caratteristiche del lavoro si riferiscono ad elementi maggiormente tradizionali, quali l autonomia, la varietà dei compiti e la possibilità di ricevere feed-back da parte dell organizzazione sulle proprie prestazioni, le esperienze lavorative pongono il focus sulle cosiddette pressioni di ruolo (Giangreco, 2001). La scala usata ai fini della misurazione della variabile in esame riprende elementi propri della prima visione (autonomia e feed-back), ma anche elementi riconducibili alla seconda prospettiva, con particolare riferimento al conflitto di ruolo, situazione che connota gli individui che vivono un conflitto intrapersonale come conseguenza della presunta incompatibilità tra più richieste che provengono da differenti interlocutori di ruolo (Giangreco, 2001) Supporto al lavoro Il supporto al lavoro è un costrutto teorico finalizzato a cogliere le percezioni dei lavoratori rispetto a due sotto dimensioni in cui si sostanzia il contributo tangibile che l organizzazione eroga nel favorire le condizioni di contesto atte a facilitare le MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 53

8 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica prestazioni dei singoli, ovvero il supporto dei diretti superiori e l accesso alle risorse strumentali al corretto svolgimento del proprio lavoro. Per la prima sotto dimensione si è fatto riferimento alla scala già testata e validata da Giangreco (2001), mentre per l accesso alle risorse si è ripresa, con alcuni adattamenti, la scala testata e validata da Avallone e Paplomatas (2005). Entrambe le sotto dimensioni indagate da questa scala (supporto dei superiori e accesso alle risorse), non facendo specifico riferimento al contenuto del lavoro del singolo, ma a condizioni di contesto definite più o meno direttamente dall organizzazione, sono ascrivibili ai così detti fattori igienici (Herzberg, 1959 e 1966), che impattano in maniera significativa sulla soddisfazione e, quindi, sulla motivazione dei lavoratori Carico di lavoro La scala a cui si è ricorsi per la misurazione del carico di lavoro è senza dubbio da leggere in un accezione ampia, ovvero non limitata ad aspetti di natura prettamente quantitativa. Questo orientamento dipende anche dal fatto che per quanto concerne il nucleo operativo di base, dove si concentra la maggioranza assoluta della forza lavoro delle R.S.A., una prima e sommaria definizione dei carichi di lavoro minimi, ovvero quelli al di sotto dei quali non è possibile scendere, è definita dalla stessa normativa regionale in materia di accreditamento. Al contrario, inglobando anche elementi di matrice qualitativa, che dipendono fortemente dalle scelte organizzative sottostanti al singolo contesto di lavoro, il carico di lavoro è qui da intendersi come un costrutto più vicino a quello di job demand, ovvero quello che ha caratterizzato fin dal principio il lavoro di Karasek (1979). Va poi sottolineato che il possibile legame intercorrente tra carico di lavoro e benessere organizzativo non è necessariamente di natura negativa, ovvero non è scontato che all aumentare del carico di lavoro diminuisca il benessere percepito dal lavoratore (Lazarus e Folkman, 1984; Levi, Frankenhaeuser e Gardell, 1986 Frankenhaeuser, 1991); lo stesso Karasek (1979) ha dimostrato che il carico di lavoro va letto tenendo anche conto del controllo decisionale che il lavoratore detiene sul proprio operato, che certamente non è l unica risorsa di cui dispone per fronteggiare le richieste provenienti dall ambiente di lavoro (Baldasseroni et al., 2008). 3. Il modello di ricerca: ipotesi e quadro concettuale Partendo dalle variabili indipendenti di cui sopra, il modello testato nella ricerca, che asseconda un approccio esplorativo, è indirizzato a testare l impatto dei singoli determinanti sia sulla scala degli indicatori positivi di benessere (modello di ricerca 1a), sia, separatamente, su quella degli indicatori negativi (modello di ricerca 1b). L obiettivo è, infatti, anche quello di verificare se le stesse variabili indipendenti esprimono una continuità nell esercitare il loro impatto su entrambe le scale utilizzate per concettualizzare e operazionalizzare il benessere emotivo o se, al contrario, dimostrano una capacità predittiva solo rispetto ad una delle due. L idea teorica sottostante è quella di ricalcare il quadro concettuale di riferimento prodotto da Herzberg (1959 e 1966) nello studio della motivazione al lavoro, in cui l autore identifica due differenti tipologie di fattori in grado di esercitare un impatto sullo stato motivazionale dell individuo: i fattori igienici ed i fattori motivanti. In estrema sintesi, secondo Herzberg (1959 e 1966) i fattori igienici (es.: ambiente fisico, relazioni interpersonali, remunerazione) servono solo a garantire un normale livello di soddisfazione, ma una volta appagati non producono significativi effetti motivanti sul lavoratore. In sostanza, più che possedere una vera e propria capacità di creare soddisfazione, i fattori igienici si limitano a rimuovere l insoddisfazione legata alla mancata gratificazione dei bisogni primari sottostanti. Al contrario, i fattori motivanti (es.: caratteristiche del lavoro, obiettivi sfidanti, autonomia), che sono sempre accomunati dal fatto di essere riconducibili ad elementi intrinseci al contenuto del lavoro, costituiscono importanti input motivazionali in grado di portare il lavoratore al raggiungimento di elevati livelli di soddisfazione, anche se la loro assenza genera uno stato di insoddisfazione decisamente minore rispetto a quello derivante dall assenza dei fattori igienici. Trasponendo per analogia il quadro teorico di Herzberg (1959 e 1966) al modello di ricerca, se una variabile antecedente dimostrerà un impatto solo sugli indicatori negativi del benessere, la stessa potrà essere considerata come fattore igienico del benessere emotivo; questo vorrà dire che la mancata soddisfazione di quel fattore comporterà uno stato di malessere, mentre la sua presenza non sarà associabile a significativi livelli di benessere. Specularmente, se un fattore antecedente farà registrare un effetto solo sulla scala positiva del benessere, allora lo stesso potrà essere classificato come fattore motivante del benessere emotivo, ovvero la sua soddisfazione avrà un impatto significativo sul benessere emotivo del lavoratore, mentre la mancata soddisfazione non comporterà una condizione rilevante di malessere, lasciando l individuo in uno stato di neutralità emotiva. In ultimo, se uno o più determinanti dimostreranno una capacità predittiva ambivalente, ovvero se risulteranno rilevanti sia per gli indicatori positivi di benessere, sia per quelli negativi, allora tali antecedenti saranno inquadrabili come fattori generali del benessere emotivo connesso al lavoro. Per quanto attiene alle variabili di controllo di natura socio-anagrafica, il modello di ricerca ha incluso il genere (2 modalità: donne e uomini), l età (variabile continua) e lo stato civile (2 modalità: coniugati/conviventi e liberi). Con riferimento alle variabili di controllo esplicative delle condizioni di lavoro, il modello di ricerca è stato arricchito per il tramite dei seguenti 7 elementi: 1. contatto ospite 2 (2 modalità: presente e assente); 2 Questa variabile, che discrimina tra i lavoratori che operano a stretto e continuo contatto con l ospite e i lavoratori che si trovano nella condizione opposta, non era originariamente prevista dal questionario, ma è stata costruita ad hoc a partire dalla famiglia professionale di appartenenza del singolo individuo. 54 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

9 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI Figura 1 Schematizzazione ipotesi del modello di ricerca 1a e del modello di ricerca 1b 2. tipologia di contratto (3 modalità: contratti a tempo indeterminato, contratti a tempo determinato e contratti atipici); 3. datore di lavoro (2 modalità: R.S.A. di appartenenza e altro soggetto esterno); 4. regime orario (2 modalità: part-time e full-time); 5. turnazione (2 modalità: assente e presente); 6. anni di lavoro totali (5 modalità: meno di 3, da 3 a 10, da 11 a 20, da 21 a 30 e più di 30); 7. anni di lavoro nell attuale Ente (5 modalità: meno di 3, da 3 a 10, da 11 a 20, da 21 a 30 e più di 30). Si precisa sin da ora che per quanto attiene alle moderate correlazioni esistenti tra le variabili indipendenti, i successivi approfondimenti statistici hanno permesso di verificare l assenza di problemi di multicollinearità per entrambi i modelli di ricerca. La diagnosi di Variance Inflation Factor (VIF) ha mostrato una tolleranza statistica (1/VIF) sempre abbondantemente superiore al severo parametro di 0,10 raccomandato da Field (2005). Anche seguendo le indicazioni di Myers (1990) e Bowerman e O Connel (1990), si è osservato che tutti i valori di VIF sono sufficientemente al di sotto del valore soglia di 10 e che il VIF medio è risultato sufficientemente prossimo ad I risultati dell indagine Di seguito si presentano i risultati dei due modelli di ricerca testati, il cui quadro delle ipotesi è riassunto graficamente nella figura Risultati del Modello di ricerca 1a Indicatori positivi di benessere Come già anticipato, il modello di ricerca 1a analizza, mediante regressioni lineari multiple, l impatto delle variabili di controllo e dei 10 antecedenti in esame sulla scala positiva (indicatori positivi di benessere). In sostanza, sono oggetto di verifica le 10 ipotesi positive (H.1.P, H.2.P, H.3.P, H.4.P, H.5.P, H.6.P, H.7.P, H.8.P, H.9.P e H.10.P). I principali risultati della regressione lineare utilizzata per testare le ipotesi del modello di ricerca 1a sono riportati nella tabella 5. Dall analisi dei risultati, si evince che 8 ipotesi su 10 hanno trovato riscontro empirico. Infatti, ad eccezione dell accesso alle informazioni (H.2.P) e del risk management (H.4.P), tutti gli altri antecedenti considerati nel modello hanno dimostrato una correlazione positiva con gli indicatori positivi del benessere, risultando quindi dei fattori esplicativi del dominio indagato. Al di là dell impatto dei singoli antecedenti, all interno dei quali la maggior incidenza sulla variabile dipendente si registra ad opera del carico di lavoro (β=.19), nel suo complesso il modello spiega quasi il 40% della varianza degli indicatori positivi di benessere (R 2 =.39). Anche alla luce dell estrema complessità del fenomeno indagato, che ovviamente non dipende solo ed esclusivamente da fattori specifici o, comunque, job-related, il risultato ottenuto dal modello di ricerca 1a può considerarsi molto apprezzabile. Ulteriori considerazioni qualitative sulle evidenze empiriche emerse saranno espresse a seguito dell esame congiunto con i risultati del modello di ricerca 1b. Per quanto attiene alle variabili di controllo inserite nel modello di ricerca, sul versante socio-anagrafico l unica caratterizzazione statisticamente significativa concerne l età anagrafica. In linea con altre evidenze empiriche rinvenibili nella letteratura in materia (Stacey e Gatz, 1991; Warr, 1992; Hosie e Sevastos, 2010), anche nel modello di ricerca si osserva che al crescere dell età aumenta la percezione di benessere emotivo in relazione agli indicatori positivi. L idea sottostante è che la maturità che si acquisisce nel tempo permette una visione meno polarizzata dei fenomeni organizzativi e lavorativi (Giangreco e Sebastiano, 2006). Con riferimento alle variabili di controllo descrittive ed esplicative del contesto di lavoro, il risultato più interessante concerne la distinzione tra profili professionali a diretto e costante contatto con l ospite (es.: A.S.A., O.S.S., infermieri, medici, ecc.) e lavoratori che si trovano nella condizione opposta (es.: personale ausiliario, personale amministrativo, personale addetto ai servizi alberghieri, ecc.). Nello specifico, i lavoratori che appartengono alla prima categoria denotano una più alta percezione di benessere emotivo rispetto a quelli riconducibili alla secon- MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 55

10 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica da macro categoria (il coefficiente beta è negativo in ragione di come è stata codificata la variabile in esame). Il risultato è particolarmente interessante in quanto in contro tendenza rispetto a numerosi studi sul tema del burn-out nelle helping profession attive nel settore sanitario e socio-sanitario (Maslach, 1976, 1981 e 1982; Cherniss, 1980; Leiter, 1988; Puricelli et al., 2008). Infatti, se è vero che la relazione con l utenza è un fattore delicato e complesso, che può quindi anche essere fonte di stress, dall altro lato va considerato che, soprattutto nei contesti residenziali, può anche essere vissuto come un fattore intrinseco di soddisfazione, al punto da incidere in positivo sul benessere dell operatore. Al riguardo gioca probabilmente un ruolo cruciale la stabilità e la continuità del rapporto con l utenza, caratteristiche rese possibili dal fatto di operare in contesti di lungodegenza. Tabella 5 Risultati del Modello di ricerca 1a VARIABILI BETA (1) Genere -.02 Età.05* Stato civile -.02 Contatto Ospite -.07*** Tipologia di contratto.04* Datore di lavoro.02 Regime orario.01 Turnazione -.01 Anni di lavoro totali.02 Anni di lavoro nell attuale Ente -.07*** 1. Relazioni Utenza.14*** 2. Accesso Informazioni Relazioni Interpersonali.09*** 4. Risk Management Supporto Organizzativo.11*** 6. Giustizia Organizzativa.07** 7. Progressioni Di Carriera.06** 8. Chiarezza Del Ruolo.12*** 9. Supporto Al Lavoro.10*** 10. Carico Di Lavoro.19*** Adjusted R Square.39*** Numero di osservazioni Durbin-Watson 1,959 (1) I valori si riferiscono tutti a coefficienti beta standardizzati. Il coefficiente beta, o coefficiente parziale di regressione, esprime il solo effetto diretto della singola variabile indipendente sulla variabile dipendente al netto degli effetti indiretti prodotti mediante l interazione con le altre variabili indipendenti. In altri termini, il coefficiente beta misura la variazione della variabile dipendente per ogni variazione unitaria della singola e specifica variabile indipendente, quando tutte le altre variabili indipendenti vengono, teoricamente, mantenute costanti (Field, 2005; Barbaranelli, 2006). Note * p <.05; ** p <.01; *** p <.001. Le altre due variabili di controllo che hanno dimostrato una relazione con la variabile dipendente sono la tipologia contrattuale e l anzianità di servizio maturata presso l attuale ente di appartenenza. Per quanto riguarda quest ultimo indicatore, si osserva che all aumentare degli anni di lavoro trascorsi presso lo stesso contesto di lavoro, diminuisce la percezione di benessere emotivo. L evidenza emersa è piuttosto in linea con quello che era lecito attendersi in ragione delle caratteristiche intrinseche del contesto delle R.S.A. che, come più volte ricordato, può contare su un numero molto ristretto di leve motivazionali, peraltro spesso non riconducibili ad elementi remunerativi espliciti (Sebastiano, 2012). Non va, inoltre, dimenticato che il calo motivazionale lungo la vita professionale, con conseguenti ricadute sul benessere psico-fisico dell operatore, è una problematica piuttosto comune, e peraltro non sempre facilmente risolvibile, nei settori caratterizzati da modelli occupazionali stabili, in cui rientrano sicuramente anche le R.S.A. (Camuffo, 1993; Costa, 2002). Al contrario, stupisce molto che la percezione di benessere sia risultata inversamente proporzionale al grado di tutela contrattuale su cui può contare il singolo lavoratore. Probabilmente tale evidenza empirica è nuovamente spiegabile più che altro in chiave motivazionale. Ulteriori analisi sul campione hanno messo in evidenza che gli individui meno tutelati, ovvero quelli caratterizzati da un contratto a tempo determinato o da un contratto atipico, operano mediamente da meno tempo nella stessa R.S.A. rispetto ai lavoratori assunti a tempo indeterminato, per cui può aver prevalso l input motivazionale che normalmente si ha all avvio di una nuova esperienza lavorativa rispetto al livello di tutela contrattuale garantito all ingresso. Certamente il risultato va letto anche alla luce della sostanziale differente ripartizione numerica del campione nelle tre tipologie contrattuali considerate. Infatti, gli individui con un contratto a tempo determinato (9,17%) e la sommatoria dei lavoratori atipici (7,41%), costituiscono meno di 1 / 5 del campione, mentre i restanti lavoratori sono tutti accomunati da un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Parallelamente, va considerato che oltre la metà dei lavoratori ricondotti alla generica categoria denominata contratti atipici, è composta da liberi professionisti, per lo più rappresentati da figure tecniche specializzate (es.: medici e infermieri), che spesso esercitano la libera professione più per scelta personale che non in funzione delle richieste della struttura. 4.2 Risultati del Modello di ricerca 1b Indicatori negativi di benessere In logica del tutto speculare rispetto a quanto visto nel precedente paragrafo, il modello di ricerca 1b è finalizzato a testare l impatto delle medesime variabili di controllo e dei medesimi 10 fattori antecedenti sulla scala negativa del benessere (indicatori postivi di benessere). In questo caso, ad essere oggetto di verifica simultanea mediante regressioni lineari multiple, sono le 10 ipotesi negative (H.1.N, H.2.N, H.3.N, H.4.N, H.5.N, H.6.N, H.7.N, H.8.N, H.9.N e H.10.N). La tabella 5 presenta i principali risultati della regressio- 56 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

11 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI Tabella 5 Risultati del Modello di ricerca 1b VARIABILI BETA (1) Genere.04* Età.01 Stato civile -.01 Contatto Ospite -.01 Tipologia di contratto.04 Datore di lavoro -.01 Regime orario -.04 Turnazione.10*** Anni di lavoro totali -.01 Anni di lavoro nell attuale Ente Relazione Con L utenza Accesso Alle Informazioni.10*** 3. Relazioni Interpersonali.14*** 4. Risk Management Supporto Organizzativo.10** 6. Giustizia Organizzativa Progressioni Di Carriera Chiarezza Del Ruolo.07** 9. Supporto Al Lavoro.09** 10. Carico Di Lavoro.21*** Adjusted R Square.27*** Numero di osservazioni Durbin-Watson 1,890 (1) I valori si riferiscono tutti a coefficienti beta standardizzati. Il segno positivo dei coefficienti beta delle variabili indipendenti è legato al fatto che per la variabile in esame si è utilizzata la scala ricodificata, per cui rappresenta l assenza di situazioni di malessere organizzativo. Note * p <.05; ** p <.01; *** p <.001. ne lineare utilizzata per testare le ipotesi del modello di ricerca 1b. Assecondando una logica comparativa con i risultati ottenuti in precedenza, si osserva anzitutto una minor capacità complessiva del modello 1b di spiegare la nuova variabile dipendente, ovvero gli indicatori negativi di benessere (R 2 =.27). Sebbene il risultato ottenuto in senso assoluto può considerarsi sufficientemente soddisfacente, è comunque molto più basso rispetto a quanto lo stesso panel di antecedenti è stato in grado di predire con riferimento agli indicatori positivi di benessere (R 2 =.39). Questa prima macro differenza sembra avvalorare l idea teorica sottostante alla scelta di trattare separatamente le due scale, leggibile nell ipotesi secondo cui gli elementi negativi di benessere emotivo possano essere concettualmente trattati come una variabile distinta da quella che identifica i fattori positivi (Diener et al., 1985; Watson, Clark e Carey, 1988; Togni, 2010). Inoltre, nel modello 1b le ipotesi empiricamente confermate si riducono a 6, dato che quattro antecedenti non hanno dimostrato alcun potere predittivo rispetto alla variabile dipendente: le relazioni con l utenza (H.1.N), la giustizia organizzativa (H.6.N) e le progressioni di carriera (H.7.N) non risultano fattori esplicativi degli indicatori negativi di benessere, mentre avevano dimostrato una capacità predittiva rispetto alla scala positiva. In altri termini, la presenza delle condizioni relazionali ed organizzative rappresentate dalle suddette variabili, è in grado di incidere sulle dimensioni positive del benessere emotivo, ovvero sull entusiasmo e la rilassatezza, mentre l insoddisfazione legata alla loro eventuale assenza o al loro mancato presidio, non è tale da causare gli stati emotivi di ansia e depressione catturati dalla scala negativa di benessere. La quarta variabile indipendente che non ha trovato riscontri nel modello 1b è rappresentata dalle politiche di risk management (H.4.N) messe in atto dalla R.S.A. di appartenenza, condizione che risulta comune ad entrambi i modelli di ricerca. In altri termini, la gestione del rischio clinico, per quanto di per sé importante, non ha espresso alcuna capacità di incidere sul benessere emotivo dei lavoratori, indipendentemente dal fatto che ci si riferisca agli stati emotivi positivi o a quelli negativi. Spostando il focus dell analisi sulle sole variabili indipendenti che hanno dimostrato un potere esplicativo sulla scala negativa di benessere, il risultato più interessante concerne l accesso alle informazioni (H.2.N), che si qualifica come un significativo fattore predittivo dei soli indicatori negativi di benessere. Le restanti 5 ipotesi hanno trovato piena conferma anche nel modello 1b, per cui le relazioni interpersonali (H.3.N), il supporto organizzativo (H.5.N), la chiarezza del ruolo (H.8.N), il supporto al lavoro (H.9.N) e il carico di lavoro (H.10.N), sono antecedenti che esprimono una continuità nella loro capacità di incidere sul benessere emotivo dei lavoratori, dato che sono positivamente correlati agli indicatori positivi di benessere organizzativo e negativamente correlati agli indicatori negativi di benessere organizzativo. Un ulteriore elemento di affinità tra i due modelli è rinvenibile nel potere esplicativo dimostrato dal carico di lavoro, antecedente che si distingue per il più alto coefficiente beta sia nel modello 1a (β=.19), sia nel modello 1b (β=.21), sebbene a fronte di un impatto leggermente superiore sugli indicatori negativi. A chiusura della trattazione dei risultati relativi al modello 1b, occorre esaminare il ruolo giocato dalle variabili di controllo inserite nella regressione lineare. In primo luogo, va sottolineato che nessuno dei fattori che si era distinto in precedenza come un regressore significativo della scala positiva, ha confermato tale proprietà anche con riferimento alla scala negativa, su cui sono altre le variabili di controllo ad aver dimostrato un impatto. Partendo dalle caratteristiche socio-anagrafiche del campione, si osserva una capacità predittiva legata alla discriminazione per genere, nel senso che gli uomini manifestano delle percezioni migliori rispetto alle donne in relazione agli indica- MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 57

12 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica tori negativi di benessere (il segno positivo del coefficiente beta dipende dalla codifica della variabile). Parallelamente, il personale soggetto a turnazione denota un incidenza meno rilevante delle situazioni di malessere organizzativo rispetto ai lavoratori non soggetti a turnazione (il segno positivo del coefficiente beta dipende dalla codifica della variabile). Sebbene la sua interpretazione non sia sempre politically correct, il primo risultato è in sintonia con altre evidenze riscontrabili in letteratura sulle differenze di genere e il benessere emotivo (Giangreco e Sebastiano, 2006). In linea generale, va, infatti, considerato che per gli operatori di sesso femminile può risultare più difficile conciliare gli impegni lavorativi con quelli richiesti dalla gestione della sfera familiare e domestica (Scisci e Vinci, 2002), così come spesso, sempre in termini generali, le donne scontano minori opportunità di carriera e livelli remunerativi più bassi rispetto ai colleghi di sesso maschile (Rustichelli, 2008). Evidentemente, si tratta di situazioni che, a parità di condizioni, possono produrre maggior stress o, comunque, maggiore insoddisfazione rispetto ai colleghi di sesso maschile. Al contrario, il secondo risultato è certamente meno scontato, dato che il lavoro a turni è spesso considerato e trattato dalla letteratura in materia come un importante ed oggettivo fattore di stress. Molti, infatti, sono gli studi che hanno messo in evidenza come la turnazione, soprattutto se include il lavoro notturno, possa generare delle conseguenze negative sull assetto biologico (Minors e Waterhouse, 1986), sull efficienza lavorativa (Lombardi et al., 2010), sullo stato di salute (Thomas e Power, 2010) e sulle condizioni di vita familiare e sociale (Loudon e Bohle, 1997). Va tuttavia considerato che l adattamento e la tolleranza nei confronti dei possibili effetti derivanti dal lavoro a turni varia fortemente da lavoratore a lavoratore, dato che dipendono anche da fattori personali e sociali (Rosa, 1990; Van Dongen, 2006). Di conseguenza, le scelte organizzative, ed in particolare la definizione e la programmazione degli schemi di turnazione, possono risultare determinanti per aumentare la tolleranza nei confronti del lavoro a turni (Costa, 2001). In altri termini, ferma restando una serie di oggettive problematiche connesse alla turnazione, se supportato da criteri ergonomici di organizzazione dei turni e da adeguate misure compensative (Pallesen et al., 2010), il lavoro a turni permette una buona organizzazione dei tempi di lavoro con quelli dedicati alla propria vita personale e sociale; ad esempio, la regolarità e la prevedibilità del turno consentono al lavoratore di programmare al meglio il proprio tempo libero, così da mantenere e preservare i rapporti e familiari e sociali (Folkard, 1992; Costa, Sartori e Åkerstedt, 2006). 5. Implicazioni teoriche e implicazioni per il management Messe in luce le peculiarità e le affinità dei due modelli di ricerca, che hanno entrambi seguito un approccio esplorativo, è possibile affermare che la tesi teorica di partenza, che estende il quadro concettuale di Herzberg (1959 e 1966) al tema del benessere emotivo, ha trovato una parziale conferma nelle evidenze empiriche emerse. In ragione della loro continuità di azione nel predire sia gli indicatori positivi, sia quelli negativi, le relazioni interpersonali, il supporto organizzativo, la chiarezza del ruolo, il supporto al lavoro e il carico di lavoro, possono essere considerati dei fattori generali di benessere emotivo. Al contrario, la relazione con l utenza, la giustizia organizzativa e le progressioni di carriera, rappresentano dei fattori motivanti del benessere emotivo, ovvero la loro presenza è in grado di produrre grande soddisfazione, mentre la loro assenza, per quanto di per sé critica, non risulta in grado di generare un impatto significativo sugli indicatori negativi di benessere. In ultimo, l unico fattore igienico del benessere emotivo è riconducibile all accesso alle informazioni, dato che la sua assenza incide sullo stato di malessere dell individuo, mentre la relativa presenza è solo fonte di normale soddisfazione. È interessante osservare che tutte le variabili ascrivibili all area del ruolo sono risultate dei fattori generali di benessere emotivo, mentre l area organizzativa, se si esclude il supporto organizzativo, vede una netta predominanza di fattori motivanti del benessere emotivo. Risultati decisamente più contradditori riguardano, invece, l area della relazione. In questo caso, infatti, ognuna delle tre variabili afferenti all area in esame ha assunto una differente connotazione, dato che la relazione con l utenza e l accesso alle informazioni hanno avuto rispettivamente riscontro tra i fattori motivanti ed i fattori igienici di benessere, mentre le relazioni interpersonali sono risultate riconducibili ai fattori generali di benessere. Posto che i risultati a cui si è giunti nello studio non esauriscono il dibattito aperto sulla caratterizzazione della variabile dipendente, ulteriori elementi che avallano l ipotesi dell indipendenza concettuale tra gli indicatori positivi di benessere e quelli negativi, sono rinvenibili anche nel differente potere esplicativo dei due modelli sviluppati, nonché nelle sensibili variazioni che si sono registrate tra i due modelli con riferimento ai coefficienti beta di alcune delle variabili indipendenti identificate come fattori generali di benessere. Per quanto riguarda il primo aspetto, nel suo complesso il panel di antecedenti considerati ha dimostrato una capacità predittiva decisamente più alta in relazione agli indicatori positivi di benessere (modello 1a) che non con riferimento a quelli negativi (modello 1b). Più in particolare, l R 2 del primo modello è risultato in grado di spiegare il 39% della varianza della scala positiva, contro un R 2 di.27 nel caso della scala negativa. Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, si citano a titolo esemplificativo la variazione del coefficiente beta della variabile chiarezza di ruolo, che nel modello 1b (β=.07) si riduce di oltre 70 punti percentuali rispetto a quanto riscontrato nel modello 1a (β=.12), e quella della variabile re- 58 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

13 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI lazioni interpersonali, che offre un contributo significativamente più alto nello spiegare gli indicatori negativi di benessere (β=.14) che non quelli positivi (β=.09). Se le argomentazioni sin qui esposte, permettono di asserire che, da un punto di vista concettuale, gli indicatori positivi di benessere (entusiasmo e rilassatezza) e quelli negativi (ansia e depressione) non sono percepiti o considerati semplicisticamente come due facce della stessa medaglia, ma bensì come costrutti distinti e separati, non ci si può nemmeno attendere che le due dimensioni siano completamente indipendenti l una dall altra o che la relazione che le lega sia di natura casuale. In effetti, la correlazione tra la scala positiva di benessere e quella negativa, è significativa e di segno negativo, suggerendo che un alta frequenza di stati emotivi positivi è comunque per lo più associata ad una bassa frequenza di condizioni di malessere emotivo (r= -.538; p <.01). Al di là del contributo teorico, i risultati dello studio presentano notevoli implicazioni pratiche che possono essere di estrema utilità per il management delle R.S.A.. In questa nuova prospettiva, le più importanti evidenze empiriche ottenute possono essere tradotte in altrettante indicazioni a supporto dei gestori di queste unità di offerta per promuovere il benessere organizzativo all interno delle proprie strutture, cosi da agire in logica di consolidamento su quelle condizioni che hanno già dimostrato dei risultati soddisfacenti e adoperandosi contestualmente con azioni di miglioramento, anche di natura preventiva, nei confronti dei fattori emersi come possibili fonti di criticità. In primo luogo, occorre ricordare che i risultati percettivi meno soddisfacenti si sono verificati proprio in corrispondenza delle variabili riconducibili all area dell organizzazione ( risk management, supporto organizzativo, giustizia organizzativa e progressioni di carriera ). Escludendo il risk management, che non ha dimostrato alcun legame con la variabile dipendente, ed il supporto organizzativo, che ha approssimato una soglia di accettabilità (media=2,94), le percezioni relative alla giustizia organizzativa (media=2,59) e alle progressioni di carriera (media=2,30), entrambe variabili inquadrate come fattori motivanti del benessere, hanno fatto registrare un certo grado di criticità. Le progressioni di carriera, in particolare, si sono contraddistinte per essere la variabile con lo score medio più basso dell intero panel di determinanti considerate nello studio. Come più volte ricordato, il settore delle R.S.A. sconta dei limiti intrinseci che oggettivano, ad esempio, la percezione negativa dei lavoratori rispetto alle ridottissime opportunità di avanzamento. Tuttavia, questa criticità si conferma tale se si considerano solo i percorsi di carriera formale. Diversamente, è possibile strutturare delle opportune politiche di job enrichment e job enlargement in risposta alla scarsa mobilità verticale, soluzione organizzativa non particolarmente presidiata all interno del settore (Sebastiano, 2012). Garantire una maggiore autonomia e una più alta discrezionalità nel definire il proprio modus operandi, anche attraverso il trasferimento di modeste responsabilità operative, è un azione quasi sempre percorribile, che peraltro può essere particolarmente utile anche all organizzazione; in altri termini, proprio in ragione del limitato numero di figure di middle management che normalmente caratterizza le R.S.A., favorire dei diffusi processi di responsabilizzazione all interno dell intero nucleo operativo di base può essere molto vantaggioso anche per la stessa organizzazione. Per quanto attiene alla giustizia organizzativa, è necessario porre maggiore attenzione su quelle scelte operative e organizzative che possono sembrare caratterizzate da modesta complessità, come, ad esempio, la strutturazione dei turni o del piano ferie, e che spesso, invece, giocano un ruolo fondamentale nel costruire la percezione di operare in un contesto organizzativo caratterizzato da una certa equità di fondo. Parallelamente, posto che i percorsi di carriera verticali sono così limitati, gli stessi dovrebbero essere costruiti su basi quanto più oggettive possibili. Portando la riflessione ad un livello di più alto respiro, le R.S.A. dovrebbero investire maggiormente nella formalizzazione dei sistemi operativi di gestione del personale, all interno dei quali ricopre un ruolo centrale la valutazione del personale (valutazione delle posizioni, valutazione delle prestazioni e valutazione del potenziale). Infatti, sebbene si tratti di contesti labor intensive, al punto che il costo del personale può rappresentare fino ai 4 / 5 dell intera struttura dei costi (Sebastiano, 2013), la gestione della forza lavoro è ancora prevalentemente ancorata ad una visione amministrativa e di controllo, con bassa diffusione di sistemi operativi formali ed effettivamente orientati a politiche di sviluppo delle risorse umane. Il focus proposto sulla valutazione del personale, dipende dal fatto che l output di questo sistema operativo costituisce un prezioso input per il corretto indirizzo di numerose altre leve di gestione del personale, tra cui la programmazione, le attività di reclutamento e selezione, la formazione, i percorsi di carriera e l uso del sistema incentivante, ivi inclusa la gestione della parte variabile della remunerazione, che, per quanto estremamente contenuta, quando disponibile viene spesso gestita con logiche contraddittorie (Rebora, 2001; Costa e Gianecchini, 2002; Giangreco et al., 2012). Un altro punto di attenzione, su cui è possibile ipotizzare degli interventi concreti da parte dell organizzazione, concerne l accesso alle informazioni. Sebbene si tratti di una variabile che ha fatto registrare uno score medio piuttosto soddisfacente (3,78), la stessa è risultata un fattore igienico di benessere, il che significa che la sua assenza o il suo non corretto presidio può generare livelli di insoddisfazione molto elevati, al punto da incidere sugli stati emozionali catturati dalla scala negativa (ansia e depressione), per cui implica la necessità di un monitoraggio particolarmente attento da parte delle R.S.A. e del relativo management. Al riguardo, un intervento migliorativo MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE 59

14 CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica potrebbe certamente riguardare un maggiore investimento in information and communication technology (ICT), con il preciso scopo di facilitare, semplificare e velocizzare il lavoro degli individui, soprattutto con riferimento alle diverse famiglie professionali operanti nei servizi di line. Infatti, il tipo di servizi erogati implica un complesso sistema di gestione documentale, che serve sia al generale funzionamento dei medesimi, sia ad adempiere agli obblighi normativi regionali imposti dal sistema di autorizzazione e accreditamento (Sebastiano, 2013). Questi obblighi documentali, non di rado vissuti dagli operatori come un eccessiva burocratizzazione del proprio lavoro, che distoglie tempo e risorse alle attività percepite come maggiormente core, molto spesso sono ancora assolti in via cartacea, con tutte le annesse problematiche in termini di condivisione, accessibilità, fruibilità e verificabilità immediata delle informazioni necessarie allo svolgimento del proprio lavoro. Molti studi hanno dimostrato come anche nello specifico contesto delle R.S.A., il ricorso all ICT può portare numerosi benefici a vantaggio del generale funzionamento dell organizzazione (Carugati, Giangreco e Sebastiano, 2011; Sebastiano, Carugati e Giangreco, 2012), ma anche a vantaggio del lavoro dei singoli, che vedono ridursi i tempi dedicati alle attività documentali a favore di attività di maggiore interesse professionale, prima su tutte quella assistenziale diretta al paziente (CREMS, 2008). Altri studi condotti sempre all interno delle R.S.A. hanno dimostrato che l impiego dell ICT può addirittura ridurre il rischio di turnover (Gunby, Menachemi e Poole, 2008). Un ultima fondamentale riflessione di carattere pratico concerne il carico di lavoro. Questa variabile non ha solo dimostrato una continuità di impatto in tutti i modelli testati nello studio, ma ha fatto anche registrare il più alto coefficiente beta in ciascun modello di ricerca. Tali evidenze suggeriscono un attenzione privilegiata da parte delle R.S.A. nell approfondire le percezioni dei lavoratori su questo aspetto direttamente riconducibile alla dimensione quantitativa e qualitativa del job, soprattutto in ragione del fatto che lo score medio ottenuto all interno del campione per questa variabile si colloca al di sotto di una soglia di sufficiente accettabilità (media=2,59). È indubbio che le profonde modifiche che hanno interessato il settore delle R.S.A. italiane e di quelle lombarde in particolare, hanno comportato un generale appesantimento dei carichi di lavoro, sia con riferimento ai servizi di line, sia per le altre componenti dell organizzazione. Una prima sostanziale spiegazione del fenomeno descritto è certamente da ricondurre ai nuovi target di utenza con cui gli operatori delle R.S.A. devono confrontarsi nel contesto odierno. Rispetto al passato, l utente attuale è sempre più frequentemente caratterizzato da elevati livelli di non autosufficienza e da quadri psico-clinici altamente complessi, richiedendo quindi maggiore intensità di assistenza (Guaita e Cherubini, 2011); non a caso, negli ultimi 15 anni le R.S.A. sono passate da una vocazione prevalentemente assistenziale ed alberghiera, ad una socio-sanitaria e sanitaria (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2011). Parallelamente, il finanziamento pubblico garantito alle R.S.A. a copertura dei costi sanitari si è dimostrato sempre più inadeguato, mettendo queste strutture nella difficile condizione di dover gestire un utenza sempre più compromessa e, quindi, costosa, ma senza la possibilità di poter contare su finanziamenti aggiuntivi (Sebastiano et al., 2011). Questa condizione ha inevitabilmente comportato una crescente attenzione al sistema dei costi e all ottimizzazione delle risorse disponibili, all interno delle quali il maggior assorbimento di risorse economiche avviene proprio ad opera del personale (Sebastiano e Porazzi, 2010). L introduzione di maggiori strumenti di pianificazione e controllo, anche con riferimento alla gestione del personale, spesso è stata vissuta negativamente dagli operatori del settore. Basti pensare al cambiamento epocale della depublicizzazione delle IPAB, che anche in Lombardia rappresentavano la forma giuridica più diffusa in assoluto all interno del settore, con la conseguente introduzione di contratti di lavoro privatistici (es: UNEBA, ANASTE, AGeSPI, AGIDAE, ecc.) in sostituzione di quelli pubblicistici, che, almeno per i nuovi ingressi, ha comportato un amento delle ore di lavoro settimanali (da 36 a 38 ore). In sostanza, soprattutto per i lavoratori che operano nel settore da diversi anni, la percezione di un eccessivo carico di lavoro, soprattutto sotto il versante quantitativo, è amplificata dalla comparazione con le precedenti condizioni di lavoro riconducibili ad un passato neppure troppo lontano. Trovare dei significativi correttivi a questa situazione, che al di là delle dinamiche percettive, presenta sicuramente un fondo di oggettività, non è certamente semplice e spesso implica un sistematico ripensamento delle complessive politiche organizzative delle R.S.A. La generale contrazione delle risorse unitamente alla crescente azione di regolamentazione regionale del settore, con l imposizione di standard gestionali omogenei per tutte le strutture, sono fenomeni che hanno portato ad un elevato grado di standardizzazione e meccanizzazione, in senso metaforico, delle routine di lavoro che scandiscono la quotidiana erogazione dei servizi da parte di queste unità di offerta (Sebastiano, 2013); tali dinamiche, oltre a ridurre il livello di discrezionalità dei singoli operatori nell impostare il proprio modus operandi, rischiano di avere delle ripercussioni negative anche sul livello di personalizzazione dell assistenza, dato che i tempi di lavoro e la generale organizzazione delle attività sono governati più in funzione delle esigenze della struttura che non dei bisogni degli ospiti (Kane, 2003; Kane et al., 2003; Bertolini e Pagani, 2011). Quanto descritto, ad esempio, fa sì che in determinate fasce orarie della giornata tipo in R.S.A. si concentrino carichi di lavoro estremamente pesanti, come normalmente avviene nella prima fascia mattutina, mentre in altre vi siano dei momenti di relativa tranquillità. Una generale revisione dell organizzazione del lavoro, supportata da una precisa analisi delle attività e da un conseguente riequilibrio dei 60 MANAGEMENT PER LE PROFESSIONI SANITARIE

15 I determinanti del benessere organizzativo nelle R.S.A.: un investigazione empirica CONTRIBUTI E APPROFONDIMENTI carichi di lavoro, potrebbe essere il presupposto di base per ridisegnare i processi assistenziali anche al fine di garantire una maggiore personalizzazione delle attività quotidiane a vantaggio della qualità di vita degli ospiti. Inoltre, soprattutto in quelle strutture, oggi sempre più numerose, che hanno intrapreso importanti percorsi di diversificazione dei servizi offerti al proprio territorio di riferimento, potrebbe risultare utile studiare delle politiche di job rotation tra i diversi servizi, così da intervallare la presenza in R.S.A. con periodi di lavoro in servizi caratterizzati da carichi di lavoro oggettivamente più leggeri. Parallelamente, soprattutto per le figure assistenziali di base di lungo corso, che in molti casi non hanno avuto altre esperienze di lavoro se non quella maturata nella R.S.A. di appartenenza, potrebbe avere un effetto motivante la possibilità di effettuare dei percorsi di scambio con il personale di altre realtà analoghe. Questa ipotesi, per quanto possa presentare delle complessità giuslavoristiche e contrattuali, sarebbe facilmente praticabile da un punto di vista organizzativo, anche grazie alla capillare presenza di R.S.A. in territori estremamente attigui e all appoggio ottenibile dalle associazioni di categoria e da quelle sindacali, entrambe molto attive e presenti nel contesto territoriale in cui è stata sviluppata l indagine. L idea di fondo sottostante a questo possibile intervento è la seguente: passare un periodo di lavoro presso un altra struttura, potrebbe permettere al lavoratore di relativizzare l incidenza negativa che normalmente viene attribuita a determinate politiche aziendali, che spesso, in realtà, sono determinate da fattori esogeni e perciò trasversali al settore di appartenenza; dall altro lato, ed in logica speculare, la R.S.A. ospitante potrebbe avere a sua volta l occasione di spersonalizzare determinati elementi di complessità che sottendono il rapporto tra individuo e organizzazione, comprendendo che determinate istanze sono piuttosto comuni alla molteplicità dei lavoratori del settore. 6. Conclusione In conclusione, nonostante alcuni comuni limiti intrinseci di carattere metodologico 3, la ricerca ha permesso di ampliare la conoscenza del benessere emotivo nel settore delle R.S.A. e nel campo dei fattori job-related che contribuiscono a determinare la percezione di benessere e di malessere organizzativo. Il modello proposto, basato prevalentemente sulla letteratura di riferimento, ma anche sulla profonda conoscenza del settore socio-sanitario lombardo, ha ottenuto dei riscontri empirici piuttosto soddisfacenti, contribuendo in maniera significativa al dibattito in cor- 3 Il limite più rilevante è legato alla natura trasversale e non longitudinale dello studio, che avrebbe invece comportato l osservazione ripetuta sui medesimi soggetti ad intervalli di tempo stabiliti. Di conseguenza, le inferenze causali sulle relazioni ipotizzate all interno dei diversi modelli di ricerca devono essere lette con estrema cautela, dato che non possono essere considerate univoche. Al contrario, esiste una probabilità non trascurabile che le relazioni tra alcune variabili dello studio siano molto più complesse rispetto a come sono state ipotizzate e verificate, il che genera un mutuo rapporto di causalità nel tempo (Giangreco, 2001). so tra gli scholar sulla relazione esistente tra indicatori positivi e negativi di benessere. Al riguardo, si è messa in evidenza una possibile ed interessante distinzione tra fattori motivanti, fattori igienici e fattori generali di benessere che potrebbe orientare successive attività di ricerca. Particolarmente soddisfacenti sono anche le ricadute pratiche che possono discendere dai risultati della ricerca a vantaggio del management delle R.S.A., con il preciso intento di salvaguardare e alimentare il benessere di chi si adopera quotidianamente e duramente per garantire il benessere psico-fisico di una delle risorse più preziose di tutti i contesti sociali: gli anziani. 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