Santa Rosalia. Sanfilippo 2016

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1 Ortopedia Santa Rosalia Sanfilippo 2016

2 Per la realizzazione di questi appunti del Professor Moschella si ringraziano i colleghi del corso Chirone A.A di UniPa

3 Indice Fratture Terapia delle fratture Fratture del collo del femore Fratture del polso Deformità congenite Displasia congenita dell'anca Scoliosi Traumatologia del ginocchio Lesione dei legamenti crociati Lombalgia, lombosciatalgia, lombocruralgia Patologie della spalla Distorsione collo-piede Riabilitazione della spalla Patologie traumatiche del piede Tendinopatie, pubalgia, lesioni muscolari Malattia artrosica

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5 FRATTURE Si definisce frattura l interruzione della continuità anatomica di un segmento scheletrico, perlopiù in conseguenza di traumi unici, multipli o recidivanti. Oltre alle fratture traumatiche ci sono anche le fratture: patologiche da osteoporosi, neoplastiche, da iperparatiroidismo, ecc.; chirurgiche ossia fratture provocate dall ortopedico per correggere le deviazioni, soprattutto di tipo assiale. Frattura per compressione ad esempio un soggetto che cade dall alto e atterra sul piede.se si frattura il calcagno avrà una frattura da trauma diretto; mentre se si frattura, unicamente o contemporaneamente, i corpi vertebrali, che risulteranno schiacciati dal basso verso l alto, avrà una frattura per compressione. Vi sono vari criteri classificativi. Classificazione in base all eziopatogenesi - fratture traumatiche sono le più frequenti; - fratture patologiche da osteoporosi, neoplasie, iperparatiroidismo, ecc.; - fratture da durata dette anche da stress, cioè dovute a microtraumi ripetuti nel tempo; - fratture chirurgiche. Fratture traumatiche Sono le più frequenti. Si distinguono in fratture da: trauma diretto in cui la rima di frattura insorge lì dove ha agito la forza traumatica (per esempio una ginocchiata contro uno spigolo può provocare una frattura di rotula); trauma indiretto in cui la rima di frattura insorge a distanza dal punto in cui ha agito la forza. Le fratture da trauma indiretto possiamo ulteriormente classificarle in: Frattura per flessione La forza agisce su un estremità mentre l altra è bloccata. Nell'esempio riportato la forza agisce a livello del gomito, essendo l omero bloccato a livello della spalla, si può determinare una flessione della diafisi omerale con interruzione a livello del terzo medio; quindi a distanza rispetto a dove ha agito la forza. Classificazione in base all integrità della cute fratture chiuse cute integra fratture esposte il segmento scheletrico entra in contatto con l ambiente esterno. La classificazione in fratture chiuse ed esposte è diversa dalla classificazione in aperte e chiuse. Una frattura esposta richiede attenzioni, soprattutto immediate, nel suo trattamento perché è una frattura ad alto rischio infettivo; infatti il tessuto osseo esposto viene subito contaminato, anche dai semplici batteri dell aria. L'infezione ossea rappresenta un grosso problema terapeutico perché può durare settimane-mesi-anni o anche non risolversi affatto e richiedere l amputazione. Ciò avviene perché il tessuto osseo è un ottimo pabulum per la crescita batterica (perché è molto vascolarizzato) ed è difficilmente raggiungibile dagli antibiotici. Classificazione in base al numero di rime di frattura: Fratture per strappamento I tendini e i legamenti si inseriscono su dei rigonfiamenti ossei detti apofisi. Per esempio una brusca iperestensione del ginocchio può determinare o una rottura del tendine rotuleo oppure, se il tendine resiste, si può strappare la sua inserzione a livello dell apofisi tibiale anteriore; si parlerà di frattura per strappamento o per avulsione. Frattura per torsione questa è una frattura tipicamente di gamba, cioè comprensiva di tibia e perone, che si può realizzare ad esempio se si mette un piede in una buca e a causa del movimento di torsione del piede si determina una frattura di gamba. N.B. Il decorso della rima di frattura ci dà delle informazioni sulle modalità traumatiche della frattura stessa. La frattura per torsione è caratterizzata da una rima di frattura che decorre attorno alla diafisi stessa, con un decorso quasi spiroide; invece in quella per flessione il decorso è orizzontale o obliquo. - unifocali (un unica rima con due frammenti ossei) - bifocali (due rime di frattura e quindi tre segmenti 1

6 ossei) - trifocali - ecc traumatismo e a volte è impossibile valutare il numero dei frammenti Nelle ossa lunghe, in rapporto al livello scheletrico, distinguiamo: - fratture diafisarie - fratture metafisarie (prossimali o distali) - fratture epifisarie (prossimali o distali) I segmenti ossei partecipano alle articolazioni e la rima di frattura può determinare o meno un coinvolgimento della parte di osso che partecipa all articolazione stessa; Pertanto in rapporto alla irradiazione della rima di frattura parliamo di: fratture articolari sono quelle che coinvolgono parte del segmento osseo che partecipa all articolazione. In linea generale sono più gravi perché coinvolgono una parte deputata al movimento e quindi minimi spostamenti dei frammenti possono compromettere l integrità dell articolazione e dunque il movimento articolare; inoltre perché, anche se non comportano interferenza con il movimento articolare, una frattura che si viene a determinare all interno dell articolazione predispone maggiormente nel tempo all insorgenza dell artrosi, cioè di processi a carattere degenerativo. fratture extrarticolari La differenza fra fratture articolari ed extraarticolari può anche essere minima da un punto di vista spaziale. Ad esempio una frattura mediale del collo del femore (che si trova all interno della capsula articolare) e frattura che attraversa la regione trocanterica del femore, sebbene distanti l una dall altra al massimo 1-1,5 cm, hanno prognosi e terapia completamente differenti tra loro. Le fratture incomplete le distinguiamo invece in : a) Fratture a legno verde - non c è coinvolgimeno periostiale - sono tipiche dei bambini; è quel tipo di frattura in cui si rompe l osso ma il periostio resta integro (in un ramoscello di legno verde si spezza la parte interna, ma non si riesce a spezzare la corteccia che la copre). Ciò accade perché i bambini possiedono un periostio che è un manicotto molto spesso e robusto, mentre negli adulti il periostio è molto sottile e si rompe subito. b) Infrazioni c è coinvolgimento periostiale - in cui c è una rima di frattura che inizia da un versante dell osso e che per esaurimento della forza traumatica non arriva al versante opposto (è come se fosse una mezza frattura ). Classificazione in rapporto all entità del danno - fratture complete (la rima di frattura attraversa da parte a parte il segmento scheletrico) - fratture incomplete Nell ambito delle fratture complete, in base al decorso della rima, distinguiamo: a) fratture trasversali hanno la rima di frattura con decorso grossomodo orizzontale; sono tipiche delle fratture per flessione b) fratture oblique hanno la rima di frattura con decorso diagonale; anche questa si determina per flessione c) fratture spiroidi hanno la rima di frattura che avvolge a spirale il segmento scheletrico (fratture per torsione) d) fratture complesse in cui la rima di frattura determina l isolamento di un terzo frammento osseo, di tipo triangolare; questa è una frattura ad ala di farfalla e risulta problematica perchè questo terzo frammento risulta libero e) fratture comminute in cui le rime di frattura sono estremamente numerose. L osso appare sbriciolato in piccoli pezzi; è tipico delle fratture da scoppio o da grande c) Gli infossamenti si vanno a determinare lì dove è presente tessuto spugnoso (o trabecolare). Il tessuto spugnoso è costituito da trabecole ossee con degli spazi vuoti ripieni di sangue. Se questa spugna viene schiacciata, a causa di un evento traumatico, si riducono gli spazi vuoti e rimangono degli infossamenti. Ad esempio, in caso di caduta dall alto, il condilo femorale schiaccia il piatto tibiale che a sua volta schiaccia le trabecole sottostanti. Estremamente 2

7 soggetto a tali fratture è anche il calcagno (sempre per cadute dall alto). Le fratture a legno verde e le infrazioni sono fratture tutto sommato semplici, invece gli infossamenti non lo sono. Questo perché, ad esempio nel caso della tibia, abbiamo la necessità di rialzare il piatto tibiale e a questo punto ci ritroviamo di fronte ad uno spazio vuoto sottostante che dobbiamo andare a riempire. Il riempimento si fa o con un trapianto osseo (per esempio dalla cresta iliaca) o con dei sostituti ossei. Classificazione in rapporto allo spostamento dei frammenti fratture composte in cui i segmenti ossei restano nella loro posizione anatomica originaria fratture scomposte in cui si ha lo spostamento dei frammenti La scomposizione può essere : Primaria avviene in prima istanza perché il trauma, particolarmente violento, agisce direttamente sui frammenti di frattura, determinando uno spostamento interframmentario. Secondaria la frattura non si scompone per effetto diretto dell evento traumatico ma si scompone per effetto della trazione di tendini o legamenti. Un esempio è la frattura del becco olecranico. La frattura in un primo tempo è composta, ma il tendine tricipitale, che si inserisce sull apice del becco olecranico, tira verso l alto il frammento osseo e va a scomporre la frattura. Noi di fatto vediamo la scomposizione ma la modalità con cui è avvenuta tale scomposizione, se mediata dal trauma o dalla trazione tendinea o legamentosa, è difficile dirla. La scomposizione inoltre può avvenire anche in un secondo momento; per esempio nelle avulsioni delle spine tibiali, se non si effettua una adeguata immobilizzazione, i legamenti crociati possono tirare su queste spine, determinando la scomposizione. Classificazione della scomposizione Ad latus osservando frontalmente vediamo che i frammenti si spostano lateralmente l uno rispetto all altro Ad longitudinem c è una sovrapposizione dei frammenti sull asse longitudinale e questo causa un accorciamento del segmento scheletrico (dato clinico). Ad axim i frammenti vanno ad aprire un angolo o verso l esterno (apertura in valgo, come nella figura) o verso l interno (deformità in varo o varismo). Questa distinzione in varo e in valgo vale per tutte quelle situazioni in cui ci veniamo a trovare di fronte due assi. In questo caso i due assi sono il frammento prossimale e quello distale. Parliamo di varismo e valgismo anche quando parliamo di ginocchia, considerando l asse del femore e l asse delle gambe; le ginocchia a X sono valghe e quelle a o dette anche del cavallerizzo sono vare (stesso discorso lo vedremo per il piede a proposito del piede torto congenito). Ad peripheriam è una scomposizione di tipo rotazionale. Mentre le prime tre sono accertabili con una visione frontale, quindi con una radiografia anteroposteriore, per la scomposizione ad peripheriam sono necessarie due proiezioni, ovvero l anteroposteriore e la laterolaterale. In realtà chi ha l occhio allenato potrebbe vederla solo con l'anteroposteriore, perchè a differenza delle prime tre in cui vedo nell'epifisi distale due condili, in questo caso ne vedo uno soltanto. Le fratture esposte nella maggior parte dei casi sono sono fratture ad axim. Segni di probabilità e segni di certezza Segni di probabilità - esposizione (non ricade tra i segni di certezza perchè possiamo avere una esposizione senza che vi sia una frattura; questo può accadere ad esempio ad un ragazzino che cade dal motorino e striscia sull asfalto con conseguente esposizione della tibia, a causa dello strisciamento che ha portato via cute e sottocute) - deformità (anche questo non è un segno di certezza; ad esempio un soggetto che viene alla nostra attenzione in seguito a un trauma e che presenta deformità in valgo dell omero, non è detto che abbia una frattura, ma potrebbe aver avuto in passato una frattura guarita poi con deviazione assiale in valgo) - dolore - tumefazione - impotenza funzionale - atteggiamento di difesa (per esempio in caso di frattura del collo chirurgico dell omero il paziente si presenterà con braccio addotto, intraruotato, gomito flesso a 90 e, soprattutto, arto sostenuto dall arto controlaterale. Questo vale sia per la frattura del collo chirurgico dell omero ma anche per la lussazione di spalla) - ecchimosi (volgarmente chiamato livido) è uno stravaso ematico nel sottocute. Questo sangue proviene dal focolaio di frattura, quindi, a differenza dei segni precedenti, non è un segno 3

8 immediato perché necessita di tempo per raggiungere il sottocute. Riveste un importanza dal punto di vista medico-legale in base alle colorazioni assunte, perchè esistono dei tempi ben precisi. Non si tratta di ematoma perché quest ultimo è muscolare o sovrafasciale e non è visibile all ispezione; posso sospettarlo con la palpazione perchè c'è una tumefazione fluttuante (quindi sangue) ma la certezza si ha con l'ecografia. Segni di certezza - motilità preternaturale (abnorme) cioè c è una motilità lì dove non dovrebbe esserci. È un segno visivo. Ad esempio il soggetto che subisce una frattura di perone e tibia e che prova a rialzarsi ; alza la coscia, il ginocchio e la parte prossimale della tibia ma la restante parte per gravità si porta verso il basso. - crepitazione allo spostamento. È un segno uditivo. Se due elementi sono fratturati e si vanno a spostare, questo spostamento determina uno scricchiolio per il loro strofinamento. Entrambi i segni di certezza non vanno ricercati, perché pericolosi e dolorosi ma possono essere rilevati occasionalmente. Per esempio si potrebbe apprezzare in un paziente anziano con frattura dell anca che è allettato, in attesa dell intervento, e necessita del posizionamento della pala. Ma ad oggi le fratture del collo del femore vengono operate per legge entro le 48 ore, quindi sta diventando sempre più raro udire la crepitazione. La motilità preternaturale è pericolosa perché i frammenti ossei sono taglienti e possono determinare lesioni di vasi e nervi. Esame radiografico Il passo successivo alla ricerca dei segni è l esecuzione dell esame radiografico. Per diagnosticare una frattura è sufficiente una radiografia, la quale va fatta in due proiezioni ortogonali: - anteroposteriore - laterolaterale In questo modo diagnostichiamo la maggior parte delle fratture. Ci sono delle fratture particolari (come quella di scafoide) che richiedono proiezioni specifiche. Nei casi dubbi si può ricorrere alla TC. Evoluzione e prognosi L evoluzione porta alla formazione del callo osseo. La frattura tende spontaneamente a riparare con formazione di callo osseo, destinato a reintegrare la funzione statica e dinamica dell osso. Il callo osseo prende origine dalle cellule ematiche totipotenti, presenti nello stravaso emorragico che si determina perchè la frattura causa l interruzione dei vasi (che possono essere sia all interno dell osso che periostiali); conseguenzialmente c è uno stravaso emorragico. Le cellule ematiche totipotenti vengono immediatamente indirizzate verso la linea osteogenetica per riparare la frattura, formando nuovo tessuto osseo, cioè il callo. Questo significa che la funzione dell ortopedico è quella di fare svolgere nel miglior modo possibile questi processi naturali e che non vengano ad essere alterati o, peggio ancora, interrotti. Affinchè tali processi avvengano è necessario che ci sia: - Contatto reciproco tra le superfici di frattura (se la frattura è scomposta va ridotta il prima possibile) - Immobilità dei frammenti (i monconi devono essere immobili perché il movimento ostacola il processo osteogenetico; tuttavia sembra che movimenti dell ordine di pochissimi micron possano favorire i processi di osteogenesi) - Vascolarizzazione dei frammenti i frammenti devono aver conservato la vascolarizzazione, altrimenti vanno incontro a necrosi. L osteogenesi riparativa è un processo da intendere come un continuum che va pian piano evolvendo, che può subire delle interruzioni in ogni momento e che possiamo schematicamente dividere in 3 fasi: - Formazione e organizzazione dell ematoma; - Fase di proliferazione e differenziazione tissutale, in senso osteogenetico. delle cellule staminali circolanti che sono uscite con lo stravaso ematico - Fase di maturazione e poi rimodellamento del callo osseo Quando il callo è maturo si ha una guarigione clinica, cioè il paziente può riprendere la sua normale attività. La guarigione clinica avviene con tempi variabili da 30 a 60 a 90 giorni, a seconda del tipo di frattura e di osso in questione. Per esempio una frattura di polso guarisce clinicamente in 40 giorni, una di gamba richiede almeno 2 mesi, una frattura diafisaria di femore richiede giorni. Nel periodo di tempo successivo il callo osseo viene rimaneggiato, rimodellato, cioè subisce delle costanti trasformazioni tali da portare, a circa un anno e mezzo dall evento traumatico, alla formazione di un tessuto osseo perfettamente uguale a quello precedente la frattura. Questo concetto è importante nell ambito della rimozione dei mezzi di sintesi; essi vanno rimossi non prima di un anno e mezzo (a meno che non vi siano delle situazioni particolari), perché appunto è dopo questo periodo che i processi di rimodellamento si esauriscono. Nell ambito delle ossa lunghe esiste una distinzione tra callo endostale e periostale; quest ultimo dà un rigonfiamento dell osso che stabilizza la frattura e, nella fase di rimodellamento, tende pian piano ad assottigliarsi e a restituire la conformazione originaria all osso. Bisogna però precisare che questo rimaneggiamento è evidente soprattutto nei bambini, meno nell adulto in cui il callo osseo lo continuiamo a vedere lo stesso anche a distanza di tempo. Nel caso di una frattura avvenuta in un bambino, se facciamo una radiografia dopo 10 anni non riusciamo più a dire se abbia subito o meno una frattura. Complicanze delle fratture Per quanto riguarda le complicanze si distinguono in complicanze generali (che riguardano tutto l organismo) e complicanze locali (che coinvolgono il segmento scheletrico coinvolto). Ciascuna di esse può essere suddivisa, in base al periodo di insorgenza, in 4

9 Immediata avviene subito, Precoce avviene mediamente in una settimana, giorni Tardiva avviene mediamente dai 30 giorni in su. Complicanze generali: - Immediate o Shock (traumatico o fratturativo). È chiaro che questa situazione si può verificare più facilmente nel politraumatizzato, ma nulla toglie che possa verificarsi anche in caso di una frattura della falange distale del 5 dito della mano; si tratta di un evento estremamente soggettivo. - Precoci - Embolia adiposa: c è tessuto adiposo proveniente dal midollo osseo delle ossa lunga che va in circolo - Tromboembolia: in questo caso il problema è legato ai trombi (a dei coaguli) che possono arrestarsi a livello degli arti inferiori, dando trombo embolia degli arti inferiori, oppure possono nei casi più gravi portare alla morte del soggetto. Queste complicanze sono quelle a cui dovete pensare quando leggete che, dopo 30 giorni da una frattura, un soggetto si rimette in piedi e muore; nella quasi totalità dei casi la causa è stata embolica. Contro l embolia adiposa non abbiamo grandi mezzi ma per fortuna è molto più rara. Per quanto riguarda l embolia trombotica disponiamo invece degli anticoagulanti (la terapia anticoagulante va iniziata subito) ma essi non escludono l evento trombotico nel 100% dei casi; inoltre essi devono essere somministrati per circa 30 giorni, ma sappiamo che esistono tromboemboli che compaiono a 60 o anche a 90 giorni. - Tardive (insorgono dopo un mese e sono legate all'allettamento del soggetto) - Infezioni delle vie urinarie : per ristagno di urina e per presenza del catetere che è veicolo di infezioni - Infezioni delle vie aeree conseguenti al ristagno del secreto bronchiale - Piaghe da decubito : legate alla compressione diretta, di tipo meccanico In passato c'erano elevate percentuali di morte per queste complicanze; erano molto più frequenti perché le fratture venivano molto spesso trattate in trazione (ne parleremo nella prossima lezione) e quindi il paziente stava allettato per molto tempo. Oggi, proprio per evitare questo tipo di complicanze, esiste l obbligo di operare questi soggetti, quando possibile, entro 48 h. Complicanze locali - Immediate - Esposizione : con conseguente rischio infettivo; -Associazione di lussazione e frattura: può succedere che un soggetto che cade su una spalla contemporaneamente si fratturi e si lussi la stessa; - Lesioni viscerali: per esempio nel caso di frattura del bacino si possono verificare lesioni vescicali e nel caso di frattura costale si possono verificare lesioni pleuropolmonari; -Lesioni vascolo nervose : lo spostamento interframmentario può facilmente determinare lesioni a vasi e nervi, soprattutto in determinate zone (per esempio nelle fratture sovracondiloidee di omero) e cioè lì dove vasi e nervi passano molto vicini al segmento scheletrico. - Precoci (non ne parliamo in dettaglio perché sono molto specialistiche, però bisogna dire che sono molto temute e molto gravi) - Sindrome di Volkmann: caratterizzata da mano ad artiglio ed è legata ad una situazione di tipo neuro vascolare, su cui non entriamo nel merito; - Infezione del focolaio di frattura: spesso legata alla contaminazione di una frattura esposta. In questi casi potrebbe essere considerata una complicanza immediata, però viene inserita fra le complicanze precoci perché affinchè si manifesti clinicamente passano almeno giorni e inoltre perché ci sono complicanze infettive che non sono legate a esposizione ma che hanno origine endogena (per es soggetti con infezione dentale o vescicale possono andare incontro a infezione del focolaio di frattura). La terapia antibiotica fa parte del protocollo terapeutico di una frattura esposta. - Tardive o o o Disturbi di consolidazione qualunque tipo di situazione che altera il processo di formazione del callo osseo può determinare un range di disturbi di consolidazione che vanno dal più semplice che è il ritardo di consolidazione al più grave che è la pseudoartrosi. Ritardo di consolidazione è una frattura che guarisce in un tempo più lungo rispetto a quelli che sono i tempi canonici (per esempio la frattura di polso di solito guarisce in 45 giorni, mentre se guarisce in giorni allora ha avuto un ritardo di consolidazione). La pseudoartrosi è una frattura che non è guarita e che non ha la possibilità di guarire a meno che non si intervenga chirurgicamente. 5

10 I disturbi di consolidazione possono essere causati da: -Movimento interframmentario -Diastàsi interframmentaria (quindi frattura scomposta che non riduciamo o che dopo la riduzione è tornata a scomporsi per varie cause) - Interposizione di parti molli (talvolta si interpone del tessuto muscolare a livello del focolaio di frattura) -Infezione a livello del focolaio che contrasta la callogenesi (la frattura non guarisce) - Apporto vascolare compromesso (la frattura non può guarire) Sono possibili due quadri di pseudoartrosi, ovvero l ipertrofica e l atrofica. Nella pseudoartrosi ipertrofica i frammenti ossei provano in qualche modo a riunirsi tra di loro ma non ci riescono; la rima di frattura viene ad essere mantenuta nel tempo e il canale midollare viene in qualche modo ad essere occluso a livello del focolaio di frattura (è una zona che risulta radiograficamente scura). In pratica, normalmente, il processo di callogenesi porta ad un iniziale formazione di tessuto fibroso che poi viene man mano a trasformarsi, a seconda della zona in cui ci troviamo, in tessuto cartilagineo o osseo. Invece, nella pseudoartrosi ipertrofica il processo si arresta allo stadio di tessuto fibroso e quindi questo tessuto fibroso ingloba la frattura ma non la stabilizza. Il canale midollare risulta chiuso (sia sul frammento prossimale che su quello distale) da questo tessuto fibroso e chiudendo il canale midollare non si ha vascolarizzazione sul focolaio di frattura che così è destinato a non guarire. Nella pseudoartrosi atrofica si ha una situazione simile ma in questo caso i frammenti ossei capiscono subito che non hanno la possibilità di guarire e si retraggono. C è sempre la stessa situazione di chiusura del canale midollare ma c è molto meno tessuto fibroso, quindi è una pseudoartrosi molto meno stabile e la motilità è notevole (mentre l ipertrofica è più stabile contendendo molto più tessuto fibroso). Ciò che bisogna fare in prima istanza è ristabilire la vascolarizzazione a livello del focolaio di frattura e cioè bisogna riaprire il canale midollare, andare a togliere il tessuto fibroso e fare sanguinare questa zona (eventualmente poi si può ricorrere al trapianto o a sostituti dell osso per favorire i processi di osteogenesi). -necrosi asettica : è la seconda complicanza tardiva locale. I frammenti non vascolarizzati evolvono verso la necrosi. Un esempio si ha in caso di frattura del collo del femore, in cui la testa femorale non è più vascolarizzata e va incontro a necrosi (asettica perché non infettiva). -vizi di consolidazione.abbiamo visto che, se non si ha una buona riduzione delle fratture, c è la possibilità di evolvere verso la pseudoartrosi ma talvolta, nonostante tutto, il callo osseo si forma. Risulteranno però delle deviazioni assiali di vario tipo, le quali possono eventualmente richiedere l osteotomia, cioè la frattura chirurgica per riallineare i frammenti con inserimento di mezzo di sintesi; così si ottiene la correzione del vizio. -artrosi post-traumatica. Le fratture intraarticolari possono determinare lo sviluppo di artrosi, anche a distanza di anni. Ciò perché danno un alterazione del metabolismo intraarticolare. -rigidità articolare : è una complicanza di tipo iatrogeno legata alla immobilizzazione che viene ad essere mantenuta nel tempo. Una articolazione molto sensibile è in questo senso quella del gomito. Se si mantiene per lungo periodo di tempo immobilizzata, soprattutto nei soggetti anziani, si ha la possibilità che questa articolazione venga ad essere compromessa nella sua motilità. TERAPIA DELLE FRATTURE Ogni frattura richiede delle terapie specifiche. In linea generale, comunque, il trattamento delle fratture può essere distinto in: - Terapia provvisoria - Terapia definitiva Il trattamento provvisorio ha lo scopo di immobilizzare quanto più possibile la frattura e consentire il trasferimento del soggetto traumatizzato al centro specialistico più vicino. Nella terapia provvisoria possiamo utilizzare diversi presidi: Per l arto superiore: - Una fasciatura alla Desault che utilizza fasce di garza o di cotone e consente di mantenere in atteggiamento di riposo l arto superiore infortunato. Per l arto inferiore: - Ferule: delle strutture metalliche modellabili. Vengono modellate sull arto infortunato, l arto viene fatto riposare su di esse e viene reso solidale attraverso delle fasciature di garza. - Doccia gessata (talvolta usata come trattamento definitivo): è l equivalente di un mezzo gesso. Esistono molti metodi di immobilizzazione per esempio nelle ambulanze esistevano gli Immobilizer dei manicotti che venivano gonfiati all estremità dell arto e ne consentivano l immobilizzazione. È chiaro che se abbiamo bisogno di immobilizzare un arto e non abbiamo i mezzi precedentemente descritti, possiamo (e dobbiamo) immobilizzare l arto con mezzi di fortuna quali stecche di legno, giornali (per es per immobilizzare un polso) legando il tutto con fazzoletti o altri fili. Terapia d elezione o definitiva è riconducibile a due fasi: 1) Riduzione 2) Contenzione o Immobilizzazione La riduzione è il riposizionamento dei frammenti nella loro posizione anatomica. È una fase che deve essere 6

11 necessariamente osservata per le fratture scomposte. Nel caso di fratture composte questa tecnica può essere bypassata per passare immediatamente alla contenzione. Quali sono le possibili riduzioni di una frattura? - Incruenta - Chirurgica ( cruenta ) La riduzione incruenta può essere attuata in varie modalità: 1) Riduzione in estemporanea: se ho due frammenti ossei scomposti fra di loro ho la possibilità, trazionando un frammento da un lato e l altro dall altro lato, di andarli a riposizionare, di andarli a ridurre. Questa trazione e contro trazione (esercitata manualmente) posso attuarle solo su frammenti piccoli e superficiali (fratture delle falangi). Una frattura di metacarpo può essere difficile da ridurre in questo modo. Non può essere ridotta, in questo modo, la frattura diafisaria di femore perché le masse muscolari ci impediranno di poter agire con questa riduzione. 2) Trazione trans-scheletrica: è incruenta ma, in realtà, qualcosa di cruento ce l ha. Viene sempre meno usata perché le fratture di collofemore vengono adesso trattate nell immediato (immagino chirurgicamente) anche nell anziano. Abbiamo diverse modalità di trazione trans-scheletrica: o Per l arto superiore: la transolecranica. o Per l arto inferiore: la transcondilica, la trans-tibiale, la transcalcaneale. Alla base di tutto ci sta l infissione di un filo metallico che viene inserito all interno di un trapano e che viene sparato dentro l osso. Trazione trans-olecranica: il filo viene infisso nel becco olecranico (gomito). Di solito si utilizza il filo, più sottile, di Kirschner. C è un filo un po più spesso detto filo di Steinmann. La trans-condilica: il filo viene infisso nei condili femorali. Trans-tibiale: fatta nell apofisi tibiale anteriore. Trans-calcaneare: attraverso il calcagno. Una volta infisso il filo, questo fuoriesce da un lato e dall altro della cute e su di esso viene applicata, attraverso dei bulloni, una struttura metallica a semicerchio, la staffa. A questa staffa viene collegato un filo e, all estremità del filo che viene a cadere fuori dal letto, viene applicato un peso. Tutto ciò serve ad applicare una trazione e contro trazione. Questa trazione è lenta e continuativa nel tempo. La trazione la esercita il peso, la contro trazione la esercita il corpo. La trazione trans-scheletrica non può essere esercitata per tutti i tipi di fratture perché il filo ha delle sedi precise dove essere inserito: deve essere sempre distale rispetto al focolaio di frattura. Es: se ho una frattura di gamba il filo lo metterò trans-calcaneale. Le trazioni transcondiliche o trans-calcaneali le posso usare per le fratture del femore, del collo del femore per es. Non esiste una grande differenza tra la trans-tibiale e la trans-condilica. Sono vicine e vengono usate bene o male per lo stesso tipo di frattura però con la trans-tibiale perdo qualcosa in trazione per la presenza dell articolazione. Mettere una trans-tibiale è più facile da mettere rispetto ad una trans-condilica. In quest ultima si passa molto vicini all articolazione del ginocchio. In un soggetto anziano va bene la trans-tibiale, nel giovane meglio la condilica. La differenza tra questa riduzione trans-scheletrica e la riduzione manuale è che la prima è lenta e graduale. Nell arco di 2-5 gg la frattura si riduce. Riusciamo ad immobilizzare la frattura e si evitano i movimenti interframmentari che provocano dolore. Dovrebbero essere applicati 1kg per ogni 10kg di peso corporeo. Usualmente però non si sale sopra i 6-7kg perché la trazione potrebbe essere eccessiva. Nell arto superiore non si mettono più di 2-3 kg. Durante l inserimento del filo si dovrebbero fare prima 2 anestesie locali dove entrerà e uscirà il filo ma comunque il paziente sentirebbe dolore durante la perforazione dell osso quindi si potrebbe anche evitare l anestesia locale. Possiamo usare queste trazioni per qualunque frattura dell omero? In teoria sì, ma siccome è una trazione molto scomoda, si usa solo per fratture molto scomposte della diafisi omerale in cui hai necessità, prima di effettuare un trattamento chirurgico, di avere un certo grado di riduzione. Oppure viene fatta in soggetti politraumatizzati in cui non puoi effettuare subito il trattamento chirurgico. Stessa cosa vale per l arto inferiore. Si usavano molto anche nelle fratture del soggetto anziano ma adesso si deve operarli entro 48h soprattutto se non fanno, da prima, anticoagulanti. Riduzione cruenta: non ottenuta la riduzione con le metodiche precedenti o ritenendo che non è possibile realizzarle, la riduzione si fa chirurgicamente e, o manualmente o con apposite pinze, si procede alla riduzione chirurgica. Immobilizzazione o Ccntenzione: è la fase successiva alla riduzione. A questa fase possiamo arrivare direttamente nel caso in cui la frattura sia composta ed è caratterizzata da: - immobilizzazione incruenta - da diverse metodiche chirurgiche. Immobilizzazione incruenta: possiamo immobilizzare l arto con l apparecchio gessato, con stecche zincate (di Zimmer) modellabili, i tutori, con le docce gessate (se non ho bisogno di un apparecchio gessato molto contentivo). Se ho bisogno di immobilizzare bene la frattura perché la ritengo instabile, devo fare un gesso chiuso (o vado a fare un trattamento chirurgico). Metodiche chirurgiche: - osteosintesi interna - osteosintesi endomidollare - fissazione esterna - protesi Fasciatura alla Desault Questa fasciatura serve a mantenere l arto in condizioni di riposo: arto addotto, intra-ruotato, gomito flesso a 90 se la frattura è nella diafisi omerale si comincia dal dorso mettendo il capo iniziale della garza nella scapola contro laterale al braccio fratturato. La garza passa a 45 lungo tutto il dorso verso la spalla dell arto fratturato. La fascia 7

12 passa al di sopra della spalla e scende sul davanti per avvolgere il gomito (che è flesso a 90 ). La garza passa al di sotto del gomito e si porta posteriormente in orizzontale. La fascia viene avvolta al dorso e all addome e nuovamente aggancia il gomito da sotto in su e si ricomincia di nuovo. Possiamo usare le fasce di garza o di cotone di Germania. Immobilizzazioni incruente Apparecchio gessato Cosa applicare: 1) Maglia tubolare. Di dimensioni diverse a seconda del tratto che dobbiamo andare ad immobilizzare. Ha le funzioni di protezione della pelle dal contatto col gesso e per protezione dalla sega elettrica che viene utilizzata per rimuovere il gesso le sega elettrica oscillante si blocca appena tocca la maglia. - Con il cerchiaggio - Con la cambra - Con un filo il filo di Kirschner o di Steinmann (questi fili si fanno entrare da un capo dell osso fratturato e fuoriuscire dalla corticale del frammento opposto) questi fili non danno una grande stabilizzazione dell arto fratturato e queste metodiche si possono usare solo per fratture delle falangi o della mano. Con questi fili posso avere l accortezza di lasciare le estremità fuori dalla cute e ciò mi consente, una volta che si è saldata la frattura, di tirarlo via senza un nuovo re intervento. 2) Cotone di Germania. Essendo a rullo viene passato avvolgendo tutto l arto con il rullo sempre posizionato verso l alto per farlo scivolare meglio e bisogna avvolgere il cotone portandosi al di sopra della metà della spira sottostante. Così si ha una presa con le spire sottostanti e ho una superficie uniforme. Il cotone si mette sopra la maglia e ha le funzioni di imbottire il gesso ed evita fenomeni di attrito con la pelle. Non si usa questo cotone per i gessi del piede torto congenito per es. 3) Fascia gessata. Viene messa in acqua tiepida per sec, si strizza e si avvolge all arto con le stesse modalità del cotone di Germania. La vite si inserisce nello stesso modo del filo all interno della frattura. Esistono viti da corticale e viti da spugnosa. 4) Fascia di garza. Viene messa sopra il tutto. È solo temporanea: messa sul gesso ha lo scopo di assorbire velocemente l umidità in eccesso, a far fare presa al gesso più velocemente e a levigare e rendere il gesso più omogeneo. Come fare una doccia gessata O si mette un getto normale e poi si sega a metà oppure si passa una fascia di garza più volte in modo da creare un grosso rettangolo che si immergerà in acqua, si strizza e si applica all arto (con pz prono) e poi si passa sopra la fascia di garza. Quando una frattura è instabile, quando è particolarmente scomposta, quando ho bisogno di stabilizzarla in maniera adeguata e il gesso non è sufficiente, il trattamento è chirurgico. Osteosintesi interna: è interna perché rimane all interno del corpo. Se ho due frammenti ossei come posso unirli con un mezzo di sintesi? - Con una placca - Con una vite 8

13 considerare, però, che la stabilità a lungo termine sarà inficiata. Il mezzo di sintesi si adatta alla regione anatomica dove deve essere applicato. Abbiamo, a questo proposito, dei mezzi particolari come il Chiodo-placca o la Vite-placca che è l insieme di un grosso chiodo e di una placca. Viene usato per fratture del collo del femore. Il chiodo fa presa sulla testa del femore e la placca fa presa (con le viti che passeranno nei fori) sulla faccia esterna del femore. Cambra: poco usata. Di solito serve nelle fratture orizzontali del piatto tibiale. In questo caso mettiamo la cambra, che è una vera e propria graffetta, che blocca la frattura sopra e sotto. La graffetta è più larga da un lato e più stretta dall altro perché segue il decorso della tibia. La vite da corticale ha una filettatura molto stretta e decorre lungo tutta la vite perché la vite deve far presa sulla corticale di entrata e su quella di uscita. La vite da spugnosa (usata per es nelle ossa piatte) ha una filettatura più ampia e non è completa, ha spire solo nella parte terminale della vite. Non ha bisogno di far presa nella corticale ma solo nelle trabecole della spugnosa (c è da considerare che la corticale dell osso piatto è molto fragile quindi la vite potrebbe fratturarla). Le viti hanno varie dimensioni a seconda di quelle che sono le esigenze. Esistono anche le viti riassorbibili che evitano di doverle toglierle una volta che la frattura si è riparata. Cerchiaggio: si fa con un filo di metallo con aghi alle estremità. Può essere usato nelle fratture di Rotula. Fig. della frattura orizzontale di Rotula: inserisco il filo nel primo frammento, lo porto nel secondo, lo ripasso nel primo e, con un tendifilo, serro il filo che mi compatta la frattura e lo blocco. Il cerchiaggio viene usato anche nelle fratture del cranio. Ormai il cerchiaggio è comunque poco utilizzato. Altro uso del cerchiaggio è la frattura peri-protesica del femore in cui un frammento si sposta obliquamente e lateralmente e ho una protesi precedente all interno del femore stesso. Placca: di vario tipo. Abbiamo le placche per il perone, per la tibia, per il collo-piede, per il calcagno ecc. tutte di misure e forme diverse. Tutte le placche hanno dei fori che verranno riempiti con viti: più viti mettiamo maggiore è la stabilità della frattura. Attenzione però! La vite non deve cadere all interno della lesione perché impedirebbe la osteogenesi. Dobbiamo staccarci dal focolaio con le viti molto poco, anche di un solo foro. Ma se c è un paziente con osteoporosi? Può essere un problema soprattutto con mezzi di sintesi instabili come il filo. Per la placca un po meno perché si mettono tante viti. Dobbiamo Osteosintesi endomidollare: si realizza nelle ossa lunghe dove abbiamo un canale endomidollare. Usiamo per esempio il filo di Kirschner lo inseriamo all interno del canale midollare. Stessa cosa con dei chiodi endomidollari. Sono molto più lunghi e grossi. Anche questi vengono inseriti all interno del canale endomidollare. Hanno dei fori alle estremità distali e prossimali. I materiali dei mezzi di sintesi e delle protesi sono: acciaio o leghe di acciaio come il cromo, il cobalto e il molibdeno in percentuali diverse, titanio, ossidania, dei materiali riassorbibili a base di polietilene, le ceramiche (soprattutto per le protesi). Da un lato questi biomateriali 9

14 devono assicurare una buona tenuta, dall altro devono avere una ottima biocompatibilità. Sono le protesi ad essere più pericolose rispetto ai mezzi di sintesi per quanto riguarda il materiale. La protesi, infatti, è molto più grossa, ha un quantitativo di materiale maggiore e col tempo può erodersi rilasciando sostanze tossiche nell organismo in quantità eccessive. Nel post-operatorio il pz rimane immobilizzato o può muoversi? Dipende dalla stabilità che ho cercato ed ottenuto. In generale se si fa un trattamento chirurgico voglio rimettere il pz subito in piedi. Se il pz lo tengo a letto per molto tempo ho diverse complicanze: tromboembolie, devo usare anticoagulanti, posso avere osteoporosi, polmoniti. Qual è il problema dell osteosintesi endomidollare? È che se io metto, in un cilindro cavo come il canale endomidollare, un cilindro pieno (il mezzo di sintesi), vado a stabilizzare la frattura in estensione, in lateralità e in flessione. Non blocco la frattura in rotazione. Per ovviare a questo problema sono stati creati dei chiodi bloccabili con dei fori (fori di bloccaggio) alle estremità distali e prossimali dove vengono inseriti di viti. Queste viti vengono inserite attraverso la corticale dell osso, passano attraverso il foro del mezzo e si agganciano alla corticale opposta. In questo modo il chiodo endomidollare è stabilizzato anche in senso rotatorio. Il foro più in alto, in questi chiodi bloccabili, è il foro di estrazione. Abbiamo un altro tipo di chiodo bloccabile endomidollare è inserito nel canale midollare e, con un particolare sistema, si potevano aprire le sue branche a livello metafisario per consentirne il blocco. Le branche nel chiodo sono 4 o 5 e alle estremità hanno degli uncini che ancorano il tutto nella parte interna del canale endomidollare. Il problema è che questo chiodo non esce più, se si prova a toglierlo gli uncini si rompono e rimangono dentro l osso. Tutti i mezzi di sintesi che abbiamo visto finora devono essere rimossi dall osso. Nella realtà ciò non accade perché sono dei mezzi ben tollerati dal pz e se si dovessero togliere il pz dovrebbe fare un secondo intervento chirurgico (e se il pz sta bene non ha nessuna voglia di farlo), c è il rischio di danneggiare nuovamente l osso. Molti mezzi di sintesi, per questo motivo, rimangono definitivamente nell osso a meno che non provochino fastidio. La rimozione può essere difficoltosa e creare problemi al pz. Pensiamo, ad esempio, ad una placca messa per frattura di tibia. Questa placca, nel tempo, potrebbe essere ricoperta da tessuto osseo: radiograficamente la placca risulta visibile, invece durante l intervento non vediamo la placca ma solo l osso. dovremo andarla a cercare e, se è una placca, magari si trova, ma se è una vite la cosa può essere molto indaginosa. Negli adolescenti, essendo in una fase di crescita, il mezzo di sintesi si dovrebbe togliere (teoricamente) ma in pratica anche a loro, se il mezzo non dà fastidio, spesso lo si lascia dov è. Fissazione esterna: in questa modalità chirurgica il problema della rimozione viene bypassato. Tutti i mezzi di sintesi precedentemente mostrati sono mezzi che attraversano il focolaio di frattura, con la fissazione esterna, invece, posso mettere delle barre metalliche dette Fishes (singolare Fish) superiormente ed inferiormente rispetto al focolaio di frattura, qualsiasi osso lungo sia. Queste fishes fuoriescono dalla cute e le vado a solidarizzare con il corpo di un fissatore. Il fissatore è esterno alla cute. Questo fissatore si usa anche negli allungamenti degli arti. I fissatori esterni possono essere: - Monoassiali (con un solo corpo da un lato) - Biassiali (con due corpi da un lato e dall altro) - Circolari o fissatore di Ilizarov (ha dei cerchi che avvolgono l arto e in questo caso non si usano delle barre metalliche ma i fili di Kirschner, devono essere due fili che si incrociano) Perché con questi fissatori non esiste più il problema della rimozione? Perché il fissatore oggi in commercio ha le fishes più grosse con una forma conica. Questo tipo di fishes sono avvitate dentro l osso durante l intervento chirurgico, poi, una volta che la frattura è riparata, si possono togliere in ambulatorio senza un re-intervento e senza anestesia: basta svitarle con mezzo giro e vengono via da sole. Il fissatore esterno è usato per tutti i tipi di frattura ma soprattutto per quelle diafisarie ed è una terapia di elezione nelle fratture esposte. In queste ultime c è un grosso rischio infettivo e, se vado a mettere dentro del metallo, non faccio altro che contaminare ancor di più il focolaio di frattura. Il fissatore esterno è usato anche negli allungamenti degli arti: 1) faccio una osteotomia interrompendo il segmento scheletrico in orizzontale, 2) metto le fishes sopra e sotto la tomia, 3) le lego al fissatore esterno. 10

15 4) Vado pian piano a diastasare il focolaio di frattura creato di 1mm al giorno circa. Nello spazio che si va creando si va ad apporre nuovo tessuto osseo e l arto si va allungando. L allungamento di 1mm al giorno è molto teorico perché se si devono fare allungamenti di 7-8cm si dovrà, in alcuni giorni, fare l allungamento di 1mm e in altri dovrà mettersi a riposo l arto per far in modo che il rigenerato, il nuovo tessuto osseo, possa stabilizzarsi. Inoltre nei grossi allungamenti si allunga l osso ma non vasi e nervi e, dovendo anche questi distendersi pian piano, può essere un trattamento molto doloroso. Quando si fa questo allungamento? Nella dismetria degli arti, nel nanismo (per es). Si possono fare fino a cm per segmento scheletrico teoricamente. I tempi quali sono per ripare una frattura? Nel caso di frattura di femore sono circa gg, nella frattura di tibia gg, nella frattura di omero 30gg. Protesi: Alcune fratture di femore determinano l interruzione del vaso che va ad irrorare l osso. In questo caso l evoluzione naturale ed inevitabile della frattura sarà una necrosi asettica dell osso. Anche con il migliore mezzo di sintesi non riuscirò mai a guarire la frattura, ecco che in questo caso useremo la protesi, con sostituzione di una o entrambe le componenti dell articolazione. Se sostituisco una sola componente avrò una Endoprotesi. Se le sostituisco entrambe avrò una Artroprotesi. In questo caso, nell articolazione dell anca, ho: - una endoprotesi se tolgo testa e collo del femore e inserisco lo stelo della protesi nel canale endomidollare dell osso stesso. L acetabolo, o cotile, rimane quello naturale. - Se sostituisco anche il cotile si parla di artroprotesi Nelle fratture del femore basterebbe solo una endoprotesi ma in realtà, in alcuni soggetti, si mette anche nelle fratture una artroprotesi. Perché? E in quali soggetti? Nei soggetti giovani perché la componente femorale protesica è costituita da materiale di metallo, per es, e potrebbe nel tempo procurare una erosione, una distruzione dell acetabolo che dopo una decina d anni dovrò essere sostituito con una protesi. Per evitare questo secondo intervento si mette direttamente nel primo intervento una artroprotesi. Esiste il problema dei materiali da usare soprattutto nelle artroprotesi. Non si sa bene quale sia migliore da utilizzare: metallo-metallo? Metallo-ceramica? Ceramicaceramica? Tutto titanio? Tutto ossidania? Di fatto non abbiamo un materiale che sostituisca perfettamente il tessuto osseo. Però rispetto al metallo, il titanio e l ossidania sono migliori anche se danno comunque, a lungo andare, detriti che rilasciano nell organismo a causa dell usura. L usura è data dalla mobilizzazione e dai liquidi biologici. Altro problema: la protesi è molto più stretta del canale midollare nel quale è inserita. Questo determina un continuo movimento della protesi. Si è pensato, allora, di fissare le protesi con del cemento. Il cemento usato è il polimetilmatacrilato (il cemento dei dentisti in pratica). Tuttora si impasta questo cemento e lo si inserisce dentro il canale midollare; poi si inserisce la protesi. Il cemento si indurisce, aderisce alle pareti osseo e alla protesi bloccandola. Il cemento però dura anni in media e col tempo si crepa e la protesi si mobilizza, dobbiamo ri-protesizzare il pz. Cosa si fa allora? Si usano protesi di diverso tipo. Il nuovo tipo di protesi è la protesi ad ancoraggio biologico. Questa nuova protesi ha un gambo poroso mentre quelle dove aderisce il cemento lo hanno liscio. Cosa si fa durante l intervento? Si cruenta preventivamente con delle raspe il canale midollare, incomincia a sanguinare all interno, dopo metto la protesi porosa. Si ha lo stesso fenomeno della guarigione del tessuto osseo: le cellule si trasformano in cellule ossee e aderiscono alla protesi ancorandola. Queste protesi dovrebbero durare di più ma non abbiamo risolto il problema dei biomateriali ed in più il pz non potrà subito essere messo in carico, dovrò aspettare almeno un mese per farlo muovere ed alzare. Nelle protesi cementate invece si mette in carico subito il pz evitando allettamenti prolungati. Ecco perché le protesi cementate vengono tuttora usate soprattutto per i pz anziani. Esiste una terza possibilità molto più moderna del cemento o della protesi biologica: il Press-fit. Con delle frese si fa in modo che il canale midollare sia conformato 1mm meno del gambo protesico. Si sfruttano le capacità elastiche dell osso: appena metto a pressione la protesi (che ha il diametro 1 mm più grande del canale midollare) dentro il canale, questa aderirà perfettamente alle pareti dell osso. Viene usata solo da qualche anno e bisognerà vedere nel tempo quale sarà la sua performance. Se il press-fit è fatto bene posso mettere subito il pz in piedi, non devo aspettare. La protesi, soprattutto quella a gambo liscio, è detta endoprotesi ed è costituita da un gambo, un collo e una testa. Per evitare i fenomeni di attrito che queste protesi determinano, esistono anche le protesi bi-articolari. FRATTURE DEL COLLO DEL FEMORE Sono già stati trattati i caratteri generali delle fratture. Ogni frattura ha, tuttavia, delle caratteristiche peculiari che dovranno dunque essere esaminate. In termini di incidenza, le fratture più frequenti sono quelle del collo del femore e del polso, entrambe con caratteri distintivi specifici. Fratture del collo del femore Hanno una tipica incidenza al di sopra dei 50 anni, con picco di incidenza intorno alla 6 a - 7 a decade di vita; interessano maggiormente le donne. I meccanismi traumatici che la possono determinare possono essere: Traumi ad alta energia: quali i traumi da cruscotto o, con interessamento a livello delle regioni trocanteriche, traumi da brusche contrazioni muscolari che determinano fratture con meccanismo indiretto da strappamento; Traumi a bassa energia: quali traumi da cadute sul fianco o traumi da semplici movimenti di torsione del tronco sull articolazione dell anca. 11

16 I più frequenti responsabili della frattura del collo del femore sono, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i traumi a bassa energia. Questo è a maggior ragione valido oggi che, con la modifica dei cruscotti delle auto, si è ridotto (senza averlo azzerato) il numero di traumi da cruscotto. I traumi a bassa energia sono i maggiori responsabili di questa frattura a causa dell osteoporosi, ossia un deficit quantitativo e qualitativo del tessuto osseo, che rappresenta un importante fattore predisponente nella popolazione anziana (soprattutto quella femminile). Per valutare l osteoporosi si può utilizzare l indice di Singh che, analizzando il femore prossimale, individua sia situazioni in cui i fasci sono sostanzialmente conservati sia situazioni in cui i fasci tendono a scomparire; in questa progressione è proprio la regione del collo del femore ad essere maggiormente interessata. Altri fattori che impoveriscono i fasci trabecolari sono: la menopausa (in quanto gli estrogeni hanno un ruolo positivo sul metabolismo osseo e quindi una loro diminuzione causa, al contrario, un depauperamento dello stesso) e l utilizzo di farmaci cortisonici (entrambi i fattori sono ovviamente strettamente legati all osteoporosi stessa). È importante inoltre conoscere la vascolarizzazione del collo del femore per l impatto prognostico e terapeutico che questa ha nel caso di alcune non infrequenti tipologie di frattura (v.o.). Il collo del femore è dunque irrorato da: L osteoporosi è una condizione che nella maggior parte dei casi si presente in forma diffusa, pur avendo anche delle varianti localizzate. Il motivo che fa sì che l osteoporosi sia un fattore di rischio per la frattura del collo (e non ad esempio della testa o della diafisi) del femore risiede nella particolare organizzazione trabecolare del collo del femore. A livello del collo del femore si incrociano infatti 3 fasci trabecolari: Fascio cefalico (a); Fascio intertrocanterico (b): dal grande al piccolo trocantere; Fascio arciforme (c). Questi delimitano una zona triangolare nota come Triangolo di Ward (d) che quindi già fisiologicamente non è particolarmente ricca di tessuto osseo; si ha dunque un locus minoris resistentiae che facilmente andrà incontro a frattura in corso di osteoporosi. Arteria circonflessa laterale; Arteria circonflessa mediale: che forma con la circonflessa laterale una rete anastomotica a livello della regione trocanterica; Arteria del legamento rotondo: in realtà molto piccola, passa all interno del legamento rotondo (legamento robusto che connette l apice della testa con il fondo acetabolare); Arteria midollare: di scarsa importanza, proviene dal midollo. Anche se il collo del femore misura circa 4-5 cm si ha la possibilità di individuare due tipi di frattura: Fratture mediali: altrimenti dette fratture intracapsulari, si vengono a determinare all interno della capsula articolare. La capsula articolare si inserisce circa a metà collo (con qualche differenza fra zona anteriore e 12

17 posteriore). Le fratture mediali possono a loro volta essere distinte in: o Sottocapitate: con linea di frattura immediatamente al di sotto della testa femorale; o Transcervicali: o mediocervicali, sono poste più distalmente rispetto alle sottocapitate; Fratture laterali: altrimenti dette extracapsulari, si distinguono in: o Basicervicali: a livello della base del collo del femore; o Transtrocanteriche: o pertrocanteriche, vanno dal grande al piccolo trocantere; o Sottotrocanteriche: al di sotto del massiccio, anatomicamente sono fratture diafisarie alte ma il trattamento è simile a quello per la frattura del collo del femore e quindi sono qui comprese. Per attribuire il corretto grado di Garden bisogna osservare le trabecole della testa e del collo del femore: se queste formano un angolo aperto verso l esterno (in valgo) la frattura è stabile: sotto il carico la testa tende ad incassarsi sul collo senza quindi peggiorare la frattura stessa (ovviamente entro certi limiti); una frattura incompleta ed in valgo corrisponde ad un grado uno. Simile prognosi ha il grado due in cui non si ha scomposizione; grado 3 e 4 presentano invece varismo (angolo formato dalle linee trabecolari aperto verso l interno) e dunque prognosi peggiore in quanto il carico tende a scomporre sempre più la frattura. Esistono anche fratture con linea di frattura che da mediale diventa laterale (rare), in questo caso andranno considerate come mediali, e fratture atipiche; quest ultime hanno decorso sfavorevole e riconoscono all anamnesi l utilizzo di bifosfonati che è probabile (ma è ancora da dimostrare definitivamente) che possano favorire l insorgenza di fratture, per l appunto, atipiche in soggetti predisposti. La sintomatologia può essere differente fra fratture mediali e laterali ma esistono delle eccezioni che possono confondere i due quadri. Il dolore è un sintomo che può essere presente ma spesso non viene adeguatamente riferito trattandosi di soggetti anziani mentre l impotenza funzionale è limitata alle fratture di grado superiore, dato che una frattura di I grado di Garden consente spesso anche la deambulazione. Sia il dolore che l impotenza funzionale sono ugualmente indicativi di frattura laterale e mediale (non si presentano differentemente nei due quadri). È altresì possibile che l insorgenza della sintomatologia sia tardiva rispetto all epoca dell incidente che ha causato la frattura: si tratta in questo caso di fratture ingranate che cedono definitivamente solo tardivamente a seguito dello stress a cui è fisiologicamente sottoposta l articolazione (possono anche andare incontro a scomposizione tardiva). E più tipico delle fratture laterali (a causa dell assenza in quest ultime della capsula articolare che tiene in sede i segmenti ossei) la presenza di arto addotto, accorciato ed extrarotato. Questo tipico comportamento è dovuto alle forze che si distribuiscono sui frammenti ossei: sul grande trocantere si inseriscono i muscoli pelvi-trocanterici che tendono ad extrarotare e alzare il frammento superiore mentre sul piccolo trocantere si inseriscono gli adduttori che in seguito alla frattura adducono corpo femorale e quindi l arto. Altro modo di classificare le fratture è quello individuato dalla classificazione di Garden che dà delle informazioni sulla stabilità della frattura stessa (riguarda le intracapsulari); si individuano: I grado: frattura incompleta ingranata in valgo; II grado: frattura completa e composta; III grado: frattura completa minimamente scomposta; IV grado: frattura completa e scomposta; Iter diagnostico Prevede sostanzialmente anamnesi, esame obbiettivo ed esame radiografico (teoricamente in doppia proiezione ma molto spesso eseguito solo in AP). La TAC e la risonanza magnetica sono invece esami in genere non raccomandati. Tra le complicanze generali tardive (ossia quelle che si verificano dopo 30 giorni) si hanno problematiche 13

18 correlate all allettamento (infezioni respiratorie, urinarie, trombosi e piaghe da decubito); in passato, infatti, queste fratture venivano frequentemente trattate con la trazione transcheletrica e quindi era previsto l allettamento anche per 2 mesi: la frattura del collo del femore aveva dunque una mortalità elevata a causa delle complicanze tardive. Complicanze locali Pseudoartrosi: mancata guarigione del focolaio di frattura; Viziosa consolidazione: con anca vara o valga e quindi con deviazione assiale dell articolazione; Necrosi asettica della testa del femore: complicanza temibile; il termine asettica significa sostanzialmente su base vascolare e non infettiva. Questa complicanza è tipica delle fratture mediali (entrambe le varianti); in quest ultime viene infatti interrotto l afflusso proveniente dalla rete anastomotica formata dalle circonflesse che sono situate alla base del collo femorale. Ne consegue che la testa femorale è in questi casi unicamente vascolarizzata dall arteria del legamento rotondo. Tuttavia nell anziano (al di sopra dei anni) questa arteria, già di per sé molto piccola, è da ritenersi obliterata per i normali fenomeni aterosclerotici. Il frammento della testa viene dunque, in questi casi (frattura mediale e soggetto anziano), ad esser privato di qualsiasi vascolarizzazione e si ha l evoluzione inevitabile verso la necrosi asettica. È necessario dunque ricorrere alla protesizzazione piuttosto che tentare l osteosintesi che si rivelerebbe fallimentare. Tutto questo non succede nel caso di fratture laterali dato che in questo caso la rete anastomotica funzionale viene ad essere ugualmente distribuita fra i due frammenti ossei. Trattamento Fratture laterali: osteosintesi in quanto non si hanno mai problemi di vascolarizzazione. L osteosintesi può essere realizzata: o Con un chiodo-placca: una grossa vite che fa presa sulla testa femorale e u n a p l a c c a che invece si fissa attraverso altre viti più piccole alla diafisi femorale; o Con chiodo endomidollare: intervento oggi più frequente; il chiodo, infisso nel canale midollare attraverso l incisura trocanterica, blocca la frattura attraverso una grossa vite o più viti che si inoltrano verso la testa femorale, può essere stabilizzato con delle viti che lo bloccano a livello diafisario (che possono essere rimosse successivamente, a differenza della restante parte dell impianto). In casi limite si può optare per la protesizzazione anche nel caso di fratture laterali; questo succede quando ci sono difficoltà sia nell infissione del chiodo che nella fissazione della vite placca, o quando è necessario rimettere immediatamente in piedi il soggetto senza che si possa ipotizzare la possibilità che l intervento di osteosintesi realizzi una condizione di stabilità immediata dell articolazione; Fratture mediali: osteosintesi nel soggetto giovane (o comunque di età inferiore ai anni) e protesizzazione per i soggetti anziani (gli interventi vascolari non sono realizzabili in quanto si tratta di vasi piccoli e reti anastomotiche). Nei casi limite (esempio: soggetto di 64 anni ma fisicamente attivo oppure soggetto di 59 anni ma con molti fattori di rischio per l aterosclerosi accelerata) si potrebbe eseguire un arteriografia, anche se non sempre questa dà informazioni tanto precise da permettere di garantire un eventuale riuscita dell osteosintesi. Ciononostante l iter pratico prevede in genere un colloquio con il paziente che deciderà (in modo informato) se rischiare o meno l osteosintesi; quest ultima gli garantirebbe una migliore funzionalità dell articolazione (soprattutto a lungo termine) qualora dovesse andare a buon fine ma lo espone potenzialmente ad un secondo intervento di protesizzazione in caso di necrosi asettica (il secondo intervento in presenza di necrosi non presenta difficoltà superiori rispetto al primo). D altra parte la protesizzazione, soprattutto in virtù del fatto che si tratta per l appunto di soggetti relativamente giovani, ha una durata limitata (10 15 anni) e quindi pone il rischio di un secondo intervento di riprotesizzazione, già di per sé caratterizzata 14

19 da un tasso di successo inferiore rispetto alla prima protesizzazione, in età molto avanzata (80 85 anni), quando potrebbero essere insorte complicanze tali da impedire l intervento stesso. Può aiutare la valutazione del grado di attività del soggetto: un soggetto fisicamente attivo sarà più candidato per l osteosintesi, anche perché l articolazione protesica avrebbe in questi casi una durata inferiore. L osteosintesi è inoltre più economica ma il rischio del secondo intervento fa sì che in pratica convenga direttamente mettere la protesi. In genere il paziente opta proprio per quest ultima. L osteosintesi, quando può essere realizzata, può essere eseguita con delle semplici viti o anche vite-placca. La protesizzazione d anca ha il suo sviluppo negli anni 60 80, può essere: o Endoprotesizzazzione: con la sola componente femorale, le prime utilizzate furono quelle di Moore e Thompson; oggi si utilizzano protesi più all avanguardia con l avvento inoltre delle protesi biarticolari. Si tratta di endoprotesi che hanno una doppia superficie a r t i c o l a r e : u na interna con contatto protesi - cupola protesica ed una esterna con contatto cupola protesica - cavità acetabolare; in pratica il movimento si esegue attraverso lo scorrimento su due piuttosto che una superficie, riducendo in questo modo l usura dovuta all attrito (in realtà alcuni sostengono che l articolazione protesi - cupola protesica si blocchi precocemente e quindi in poco tempo si giungerebbe alla stessa condizione di una protesi monoarticolare); si forma insomma una sorta di articolazione intermedia. La testa, cioè la cupola che si interpone fra la protesi e la cavità acetabolare, è composta da polietilene. o Artroprotesizzazione: con componente femorale (endoprotesi con gambo, collo e testa in ceramica) e cotile acetabolare che viene impiantato a livello del bacino. In realtà queste vengono utilizzate maggiormente per i fenomeni degenerativi (artrosi, artriti etc ) e non nella traumatologia, ma ci sono le eccezioni: ad esempio nei soggetti sessantenni con frattura mediale per i quali si opta per la protesi, è raccomandabile un artroprotesi; quest ultima ha infatti una vita maggiore ed evita i fenomeni di usura a carico dell acetabolo dati dall endoprotesi (si evita quindi anche, oltre a quanto detto prima, un secondo intervento a distanza di 8 9 anni per l impianto della componente acetabolare). I problemi delle protesi riguardano l usura (della protesi e della faccia articolare non protesica) che causa la perdita di sostanza a livello articolare e la stabilità della protesi stessa. Il fenomeno dell usura è strettamente connesso al materiale usato per la costruzione delle protesi: metalli e leghe metalliche in passato, oggi leghe più resistenti ma anche titanio, ossidiana, polimetilmetacrilato (adoperato soprattutto per gli acetaboli) e ceramiche. La stabilità protesica è legata alla geometria dell impianto e alla fissazione con sostanze cementificanti; I sistemi (non mutualmente esclusivi) per fissare una protesi sono: Press fit: ossia l impianto a pressione (la protesi viene battuta all interno del canale) di 15

20 una protesi che aderisce perfettamente al canale midollare, senza dunque l utilizzo di altri mezzi; Cementificazione: attraverso l utilizzo di polimetilmetacrilato che attraverso il calore si scioglie e quindi poi solidificandosi consente un adeguata adesione del gambo protesico stesso all osso, in questo caso il carico può anche essere immediato; Osteointegrazione: che si avvale di utilizzo di protesi con delle porosità sul gambo che attraverso i fenomeni di sanguinamento possono essere riempite dall osteogenesi osteoblastica. Fra le complicanze dovute all impianto della protesi si ha la frattura periprotesica; Esempio: soggetto con protesi e frattura diafisaria immediatamente al di sotto della protesi stessa; in questi casi, oltre a tutte le soluzioni normalmente adoperabili, si può anche optare per la sostituzione della vecchia protesi (soprattutto se ad esempio durante la caduta che ha causato la frattura, o a causa della frattura stessa, la protesi è divenuta instabile) con una nuova che abbia un gambo più lungo (dette protesi da revisione ed usate anche per situazioni di carattere tumorale) che arrivi a comprendere la nuova zona di frattura diafisaria. Se si opta per delle placche, si deve considerare che non si possono mettere delle viti laddove c è la protesi e quindi le placche andranno fissate con dei cerchiaggi (ossia delle propaggini che avvolgono il femore). FRATTURE DEL POLSO Sono le fratture più frequenti in ambito traumatologico. Ne esistono diverse varianti ma le più rappresentate sono la frattura di Pouteau - Colles e la frattura di Goyrand - Smith, detta anche frattura di Colles inversa. La frattura più frequente fra queste è quella di Colles. La sua elevata incidenza è dovuta al meccanismo che la determina, ossia un meccanismo da trauma indiretto per caduta sul palmo della mano in atteggiamo di estensione. Nella Colles classica la rima di frattura interessa la metafisi distale del radio, ma c è anche una frattura per strappamento della stiloide ulnare la quale però non richiede alcun trattamento. Richiede invece trattamento la frattura metafisaria, che è scomposta in modo tipico; si hanno infatti contemporaneamente: incuneamento, radializzazione e dorsalizzazione del frammento distale (ossia l epifisi). Tutti e tre gli spostamenti sono constatabili sia clinicamente che radiograficamente, più nello specifico: Incuneamento: a livello della regione metafisaria si ha osso spugnoso (e non compatto) che facilmente a seguito del trauma determina la compenetrazione dei due frammenti ossei e quindi il loro compattamento ; ne consegue che radiograficamente, in proiezione dorso ventrale, e anche alla palpazione, la linea che congiunge i due stiloidi si orizzontalizza (normalmente invece lo stiloide radiale è più distale rispetto a quello ulnare e quindi la linea bistiloidea è obliqua); Radializzazione: spostamento laterale del frammento epifisario (sul piano frontale quindi); detta anche deformità a baionetta dato che in quest ultima la lama si trova al di sopra della canna del fucile (come la mano che finisce per trovarsi al di sopra dell asse dell avanbraccio); Dorsalizzazione: spostamento dorsale del frammento epifisario (sul piano laterale [Nda: più propriamente sagittale] quindi); detta anche a deformità dorso di forchetta (aspetto a bombé sul piano laterale); si tratta in genere dello spostamento più evidente. Le complicanze immediate di questa frattura sono legate all esposizione dell osso (fenomeno frequente data la superficialità del radio e dell ulna) e all interessamento del nervo mediano (e più in generale di tutte le strutture nervose che passano a livello del polso), che può essere leso a causa della frattura stessa. Le complicanze tardive sono invece: Viziosa consolidazione: frequente, è dovuta al fatto che si tratta di una frattura scomposta; in alcuni casi non si ottiene un adeguata riduzione in altri casi quest ultima viene persa in corso di trattamento (si tratta di una frattura piuttosto instabile ed è raccomandato un controllo radiografico a 7 10 giorni per vedere se la frattura ha perso la riduzione); quando si verifica la viziosa consolidazione si ha un danno estetico e talvolta anche funzionale (soprattutto per quel che riguarda la flesso estensione); Pseudoartrosi del radio: fenomeno infrequente dato che si tratta di tessuto spugnoso molto vascolarizzato, è molto difficile che questa frattura non vada incontro a consolidamento. Il trattamento in prima istanza prevede ovviamente la riduzione (trattandosi di una frattura scomposta). Quest ultima è in genere eseguita con un anestesia locale in estemporanea, ci sono tuttavia dei casi, in cui non si ottiene una riduzione sufficiente, che richiedono una riduzione in narcosi o con trattamento chirurgico. La riduzione viene effettuata con un meccanismo di trazione e contro-trazione: un operatore tiene il braccio fermo mentre un secondo operatore (facendo in modo che il gomito del paziente sia flesso a 90 ) traziona la mano in senso distale, provvedendo contemporaneamente, magari con l aiuto di un terzo operatore, alla ventralizzazione e ulnarizzazione del frammento distale (anche al momento di mettere l apparecchio gessato la mano viene bloccata in atteggiamento di ventro-ulnarizzazione come meccanismo di ipercompensazione per evitare la viziosa consolidazione, dovuta all instabilità della frattura in questione). A seguito della riduzione si procede dunque a mettere l apparecchio gessato. Un apparecchio gessato per funzionare adeguatamente deve bloccare un articolazione a monte ed una a valle; ne consegue che quello qui in causa dovrà bloccare il gomito (a causa dei 16

21 movimenti di prono-supinazione che possono compromettere la stabilità della frattura) e le articolazioni carpo-metacarpali. In genere un apparecchio gessato prende il nome dalle zone che lo delimitano: in questo caso si tratterà dunque di un brachio-metacarpale. Altre tipologie di apparecchi gessati sono: Antibrachio-metacarpale (con gomito libero); Pelvi-podalico (sia mono che bilaterale, è il più grande apparecchio gessato); Mutandina gessata (pelvi-femorale di fatto); Femoro-podalico (dal terzo medio del femore fino al piede); Femoro-malleolare (con piede libero); Gambaletto (dalla gamba al piede). La complicanza più temibile dovuta all utilizzo dell apparecchio gessato brachio-metacarpale è la rigidità del gomito; si tratta infatti, soprattutto nell anziano, di un articolazione particolarmente sensibile all immobilizzazione. Per queste ragioni nel soggetto anziano si dovrà sostituire, dopo giorni, il brachiometacarpale con l antibrachio-metacarpale (dato che si è già formata una minima quantità di callo osseo la frattura è un po più stabile rispetto alla condizione iniziale) che poi sarà tenuto per ulteriori giorni. Nel soggetto giovane si mantiene invece il brachio-metacarpale per 40 giorni (non si pone il problema della rigidità del gomito e inoltre il soggetto giovane tende a muoversi di più e quindi rischia maggiormente di perdere la riduzione della frattura). La frattura di Goyrand - Smith o di Colles inversa è ugualmente causata da un trauma per caduta con mano in atteggiamento di difesa, però in questo caso la mano, piuttosto che essere estesa, è flessa. Ne consegue che le deformità a dorso di forchetta e a baionetta saranno di fatto invertite, si ha dunque palmarizzazione (e quindi deformità a ventre di forchetta ) e ulnarizzazione del frammento distale. Il trattamento è uguale ma in questo caso nell apparecchio gessato la mano verrà bloccata in atteggiamento di dorso-radializzazione (sempre come meccanismo di ipercompensazione). Anche qui, nel soggetto anziano, il brachio-metacarpale dovrà essere sostituito con l antibrachio-metacarpale per evitare la rigidità del gomito. 17

22 DEFORMITÀ CONGENITE Ne possono esistere tantissime che riguardano il nostro organismo; noi ci soffermeremo su quelle a carico del sistema scheletrico. Esiste una suddivisione di tipo classificativo di quelle che sono le deformità congenite (classificazione che non convince il professore) ovvero quella che suddivide queste deformità in: -malformazioni embrionarie; -malformazioni fetali. E una distinzione che viene fatta in base all età del riconoscimento della deformità stessa, cioè se viene riconosciuta entro i tre mesi di vita è di tipo embrionario e se riconosciuta dopo è di tipo fetale. Nella realtà, però, sappiamo che questo tipo di riconoscimento può essere ritardato perciò molte di quelle che sono embrionale in realtà sono fetali. Più importante invece è andare a definire quelle che sono le cause, qualora effettivamente riconosciute, di insorgenza di deformità congenite. Diverse sono le possibili eziologie: -fattori genetici (ereditarietà) molte di esse si verificano nell ambito della stessa famiglia; -fattori tossici (Talidomide, alcool) dell alcool non esistono prove certe. Per i farmaci, e nello specifico per la Talidomide, è stato un farmaco antiemetico (fine anni 50-inizio anni 60) utilizzato proprio in gravidanza per la nausea, e si è visto che l isomero di questo farmaco è responsabile di gravissime alterazioni a carico degli arti superiori con quadri di focomelia o di amelia. E stato ritirato nel 61 e oggi è stato riproposto come antidepressivo; -fattori infettivi (Rosolia, TORCH, che se contratta in gravidanza può essere responsabile di deformità); -fattori meccanici (briglie amniotiche) legato al malposizionamento del feto in cavità uterina. Queste deformità congenite possono essere distinte in base alla sede in cui sono localizzate, parleremo quindi di deformità a carico della colonna vertebrale. E abbiamo, in generale, sinostosi, emispondilia, schisi vertebrale, mielomeningocele, sacralizzazione della V vertebra lombare, costa cervicale, spondilolisi e spondilolistesi: (1) (2) - sinostosi fusione di due o più vertebre; [fig.1] - emispondilia dal momento che il processo di sviluppo di una vertebra o di un corpo vertebrale avviene secondo due metà, cosa si viene a verificare? Il corpo vertebrale è caratterizzato da due nuclei di accrescimento (dx e sx); se uno di quest ultimi risulta essere ipoplastico o addirittura assente, ne deriva che la vertebra assume una forma triangolare ; [fig.2] -schisi vertebrale è una mancata chiusura, una separazione della vertebra. Questo fenomeno di sviluppo su due fronti (il destro e il sinistro) viene anche a verificarsi a livello della porzione posteriore della vertebra, per cui il canale è dapprima aperto e poi tende a richiudersi. Nel caso di una interruzione di quella che è la porzione posteriore del canale vertebrale si parla appunto di schisi, con conseguenti patologie che ne possono derivare. 18 Di mielomeningocele ne parliamo più avanti perché è, per l appunto una conseguenza della schisi vertebrale. - costa cervicale le coste sono normalmente ancorate al tratto vertebrale dorsale e non a livello del tratto cervicale, quindi

23 questi soggetti sviluppano in maniera anomala un abbozzo o addirittura una costa vera e propria nella porzione superiore e quindi in corrispondenza della settima vertebra cervicale. Talvolta possono esserci abbozzi che risalgono più sopra. Normalmente non danno problemi, e se particolarmente sviluppate devono essere asportate poiché possono dare fenomeni di compressione su vasi e nervi all origine del collo. La sinostosi a livello cervicale è in grado di provocare la sindrome di Klippel-Feil, detta anche sindrome degli uomini senza collo, per cui il collo risulta accorciato e incassato a livello del torace. Vi è, appunto, la fusione di due o più vertebre cervicali. Nel quadro di emispondilo, invece, se ho una vertebra di questo tipo, ne deriverà il fatto che la porzione superiore si svilupperà in senso laterale. Nella schisi vertebrale invece, la mancata chiusura del canale vertebrale può essere assolutamente silente o ne può derivare una patologia grave: il mielomeningocele. Durante la fase embrionale, di sviluppo del feto, la mancata chiusura del canale vertebrale provoca la fuoriuscita di quello che è il suo contenuto, all esterno. Il mielomeningocele si verifica soprattutto nelle porzioni più basse del tratto lombare e comporta la fuoriuscita del midollo con tutte le sue meningi. E una patologia che può essere particolarmente grave che deve essere trattata chirurgicamente nell immediato ed è inoltre una patologia che può arrecare un grave danno alle strutture nervose, tanto che i soggetti affetti possono avere delle grosse limitazioni funzionali degli arti inferiori, nonostante siano soggetti che possono essere trattati, nell immediato, chirurgicamente per inserire una protesi. Poi spesso si associa idrocefalo per cui viene messa anche una valvola per evitare una situazione di ipertensione. - Sacralizzazione V vertebra i soggetti che hanno un anomalia di questo tipo presentano un quadro clinico caratterizzato dal fatto che manca l ultimo disco intervertebrale e la V vertebra si fonde con il sacro. E un anomalia che di solito non da grandi problemi, può essere talvolta misconosciuta, e che talvolta può essere responsabile di lombalgia. Clinica La spondilolisi è una patologia che spesso non viene riconosciuta o meglio viene diagnosticata nel momento in cui il soggetto compie degli esami radiografici per altri motivi. Questo accade perché tale interruzione dell istmo, in qualunque sede si viene a verificare, è, di solito, asintomatica. In taluni casi, invece, è responsabile di una lombalgia con limitazione funzionale; tuttavia resta sempre il dubbio, visto che la lombalgia può essere provocata da cause estremamente diverse, che sia ascrivibile alla spondilolisi o ad altre patologie. Diagnosi È abbastanza tipica, ma richiede una proiezione diversa rispetto a quelle che sono le proiezioni standard che abbiamo detto essere quelle di visione antero-posteriore e latero-laterale. Più precisamente è necessario compiere una proiezione obliqua che viene tipicamente a mettere in evidenza il cosiddetto cagnolino. Nel caso di spondilolisi, si ha la decapitazione di questo cagnolino. La decapitazione del cagnolino è un segno tipico e significativo della spondilolisi. Terapia Per quelle che sono le forme asintomatiche, non si fa quasi nulla se non una ginnastica posturale con conseguente rafforzamento della muscolatura veretebrale, un rinforzo dei muscoli addominali per un miglioramento della stabilità della colonna. Si tratta comunque di soggetti che hanno una situazione deficitaria per cui è preferibile che non compiano determinati tipi di attività (sportive o lavorative) che determinano un sovraccarico della colonna, come sollevamento pesi, ginnastica artistica, lotta ecc. Le forme sintomatiche sono abbastanza rare e si trattano con una terapia medica sintomatica come antinfiammatori, biorilassanti, busto ortopedico per stabilizzare la colonna. Nei casi estremi si opta per un trattamento chirurgico (raro, artrodesi postero-laterale). SPONDILOLISTESI Alla base della spondilolistesi ci sta una spondilolisi bilaterale. E un interruzione, della regione istimica, da un lato e dall altro. La spondilolistesi comporta un vero e proprio disancoraggio del corpo vertebrale dall arco neurale, per cui questo corpo vertebrale tende a scivolare biomeccanicamente in avanti. Il termine listesi significa, appunto scivolamento. Deformità che hanno una certa rilevanza sono la spondilolisi e la spondilolistesi. SPONDILOLISI E un interruzione che si viene a verificare in una porzione precisa dell arco neurale, ovvero a livello dell istmo. E la porzione che risulta essere vicina o di passaggio fra l inizio dell arco neurale e il corpo vertebrale. Vi è un incidenza maggiore nella razza bianca e la vertebra che risulta maggiormente compromessa è l ultima vertebra lombare. Eziopatogenesi Le cause che determinano una spondilolisi sono diverse. A livello dell interruzione non abbiamo tessuto osseo ma abbiamo tessuto di tipo fibroso. Classificazione in base all origine della spondilolistesi -istmica; -displasica/congenita; -degenerativa; -traumatica; -patologica; -post-chirurgica. Le ginnaste o i contorsionisti, per poter fare determinati movimenti, hanno una spondilolistesi provocata (traumatica), altrimenti non riuscirebbero a fare quei movimenti che non sono fisiologici. La spondilolisi può diventare bilaterale causando appunto spondilolistesi, in particolare è il caso in cui un soggetto con spondilolisi si sottopone ad eccessivi sforzi a causa della colonna, causando una spondilolistesi traumatica. Classificazione in base all entità dello scivolamento -I stadio (scivolamento minimo); -II stadio; 19

24 -III stadio; -IV stadio (scivolamento completo, il rapporto tra le due vertebre soprastante e sottostante viene perduto). Anatomia patologica - Scivolamento di vario grado; - Vertebra a forma trapezoidale; - Disco intervertebrale degenerato e schiacciato; - Incostante interessamento della radice nervosa. A quel livello abbiamo l emergenza delle radici; questo tipo di fenomeno può determinare un danneggiamento di quelle che sono le strutture nervose. Questo non accade così spesso come possiamo immaginare perché il processo listesico è abbastanza lento e non repentino. Se mi dovessi trovare davanti a un quadro del genere, di tipo traumatico, avrei senz altro un danno nervoso. Mentre invece nel processo listesico, grossomodo, la lentezza del processo preserva la struttura nervosa. Clinica - Sensazione dello scalino (se andiamo a palpare le apofisi spinose delle vertebre troviamo che a livello della vertebra scivolata sarà molto più infossata rispetto al normale quindi sentiremo un vero e proprio scalino); - Infossamento mediano in sede lombare con iperlordosi; - Lombalgia o lombosciatalgia in base al tipo di interessamento nervoso (più frequente rispetto la semplice spondilolisi). artrodesi posteriore che non richiede mezzi di sintesi, oppure ancora nei casi più lievi utilizzare un busto per poi intervenire chirurgicamente. DEFORMITÀ TORACE E ARTI Per quanto riguarda il torace, una deformità può essere il cosiddetto torace a imbuto dovuto a una introflessione di quella che è la parte più distale dello sterno. Tale deformità ha soltanto un aspetto estetico e non funzionale. Allo stesso modo abbiamo una deformità inversa ovvero il torace carenato (petto escavato). Imaging Attraverso il quadro di RM, TC e RX possiamo apprezzare - Grado di slittamento (quindi andare a classificare in gradi il tipo di spondilolistesi); - Riduzione dello spazio intersomatico; - Lisi istmica (che coinvolge tutti e due gli istmi); - Restringimento del forame di coniugazione (con il conseguente danno nervoso che ne può derivare). Prognosi Esiste una fortuna per chi è affetto da questo tipo di patologia e cioè che lo scivolamento si stabilizza intorno ai anni. Lo scopo di tutte quelle che sono le forme di trattamento è grossomodo quello di raggiungere quest età, laddove si ha una vera e propria stabilizzazione della listesi e quindi non si ha un ulteriore peggioramento. Terapia Dipende strettamente dal grado di scivolamento stesso: - Listesi sintomatica <25% rispetto al corpo della vertebra vicina: busto ortopedico; -Listesi sintomatica >25%: busto ortopedico o artrodesi posteriore (trattamento chirurgico in cui si riallineano le vertebre l una sopra l altra, si porta via il disco e la cartilagine articolare, la si fa sanguinare e le vertebre si fondono, stabilizzandosi in maniera definitiva. Si può fare un artrodesi anteriore o posteriore in base a dove viene a svolgersi, sul corpo vertebrale o sull arco neurale e principalmente sulle apofisi spinose); - Listesi sintomatica >50%: riduzione della vertebra listesica e stabilizzazione con dei mezzi di sintesi, in questo caso sintesi al sacro con placca e viti transossee. Oppure si può ricorrere ad una 20 Scapola alta congenita O deformità di Sprengel, che va in diagnosi differenziale con la scoliosi. In questa deformità le scapole hanno nell ambito della vita fetale un decorso che le porta alla loro posizione definitiva. In pratica questa scapola, all inizio, risulta essere nella parte più alta del torace e sono grossomodo orizzontali. Man mano che il feto si sviluppa, si portano verso il basso e tendono ad essere verticali. Se si instaura una deformità e un arresto di questo processo avviene che una scapola resta più alta e più piccola rispetto alla controlaterale. Con un RX me ne rendo subito conto perché vedo la scapola più alta e più piccola e quindi vado a fare diagnosi differenziale con tutte quelle patologie che possono dare questa situazione. Per quanto riguarda le alterazioni che riguardano gli arti distinguiamo le ectromelie (dal greco ectros, mancanza) trasversali e longitudinali: si tratta di deformità in cui si evidenzia la mancanza di qualche parte. -ectromelie trasversali abbiamo amelia (assenza totale dell arto), focomelia (mancanza della parte prossimale, cioè il braccio direttamente attaccato al torace), emimelia trasversale (mancanza della parte terminale dell arto ad esempio una mano); -ectromelie longitudinali si verificano laddove sono presenti due ossa lunghe quindi o a livello dell avanbraccio o della gamba quindi mancanza di radio o ulna o di tibia o perone. Tale mancanza può non essere assoluta ma possono esserci degli abbozzi che non si sono sviluppati ma che funzionalmente non sono validi. A carico della mano

25 Innanzitutto in visione laterale, fra l asse della gamba e del piede, in situazione normale, si forma un angolo di 90 ; se quest angolo risulta essere aumentato parliamo di piede equino (piede del cavallo che poggia solo sull avampiede e perciò ha bisogno dello zoccolo); se al contrario l angolo viene ridotto parliamo di piede talo. A livello del retropiede, se osserviamo il piede da dietro, abbiamo la possibilità di visualizzare l asse della tibia e l asse del calcagno: fisiologicamente i due assi non si sovrappongono ma c è un valgismo di circa 3-4 gradi, detto appunto valgismo fisiologico (più accentuato nella donna rispetto all uomo). Se questo valgismo è di gradi, parliamo di valgismo di retropiede, -Ectrodattilia (mancanza di una o più dita); -Sindattilia (fusione di due o più dita che può essere di tipo osseo o cutaneo con aspetto palmato ); -Polidattilia (la presenza di dita sovranumerarie); -Camptodattilia (atteggiamento in flessione del dito, si apprezza su campo laterale); -Clinodattilia (deviazione laterale rispetto all asse del dito, si apprezza su campo frontale). Piede torto congenito (ptc) In ambito ortopedico, ci stanno tre deformità che risultano essere più importanti alla luce, soprattutto, di quella che è la loro frequenza. E queste tre sono rispettivamente date dalla displasia congenita dell anca, piede torto congenito e torcicollo miogeno congenito. Il PTC risulta essere la seconda deformità per incidenza. E presente sin dalla nascita ed è caratterizzata da un tipico atteggiamento vizioso del piede che riconosce, all origine, un modificato rapporto tra quelle che sono le ossa dello scheletro del piede stesso. Quindi il danno iniziale, è un danno scheletrico, danno da cui, poi, ne deriva un ulteriore danno di tutte quelle che sono le strutture vicine e quindi vengono ad essere coinvolte le capsule articolari, legamenti, tendini e fasce muscolari. Ma inizialmente il danno è scheletrico. Per potere correttamente parlare di quelle che sono le varietà cliniche di PTC bisogna fare un richiamo di tipo anatomico, cioè richiamare determinati termini che sono adoperati. se al contrario questo angolo dìsi annulla o si inverte, parliamo di varismo del retropiede. Stessa situazione per quanto riguarda l asse dell avampiede con l asse del retropiede: normalmente questi due assi vengono esattamente a coincidere; nel momento in cui si apre un angolo verso l interno parliamo di avampiede varo o addotto se invece si apre verso l esterno avampiede valgo o abdotto. Infine, se al faccia plantare viene a guardare verso l esterno, noi parliamo di piede pronato, se invece la faccia plantare guarda verso la linea mediana, verso l interno, si parla di piede supinato. Le varietà cliniche fanno riferimento a questi termini. Il PTC è una deformità abbastanza frequente con un incidenza di 1 su 1000 neonati. Varietà -piede equino-varo-addotto-supinato; -piede talo-valgo; -metatarso addotto; -piede reflesso valgo (a dondolo). 21

26 Piede equino-varo-addotto-supinato E la varietà più frequente di PTC, infatti circa il 70-80% sono riconducibili a questa varietà. Viene ad avere una predilezione verso il sesso maschile rispetto al sesso femminile, e probabilmente c entra l ereditarietà. E spesso bilaterale: non è detto che quando c è bilateralità vuol dire che sono dello stesso tipo, infatti può capitare che un piede è equino-varo-addotto-supinato da un lato e talo-valgo dall altro, o quantomeno le gravità possono essere diverse. Quindi non è automatico che la bilateralità sia condizionata dallo stesso tipo di deformità. Il piede ha un tipico atteggiamento, che di fatto, viene ad attorcigliarsi su se stesso, all interno, proiettandosi verso il basso. Immaginate un piede normale che improvvisamente comincia ad avvolgersi come un elica portandosi verso l interno e verso il basso. Questo piede presenta contemporaneamente l equinismo (la punta rivolta verso il basso), il varismo (a livello del retropiede, il calcagno si inclina medialmente), l adduzione (anche l avampiede si porta all interno seguendo questo meccanismo di rotazione), supinato (la faccia plantare del piede guarda verso l interno). Da qui la definizione equino-varo-addotto-supinato. Quindi sarebbe un piede che se dovesse andare in carico, caricherebbe sulla punta del piede, e ammesso che ciò consentisse movimento, caricherebbe sul margine esterno del piede. La teoria che risulta oggi essere maggiormente di moda, tra tutte le teorie eziopatogenetiche è la teoria germinale cioè quella ereditaria. Danno anatomo-patologico -deviazione mediale e plantare dell astragalo (scivola internamente); -varismo, equinismo e supinazione del calcagno; -sub-lussazione mediale dello scafoide e del cuboide; -adduzione dell avampiede; -retrazione del tendine d Achille (accorciato). Quest ultimo danno è importante perché responsabile dell equinismo, che è la deformità più grave, poiché il soggetto col piede equino non può camminare perché durante la fase di stacco, il piede striscia per terra. Quando io sollevo il piede ho la necessità di portare la punta verso l alto, altrimenti questa punta mi ostacola nella fase deambulatoria. Quadri clinici -PTC 1 grado deformità modesta correggibile, cioè che se afferrato con le dita, riusciamo a portarlo in posizione corretta. Bisogna tener presente che un bambino con PTC, ha un piede estremamente contratto e rigido, e se noi riusciamo a vincere questa rigidità portando il piede in posizione anatomica normale, allora avremo questa correggibilità del piede, importante anche ai fini prognostici. -PTC 2 grado piede e gamba formano un angolo di 90 resistente alla correzione. Qui la correggibilità è molto più difficile da ottenere. -PTC 3 grado asse di tibia e asse di gamba formano un angolo inferiore ai 90. Estremamente grave e non è possibile conseguire una correzione. Non si corregge totalmente, è plastico, cioè tu lo correggi ma tende a ritornare, infatti vedremo cosa bisogna fare. Proprio perché è rigido devo avere quella plasticità che mi consente la correzione. Prognosi Condizionata dalla tempestività del trattamento Trattamento E allora quando deve essere trattato un piede torto congenito, in questo caso piede equino-varo-addotto-supinato, ma valido per tutte le situazioni? Nella maniera più tempestiva possibile. La diagnosi viene fatta alla nascita e il trattamento deve essere quanto più immediato possibile, sin dal giorno dopo della nascita stessa, magari. 22 Nelle primissime fasi è possibile agire con quelle che sono le cosiddette manipolazioni: cioè si afferra il piede del bambino con una mano o con delle dita, visto che le sue dimensioni sono veramente piccole, e bloccando la gamba si riporta il piede manualmente in posizione, vedendo di elasticizzare quelle che sono le strutture che invece portano alla deformità. E chiaro che quanto più questo lavoro viene svolto tanto migliore è il risultato, ma è chiaro anche che questo tipo di manovre, questo tipo di manipolazioni (il termine corretto che deve essere adoperato), possono essere svolte dall ortopedico la prima volta, dal fisioterapista la seconda, terza, quarta, quinta volta, ma dopo di che è chiaro che non possono essere svolte in maniera costante durante tutto l arco della giornata, e allora si educa il genitore (la madre) a fare questo tipo di manipolazione. Nell ambito adesso di quelli che sono i casi più gravi e di quelli che invece sono i casi più lievi, che non vengono trattati con manipolazioni corrette, perché non è che si può fare tanto riferimento alla madre, perché il bambino piange e allora la madre si sente in colpa e non le fa, di fatto, queste manipolazioni, e allora bisogna ricorrere a qualcosa di diverso. Ci troviamo di fronte ad un bambino piccolo, non lo possiamo trattare immediatamente da un punto di vista chirurgico, ricorriamo agli apparecchi gessati. Quindi si confezionano degli apparecchi gessati che in effetti è un gambaletto. In realtà perché il gambaletto è insufficiente? Perché non blocca l articolazione e a me interessa bloccare l articolazione del ginocchio per il tendine di Achille. I gastrocnemi si inseriscono al di sopra del ginocchio, e quindi io devo andare a bloccare il ginocchio in flessione, in maniera tale che mi detende il tendine d Achille, perché se quest ultimo continua a tirare, il piede equino era ed equino resta. Gli apparecchi gessati devono essere fatti in correzione, forzando il piede quanto più possibile e cercando di mantenerlo in quella posizione. Situazione che mi viene a creare due problemi: il primo, sono degli apparecchi gessati molto stretti; secondo, il bambino cresce. Sono talmente stretti, ritornando al primo problema, che molto spesso li faccio senza cotone di Germania, proprio perché devono essere molto contenitivi, ma tenete presente che questi apparecchi gessati possono facilmente andare ad usurare la cute, molto delicata, del bambino, onde per cui questo non è un apparecchio gessato che posso mantenere per 40 giorni come l apparecchio gessato nelle fratture di polso, ma è un apparecchio gessato che deve essere, invece, controllato entro periodi di tempo molto brevi. E un apparecchio gessato che ogni giorni deve essere aperto, per controllare la situazione cutanea, per poi rifare un nuovo apparecchio anche alla luce dell accrescimento corporeo che questo bambino ha avuto. Se anche questo tipo di trattamento non dovesse avere successo, allora si passa al trattamento chirurgico. Trattamento chirurgico Di vario tipo, ovviamente, a seconda della gravità. Deve essere fatto anche in maniera abbastanza precoce e nell allungamento del tendine d Achille, come vi dicevo poc anzi. E un allungamento che viene fatto normalmente a Z cioè si seziona longitudinalmente il tendine con una caratteristica incisione a Z, in maniera tale da formare due emitendini che devono essere fatti scorrere l uno sull altro e poi successivamente suturati. Il risultato è che il tendine si allunga. I due emitendini sono più che sufficienti anche perché poi si riforma tutto quanto. E chiaro che una situazione di questo genere la devo pure andare a bloccare, quindi devo fare un apparecchio gessato per non perderla. Il tendine di achille è molto grosso, non ci sono problemi. Si fa anche nell adulto a volte. E il tendine più grosso che abbiamo nel nostro organismo. Se parliamo di un gracile o un semitendinoso è diverso rispetto che al tendine d Achille. Tieni presente che questi qui non vanno in carico sono piccoli, quando vanno in carico hanno dei pesi abbastanza minimi. E poi tieni conto anche

27 delle capacità rigenerative del bambino, che non sono quelle dell adulto. Quindi riforma subito l emitendine mancante. Piede talo-valgo Opposto al piede equino-varo-addotto-supinato. Qui la punta del piede è rivolta verso l alto e verso l esterno. E una varietà molto più rara rispetto al piede equino-varoaddotto-supinato e soprattutto è una varietà molto meno grave rispetto alla precedente. Questo tipo di piede di solito tende a risolversi quasi spontaneamente nel momento in cui il bambino va in carico; quindi ha una prognosi senz altro più favorevole rispetto alla precedente. Anch esso è un piede molto contratto. E mono o bilaterale e può essere associato ad altri tipi di deformità. Facilmente correggibile con le manipolazioni che vengono sempre fatte, o altrimenti con delle docce. Non c è bisogno qui di fare degli apparecchi gessati chiusi, a noi serve solo che il piede sia schiacciato plantarmente. Metatarso addotto (o varo) Altra deformità che riguarda soltanto l avampiede: è una deformità tutto sommato poco frequente, che è caratterizzata per l appunto da una deviazione verso l interno dell avampiede; non dà, di solito, grandi problemi. L unico problema che realmente può venirsi a verificare è quello che questi soggetti sono costretti a spendere tanti soldi per cambiare scarpe, perché tendono a deformarle molto precocemente. La terapia è sempre la stessa. Piede reflesso valgo (a dondolo) E la varietà più grave in assoluto di PTC. Chiamato così perché è un piede in cui la volta plantare longitudinale risulta essere invertita. Se questo piede dovesse andare in carico, e purtroppo se questi soggetti crescono ci va, invece di poggiare, come normalmente dovrebbe accadere, sul calcagno e sulle teste metatarsali, è un piede che va a poggiare su quelle che sono le ossa del mesopiede che non sono preposta al carico, e che quindi danno dolore, se non frattura. Qual è il vero problema di questo piede? Che anche dal punto di vista chirurgico è molto difficile da affrontare ed è molto difficile da migliorare, onde per cui vengono essere trattati chirurgicamente ma con risultati spesso mediocri: è in assoluto un piede molto grave. Piede piatto Un piede congenito, nella maggior parte dei casi, ma non rientra nell ambito di queste forme qui perché interessa soltanto la volta plantare. In generale sì e no ma non parliamo del piede piatto, sennò dovremmo parlare anche del piede cavo. Comunque bisogna vedere se il bambino nasce con il piede piatto perché magari ha un tessuto adiposo particolarmente sviluppato nella volta plantare, quindi la diagnosi del piede piatto non la si può fare immediatamente ma a distanza di tempo. 23

28 DISPLASIA CONGENITA DELL ANCA Malformazione a carattere evolutivo consistente in un anomalia di sviluppo dell intera articolazione dell anca. Se non trattata, può determinare la perdita di rapporto fra i capi articolari (testa femorale e cavità acetabolare) e quindi il quadro franco di lussazione congenita dell anca. diafisi del femore. Nel femore di un adulto è di (valori normali). Durante la vita intrauterina è di (valgismo fisiologico dell anca fetale). Si deduce che l angolo si riduce man mano che il feto si accresce fino a raggiungere i valori dell adulto precedentemente citati. Se tale processo maturativo non giunge a termine, il soggetto nasce con un residuo di valgismo, cioè con angolo cervico-diafisario più ampio del normale. Coxa valga: angolo >140 Coxa vara (non si determina nella displasia congenita dell anca): angolo <120 Nella figura angolo cervico-diafisario o di inclinazione. Questa articolazione durante la vita fetale subisce delle profonde trasformazioni che si completano subito prima della nascita. La displasia congenita dell anca e i quadri clinici associati sono, quindi, quadri di immaturità o mancato raggiungimento della completa maturazione delle componenti articolari. Il processo maturativo di quest articolazione segue delle tappe; se queste non sono ultimate al momento della nascita, il neonato presenta una situazione di immaturità, che riguarda sia l epifisi prossimale del femore sia la cavità acetabolare. Altro angolo che viene a modificarsi con la maturazione del feto è l angolo di antiversione (del collo femorale) o di declinazione che è compreso tra l asse passante per i condili femorali e l asse del collo. Quest angolo è normalmente di (da slide circa 20 ). Anch esso (come quello precedente) è più ampio durante la vita intrauterina, durante la quale da un valore di (si parla di antiversione del collo del femore fetale) si riduce gradualmente fino ai valori del rigo sopra. In caso di displasia congenita dell anca (mancata maturazione) l angolo di antiversione sarà maggiore del normale alla nascita. Se tale condizione di immaturità non è risolta dopo la nascita (considerando anche l avvento di eventuali ulteriori situazioni successive alla nascita), essa può determinare la completa perdita di rapporto tra i capi articolari o lussazione. La displasia non è sinonimo di lussazione ma indica una condizione di immaturità. Quadri anatomo-clinici associati Prelussazione Epidemiologia Lussazione franca Lussazione inveterata La displasia congenita dell anca è una condizione frequente. Predilige la razza bianca e il sesso femminile (questo fa pensare che abbia origine per un danno di tipo cromosomico). In Italia la prevalenza è maggiore nelle regioni del Nord. Processo di maturazione articolare L angolo di antiversione è quello nella parte superiore dell immagine. Il femore è visto dall alto. Un soggetto affetto da displasia congenita dell anca presenta quindi un aumento sia dell angolo di inclinazione che dell angolo di antiversione: in altre parole, avrà un anca valga e antiversa. Si ricorda che acetabolo e cotile sono sinonimi. Anche l acetabolo subisce processi di trasformazione maturativa. Nelle fasi iniziali l acetabolo è poco coprente la testa e molto verticale. Con la maturazione l acetabolo tende ad avvolgere la testa fino a coprirla interamente. Alla nascita normalmente la testa è interamente coperta dall acetabolo. Nella displasia dell anca parte della testa del femore non è coperta dall acetabolo. L articolazione dell anca subisce trasformazioni durante la vita intrauterina. L epifisi prossimale del femore subisce soprattutto due modificazioni, mentre la cavità acetabolare una. La prima trasformazione riguarda l angolo cervico-diafisario (vedi figura sotto) compreso tra l asse del collo e l asse della 24

29 Quadri anatomoclinici Fra tutti quello di pre-lussazione è quello più frequente. Si associa ad un immaturità non molto avanzata. La lussazione congenita dell anca corrisponde ad un immaturità più avanzata. La lussazione inveterata riguarda soggetti più avanti nell età. Pre-lussazione Viene riconosciuta dalla nascita al 6-8 mese di vita. Quadro anatomopatologico: Segni clinici Ipoplasia ed inclinazione (nel senso di verticalizzazione) del tetto cotiloideo o acetabolare che risulta essere poco coprente la testa femorale Scarso sviluppo della testa femorale (il concetto è estendibile all epifisi prossimale del femore) Persistenza o accentuazione degli angoli di inclinazione e antiversione fetali Lassità capsulare Atteggiamento dell arto che risulta essere in valgismo ed extrarotazione (da slide: tendenza all extrarotazione dell arto). Asimmetria delle pliche glutee e della coscia Deviazione della fessura vulvare (maggiormente colpito il sesso femminile) Tali segni clinici non sono patognomonici per fare diagnosi. Per la diagnosi è necessario effettuare l esame clinico. Non abbiamo esami strumentali che ci possano riferire sulle condizioni effettive dell anca. La radiografia e l ecografia non ci fanno vedere nulla (in realtà tutto è relativo all età del paziente; è fondamentalmente vero considerando che il paziente è solitamente il neonato con pochi giorni o mesi di vita). Quindi la diagnosi di pre-lussazione è clinica. Patognomonico è, invece, il segno dello scatto apprezzabile attraverso l esecuzione della manovra di Ortolani: il bambino è in posizione supina con anca e ginocchio flessi a 90 ; l operatore pone le dita nella regione trocanterica e fa compiere movimenti di intra-extrarotazione dell anca con l altra mano. Nella situazione di displasia dell anca la mancata contenzione (cioè un immobilizzazione forzata) del tetto acetabolare fa sì che la testa femorale tenda spontaneamente a fuoriuscire venendosi a trovare sul ciglio cotiloideo (o margine acetabolare), cioè in una posizione al limite ( mezza dentro e mezza fuori ); i movimenti di intra-extrarotazione determinano il passaggio della testa femorale all interno o all esterno dell articolazione. Più nello specifico l extrarotazione corrisponde ad una riduzione, cioè determina un riposizionamento della testa all interno dell acetabolo o migliore centratura della testa femorale all interno della cavità acetabolare; l intrarotazione facilita, al contrario, la fuoriuscita della testa. Nel passare sul ciglio cotiloideo la testa femorale produce uno scatto, un clic apprezzabile palpatoriamente e uditivamente. Esistono altri segni meno significativi: Segno della pompa: pz in posizione supina; ginocchio flesso a 90 ; si afferra la coscia e si fa compiere un movimento di tipo prossimo-distale; tale movimento, in un paziente con displasia (sempre per il discorso del mancato contenimento già citato), provoca un alternanza di fuoriuscita-rientro della testa femorale dalla cavità acetabolare (l operatore avverte una possibilità di movimento della testa abnorme) Segno della squadra: posizione prona; a ginocchio flesso, si extraruota l arto inferiore; in condizioni normali tale movimento è limitato e, ad un certo livello, si blocca; in caso di anca valga e antiversa, questo movimento è molto più accentuato (può far giungere la gamba a toccare il bordo del letto) Segno di Savariaud: si effettua con il paziente inizialmente in posizione supina; si fa passare in posizione seduta: la conseguente contrazione dei muscoli pelvi-trocanterici fa sì che il femore sia tirato verso l alto. Nel soggetto displasico si nota un accorciamento (minimo ma apprezzabile) dell arto. I nuclei di ossificazione dell anca non sono osservabili prima dei 3-4 mesi di vita. Non si può aspettare questo periodo per la diagnosi ed il trattamento che devono essere precoci (da qui l importanza dei segni clinici nella prelussazione). Trascorso questo tempo, l RX risulterebbe utile. Il quadro radiografico della pre-lussazione è riassunto dalla triade di Putti: Lussazione Sfuggenza e aumentata inclinazione del tetto acetabolare ( è più verticale; ha un angolo di 45 invece che di 30 ; copre e contiene molto meno la testa femorale ) Ipoplasia o mancanza del nucleo della testa femorale Allontanamento (lateralizzazione) del nucleo di accrescimento dell epifisi prossimale del femorale dal fondo dell acetabolo Quadro che si manifesta dopo il 1 anno di vita nei casi di displasia congenita dell anca non trattati e, talora, nonostante un trattamento. Il periodo temporale è spiegabile facendo riferimento all inizio della deambulazione (è un evento ritardato in questi soggetti): nel momento in cui il bambino assume la posizione eretta, la contrazione dei muscoli pelvi-trocanterici facilita la lussazione dell anca. Si instaura per il persistere della incongruenza articolare. Quadro anatomo-patologico La testa risale oltre il ciglio cotiloideo (lungo le pareti laterali del bacino) Ipoplasia, valgismo e antiversione accentuati del collo del femore 25

30 Segni clinici Presenza della doccia di migrazione, cioè un solco lungo il percorso di risalita della testa del femore (si parla del bacino di bambini molto piccoli: le ossa sono molto plastiche) Deformazione della testa femorale (dalla forma normale rotondeggiante diventa a cappello frigio) Deformazione della capsula articolare (a clessidra) Aderenze peri-cefaliche della capsula Obliterazione della cavità acetabolare dovuta ad iperplasia del pulvinar (tessuto fibroadiposo sul fondo acetabolare); esso può costituire un ostacolo alla riduzione della testa femorale. Extrarotazione ed accorciamento dell arto Deformità del profilo dell anca lussata (altezza dei grandi trocanteri: uno più alto dell altro) Ritardo dell inizio della deambulazione Segno di Trendelemburg positivo (durante la deambulazione) Questi soggetti camminano nonostante la testa femorale si sia andata ad alloggiare nella parte esterna del bacino e si sia formato un neocotile. Il movimento viene ad essere svolto nell ambito di un articolazione che, di fatto, non lo è (perché manca della cartilagine articolare) e che va incontro nel giro di pochissimo tempo a modificazioni degenerative di tipo artrosico. La situazione di immaturità coinvolge anche i muscoli glutei. Essi sono fondamentali per mantenere il bacino in equilibrio nella fase di stacco del piede dal suolo durante la deambulazione. I soggetti con displasia dell anca associata a lussazione hanno un (non capisco se ipotono o ipotrofia) dei muscoli glutei: si ha la caduta del bacino durante la deambulazione (precisamente in appoggio monopodalico) e quindi il segno di Trendelemburg positivo. Sarà possibile palpare la testa del femore nella sua nuova sede iliaca Quadro radiografico L ogiva di Shenton si interrompe: essa è un arco (o linea curva) formato dal margine inferiore dell epifisi prossimale femorale (dal piccolo trocantere segue il margine inferiore del collo femorale) e dal margine inferiore della branca ileo-pubica (il prof dice ischio-pubica) Aumentata sfuggenza del cotile (diventa più verticale) Aumentata deformità della testa ed ipoplasia del collo del femore Eventuale presenza di neocotile (nel caso in cui la testa si scavi una nicchia nella sua nuova posizione assunta nel bacino) Lussazione inveterata E il quadro anatomo-clinico più grave. Si manifesta nei casi non trattati dopo un certo numero di anni (da slide dopo 4-6 anni di vita). Teoricamente dovrebbe non più essere vista a causa del trattamento della lussazione che è precedente ad essa. La situazione è sovrapponibile a quella della lussazione ma più grave/accentuata: è trascorso parecchio tempo e le alterazioni si sono stabilizzate/accentuate anche per via della deambulazione. Il neocotile è presente ed è organizzato a coprire la testa femorale. C è una grave deformità della testa femorale. Gli angoli sono stabilmente a valori tipici della vita intrauterina. Si realizza una precoce degenerazione artrosica della neoarticolazione ( ammesso che possa essere considerata tale ). La sublussazione e la coxa valga antiversa subluxans sono quadri di immaturità ma che non riguardano globalmente l articolazione. Non vengono trattati. Prognosi e terapia L obiettivo principale è la diagnosi immediata: fondamentale eseguire la manovra di Ortolani subito alla nascita. Le indagini diagnostiche non sono d aiuto per una diagnosi precoce. L indagine radiografica non ha senso prima dei 4 mesi grossomodo. L ecografia richiede tempi di attesa leggermente inferiori. Non si possono aspettare tre mesi per fare diagnosi. Il riconoscimento della patologia si basa sui segni clinici. La sensibilità della manovra di Ortolani diminuisce all'aumentare dell'età del bambino, per questo è fondamentale eseguirla fin dal primo giorno di vita. Nella parte destra la muscolatura glutea non è in grado di sostenere il bacino durante la deambulazione (Trendelemburg positivo). Se il Trendelemburg è bilaterale, il soggetto viene ad avere un andatura anserina. Trattamento della pre-lussazione Stabilizzare l anca in abduzione (ed in extrarotazione). Qualunque tipo di situazione che venga a determinare abduzione dell arto inferiore, che renda congruenti le superfici articolari e che mi consenta di aspettare lo svolgimento della maturazione in modo ottimale va bene. 26 Pannolone o doppio pannolino

31 Cuscino divaricatore Tutore Il muscolo assume un aspetto fibroso, quasi cicatriziale. Più spesso interessato il capo sternale (può essere interessato anche quello clavicolare; raramente coinvolto il capo mastoideo). Terapia della lussazione franca Indipendentemente se presente dalla nascita o evoluzione di una prelussazione, si deve ridurre. La riduzione può essere incruenta (simile a quella vista per le fratture): si usa una fasciatura adesiva (skin traction), una staffa e un peso che consentono la ridiscesa della testa femorale all interno della cavità acetabolare. L alternativa è un apparecchio gessato pelvimalleolare confezionato in abduzione. Per quanto concerne la durata della terapia è importante il follow-up radiografico (si fa fino a quando non si vedono due anche con nuclei di ossificazione che siano, tutto sommato, corrispondenti) Tutore Carico concesso dopo mesi dall inizio del trattamento Riduzione cruenta in caso di testa non riducibile: si esegue una osteotomia correttiva derotante e antivalgo Gli interventi possono essere fatti sull epifisi prossimale del femore ma esistono anche osteotomie su bacino con traslazione laterale dell emibacino (più complessi). Per la lussazione inveterata il trattamento è sempre cruento. Torcicollo congenito miogeno E la forma più frequente di torcicollo congenito. E caratterizzato dalla retrazione fibrosa del muscolo sternocleidomastoideo che determina un tipico atteggiamento con flessione del capo verso il lato affetto e rotazione del capo verso il lato opposto. Patogenesi Teoria meccanica: abnorme posizione del feto all interno della cavità uterina che determina ischemia unilaterale dello sternocleidomastoideo che, a sua volta, causa la retrazione fibrosa del muscolo. Patologia caratteristica dell età adolescenziale Definizione Quadro clinico Capo inclinato dal lato colpito e ruotato verso il lato opposto Fascio muscolare teso come corda ( cordone fibroso facilmente visibile all ispezione) ai tentativi di correzione Emiatrofia dello scheletro cranio-facciale della metà corrispondente (scoliosi facciale): questo si realizza in caso di mancato trattamento e consiste in uno sviluppo asimmetrico tra le due metà del capo. Il soggetto vedrà il mondo prevalentemente da un lato, avrà un occhio abbassato, un orecchio più piccolo e la spalla sollevata dal lato colpito. Radiografia: utile per escludere anomalie corpi vertebrali cervicali (es. emispondilia) Trattamento E chirurgico. Vengono indirizzati a tale trattamento soggetti con torcicollo miogeno abbastanza grave o che dia un danno estetico particolare. Nell intervento si accede all inserzione sternoclavicolare del muscolo e col bisturi si seziona capo sternale e clavicolare (in pratica si stacca da sterno e clavicola); viene a cessare la forza traente e il capo si corregge perfettamente. Il tutto è lasciato libero senza alcun punto di sutura. Nella zona di distacco ed allontanamento si forma nuovo tessuto fibroso che costituisce un allungamento del muscolo originario. Segue per due mesi tutore in ipercorrezione (per far sì che si formi una cicatrice quanto più lunga possibile; per capire la retrazione fibrosa accorcia il muscolo: quindi la terapia fa l opposto). Quindi il risultato è che si forma un cordone fibroso ma più lungo e che consente il mantenimento di una posizione corretta. Dopo il tutore è possibile fare rieducazione motoria ( fisiokinesiterapia ) per elasticizzare il tessuto fibroso neoformato e riacquistare una motilità corretta. Nelle forme lievi si fa solo fisioterapia. SCOLIOSI scheletrico (le cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali si chiudono). Quello che andremo a riscontrare dopo tale periodo saranno soltanto gli esiti della scoliosi stessa. Deviazione permanente del rachide sia di tipo laterale (sul piano frontale), sia rotatoria (sul piano sagittale), ad eziopatogenesi spesso ignota cui seguono alterazioni estetiche (segno clinico per antonomasia della scoliosi: il gibbo) e soprattutto funzionali che possono far si che questa malattia possa essere particolarmente grave e determinare l exitus in alcuni pazienti. Essa si aggrava nella fase di sviluppo staturale enell età adolescenziale,mentre si arresta quando cessa lo sviluppo 27 Dobbiamo fare una distinzione tra quelli che sono i paramorfismi e i dismorfismi: Paramorfismi: alterazioni morfologiche di tipo FUNZIONALI e pertanto correggibili, come l atteggiamento scoliotico. (Tutti noi in questo momento abbiamo una deviazione della colonna

32 vertebrale e quindi in questo caso tutti noi abbiamo un paramorfismo, con la nostra volontà possiamo correggere questa alterazione morfologica che non è strutturale). Dismorfismi: alterazioni morfologiche di tipo STRUTTURALI legati ad un danno anatomo-patologico e pertanto non più correggibili.. Scoliosi acquisite Secondarie a patologie estremamente diverse. Cause Lesioni che riguardano le cartilagini di accrescimento (condrodistrofie) es in sede vertebrale. CRITERI CLASSIFICATIVI diversi della scoliosi: Classificazione in rapporto all età di insorgenza della malattia: - Scoliosi neonatali - Scoliosi infantili - Scoliosi giovanili - Scoliosi adolescenziali (le più frequenti) In linea generale le scoliosi neonatali potrebbero essere più gravi rispetto a quelle adolescenziali. In linea teorica è chiaro che una scoliosi neonatale ha anni per potersi aggravare cosa che invece,sempre in linea teorica, una scoliosi adolescenziale non dovrebbe avere. E un discorso teorico perché la scoliosi è una malattia molto strana, nel senso che anche negli ultimi tresei mesi di accrescimento corporeo ha delle potenzialità evolutive che possono essere estremamente dannose (in termini di incurvamento della colonna vertebrale particolarmente accentuati). Classificazione in rapporto alla sede della curva: - Scoliosi lombari - Scoliosi dorso-lombari (con curva maggiore) - Scoliosi combinate dorsali-lombari (con doppia curva) - Scoliosi dorsale - Scoliosi cervico-dorsale, a curvatura ancora più ampia. Classificazione in rapporto alla entità della deviazione angolare della curva: - Scoliosi fra 1 a 20 (o di lieve entità) - Scoliosi fra 20 e 40 (o di media gravità) - Scoliosi oltre i 40 (gravi) Processi traumatici (fratture che vengono a determinare una diversa conformazione dei corpi vertebrali, quindi deviazioni laterali del rachide) Affezioni infiammatorie Lesioni apparato neuro-muscolare (poliomielite, ipertonie spastiche) Lesione toraciche (fibrotorace) Lesioni ossee (osteoporosi con i crolli vertebrali,rachitismo) Dismetrie (scoliosi statiche) Scoliosi statiche in realtà non dovrebbero essere inserite nelle scoliosi vere e proprie in quanto legate a dismetria cioè differente lunghezza degli arti, quindi un soggetto con dismetria per compensare lo squilibrio e mantenere la stazione erettaha bisogno di inclinare la colonna vertebrale. Nelle prime fasi questo tipo di inclinazione non è un dismorfismo ma un paramorfismo (atteggiamento scoliotico), pero se questa situazione se viene mantenuta negli anni e quindi non viene corretta diventa un dismorfismo e rientra nella scoliosi acquisite. Scoliosi idiopatiche -Rappresenta 80-88% di tutte le scoliosi -Frequenza: 2% della popolazione dell età scolare -Predilige il sesso femminile e si ritenere che ci sia una componente di tipo genetico alla base (probabilmento correlazione al cromosoma X) -Non si riesce a definirne l origine Classificazione in rapporto alla genesi della malattia: - Scoliosi congenite - Scoliosi acquisite - Scoliosi idiopatiche, sono quelle a maggiore incidenza. ma si riescono a identificare i fattori che predispongono all insorgenza della scoliosi. Fattori predisponenti Scoliosi congenite CAUSE: malformazioni (emispondili, schisi vertebrali) possono essere responsabili della deviazione della colonna vertebrale Alterazioni della muscolatura paravertebrale, le ragazzine che hanno scoliosi sono molto magre con una notevole insufficienza della muscolatura paravertebrale, tale da venire a mancare un adeguato sostegno della colonna vertebrale stessa, che tende ad incurvarsi. Ereditarietà 28

33 Familiarità (nell ambito delle stesse famiglie esistono diversi soggetti che soffrono di scoliosi) Deficit Alimentare Nell ambito della scoliosi non esiste solo una deviazione laterale ma contemporaneamente una rotazione dei corpi vertebrali sul loro asse e la vertebra apicale non solo si sposta più lateralmente ma è anche quella che ruota maggiormente. Alterazioni del ricambio (es alcune malattie di carattere renale che sono state studiate e che porterebbero ad una maggiore incidenza di scoliosi) Alterazioni endocrine Per quanto riguarda gli ultimi tre parametri ci sono stati studi che hanno dimostrato che questi possono più facilmente determinare una scoliosi ma sono studi molto settoriali che non hanno una estensione statistica sufficiente per poterlo affermare con certezza scientificamente. Quadro anatomo-patologico Nell ambito della scoliosi distinguiamo due curve Curva principale o primitiva (1) tipica della scoliosi Cura secondaria o di compenso (2) ch contrasta la curva della scoliosi e insorge per consentire la stazione eretta del soggetto. Tutte le scoliosi in maniera più o meno evidente presentano queste due curve. Le curve secondarie sono spesso poco visibili, ma questo non è sempre vero infatti esistono dei casi in cui la curva secondaria presenta un grado di deviazioni pari o superiori a quelli della curva primitiva. Il quadro clinico che ci può presentare può essere estremamente vario. La rotazione condiziona la gravità della scoliosi perché se avviene a livello toracico determina una modificazione di quello che è il torace stesso. Questo perché ciascuna vertebra toracica è ancorata con le coste e queste sono congiunte in una struttura chiusa al davanti con lo sterno, ne deriva che nel momento in cui il corpo vertebrale subisce tali fenomeni di rotazione viene a determinare una rotazione delle coste e dello sterno quindi una rotazione globale della cassa toracica e di conseguenza una modificazione volumetrica della gabbia e un possibile danno agli organi endocavitari, come un danno cardiopolmonare tale da rendere la scoliosi grave e determinare la morte. Una condizione di questo genere si avrà per una scoliosi dorsale e non per una scoliosi lombare perché non c è il coinvolgimento di organi endocavitari in questo caso. Segni Un segno caratteristico della scoliosi è il gibbo legato alla rotazione dei corpi vertebrali a livello dorsale. Il gibbo è determinato dalla rotazione delle vertebre e dalla contemporanea rotazione di tutta la gabbia toracica, ed è la protrusione della costa posteriormente. Inoltre avremo sempre la presenza In linea generale la curva principale dovrebbe essere più grave di quella secondaria. In scoliosi piuttosto avanzate e gravi talvolta la distinzione fra le due curve risulta essere indistinguibile o talvolta la curva secondaria risulta essere più grave della principale. Nell ambito di ciascuna curva, sia essa primitiva o secondaria, si identificano tre vertebre peculiari: Vertebra apicale o centrale: che si trova all apice della curva. Risulta essere più spostata lateralmente e subisce il maggiore spostamento e le maggiori deformità rotazionali. 2 vertebre estreme: di inizio e fine curva, vertebra estrema prossimale e strema distale. E molto più importante definire queste per la misurazione in gradi della scoliosi. accanto a un gibbo posteriore un gibbo anteriore contro laterale ciò perché la rotazione avviene in un sistema chiuso. Quello anteriore è meno visibile perché è più facilmente mascherabile dal seno delle ragazzine. Il gibbo posteriore anche di lieve entità sarà 29

34 facilmente identificabile quando si invita il paziente a flettersi sulle anche. Incurvamento laterale della linea congiungente le apofisi spinose. Con la palpazione si possono apprezzare i processi spinosi delle vertebre, congiungendo con una linea questi processi che risulta essere verticale, nel caso di una scoliosi questa linea risulta variamente curvata. Si può utilizzare una penna dermografica identificando i singoli processi spinosi e congiungendoli successivamente. Slivellamento fra la linea bis-acromiale (linea che congiunge i processi acromiali) e la linea bis-iliaca antero-superiori (linea che congiunge le spine iliache superiori).si devono valutare queste linee perché un soggetto può avere delle scoliosi statiche che possono essere legate a dismetrie dunque per evitare il problema della diversa lunghezza degli arti inferiori si limita l osservazione a una zona precisa della colonna vertebrale. Si valutano queste due linee perché delimitano solamente il tratto rachideo compresa tra le spalle e il bacino. In condizioni di normalità sono parallele, risulteranno invece variamente divergenti o convergenti a seconda del tipo di scoliosi Slivellamento della scapole (posteriormente) Slivellamento delle mammelle. Triangoli della taglia Facendo disporre il paziente in posizione anatomica, tra il margine interno del braccio, il margine interno dell avambraccio e il fianco si vengono a delimitare due triangoli che nel soggetto normale risultano simmetrici. Gibbo costale Un emitorace risulterà essere più elevato dell altro. Quelli di minore entità possono essere più facilmente identificati facendo flettere il soggetto sulle anche rilevando come l emitorace di un lato risulti essere più basso rispetto all emitorace dell altro lato. Quadro radiografico Si richiede una radiografia in toto della colonna vertebrale in due proiezioni (frontale e ortogonale) perché essendoci una curvatura primitiva e secondaria, si deve studiare attentamente la loro disposizione. L esame radiografico va fatto in ortostatismo, questo perché se il soggetto si distendesse sul lettino radiologico, potrebbe assumere posizioni viziose, potrebbe assumere un atteggiamento scoliotico che altera il valore della curva stessa. Soprattutto nella proiezione antero-posteriore si andrà a vedere: Sede della curva Alterazione di forma dei corpi vertebrali (aspetto trapezoidale cioè la parte più esterna risulta più alta rispetto a quella interna) Grado della curva (grado di spostamento laterale) Entità della rotazione dei corpi vertebrali Età scheletrica del rachide Grado della curva Nel soggetto con scoliosi sono asimmetrici. Si parla si asimmetria degli angoli della taglia ed è un segno abbastanza specifico. Strapiombo del tronco rispetto al bacino Consiste nel posizionamento di un filo a piombo in corrispondenza dell apofisi spinosa della settima vertebra cervicale che viene fatto cadere lungo il rachide. In condizioni di normalità questo filo passerebbe lungo il solco intergluteo, in caso di scoliosi viene deviato verso destra o sinistra a seconda dei casi. Ci sono diversi metodi per la valutazione della deviazione laterale: Metodo Di Cobb (più semplice e più comunemente usato) Consiste nell identificazione, nell ambito della curva, delle due vertebre estreme tramite due rette: una passante per la limitante somatica superiore della vertebra prossimale e una per la limitante somatica inferiore della vertebra distale. Su 30

35 queste due rette si tracciano delle perpendicolari che si sovrappongono se il soggetto non ha la scoliosi, in caso contrario formeranno un angolo supplementare La misura dell angolo darà informazioni sull entità della scoliosi. Si tracciano le perpendicolari alle rette passanti per le vertebre estreme perché se dovessi calcolare l angolo formato da queste due rette avrei bisogno di molto più spazio, sarebbe meno agevole trovare l angolo. Entità della rotazione dei corpi vertebrali Diversi metodi: Metodo di Nash e Moe Su una radiografia in antero-posteriore si osservano sulle vertebre delle zone di radiotrasparenza che vengono chiamate occhi vertebrali che corrispondono ai peduncoli vertebrali. In condizioni di normalità questi occhi sono simmetrici, se la vertebra inizia il suo fenomeno di rotazione un peduncolo si sposterà sulla linea mediana e quindi in avanti e l altro tenderà a scomparire. Da grado 0 che indica che non c è stata rotazione a grado IV che indica, invece, una rotazione massima. Valutazione dell età scheletrica del rachide Serve per capire per quanto tempo può evolvere ancora la malattia e di conseguenza se può essere trattata. Non sempre coincide con l età anagrafica (perché la scoliosi è una malattia strana e anche in 4-6 mesi puo dare dei danni notevolissimi). Quindi se io penso che quella scoliosi si sia fermata e sospendo il trattamento posso andare incontro in quei 4-6 mesi di scopertura a gravissimi danni, per cui ho bisogno di conoscere con estrema esattezza la chiusura delle cartilagini di accrescimento vertebrale. Test di Risser Essendo difficile andare a valutare la cartilagine di accrescimento a livello dei corpi vertebrali, si ricorre ad un escamotage: si fa una radiografia del bacino perché i tempi di chiusura delle cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali sono uguali ai tempi di chiusura delle creste iliache. Si andrà a valutare la chiusura della cartilagine di accrescimento delle ali iliache tramite una gradazione che va da un grado 1 a un grado 5 che ne indica la completa chiusura. Quest ultima comincia dalla parte esterna della cresta iliaca e poi pian piano si sposta verso l interno fino alla completa chiusura. Con un Risser = 0 la chiusura non è cominciata, con Risser =1 ci sono grandi potenzialità evolutive della malattia, con un Risser=4 c'è poco tempo da perdere perché passerà a un grado 5 in cui la chiusura sarà definitiva. Qualunque tipo di trattamento si intraprende dopo aver raggiunto il grado 5 non ha più significato. Quindi ricorro al trucco di andare a vedere le cartilagine di accrescimento delle creste per avere informazioni su quelle vertebrali e la chiusura delle cartilagini di accrescimento delle creste è una chiusura quasi a lancetta di orologio nel senso che voi vedete come a livello di queste creste nella fase iniziale la chiusura avviene all'esterno (e quindi alle ore 10:00 secondo le lancette dell orologio) e poi piano piano tende a spostarsi verso la parte interna fino alla completa chiusura. Risser valuta la gravità della scoliosi e lo divide in cinque stadi anzi in 6 perché c'è Risser 0 in cui la chiusura non è neppure iniziata poi avremo Risser fino alla chiusura completa che corrisponde a Risser 5 Quindi in base a quello che abbiamo detto in precedenza in base all' atteggiamento scoliotico o di paramorfismo,non facciamo di fatto nulla invitiamo il paziente a cercare di stare in posizione corretta, invitiamo a non stare davanti alla televisione sdraiata sul divano in posizioni scomode o strane, o aiutiamo con la ginnastica correttiva che ha lo scopo di potenziare la muscolatura paravertebrale e quindi sostenere meglio la colonna vertebrale 31

36 Altro capitolo è quella delle scoliosi statica legato alle dismetrie che bisogna correggere infatti se si tratta di una dismetria di pochi centimetri utilizziamo il rialzo della scarpa. Nel caso invece di dismetrie più severe e cospicue si può ricorrere al trattamento chirurgico o all allungamento degli arti (a cui abbiamo fatto riferimento quando io feci vedere il fissatore esterno) quindi abbiamo queste possibilità. Trattamento Andiamo invece al trattamento delle scoliosi vera e propria e allora facciamo riferimento alla classificazione che abbiamo detto sulle scoliosi che possono essere 1. entro o meno di 20 gradi 2. tra gradi 3. oltre 40 gradi In particolare entro 20 gradi di fatto non facciamo nulla se non la fisiokinesiterapia, il rinforzo dei muscoli paravertebrali, l'invito a fare una certa attività sportiva per il rinforzo della muscolatura però dobbiamo anche stare attenti perché delle scoliosi che inizialmente possono essere lievi possono andare oltre 20 gradi e quindi aggravarsi e oltre i 20 gradi il trattamento con la semplice fisiokinesiterapia non basta, si deve ricorrere infatti a dei corsetti robusti che svolgono una funzione di sostegno o di correttiva nei confronti della colonna.per quanto riguarda la forma oltre 40 gradi invece il trattamento è chirurgico. Vediamo di comprendere quali sono le varie possibilità terapeutica per scoliosi oltre 20 quelle cioè che richiedono l'impiego di corsetti o di busti ortopedici. Questi corsetti o busti ortopedici vanno a svolgere un'azione di tipo meccanico, cioè in pratica vengono a determinare una forza una spinta su quella che è la parte convessa della curva in maniera tale da raddrizzarla quindi un busto svolge bene la sua funzione se non peggiora la scoliosi di base. È molto difficile infatti che si abbia un certo guadagno con il busto ma quantomeno la sua applicazione deve essere tale da non consentire un peggioramento della scoliosi stessa Esistevano prima di busti ingessati che venivano confezionati su misura sulla ragazzina o paziente e questi busti oggi sono stati sostituiti da busti più moderni con materiale termoplastico che hanno sì i loro vantaggi ma anche i loro svantaggi: vantaggi quali il fatto che il busto è più semplice e facile da indossare, lo svantaggio è che molto spesso sono amovibili e quindi non vengono a essere mantenuti nel tempo. Infatti noi dobbiamo andare a definire quanto un busto deve essere indossato e fino a quante ore al giorno. Fino a quando? Fino alla chiusura della cartilagine di accrescimento, infatti non posso correre il rischio di abbandonare un trattamento in busta in un periodo precedente alla chiusura. Per la durata all'interno di un giorno invece devo farlo indossare per tutta la giornata inclusa la notte perché la "scoliosi continua anche di notte" quindi il problema persiste anche di notte e allora sarà nostro compito far tenere il busto tutto il giorno escluso un'ora al giorno per bisogni primari della persona o anche per un trattamento di fisiokinesiterapia che possono essere fatti anche senza busto... Quindi 23 ore al giorno circa. Anche per i corsetti si utilizzano materiali termoplastici per essere modellati per dare una spinta in senso opposto alla parte convessa dall'arco scoliotico. Un busto che invece si presenta con delle caratteristiche diverse e direi quasi peculiari rispetto a quelli precedenti è invece il busto Milwaukee (N.B. i busti prendono il nome delle città in cui sono stati inventati anche se negli ultimi anni prendono il nome invece di chi li ha inventati). Questo busto Milwaukee è particolare perché ha sempre la stessa azione meccanica degli altri busti e che vi ho descritto ma svolge anche una funzione particolare che è quella dell'autoraddrizzamento: in particolare questo busto è un busto molto poco costrittivo, il soggetto sta abbastanza comodo all'interno perché non ha i fenomeni costrittivi che in genere i busti danno soprattutto nella fase post prandiale. Busto Milwaukee Partendo dal basso con un appoggio pelvico e da questa appoggio partono tre barre metalliche di cui due barre posteriori e una anteriore che vengono raccolte o unite da un anello che si trova a livello della regione del collo. A livello del collo questo anello presenta tre appoggi: -uno anteriore o sottoiodeo che è situato subito al di sotto della cartilagine tiroidea -due posteriori o sottoccipitali per l appoggio della testa. L anello è il punto debole di questo busto perché, come vi dicevo pocanzi, è si comodo ma quest anello che si vede sotto il collo è anti estetico, le ragazzine hanno grossi problemi per nasconderlo. La trazione meccanica viene in ogni caso esplicata da tale busto perché a livello di queste aste parte sempre una pelotta di spinta che va ad agire sulla parte convessa della scoliosi, in modo da correggere la convessità della colonna. Ma l azione del busto di Milwaukee è da data dalla situazione dell appoggio a livello del collo (appoggio sottoiodeo) infatti se voi provate con 2 dita a spingere in corrispondenza della vostra cartilagine tiroidea avrete una situazione di soffocamento che è fondamentale per il funzionamento di tale busto. È costruito con un altezza ben precisa per il soggetto in maniera tale che se il soggetto si adagia all'appoggio anteriore, questo andrà a premere sulla cartilagine tiroidea provocando grande fastidio al soggetto che tenderà quindi ad assumere una posizione corretta. Ecco la funzione di auto-raddrizzamento su cui si basa il funzionamento del busto. Però anche la funzione di auto-raddrizzamento ha i 32

37 suoi problemi, infatti per i soggetti che indossano questo tipo di busto si può determinare un dorso piatto per una costante contrattura della muscolatura del dorso (appiattimento della cifosi) e causerà anche un danno estetico. tale entità, tanto è vero che diversi soggetti che hanno raggiunto la maturità scheletrica e sono stati trattati con questa tipologia di trattamento non sono disposti a farsi rimuovere la barra metallica. È chiaro che questo busto deve essere costantemente controllato se la ragazzina cresce per andare a regolare costantemente questo appoggio anteriore alla giusta altezza. Trattamento chirurgico Diastasatore di Hurrington Artrodesi vertebrali Nei casi di scoliosi di piccole dimensioni particolarmente gravi, per esempio una scoliosi lombare in cui in qualche modo si vuole fare una correzione possiamo ricorrere all artrodesi vertebrale. Questa prevede la fusione di due o più corpi vertebrali, si riallineano le vertebre una sopra l altra e si fondono i corpi vertebrali. Ma è anche vero che la mobilità si riduce. Si ottiene così una correzione che risulta essere definitiva. Usato nelle forme gravi, quindi oltre i 40 ma talvolta oltre i 45 (si cerca di risparmiare questi soggetti perché il trattamento chirurgico è molto invasivo). Tutti gli interventi attuali partono da quello di Hurrington negli anni 50 il quale pensò di andare a mettere un vero e proprio sostegno sulla colonna vertebrale, raddrizzare in qualche modo questa colonna e di renderla adesa ad un asse metallico. Il prof mostra una scoliosi di circa 60, dove si fa un ampia incisione per tutta la colonna vertebrale. Questa scoliosi viene in qualche modo raddrizzata, ovviamente non in modo perfetto e viene ad essere applicara una barra metallica con degli uncini che fanno presa prossimalmente e distalmente sulle vertebre. È un intervento molto invasivo e rischioso sotto certi aspetti, tanto è vero che è l unico intervento ortopedico in cui si fa il risveglio intraoperatorio. Prima di andare a chiudere dopo aver messo il diasastatore(ne esistono di diversi tipi), bisogna verificare se il soggetto muove gli arti inferiori perché durante l'impianto di queste barre si ha una modificazione notevole del decorso delle radici nervose e bisogna accertarsi che queste non siano state danneggiate o compresse dalla nuova situazione di linearizzazione del rachide. Se il soggetto non muove gli arti è necessario rimuovere le barre e iniziare di nuovo magari con una correzione inferiore. Tenete conto che sono dei soggetti in accrescimento e la forza della muscolatura paravertebrale, pur se sono messi in soggetti con notevole ipotonotrofia di questi muscoli, la forza è notevole quindi spesso una complicanza di questi mezzi di sintesi impiantati è la rottura o degli anelli o delle barre, perché la colonna vertebrale si allunga e questi no. Quindi necessità di essere rioperati e riaperti con un incisione di 50 cm e immaginate come possa essere fastidioso un nuovo intervento di 33

38 TRAUMATOLOGIA DEL GINOCCHIO Lesioni meniscali Lesioni legamentose Il ginocchio è una struttura molto complessa suddivisibile in vari compartimenti: Compartimento anteriore Compartimento interno Compartimento esterno Compartimento posteriore Presenta delle strutture peculiari che sono: Due menischi Pivot centrale o Legamento crociato anteriore o Legamento crociato posteriore I menischi sono strutture fibrocartilaginee, sono due e sono distinti in: Infatti i menischi, se lesionati, venivano asportati completamente dal momento che si riteneva che non avessero alcuna probabilità di guarigione non essendo vascolarizzati. In realtà gli studi di Arnoczky e Warren hanno dimostrato che i menischi hanno una loro vascolarizzazione. Piccoli vasi capsulari di pochi micron si addentrano a livello della porzione capsulare, raggiungono sì e no la porzione intermedia e sono completamente assenti per quanto riguarda il margine libero. Questi dati sono importanti per il trattamento. Funzioni del menisco Aumenta la congruenza articolare : accoglie la testa femorale e aumenta la congruenza tra due superfici che sono molto diverse (rotondeggiante quella del condilo femorale, pianeggiante quella del piatto tibiale) Insieme alle strutture legamentose limita la flesso estensione ai gradi estremi: la superficie articolare dei condili femorali è maggiore rispetto a quella dei piatti tibiali e quindi il fenomeno del rotolamento, se fosse completo, porterebbe a una perdita di rapporto tra i capi articolari o in avanti o indietro e quindi a una lussazione. Migliora la stabilità del ginocchio Contribuisce alla distribuzione del liquido sinoviale all interno dell ambiente articolare favorendo la diffusione del liquido sinoviale secreto dai sinoviociti della membrana sinoviale Menisco laterale Menisco mediale Il menisco mediale ha una caratteristica forma semilunare a C nell ambito della quale distinguiamo: Corno anteriore Corpo Corno posteriore Il menisco laterale ha una forma sempre semilunare ma più chiusa, a O, nel quale distinguiamo pure corno anteriore, corpo e corno posteriore. Per ricordare la configurazione a O o a C dei due menischi ricordare la sigla OECI (O Esterno, C Interno). In sezione risultano essere più alti e più spessi all esterno e si assottigliano verso l interno. Alla luce di questo lieve degradare delle strutture meniscali, che serve per l accoglimento del condilo femorale, possiamo distinguere una porzione più esterna (detta anche porzione capsulare perché entra a contatto con la capsula articolare del ginocchio), una porzione intermedia e un bordo libero (porzione in assoluto più sottile). Vascolarizzazione dei menischi Fino a non molto tempo fa si riteneva che queste fibrocartilagini fossero avascolarizzate. 34 Eziopatogenesi Le lesioni meniscali possono essere provocate da: Trauma distorsivo o In varismo o In valgismo o In varismo associato a rotazione interna o In valgismo associato a rotazione esterna o In iperestensione o In anteropulsione o In retropulsione Fenomeni degenerativi (malattia artrosica) Tra le forme traumatiche il professore tratta le forme sottolineate che sono quelle più frequenti e maggiormente responsabili di lesioni meniscali. Un trauma in valgismo o varismo puro, dal punto di vista biomeccanico, è quasi impossibile che si venga a determinare a livello del ginocchio. Varismo e valgismo si associano sempre a rotazione interna o esterna. I meccanismi di anteropulsione o retropulsione sono estremamente rari e sono legati soprattutto ai traumi della strada.. L iperestensione è molto frequente e per capire la modalità con cui avviene dobbiamo fare riferimento al cosiddetto calcio a vuoto che ci fa capire la situazione di iperestensione. Conoscere i meccanismi traumatici dei menischi ci indirizza su quale tipo di menisco può essere stato coinvolto e può indicarci anche quale parte del menisco è stata danneggiata.

39 In linea generale un trauma in varismo con rotazione interna determina lesione del menisco interno. Al contrario un trauma in valgismo con rotazione esterna determina un danno del menisco esterno. Un trauma in iperestensione può provocare lesione sia del menisco esterno che del menisco interno con interessamento delle corna anteriori dei menischi che rimarranno intrappolate tra condili femorali e piatto tibiale. In realtà è una distinzione molto scolastica : per esempio il menisco esterno, nel varismo con rotazione interna, viene pure danneggiato per fenomeni di strappamento dalla capsula mentre il menisco interno viene danneggiato per fenomeni di schiacciamento perché in varismo viene compresso soprattutto il compartimento mediale. Gli uomini sono maggiormente colpiti rispetto alle donne per l attività sportiva o lavorativa più intensa (uomini 79%, donne 21%). Il menisco più interessato da lesioni è quello mediale (64%) rispetto al laterale (36%) (nel 7% dei casi le lesioni sono bimeniscali). Non esistono lesioni meniscali perfettamente identiche tra di loro. La forza meccanica determina delle lesioni assolutamente differenti e variamente possibili. Se dobbiamo usare una terminologia che ci consenta di dire dove si sono verificate le lesioni, possiamo fare riferimento alla terminologia anatomica e dividere le lesioni in base a diversi criteri: In base alla In base al decorso sede della lesione (osservando il menisco frontalmente) Corno anteriore Verticali (dall alto verso il basso) Corpo Corno posteriore Orizzontali (dall esterno l interno) verso In base al decorso della lesione (osservando il menisco dall alto) Dal corno anteriore al corno posteriore LONGITUDINALI Dalla parte capsulare al bordo libero TRASVERSALI Caratteristiche intermedie tra le precedenti OBLIQUE Nell ambito delle lesioni longitudinali, che sono lesioni piuttosto ampie, esiste una lesione caratteristica che è la lesione a manico di secchia : va dal corno anteriore al corno posteriore e si chiama così perché la porzione più interna del menisco stesso si può sollevare verso l alto come un manico di un secchio. È caratteristica perché si associa con buona probabilità a un segno clinico importante cioè al blocco articolare. Il manico di secchio si incastra tra condilo femorale e piatto tibiale e blocca il ginocchio in un lieve atteggiamento in flessione. Esiste anche la classificazione di Arnoczky e Warren (1982), studiosi che dimostrarono la presenza della vascolarizzazione meniscale. Il menisco, secondo la loro classificazione, si divide in 3 zone: Parte esterna ampiamente vascolarizzata: zona rosso rosso Parte intermedia dove i vasi si riducono: zona bianco rosso Parte interna dove i vasi sono assenti: zona bianco bianco Blocco articolare (possibile in caso di lesione a manico di secchia) Fare una diagnosi clinica di lesione meniscale è molto difficile e bisogna sempre avere un supporto di tipo diagnostico. Qualcosa in più si ha nel caso della presenza di un blocco articolare (nel caso delle lesioni a manico di secchia, ma non negli altri tipi di lesioni). TEST CLINICI Anche i test clinici che possono essere condotti non risultano avere alta sensibilità né alta specificità. Si può ricorrere alla flessione forzata del ginocchio : il paziente è in posizione supina, si flette l anca e si flette il ginocchio ai massimi gradi e così facendo andiamo ad esercitare una pressione stimolando così le corna posteriori dei menischi (se presentano delle lesioni la manovra risulta dolorosa). Al contrario, nel caso della estensione forzata del ginocchio esploriamo le corna anteriori dei menischi. Il test di Apley (immagine) è un po più specifico : il paziente è in posizione prona, il ginocchio è flesso a 90, l operatore afferra il piede del soggetto, lo schiaccia verso il basso, verso il lettino e contemporaneamente ruota all interno o all esterno il piede. Nel caso della rotazione esterna si determina una compressione del compartimento interno del ginocchio quindi se c è una lesione nel menisco mediale il paziente prova dolore. Nel caso della rotazione SEGNI CLINICI I segni clinici sono assolutamente aspecifici. I pazienti possono avere soltanto: Dolore Tumefazione 35

40 interna si determina una compressione del compartimento esterno del ginocchio quindi la manovra risulterà dolorosa nel caso di compromissione del menisco esterno. Ma i dubbi comunque rimangono quindi si ricorre a indagini strumentali. Indagini strumentali -Prima indagine che si esegue in caso di trauma distorsivo del ginocchio è l esame radiografico, non perché ci fa vedere le strutture meniscali che infatti sono radiotrasparenti ma perché ci permette di escludere le fratture perché il trauma distorsivo può coinvolgere anche il tessuto osseo. -L artrografia ormai non si usa più. -L ecografia non è indicata; essa non può visualizzare la struttura meniscale perché essa è compresa tra condilo femorale e piatto tibiale. L unica cosa che si riesce a vedere è la porzione più esterna del menisco mediale (e solo da ecografisti molto esperti). Se devo andare a valutare una lesione dei legamenti collaterali (ma non dei crociati) allora può essere indicata. -Dopo l esame radiografico si ricorre alla TC o alla RM. Per quanto riguarda le lesioni meniscali l immagine TC è molto più nitida rispetto alla RM. Se si devono valutare eventuali lesioni legamentose o capsulari invece queste si vedono meglio alla RM rispetto alla TC. Anche TC e RM hanno la possibilità di dare falsi positivi o falsi negativi, anche se in percentuale molto bassa. -La certezza di diagnosi si ha con l artroscopia, indagine diagnostica ma invasiva. Richiede anestesia, una sala operatoria, si introduce un artroscopio a fibre ottiche all interno del ginocchio. Esistono 3 vie di accesso all articolazione: Via sovrarotulea : tramite la quale viene immesso del liquido, di solito soluzione fisiologica, per dilatare il ginocchio Via per l introduzione dell artroscopio Via per l introduzione di strumentario di vario tipo L artroscopia è sia diagnostica che terapeutica. Possiamo anche introdurre un palpatore (sorta di sostituto delle dita, utilizzato per saggiare la consistenza e la tensione dei tessuti nota internet). In una situazione di normalità l artroscopio vede, ad esempio, il condilo femorale, il bordo libero del menisco (bianco e traslucido) e il piatto tibiale. Se inseriamo un palpatore e solleviamo il bordo libero apprezziamo le parti più profonde del menisco, possiamo arrivare a livello della porzione capsulare del menisco e vedere se la lesione ha riguardato la parte più esterna del menisco. Se con l artroscopio ci accorgiamo di un menisco giallastro, atrofico e appiattito è un menisco interessato da artrosi. Trattamento Conservativo: solo per le lesioni minime e stabili Meniscectomia: Prima gli interventi venivano compiuti in artrotomia (si apriva tutto il ginocchio), si notava il menisco rotto e si tirava via il menisco per intero. Il soggetto tranquillamente dopo 30 giorni, nonostante fosse privo del menisco, poteva riprendere l attività sia lavorativa che sportiva. Ma i menischi servono a stabilizzare l articolazione del ginocchio quindi con il tempo il ginocchio lavora male e va incontro ad artrosi. Dopo anni infatti buona parte dei soggetti trattati con meniscectomia totale sono andati incontro a intervento di protesi del ginocchio per la gravità dell artrosi. Con l avvento dell artroscopia che può intervenire in maniera più fine sul menisco, si passò quindi dalla 36 meniscectomia totale alla meniscectomia selettiva o parziale, cioè si porta via la parte del menisco lesionata, si regolarizzano i margini e si lascia più menisco possibile per prevenire i fenomeni di artrosi successiva. Il menisco lesionato non può essere lasciato in sede per la sintomatologia dolorosa e perchè la lesione potrebbe aggravarsi. Sutura meniscale : prima della scoperta della vascolarizzazione del menisco, si pensava che il menisco non aveva possibilità di cicatrizzare proprio perché non vascolarizzato e quindi si asportava completamente. Dopo gli studi sulla vascolarizzazione si capì che era a volte possibile operare con una sutura meniscale. Quando è possibile realizzare una sutura? Sono necessarie due condizioni : 1. La zona interessata deve essere la zona rosso rosso (in zona rosso-bianco è da valutare, in zona bianco-bianco non si fa) 2. Giovane età del paziente : i vasi sono sottili, hanno un calibro molto piccolo e vanno incontro a fenomeni di aterosclerosi. Un soggetto giovane può subire una sutura meniscale, un soggetto con età più avanzata invece no. Con una meniscectomia totale o parziale la ripresa funzionale è mediamente di 30 giorni (di solito un po meno per quanto riguarda il menisco mediale e un po di più per quello laterale). Nel caso di una sutura meniscale i tempi sono più lunghi, circa 3-4 mesi. I soggetti con lesioni meniscali (più spesso sportivi) solitamente hanno come immediato scopo quello di una ripresa più veloce possibile per continuare con le proprie attività lavorative e sportive. Preferiscono quindi non andare incontro a una sutura per avere una ripresa sportiva o lavorativa più precoce possibile. Di fatto la sutura meniscale, quindi, è oggi molto poco adoperata, nonostante consenta di conservare la struttura meniscale vera e propria. La sutura meniscale viene usata quasi esclusivamente in quei casi in cui esistono lesioni associate, più precisamente in quei soggetti che presentano anche lesioni dei legamenti crociati, perchè in seguito alla ricostruzione dei legamenti crociati sono costretti ad un periodo di riposo di 4-6 mesi; quindi in questo caso il riposo è garantito dal trattamento riguardante i crociati e viene fatta la sutura meniscale. Trapianti meniscali : in situazioni limite di completa degenerazione meniscale, in soggetti che hanno elevatissime richieste funzionali e hanno la necessità di avere un ginocchio perfettamente funzionale, una soluzione potrebbe essere quella di ricorrere a trapianti di menisco prelevati da cadavere. I trapianti di menisco sono di vario tipo:

41 Freschi Liofilizzati Criopreservati Congelati Il ricorso al trapianto meniscale è però molto raro per il rischio infettivo. Se si corre un rischio infettivo per un trapianto cardiaco è giusto, correre il rischio infettivo per un trapianto di menisco non è giusto. Questo problema si sviluppò prima negli USA dove intorno agli anni 90 i trapianti meniscali furono subito bloccati per infezioni da HIV. In un trapianto meniscale si porta via tutto il menisco lasciando soltanto la porzione adesa alla capsula, si fa una misurazione, si prende il menisco dal cadavere, si sutura. In seguito si farà un altra artroscopia per controllare l attecchimento del menisco a distanza di tempo. Potrebbero esistere dei problemi di attecchimento. Utilizzo di Scaffold : sempre in situazioni limite si possono usare dei menischi costituiti da una trama di collagene. All interno della trama di collagene si depositano dei fibroblasti che producono tessuto fibroso e formano un cuscinetto fibroso che sostituisce il menisco distrutto. Il problema sta nel fatto che il tessuto è ovviamente fibroso, non è fibrocartilagineo, ma è sempre qualcosa che aiuta dal punto di vista funzionale. LESIONI DEI LEGAMENTI CROCIATI I legamenti principali, a livello del ginocchio, sono rappresentati dai: legamenti collaterali mediali e laterali legamenti crociati anteriore e posteriore Non tratteremo nello specifico i legamenti collaterali mediali e laterali perché questi non presentano delle caratteristiche particolarmente rilevanti; nel momento in cui dovessero andare incontro a rottura, basterebbe l'immobilizzazione intorno ai 37 30gg per consentirne la riparazione, cosa che invece non è possibile per i crociati. Esiste anche un orientamento da parte di alcuni ortopedici del trattamento chirurgico dei legamenti collaterali, ma in ogni caso dal punto di visto temporale non è differente sia con trattamento conservativo che con il trattamento chirurgico. Affrontiamo invece la problematica riguardante i legamenti crociati, costituiscono il pivot centrale (perno centrale) dell'articolazione del ginocchio, poiché incrociano la linea mediana e costituiscono l'elemento probabilmente più stabilizzazione di una articolazione così instabile quale è quella del ginocchio. Dal punto di vista biomeccanico facciamo due considerazioni: -nell'articolazione del ginocchio ci troviamo di fronte a delle superfici articolari che risultano essere molto diverse tra di loro. La superficie articolare del condilo femorale è molto più ampia di quella del corrispettivo piatto tibiale. Ciò significa che se il rotolamento dei condili femorali sul piatto tibiale fosse completo, in pratica, avremmo come conseguenza che il ginocchio andrebbe incontro a lussazione o anteriore o posteriore a seconda che il movimento sia di flessione o estensione. Quindi abbiamo alcuni sistemi di stop di arresto perché ciò non accada. Tra questi il principale è rappresentato dai legamenti crociati. -concetto della isometria: i legamenti collaterali sono dei legamenti che lavorano solo in determinati atteggiamenti del ginocchio. Un legamento collaterale mediale, per esempio, lavora quando il ginocchio è in valgismo; in varismo invece si detende e quindi può garantire la guarigione stessa. Situazione ben diversa è invece quella che riguarda i legamenti crociati perché questi legamenti sono costantemente in tensione, qualunque sia l'atteggiamento, il movimento compiuto dal ginocchio. Ciò significa anche che se questi legamenti vanno incontro a rottura abbiamo difficoltà (anzi, l'impossibilità) di poter restituire a questi legamenti la loro posizione originaria. I meccanismi possono provocare lesioni dei legamenti crociati sono analoghi a quelli già visti riguardanti le lesioni meniscali. un meccanismo contusivo con valgo-rotazione esterna è un ginocchio che subisce una forza traumatica che interessa in prima istanza la parte più interna del compartimento mediale. Lì troviamo il legamento collaterale interno, subito dopo questa forza si propaga alla struttura vicina (il menisco interno) e poi ancora se la forza è sufficiente, si propaga alle strutture dei legamenti crociati anteriore (più frequentemente). E' una situazione come un'onda, che parte della parte più mediale e in base all'intensità si propaga e coinvolge le strutture che incontra. Questo non significa che tutte le strutture che incontra debbano essere lesionate! E' probabile che ciò possa avvenire. Esistono, seppur rare, lesioni con questo meccanismo patogenetico che possano dare lesioni pura, semplice, del legamento crociato anteriore, perché in quel momento in cui ha agito il trauma e in base alla configurazione del ginocchio in quel momento il legamento collaterale interno ha sopportato il carico e l'ha scaricata al menisco, che a sua volte resiste e scarica al crociato. Meccanismo contusivo con varo-rotazione interna: in questo caso l'azione traumatica in prima istanza coinvolge il legamento collaterale esterno, poi il menisco esterno, e poi il legamento crociato anteriore. Qualora si venisse a verificare con tutte e tre le strutture coinvolte si parla di triade maligna di O' Donoghue. Che la situazione sia di tipo propagativo ci viene dimostrato dalla possibile presenza della lesione più devastante del ginocchio, cioè la pentade maligna di Trillat a cui, oltre le lesioni della triade, si

42 Clinica associa la lesione del legamento superiore e di quella capsulare. Trauma di iperestensione: il calcio a vuoto, di cui si è parlato nella lezione precedente. Trauma dovuto alla contrazione del bicipite: frequente negli sciatori, che spesso hanno lesioni del legamento crociato anteriore. Si pensava fosse dovuto all'urto del terreno nella fase di caduta. Invece è stato dimostrato che questa lesione è dovuta al fatto che, atterrando, subiscono una forza verso il basso, lo sci tende a scivolare a valle. A questo punto il soggetto, per riequilibrarsi e non cadere indietro, va a contrarre bruscamente il muscolo quadricipite e da questa contrazione si rompe il crociato anteriore. Naturalmente questo accade più frequentemente in questi soggetti perché hanno dei quadricipiti molto sviluppati poiché sottoposti a stress notevoli. Sintomi (in acuto) - dolore: molto intenso poiché i legamenti crociati hanno un ampio numero di nocicettori. Il paziente assume un atteggiamento di flessione perché così detende la capsula articolare. Infatti, a causa del versamento, la capsula viene interessata e il dolore risulta difficilmente localizzabile. Se il versamento è cospicuo, si deve fare subito l'artocentesi. - tumefazione: con emartro (presenza di sangue nella cavità articolare)* - sensazione di crack: poiché i legamenti crociati sono piuttosto robusti, quando vanno incontro a rottura, si ha una sensazione uditiva che è avvertita dal soggetto e talvolta da chi gli sta attorno Sintomi cronici (dopo gg dopo l'immobilizzazione e il riposo residua): ipotonotrofia del quadricipite instabilità articolare: la funzione dei legamenti crociati è infatti principalmente quella di evitare il rotolamento dei condili femorali sul piatto tibiale e di evitare lo slittamento in avanti della tibia rispetto ai condili femorali, e nel momento in cui viene meglio questa funzione di blocco il risultato è che ci sarà la traslazione della tibia e il soggetto avvertirà che il ginocchio balla se cammina su un terreno scosceso in campagna. Se il liquido è sangue, si ha un emartro. Se il liquido è sieroso si ha un idrarto. Per distinguere i due devo fare un'artrocentesi, per vedere il colore. Se è biancastro o giallastro, è un idrarto; se rosso è emartro. Quindi, più in generale, se mi trovo di fronte ad un emartro, posso pensare ad una lesione del legamento crociato, emofilia, lesioni meniscali, lesioni capsulari, fratture del piatto tibiale, frattura della rotula. L'idrarto si trova invece in artrosi e artriti, poiché i sinoviociti vengono stimolati seppur in modo anomalo. Nelle forme di artrosi questi versamenti, nei casi gravi, non sono più presenti poiché i sinoviociti sono morti. Segni Segno del cassetto anteriore: il paziente è flesso in posizione supina, il ginocchio è flesso intorno a gradi. L'operatore è seduto sul suo piede in maniera tale da bloccare distalmente la tibia. A questo punto afferra con entrambe le mani la porzione superiore della tibia e prova a portarla in avanti. Nel soggetto sano, non si muove nulla. Se invece è fatto su un paziente con legamento crociato anteriore lesionato, si avrà lo slittamento in avanti della tibia. Per il segno del cassetto posteriore farò un movimento opposto, per valutare la lesione del crociato posteriore. Lachman test: viene fatto tutto fuori carico, tutto sospeso in aria (ovvero la gamba è tenuta dall'operatore, non è distesa sul lettino) Con una mano si afferra la coscia, con l'altra la tibia. Si fa lo stesso movimento in avanti della tibia rispetto al femore. Se il movimento è possibile il Lackman è positivo, se non è possibile è negativo e ci indirizzerà verso una lesione del crociato anteriore. Imaging TC RMN Prima di TC e RMN, come si faceva diagnosi? Si sottoponeva il ginocchio, tramite strutture che bloccavano il ginocchio, ad uno stress simile a quello del cassetto anteriore e si eseguiva poi la radiografia, vedendo quindi il cassetto è molto evidente. Ricordiamo che l'affidabilità di Tc e Rmn è di 80-90% quindi in prima istanza si ricorre alla diagnostica, e si ricorre all'artroscopia. Vediamo che l'aspetto del crociato è tutto sfilacciato, è come se tirassimo una fune per due capi e si rompe sfilacciandosi, mentre nel collaterale la lesione è tranciante. Inoltre per via artroscopica possiamo intervenire chirurgicamente. 38

43 Trattamento Trattamento conservativo: non possiamo definirlo tale. Perché? Perché non vi sarà più la stabilità di una volta. I capi infatti sono tutti sfilacciati e anche se riuscissero a tornare accollati vi sarebbe una cicatrice che impedirebbe comunque al legamento di funzionare come prima. L'uso di un tutore che permette il blocco articolare e poi la riabilitazione può consentire a soggetti che non hanno grandi richieste funzionali possono comunque recuperare una certa stabilità del ginocchio. Questo grazie al fatto che il quadricipite femorale- muscolo che stabilizza anteriormente il ginocchio- se viene potenziato, ha un'azione vicariante il legamento crociato anteriore. [Lesioni parziali: bisogna vedere quanto sia parziale. Se ad esempio è rotto più del 50%, bisogna vedere se il segno del cassetto è presente, e quindi vedrò se il legamento mi funziona o meno. Se è un soggetto sportivo, allora si può aspettare che il legamento si rompa definitivamente, altrimenti se è sedentario potrebbe anche convivere con il legamento crociato tutta la vita. ] Se il ginocchio viene tenuto a riposo,si fa la terapia antinfiammatoria e così via, dopo un mese il ginocchio non ha più versamento e non fa più male. Naturalmente potrà ancora avere l'instabilità. Può fare la rieducazione funzionale (ci potrà mettere 30 giorni) e quindi in totale il soggetto recupera in 2-3 mesi. Trattamento chirurgico A chi farlo? in soggetti giovani: perché nel tempo l'articolazione che lavora male va incontro ad artrosi. livello di partecipazione: per la valutazione dei tempi di recupero. Chi si opera non può recuperare prima di 4-6 mesi in cui deve fare fisiochinesiterapia e deve assumersi l'impegno di fare un trattamento riabilitativo adeguato per un lungo periodo di tempo. Presenza di patologie associate: se devo già intervenire per la frottura di rotula o per lesioni meniscali, allora intervengo sul crociato. Tecniche Non possiamo usare la sutura, poiché i margini sono difficili da attaccare e inoltre nel tempo la sutura non regge. Negli anni '80 pensarono di inventare legamenti artificiali, che in laboratorio erano molto resistenti, anche più del legamento naturale. La fibra di carbonio di cui erano composti, a contatto con il liquido sinoviale, andavano incontro a fenomeni degenerativi e all'interno dell'articolazione si rompevano. Quindi coloro che furono operati, se si andava a fare un'artroscopia, non si trovava più il legamento. Non si lamentavano più poiché vi era poi l'adattamento dato dal quadricipite. Oggi le tecniche più utilizzate sono quelle della sostituzione con: il tendine rotuleo il tendine dei muscoli gracile e semitendinoso crociato rotto, si scavano dei tunnel a livello dei condili femorali e a livello dell'epifisi prossimale della tibia, in maniera tale da fare passare nello stesso decorso del legamento crociato anteriore e la parte tendinea attraversi l'articolazione come il legamento crociato. La diversità con il tendine gracile e tendineo sta nel fatto che il tendine rotuleo presenta le due estremità del tessuto osseo, che viene a trovarsi all'interno del tunnel femorale e all'interno del tunnel tibiale. All'interno di essi vi è sanguinamento e quindi avvengono fenomeni di osteointegrazione e il trapianto con il tendine rotuleo assicura nel tempo una stabilizzazione secondaria del trapianto stesso del tempo. La stabilizzazione primaria viene fatta in maniera analoga per il tendine rotuleo e per il tendine gracile e semitendinoso attraverso l'uso di viti. Per il tendine rotuleo rimane una cicatrice più ampia quindi, in passato, alle donne veniva sconsigliato la sostituzione con tale tendine per motivi puramente estetici, preferendo quindi i tendini del gracile e semitendinoso. Oggi si propende più per il gracile e il semitendinoso a prescindere dal sesso del paziente. Come detto i tempi di recupero sono anche di 4-6 mesi. Gli sportivi possono impiegarci più tempo, anche un anno intero. Se i soggetti vanno incontro a nuove rotture e non ci sono più a disposizione il legamento rotuleo, gracile e semitendinoso si può ricorrere anche al legamento artificiale, ma è una situazione estramemente rara e particolare, anche perché si può preferire un prelievo dall'arto controlaterale. Lesioni della cartilagine articolare La cartilagine articolare ricopre i capi ossei dell'articolazione e ha peculiari caratteristiche di elasticità e di resistenza, tanto che si dice che il tessuto osseo non resisterebbe ai carichi senza la cartilagine articolare. Questo però ha solo un gravissimo problema: il tessuto non si rigenera, o comunque ha estreme difficoltà a farlo. Il tutto è aggravato dal fatto che esso non ha vascolarizzazione; il suo nutrimento avviene per diffusione dal liquido sinoviale e, per quanto riguarda gli strati più profondi, per diffusione dei vasi del tessuto osseo subcondrale. Se si va incontro a danneggiamento, allora, difficilmente si può riparare. Si è iniziato a parlare solo recentemente di lesioni della cartilagine articolare, grazie all'avvento dell'artroscopia e della risonanza magnetica. Queste lesioni erano etichettate in passato come artrosi. L'RX ci dava informazioni solo quando il danneggiamento era molto grave! All'RX vediamo i menischi radiotrasparenti, ma in un ginocchio con la lesione questo compartimento mediale è invece scomparso e ci testimonia indirettamente che vi è stato un danno consistente della cartilagine articolare. Lesioni anche di minore entità sono invece visibili all'artroscopia, che ci permette di apprezzare la scomparsa della cartilagine articolare e l'affioramento dell'osso subcondrale. La classificazione delle lesioni è basata sulle osservazioni artroscopiche ed è ancora valida. Classificazione di Outerbridge (1961): Considerazioni -Dobbiamo considerare che sostituiamo un legamento con un tendine. -I tendini gracile e semitendinoso sono utilizzati insieme poiché sono molto sottili; vengono bloccati lungo il decorso del legamento originario che devono sostituire. Il tendine rotuleo viene sezionato, viene presa la parte centrale del tendine e si fa in modo che venga presa anche una piccola porzione ossea a livello della rotula e a livello della tibia, così si ottiene una struttura che in una prima parte ha osso, nella seconda parte ha tendine, nella terza parte ha nuovamente osso. Il trapianto non si può fare per via artroscopica, perché il tendine rotuleo è intrarticolare. Tutto il resto si può fare per artroscopia. In via artroscopica, asporto via il legamento 39

44 Grado I) rammollimento (o rigonfiamento): se con il palpatore pigiamo sulla cartilagine articolare del piatto tibiale e andiamo poi a lasciare tale pressione, ci sarà il ritorno delle strutture alle condizione di partenza,come un materasso, con una superficie di nuovo rettilinea. Nelle lesioni di grado I rimane una sorta di impronta nel punto in cui abbiamo applicato la pressione. Grado II) frammentazione e fissurazione <1,5 cm: la cartilagine presenta fissurazioni e frammentazioni, è tutta sfilacciata, come se avesse la barba Grado III) frammentazione e fissurazione >1,5 cm: lesione più grave rispetto al grado II e il palpatore affonda nella cartilagine Grado IV) Erosione fino all osso subcondrale Completa scomparsa della cartilagine articolare e esposizione del tessuto osseo subcondrale Clinica -dolori articolari: prima infatti era confusa con l'artrosi -versamenti ripetuti: il danneggiamento della cartilagine facilita lo sviluppo di versamenti infiammatori -blocchi articolari: se ho il distacco di un grosso frammento di cartilagine articolare mi dà la stessa risposta della lesione a manico di secchia del menisco: si interpone tra condilo femorale e piatto tibiale e si blocca. Trattamento Come abbiamo detto la cartilagine non si rigenera. Allora in passato si è tentata una pulizia articolare per cercare di togliere i detriti, allo stesso modo per l'aspetto a barba, posso con uno shaver levigare la superficie e togliere la barba e così regolarizzare la cartilagine. Oppure abbiamo la radiofrequenza che svolge un'azione levigante la superficie. Ancora si è pensato di stimolare la formazione di nuova cartilagine. Microfratture: tramite uno scalpellino si frattura l'osso e si fa sanguinare e possibile generazione di tessuto cartilagineo. Ancora oggi qualcuno adopera questo tecnica. Motoablazione (shaving): lo shaver ha una testina rotante e gratta la superficie della cartilagine danneggiata, lasciando gli strati più profondi e sperando che si riformasse nuova cartilagine. Oggi non si usa più questa tecnica. Le tecniche odierne sono invece: -Interventi di mosaicoplastica: furono proposti da Hangody. A livello della superficie articolare dei condili femorali non tutte le zone vanno in carico e altre non partecipano proprio alla funzione articolare. Allora Hangody pensò di prendere questa zona e di trasferirla nelle zone dove erano presenti le frammentazioni. Si prelevano cilindretti costituiti sopra da cartilagine perfettamente integra, ma il cilindretto lo prelevo dal tessuto osseo subcondrale posto sotto in modo che mi mantenga in vita la cartilagine e si trasferisce all'interno della lesione. -innesti condrocitari: questa soluzione oggi è preferibile. Vado nella cartilagine sana, si preleva parte della cartilagine, la si invia in appositi laboratori dove promuovono lo sviluppo condrocitario e dopo un mese confezionano quadratini di cellule condrocitarie uguali a quelle del soggetto. Si impiantano con l'artroscopia questi condrociti. Etiologia: La maggior parte dei casi sono di origine traumatica. Il danno iniziale dell'artrosi è proprio una lesione della cartilagine articolare e poi il processo si diffonde alle altre strutture, compresa la membrana sinoviale che è preposta al liquido sinoviale. Per questo motivo allora diamo l'acido ialuronico(costituente del liquido sinoviale) in soggetti che hanno l'artrosi. L'acido ialuronico stimola il sinoviocita a produrre ancora liquido sinoviale, oltre al supporto meccanico; ma ciò non avviene se il danno è grave e i sinoviociti sono ormai morti. LOMBALGIA, LOMBOSCIATALGIA E LOMBOCRURALGIA LOMBALGIA Per Lombalgia si intende una sintomatologia dolorosa che viene ad essere ad esclusivo interessamentodella sede lombare senza alcuna irradiazione periferica, quindi senza propagazione del dolore agli arti inferiori. La lombalgia è una patologia estremamente frequente e colpisce l età adulta, le donne (soprattutto casalinghe che svolgono intensa attività lavorativa nel loro domicilio), e in generale anche tutte le professioni sportive che sovraccaricano il rachide lombare. Presenta una sintomatologia dolorosa, in quanto tale è mediata da strutture nervose che vanno a trasferire centralmente il dolore. Specificamente queste strutture sono i nervi seno-vertebrali di Luscka, rami molto sottili che scorrono in corrispondenza della regione laterale dei corpi vertebrali. Eziopatogenesi Riconosciamo tutte quelle cause che possono andare a stimolare questi rami nervosi. Le cause, in base alla modalità di insorgenza, possono essere distinte in acute e croniche. 1. Le cause acute sono determinate, di solito, da movimenti anomali del rachide lombare. Le più frequenti sono: Distorsione delle articolazioni inter-apofisarie Distensioni acute dei dischi intervertebrali. 2. Le cause croniche di Lombalgia sono: Artrosi del rachide lombare, sia intersomatica che interapofisaria. Anomalie congenite del rachide Squilibri statico-dinamici (obesità, soprattutto per aumento rapido di peso provocano alterazione del rachide lombare) Processi infettivi Osteopatie Metaboliche (osteoporosi, ricorda che è un deficit qualitativo e quantitativo dell osso) Tumori primitivi o secondari Segni clinici Sono aspecifici, legati alla presenza di dolore accompagnato dalla contrattura muscolare. Si viene ad innescare un circolo vizioso, cioè il dolore protratto nel tempo genera contrattura muscolare, e a sua volta la contrattura muscolare mantenuta nel tempo provoca dolore. Ecco perché il trattamento richiede necessariamente somministrazione anche di miorilassanti. La contrattura muscolare determina anche rigidità del tratto interessato. Diagnostica strumentale Nelle forme acute non esistono delle indagini strumentali che possano confermare la presenza di lombalgia. L esame RX è assolutamente negativo, ma può risultare significativo tramite segni indiretti. La diagnostica per la forma cronica è uguale alla acuta, anche se dobbiamo individuare la causa secondaria (quindi trovare il tumore o l artrosi). 40

45 Trattamento Per le forme acute: il trattamento si basa principalmente sul riposo funzionale (perché continuare a sollecitare il rachide lombare può peggiorare la sintomatologia) e nel somministrare anche antidolorifici e miorilassanti,atti a vincere dolore e contrattura muscolare. Per le forme croniche: possiamo sempre agire a livello sintomatico con antidolorifici e miorilassanti. E chiaro che, dove è possibile, dovremmo andare ad agire specificamente sulle cause effettive. Inoltre in gran parte di queste forme può essere d aiuto un busto ortopedico (che mette a riposo il tratto lombare interessato) e anche la fisiokinesiterapia. LOMBOSCIATALGIA È una sindrome dolorosa del tratto lombare con tendenza a irradiarsi all arto inferiore, con interessamento del nervo sciatico. Di queste, quelle su cui dobbiamo porre maggiormente la nostra attenzione sono le radici di L5 e S1, poiché emergono in una sede dove esiste un movimento e dove esiste il disco intervertebrale; poco ci importa delle altre 3 radici che emergono a livello del sacro, dove non ci sono dischi intervertebrali e non vi è movimento (discorso importante per le ernie del disco intervertebrale). Le cause di Lombo-sciatalgia sono sovrapponibili a quelle di Lombalgie croniche, ad eccezione dell ernia discale: Ernia del disco (causa più importante e più frequente) Artrosi Anomalie del rachide Squilibri statico-dinamici Processi infettivi Osteopatie Metaboliche Tumori Ernia del disco lombosacrale Il disco intervertebrale è una fibrocartilagine (analogo ai menischi o al cercine glenoideo della spalla), ma ha una strutturazione anatomica diversa: infatti è costituito nella sua porzione centrale dal nucleo polposo (rappresentato per circa il 98-99% da acqua), circondato dall anulus fibroso che viene a delimitarlo. Questo tipo di conformazione è importante, perché il movimento della colonna vertebrale viene proprio a generarsi a livello del disco intervertebrale, attraverso le modifiche del nucleo polposo: quest ultimo, spostandosi all interno del disco intervertebrale, consente alle vertebre lo sviluppo del movimento. Ernia del disco: L ernia corrisponde alla fuoriuscita nel nucleo polposo dall anello fibroso. Ricordi anatomici sul N. Sciatico: è il nervo con il maggior diametro presente nell organismo e prende origine da diverse radici. Le radici sono: RADICE DI L5, dallo spazio L4-L5 RADICE DI S1, dallo spazio L5-S1 RADICE DI S2 RADICE DI S3 RADICE DI S4 (La radice prende il nome dal corpo vertebrale sottostante) I dischi intervertebrali ci sono tra L4 -L5, il penultimo, e tra L5-S1, l ultimo disco. 41 Le cause possono essere: Fortemente traumatiche, che provocano la rapida espulsione del nucleo polposo, che attraversa le fibre dell anello fibroso. L indebolimento dell anulus fibroso, che lascia passare il nucleo polposo al di fuori, in seguito a processi degenerativi. Ovviamente le possibilità di fuoriuscita del nucleo polposo sono verso tutte le direzioni, dal punto di vista teorico: Al davanti del corpo vertebrale Di lato (a dx e a sx) In questi due casi non ho sintomatologia oppure si ha una semplice lombalgia, perché i nervi seno-vertebrali si trovano in corrispondenza della regione anteriore o laterale dei corpi vertebrali e possono essere stimolati. Non avremo lombosciatalgia perché per averla dovremmo avere la stimolazione della radice che entra a far parte del nervo sciatico. Posteriormente: situazione diversa, in questo caso il nucleo polposo viene ad aggettarsi all interno di una struttura chiusa, che è il canale vertebrale, all interno del quale c è il midollo e l emergenza delle

46 radici. Qui si vengono a creare dei fenomeni compressivi a livello delle strutture nervose. Questa compressione, se viene esercitata sulla radice nervosa, provocherà dolore lì dove la radice nervosa si viene a portare (nel dermatomero corrispondente). Lo stesso discorso vale per altre ernie, ad esempio cervicali. E un discorso segmentario (ciò riguarda anche le lombosciatalgie), infatti sono due le radici del nervo sciatico che possono essere coinvolte, tant è vero che distinguiamo lalombosciatalgia di L5, quando è coinvolto il disco intervertebrale L4-L5, e una lombosciatalgia di S1, quando è coinvolto il disco L5-S1, con sintomatologie diverse (diversi dermatomeri coinvolti). La fuoriuscita del nucleo polposo biomeccanicamente più comune è la posteriore. Il fatto che la fuoriuscita del nucleo polposo possa avvenire in tutte le direzioni è testimoniata dall Ernia intraspongiosa di Schmorl, con fuoriuscita anche al di sopra o al di sotto, andando a intromettersi e bucare il corpo vertebrale sovrastante o sottostante: è vista dal radiologo occasionalmente, in quanto è praticamente asintomatica, ed è associabile a possibili episodi di lombalgia verificatisi in passato. La causa è soprattutto traumatica. In relazione al tipo di ernia: Interessamento del disco L4-L5: ho una Lombosciatalgia di L5, la meno frequente. Interessamento del disco L5-S1: ho una lombosciatalgia di S1, la più frequente. (Nell eventualità che ci sia l interessamento del disco L3-L4, con compressione della radice L4, dato che questa costituisce il nervo crurale avrò una Lombocruralgia. L4 dà un ramuscolo per il nervo sciatico, ma non è significativo e non viene considerato). Criteri classificativi dell ernia del disco (parlando solo delle protusioni posteriori, che sono le reali ernie al disco, che interessano la lombo sciatalgia): -Direzione che viene ad essere assunta dal nucleo polposo rispetto alla linea mediana: Ernia Mediana: se la posizione è perfettamente centrale e simmetrica rispetto alla linea mediana Ernia Paramediana: se spostato leggermente di lato Ernia Laterale: se spostato ancora più lateralmente Ernia Intraforaminale: al limite del canale vertebrale, viene ad estrinsecarsi a livello del forame intervertebrale. -Un altra classificazione delle ernie del disco si basa sul rapporto con il legamento longitudinale posteriore (abbiamo immaginato in maniera erronea, che questo nucleo polposo, fuoriuscendo si aggetti subito all interno del canale vertebrale, in realtà c è l ostacolo costituito dal legamento longitudinale posteriore). Quindi in base all integrità o meno del legamento possiamo parlare di: Ernia contenuta: il legamento longitudinale posteriore rimane integro. Ernia espulsa: in cui il materiale discale rompe il legamento, ma mantiene sempre un rapporto di continuità con la porzione centrale del nucleo polposo dal quale si diparte. Ernia migrata: il nucleo polposo supera il legamento e perde i rapporti con il resto del nucleo polposo. Il materiale discale può salire verso i segmenti superiori o scendere verso i segmenti inferiori, potendo comprimere l emergenza delle radici nervose sovrastanti o sottostanti, con quadro sintomatologico 42 che risulta essere diverso rispetto alla sede del disco interessato. Ernia scivolata: è molto rara, in cuiil legamento longitudinale posteriore è mantenuto integro, però l ernia si insinua al suo interno e può scendere o risalire. Sintomi È legata all azione compressiva esercitata dal nucleo polposo a livello delle radici. E necessario distinguerli in base alla SEDE (livello) e in base allo STADIO (evoluzione nel tempo). I. Sede: Dolore in sede lombare, con un irradiazione sciatalgica, cioè all arto inferiore di tipo dermatomerico (legato strettamente al livello che viene servito dalla radice interessata). Rigidità e contrattura muscolare, come per la lombalgia. I fenomeni compressivi esercitati sulla radice nervosa, cheè mista, e viene a presentare sia disturbi sensitivi che motori, avremo infatti: Turbe della sensibilità Deficit motori Alterazioni dei riflessi osteotendinei, che sono costituiti da una via sensitiva e una motoria Ipotonotrofia muscolare Nella lombo sciatalgia c è la possibilità di avere 2 radici interessate e,di conseguenza, sono 2 le irradiazioni dolorose possibili. Nel caso della radice di L5 (ernia del disco L4-L5): il dolore parte dalla sede lombare e si irradia attraverso la regione glutea lungo il territorio della radice di L5, costituito dalla faccia antero-laterale (esterna) della coscia, faccia antero-esterna della gamba, dorso del piede, fino all alluce. Nel caso della radice S1: il dolore parte dalla sede lombare e si irradia alla faccia posteriore della coscia, faccia posteriore della gamba e faccia plantare del piede. È importante sapere i territori di innervazione perché dal dato sintomatologico risalgo all interessamento del disco intervertebrale. Parlando di turbe della sensibilità, nella prima fase sono quelle soprattutto evidenti. Hanno distribuzione dermatomerica,come prima indicato, e sono caratterizzate da: parestesie (formicolii, bruciori), ipoestesie (sensibilità ridotta) fino alle anestesie (assenza completa di sensibilità). (Nell ordine così descritto perché in rapporto allo stadio avremo questa progressione). Deficit motori, andandoli a riscontrare nei corrispondenti territori di distribuzione del nervo: Radice L5: paresi o paralisi che inizia dal muscolo estensore proprio dell alluce (EPA), che è il primo ad essere coinvolto(la compromissione è sempre a partenza periferica), poi anche muscolo estensore comune delle dita, muscolo tibiale anteriore e muscoli peronei. Radice S1: lo apprezziamo nella regione posteriore della gamba(e non nella regione plantare del piede), cioè a livello del tricipite della sura, che sarà ipovalido (si assottiglia anche visivamente). Alterazione dei riflessi osteotendinei: Radice L5, non esistono riflessi osteotendinei che vengono esclusivamente riferiti alla radice di L5. Radice S1, sono 2 i riflessi alterati: riflesso achilleo e il riflesso medio-plantare. Più specificatamente nella fase iniziale vi sarà una iperreflessia, poi iporeflessia e infineareflessia.

47 II. Stadio Sindrome da irritazione: c è una sofferenza esclusivamente di tipo sensitivo, cioè si ha dolore e parestesie. Inoltre c è iperreflessia. Non abbiamo disturbi motori perché i nervi motori sono più interni rispetto a quelli sensitivi, che sono più periferici e che quindi vengono colpiti per primi in caso di compressioni. Sindrome da compressione: ci sono sia disturbi sensitivi che motori. Inoltre c è iporeflessia.(non tutte le ernie del disco passano dal I al II stadio, ovviamente dipende sempre dal fenomeno compressivo! Il problema insorge quando dal I- II stadio si passa al III) Sindrome da interruzione: la compressione si protrae a lungo nel tempo e determina la necrosi della radice nervosa che porta ovviamente alla paralisi radicolare. Di conseguenza il soggetto si lamenta di non poter effettuare alcun movimento e non sente alcun dolore. Inoltre c è areflessia. I primi 2 stadi sono REVERSIBILI; il terzo stadio è IRREVERSIBILE. Test clinici (servono per convalidare l effettiva presenza di lombo sciatalgia da ernia del disco): Segno di Lasègue: il paziente è disposto in posizione supina, con particolare accuratezza si flette prima il ginocchio e, piano piano, dalla posizione di flessione a 90 il ginocchio si porta in estensione. Questo tipo di manovra viene a determinare uno stiramento del nervo sciatico: se il soggetto presenta un ernia del disco questo stiramento risulta essere molto doloroso (tant è vero che questi soggetti tendono a bloccare repentinamente questo tipo di manovra). Segno di Delitala: andiamo a determinare una compressione con le nostre dita a livello dell emergenza radicolare. Andando a premere a livello di L4-L5 e di L5-S1, a destra e a sinistra, si è in grado di provocare dolore lì dove si presuppone che questa radice sia stata danneggiata. Segno di Valleix: è sempre una manovra di digito-pressione lungo il decorso del nervo sciatico, quindi ad esempio a livello del terzo medio della coscia, a livello del cavo popliteo, del tricipite della sura e a livello del tendine d Achille. Andando a premere in queste zone il soggetto può avere dolore. Segno di Dandy: permette una valutazione di tipo muscolare. Il primo segno che compare in una sindrome da compressione di L5 è il deficit dell EPA (estensore proprio dell alluce). Si invita il soggetto a dorsiflettere l alluce di entrambi i piedi 43 contemporaneamente e lo fa controresistenza: da un lato sarà in grado di resistere; dall altro invece tenderà improvvisamene ad abbassarsi. Diagnostica strumentale TC RMN Rx (non dice nulla relativamente all ernia del disco, ma è utile solo per escludere altre cause di lombosciatalgia) Discografia (oggi non si usa più) In casi dubbi può essere utile l Esame elettromiografico: ad esempio nel caso in cui la sintomatologia non è ben definita oppure quando non si ha un corrispettivo tra il quadro sintomatologico e il referto della RMN. Ci sono varie problematiche diagnostiche relativamente alla patologia da ernia del disco, in quanto la RMN potrebbe farci refertare enie discali di tutti i tipi: però ci sono ernie che non danno sintomatologia. Ci si può anche imbattere nel cosiddetto bulging discale, cioè una specie di rigonfiamento del disco di cui non si sa bene se possa essere responsabile di sintomatologia o meno. La discordanza tra la clinica e l imaging è molto frequente. Fra le 2 tipologie di diagnosi vince nettamente quella clinica. Terapia Medica: riposo, antidolorifici e miorilassanti (è la stessa della lombalgia). La maggior parte dei pazienti con ernia del disco, dopo un certo periodo di tempo, può trarre benefici anche solo con la terapia medica. Questo potrebbe sembrare un trattamento palliativo, perché l ernia con la sola terapia medica non retrocede, ma in realtà non lo è, perché il nucleo polposo è costituito per circa il 98% da acqua, quindi col passare del tempo, esso si disidrata e di conseguenza la compressione sui nervi si riduce. Inoltre c è il fattore distribuzione del materiale discale: il canale midollare è chiuso, ma non lo è al di sopra e al di sotto, per cui il materiale discale, in base ai movimenti della colonna vertebrale, può distribuirsi al di sopra e al di sotto e quindi va ad alleggerire la pressione sulla radice. Ecco perché esiste anche una corrente di pensiero americana, secondo la quale le ernie del disco non debbano essere trattate chirurgicamente, perché bisogna solo aspettate un po di tempo. Il concetto di fondo non è sbagliato ma porta ad un problema: si può aspettare se ci si trova nella fase iniziale, cioè nella sindrome da irritazione, ma nel momento in cui si passa alla seconda fase, cioè la sindrome da compressione, si deve andare subito a trattare la condizione patologica. Infatti se si passa al terzo stadio, cioè la sindrome da interruzione, la radice nervosa viene persa. Se il paziente, che ha un ernia allo stadio I, non vuole stare a soffrire aspettando che si verifichino gli eventi sopracitati, non possiamo costringerlo ad aspettare e quindi operiamo l ernia chirurgicamente. (La sintomatologia dell ernia nella maggior parte dei casi regredisce spontaneamente. Tempo fa in un ospedale di Palermo veniva effettuata la VACUM (?) terapia, che consisteva nel posizionare una coppa di vetro con un tubo che aspirava direttamente a livello

48 cutaneo. Il prof dice che non capisce come tale tecnica possa portare dei benefici, ma intanto l ideatore di tale tecnica aveva dei risultati. Il prof afferma che i risultati fossero dovuti non tanto all efficienza della VACUM terapia, bensì al fatto che in molti casi l evoluzione spontanea della storia naturale dell ernia porta alla risoluzione sintomatologica.) Riflesso rotuleo alterato (nella prima fase iperreflessia, poi ipo-reflessia, infine areflessia) Test clinico specifico è il segno di Wassermann (chiamato anche Lasègue inverso) che consiste nel far compiere al paziente un movimento di estensione. Terapia: la stessa della lombosciatalgia da ernia discale Chirurgica se questo materiale discale si trova a livello del canale vertebrale lo si deve andare a togliere, e per fare ciò si deve ottenere l accesso allo stesso canale vertebrale. Per fare ciò si deve abbattere la lamina vertebrale (la porzione postero-laterale, che è la via d accesso più facile): si può fare la emilaminectomia (abbatterne metà), oppure la laminectomia, abbattendola completamente. Quest intervento di asportazione dell ernia del disco può essere fatto anche in microdiscectomia, cioè può essere fatto con il microscopio chirurgico: il meccanismo è sempre lo stesso ma si ottiene una via di accesso più piccola. Esistono altre tecniche terapeutiche che sono riservate per ernie del disco piccole e soprattutto contenute. Sono 2: la chemonucleolisi, metodica enzimatica, non più utilizzata per via del farmaco non più prodotto, che era basata sull introduzione all interno del disco intervertebrale della chimo papaina, un enzima presente nella papaia e che ha un azione digestiva nei confronti del nucleo polposo. L altra tecnica è la nucleotomia percutanea: si utilizzano delle sonde molto piccole sempre per la stessa via postero-laterale della lamina vertebrale e si determina un azione meccanica vera e propria. Questa sonda ha 3 vie: 1 che introduce acqua; 1 che tritura; 1 che aspira. In questo modo si effettua l asportazione del materiale discale, andando ad alleggerire la compressione sui nervi Per effettuare l intervento chirurgico il paziente deve essere posto in decubito laterale: si fa un incisione paramediana, si divarica la cute e anche il sottocute, giungendo fino alla colonna vertebrale. L ernia è all interno del canale vertebrale e quindi si deve raggiungere tale zona: si fa la emilaminectomia o la laminectomia. A questo punto possiamo riscontrare varie strutture anatomiche: corpi vertebrali, disco intervertebrale, midollo, radici nervose, l ernia. Si prende una pinza, si porta via il materiale discale, si ripulisce il tramite attraverso l anello fibroso per evitare che il materiale rimasto possa poi fuoriuscire in un secondo momento e in questo modo l intervento è concluso. LOMBOCRURALGIA È un ernia del disco che si verifica a livello del disco L3-L4, quindi che interessa la radice di L4, la quale forma il nervo crurale. L irradiazione dolorosa è tipica della cruralgia e si estrinseca in sede lombare con irradiazione lungo la faccia anteromediale della coscia (diagnosi differenziale con la pubalgia, in ambito ortopedico, ma anche con le ernie inguinali). Determina: Un ipotonotrofia del muscolo quadricipite femorale, che è proprio innervato dal nervo crurale PATOLOGIA DELLA SPALLA Le patologie della spalla etiologicamente sono: Da traumi acuti Da traumi cronici Da processi degenerativi (principalmente artrosi) Dal punto di vista anatomo-patologico la patologia traumatica della spalla comprende: 1. Lesioni mio-capsulo-legamentose 2. Lesioni del cercine glenoideo 3. Lesioni osteoarticolari Le lesioni mio-capsulo-legamentose sono rappresentate da: Contusioni Infiammazioni (a carico di borse e tendini) Rotture di tendini (soprattutto a carico della cuffia dei rotatori) Impingment Syndrome Le contusioni sono eventi post-traumatici che provocano schiacciamento dei tessuti molli sottostanti con possibile lesione dei vasi senza lacerazione della cute. Classificazione in 3 gradi: I. Formazione di ecchimosi da stravaso ematico nel sottocute II. Ematoma a livello muscolare o fasciale con tumefazione fluttuante III. Necrosi cutanea da estesa sofferenza vascolare Per il trattamento avremo a seconda del grado: I. Riposo funzionale e crioterapia 44

49 II. Antiedemigeni, anti-infiammatori, e eventuale svuotamento dell ematoma (con o senza guida ecografica) III. Antibiotici e medicazioni locali Le borsiti sono processi infiammatori a carico delle borse tendinee, soprattutto colpiscono la borsa sotto-acromiale e la borsa sotto-deltoidea, a etiologia traumatica. Le borse sono delle strutture anatomiche utili ad evitare fenomeni di attrito tra tendini e/o muscoli e strutture ossee riducendo quindi i processi di usura. Inoltre le borse consentono l attività di muscoli su piani di azione diversi. Le borse sono costituite da due foglietti mucosi che si affrontano tra loro, che delimitano una cavità all interno della quale è presente un secreto mucoso. Nei processi infiammatori questo secreto aumenta di volume e porta al rigonfiamento della borsa. Clinicamente la borsite è caratterizzata da dolore e limitazione funzionale. La diagnosi clinica è confermata dalla valutazione ecografica o eventualmente, in casi particolari, TC o RMN. Le tendiniti sono processi infiammatori delle strutture tendinee, tutti i tendini della spalla possono essere colpiti ma l infiammazione interessa soprattutto: t. del muscolo sottoscapolare; t. del muscolo sovra spinoso; t. del capo lungo del bicipite. Il quadro clinico si caratterizza per la presenza di dolore, limitazione funzionale e inspessimento tendineo. Quest ultimo non facilmente apprezzabile se non in strutture superficiali. Poiché borse e tendini si trovano sullo stesso piano e i segni clinici sono aspecifici, la diagnosi differenziale tra tendiniti e borsitisi esegue grazie allo studio ecografico (tendini e borse sono radiotrasparenti all Rx tranne nel caso di una tendinite calcifica). Comunque il trattamento di questi processi infiammatori è sostanzialmente simile: 1. Riposo funzionale 2. Crioterapia 3. Antiflogistici e miorilassanti 4. Terapia fisica (ionoforesi, laser terapia, TENS ) Rottura di tendini è per lo più evoluzione di una tendinite, le sedi più frequentemente interessate sono: cuffia dei rotatori; capo lungo del m. bicipite; m. grande pettorale. Rottura della cuffia dei rotatori. La cuffia dei rotatori è una struttura tendinea nastriforme costituita dall unione dei tendini del sovra spinoso, sottospinoso, piccolo rotondo, sottoscapolare. La cuffia dei rotatori ricopre a modo di cuffia la testa dell omero stabilizzando notevolmente l articolazione gleno-omerale. Questa di per sé è un articolazione instabile, in cui la testa dell omero, sferica, fronteggia la cavità glenoidea, piatta e verticale. La rottura della cuffia dei rotatori è: Esito di sindrome da attrito Esito di trauma Complicanza di una degenerazione tendinea La degenerazione tendinea può avvenire in qualunque sede, essa rappresenta l evoluzione di una tendinite non guarita. Una tendinite che no guarisce evolve in tendinosi, un processo degenerativo a carico dei tenociti, che può essere di natura vacuolare, amiloidotica, calcifica ecc La comparsa di tendinosi si associa a regressione dei sintomi, talvolta invece decorre in maniera paucisintomatica. Questa regressione clinica può essere confusa con la guarigione del processo infiammatorio, ma la degenerazione che si verifica progredisce (senza dar segno di sé) fino alla rottura. Non esiste terapia per bloccare questo processo degenerativo che inoltre decorre misconosciuto, pertanto il pz dovrebbe ricorrere a ripetute sedute ecografiche per un anno o più nel tentativo di riconoscere la degenerazione tendinea. Comunque no ci sono possibilità terapeutiche eccezione fatta per le tendinosi calcifiche trattabili in casi particolari con onde d urto. Dal punto di vista clinico la rottura della cuffia dei rotatori si manifesta con dolore, limitazione dei movimenti di extrarotazione e di abduzione. 45 L iter diagnostico prevede la valutazione anamnesticoclinica e la conferma mediante l indagine ecografica e eventualmente il ricorso alla RMN. Il trattamento della rottura della cuffia dei rotatori varia a seconda dell entità della rottura stessa: Modesta = trattamento incruento con riposo funzionale, tutore e FKT Grave = trattamento cruento con re inserzione o sutura termino-terminale dei tendini interessati. Se la perdita di sostanza è abbondante il trattamento è reso difficile data la mancanza di materiali idonei a coprire la perdita di sostanza, pertanto i risultati del trattamento chirurgico sono spesso insoddisfacenti. Rottura del t. del capo lungo del bicipite si evidenzia all ispezione la presenza del tipico solco sovrabicipitale (segno di Popeye) secondario al raccoglimento del muscolo nella piega del gomito che si accentua invitando il pz a contrarre il muscolo. Distacco del grande pettorale, rottura del tendine del m. grande pettorale che si inserisce nella grande tuberosità dell omero con conseguente raccoglimento del muscolo nella linea mediana. Il trattamento di queste due forme è esclusivamente chirurgico attraverso re inserzione con ago e filo. Al di là di eventi traumatici, come il sollevamento pesi, forse la causa più frequente di rottura tendinea è il doping. Questo porta ad aumento del volume e della forza del muscolo ma il tendine rimane lo stesso trovandosi, dunque, a lavorare in una situazione di sovraccarico. Impingment Syndrome (o sindrome da conflitto sottoacromiale o sindrome da attrito) è secondario al conflitto che si determina durante l abduzione del braccio tra l acromion e la testa dell omero. Normalmente all RX della spalla è evidente uno spazio di 7-8 mm tra la faccia inferiore dell acromion e la testa dell omero, ma per cause anatomiche e funzionali si determina riduzione di questo spazio e conflitto tra queste strutture. Cause anatomiche: ipertrofia dell acromion (congenita) o formazione di osteofiti da patologia artrosica. Cause funzionali: dopo rottura grave della cuffia dei rotatori viene meno l azione di contenimento della testa dell omero verso il basso che controbilancia la spinta del deltoide verso l alto con conseguente riduzione dello spazio sottoacromiale.

50 La conferma diagnostica è data dall RX che può mostrare la riduzione dello spazio sottoacromiale o eventualmente l RMN. Trattamento Incruento, solo per patologie transitorie a carattere infiammatorio come borsiti e tendiniti, prevede FKT e antiflogistici anche per via infiltrativa ma di fatto no si corregge la causa dell impingment. Cruento: o Acromioplastica per via atroscopica allo scopo di aumentare lo spazio sottoacromiale. o Trattamento della eventuale lesione della cuffia dei rotatori Lesioni del cercine glenoideo Il cercine glenoideo è una struttura fibrocartilaginea (simile ai menischi) che, trovandosi sul ciglio della cavità glenoidea, aumenta la congruenza articolare. Le lesioni sono per lo più conseguenza di traumi discorsivi ben evidenti allo studio TC. Il trattamento è chirurgico e consiste nella asportazione del tessuto leso. Lesioni osteo-articolari Sono rappresentate da: Distorsioni Sublussazioni Lussazioni La distorsione è una perdita temporanea di rapporto tra i capi articolari. I capi articolari, qualunque essi siano, a seguito del meccanismo traumatico si distanziano tra loro per un istante. Nell istante successivo essi ritornano nella posizione originaria. Nella lussazione i capi articolari si allontanano, perdono i rapporti e non li riacquisiscono se non tramite intervento chirurgico. Se la distinzione tra distorsione e lussazione è di tipo temporale, la distinzione tra lussazione e sublussazione è di tipo spaziale. Nella lussazione la perdita di rapporto è completa, in pratica le superfici articolari non si fronteggiano in alcun modo; nella sublussazione rimane un contatto parziale. Questa terminologia può essere adottata per qualsiasi tipo di articolazione. È possibile fare diagnosi ecografica. Se vi è un danno capsulare o se è di natura legamentosa, l ecografia fornisce un valido aiuto. Se vi è un danno banale, esso sarà di tipo contusivo. L articolazione della spalla è, forse, la più instabile del corpo umano ed è maggiormente esposta a fenomeni di lussazione. Lussazione scapolo-omerale (o di spalla propriamente detta). La spalla è costituita 3 articolazioni: scapolo-omerale; acromion-clavicolare; sterno-clavicolare. Tutte e 3 possono andare incontro a distorsioni o lussazioni, ma quando parliamo di lussazione di spalla propriamente detta facciamo riferimento all articolazione scapolo-omerale. Si avrà perdita completa e definitiva dei rapporti articolari. Questa è la più frequente lussazione della spalla e si verifica in seguito a traumi diretti ma soprattutto indiretti come ad esempio una caduta sulla mano o sul gomito. Classificazione in base alla sede della lussazione: Anteriore = la testa omerale si porta in avanti rispetto alla cavità glenoidea Posteriore = la testa dell omero si porta indietro rispetto alla cavità glenoidea Inferiore = la testa dell omero si porta in basso rispetto alla cavità glenoidea Superiore = si può osservare solo se associata a frattura dell acromion che normalmente determina un importante contenimento verso l alto. Quadro clinico Dolore, sintomo aspecifico e soggettivo. Impotenza funzionale a causa per lo più del dolore. Appiattimento del profilo della spalla ( a spallina di generale ): una spalla non lussata, lateralmente, ha aspetto di tipo rotondeggiante legato al muscolo deltoide (muscolo della bellezza secondo i greci). Se si prova il deltoide della testa, si appiattisce e assume aspetto squadrato come quello della spallina della divisa di un generale. Tipico sostentamento dell arto: atteggiamento antalgico dell arto addotto a gomito flesso e intrarotato sostenuto dall arto sano. Esiste una lussazione definita eretta, in questi casi la testa dell omero si incastra al di sotto della cavità glenoidea per cui il soggetto rimane con l arto alzato. Palpazione della testa dell omero in posizione anomala, la consistenza dura dell osso consentirà di eseguire DD con ematomi o tumefazioni. o Lussazione anteriore, la testa sarà palpabile a livello del solco deltoideo-omerale o Lussazione inferiore, la testa sarà palpabile nel cavo ascellare o Lussazione posteriore, la testa non sarà palpabile per la presenza della scapola. In tal caso si può cercare al più l assenza della testa dell omero nella sua sede normale La conferma diagnostica è data dall indagine radiologica, che inoltre consente di apprezza eventuali fratture associate cosa che l ecografia non può fare seppure sia sufficiente a dimostrare la lussazione. Complicanze della lussazione Immediate o Presenza di fratture associate, il soggetto che ha subito il trauma oltre alla lussazione presenta una frattura = frattura-lussazione o Lesioni del nervo circonflesso, valutabile in base al deficit di contrazione del deltoide o Lesioni del plesso brachiale molto rare Tardive o Lussazione inveterata, ossia una lussazione datata che non è stata mai ridotta.si tratta di una complicanza molto rara per quanto riguarda la lussazione della spalla, che viene in genere sempre ridotta, più frequente in altre articolazioni, come nel caso della lussazione dell anca nei soggetti con spina bifida particolarmente grave, che comunque sono destinati a rimanere sulla sedia a rotelle e per i quali un intervento chirurgico sarebbe abbastanza complicato e destinato a non avere successo. o Lussazione recidivante e abituale. La distinzione tra l. recidivante e abituale è sostanzialmente numerica. È possibile che dopo un primo evento traumatico il 46

51 soggetto possa averne un secondo e andare nuovamente incontro a lussazione, in questo caso si parlerà di l. recidivante. Così ancora per un terzo o quarto caso, ma se l evento lussazione ricorre molteplici volte saremo sicuramente dinanzi ad un quadro di l. abituale. Il ripetersi di lussazioni comporta una progressiva riduzione della capacità ritentiva di quelle che sono le parti molli, ad esempio maggiore lassità della capsula articolare. Questo predispone a eventi lussativi anche per traumi a bassa energia o anche per normali gesti della vita quotidiana, quindi parleremo di l. abituale. Esistono ancora soggetti psichiatrici che intenzionalmente si lussano la spalla e questi se individuati non vanno trattati calcio, calcetto, basket e pallavolo perchè vi è in tali discipline un'elevata sollecitazione dinamica dell'articolazione, e circa il 40% degli atleti riporta una disabilità residua. Questa articolazione tibio-tarsica è a cerniera (troclea), ovvero effettua solo movimenti di flesso-estesione; E' presente una capsula fibrosa e dei legamenti e, come in tutte le articolazioni, questi ultimi hanno il compito di dare stabilità: i legamenti collaterale mediale e collaterale laterale danno stabilità laterolaterale mentre qualli anteriori e posteriori danno stabilità antero-posteriore. Una problematica da non sottovalutare è la propriocezione in quanto la pianta del piede risulta piena di propriocettori che inviano informazioni a livello del midollo spinale, dei centri encefalici e del cervelletto, dove risiedono i centri posturologici. Dopo la ricezione di questi impulsi verranno evocate delle risposte motorie efferenti che, permettendo la contrazione di vari gruppi muscolari, permettono il movimento e il mantenimento della postura. Trattamento della lussazione Incruento: riduzione della lussazione con ripristino dei rapporti articolari, esistono diverse manovre di riduzione ad es. la manovra di Kocher. In generale la riduzione consiste di una trazione e contro trazione in modo tale che si ripristino i rapporti articolari sfruttando quelle che sono le caratteristiche di elasticità delle parti molli. Solo dopo la riduzione si procede all immobilizzazione dell arto. La riduzione si accompagna fin da subito ad un miglioramento della sintomatologia. NB. Se non dovesse riuscire la manovra di riduzione si può in alcuni casi procedere ad una riduzione con narcosi, la narcosi infatti inibisce la contrattura riflessa data dal dolore che si oppone alla riduzione. È importante tenere in considerazione che se ci troviamo di fronte ad un quadro di frattura-lussazione una errata manovra di riduzione può comportare lesioni di vasi e nervi. Dopo la riduzione sarà utile un Rx di controllo e successivamente si procede con immobilizzazione con fasciatura alla Desault o tutore per un periodo di circa 20 gg. L immobilizzazione soprattutto in soggetti giovani permette una migliore guarigione delle strutture capsulari e legamentose in modo tale da avere una maggiore capacità contenitiva e prevenendo dunque quadri di l. abituali. Cruento: il trattamento chirurgico è riservato solo a lussazioni non riducibili incruentamente o in presenza di complicanze associate per la quale si richiede trattamento chirurgico. Esiste inoltre la possibilità di un intervento di capsulo plastica per il trattamento di l. abituali. DISTORSIONE DEL COLLO- PIEDE Quando si parla di distorsione del collo del piede si parla di "distorsione della caviglia" o "distorsione tibio-tarsica". E' un evento in prevalenza causato da infortuni nello sport, per lo più 47 Il trauma distorsivo può provocare: - instabilità funzionale: il paziente accusa una sensazione soggettiva di cedimento; dopo il primo trauma distorsivo l'articolazione continua a cedere, si ripresenta e diventa ripetitivo. - instabilità meccanica Movimenti dell'articolazione Il collo-piede può effettuare SOLO movimenti di flessoestensione (2 movimenti: flessione ed estensione) perchè è una troclea, ma abbiamo anche dei movimenti del piede (4 movimenti: adduzione, abduzione, pronazione e supinazione) che in associazione ci consentiranno di effettuare l'inversione e l'eversione, anch'essi movimenti fisiologici. I movimenti del piede sono: -Adduzione: avvicinamento della punta del piede all'asse di simmetria del corpo. (immagine n 2) - Abduzione: allontanamento della punta del piede dall'asse di simmetria del corpo. (immagine n 3)

52 - Supinazione: la pianta del piede è rivolta verso l'interno. (immagine n 4) - Pronazione: la pianta del piede è rivolta verso l'esterno. (immagine n 5) Tutti questi movimenti vengono considerati a partire dalla posizione di riferimento, ovvero quando l'asse della gamba forma con l'asse del piede un angolo di 90. Questi movimenti del piede sommati ai quelli del collo-piede, flessione ed estensione, ci consentiranno di effettuare i movimenti di inversione ed eversione: -Inversione: adduzione + supinazione + estensione. - Eversione: abduzione + pronazione + flessione. Si possono avere anche: -varismo: adduzione + supinazione - valgismo: abduzione + pronazione che sono esclusivamente inerenti al piede. Traumi distorsivi del collo-piede: -traumi in inversione: 85% -traumi in eversione: 15% Quelli in inversione sono i più frequenti per uno specifico motivo anatomico: il malleolo peroneale (esterno) risulta essere più lungo rispetto al tibiale (interno), pertanto il peroneale protegge questo movimento. I pazienti con questo tipo di trauma vengono stadiati: Fisiopatologia Sono presenti 3 zone: -zona in cui è avvenuto il trauma -zona di shock cellulare - zona di flogosi Clinica - dolore (il paziente non riesce ad appoggiare il piede) - tumefazione - edema - impotenza funzionale Iter diagnostico - Anamnesi - Valutazione clinica - Valutaziopne strumentale a)ecografia (sempre) associata a RX b) RX (per valutare se ci sono fratture del malleolo) c) RMN (raramente, solo in casi dubbi) Misure di prevenzione del trauma distorsivo - attuare un potenziamento muscolare: in genere viene fatto con elettrostimolazione, soprattutto dei peronieri. -appoggio al suolo più ampio (si deve cercare di allargare il baricentro) - taping: per evitare recidive Trattamento riabilitativo - limitare l'azione lesiva sui tessuti - prevenire danni futuri - reinserire l'atleta nella pratica sportiva il prima possibile Trattamento immediato post-distorsione 1) Terapia specifica, incruenta o cruenta -R.I.C.E. - terapia fisica 2) Recupero e rieducazione funzionale (attraverso il recupero del ROM articolare e del tonotrofismo muscolare) Una volta ottenuto il recuperò si dovrà passare al 3) Potenziamento muscolare 4) Rieducazione propriocettiva 5) Reinserimento del paziente nel campo da gioco (atleti) in modo tale che sia capace di compiere il gesto sportivo allo stesso modo di come lo compiva prima dell'evento distorsivo. Quindi come prima cosa che bisogna fare al paziente con trauma distorsivo è : -R.I.C.E (R=RIPOSO, I=GHIACCIO, C=COMPRESSIONE, E=ELEVAZIONE) rappresenta la terapia di attacco; -TERAPIA FISICA per: limitare gli effetti acuti del trauma; eliminare il dolore; stimolare i muscoli ipotonotrofici con l'elettrostimolazione; prevenire ed eliminare le calcificazioni; riattivare la via emolinfatica, perchè l'ematoma da' grossissimi problemi. La terapia fisica comprende: -La IONOFORESI come terapia antiflogistica. -La TENS a scopo analgesico. -Gli UTRASUONI per riassorbire gli ematomi e frammentare, ove è possibile le calcificazioni. -La LASERTERAPIA a scopo antiflogistico. -La TECATERAPIA per migliorare il metabolismo cellulare. Una volta trattato il problema flogistico, iniziamo con il: -RECUPERO DELL'ESCURSIONE ARTICOLARE, si inizia con una mobilizzazione passiva strumentale, utilizzando delle docce motorizzate chiamate kinetec che permettono all'articolazione collo-piede una mobilizzazione continua passiva (MPC) al fine di recuperare il movimento di flessoestensione; (Le kinetec sono delle apparecchiature molto precise perchè ci permettono di definire il tempo, la velocità, i gradi di escursione articolare e il numero di ripetizione degli esercizi, a differenza del fisioterapista che sarà meno preciso delle macchine). mobilizzazione passiva eseguita dal fisioterapista, facendo compiere al paziente i movimenti di flesso-estensione. mobilizzazione attiva, con movimenti di flessoestensione compiuti autonomamente dal paziente, sempre il presenza di un fisioterapista che controlla la regolarità del movimento, l'escursione corretta, ecc. Spesso i movimenti di flesso-estensione vengono eseguiti in acqua, perchè l'acqua funge da massaggio e quindi migliora il ritorno venoso e poi l'acqua è calda e rilassa la massa muscolare. 48

53 -RIPRESA DEL TONOTROFISMO MUSCOLARE utilizzando: L'elettrostimolazione; La massoterapia per decontratturare gli agonisti che saranno particolarmente "contratti" e trovare l'equilibrio con gli antagonisti; Esercizi isometrici di potenziamento; -CHINESITERAPIA ATTIVA CONTRORESISTENZA, utilizzando delle bende elastiche in senso longitudinale e in senso trasversale di colore completamente differente in base allo spessore della benda, ma anche la distanza in cui si mette il piede dall'attacco della benda permetterà al paziente di dare una forza differente. Questo per dimostrare che le resistenze sono aumentano gradualmente. -Lo STRETCHING viene fatto sia nel pre che nel post terapia, anche se nella distorsione collo-piede viene fatto solo alla fine e non nella fase acuta o infiammatoria perchè il paziente non si fa toccare. -RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA, viene eseguita nella fase finale del recupero e serve per: ricollocare il piede nel proprio spazio. per dare informazioni percettive esatte, che dovranno inviare afferenze ai centri superiori. ricostruzione di nuove catene cinetiche. riprogrammazione degli schemi motori. Tutto questo per riuscire ad ottenere una buona coordinazione motoria. N.B.: La" rieducazione propriocettiva" può essere eseguita in pz supino, seduto o in posizione ortostatica e l'esercizio può essere eseguito ad occhi aperti e ad occhi chiusi. È chiaro che quello ad occhi aperti, visto che ci aiuta la vista, risulta essere più facile di quello con gli occhi chiusi. Vengono utilizzati dei tabelloni numerati e il pz viene messo inizialmente in posizione supina con flessione dell'anca e del ginocchio, in modo tale che la pianta del piede poggi bene su questo tabellone. Dopo aver fissato il tallone il fisioterapista gli fa compiere prima passivamente e poi attivamente i movimenti: il paziente dovrà spostare il piede da uno spicchio all'altro del tabellone. Dapprima il paziente compie l'esercizio con gli occhi aperti, tenendo fisso il tallone si aiuta a riconoscere quali sono le diverse posizioni, poi diventa più difficile facendolo ad occhi chiusi. Oltre ai tabelloni numerati ci sono i tabelloni con le traiettorie, inoltre l'esercizio può essere compiuto su superfici inclinate e queste complicano maggiormente l'esercizio, il pz è passato da una posizione supina ad una seduta. (Sono esercizi estremamente SELETTIVI ma che lo preparano a compiere il gesto atletico). L'esercizio sarà ancora più specifico e selettivo quando il tallone verrà posto su una bascula e sarà una punta di una penna a dover permettere l'identificazione della posizione del piede, prima ad occhi aperti e poi ad occhi chiusi. Ed infine l'esercizio viene eseguito in posizione ortostatica dove il pz deve riuscire ad avere un'articolazione non più instabile ma stabile ma che sia in grado di lavorare su una instabilità e vengono infatti utilizzate delle "tavolette surf". I pz sono estremamente motivati. Le finalità dell'educazione propriocettiva sono: ottenere sollecitazioni specifiche periferiche; funzione visiva; partecipazione attiva dell'atleta; idoneo sinergismo muscolare con necessità della motivazione da parte del pz. Il BIOFEEDBACK è un apporto di un flusso continuo di informazioni che vanno dal computer verso il piede, in questo caso il collo piede, che le integrerà al livello del SNC e si avrà chiaramente la risposta. Ce ne sono di più semplici, e sono i biofeedback visivi, caratterizzati da emissione di colori o di suoni; più intenso è il colore più specifico e selettivo è il movimento, mentre più basso è il suono più scarsa è l'esecuzione del movimento. In riabilitazione sportiva è fondamentale l'esercizio ISOCINETICO con apparecchiature che: 1) permettono di dare un massimo impegno muscolare; 2)presenta una velocità angolare costante e 3) una resistenza adeguata alla capacità del paziente, cioè l'apparecchiatura si rende conto della fatica del paziente e cambia la resistenza. Ottime sono le CURE TERMALI: balneoterapia e fangoterapia. SPALLA RIABILITAZIONE DELLA SPALLA DOLOROSA Definizione La spalla dolorosa è una patologia estremamente frequente (circa il 2-5% della popolazione ne è affetta) che potremmo definire una TENOSINEVITE SCAPOLO-OMERALE CRONICA; la potremmo definire anche SPALLA CONGELATA O RIGIDA o ancora come BORSITE ADESIVA; altra definizione è PERIARTRITE SCAPOLO-OMERALE. E' caratterizzata da DOLORE e RIDUZIONE DEL ROM ARTICOLARE, alla cui base troviamo un processo infiammatorio. Eziologia Il 50% dei casi è causato dall'immobilizzazione dell'arto superiore; quindi in seguito ad un trauma, una tendinite, una borsite, una frattura. Patogenesi Nonostante la capsula sinoviale sia coinvolta, la perdita del movimento può derivare da cause esterne alla capsula; più precisamente può derivare dalla: - CUFFIA DEI ROTATORI, costituita da sovraspinoso, sottospinoso, sovrascapolare e piccolo rotondo; tutti questi muscoli costituiscono un manicotto intorno alla spalla; -MEMBRANA SINOVIALE; -CAPSULA. Alla base di questa patologia, a prescindere dalla derivazione, sarà sempre di origine infiammatoria. Si formano delle vere e proprie PLICHE ADESIVE fra la testa dell'omero e la capsula che pian piano si vanno retraendo; queste sono causate dalla FIBROSI CAPSULARE; ecco spiegato il perchè della riduzione del movimento. Queste aderenze causeranno una progressiva retrazione ed ispessimento, che è quella che viene definita CAPSULITE ADESIVA. La DEGENERAZIONE DEI TESSUTI CONNETTIVI della capsula articolare è il ponte di connessione tra il dolore e la rigidità muscolare. Il paziente verrà alla nostra osservazione reggendosi il braccio per la ricerca di una posizione antalgica; riferirà dolore da diverse settimane, all'inizio riferito agli ultimi gradi delle escursioni articolari, poi tendente a progredire col tempo e a peggiorare soprattutto di notte. Si ripresenta se ripetitivo, se va sotto stress, in caso di esposizione al sole particolarmente prolungata, se soggetto a vibrazioni ripetitive, in caso di cambiamento climatico. Con il passare del tempo il dolore diventa costante e riguarda qualsiasi tipo di movimento. Diagnosi 1)Clinica; 2)Ecografia, che ci permette di valutare l'ispessimento della 49

54 capsula; 3) RX, per la valutazione di patologie osteoarticolari associate(osteoartrosi per esempio); 4) RMN, solo per casi selezionati, per valutare l'ispessimento della capsula; 5)ArtroTC/Artrografia, per valutare la riduzione dell'ampiezza della capsula; 6) Esami ematici, perchè frequente è l'associazione con iperlipidemia. 2) Trattamento riabilitativo PROFILASSI per impedire alterazioni anatomo-patologiche: bisogna considerare i gradienti di elasticità, mantenere un buon trofismo muscolare e rispettare il senso chinestetico dell'articolazione. Quadro clinico -Dolore -Limitazione forza/ rigidità alla spalla -Ipotonotrofia muscolare, soprattutto alla cuffia dei rotatori -Contrattura di tutti i muscoli antagonisti -Alterato senso di posizione dell'arto superiore Dolore: L'esordio è graduale; si irradia distalmente, parte dalla spalla per coinvolgere poi tutto il braccio, fino a determinare una limitazione dell'escursione articolare sia attiva che passiva ; viene alterata addirittura la postura, in quanto il paziente non sa come posizionare l'arto. L'articolazione scapolo-omerale non funziona più. Il movimento inizialmente viene compensato dall'azione dell'articolazione scapolo-toracica che una articolazione falsa. (le articolazioni false sono costituite da osso-muscolo o ossotendine) Se questa capsulite va avanti possiamo avere un interessamento del deltoide e dei muscoli della scapola; la spalla diventa realmente RIGIDA. Esistono diverse forme: -CAPSULITE ANTERIORE (frozen shoulder) -CAPSULITE POSTERIORE - INTERESSAMENTO GLOBALE Stadiazione I grado: sinovite iperemica della volta capsulare superiore. Pz con dolore nella retropulsione. II grado: sinovite iperemica diffusa con evoluzione verso la fibrosi. III grado: fibrosi diffusa su tutta l'articolazione con riduzione del volume della capsula (si vede con l'ecografia). Test - test di Neer: l'articolazione scapolo omerale si blocca nel momento in cui vi è un conflitto tra il trochite dell'omero e il bordo antero-inferiore dell'acromion. Il medico si mette alle spalle del paziente e gli alza il braccio (elevazione passiva) in intra-rotazione, mantenendo con l'altra mano la scapola abbassata; la positività del test si ha quando vi è una riduzione del movimento o quando il paziente prova dolore. - test di Jobe: spalla anteposta a 30 e abdotta a 90, intraruotata con pollici ruotati in basso; l'esaminatore da al paziente una spinta verso il basso, se il paziente prova dolore il test è positivo. Scala di Constant: serve a valutare la capsulite adesiva e viene fatto assegnando dei punti ad ogni parametro. -dolore (da 0 a 15 punti) - disabilità nella vita (da 0 a 20 punti) - mobilità attiva (da 0 a 40 punti) - forza muscolare (da 0 a 25 punti) si fa alla fine una somma dei punti di ogni parametro, fisiologicamente il totale deve essere 100. Terapia Il trattamento si avvale di terapia farmacologica e terapia riabilitativa, ma nel caso in cui queste due metodiche non danno i risultati sperati si procede al trattamento chirurgico. 1) terapia farmacologica: analgesici (al bisogno) FANS (antinfiammatorio, non si prende al bisogno ma in modo continuo almeno per 15 giorni) miorilassanti farmaci condroprotettori (evitano la degradazione della cartilagine articolare) terapia intra-articolare (cortisone, acido ialuronico) 50

55 PATOLOGIE TRAUMATICHE DEL PIEDE Il piede ha una struttura particolarmente complessa e anche dal punto di vista funzionale possiamo vedere come risulti essere complesso nel suo normale lavoro; il piede può essere usato per marciare, per saltare, per calciare o per stare in equilibrio. Il tutto può risolversi in patologie che si vengono a sviluppare a livello di questa struttura. A confermare che il piede sia una struttura estremamente sollecitata e che quindi può facilmente andare incontro a patologie, ce lo testimoniamo 2 lavori : Il primo è di Sperryn, degli anni 80, il quale ha valutato che, in un podista, il piede subisce 3 milioni di contatti con il suolo/anno. Immaginate questi 3 milioni di contatti del piede con il suolo nell ambito dei soggetti sportivi, come possono essere dei microtraumi ripetuti e come possono determinare facilmente l insorgenza di patologie. Più complesso è il problema se affrontato dal punto di vista dei pesi ; Mann è un autore anglosassone, il quale valutò che il piede di un podista di 70 Kg assorbe un carico di 63,5 tonnellate/miglio nella deambulazione e 100 tonnellate/miglio nella corsa. [1 miglio è pari a circa 1600 m] Prendiamo in esame alcune regioni caratteristiche del piede e andiamo a vedere le patologie più frequenti. Patologie della regione achillea Borsiti Para Achillee Tendinopatie dell Achille Rotture del tendine di Achille BORSITI = processi infiammatori della borse di scorrimento Le borse presenti in prossimità del tendine di Achille, che sono la borsa pre-achillea e la borsa retro-achillea, possono andare incontro a processi di carattere infiammatorio e quindi determinare una borsite. La borsa è una struttura costituita da 2 foglietti mucosi, che secernono al loro interno un liquido; nel momento in cui si instaura un processo di carattere infiammatorio, questo liquido viene prodotto in eccesso, la borsa si rigonfia e risulta essere dolente. Quindi il risultato dal punto di vista clinico è : Dolore Presenza di Tumefazione in corrispondenza della inserzione del tendine d Achille, cioè nella porzione più bassa, lì dove si inserisce a livello della apofisi posteriore del calcagno. Questa sede può determinare problematiche dal punto di vista diagnostico, perché lì il tendine di Achille si inserisce sul calcagno e quindi dovrà essere fatta la diagnosi differenziale con le tendiniti dell Achille. La diagnosi è facilmente dirimibile con l impiego dell Ecografia, che mette in evidenza il rigonfiamento della borsa. TENDINOPATIE = lesioni a carattere infiammatorio e/o degenerativo dei tendini Il tendine di Achille è il tendine più grosso che esiste nel nostro organismo ed è un tendine fondamentale per la funzionalità del piede e per la deambulazione. Il tendine di Achille può andare incontro a situazioni di carattere infiammatorio in seguito a processi che lo vengono a interessare, per microtraumi ripetuti o per ipersollecitazioni funzionali. Ne risultano facilmente predisposti i podisti, che sollecitano fortemente questo tendine in modo continuativo nel tempo. Ma esistono anche situazioni che favoriscono l insorgenza di una tendinopatia. Patogenesi Fattori determinanti : 4. Flogosi 5. Microtraumi ripetuti 6. Ipersollecitazioni funzionali Fattori favorenti : 7. Caratteristiche anatomiche : ci sono soggetti che hanno congenitamente tendini di Achille particolarmente brevi, quindi per il svolgimento del normale movimento di flessione ed estensione del piede questo tendine d Achille sarà maggiormente sollecitato rispetto a quello di un soggetto normale, pertanto questo soggetto sarà maggiormente predisposto alla insorgenza di una tendinopatia achillea. 8. Imperfetta tecnica nel gesto sportivo : in ambito sportivo, sono più predisposti i soggetti che non eseguono un gesto atletico in maniera corretta (pensate a quanto possa essere estremamente sollecitato un tendine di Achille nel salto in alto o nel salto in lungo); se l esecuzione del gesto non è perfetta, il tendine di Achille ne potrà risultare danneggiato. 9. Fattori climatici e ambientali : di solito si ritiene che l esecuzione della pratica sportiva in situazioni ambientali difficili possa favorire l insorgenza di tutte le tendinopatie. 10. Predisposizione individuale : non è ben precisata, ma tutti quanti ne fanno riferimento. Classificazione anatomo-patologica (L. Perugia) : Anche per quanto riguarda la spalla, abbiamo parlato di tendinopatie in senso generico. In realtà il processo infiammatorio e/o degenerativo può riguardare diverse parti del tendine e non solo il tendine ma anche i tessuti vicini al tendine. Quindi i quadri anatomo-patologici possono risultare sostanzialmente differenti. Un autore italiano, Lamberto Perugia, ha ideato una classificazione che risulta essere valida sia per il tendine di Achille che stiamo trattando, sia per qualunque altro tendine dell organismo. Alla luce del danno verificabile, possiamo distinguere : Tendinopatie Inserzionali : il danno si verifica nella sede più delicata del tendine, cioè dove si inserisce a livello osseo, cioè dove esistono particolari cellule che consentono l aggancio a un tessuto di tipo diverso. 51

56 Tenosinoviti (nell ambito dei tendini provvisti di guaina sinoviale) Peritendiniti Pure : il processo infiammatorio non riguarda direttamente il tendine, ma il tessuto che lo circonda Tendinosi Pure : è caratterizzata da un processo degenerativo del tendine Peritendiniti con Impronta Tendinosa : è una commistione tra una situazione di peritendinite e di tendinosi Il risultato di tutte queste possibili condizioni con diverso danno anatomo-patologico è una sintomatologia con : Ispessimento tendineo : nel tendine di Achille è facilmente apprezzabile perché è un tendine molto superficiale Dolore : non solo sarà un dolore riferito dal soggetto soprattutto con determinanti movimenti, quando deambula e quando sta in punta di piedi, ma sarà anche un dolore che noi possiamo facilmente evidenziare nel momento in cui andiamo a pinzettare con le dita il tendine di Achille, cioè quando lo stringiamo tra indice e pollice il soggetto risponde con dolore. Diagnosi strumentale : ci consente sia di identificare una tendinopatia sia di differenziarla dai quadri di borsite. È realizzabile attraverso : Ecografia RM (in situazioni particolari) Xerografia : oggi non è più realizzabile, è una indagine utilizzata in passato, abbastanza semplice e sensibile, che dà una immagine simile alla radiografia, mostrando un tendine più rigonfio rispetto al tendine controlaterale Diagnosi delle tendiniti calcifiche Radiografia : all interno della struttura tendinea si sono depositati sali di calcio formando concrezioni calcaree identificabili anche con l indagine radiografica. Trattamento Riposo funzionale : deve essere il primo momento terapeutico; se il soggetto continua a stimolare questo tendine di Achille, è chiaro che non risolviamo il problema e allunghiamo i tempi di guarigione Terapia farmacologica con antiinfiammatori Terapia con Infiltrazioni peritendinee (mai all interno del tendine, soprattutto se si usano cortisonici che determinano un effetto necrotico all interno del tendine e quindi può facilitare l evoluzione verso una rottura) Terapia Fisica : ionoforesi, ultrasuoni, ecc. aventi un effetto antiinfiammatorio ESWT (onde d urto) : nel trattamento delle tendinopatie particolarmente resistenti e soprattutto per le tendinopatie calcifiche, si può fare ricorso alle onde d urto, secondo un sistema simile alla litotrissia che è una metodica che tende a demolire e frammentare le concrezioni calcaree, ma che ha anche una azione di tipo antiinfiammatorio e rigenerativo a livello della struttura tendinea 52 Terapia Chirurgica : in casi limite, in cui non si è ottenuto successo con tutte le precedenti metodiche di trattamento conservativo, si fa ricorso alla terapia chirurgica, che ha la scopo di ripulire il tendine dai tessuti infiammatori che lo ricoprono e che dovrebbe favorire un nuovo apporto sanguigno, cioè si potrebbe fare ricorso a una scarificazione del tendine, quindi a un suo sanguinamento che potrebbe portare a un nuovo apporto di cellule in grado di riparare il danno tendineo. ROTTURA TENDINEA = conseguenza di brusca contrazione muscolare, ma sono più frequenti in tendini con preesistenti alterazioni degenerative (tendinosi). La rottura del tendine è il quadro più grave. È possibile che si determini in seguito alla brusca contrazione del muscolo, ma il più delle volte la rottura tendinea insorge improvvisamente senza nessun trauma apparente in soggetti che normalmente deambulano ma che riferiscono di aver avuto la sensazione come di qualcuno che gli abbia dato un calcio da dietro; in realtà si tratta di rotture tendinee che si instaurano su una situazione di tendinosi dell Achille, cioè su un tessuto già danneggiato che in un dato momento improvvisamente cede. Clinica : la rottura del tendine di Achille dà dei segni che certamente non sono patognomonici, ma che difficilmente non indirizzano a una corretta diagnosi : Dolore molto vivo : il soggetto riferisce quasi sempre la sensazione come se qualcuno l abbia colpito da dietro Comparsa di una Tumefazione molto evidente : la tumefazione fa scomparire il profilo tendineo Presenza di un Solco Tendineo : se passiamo il dito lungo la faccia posteriore della gamba e del calcagno, abbiamo la possibilità di avvertire un solco legato appunto alla diastasi, all allontanamento dei capi del tendine Assente flessione plantare attiva del piede affetto: il tendine di Achille è devoluto alla funzione della flessione plantare, quindi se questo soggetto è invitato a camminare in punta di piedi non ci riuscirà con il piede affetto; se vogliamo evitare di farlo camminare, temendo che la rottura non completa dell Achille con questa manovra possa diventare una rottura completa, possiamo disporlo sul lettino e invitarlo a portare il piede in flessione plantare mentre noi facciamo un movimento di opposizione, così da notare che la funzione della plantarizzazione del piede lesionato risulta essere impossibile. Una volta che abbiamo raccolto tutti questi dati clinici e quindi ci siamo fortemente insospettiti della possibile presenza della rottura del tendine, il passo successivo è quello della diagnosi strumentale. Diagnosi strumentale Xerografia (in passato) Ecografia : gli ecografisti molto spesso parlano di lesione parziale del tendine di Achille e giungono a questo tipo di diagnosi perché il tendine di Achille è fornito di guaina e tale guaina li trae talvolta in inganno, soprattutto per la porzione anteriore della guaina; infatti quelle che sono diagnosticate come lesioni parziali spesso in realtà intraoperatoriamente si rivelano come lesioni totali. RM

57 Terapia Chirurgica : nella quasi totalità dei casi, la rottura dell Achille richiede un trattamento chirurgico. La rottura del tendine di Achille è una rottura grave, soprattutto in soggetti sportivi : è grave perché la sua riparazione chirurgica deve essere fatta su del tessuto in cui la sutura termino-terminale deve avere una buona tenuta, ma la maggior parte di queste rotture insorge su tendini andati incontro a processi di carattere degenerativo, quindi sono tendini che quando si rompono si sfilacciano; i due capi sfilacciati a volte si sovrappongono ed è per questo che a volte l ecografia o la xerografia sembra mostrare una rottura incompleta, ma in realtà sono del tutto rotti e sono sfilacciati. Andare a realizzare una sutura su queste due estremità non comporterebbe una buona tenuta nel tempo. Per tale motivo la sutura deve essere fatta su tessuto sano; quindi la parte sfilacciata dei due capi deve essere asportata, ma ciò comporta un accorciamento del tendine di Achille e di conseguenza una riduzione della flessione plantare. Per questo motivo, se il soggetto è uno sportivo soprattutto di alto livello, è chiaro che la lesione è particolarmente grave perché può limitare la sua funzione. Inoltre, essendo il tendine molto sollecitato, esistono degli interventi chirurgici che prevedono delle plastiche, cioè delle strutture che vengono messe a ponte rispetto alla sutura per mantenerne l efficacia: possiamo usare plastiche di rinforzo come una fascia muscolare o strutture sintetiche o bovine che vengono messe a manicotto attorno alla sutura terminoterminale, così che solidarizza con le due estremità del tendine affinché possa tenere il tendine. Questa lesione è caratterizzata da lunghi tempi di degenza. Alla fine del trattamento chirurgico si fa un apparecchio gessato femoro-podalico, fatto in flessione del ginocchio per detendere i muscoli del tricipite della sura e quindi evitare la trazione del tendine achilleo. Patologie della regione sottoastragalica Riguardano l articolazione tra l astragalo e il calcagno, che è fondamentale per la trasmissione del carico e per il movimento del piede. Le patologie che la possono riguardare sono : Lassità cronica : dovuta a una insufficienza di tipo legamentoso, soprattutto alla rottura del legamento interosseo che collega l astragalo con il calcagno. Patologia cartilaginea : già esaminata per quanto riguarda il ginocchio ; ugualmente può verificarsi anche a livello di questa articolazione, dove soprattutto sono frequenti i distacchi cartilaginei che danno la cosiddetta osteocondrosi dissecante, cioè una vera e propria formazione di corpi mobili all interno dell articolazione. Patologie della regione plantare Fascite Plantare Spina Calcaneale (o Sindrome dello Sperone) Sono due distinte patologie che però hanno un unico comun denominatore. FASCITE PLANTARE = processo infiammatorio della fascia plantare. Dal punto di vista anatomico, la Fascia Plantare è quella struttura che disegna la volta plantare e viene a essere tesa dalla porzione inferiore del calcagno fino alle 5 teste metatarsali. 53 Questa struttura, sollecitata soprattutto dai movimenti del piede di flesso-estensione, può andare incontro a infiammazione e quindi dare la fascite plantare. Clinica La fascite induce una dolorabilità durante la fase deambulatoria nella porzione centrale della regione plantare del piede. Il dolore può anche essere di tipo crampiforme, ma di sicuro è sollecitato nel momento in cui noi facciamo compiere la dorsiflessione del piede che mette in tensione questa fascia plantare. Trattamento : Dobbiamo fare ricorso a tutto quello che abbiamo detto prima Riposo Trattamento con antiinfiammatori Fisioterapia SPINA CALCANEALE = escrescenza ossea che si determina nel punto di inserzione della fascia plantare al calcagno Questa escrescenza ossea va a formare un vero e proprio spuntone, una vera e propria spina, quindi il soggetto caricandoci il peso prova dolore. La spina calcaneale si forma perché la fascia plantare, che lì si inserisce, viene nel tempo a sollecitare, a trazionare il calcagno nel suo punto di inserzione in maniera tale che si formi questa neoapposizione ossea. Nelle prime fasi, il processo risulta essere assolutamente silente ; ma nel momento in cui lo sperone diventa particolarmente evidente, risulta come una spina su cui il soggetto costantemente viene a poggiare dandogli fastidio. Clinica È ovvio che una situazione di questo tipo viene a determinare dolore che dovrebbe essere, almeno in linea teorica, più posteriore rispetto a quello della fascite plantare, perché riguarda l inserzione della fascia plantare al calcagno, cioè riguarda la zona più posteriore, invece la fascite plantare dà dolore più medialmente. Questo dato clinico può aiutarci per la diagnosi differenziale, ma risolviamo con la diagnosi strumentale. Diagnosi differenziale : Radiografia : mette bene in evidenza lo sperone calcaneale Trattamento La prima fase di trattamento deve essere quella di mettere il calcagno a riposo e soprattutto evitare che la spina calcaneale vada a premere contro il suolo; tale spina calcaneale non si è formata da un giorno all altro, ma deve essere successo qualcosa che ha instaurato la sintomatologia : quindi o la spina è realmente molto grossa o la spina ha determinato una infiammazione dei tessuti che si trovano subito sotto che sono tessuti di parti molli. Quindi possiamo presupporre che agendo su tale parte e risolvendo il processo infiammatorio, anche se il soggetto non risolve il problema della spina e cioè non spompare, almeno risolvere il problema del dolore. Quindi il trattamento iniziale è un trattamento di riposo funzionale, ma poiché il soggetto deve comunque poter deambulare è un trattamento con dei plantari. I plantari di spina calcaneale sono plantari particolari : sono talloniere con un buco centrale all interno del quale viene a essere

58 posizionata la spina, in maniera tale che in pratica non poggi a terra, mentre la parte periferica sopporta il carico. Possiamo anche aggiungere il trattamento antiinfiammatorio Possiamo fare una terapia infiltrativa, preferibilmente con corticosteroidi, anche se recentemente sta prendendo spazio l uso dell acido ialuronico Nel caso in cui non funziona tutto ciò, possiamo anche provare con le onde d urto. È una terapia che va per gradi. Patologie della regione sesamoidea Al di sotto delle teste metatarsali, soprattutto sotto la prima testa metatarsale, ci sono 2 ossa accessorie chiamate sesamoidi : sono ossa molto variabili, infatti nel 50-60% della popolazione sono 2 (uno mediale e uno laterale), ma in alcuni soggetti c è solo un osso, altri ne hanno di più, altri non li hanno. I sesamoidi hanno una funzione di appoggio della testa metatarsale, in pratica salvaguardano la testa metatarsale favorendo lo scarico del peso corporeo al terreno. I sesamoidi possono andare incontro a patologie che danno dolore a livello della prima testa metatarsale : Sesamoiditi : processi infiammatori nei tessuti che circondano i sesamoidi Fratture da durata : complesse da diagnosticare Oltre a essere variabili di numero, i sesamoidi possono essere bipartiti, cioè invece di un sesamoide ci sono 2 ossicini più piccoli che non si sono fusi; in questo caso, non è semplice capire se si tratta della frattura di un sesamoide o di un sesamoide bipartito. Diagnosi Per evidenziare i sesamoidi, è necessaria una indagine radiografica con proiezioni particolari : in genere si usa una proiezione tipica per il sesamoide ; si può fare anche una proiezione laterale ma deve essere ben eseguita perché il sesamoide potrebbe essere coperto dalla testa metatarsale. Per distinguere un sesamoide bipartito da uno fratturato, possiamo identificare i margini, che saranno più netti in caso di frattura e invece saranno meno netti e più arrotondati in caso di osso bipartito, tuttavia il dubbio rimane. 54

59 TENDINOPATIE In prima istanza possono apparire di traumatologia sportiva, nella realtà gran parte di queste patologie sono verificabili nel soggetto comune, in casalinghe ecc. Ne affronteremo due in maniera più specifica: EPICONDILITE, che riguarda l arto superiore PUBALGIA, che interessa l arto inferiore EPICONDILITE Definizione: altrimenti definita gomito del tennista, riguarda l arto superiore ed è una tendinopatia inserzionale dei muscoli epicondiloidei (anconeo, estensore comune delle dita, estensore proprio del V dito, estensore ulnare del carpo). Sono muscoli estensori del polso e della mano che vengono a confluire in un tendine congiunto che si porta a livello dell epicondilo. Quindi caratterizzati da un unico tendine inserzionale che prende aggancio a livello dell epicondilo. Nell ambito della terminologia che si può trovare sui libri, talvolta viene ad essere distinta una epicondilite mediale da una epicondilite laterale. Nella realtà l epicondilo è laterale, quindi la definizione di epicondilite fa specifico riferimento a ciò che abbiamo detto. L epicondilite mediale è noia correttamente definirla come epitrocleite perché sono i tendini flessori che vanno ad inserirsi a livello dell epitroclea. L epiteocleite è anch'essa una tendinopatia inserzionale ma è molto meno frequente rispetto alla epicondilite. È la più comune lesione da sovraccarico che è riscontrabile a livello di questa articolazione; È soprattutto frequente ma non esclusiva di soggetti che praticano sport (sport praticato per un periodo di tempo superiore alle 2 ore settimanali); La fascia d eta prevalentemente colpita è intorno ai 40 anni e nella decade successiva; L interessamento preminente è a livello dell arto dominante. Gli sport maggiormente coinvolti sono il tennis, sollevamento pesi, sport di lancio ma è anche conseguenza di attività quotidiane che prevedono continui movimenti di flesso estensione del gomito e polso :martellare, cucinare, avvitare ecc. Etiopatogenesi 1. Si ritiene che il processo a carattere infiammatorio venga ad originare dall estensore radiale breve del carpo o dalla porzione di questo tendine che partecipa al tendine comune. Questo perché l estensore radiale breve del carpo viene maggiormente sollecitato nell ambito dei movimenti estensori del polso e della mano. 2. Questo tipo di situazione se la non si interrompe nella fase di infiammazione iniziale può dare delle lesione microscopiche del tendine congiunto che potranno andare in contro a: a) processi di tipo riparativo, quindi una possibile evoluzione verso la tendinosi; b) perdita della resistenza tendinea; c) il processo patogenetico potrebbe concludersi con la rottura del tendine congiunto (estremamente raro) Iter assolutamente ipotetico, nella maggior parte dei casi ci si ferma al primo stadio e solo nei casi più gravi si può arrivare allo stadio 2a nonché la tendinosi. Clinica o o o o Dolore spontaneo localizzato a livello dell epicondilo del gomito e viene esattamente riferito dal soggetto affetto (la sede); possiamo evidenziarlo tramite manovre di digito-pressione andando a premere con le nostre dita in corrispondenza dell epicondilo ( 5mm anteriormente e distalmente rispetto all epicondilo); Dolore esacerbato dalla manovra di dorso-flessione del polso contro resistenza, a gomito esteso. In pratica invitare il soggetto ad estendere il polso, la mano mentre noi operiamo una contro resistenza contro questo movimento mettendo in tensione i muscoli estensori del polso e della mano. La tumefazione è minima e prevalentemente assente. Con l andare del tempo si può giungere a condizioni di impotenza funzionale cioè il dolore risulta essere talmente violento che il soggetto non è più in grado di tenere gli oggetti o compiere determinate gestualità (stringere la mano, aprire una porta con la maniglia). Dolore che una volta che viene evidenziato, con le manovre o test clinici, non lascia molti dubbi dal punto di vista diagnostico, ma diverse sono le patologie che possono dare dolore al gomito come: Radicolopatia cervicale Neuropatia del nervo interosseo posteriore Corpi mobili Ma queste non daranno la positività e la esacerbazione del dolore ai movimenti di estensione contro resistenza del polso o della mano. Sono tutti dolori di tipo irradiato ma non sa anno positivo alle manovre specifiche. Diagnosi strumentale ECG: esame principe per patologia tendinea e muscolare. TERMOGRAFIA: esame in disuso. Era un esame molto sensibile ma poco specifico: se noi abbiamo un qualsiasi processo infiammatorio avremo ipertermia della zona che viene facilmente evidenziata. Terapia Riposo funzionale: se si continua a sollecitare questi tendini non otterrà che una evoluzione verso la cronicizzazione del processo stesso; Terapia medica: leggere la somministrazione dei farmaci antinfiammatori, antidolorifici, miorilassanti Terapia infiltrativa: farmaci che vengono introdotti per via infiltrativa e possono essere antinfiammatori, cortisonici o acido ialuronico Fisioterapia Terapia chirurgica: nell1% dei casi. In caso di insuccesso di tutte questi trattamenti, per le farmaco resistenti che si prolungano nel tempo e che richiedono pulizia della zona, rimozione dei tessuti infiammatori, nuova cruenta zone della zona tale che un nuovo apporto sanguigno possa riformare il tessuto. PUBALGIA Definizione: altrimenti detta tendinopatia dei muscoli adduttori (arto inferiore), è una tendinopatia inserzionale dei muscoli adduttori e/o addominali, di origine microtraumatica. Viene ritenuta tipica della traumatologia sportiva ma non esclusiva. 55

60 Con pubalgia intendiamo dolore in sede pubica e può riconoscere 72 cause differenti; quindi sarebbe più corretto parlare, in questo caso, di pubalgia da tendinopatia inserzionale dei muscoli adduttori. Tra le cause che portano a pubalgia, nonché dolor in sede inguinale, riscontriamo: Calcificazioni e topiche Avulsioni Ernie Fratture Il riconoscimento di questa forma, quindi, risulta più complicato nella diagnostica differenziale rispetto a quella del gomito del tennista. Anatomia patologica A cosa è legato la pubalgia o tendinopatia inserzionale dei muscoli adduttori? Ad una situazione di lesione muscolo tendinea che si viene a verificare in quella che è l iserzione dei muscoli adduttori al pube. Gli adduttori sono in numero di tre che si inseriscono a livello pubico e in questo punto, estremamente delicato di inserzione,si può venire ad instaurare questa tendinopatia. È possibile anche un coinvolgimento del muscolo retto addominale che si inserisce al bacino e chequesti soggetti possono avere un danneggiamento o un alterazione, soprattutto dal punto di vista radiografico, a livello della sinfisi pubica. Etiopatogenesi Sovraccarico funzionale Microtraumi Sport: calcio (dribbling, scivolata), salti Sintomatologia o Dolore in sede pubica (pubalgia), accentuato dalla palpazione che si irradia sulla faccia antero-mediale della coscia. La presenza di questa irradiazione lungo il decorso del muscolo adduttore, porta agli ortopedici a pensare ad un altro tipo di patologia --->LOMBOCRURALGIA che viene considerata coma la prima patologia che entra in diagnosi differenziale. o Dolore incrementato dalla adduzione contrastata, mettendo in tensione gli adduttori: si invita il paziente, partendo da una situazione di abduzione (gambe aperte), ad addurre (chiudere) l arto contro resistenza (noi a livello dei piedi o delle gambe facciamo opposizione). Se il soggetto risponde con un aumento di dolore avremo il forte sospetto che si tratti da pubalgia da tendinopatia inserzionale e non una lombocruralgia. Indagini strumentali ECG RM nel caso in cui avessimo dei dubbi che questa pubalgia possa dipendere da cause diverse e legata a muscoli vicinori. Terapia Riposo funzionale Antinfiammatori Fisioterapia Cruentazione chirurgica della inserzione osteotendinea LESIONI MUSCOLARI In ambito sportivo queste lesioni sono ampiamente presenti ma un problema riguarda la terminologia: nessun tipo di patologia, in ambito ortopedico è così confusa da un punto di vista terminologico come le lesioni muscolari. Ogni autore ha proposto un suo criterio classificativo non cambiando di fatto i termini, quindi utilizzando gli stessi termini per lesioni muscolari di tipo diverso, generando confusione. Innanzitutto bisogna fare una sostanziale differenza tralesioni muscolari conseguenti a: TRAUMA DIRETTO: in seguito ad agente lesivo esterno, forza esterna che agisce sul muscolo. TRAUMA INDIRETTO: lesioni muscolari legate a delle forze lesive che vengono a generarsi all interno del muscolo,per un suo scorretto movimento. Lesioni da trauma diretto 1. CONTUSIONI: lesioni che riguardano la parte superficiale ma che, se abbastanza intensa, possono coinvolgere anche lo strato muscolare e che dipendono dalla: o Intensità della forza o Sede che viene ad essere interessata o Dalla lesione anatomopatologica o Impotenza funzionale EMATOMI INTRAMUSCOLARE Avviene all interno della fascia e causa aumento di pressione intramuscolare Contrasta l ulteriore sanguinamento comprimendo i vasi (gonfia il muscolo fino ad un certo punto perché poi la fascia tampona lo stravaso di sangue) Dolore ed impotenza funzionale, tumefazione per 48h EMATOMA INTERMUSCOLARI Avviene per rottura della fascia La tumefazione non evidente e se continua compare dopo 24h-48h Non si ha aumento rapido di pressione quindi la funzione muscolare è recuperata rapidamente Sono fenomeni di schiacciamento e non di versamento al contrario dell ematoma in cui ci sarà stravaso emorragico. 2. EMATOMI: versamento all interno della struttura muscolare e quindi raccolta patologica di sangue al di fuori del letto vascolare. Possiamo distinguere ematomi Intermuscolari ed ematomi intramuscolari 3. ERNIE MUSCOLARI: conseguenza della rottura del perimisio che avvolge il muscolo nella sua globalità con conseguenza protrusione all esterno con problemi di attrito e di difficile scorrimento. Nello sportivo necessita una correzione del perimisio. 56

61 Lesioni da trauma indiretto In seguito ad una errata ATTIVITÀ ECCENTRICA soprattutto nella fase di decelerazione muscolare (ricordiamo che il muscolo si contrae e si rilascia); Per uno SQUILIBRIO-INCOORDINAZIONE AGONISTI-ANTAGONISTI: nel momento in cui si ha la contrazione del muscolo, alla contrazione di questo muscolo deve contemporaneamente avvenire il rilascio, la decontrazione del muscolo opposto. I tipi di lesioni che possono insorgere nel muscolo in seguito a trauma indiretto sono: CONTRATTURA: aumento involontario e permanente del tono muscolare; il muscolo in seguito ad uno stimolo nocivo, rimane contratto; insieme alle elongazioni non comportano un danno anatomopatologico del muscolo, non c e lesione anatomopatologica delle fibre muscolari ma è un vero e proprio atteggiamento di difesa. ELONGAZIONE: opposto alla contrattura; in seguito all'attività muscolare avvengono per sollecitazione eccessiva in allungamento del muscolo. Sappiamo che lacontrazione muscolare è legata allo scivolamento di filamenti di miosina e di actina, nel momento che scivolano tutti verso l interno danno la contrazione, nel momento in cui ritornano nella loro posizione originaria danno il rilasciamento. Se nella fase di rilasciamento si assiste ad un ulteriore allungamento della struttura muscolare si parlerà di elongazione. Insieme alla contrattura sono situazioni patologiche molto vicine al fisiologico in quanto non c e effettivamente un danno.è caratterizzato: o dall assenza di soluzioni di continuo delle fibrocellule muscolari o dall assenza di ecchimosi e tumefazioni ( no versamento, no danno muscolare) DISTRAZIONE: interruzione delle fibre muscolari. o I grado (strappo di 1 grado): danno delle fibre muscolari che è intorno al 5% del valore complessivo delle fibre muscolari del muscolo (quota piccola); Dolore di tipo improvviso, trafittivo e vivo che impedisce di proseguire l attivita sportiva; Il muscolo è doloroso in toto (intorno alla lesione), si ha una risposta (contrattura) delle fibre muscolari vicine che provano a mettere adiposo quella zona; La lesione è abbastanza difficile da identificare per la sede in quanto è molto piccola e quindi non si palpano zone precise di dolore. o II grado: Interruzione di alcune fibre e fascicoli muscolari Immediata Impotenza funzionale dolore trafittivo possibilità di andare a reperire palpato rimanete la sede interessata Lesione anche di tipo vascolare e la possibilità di ecchimosi tardive distalmente alla lesione o III grado (strappo o rottura muscolare): Interruzione totale o su totale del muscolo Ematoma istantaneo Dolore intenso anche a riposo Depressione caratteristica in sede di lesione Patogenesi Cause predisponenti: Difetto di allenamento Stato didattica Processi flogistici locali o generali Condizioni atmosferici Fattori determinanti: Allungamento oltre la massima tensione possibile a cui segue una contrattura o elongazione Brusca contrazione del muscolo antagonista Deficit neuromuscolaree quindi disordine tra contrazione muscolo e rilasciamento antagonisti Sintomatologia o Dolore o Impotenza o Contrattura muscolare o Tumefazione o Arrossamento o Aumento temperatura o Presenza di solco (distrazione di III grado) Evoluzione clinica Graduale scomparsa del dolore (5-30 giorni) Comparsa ecchimosi Formazione duro-elastica (cicatrice fibrosa): è difficile che il muscolo guarisca formando altro tessuto muscolare ma forma cicatrici che possono andare in contro a complicazioni. Ricordiamo che i pazienti con rottura sono soggetti a recidive! Evoluzione cronica complicanze Cicatrice ipertrofica o dolorosa Miosite ossificante: trasformazione dell ematoma intramuscolare in senso calcifico, invece di essere riassorbito; Fibrosite: degenerazione fibrotico del muscolo, conseguenza della lesione stessa. Diagnostica strumentale ECG:ci permette di vedere bene l apparato muscolotendineo; oggi possiamo avere oltre alle immagini statiche anche quelle dinamiche (valutazione real time) dove il soggetto viene invitato a fare delle contrazioni; possiamo guardare anche la situazione vasale tramite l impiego del color e power doppler (per valutare il danno vasale iniziale e come i vasi vengono ad accrescersi in prossimità della lesione e quindi a testimoniare il processo di guarigione). Bisogna farla immediatamente prima che l ematoma diventi evidente. ELASTOSONOGRAFIA: valuta l elasticità delle fibre muscolari e lo stato della cicatrice (se si è venuta ad elasticizzare in maniera sufficiente da poter consentire la ripresa agonistica); FUSION: confrontare l indagine ECG con la RM o TC, vengono ad essere, tramite software specifici, indagini sovrapposte e sono estremamente utili nel follow-up a distanza. RM TC 57

62 Terapia - Trattamento conservativo con: riposo, crioterapia, terapia medica antinfiammatori e miorilassanti, terapia infiltrativa - Ortesi - F.K.T (fisiochinesiterapico) - Modificazione del gesto atletico - Chirurgia o Open o Percutanea o Artroscopiche Eziopatogenesi Dal punto di vista eziopatogenetico si distinguono principalmente due forme: 1) Primitive : sono quelle in cui non siamo in grado di identificare la causa eziologica. Quindi riconosciamo solo fattori predisponenti : Età (avanzata) Sesso (per alcune forme il sesso femminile risulta essere maggiormente colpito) Obesità (per sovraccarico funzionale) Fattori genetici Fattori ormonali 2) Secondarie : sono quelle in cui è possibile riconoscere la causa determinante l artrosi. Sono tutte situazioni in cui si ha una modificazione del carico a livello articolare con alterazione della biomeccanica articolare. Fattori determinanti : MALATTIA ARTROSICA È una malattia che colpisce le articolazioni (una o più articolazioni), a decorso di tipo cronico e con carattere di tipo evolutivo (cioè nel tempo tende ad aggravarsi). Il danno iniziale interessa la cartilagine articolare. La cartilagine articolare è quella struttura di colore biancastro-azzurrognolo che riveste il tessuto osseo e che per le sue caratteristiche, insieme, di elasticità e resistenza consente il trasferimento del carico da un segmento osseo al successivo; essendo non vascolarizzata ha capacità riparative pressocchè nulle. Successivamente il danno articolare viene a coinvolgere tutte le rimanenti strutture dell articolazione : il tessuto osseo subcondrale, la membrana sinoviale (che tappezza all interno la cavità articolare) e la capsula (con ispessimento e irrigidimento della stessa) e, laddove sono presenti altre strutture all interno dell ambiente articolare, ad esempio i menischi a livello del ginocchio, anche queste vengono interessate. Deformità congenite (es. ginocchio varo o valgo, perché si determina un sovraccarico del compartimento mediale o laterale del ginocchio) Traumi (per esempio, le fratture con coinvolgimento articolare, anche se composte e se guariscono bene danno comunque un maggior rischio di artrosi) malattie sistemiche con coinvolgimento articolare (es artrite reumatoide, sclerodermia, psoriasi, ecc) fattori professionali (per ipersollecitazione delle articolazioni; es ginocchio del calciatore) Danno anatomopatologico : alterazioni cartilaginee osteofiti marginali osteosclerosi subcondrale cavità pseudo cistiche (geodi) alterazioni membrana sinoviale alterazioni della capsula Il danno all inizio coinvolge la cartilagine articolare. Piano piano il danno si estende alle strutture vicine, in primis al tessuto osseo che si trova sotto la cartilagine articolare. L osso reagisce innanzitutto con la formazione degli osteofiti, che sono delle escrescenze ossee anomale e non funzionali che si vengono a determinare in corrispondenza della regione periferica dell articolazione. 58

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