Le lingue slave e il tedesco nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Lingue nel cuore d Europa - Prof. Federico Vicario - Università di Udine

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Le lingue slave e il tedesco nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Lingue nel cuore d Europa - Prof. Federico Vicario - Università di Udine"

Transcript

1 Le lingue slave e il tedesco nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Lingue nel cuore d Europa - Prof. Federico Vicario - Università di Udine Le lingue slave e il tedesco nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Lingue nel cuore d Europa Prof. Federico Vicario Università di Udine Il Friuli è l unica regione d Europa in cui si incontrano le tre principali famiglie e anime linguistiche del continente: quella neolatina, cui il friulano appartiene, quella germanica e quella slava. Questa particolarità del nostro territorio rende uniche le condizioni di contatto linguistico e di plurilinguismo, che se ne possono osservare, facendo del Friuli un laboratorio privilegiato per lo studio di fenomeni di poliglossia, di interferenza e di cambio linguistico. Il repertorio linguistico dei friulani, cioè la capacità di servirsi di una o più lingue per la comunicazione verbale, è infatti molto vario e può comprendere, oltre allo stesso friulano (in una o più delle sue varietà), in ogni caso l italiano, magari a diversi livelli di adeguatezza espressiva, e poi anche uno dei dialetti sloveni, tedeschi o veneti che tradizionalmente si parlano in regione. I dialetti sloveni Nella fascia orientale del Friuli, in tutte le vallate confinanti con la Slovenia e orientate verso est o nord-est, ma soprattutto nella provincia di Gorizia oltre che, naturalmente, in quella di Trieste è presente, e consistente, una minoranza linguistica slovena. I primi insediamenti slavi, diciamo proto-sloveni, risalgono al VI secolo d.c. tanto in Slovenia, che in Carinzia e in Stiria; lo storico cividalese Paolo Diacono, nella sua famosa Historia Langobardorum, registra l affacciarsi di genti slave in Friuli già nel 670 d.c., genti che si sarebbero in seguito fermate, con insediamenti stabili, soprattutto sui rilievi e nelle valli alpine e prealpine. Le aree slovenofone del Friuli, partendo da nord, sono quindi: la Val Canale (frl. Val Cjanâl, slov. Kanalska dolina), con località come Caporosso (frl. Cjamparòs, slov. Žabnice), Ugovizza (frl. Ugovize, slov. Ukve), Valbruna (frl. Valbrune, slov. 1

2 Ovčja vas), Bagni di Lusnizza (frl. Lusniz, slov. Lužnice), dove si parla un dialetto sloveno detto zegliano, affine a quello della valle del Gail, nella vicina Carinzia; la Val di Resia (frl. Val di Resie, slov. Rezija/Rezijanska dolina), il cui particolarissimo dialetto, il resiano, piuttosto diverso dallo sloveno comune e letterario, è stato fatto oggetto in passato dell interesse e dello studio di grandi slavisti, come ad esempio Baudouin de Courtenay; l area dell Alto Torre (frl. Cjanâl di Musi), con località come Lusevera (frl. Lusevare, slov. Brdo/Bardo), Taipana (frl. Taipane, slov. Tipana), Prossenicco (frl. Prossenic, slov. Prosnid), Subit (frl. Subit, slov. Subid), Canebola (frl. Cjaneule, slov. Čanebola/Čaniebola) e Valle (frl. Val, slov. Podcerkvo/Pocierkuo), dove il dialetto sloveno locale risulta in forte arretramento, soprattutto negli ultimi anni; le Valli del Natisone (frl. Cjanâl dal Nadison, slov. Nadiža/Nediža), con le convalli della Cosizza (frl. Cosize, slov. Kozica/Kosca) e dell Erbezzo (frl. Erbeç, slov. Arbeč), con il dialetto natisoniano, ancora molto vitale nei comuni di Pulfero (frl. Pulfar, slov. Podbonesec/Podbuniesac), Savogna (frl. Savogne di Cividât, slov. Sovodnje/Sauodnja), San Pietro (frl. San Pieri dai Sclavons, slov. Špeter/Špietar), Grimacco (frl. Grimac, slov. Grmak/Garmak), Drenchia (frl. Drencje, slov. Dreka) e San Leonardo (frl. San Lenart, slov. Podutana/Svet Lienart); il Collio (frl. Cuei, slov. Brda), con le località di Prepotto (frl. Prepot, slov. Prapotno), Scriò (frl. Scriò, slov. Skljevo) e altre, tra le province di Udine e Gorizia; il Carso (frl. Cjars, slov. Kras), che costituisce la fascia sud-orientale della provincia di Gorizia e che comprende la quasi totalità della provincia di Trieste. Emblematica, per i dialetti sloveni del Friuli, possiamo considerare la questione linguistica della Val di Resia, questione che si ritrova, più sfumata, anche nelle Valli del Natisone. Come si accennava dianzi, il dialetto locale, il resiano, presenta peculiarità molto accentuate, che lo differenziano in misura anche notevole rispetto allo sloveno comune; un tempo si sosteneva che i resiani venissero addirittura dalla Russia, per spiegare queste marcate differenze o per mantenere nettamente separata la comunità resiana rispetto a quella slovena al di là del Canin, ma ora si sa bene che non è così. La conservatività e l originalità del dialetto, l isolamento della valle, l aver partecipato da sempre alle vicende storiche e culturali della regione friulana, la presenza nel dialetto di numerosi elementi lessicali debitori proprio dal friulano soprattutto nella parte bassa della valle, sono solo alcuni dei motivi che possono spiegare queste differenze, motivi cui si aggiunge il pressoché totale sentimento di estraneità della popolazione locale rispetto alla più vasta comunità nazionale slovena. 2

3 All inizio dell anno scolastico, per citare un caso che continua a far discutere, i genitori dei bambini iscritti alle elementari e alle medie di tutta la regione sono chiamati a esprimersi in merito all insegnamento della lingua minoritaria ai figli. A Resia l adesione dei genitori è stata da subito plebiscitaria, sfiorando addirittura l unanimità, a favore però dell insegnamento della varietà resiana, non dello sloveno letterario. Il timore dei resiani, in generale, è che l introduzione dello sloveno comune contribuisca ad indebolire il dialetto resiano, già in forte regresso nelle generazioni più giovani. Il fatto che il resiano sia un dialetto sloveno, per quanto particolare e arcaico, è questione assodata, ma ciò non toglie ai parlanti il diritto (o il desiderio, diciamo) di volerlo conservare e tramandare alle generazioni future anche attraverso l insegnamento a scuola. Resta da dire, in ogni caso, che lo sviluppo di politiche linguistiche su comunità così piccole, come da più parti si invoca, risulta operazione molto complessa e oltretutto costosa, una operazione che, tra l altro, difficilmente viene coronata da successo. Non vi sono stime troppo precise neanche in merito alla consistenza numerica della minoranza linguistica slovena, sostenuta e tutelata, ad ogni buon conto, da apposite normative statali (in particolare della legge n. 38 del 2001). Fino a pochi anni fa la questione della minoranza di lingua slovena si intrecciava con problemi che di linguistico avevano poco o nulla questioni come quella del confine orientale, della cortina di ferro e del blocco socialista, delle foibe, dei profughi dall Istria e dalla Dalmazia etc., fatto questo che ha sempre costituito motivo di acceso scontro politico e ideologico, ancor prima che culturale, soprattutto a Trieste e nella sua retroterra. Tenendo conto comunque anche degli slovenofoni della provincia di Trieste, che risultano la maggioranza della popolazione su tutto il territorio carsico, mentre in città non supererebbero il 5% della popolazione, pare che il numero complessivo dei parlanti sloveno sia intorno ai locutori. I dialetti tedeschi Ad arricchire il plurilinguismo del Friuli contribuiscono le parlate tedesche del nord della regione: si tratta delle cosiddette isole (o penisole) linguistiche carniche di Sauris (frl. Sauris, ted. Zahre) e Timau (frl. Tamau, ted. Tischelwang), in comune di Paluzza, cui aggiungiamo la località di Sappada (frl. Sapade, ted. Plodn), in provincia di Belluno, e naturalmente della Val Canale (frl. Val Cjanâl o Cjanâl de Fele, ted. Kanaltal o solo Kanal), da Pontebba (frl. Pontebe, Ponteibe, ted. Pontafel) al confine con l Austria. L insediamento di genti germaniche a sud della Alpi è generale e copre, si può dire, tutto l arco montano a partire dal Friuli fino alla Val d Aosta e al Piemonte (pensiamo alle varie comunità di cimbri, mocheni, walser etc.); nella nostra regione la presenza di popolazioni germanofone a Sauris, Timau e Sappada, popolazioni originariamente specializzate 3

4 nell estrazione e nella lavorazione dei metalli, è antica e si deve a migrazioni in loco di popolazioni austro-bavaresi, ma soprattutto dal Tirolo e dalla Pusteria, in epoca tardomedievale (tra il XIII e il XIV secolo). La situazione storica e culturale della Val Canale, che è stata annessa al regno d Italia solo nel 1918, al termine del primo conflitto mondiale, è molto particolare ed evidenzia, nel corso del secolo scorso, un profondo cambiamento etnico-linguistico della valle detta un tempo anche Carinzia Cisalpina, cioè Carinzia al di qua della Alpi. Il censimento generale del 1910, promosso dall Imperial Regio Governo, contava una popolazione che si dichiarava tedesca (carinziana) pari al 75% del totale dei residenti, rispetto ad un 24% di sloveni e ad una percentuale inferiore all uno per cento di italiani. A poco più di dieci anni di distanza, nel 1921, i tedeschi calano già al 65% e gli sloveni al 20%, con corrispondente crescita degli italiani. Sarà però soprattutto la politica delle opzioni, promossa dal governo fascista nel periodo tra le due guerre, ad allontanare la maggioranza della popolazione autoctona e a favorire nuovi insediamenti di popolazione italiana. Nel 1970, di fatto, si dichiaravano tedeschi o sloveni solo il 10% e il 15% della popolazione, rispettivamente, essendo cresciuti gli italiani (in questi comprendendo, ovviamente, i friulani) a ben il 75% del totale. La politica delle opzioni dunque, che aveva dato risultati così scarsi, quasi trascurabili, in Alto Adige dove anche la popolazione tirolese che aveva lasciato le proprie case ne ritorna in possesso dopo la seconda guerra mondiale nella Val Canale sortisce l effetto di mutare radicalmente la composizione etnica del territorio. Agli effetti di questa politica di emigrazione più o meno forzata si è aggiunta, in tempi recenti e si potrebbe dire per compensazione, la massiccia immigrazione di persone provenienti da altre regioni d Italia per lo svolgimento di attività di tipo militare, doganale, ferroviario e altro ancora. La situazione, al momento attuale, presenta senza dubbio forti elementi di preoccupazione, per quanto riguarda la persistenza dell elemento autoctono nella valle, una situazione in cui una buona parte della popolazione, soprattutto nelle fasce di età più giovani, non è più in grado di servirsi dei tradizionali dialetti carinziani e sloveni. Ulteriore elemento di debolezza, per il mantenimento delle parlate tradizionali, è dato anche dall azione della scuola, che promuove l insegnamento dell Hochdeutsch, lingua internazionale dotata, ovviamente, di grande prestigio sociolinguistico, al posto del locale dialetto carinziano. La stima della consistenza numerica complessiva dei germanofoni in Friuli, come per gli slovenofoni, ancora una volta non è facile. Si tratta di poche centinaia di locutori, per ognuna delle isole linguistiche della Carnia, Sappada compresa, e forse di un migliaio, o poco più, di carinziani per la Val Canale. 4

5 Federico Vicario Università degli Studi di Udine 5